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#libertà di scelta della vita per donne
gregor-samsung · 2 months
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“ Tina, nome di battaglia Gabriella, anni diciassette, giovane come tante nella Resistenza. Non ho mai pensato che noi ragazze e ragazzi che scegliemmo di batterci contro il nazifascismo fossimo eccezionali, ed è questo che vorrei raccontare: la nostra normalità. Nella normalità trovammo la forza per opporci all’orrore, il coraggio, a volte mi viene da dire la nostra beata incoscienza. E così alla morte che ci minacciava, che colpiva le famiglie, gli amici, i paesi, rispondemmo con il desiderio di vita. Bastava aprire la porta di casa per incrociare il crepitare delle armi, le file degli sfollati, imbattersi nella ricerca dei dispersi; partecipare dell’angoscia delle donne in attesa di un ritorno che forse non ci sarebbe stato: ma le macerie erano fuori, non dentro di noi. E se l’unico modo di riprenderci ciò che ci avevano tolto era di imbracciare il fucile, ebbene l’avremmo fatto. Volevamo costruire un mondo migliore non solo per noi, ma per coloro che subivano, che non vedevano, non potevano o non volevano guardare. E se è sempre azzardato decidere per gli altri, temerario arrogarsi il diritto della verità, c’erano le grida di dolore degli innocenti a supportare la nostra scelta, c’era l’oltraggio quotidiano alla dignità umana, c’era la nostra assunzione di responsabilità: eravamo pronti a morire battendoci contro il nemico, a morire detestando la morte, a morire per la pace e per la libertà. Vorrei che voi sfogliaste insieme a me l’album di ricordi, con i volti dei miei tanti compagni di grandi e piccole battaglie, fotografie scattate nei giorni della pace ritrovata, quando ci riconoscemmo simili. Mi rivedo, ci rivedo, con i capelli ricci o lunghi, barbe più o meno incolte, vestiti a casaccio, e tuttavia qua e là spuntano una certa gonna più sbarazzina, scarpe basse ma con le calzette colorate, un fermaglio su una ciocca ribelle, la posa ricercata di un ragazzo, e tutti insieme a guardare diritto l’obiettivo, tutti insieme sapendo che il futuro ci apparteneva, tutti insieme: questa era stata la nostra forza, la nostra bellezza. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 3-4.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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pleaseminddgap · 2 years
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Don't Worry Darling, la caduta del velo di Maya
ALERT: QUESTO POST POTREBBE CONTENERE SPOILER!
Vi ricordate di Olivia Wilde, quella deliziosa attrice che ha interpretato sia film di fantascienza blockbuster (vedi alla voce: Tron: Legacy) che piccoli film "d'autore" (Her di Spike Jonze) con la medesima credibilità?
Ci siete? Beh, sappiate che la ragazza è ormai cresciuta e tre anni fa ha fatto il suo esordio come regista. Il suo primo film si chiama La rivincita delle sfigate e ammetto di non averlo ancora visto. Il suo secondo e ultimo film (finora) è Don't Worry Darling.
Una pellicola originale e succulenta, dal retrogusto spiccatamente femminista, che rievoca grandi film come The Truman Show e grandi storie come Il racconto dell'ancella di Margaret Atwood. Il perché vi verrà spiegato presto.
La storia va in scena nella communità fittizia di Victory, una florida cittadina circondata da un arido deserto che solo gli uomini a bordo delle loro Cadillac in colori pastello possono valicare.
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DON'T WORRY DARLING: ALICE E LE ALTRE
Partiamo dalla protagonista assoluta della nostra storia: Florence Pugh, un'ottima attrice inglese che ha la capacità unica di essere sia luminosissima che oscura (guardate Lady Macbeth e Midsommar per capire cosa intendo).
Non poteva esserci scelta migliore per il personaggio di Alice: una biondina dal nasino all'insù che passa le sue giornate tra faccende casalinghe, shopping, chiacchere con le amiche, e drink a bordo piscina.
Al marito Jack, invece, è dedicata tutta la seconda parte della giornata: dalla preparazione di deliziosi arrosti di carne al sesso post cena, a volte ricevuto dal maritino sempre voglioso.
La vita perfetta. Ma scopriremo presto che anche la perfezione ha le sue crepe.
Come lei, anche le altre donne che animano questo racconto cinematografico: Bunny, Shelley, Violet e tutte le altre.
Una comunità di casalinghe perfette che sembrano più massaie anni Cinquanta che donne del nostro millennio.
Evidentemente oppresse dal patriarcato, che ne controlla gli spostamenti (ricordiamo che a Victory le donne non possono attraversare il deserto) e le occupazioni. Sulla carta le residenti nella cittadina sono libere di godere del proprio tempo libero, ma la libertà, a volte, è solo prigionia narrata con astuzia.
Chi si oppone alla visione viene fatta passare per pazza o psichicamente fragile, come accadrà a Margaret, una vicina di Alice.
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IL MONDO MASCHILE COME CLUB ESCLUSIVO
Dall'altra parte ci sono loro: gli Uomini. Gli unici a poter valicare il deserto e a lavorare. Anche se sulle loro mansioni vige un estremo riserbo: si fa riferimento a un vaghissimo "sviluppo di materiali innovativi". Che siano armi o altro, non è dato saperlo né alle loro donne né agli spettatori.
L'ignoranza è potere, si sa: questo determina un primo vantaggio degli uomini di Victory sulle donne. Certamente, è facile esercitare la propria influenza su cagnolini che hanno i soli compiti di farsi belle e di mettere in tavola una cena prelibata.
Victory è un mondo fittizio pensato solo ed esclusivamente per loro. Ma questo lo scopriremo solo più avanti.
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UN MONDO DI FINZIONE
A Victory, tutto è finto: persino le uova, che sono gusci vuoti privi di un ripieno. Lo si capisce fin dall'undicesimo minuto del film.
E sarà Alice a sollevare il velo di Maya. Fino alle estreme conseguenze.
I DIFETTI
Se c'è un difetto che si può trovare, in questo film al mio avviso piuttosto ispirato e curato, anche sul piano simbolico, è il mancato approfondimento di alcuni personaggi interessanti, come Bunny.
Il finale, né consolatorio né risolutivo, invece, funziona alla perfezione.
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realnews20 · 26 days
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Onorevole Martina Semenzato, lei è Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidi e sa bene quanto spesso la disparità economica tra uomini e donne costituisca un terreno fertile per la violenza di genere, in particolar modo quella domestica. Quali le misure per contrastare questo fenomeno?“Puntare alla trasparenza salariale attraverso politiche aziendali di genere. Incentivare l’occupazione femminile: assumendo donne nei diversi settori aziendali e lavorando su misure di welfare aziendali e nazionali. Fornire soluzioni per bilanciare al meglio il lavoro e la vita privata come ad esempio smart working e orari flessibili. Investire in nuove competenze e formazione specifica delle dipendenti. Abbracciare una cultura inclusiva attraverso politiche interne di formazione sugli uomini sui temi della gender equality, adozione di un linguaggio consapevole ed inclusivo, abbattimento degli stereotipi culturali legali alle donne/lavoro/famiglia. La necessità di un approccio olistico, ovvero un approccio strutturato che comprenda i vari settori, coinvolgimento dei vertici ma in generale di tutto il personale”. Il “reddito di libertà” – un sostegno per le donne in stato di indigenza e vittime di violenza – è diventato strutturale dal 2024. Una misura che funziona davvero? Cosa ci dicono i dati? “L’assegno da 400 euro al mese attribuito per un anno alle vittime di maltrattamenti in condizione di povertà è stato riconosciuto finora a 2.772 beneficiarie. Le titolari dell’aiuto portano in dote ai datori un bonus per l’assunzione. Se vogliamo fare un primo bilancio del sussidio lo considero come positivo: è una misura necessaria e immediata. Una donna che sa di poter contare su un supporto economico per altro propedeutico a trovare un impiego, si determina prima a uscire dal circuito della violenza e chiedere aiuto”. A proposito di maternità e genitorialità, cosa pensa delle contestazioni al Ministro Roccella agli Stati Generali Della Natalità? Una legittima manifestazione di dissenso, o una “censura” che di democratico ha poco? “È una sconfitta della democrazia, della libertà, della “cultura del rispetto” impedire alla ministra Roccella di poter intervenire agli Stati generali della natalità. Abbiamo tutti bisogno del dialogo, del confronto e non di scontro. Il dissenso è lecito, ma abbassiamo i toni. Come dico sempre da Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere occorre un nuovo patto di corresponsabilità tra famiglia, scuola, politica e società civile”. Sono arrivate molte critiche dalle opposizioni e da una parte della società civile rispetto al presunto attacco alla 194 (per il discusso emendamento al Pnrr). Lei, che si occupa di diritti delle donne, pensa ci sia davvero una reale minaccia?“L’emendamento e le infelici polemiche sulla 194 nulla hanno aggiunto e nulla hanno tolto a questa legge. La maternità e la non maternità devono rimanere per una donna una libera scelta”. Nella disparità di genere emerge la rilevanza della prevenzione culturale. Esiste il patriarcato? Se sì, cosa fare per contrastarlo?“La lotta alla violenza di genere è ‘l’orizzonte più impellente’. Dobbiamo correre, unirci, smettere di polemizzare, strumentalizzarsi, scontrarsi. Combattere la violenza di genere deve essere la nostra priorità! Le radici della violenza affondano in stereotipi culturali che fissano schemi comportamentali e convinzioni profonde, effetto di un radicato retaggio storico e di un’organizzazione discriminatoria che stabilisce l’identità sociale di un uomo e di una donna, legittimando le disuguaglianze che ne costituiscono il substrato. Presiedo una Commissione che affatica il cuore e l’anima. Mi onoro di presiedere ma non nascondo anche l’onere e il peso quotidiano della sofferenza.” [ad_2] Source link
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giovannisetaro · 2 months
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I valori della democrazia sono stati conquistati attraverso la sofferenza ed è nostro compito onorarli.
Il 25 Aprile rappresenta un pezzo di storia in cui uomini e donne hanno sacrificato la loro vita per riconquistare la dignità di persone.
Non facciamo passare questa giornata come un derby tra destra e sinistra, ma di scelta tra dittatura e democrazia. La nostra scelta deve essere quella di stare sempre dalla parte della democrazia e quindi della libertà.
Che il 25 Aprile sia la festa di tutti. 
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carmenvicinanza · 1 month
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Rosa Menni
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Rosa Menni, artista, imprenditrice, giornalista, perseguitata durante il fascismo, è ancora una figura poco nota della storia italiana.
Ha avuto un’atelier di tutte donne frequentato dalle avanguardie culturali, fondato un’azienda che produceva sete e tessuti commissionate da case di moda e di arredamento, ha collaborato e contribuito a fondare riviste d’arte e costume. Ha tradotto libri, collaborato a programmi televisivi, prestato opera di assistenza durante la guerra e, dopo il conflitto, si è impegnata attivamente per il voto alle donne, per la costituzione della Repubblica e per l’Assemblea Costituente.
Nata a Milano il 13 maggio 1889 da una famiglia benestante, il padre era un alto funzionario bancario e la madre una ballerina della Scala, morta prematuramente a causa di parto. Aveva ricevuto una buona istruzione e si era diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera dove aveva avuto modo di conoscere diversi artisti e artiste, tra cui Anna Beatrice D’Anna, pseudonimo di Anna Beatrice Hirsch e Gemma Pero con cui aveva condiviso un atelier considerato una novità tra le artiste milanesi dell’epoca.
Con le due colleghe ha partecipato a numerose esibizioni come la Mostra dell’Incisione Italiana e quelle allestite dalla Famiglia artistica, dal Lyceum Femminile, dalla Reale Accademia di Belle Arti, Esposizione Nazionale di Belle Arti, la Federazione Artistica Italiana e dall’Associazione femminile Per l’arte.
Ha collaborato alla Sezione Propaganda Artistica del Comitato d’Azione tra Mutilati, Invalidi e Feriti di Guerra e, durante la prima guerra Mondiale, ha prestato servizio come infermiera volontaria al Pio Albergo Trivulzio, che ospitava un ospedale militare.
Nel 1917 ha aderito e scritto diversi articoli per l’esposizione dei giocattoli presso il Lyceum Femminile, che aveva l’obiettivo di rinnovare l’artigianato tradizionale e collegare l’arte decorativa alla produzione industriale. L’iniziativa era stata promossa dalla testata Pagine d’Arte, curata dal critico d’arte Raffaello Giolli che, nel 1920 divenne suo marito.
Nel suo progressivo abbandono della pittura per dedicarsi all’arte applicata ai tessuti, nel 1919, l’aveva portata ad avviare la sua personale produzione artigianale, Le stoffe della Rosa che produceva e rivestiva complementi d’arredo, oggetti personali, da toilette, cornici e molte altre creazioni per il design di case, negozi, teatri. In quegli anni le venivano commissionati lavori dalle migliori case sartoriali del tempo, da grandi professionisti che si occupavano dell’allestimento d’interni portando i suoi manufatti in esposizioni nazionali e internazionali, che le valsero diversi premi e medaglie.
Si è mossa tra arte e artigianato come attività trasformativa in cui mettere a disposizione le proprie visioni del mondo, per costruire una società fondata sulla libertà, unica scelta possibile per la convivenza e la felicità umana.
In conseguenza della crisi economica del 1929, aveva chiuso il laboratorio e cominciato a scrivere d’arte per diverse testate come Domus, Casabella e Problemi d’arte attuale (poi Poligono, Rivista mensile d’arte) periodico pubblicato dal marito che aveva fondato la casa editrice AEA, Anonima Editrice d’Arte.
Nel 1933 ha avuto l’idea di dare vita a un settimanale femminile innovativo, Eva, in cui ha scritto, fino al 1948, di arte decorativa, architettura, arredamento, curando parte della corrispondenza con le lettrici e riproponendo alcuni suoi manufatti.
La posizione antifascista della sua famiglia aveva portato devastanti conseguenze. Il marito venne prima allontanato dalla scuola per non aver giurato fedeltà al regime e poi inviato al confino con il loro primogenito Paolo. I coniugi vennero arresti il 14 settembre 1944 e rinchiusi nel Carcere di San Vittore. Raffaello che, anche dopo atroci torture, si era rifiutato di tradire i suoi compagni, venne mandato al campo di concentramento di Mauthausen, dove è morto il 6 gennaio 1945.
Il figlio Ferdinando, arruolato nella Brigata Garibaldi, venne catturato e fucilato a Villeneuve il 14 ottobre 1944 e Paolo, una volta liberato dal domicilio coatto, venne mandato a combattere in Grecia, dopo l’8 settembre fu rinchiuso in diversi campi di detenzione, è tornato libero in seguito al 25 aprile.
Dopo la Liberazione, Rosa Menni ha militato nelle file del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, è stata anche una delle pochissime donne candidate e ha sostenuto la propaganda politica per il referendum istituzionale del 2 giugno e per l’Assemblea Costituente.
È stata direttrice dell’edizione lombarda di Noi donne, organo quindicinale dell’UDI, nel 1945.
Per alcuni anni ha vissuto in Brasile. Tornata in Italia si è dedicata alla scrittura, ha tradotto la biografia di Isadora Duncan, pubblicato il saggio La disfatta dell’Ottocento partendo dal recupero e riordino degli scritti del marito non andati persi con le perquisizioni, ha organizzato la puntata del programma RAI Enigmi e Tragedie della Storia dedicata alla figura di Pia de’ Tolome e, nel 1964, ha istituito il Premio Raffaello e Ferdinando Giolli, per promuovere e sostenere giovani talenti letterari.
È morta a Melzo, Milano, il 13 novembre 1975.
Nel 2020 è uscito il primo libro sulla sua storia Rosa Menni Giolli (1889-1975) Le arti e l’impegno, scritto da Patrizia Caccia e Mirella Mingardo.
Rosa Menni ha condotto una vita all’insegna della bellezza, dell’arte, della cultura, dell’impegno politico e sociale. Non deve essere dimenticata.
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bergamorisvegliata · 2 months
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IL 25 APRILE DEL COMITATO FORTITUDO -...e di Grazia Piccinelli-
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Quello che leggerete è il contenuto di un discorso tenuto dalla Presidente del "Comitato Fortitudo" di Cremona, Grazia Piccinelli, il 25 aprile del 2022.
Nella giornata di oggi (25 aprile 2024) Grazia ha ricordato un discorso retorico del sindaco di Cremona, Galimberti, e questa è la risposta di vero cuore della Piccinelli.
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"25 aprile 2022 Che cos'è la libertà? Non di certo quella che abbiamo vissuto negli ultimi due anni dove siamo stati privati dei nostri sacrosanti diritti. Siamo stati privati della socialità, della gioia di vivere, dell’amore per il nostro prossimo. La magistratura, i giudici, i prefetti, i questori, i sindaci, non hanno fatto il loro dovere, che era quello di tutelare la cittadinanza da leggi ingiuste e liberticide, e si sono “nascosti” dietro decreti illegittimi con la scusa di salvaguardare la nostra salute. Infatti, siamo stati costretti, in maniera del tutto coercitiva, a scegliere se continuare a lavorare o morire di fame, ricattati da chi ci governa, da chi dovrebbe rappresentarci. Scegliere, avere la capacità di scegliere, esercitare la nostra scelta senza costrizione alcuna, significa agire liberamente, significa poter pensare liberamente: non ce lo hanno permesso! Siamo stati ricattati, minacciati, derisi, offesi, maltrattati, proprio perché il potere ci voleva sottomessi e inoffensivi. Ma Alcuni di noi si sono alzati in piedi, hanno lottato, si sono uniti per difendere quei valori morali che ci definiscono come uomini e donne liberi senza la possibilità di venire manipolati da dei bruti al potere. Non vi abbiamo ascoltati, “ci siamo ascoltati,” le risposte ai tanti dubbi sono arrivate da noi stessi. Nessuno ci ha potuto inculcare a forza nessun concetto, anche se lo avete fatto con un lavaggio del cervello quotidiano e martellante avvenuto attraverso i mezzi di comunicazione. La nostra armatura era impenetrabile a qualsiasi raggiro.
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Ne Eravamo immuni! Leggo le parole che il sindaco Gianluca Galimberti stamattina ha pronunciato in piazza del Duomo e mi viene da sorridere per la retorica, l’ipocrisia elargita alla folla presente alla ricorrenza del 25 aprile: ”La storia bussa alla nostra porta e ci chiede di rinunciare a qualcosa, di cambiare, di imparare a lottare, di scegliere. Forti della nostra Costituzione antifascista, noi oggi dobbiamo scegliere quale libertà e quale democrazia. In nome della Resistenza, figli della Resistenza.”
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-“La storia bussa alla nostra porta,” e voi di certo, quella porta, l’avete tenuta chiusa con dieci mandate, altrimenti capireste quale pericolo sta per scaraventarsi, anche, sulla vostra di vita. -Ci chiede di rinunciare a qualcosa? Ma se avete rinunciato a tutto per paura di non fare un aperitivo, di andare in palestra, di andare in vacanza o allo stadio. Avete rinunciato alla vostra dignità, avete rinnegato la giustizia, la verità, per paura! -“Ci chiede di cambiare…” siete già cambiati, siete irriconoscibili! Vi hanno coperto il volto, messo un bavaglio in bocca, avete discriminato chi non aveva un green pass! Vi hanno detto cosa fare, come agire, come comportarvi e voi siete stati persino grati ai vostri aguzzini, tanto da non riconoscervi in uno stato di prigionia, ahimè, ormai perenne. -“Imparare a lottare, di scegliere…” Sappiate che alcuni requisiti sono innati, sono doti meravigliose che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi, mi dispiace, ma non si possono imparare. Ci avete dato modo di capire che preferite la comodità alla conquista. Autenticità, sincerità, consapevolezza, sono parole avulse dal vostro sentire. -“Forti della nostra Costituzione antifascista…” Vi esorto a non sporcate ulteriormente la Costituzione Italiana; l’avete violentata a sufficienza, portatele un po’ di rispetto, proprio voi che non vi levate la mascherina nemmeno all’aperto, e che per paura siete corsi negli hub, figuriamoci pensarvi in una trincea, sotto le granate, per salvarla la Costituzione. -“Noi oggi dobbiamo scegliere quale libertà e quale democrazia…” Quale libertà? Quale democrazia? Ma lo avete sentito? E ha pure la spregiudicatezza di dirvelo in faccia, e voi continuate a non capire! Ma in effetti cosa c’è da capire? Avete scelto il green pass: siete detenuti in un carcere di massima sicurezza. Se non esibite il lasciapassare vi è negata qualsiasi cosa. Di certo non esiste più né una democrazia né la libertà per voi. Noi sì che abbiamo scelto da che parte stare, e da un bel pezzo! E qui arriva, nel finale del discorso di Gianluca, il colpo di scena per confondere gli allocchi e fargli credere di avere qualche partecipazione nella faccenda: “In nome della Resistenza, figli della Resistenza.” Definizione di RESISTENZA: [re-si-stèn-za] s.f. 1 Azione che si sforza di resistere a qlcu. o a qlco., che cerca di contrastare Non mi sembra vi siate opposti a un bel niente, avete subito tutte le angherie possibili con una codardia amorale, vi siete piegati alla volontà altrui, lasciando, abbandonando i vostri fratelli, discriminandoli, togliendogli persino il saluto. Non avete nessuna capacità di sopportare le condizioni avverse, le evitate con cura sfuggendo ai vostri doveri. Sono davvero sconcertata da tutte queste parole messe lì alla rinfusa, che non hanno nessuna logica o attinenza alla realtà che stiamo vivendo.
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Allora mi rivolgo a voi RESISTENTI, a voi che possedete l’amore, a voi che siete la speranza dell’intera umanità: rimaniamo uniti, troviamo la forza nei gesti eroici che furono dei nostri predecessori: glielo dobbiamo altrimenti sarà tutto perduto. Noi siamo la memoria, siamo i guardiani dei nostri diritti, siamo quell’anomalia che non si aspettavano di trovare, siamo la voce del dissenso contro questa dittatura ormai manifesta. Oggi, 25 aprile 2022, l’Italia è ancora da liberare! Dobbiamo liberarla dalla corruzione, dai finti buonisti, da chi ci vuole malati a tutti i costi, da chi vuole che rinneghiamo noi stessi, il nostro corpo e i nostri principi. Trovate la forza, trovate il coraggio di opporvi a questo crimine. Abbiamo ancora tanto per cui lottare.
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Lo dobbiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti. Verremo ricordati come coloro che si sono ribellati e hanno resistito alle intemperie della vita, che non si sono fatti scalfire dalla cattiveria e dall’odio sociale, che hanno risposto con la gentilezza ed il rispetto. La luce vince sempre sulle tenebre. Il bene vince sempre sul male! Credetelo sempre, credete che un altro modo è possibile, un altro mondo è possibile per gli uomini puri di cuore. Credete che la sofferenza che stiamo subendo verrà ripagata dall’incanto. Io, ad esempio, credo ancora ai miracoli. Non sono riusciti a strapparmi la meraviglia e la fiducia dagli occhi. Vi abbraccio Resistenti, sono con voi, al vostro fianco sempre, siamo con voi: il Vostro Comitato Fortitudo non vi abbandonerà mai!
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Grazia Piccinelli, Presidente del Comitato Fortitudo
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alephsblog · 3 months
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L’esortazione del Papa all’Ucraina, affinché alzi bandiera bianca davanti alla protervia bellica russa, è stata qui commentata da Michele Valensise con garbo, fermezza e rigore intellettuale. A noi che è risparmiata la tragedia di vivere nel fuoco delle armi, e cioè il tumulto dell’emotività, dovrebbe essere almeno richiesto un contegno e una precisione logica che si fatica a trovare nelle parole del Pontefice, così esuberante nel suggerire la resa a un popolo aggredito e non il passo indietro al tiranno aggressore. Se un giorno l’Ucraina valuterà di cedere, scegliendo un male minore, noi tutti dovremo assecondarla e trarne le conseguenze, drammatiche, in un continente che di nuovo traccia i confini con le bombe e i carri armati. Ma finché la scelta è la resistenza, nulla ci autorizza a dissentire, perché una pace purchessia, una pace senza giustizia, non è pace. Che cosa significhino la vita e la libertà ce lo ha spiegato sabato su Repubblica una lettera di Mahvash Sabet, detenuta nelle carceri iraniane dove la tortura fisica e psicologica sono il prezzo quotidiano di chi non si arrende. Ma, per le donne iraniane, il vocabolario del Vaticano resta chiuso, le bocche mute.
Voglio spendere qualche povera riga sulla spiegazione di questi tempi di guerra offerta da Francesco: dietro c’è sempre l’industria delle armi, ha detto. Si pena a rintracciare le parole adatte a replicare. Il dito puntato, con argomenti da newsletter cospirazionista, sulle oscure trame occidentali per riempire le tasche, a costo di macellerie umane, dei soliti potenti, è un dito puntato nella nebbia. Il disagio, al cospetto di ricostruzioni tanto dozzinali da parte di una delle massime autorità morali dell’Occidente, è straziante. Come si può rintracciare una tenuta morale laddove non c’è una tenuta razionale?
È uno sprofondo quotidiano di cui abbiamo avuto prova nella manifestazione di sabato a Roma a sostegno del popolo palestinese, e incentrata sull’invocazione allo stop al genocidio. S’è scritto non so quante volte che la formulazione di genocidio è stata coniata per indicare ciò che prima non era definibile: il tentativo di eliminare un popolo, un’etnia, un gruppo religioso o politico in quanto tali. La reazione del governo di Bibi Netanyahu è criticabilissima, e criticata anche da noi, per l’enorme violenza dispiegata e anche per il suicidio politico che comporta, pagato da Israele in progressivo isolamento. Ma non è un genocidio. Dire genocidio è uno sfregio alla storia europea, a quella ebraica e all’intelligenza, per quanto sempre più rarefatta.
È un orrendo e inutile massacro, e mi pare greve e disastrosamente declinante il celebre sarcasmo di Massimo D’Alema che, mentre marciava in corteo, ha lasciato ai “genitori dell’informazione” l’ipocrisia consolatoria “che non si è trattato di un genocidio ma soltanto di un massacro”. Cioè soltanto qualche sofistico può star lì a discettare se sia massacro o genocidio: per D'Alema il succo non cambia. Liberarsi della questione riducendola a un arzigogolo lessicale, è un passo ulteriore nell’umiliazione che D’Alema fa di sé. Le parole esistono perché ogni parola definisce qualcosa, un atto, un sentimento, un’idea, e ogni parola va usata nella sua precisione per indicare precisamente che cosa si vuole dire. Se massacro e genocidio diventano sinonimi, se non sono più due parole diverse che descrivono due realtà diverse, se le parole non sono più importanti, allora il ragionare stesso non è più importante, come purtroppo si vede. E tutto quello che resta è la confusione morale. (Mattia Feltri)
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lamilanomagazine · 4 months
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Violenza di genere: dalla Regione Emilia-Romagna 1 milione di euro per aumentare i posti letto nelle Case rifugio
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Violenza di genere: dalla Regione Emilia-Romagna 1 milione di euro per aumentare i posti letto nelle Case rifugio. A fianco delle donne vittime di violenza. La Regione stanzia 1 milione di euro per aumentare i posti letto nelle Case rifugio e accompagnare le donne verso l’autonomia. Lo ha deciso la Giunta regionale nell'ultima seduta, su proposta dell'assessora alle Pari opportunità, Barbara Lori. Destinatari del bando i Comuni e le Unioni di Comuni, insieme alle Aziende pubbliche di servizi alla persona (Asp) che potranno usufruire dei contributi regionali per acquistare o costruire nuovi alloggi, o ristrutturare quelli esistenti. «I dati su femminicidi e violenza di genere parlano da soli e richiedono un impegno forte sul fronte del contrasto e della prevenzione. Da qui la nostra scelta di intervenire per la prima volta a sostegno delle Case rifugio, uno snodo fondamentale del sistema regionale di contrasto alla violenza di genere. Investire su di esse significa investire sul futuro di tante donne e dei loro figli, per aiutarle a iniziare una nuova vita - ha spiegato Lori -. E voglio ricordare anche l'impegno della Regione per il Reddito di Libertà con 2,6 milioni di euro stanziati negli ultimi due anni per integrare le risorse nazionali in calo». Per assicurare un'applicazione omogena su tutto il territorio regionale, il bando prevede il finanziamento di almeno un intervento per ogni provincia, compresa l'Area metropolitana di Bologna. I contributi per ciascun intervento non potranno superare i 110mila euro a fronte di un costo che non potrà essere inferiore a 10mila euro. Potranno essere finanziate, oltre all'acquisto e alla nuova costruzione, anche opere di manutenzione straordinaria, adeguamento normativo, ristrutturazione. Le domande dovranno essere presentate entro il 31 maggio. Gli interventi finanziati dovranno terminare entro il 31 dicembre 2025. In Emilia-Romagna sono attive 55 Case rifugio per 359 posti letto. Di questi, 17 in provincia di Piacenza, 33 in quella di Parma, 34 in quella di Reggio Emilia. Nel Modenese i posti disponibili sono 38, nella Città metropolitana di Bologna 84, in provincia di Forlì-Cesena 12, in provincia di Ravenna 79, in quella di Ferrara 25, in quella di Rimini 37. Secondo i dati contenuti nell'ultimo Rapporto regionale sulla violenza di genere in Emilia-Romagna nel 2022 sono state 339 le donne accolte in una casa rifugio con 347 minori, per un totale di 60.388 pernottamenti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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silviascorcella · 7 months
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Stella McCartney p/e 20: niente titolo, tanta coscienza green
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La tentazione sorge immediata: quella di parafrasare con la doverosa umiltà, e il giusto grado di cognizione di causa, il celebre detto sacro in “Date a Stella quel che è di Stella e al fashion system quel che è del fashion system”! Stella, naturalmente, è le celebre Stella McCartney, e quel che è doveroso darle è il plauso pieno e sincero per aver raggiunto un traguardo tanto bramato da lei, ed al contempo, tanto importante e significativo per noi tutti appassionati e fruitori del fashion system: ovvero la presentazione della collezione più sostenibile mai realizzata finora dal brand.
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La collezione in questione è la p/e 2020 appena esibita sul palcoscenico della Parigi Fashion Week: ed il traguardo raggiunto è riassumibile in un sorprendete 75% di capi e accessori eco-friendly, che hanno mostrato all’universo moda e non solo, affacciato sulla prestigiosa passerella, la determinazione virtuosa a tradurre in stile e concretezza il coraggio di portare avanti la propria volontà a cambiare in meglio il mondo attraverso la sostenibilità.
Nessun titolo introduce la collezione, nessuna suggestione in viaggi onirici dell’immaginazione sottende la progettazione dei capi: l’unica ispirazione dichiarata ha a che fare con quel coraggio appena accennato, ovvero il coraggio delle donne che in ogni tempo, passato presente e futuro, impugnano la determinazione delle intenzioni, la forza del cuore, la libertà di spirito, e scendono in campo a lottare con la prontezza dei rischi da assumersi, ma anche con la consapevolezza dei benefici importanti da condividere.
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La femminilità è forza motrice continua, la sua essenza è energia luminosa, il suo percorso virtuoso disegna un ciclo: et voilà, ecco rivelato il motivo geometrico simbolico che attraversa le silhouette in collezione e i decori che la impreziosiscono, ovvero il cerchio. Così come circolare è il percorso altrettanto virtuoso della sostenibilità e delle discipline che ad essa si allacciano, dall’economia all’ecologia fino alla cultura che orienta il nostro stile di vita e di scelta fashion.
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Le linee sono nette, esaltano la sartorialità eccellente acquisita da Stella a Savile Row e sempre praticata, valorizzano la geometria del cerchio che disegna le gonne, aggiunge sofisticatezza design alle maniche, si rimpicciolisce e si moltiplica nelle rifiniture che percorrono anche tute, abiti, e spolverini si sciolgono fluttuanti negli abiti lunghi; poi tornano dritte ma sempre lievi nelle giacche e nei completi pantalone classici e o evocanti il safari.
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Fondamentali i materiali eco-sostenibili da cui tutto prende vita: poliestere riciclato, cotone biologico, viscosa sostenibile ed ECONYL®, l’arrivo di canapa e rafia sostenibili, la lucentezza del tessuto giapponese in poliestere riciclato, lo chic gipsy del pizzo in cotone naturale. La stampa floreale porta con sé un aneddoto delizioso: sono i ricordi racchiusi nelle fotografie scattate da Stella durante le passeggiate in bicicletta nella sua campagna inglese. Ed in virtù della sostenibilità anche dei generi, i fiorellini di campo invadono gli abiti sia maschili che femminili, perché tutti i confini inutili necessitano di essere abbattuti per fare spazio alla libertà.
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Or dunque, riprendendo il motto sacro parafrasato col quale questo racconto è iniziato, un’altra domanda sorge spontanea: e al fashion system che cosa diamo? Di certo il merito di aver accolto quello che ad oggi  non è più solo un appello ma un vero richiamo collettivo al dovere a prendersi cura attenta e coscienziosa a questo nostro pianeta sul quale siamo sono ospiti, di certo vestiti benissimo. Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
{ Photo Backstage via © Sonny Vandevelde }
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personal-reporter · 7 months
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Single e futuro del matrimonio: come la vita da single sta cambiando il matrimonio
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In un mondo in cui la coppia è ancora considerata la norma, essere single può essere fonte di solitudine e isolamento. Tuttavia, ci sono molte persone che hanno scelto consapevolmente di vivere da single e che si sentono felici e realizzate in questa condizione. La vita da single sta diventando sempre più accettata e diffusa. Questo cambiamento sta avendo un impatto anche sul matrimonio, che sta diventando un'opzione meno scontata. Quali sono i fattori che stanno contribuendo a questo cambiamento? Tra i fattori che stanno contribuendo a questo cambiamento, si possono annoverare: Il cambiamento dei valori sociali: la società moderna è sempre più individualista e orientata alla realizzazione personale. Questo cambiamento ha portato a un maggiore apprezzamento della libertà e dell'autonomia, che sono valori che possono essere più facilmente realizzati da chi vive da single. L'indipendenza economica delle donne: la maggiore autonomia economica delle donne ha reso loro meno dipendenti dagli uomini per la propria sussistenza. Questo ha dato alle donne maggiore libertà di scelta, anche in ambito relazionale. La diffusione della cultura queer: la diffusione della cultura queer ha contribuito a rendere più visibili e accettate le persone che non si identificano nelle norme tradizionali di genere e sessualità. Questo ha portato a una maggiore diversificazione delle forme di relazione, anche tra le persone eterosessuali. Qual è l'impatto della vita da single sul matrimonio? La vita da single sta avendo un impatto significativo sul matrimonio in diversi modi. Sta diventando più difficile trovare un partner: il numero di persone che vivono da single è in aumento, il che rende più difficile trovare un partner compatibile. Le persone sono più esigenti: le persone che vivono da single hanno avuto più tempo per conoscere se stesse e per sviluppare le proprie aspettative in una relazione. Questo può rendere più difficile trovare un partner che soddisfi queste aspettative. Le persone sono più disposte a rimandare il matrimonio: le persone che vivono da single sono più soddisfatte della propria vita e sono meno disposte a rinunciare alla propria indipendenza per sposarsi. Quali sono le implicazioni per il futuro del matrimonio? È difficile prevedere con certezza cosa riserva il futuro al matrimonio. Tuttavia, è probabile che la vita da single continuerà a diventare sempre più accettata e diffusa. Questo potrebbe portare a un cambiamento nel modo in cui la società concepisce il matrimonio, che potrebbe diventare un'opzione meno scontata e più basata sulla scelta individuale. Ecco alcuni possibili scenari per il futuro del matrimonio: Il matrimonio potrebbe diventare un'opzione meno comune: se la vita da single continuerà a diventare sempre più diffusa, è possibile che il matrimonio diventi un'opzione meno comune. Il matrimonio potrebbe diventare più flessibile: il matrimonio potrebbe diventare un'istituzione più flessibile, che permetta alle persone di scegliere la forma di relazione che meglio si adatta alle loro esigenze. Il matrimonio potrebbe diventare più inclusivo: il matrimonio potrebbe diventare un'istituzione più inclusiva, che accolga le persone di tutte le età, orientamenti sessuali e identità di genere. Qualunque sia il futuro del matrimonio, è importante ricordare che la vita da single può essere un'esperienza gratificante e soddisfacente. I single hanno la possibilità di vivere la propria vita in modo libero e indipendente, e di dedicarsi alla realizzazione personale. Read the full article
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agrpress-blog · 7 months
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Io sono Nannarella. Intrigo a Firenze (Viola Editrice) è il nuovo romanzo giallo di denuncia di Carla Cucchiarelli, giornalista e scrittrice, da sempre attenta alle tematiche legate ai diritti delle donne.  Nell’era post covid, in un ospedale di Firenze, viene ricoverata d’urgenza una donna sui quarant’anni che ha tentato di togliersi la vita. Non ha con sé documenti né cellulare e nessuno ne ha comunicato la scomparsa. Afferma di essere Anna Magnani e, in effetti, le somiglia molto. Il suo modo di parlare e ridere, i penetranti occhi neri, il racconto puntuale degli aneddoti sulla vita di registi famosi, sorprendono, incuriosiscono e mettono in allarme l’intero reparto. Qualcuno pensa sia davvero la reincarnazione della diva del cinema scomparsa molti anni prima, altri ipotizzano che si tratti di una falsa identità. Tutti parlano di Nannarella, schietta e verace; persino la stampa locale è interessata alla vicenda. L’articolo che mostra una sua foto “rubata”, seppur scritto nella ricerca di verità, riaprirà vecchie ferite e rischierà di mettere in pericolo la sua vita. Profondi e variegati i personaggi tratteggiati, pezzi importanti di un puzzle ricco di suspence e umanità. Prestandosi a diversi livelli di lettura, con numerosi riferimenti cinematografici e analisi psicologiche sapienti, in contesti cittadini ben delineati, la periferia romana accogliente e viva e il capoluogo toscano mostrato anche nei suoi scorci più belli, il libro offre uno scenario attuale poco lontano dalla realtà, che intende denunciare la violenza di genere raccontando, in forma di romanzo, una delle numerose e drammatiche storie di stalking, soprusi, violazioni, portate quotidianamente alla ribalta delle cronache nazionali. E così, nel cinquantesimo anniversario dalla scomparsa, la Magnani, icona del cinema neorealista e protagonista di capolavori come Bellissima e Roma città aperta, presta idealmente la sua voce a una giovane chef, Silvia, che deve il nome all’amore della madre per l’illustre Leopardi. La scelta di vivere in periferia come espressione di libertà, la cucina come fatto culturale, elemento di ribellione, ricerca e cura per il prossimo, l’incontro con la persona sbagliata, la paura, il pericolo, la solitudine. La fuga come strumento di salvezza. La verità, alla fine, arriverà, dura e commovente. Intensa la copertina del libro, che raffigura un dipinto dell’artista Pier Toffoletti. Una storia senza tempo, quella di Nannarella, che fa riflettere e che Carla Cucchiarelli, già autrice del libro sull’impegno trentennale del Telefono Rosa, dedica a tutte le donne che non ce l’hanno fatta. Io sono Nannarella. Intrigo a Firenze di Carla Cucchiarelli, pubblicato da Viola Editrice (Roma) nella collana “Psico” - pp. 230, euro 17,00 -, è disponibile in libreria e online da giugno 2023.
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cinquecolonnemagazine · 8 months
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Gli aforismi di Guillermo Busutil in Papiroflessia
Gli aforismi di Guillermo Busutil in Papiroflessia Papiroflessia di Guillermo Busutil edito da graphe.it è una lettura forse inusuale per il pubblico comune. L’autore, però, ci libera subito dall’impasse e ci spiega (anche attraverso i suoi aforismi) che questi non sono affatto riservati esclusivamente ad un pubblico di nicchia. La lettura è scoperta, “per essere un buon lettore bisogna aprirsi” ci dice con un suo aforisma Guillermo Busutil. Al caffè letterario Horafelix a Roma nel corso della presentazione del suo libro (11 ottobre), l’autore ci ha ammaliati con il potere dei suoi aforismi. Le parole sono magiche, danno voce e forma alla realtà e all’immaginazione. E il titolo non è stato scelto a caso.  La papiroflessia, infatti, è l’arte di piegare la carta per ottenere forme tridimensionali ci spiega Guillermo Busutil. La stessa cosa accade con le parole. Quando sappiamo manipolarle diamo corpo ai pensieri. Immaginiamo delle forbici che tagliano la carta e danno vita a tante forme. Così fa la parola, che apre il nostro immaginario a nuovi mondi. Ed è questa l’idea alla base degli aforismi di Guillermo Busutil. Alla presentazione presso il caffè letterario Horafelix sono intervenuti il direttore dell’Istituto Cervantes, Ignacio Peyró Jiménez, l’aforista giurata del premio Torino in sintesi Silvana Baroni, Natale Fioretto, Università per stranieri Perugia, le lettrici Laura De Luca e Patricia Ynestroza, l’interprete Francesco Saina e Roberto Russo, editoredi graphe.it e traduttore del volume di Papiroflessia di Guillermo Busutil.  Il dibattito è stato ricco di interventi e spunti che hanno stimolato nel pubblico riflessioni sulla natura dell’aforisma, sull’energia della parola e sul potere generativo della lettura.  “La lettura ti lascia sempre essere protagonista” “Sottolineare una frase è un tentativo di abbracciarne l'eco e impedire che sfugga” “Ci sono più lettrici perché più donne osano”  “I libri sono uno scenario per leggere dietro le quinte” Questi sono solo alcuni degli aforismi che riempiono le pagine di Papiroflessia e su cui ci si è ispirati per fare una serie di domande all’autore non solo sul suo testo, ma anche, in generale, sulla scrittura, la lettura e i libri. Di seguito ve ne riportiamo alcune. Domande all’autore Silvana Baroni: Perché ha scelto questo quadro per la copertina che, forse, è il più drammatico tra quelli realizzati da Jane Lewis? Il contenuto del suo libro è vivo, allegro, spensierato. L’immagine ci dà quasi la sensazione di una ghigliottina che separa la mente, che genera aforismi ,da tutto il resto del corpo.  La copertina a me piace molto perché più che drammatica la definirei poetica , perché credo che offra proprio una lettura grafica, estetica, della leggerezza dell’aforisma che deve essere sì profondo ma non pesante, altrimenti risulterebbe al pari di una filosofia estremamente condensata. L’immagine scelta invece riflette questa leggerezza che si trova nel verso poetico ma anche nei piccoli poemi chiusi che ho voluto realizzare con alcuni degli aforismi che raccontano delle piccole storie molto concentrate. Credo che questa immagine rifletta la tridimensionalità che è nello spirito di questo libro.  Silvana Baroni: Mi richiamo a un suo aforisma per farle la domanda? “Dimmi la verità, per chi leggi?” Questa è proprio la domanda centrale. Per chi si legge? Si legge per se stessi, si legge per una tradizione familiare di cui si è eredi, si legge per la persona che si vuole essere e ancora non si è o si legge per la persona anziana che si è diventati per vedere se si è realizzato il percorso che si era pensato? si legge come scrittori? come traduttori? Questo per me è un punto centrale.  Natale Fioretto: Che ruolo ha l’aforisma? Ha collegamenti con la poesia? In uno dei miei aforismi che si trova all’inizio del libro dico che “nei libri bisogna entrarci con libertà”. Questa è la stessa libertà che ho scelto io per entrare in questo genere, per creare dei pensieri che fossero dei corridoi, per ripensare l’aforisma in chiave classica, filosofica, come piccolo racconto, come aforismi di bambini. Ce n’è uno che mi piace molto e che dice “la notte mi piace ascoltare i miei libri che camminano scalzi per i corridoi” e mi ricorda le letture che facevo da bambino, sognando. Da piccolo chiedevo a mia madre perché alcune parole avessero un peso mentre altre sfuggissero più facilmente fra le dita come acqua, vento, sabbia ed è proprio questa sensazione che ho cercato di riprodurre con i miei aforismi.  Nel corso del dibattito inoltre, si è affrontato il tema della complessità della traduzione.  Roberto Russo, editore di graphe.it e traduttore degli aforismi Busutil ha raccontato al pubblico in sala le ragioni di alcune scelte editoriali particolari, la tipologia un po’ più complessa di certi aforismi che si trovano nel libro e l’esigenza di cambiare il riferimento di Busutil ad autori spagnoli poco noti al pubblico italiano.  Tra le varie scelte editoriali di Roberto Russo c’è l’inserimento delle postille a fine testo di Antonio Castronuovo e Massimo Gatta proprio per non condizionare il lettore, come bene sottolinea un aforisma di Busutil: “nei libri bisogna entrare con la massima libertà possibile”.  Papiroflessia di Guillermo Busutil edito da graphe.it è un’occasione per aggiungere alla nostra biblioteca o sul comodino (“i libri da comodino sono un faro”) un genere nuovo e scoprire quanto la potenza della parola ci faccia volare con l’immaginazione, ci apra a nuove prospettive e ci avvicini al pensiero poetico. 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reading-marika · 1 year
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L’Armata dei Sonnambuli - Wu Ming
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“L’Armata dei Sonnambuli” è un romanzo storico scritto da Wu Ming, un collettivo di scrittori italiani dei primo anni 2000, ambientato durante la rivoluzione francese, in particolare durante il periodo del Terrore e della controrivoluzione.
“La regina delle false idee. La convinzione assurda che gli uomini siano uguali, a dispetto di come appaiono, della loro natura, della purezza del sangue che li vivifica. Come dire che tutte le stelle in cielo sono equidistanti e brillano con la medesima intensità, oppure che tutti i colori sono uno soltanto.”
Questo romanzo, come altre opere di questi scrittori, è caratterizzato da una componente irrealistica o da una componente scientifica che, però, diventa quasi magica e surreale, in questo caso la storia ruota attorno al magnetismo ed al sonnambulismo, come si può capire dal titolo.
In questo romanzo, la rivoluzione viene raccontata da più punti di vista, infatti è narrato in terza persona, scelta che permette di alternare i personaggi. Si incontrano un italiano immigrato, una giovane madre, un magnetista, un nobile controrivoluzionario, e tanti altri personaggi che riescono ad evidenziare le controversie della Rivoluzione francese. Gli anni ricoperti dal romanzo vanno dalla morte di Luigi XVI fino al Terrore e la vicenda si svolge alternando Parigi e la Vandea, ma non solo: vengono citati anche altri paesini della Francia.
“La libertà non è che un vano fantasma quando una classe d’uomini può affermare l’altra impunemente. L’uguaglianza non è che un vano fantasma quando il ricco, grazie al monopolio, esercita un diritto di vita e di morte sul suo simile.”
La trama principale, se così è possibile nominarla, è estremamente correlata al magnetismo, una scienza che presuppone di curare i mali attraverso lo spirito. Da qui gli autori distinguono il bene dal male con una linea netta, ma attenzione, questo avviene solo in questo caso. Infatti, i personaggi che circondano questa trama principale mostrano i diversi aspetti della rivoluzione, da quelli positivi a quelli negativi, in particolare si incentrano sul Terrore. Ma prima di passare a ciò, è importante osservare quanto studio ci sia stato da parte degli autori sul magnetismo, poiché sono molti i passaggi dettagliati a riguardo. Questo è molto apprezzabile, poiché dà la possibilità al lettore di comprendere a pieno ciò che sta leggendo, nonostante possa non conoscere la suddetta scienza. Da questa, come già detto, gli autori definiscono una linea netta tra ciò che è bene e ciò che è male, attraverso due personaggi in particolare, di cui non saranno citati i nomi: vogliono mostrare come una stessa cosa, in questo caso il magnetismo, possa essere utilizzata a fin di bene o a fin di male e non lasciano spazio a diverse interpretazioni. Sono molti gli esempi di ciò e sono ben distribuiti all’interno del romanzo.
“Non tutti possono essere guariti. Il male è una realtà eterna.”
Tornando, invece, a quello che qui chiamiamo trama secondaria, si osserva l’opposto: non vi è una netta distinzione tra bene e male, non vi è un antagonista o un eroe, ma ci sono persone, esseri umani. Addirittura, non si parla dei reali protagonisti della rivoluzione, quindi tutti quei personaggi citati sui libri di scuola, come Robespierre o Marat, ma si parla di gente comune, di gente del popolo. L’attenzione che gli autori hanno messo nel far parlare i veri protagonisti della rivoluzione è molto toccante: evidenzia quanto la rivoluzione fosse controversa e, nonostante i buoni propositi, non cambiò la società come si può pensare dopo averla studiata a scuola. Il personaggio a cui si fa riferimento, in particolare, è la giovane madre che, nonostante il suo contributo alla rivoluzione in prima linea, viene costantemente messa da parte e non considerata dai “grandi” della rivoluzione. Si pensi di moltiplicare questa donna per chissà quante altre donne. Ma non solo, anche l’immigrato italiano viene escluso dalla rivoluzione, perché non francese.
Ecco, questa è stata la rivoluzione? Gli autori mettono il lettore davanti a questa domanda; lo fa riflettere su tutti gli aspetti di questa e di quanto contradditori fossero i cosiddetti leader. Il tutto con un ritmo incalzante e, addirittura, ironico, come per prendere in giro e contraddizioni della rivoluzione, o meglio, per ridere di coloro che vengono definiti leader.
“L’Armata dei Sonnambuli” è un interessante romanzo che sfrutta la fantasia, alternandola a fatti realmente accaduti, per far riflettere sulla rivoluzione francese a 360°.
“La rivoluzione ci ha insegnato che la differenza tra un patriota e un criminale può essere sottile quanto quella fra una guida illuminata e un tiranno.”
7/10
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realnews20 · 1 month
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Le bacchettate al governo italiano non mancano mai. Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, non risparmia qualche stoccata all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Dal Patto di stabilità al Pnrr, con particolare attenzione dedicata proprio al Piano nazionale di ripresa e resilienza e anche alla norma riguardante le associazioni pro-vita nei consultori. Intervistato da SkyTg24, Gentiloni sottolinea da subito la questione dei fondi del Pnrr e delle tempistiche concordate tra Italia e Commissione. Finora il governo è in linea con i target fissati da Bruxelles, ma “resta la difficoltà” di compiere le riforme, su cui la situazione sembra più complicata.  I richiami di Gentiloni sul Pnrr Il Piano di ripresa e resilienza è uno dei temi su cui maggiormente si concentra il commissario europeo. In primis, Gentiloni sottolinea come sia “difficilmente realizzabile” la richiesta di rinviare la scadenza dei fondi Ue oltre il 2026. Un riferimento a questa ipotesi è stato fatto proprio dal ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, oltre che da Polonia e Portogallo. Per Gentiloni sarà la prossima Commissione a decidere “nei limiti in cui ciò sarà giuridicamente possibile, ma sarebbe un errore dare un segnale come questo”.  Dopo le perplessità, arrivano anche le critiche dirette all’operato del governo italiano in tema di Pnrr, con riferimento all’ultimo decreto approvato sul tema in Italia. Parlando dell’inserimento nel Pnrr delle spese per i centri d’accoglienza per i migranti in Albania e della presenza delle associazioni pro-vita nei consultori, il commissario ricorda come a Bruxelles sia già stato “chiarito che queste misure ed emendamenti non avevano nulla a che fare con il Pnrr”. L’Ue, in questi casi, comunque si “limita a dire che sono cose che non ci azzeccano con il Pnrr” e non si spinge oltre, pur sottolineando che “politica dell’Ue è a favore della libertà della scelta delle donne”. La procedura d’infrazione Altro tema centrale è quello del nuovo Patto di stabilità: Gentiloni sembra sorpreso da come sia andata la discussione in Italia sul tema, probabilmente anche per le diverse posizioni assunte dal governo italiano e dai partiti che compongono la maggioranza nel nostro Paese e che non hanno poi sostenuto la riforma al Parlamento europeo. Per il commissario all’Economia queste nuove regole “sono migliori delle precedenti e, se si fa politica in Italia, se si governa o si vuole governare, non si può negare il punto che bisogna ridurre il livello di debito”.  Con le nuove regole, comunque, lo spettro della procedura d’infrazione per disavanzo è sempre più vicina e non solo per un paio di Paesi Ue, “ma molti di più”, spiega Gentiloni. D’altronde “è noto che con la pandemia e la guerra in Ucraina c’è stata un’impennata della spesa pubblica”. Per le procedure, in ogni caso, bisognerà attendere: la decisione non arriverà di certo prima delle europee e probabilmente viene tutto rinviato a “fine giugno grosso modo”. Quando inizierà la discussione che andrà avanti in linea di massima fino a ottobre per definire il meccanismo di rientro con i singoli Stati. Sicuramente sarà “complicato” portare avanti questa discussione in questo momento “in cui c’è un cambio del ciclo istituzionale”, ma nei prossimi mesi il percorso a 4-7 anni dovrà essere definito. La traiettoria di ogni singolo Stato membro verrà quindi definita “entro la fine del mese di ottobre”.  Infine, non manca un riferimento alla situazione economica complessiva dell’Ue: per Gentiloni “si potrebbe avere un certo ottimismo”, confermando le previsioni di un’accelerazione nella seconda metà di quest’anno e poi nel 2025: “Tutti gli elementi stanno andando in questa direzione”. Ma su questo scenario grava “una zavorra”, ovvero l’incertezza geopolitica, a partire dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Che restano l’incognita principale per la ripresa europea. 
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micro961 · 1 year
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Altrove - Miele
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Il nuovo singolo estratto dall'album “Tossica Animica” della cantante attrice, danzatrice
Un brano dedicato all’indipendenza che invita a riflettere sui diversi modi in cui si esercita la repressione
“Miele” è il grido di indipendenza di una donna, che vuole emanciparsi da una relazione soffocante, da una società solidamente e sordidamente macista, la cui violenza non è perpetrata unicamente a livello fisico lasciando segni visibili ma, più spesso di quanto si pensi, lo è a livello psicologico, in una forma di mobbing casalingo quotidiano, difficile da raccontare e da testimoniare con prove tangibili.
La forza, il talento, le ambizioni delle donne, sono spesso l’incipit della repressione da parte di chi dovrebbe amarle e sostenerle, sono benzina sul fuoco della paura di essere scavalcati di molti uomini, in un'Italia ancora spaventosamente patriarcale. Questo provoca relazioni tossiche, ma difficili da individuare come tali, se non quando ormai è troppo tardi.
Il brano è estratto da “Tossica Animica” primo disco di Altrove e primo segmento di strada verso un “altrove” agognato tutta la vita. La sua genesi è in adolescenza, le influenze ogni singola nota ascoltata negli anni. Le tematiche sono ampie e interconnesse: le grandi sfide della nostra contemporaneità, come la diversità, l'identità, l'emarginazione, la libertà di scelta, la violenza di genere, accanto a fragilità, ispirazione, volontà e creatività e molto di ciò che rende gli esseri umani ciò che sono, nel bene e nel male.
Dicono di Tossica Animica
«Altrove è una firma giovane, una voce pulita, una bellissima occasione per conoscere una musica pop d’autore che somiglia soltanto a se stessa…» Mondospettacolo
«cerca la novità Altrove, cantante e cantautrice di Genova, anima che in se mescola radici italiane a quelle sudanesi, anima che cerca la contaminazione e l’espressione in tutte le sue forme e qui ovviamente, anche indotti dalle sue risposte, andiamo subito alla ricerca di paragoni alti quali Fiona Apple e quel certo modo di alterare i bordi e le forme in assoluta libertà. “Tossica Animica” è un disco che davvero non accetta di buon grado condizioni di uniformità e omologazione…» Exitwell
«I suoni di Altrove, il moniker questo della cantante e cantautrice genovese nata da madre italiana e padre Sud sudanese, sono come la forma che spesso mette in campo: qualcosa di estremamente personale e capace di voltare le spalle ai sentieri battuti da tutti. La recitazione, la poesia, lo spoken word ma anche il glam e il gusto per la melodia affascinante come nella title track. E poi i colori…» Extra! Music magazine
Nata a Genova da madre italiana e padre Sud sudanese. Attrice, danzatrice e cantautrice. Ha studiato Canto Pop al Saint Louis Music College di Roma e continua a studiare con Gabriella Aiello. Ha iniziato a scrivere canzoni a 11 anni e non ha mai smesso. A 20 anni è andata a Londra a fare la cantautrice, tra le altre cose, dove ha iniziato a studiare canto Gospel al Morley College e ha fatto parte del Morley College Gospel Choir, diretto da Colin Vassel. Tornata in Italia il suo percorso ha preso una strada diversa, il teatro e la danza, ma ha continuato a cantare i gospel nel coro Spiritual Ensamble di Bologna e le musiche del mondo nel il coro multietnico Mikrokosmos, diretto dal maestro Michele Napolitano sempre a Bologna, dove nel frattempo si è laureata in Discipline teatrali. In ambito musicale ha lavorato con La Banda di piazza Caricamento diretta da Davide Ferrari, con la quale ha partecipato al primo disco; è stata la Cenerentola di Francesco Di Giacomo nel suo ultimo spettacolo "Cenerentola. La parte mancante" all'auditorium Parco della Musica di Roma; ha partecipato come corista e autrice nel disco jazz sperimentale Electric Sheep del collettivo omonimo, diretto dal trombettista Angelo Olivieri; ha lavorato con l'Orchestra di Piazza Vittorio, partecipando anche al film "Il Flauto Magico" nel ruolo di fata. Il suo percorso è legato a doppio filo alle musiche del sud Italia e negli anni ha avuto modo di collaborare con Marcello Colasurdo, Antonio Infantino, NCCP, Carlo Faiello, Maurizio Capone, Arakne Medoterranea, Lino Canavacciuolo, Lina Sastri e molti altri. Tutto questo avveniva parallelamente al percorso lavorativo di attrice, danzatrice e insegnante di danze “etniche” e popolari, teatrodanza e movimento creativo. Il 20 gennaio 2023 pubblica “Tossica Animica” album d'esordio.
SOCIAL Instagram: https://www.instagram.com/altrove_elsewhere/ Facebook: https://www.facebook.com/ashailombardoarop/
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carmenvicinanza · 4 months
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Lupita Nyong’o
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Non dimenticherò mai, neanche per un istante, che la gioia che provo nella mia vita la devo alla sofferenza delle donne che mi hanno preceduto. Nessuna di noi dovrebbe mai scordarlo.
Lupita Nyong’o, attrice, modella, scrittrice e attivista, ha vinto il Premio Oscar 2014, col suo film d’esordio, 12 anni schiavo.
Si batte quotidianamente per una corretta e autentica rappresentazione delle donne nere.
Coi discorsi pubblici, il sostegno a campagne di empowerment femminile, la scelta dei ruoli, i suoi look, comprese acconciature e accessori studiati ad arte contro il fenomeno del texturism (la discriminazione di persone con chiome afro o ricce), mostra ogni giorno, la libertà di poter fare qualsiasi cosa e diventare chiunque si voglia essere.
È nata a Città del Messico, il 1º marzo 1983 da genitori kenyoti. Suo padre, docente universitario e politico, vi si era trasferito con la moglie nel 1980 per sfuggire alle persecuzioni causate dall’instabilità del paese d’origine dopo che suo fratello era scomparso in circostanze misteriose.
Da bambina ha vissuto per qualche anno in Africa prima di tornare in America. Ha una laurea in Studi cinematografici e teatrali all’Università di Hampshire, nel Massachusetts.
Ha iniziato a lavorare nel cinema come assistente alla produzione, la notorietà è arrivata col primo documentario, In My Genes, di cui è stata regista, produttrice e ideatrice.
Nel 2013 ha ricoperto il ruolo della schiava Patsey nell’acclamato film 12 anni schiavo, che le ha portato un Oscar alla miglior attrice non protagonista, uno Screen Actors Guild Award e un Critics’ Choice Movie Award oltre alle nomination per il Golden Globe e il BAFTA.
Nel 2014 ha doppiato la lupa Raksha nel remake in live-action de Il libro della giungla.
L’anno seguente ha debuttato a Broadway come protagonista nel dramma Eclipsed, che le è valso una candidatura al Tony Award.
Sono seguite le interpretazioni in diversi film di gran successo tra cui svetta l’interpretazione dell’aliena Maz Kanata nella trilogia sequel di Star Wars.
Nel 2018 è entrata nel Marvel Cinematic Universe, interpretando Nakia in Black Panther fortunato film candidato all’Oscar che ha incassato più di un miliardo di dollari in tutto il mondo e che le ha portato una candidatura ai Saturn Awards come miglior attrice.
Con l’obiettivo di rendere onore a una storia di ricerca della propria autostima e di discriminazione basata sul colore della pelle, nel 2019, ha scritto il libro per l’infanzia Sulwe, entrato nella lista dei best-seller del New York Times destinato a diventare un film d’animazione per Netflix.
Ha preso parte alla serie documentaristica Warrior Women, un viaggio nella storia e un modo per riscriverla da una prospettiva africana, finora sempre sotto rappresentata.
È stata la prima donna non bianca a presiedere la giuria del Festival di Berlino 2024. 
Il cinema per lei deve essere rappresentare le differenze e la pluralità di voci e mette tutto il suo impegno nel sensibilizzare le giovani donne su temi importanti come l’orgoglio delle origini, la libertà di scelta e l’empowerment.
Ha fatto della diversità il suo punto di forza e con innata eleganza e fiera consapevolezza, continua trionfalmente il suo cammino artistico e culturale.
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