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#libreria Tra le righe
marcogiovenale · 4 months
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oggi, 24 maggio, a pisa: "poesie per giovani adulti", di michele zaffarano
Poesie per giovani adulti, di Michele Zaffarano, venerdì 24 maggio a Pisa, alla libreria Tra le righe, nel contesto degli incontri “Diffrazioni”. Interventi critici di Chiara Serani e Matteo Pelliti
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libero-de-mente · 8 months
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Donne, uomini e libri
Credo che la situazione sentimentale di molte persone sia lo specchio dell'attuale società.
Si cerca tutto e subito, leggerezza e piacere senza impegno. Avere quello che si vuole solo quando necessita.
Le App insegnano. Hai fame *click*, hai voglia di un week end fuori porta *click*, vuoi andare al cinema *click*, vuoi ascoltare una canzone *click* e in fine vuoi degli incontri con partner senza impegno? Anche qui *click* *click*.
Secondo me le persone meriterebbero più importanza. Spesso si giudica con troppa fretta, in maniera approssimativa.
Io reputo le persone come dei libri, non ci si deve fermare alla copertina e neanche della prefazione. Ci sono vari libri come i romanzi per esempio che vanno da quelli sentimentali a quelli d'avventura, da quelli noir a quelli filosofici oppure anche libertini. Credo che nelle persone, come se fossero libri, ci siano più generi che vanno scoperti leggendoli e sfogliandoli.
Le donne.
Sono da leggere, fino all'ultimo capitolo. E se dopo un primo appuntamento ci rimane qualche dubbio, cosa che a noi uomini spesso capita, restando con quell'espressione di chi ha letto Nietzsche o Kant senza averci capito nulla, basta impegnarsi e ricominciare a leggerle.
Perché in quanto libri, le donne, non saranno mai uguali alla prima lettura, ma magicamente appariranno altri capitoli come se inavvertitamente nella fretta fossero stati saltati.
In un momento che stiamo vivendo di scarso impegno intellettuale, dove a molti risulta difficile leggere post oltre le dieci righe sui social, come si può pensare di impegnarsi per leggere una vita, fatta di esperienze ed emozioni, racchiuse in una persona solo con un rapido giudizio?
Faccio un esempio, si ha la possibilità di scegliere un libro. Uno solo, non di più. Se ci si accontenta di impegnarsi poco si sceglierà un libro pieno di illustrazioni. Guardare è meno impegnativo che leggere.
Chi avrà fatto questa scelta si perderà la possibilità, invece, di scegliere un libro pieno di pensieri, parole, racconti e consigli. Quanti inconsciamente non s'immaginano minimamente a cosa hanno rinunciato. Quello che si sono persi.
Gli uomini.
Non sono da giudicare dalla copertina.
Immaginiamo una donna in una libreria, davanti a sé ha dei libri in esposizione. Vede un libro sconosciuto in libreria. Lei è attratta dalla copertina di uno di essi. Non conosce l'autore.
Così sbircia l'occhiello, ma essendo curiosa passa al frontespizio... uhm, non si è ancora decisa. Sfogliando ecco che le appare l'esergo, "caspita che citazione" sussurra mentre il libro è sempre più saldo nelle sue mani.
A seguire sfogliando trova una dedica, che la fa sciogliere un po'... ed ecco che arriva al punto chiave. Come dopo alcuni appuntamenti interlocutori con un uomo, gira la pagina e trova la prefazione. Finalmente scopre il suo contenuto, l'ambientazione, i personaggi e un sunto della trama del libro.
A questo punto ha solo due opzioni: richiudere il libro e riposizionarlo sullo scaffale, oppure ammirarlo un attimo e con un sorriso avviarsi alla cassa con esso.
Donne e uomini.
Solo leggendo i libri, come metafora delle persone, alla fine della lettura si può essere perdutamente innamorati di quel libro. Come invece si può, alla fine della lettura, rimanerne delusi, nonostante quella prefazione che sembrava promettere bene.
Prendere a caso un libro da uno scaffale solo dalla copertina, senza valutarlo né guardarlo più di tanto, trovandosi poi tra le mani un libro che ci faccia innamorare, può accadere solo con un colpo di fortuna.
Bisogna sapersi leggere, senza fretta o pregiudizi. Solo alla fine trarre le conclusioni.
Ognuno di noi è un libro. Buona lettura a tutti.
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lecodellariviera · 2 months
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Stefano Senardi a Diano Marina l’8 agosto a Un mare di pagine
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Stefano Senardi sarà il protagonista del terzo e ultimo appuntamento stagionale della rassegna “Un mare di pagine” a Diano Marina. Giovedì 8 agosto, la manifestazione promossa dall’Assessorato alla Cultura per offrire a residenti e turisti un “tuffo nel divertimento letterario” proporrà alle 21 in piazza Martiri della Libertà, davanti al palazzo comunale, l’incontro (a ingresso libero) con il celebre dirigente discografico imperiese, che negli anni ’80 e ’90 ha lavorato ai vertici di CGD, WEA e Polygram, ottenendo grandi successi. 
Successi raccontati nel libro autobiografico “La musica è un lampo”, scritto per Fandango Editore, che Senardi presenterà a “Un mare di pagine” insieme al giornalista Marco Vallarino. Il volume, riccamente illustrato da foto d’epoca e già ristampato due volte in pochi mesi, offre una vasta aneddotica legata agli incontri e le collaborazioni di Senardi, oggi apprezzato consulente e organizzatore di eventi, con George Harrison, Madonna, Paul Simon, Robbie Robertson, Lou Reed, De André, Jovanotti, Battiato. Tutte stelle della musica con le quali Senardi ha scritto pagine indelebili della canzone italiana e straniera. Pagine che ora fanno parte anche del suo libro, nato per caso, in India. 
«Ero in vacanza» ricorda Senardi «e col cellulare avevo scritto una specie di recensione su Facebook. Chi la lesse mi chiese di scrivere dell’altro. Cominciai a scavare nei ricordi e mi accorsi che c’era tanto da dire.» Poche righe su Facebook sono così diventate 200 pagine, introdotte nel volume da una prefazione di Michele Serra, che celebra l’importanza sociale e politica della musica, definendola “una delle poche rivoluzioni vinte”. 
«La musica può dare una forza incredibile» assicura Senardi. «Alcuni dei migliori momenti della mia vita, riportati nel libro, sono legati ai concerti che ho seguito prima come fan, poi come professionista, organizzatore, anche con qualche grattacapo, come quando a Bologna non si riusciva a trovare Lou Reed, che doveva salire sul palco e invece era a giocare a flipper in un bar. Di tanti artisti ricordo la grandezza umana oltre che musicale: persone umili e generose di cui mi emoziona sempre parlare.»
Alla serata di “Un mare di pagine” – manifestazione ideata da Loredana Este, che ancora presta la sua amichevole collaborazione all’organizzazione di ogni evento – sarà possibile acquistare il libro di Senardi grazie al firmacopie promosso al termine dell’incontro dalla libreria Mondadori di Diano Marina.
«Siamo orgogliosi» dice Cristiano Zà Garibaldi, sindaco di Diano Marina «di ospitare l’amico Stefano Senardi, figura di spicco del panorama musicale italiano e internazionale, a “Un mare di pagine”. Sono certo che Stefano, con la sua incredibile esperienza e capacità narrativa, ci regalerà una serata di emozioni e riflessioni sulla forza della musica.»
«La rassegna “Un mare di pagine”» aggiunge Sabrina Messico, assessore alla cultura «mira a creare uno spazio di incontro e scambio culturale, nel quale la letteratura e l’arte si fondono con la vita quotidiana. Il libro di Senardi, “La musica è un lampo”, non è solo un viaggio tra i ricordi e gli incontri di un grande professionista della musica, ma anche una testimonianza dell'impatto profondo che la musica può avere sulla nostra società.»
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gammm-org · 4 months
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ganhosdoelefante · 7 months
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Rome - 05 de março de Ano 4 - Quarta - Doc - 28 anos.
06:00 - Acordamos e corremos:
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07:00 - Voltamos, tomamos banho e nos arrumamos. 07:40 - Tomamos café no quarto:
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08:05 - Saímos. 08:20 - Chegamos e trabalhamos.
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12:30 - Almoçamos rápido no hosp:
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13:00 - Voltamos ao trabalho. 17:00 - Saímos. 17:02 - Visitamos: Libreria tra le Righe
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17:40 - Voltamos e tomamos café, ficando de papo:
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18:10 - Tomamos banho e nos arrumamos para sair. 19:22 - Jantamos na casa de Lauren com o povo:
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Comemos sobremesa e ficamos de papo.
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23:00 - Voltamos e dormimos;
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unita2org · 7 months
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LA VIOLENZA SULLE DONNE NELLA STORIA DELLA LETTERATURA
di Redazione 8-marzo-MisoginiaDownload  L’editrice Micol Carmignani presenta La misoginia tra le righe, opera postuma di Francesca Allegri, venerdì 8 marzo ore 18,15 presso la nuova libreria Feltrinelli, in via Beccheria 29 Lucca. Si ha spesso l’impressione che la violenza perpetrata sulle donne, nei modi più brutali, sia riservata a casi isolati, lontani dalla quotidianità. Alle donne sono…
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atomheartmagazine · 1 year
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Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/spotify-superpremium-nuovo-abbonamento/
Spotify si prepara a lanciare il servizio 'Superpremium'
Spotify si prepara a lanciare l’abbonamento ‘Superpremium’ a $19.99/mese con audio lossless, playlist AI e molto altro. Ecco tutti i dettagli emersi.
Spotify Superpremium, cos’è
Sembrerebbe che Spotify sia pronta a lanciare il tanto atteso servizio “Superpremium“. Secondo quanto emerso dal codice di Spotify scoperto da Chris Messina, l’abbonamento disporrà di un elenco di funzionalità più ampio rispetto all’audio lossless a 24 bit che stavamo aspettando. Includerà anche gli strumenti di generazione di playlist AI, strumenti avanzati di mixaggio, ore aggiuntive di ascolto di audiolibri e un’offerta chiamata “Your Sound Capsule”.
Messina aveva già scoperto lo sviluppo di playlist AI da parte di Spotify la scorsa settimana, un modo per creare playlist uniche utilizzando svariati suggerimenti. Spotify, però, aveva rifiutato di confermare lo sviluppo, affermando che non avrebbe commentato possibili nuove funzionalità.
Tuttavia, i leak su Spotify Superpremium sono in giro da svariati giorni. Qualche settimana fa, l’utente Reddit Hypixely ha annunciato che il nuovo abbonamento costerà $19.99 al mese, allegando screenshot del codice di Spotify, e includerà playlist AI e audio lossless. Quest’ultimo non ha più il nome “HiFi“, il servizio premium che Spotify aveva introdotto anni fa ma che non era stato poi lanciato.
Interrogato sulla questione, il CEO di Spotify Daniel Ek dichiara: “Hi-Fi rimane una cosa che riteniamo abbia valore, ma è qualcosa che ha valore probabilmente per un pubblico più esperto nel mercato dello streaming. Siamo interessati a capire come potremmo utilizzarla per aumentare ulteriormente il nostro valore in futuro, ma al momento non abbiamo nulla da annunciare“. Leggendo tra le righe, probabilmente HiFi sarà utilizzato come un modo per aumentare i prezzi in futuro. Allo stato attuale, il servizio è invece stato rielaborato per raggiungere un pubblico più ampio.
Highlights, Your Sound Capsule e molto altro
Oltre all’audio lossless, l’utente di Reddit riferisce che gli utenti Superpremium saranno in grado di filtrare la propria libreria per stato d’animo, attività o genere. Funzionalità che Messina conferma, aggiungendo che ora sono disponibili anche opzioni come “vibrazioni” e “battiti al minuto”. Inoltre, Superpremium includerà 20-30 ore di ascolto di audiolibri, un po’ più delle recentemente annunciate 15 ore gratuite incluse nel classico abbonamento Spotify Premium.
Hypixely ha anche scoperto una funzionalità di Superpremium chiamata Soundcheck che ti informa sulle tue abitudini d’ascolto e ti permette di scoprire quale mix di suoni è “unicamente tuo”. Secondo Messina, questa funzione – chiamata “Your Sound Capsule” – sarà correlata all’esperienza di “Playlist In A Bottle” di Spotify, lanciata all’inizio di quest’anno. Inoltre, Messina ha trovato riferimenti ad un servizio Highlights, che sembrerebbero essere statistiche di ascolto simili a Last.fm.
“Da Spotify, siamo costantemente impegnati a migliorare la nostra offerta di prodotti e a offrire valore agli utenti. Tuttavia, non commentiamo speculazioni su possibili nuove funzionalità e al momento non abbiamo nulla di nuovo da condividere“, ha dichiarato un portavoce a TechCrunch.
Leggi come scaricare musica da Spotify.
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giancarlonicoli · 1 year
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9 giu 2023 12:08
QUANDO SANDRO PERTINI GLI CHIESE PERCHÉ NON RIENTRASSE IN ITALIA. LUI RISPOSE: “STIA TRANQUILLO! STO IN SVIZZERA MA IN ITALIA CI VENGO TUTTI I GIOVEDÌ A COMPRARE LA VERDURA” – GIUSEPPE PREZZOLINI SECRETS BY VITTORIO FELTRI: “ERA UN ANARCHICO CONSERVATORE, NEMICO FEROCE DEI VIZI TIPICAMENTE ITALIANI. L’ASSISTENZIALISMO E LO STATALISMO, GLI ORDINI PROFESSIONALI E IL POLITICAMENTE CORRETTO" - LA GRAPPA CHE TENEVA NASCOSTA TRA I LIBRI, IL BOOM DE "LA VOCE" E IL LIBRO A LUI DEDICATO DI GENNARO SANGIULIANO -
Postfazione di Vittorio Feltri a “Giuseppe Prezzolini, l’anarchico conservatore”, di Gennaro Sangiuliano (ed. Oscar Mondadori), pubblicata da “Libero quotidiano”
Ho conosciuto Giuseppe Prezzolini nel 1982. All’epoca aveva cento anni esatti. Era ancora lucidissimo. Lo intervistai per La Domenica del Corriere. Confesso: ero a disagio.
Nonostante non fossi di primo pelo, incontrare l’uomo che aveva segnato due o tre stagioni della cultura italiana mi metteva un po’ in soggezione. Il maestro, inoltre, aveva fama di essere una persona difficile e scostante.
Nell’ambiente giornalistico me lo avevano descritto eternamente depresso e scontroso. Tagliente e sarcastico. Pessimista, ma di quella razza intraprendente che trova proprio nel malumore e nell’insoddisfazione lo stimolo necessario per andare avanti. In questo era come il suo allievo Indro Montanelli. Le trattative furono lunghe, ma non complicate. Prezzolini, infatti, non amava i giri di parole.
Conservo ancora una sua lettera. Poche righe molto chiare: «Gentile Feltri, patti chiari e amicizia lunga. Voglio centomila lire. Cordiali saluti». Mi misi in viaggio per Lugano. Lo avevano invitato più volte a tornare in Italia. Non ci pensava neanche. Il suo Paese lo aveva emarginato per decenni. E lui rispondeva con un sentimento ambivalente: amore e odio, contemporaneamente.
Nelle pagine di questo libro c’è un aneddoto molto divertente in proposito. Nel 1982, nel corso di una premiazione al Quirinale, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini chiese a Prezzolini perché non rientrasse in Italia.
La risposta fu una battuta fulminante: «Stia tranquillo, presidente! In Italia ci vengo tutti i giovedì a comprare la verdura». Alle otto di mattina bussai alla sua porta. Prezzolini era già sveglio da alcune ore. Mi chiese di accomodarmi in salotto per qualche minuto.
Doveva infatti scrivere un articolo per Il Resto del Carlino. «Le prendo subito qualcosa chele farà compagnia» mi disse. Iniziò ad arrampicarsi sulla libreria. Spostò alcune pile di volumi. Mi aspettavo di vedermi consegnare qualche prima edizione rara e preziosa. Invece saltò fuori una bottiglia di grappa, nascosta con cura nel fondo dello scaffale. Me la consegnò con un sorriso complice. Poi si precipitò alla macchina da scrivere nella stanza attigua. Mi preparai a una lunga attesa. Con la coda dell’occhio riuscivo a vederlo all’opera. Tempestava i tasti senza requie. In dieci minuti preparò tre cartelle e passa. Rilesse brevemente. Appuntò qualche parola nei bordi delle pagine. Quindi si alzò. Aveva finito.
Era pronto. Rispose alle mie domande con il suo stile secco e brusco ma accattivante.
Fu la sua ultima intervista. I libri e le carte del maestro sono ancora in Svizzera. L’Italia non trovò modo di riscattarli.
O forse non volle. C’è poco da stupirsi. Nel clima di soffocante conformismo del dopoguerra, Prezzolini fu rimosso velocemente. Non era classificabile. Non aveva etichette. E non le avrebbe comunque accettate. Non era stato fascista. (O meglio, lo era stato fino a quando Mussolini salì al potere. In quel momento sentì puzza di regime e traslocò in America.) Non era però antifascista. Era senz’altro di destra ma non assimilabile ai nostalgici missini.
Si era guadagnato senza difficoltà l’ammirazione e il rispetto di chi, negli Usa, si era opposto ai totalitarismi europei. Cos’era dunque? La risposta è offerta da Gennaro Sangiuliano e dal libro che stringete fra le mani. Era un anarchico conservatore, come lui stesso amava definirsi. Può sembrare una contraddizione, ma non lo è. La società, se lo Stato non interviene, si regola da sé.
Crea spontaneamente una gerarchia di valori che, per comodità, possiamo chiamare tradizione. Prezzolini confidava nella tradizione e diffidava dello Stato.
Una tradizione vitale e non imbalsamata.
Pronta all’autocritica e aperta al dibattito. Egli fu nemico feroce dei vizi tipicamente italiani. L’assistenzialismo e lo statalismo. Le corporazioni e gli ordini professionali. La retorica e il linguaggio che oggi definiamo politicamente corretto. Lui stesso, maestro di Longanesi, Montanelli e Fallaci, non volle saperne della tessera da giornalista e diventò pubblicista soltanto a ottant’anni.
Fu invece a favore del mercato e della concorrenza fin dai tempi gloriosi della Voce. Prezzolini era un liberale, razza sconosciuta agli italiani, ben nota agli americani. Forse non è un caso che proprio negli Stati Uniti Prezzolini abbia trascorso tre decenni, una parte molto importante della sua vita. Importante sotto tutti i punti di vista, non solo per la sua biografia. Insegnava letteratura italiana alla Columbia University. I suoi studenti lo ricordano con piacere. Affabile e alla mano, lontanissimo dallo stereotipo del professore serio e accigliato.
GLI USA
È questo un Prezzolini meno conosciuto, e andrebbe studiato. Egli portò aldilà dell’Atlantico la cultura italiana. Ma fece anche il contrario e diffuse quella americana in Italia. In questo campo fu un pioniere assoluto. La portata di alcuni suoi lavori geniali è ancora da valutare. Fu il primo, ad esempio, a parlare di letteratura italoamericana.
Pubblicò un’antologia sulle opere dei nostri connazionali immigrati nel Paese del Grande Sogno. È argomento oggi al centro dell’attenzione. Lui ci arrivò con qualche decennio d’anticipo. Del resto, Prezzolini aveva l’occhio allenato alle novità e sapeva come farle arrivare a una platea vasta. Non è il caso di aprire una parentesi sulla Voce, ormai considerata all’unanimità la migliore rivista culturale mai pubblicata in Italia e come tale presentata in tutte le scuole. Gennaro Sangiuliano, in questo libro documentato come un saggio accademico ma avvincente come un’inchiesta, ne racconta benissimo la nascita e la storia. Mi limito a notare una cosa.
Contrariamente a quanto pensa qualche mio collega, i giornali sono fatti per essere venduti. Questo principio Prezzolini lo teneva a mente. La Voce raggiunse le cinquemila copie, un risultato straordinario per gli anni in cui fu pubblicata
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...Calvino è un giocoliere di storie e parole...incredibili l'arguzia e la fantasia con cui riesce a piegare alla sua penna i grandi temi della fisica contemporanea...Un viaggio nella logica assurdità e nel paradossale, fra mondi ed esseri evocati come sogni vividi. Dal profondo, immenso e buio spazio lontano , dai lampi di luce delle galassie alle vorticose curvature dello spazio fino ai gusci delle conchiglie, le righe scritte di una pagina, la solitudine dell'uomo: la poesia dell'universo intero si estende tra le invenzioni visionarie, malinconiche e linguistiche di uno dei sommi sacerdoti della Scrittura di ogni tempo...Lasciatevi sorprendere dall'esplodere dei primi lampi di colore dell'universo, lasciatevi commuovere dalla donna perduta in eterno sulla luna, dai molluschi che "inventano" il mondo, dall'ultimo dinosauro sulla terra e mille altre idee che esplodono a migliaia, come le stelle, quasi incontenibili in poco piu di 170 pagine...Le cosmicomiche...apoteosi del surrealismo e della fantasia, un'ulteriore conferma della genialità di Calvino...#ravenna #booklovers #instabook #igersravenna #instaravenna #ig_books #consiglidilettura #librerieaperte #narrativa #italocalvino (presso Libreria ScattiSparsi Ravenna) https://www.instagram.com/p/CpZX9UpIzax/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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vefa321 · 4 years
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Lunedì 20 Aprile 2020
"Non sarà un avventura, non può essere solo una primavera."
Un giorno di vento, un giorno avventato o semplicemente una chimera.
Un lunedì è roba seria, tra il lavoro ed il dovere stare in disparte, ognuno fa la sua parte.
Dalla cassiera all'infermiera, dall'edicolante al bracciante. Il tempo dei lavori necessari...
Per ora si tratta di leggere le copertine, di leggere tra le righe, dalla cartoleria alla libreria, ai negozi per bambini.
In sintesi ed in pratica, piccoli passi di giganti in un mondo ancora alle prese con un virus lilliputiano che ci tiene legati.
Siamo Davide e Golia, quando le misure non contano, tranne quelle restrictive.
Faccio il caffè, dopotutto sono i piccoli gesti che fanno la differenza... Sempre.
@vefa321
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marcogiovenale · 4 months
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pisa, 24 maggio: "poesie per giovani adulti", di michele zaffarano
Poesie per giovani adulti, di Michele Zaffarano, venerdì 24 maggio a Pisa, alla libreria Tra le righe, nel contesto degli incontri “Diffrazioni”. Interventi critici di Chiara Serani e Matteo Pelliti
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pangeanews · 4 years
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“Dove non arrivi la parola del nostro mondo”. Pier Paolo Pasolini: nel giorno della morte parliamo di lui bambino, ragazzo
Il corpo di Pier Paolo Pasolini, dicono, muore il giorno dei morti del 1975, teatralmente scannato. Per ricordare il morto, voglio sondare gli esordi, l’utero poetico, la parola per sempre ulteriore, da subito. La parola bambina, bambolina. Nel 1990 Pier Vittorio Tondelli per l’allora “Premio Riccione Ater Teatro” organizzò una mostra, Ricordando Fascinosa Riccione, dove immaginava – questo è il bello – un canone ‘alternativo’ della letteratura italiana, coagulatosi lì, sulla Riviera romagnola, lungo l’Adriatico. Nel suo studio (titolo: Cabine! Cabine! Immagini letterarie di Riccione e della riviera adriatica; il catalogo fu pubblicato da Grafis, poi ripreso, con altri materiali, da Guaraldi, nel 2005) antologizza Giorgio Bassani e Giovanni Guareschi, Filippo De Pisis, Sibilla Aleramo, Mario Luzi, Alfredo Panzini, Raffaello Baldini, Valerio Zurlini e Ippolito Nievo. C’è anche Pier Paolo Pasolini. Con una cartolina. Del 1930. Al padre. Dalla riviera di Riccione. “Forse sono le prime righe che possediamo di Pasolini. Certo non hanno alcun valore letterario, ma ci inteneriscono, chiedono quasi la nostra protezione, ci fanno immaginare il bambino Pier Paolo al mare con la madre, perso nei giochi di spiaggia, un po’ nostalgico della figura paterna”. “Carissimo babbo… conto i giorni che ci mancano per la partenza con le dita!… Arrivederci al mare! Desidero che venga questo momento per abbracciarti”. Carlo Alberto Pasolini morirà nel 1958, “passionale, sensuale e violento di carattere: era finito in Libia, senza un soldo; così aveva cominciato la carriera militare; da cui sarebbe poi stato deformato e represso fino al conformismo più definitivo”, ricorderà, adulto, PPP. Da Riccione, la moglie dettava lettere oblique: “…se ti sono proprio diventata così antipatica, come dimostri spesse volte, a causa della mia incapacità di trovare risorse contro il tuo disgusto”. Al mare si consumavano peripezie psichiche, plastiche crudeltà, esordi d’astio.
Sul ciglio dell’ultimo fiato, nel 1975, mentre monta Salò, termina La Divina Mimesis e si orienta alla morte, Pier Paolo Pasolini pubblica La nuova gioventù, con Einaudi. Ora il cerchio – l’anello o il cappio – è chiuso: Pasolini ripubblica La meglio gioventù come era uscito per Sansoni, nel 1954, il resoconto dell’alba poetica, la raccolta delle poesie friulane scritte dal 1941, meno che ventenne, al 1953. A questo mette altro, il sigillo. L’alba viene tumefatta di stimmate.
L’ultima raccolta poetica di Pasolini è la prima: ricalcata e rifatta. Il canonizzatore Pier Vincenzo Mengaldo ne parla come di “tenebroso rifacimento”, dove “il lettore non può non scoprire la dolorosa pulsione masochistica a ferire la propria immagine giovanile, come di un pittore che s’induca a sfregiare i suoi antichi dipinti”. Come se un pittore di beatissime Madonne tornasse sul loro immacolato corpo stuprandole, storpiandole, passando dai modi del Beato Angelico a quelli di Francis Bacon.
In realtà, più che lo scandalo (d’altronde, questo è Giovanni Giudici, “Pasolini è il poeta che dà ‘scandalo’, che vuole ‘dare scandalo’, perché senza ‘scandalo’ non si dà poesia”) oggi siamo rinvigoriti di meraviglia: ogni poeta, intuendo il proprio tramonto, profetizzando la morte, vorrebbe ritornare nell’utero della propria opera, scassandola, scassinandola. L’ultimo gesto poetico di Pasolini è in friulano, è la poesia Saluto e augurio, testamentaria, congedo dal linguaggio proprio – non natio, connaturato, ma della stirpe e del mito – e perciò dalla patria, dalla Storia, dalla vita: “A è quasi sigùr che chista/ a è la me ultima poesia par furlàn”. Il testo, prima di deporsi in volume, esce sull’“Almanacco dello Specchio”, nel marzo del 1975. Ha dei passaggi di tenera bellezza (che calchiamo nella traduzione italiana): “Tu difendi, conserva, prega:/ ma ama i poveri: ama la loro diversità./ Ama la loro voglia di vivere soli/ nel loro mondo, tra prati e palazzi// dove non arrivi la parola/ del nostro mondo; ama il confine/ che hanno segnato tra noi e loro;/ ama il loro dialetto inventato ogni mattina// per non farsi capire”. Pare un ritratto di Pasolini con l’autoscatto, il programma estetico e dunque esistenziale. Pasolini povero al mondo, che percorre l’esilio, mordendo il fango, odorando la stella.
Due parole ne bloccano l’atto: cunfìn, confine, e poi diversitàt, diversità. Di Pasolini, scrittore sconfinato, in effetti, sappiamo tutto, troppo, ne abbiamo scartavetrato la vita, già nudo lo abbiamo dissezionato, organizzando un ‘mostro’. Dimenticando le origini. Nato a Bologna, celebrato a Roma, Pasolini scopre la poesia in Friuli, a Casarsa della Delizia, la terra materna, dove nasce, appunto, poeta. E la poesia, per Pasolini, parla già una lingua ‘diversa’ e della magnetica diversità, si esprime in friulano, esercitando versi edenici, liquidi (la Dedica è alla “Fontana d’acqua del mio paese”, Fontana di rustic amòur), tesi tra Pascoli e Rimbaud, assoluti. In effetti, lo scopo di Pasolini, che nel 1945 fonda, a 23 anni, l’“Academiuta de lengua furlana”, con tanto di rivista fraterna (“Stroligut”) e dichiarazione d’intenti letterari (“Il Friuli si unisce, con la sua sterile storia, e il suo innocente, trepido desiderio di poesia, alla Provenza, alla Catalogna, ai Grigioni, alla Rumenia, e a tutte le Piccole Patrie di lingua romanza”), era quello di creare “una specie di linguaggio assoluto, inesistente in natura” (così nella Nota a La meglio gioventù). Da una parte Pasolini agisce come un nuovo ‘trovatore’, dall’altra esplicita una furia linguistica onnivora, joyciana, che tende all’“epoca inconsumata della coscienza” a “cose e fatti di una verginità sicura” (“Stroligut”, aprile 1946), una lingua propria, appropriata, privata, capace perfino di annientare l’italiano (“le versioni in italiano a piè di pagina”, ci spiega PPP, non sono sterili calchi ma “parte integrante del testo: stese con cura e quasi, idealmente, contemporaneamente al friulano”).
Il precoce esito, delicatissimo, di questa catabasi linguistica sono le Poesie a Casarsa, stampate in privato a Bologna, nel 1942, presso la Libreria Antiquaria Mario Landi, riconosciute immediatamente da Gianfranco Contini, che scrive sul “Corriere del Ticino” nel 1943, un articolo che ne benedice il genio (“in questo fascicoletto si scorgerà la prima accensione della letteratura dialettale all’aura della poesia d’oggi”) e poi, tra l’altro, su “L’Approdo”, nel 1954 (Dialetto e poesie in Italia): “Ciò che fa di lui un autentico félibre, come in Provenza o in Catalogna […] è che attorno a una linea melodica e concettuale carica ma semplice […] l’autore inventa una nuova fisicità verbale, una materia di poesia nel senso più letterale e artigianale”. A quella latitudine cronologica, comunque, Pasolini ha già compiuto il suo titanico atto intellettuale, la composizione, per l’editore Guanda, dell’antologia sulla Poesia dialettale del Novecento (1952). Prima di lui, il nulla o quasi, reperti folcloristici, raccolte più utili all’antropologia che alla letteratura. Nell’introduzione oceanica, che intende giustificare i dialetti come lingua ‘patria’ per davvero e non sibilo sinistro, carnevalesco, buono per la fiera e oppresso dall’educazione scolastica, PPP ci dice due cose (parlando di sé in terza persona, augusteo).
Primo: che il friulano era “una lingua non sua, ma materna, non sua, ma parlata da coloro che egli amava con dolcezza e violenza, torbidamente e candidamente”. Quindi: il friulano è frullato di linguaggio, invenzione alchemica. Secondo: che il friulano versificato dai ‘suoi’, i “félibri casarsesi”, non ha alcun legame “con le forme per definizione dialettali: il loro apprentissage poetico si compie tutto al di fuori del dialetto”. Al di là di “una educazione sentimentale condizionata quasi morbosamente dall’amore-nostalgia per il loro dialetto e la loro terra” ci si è educati alla corte di Pascoli, di Mallarmé, dei provenzali, di Machado, di Joyce (che muore appena Pasolini comincia a dar versi). Pasolini, poi, farà esplodere altri linguaggi, pressoché tutta la gamma della comunicazione, dal saggio al romanzo, dalla poesia al cinema, diventando avanguardia a sé, senza scuole né scolari. Bagliori di quella ferocia friulana si leggono sul rasoio di alcuni estratti autobiografici.
Nel 1953 Pasolini scopre un giovanissimo lirico. Ha sedici anni, viene dalla provincia di Verona, si chiama Cesare Padovani, scrive in dialetto veneto ed è un handicappato. Pasolini lo legge su “Oggi”, è a Roma, gli scrive, “sconosciuto e irrichiesto”, impulsivamente. “Non c’è niente di peggio di divenire subito ‘merce’. Se tu dipingi e scrivi poesie sul serio, per una ragione profonda e non solo per consolarti delle tue disavventure fisiche (o magari, come dicono, per ragioni terapeutiche…), sii geloso di quello che fai, abbine un assoluto pudore”. Poi instaura una fratellanza, “devi sapere che anche io a diciotto anni ho cominciato a scrivere dei versi in dialetto (friulano)”, sancisce un contatto-contratto tra diversità (“la mia malattia non era fisica né nervosa, ma psicologica”), invia al giovane Padovani la raccolta in versi Tal còur di un frut, pubblicata quell’anno, con una dedica cannibale (“A Cesarino Padovani come a un antico me stesso miracolosamente nuovo”), si designa, da diverso a diverso, in contrariata innaturalità, maestro. In altre lettere Pasolini disciplina i versi in dialetto di Padovani (“c’è implicitamente, dietro le tue parole, l’opinione errata che il dialetto debba servire a trasporti affettivi convenzionali e senza mordente”), gli indica gli studi da percorrere (“ti consiglio senz’altro il Ginnasio e il Liceo: le difficoltà le supererai”) e ne battezza il destino intellettuale (“credo di capire che in te prevarrà la vocazione critica su quella poetica”). Poi si scorda di lui, e della malia del friulano. Vi torna, appunto, prefigurando la fine, alla fine, come una stanza ancora virginea nello squallore della Storia, come una definitiva malinconia, tra la pugnalata e la salvezza. (d.b.)
*In copertina: ritratto di Pier Paolo Pasolini realizzato da Sandro Becchetti (la fotografia è tratta da qui)
L'articolo “Dove non arrivi la parola del nostro mondo”. Pier Paolo Pasolini: nel giorno della morte parliamo di lui bambino, ragazzo proviene da Pangea.
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ilfascinodelvago · 4 years
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Leggere è riconoscere se stessi, ho letto da qualche parte. Ma forse, più propriamente, leggere è riconoscere gli altri (e pertanto stupirsi dell’altro, imbarazzarsi dell’altro, essere fieri e vergognarsi dell’altro, non comprendere l’altro) ma negli altri incontrare, in qualche obliqua maniera imprevista, se stessi.
Può darsi che sia così, è probabile che sia anche così. In ogni caso la lettura deve senza dubbio avere qualcosa a che fare con gli incontri e con gli altri: e senza dubbio deve essere questa una delle ragioni per il cui il web e i giornali pullulano, in questi giorni di quarantena e isolamento, di consigli di lettura, di elenchi di libri da leggere (ne trovate uno interessante qui), di motivi per andare in libreria: tanto da farle pure aprire, le librerie, e anche questo, mi dico io, sarà sempre il sintomo della stessa forma di ansia, l’indizio sghembo di uno spavento che non sappiamo confessarci.
Ma contemporaneamente, ed è questa la confessione del mio post di oggi, succede che io, per esempio, abbia letto pochissimo in questi giorni di isolamento. Qualche romanzo iniziato e lasciato a metà, qualche saggio letto a pezzi, qualche tentativo di riprendere in mano un classico subito abbandonato… Ne ho trovato una possibile spiegazione (di questa fatica, che non so se è solo mia) in un bell’articolo di Enrico Prevedello (lo trovate qui), tra le cui righe ho potuto leggere così:
I romanzi ci permettono di esperire versioni di mondo alternative alla nostra, attraverso la possibilità di interazione dei personaggi nell’ambiente in cui sono immersi. Penso che la soddisfazione nella lettura derivi anche dalla comprensione della differenza tra la struttura di relazioni tra noi e il mondo in cui crediamo di vivere e la struttura di relazioni del mondo-versione di un romanzo. Il senso di una storia è il risultato di una significazione metaforica tra le relazioni interne alla narrazione (azioni che i personaggi fanno o non fanno in un dato ambiente) messa in confronto con le relazioni che noi, nel nostro ambiente, possiamo fare o non fare. Credo che la difficoltà di leggere romanzi e di scriverne sia dovuta alla mancanza di una delle due parti necessarie al funzionamento della comprensione, ovvero manca la versione consolidata ed evidente del mondo in cui siamo immersi, e questo perché noi comprendiamo la nostra realtà attraverso l’interazione con essa, e non ci siamo ancora adattati al pattern di interazioni di questa nuova realtà limitata che è lo stare a casa.
Ma la sua spiegazione, per quanto colta e acuta, non mi è bastata; e sono quindi finito a pensare agli incontri, alle letteratura come incontro, al riconoscere se stessi e agli incontri che non faccio più: perché sto a casa, perché la vita on line non mi piace abbastanza, perché la gente guarda dal balcone con sguardi incupiti, perché non c’è nessuno da incontrare, nessuno a cui stringere la mano, nessuno a cui offrire il caffè, perché paradossalmente non ho nemmeno nessuno da evitare quando esco di casa, il proverbiale scocciatore, la strada da cambiare per non vederlo e non doverlo salutare…
Non so quindi se leggere sia incontrare se stessi o un altro da sé o se stessi negli altri e tutte queste cose che ho pensato svegliandomi stamattina e che mi hanno fatto iniziare questo post così come l’ho iniziato; in realtà mi importa davvero poco saperlo, stamattina. Perché so molto bene, invece, che se non incontro gli altri (a scuola, per strada, al bar, davanti al mare, in libreria, sulle scale) non ho nemmeno più voglia di leggere. L’ho scoperto a causa di questo confinamento. Mi pare, se ci penso bene, una buona notizia.
[Lo scorfano trova sempre le parole adatte]
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corallorosso · 5 years
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L'Italia razzista è un Paese troppo pericoloso per le famiglie, non l'Iran di Onofrio Dispenza L'Iran? "Terra troppo pericolosa per portarci la famiglia". Partiamo da questa marginale e stupida considerazione che fa oggi il Corriere della Sera tra le righe della notizia dell'ennesimo viaggio di Di Battista. ...A me "terra troppo pericolosa" appare l'Italia, dove una donna che da bambina è riuscita ad uscire viva dall'orrore dei lager nazisti, è stata costretta, alla sua età, a muoversi sotto scorta.... L'Italia è diventata "terra troppo pericolosa" per le famiglie. Se adotto un bambino di un altro colore dovrò convivere con la paura quotidiana di difenderlo, di spiegare a mio figlio perchè è insultato, sbeffeggiato o picchiato dai figli di quelle famiglie dove al mattino più che pane e marmellata si mangia odio e rancida rabbia. Se porto i miei figli allo stadio nella migliore delle ipotesi li farò assistere ad una vomitevole lezione di razzismo. L'Italia è una "terra troppo pericolosa per le famiglie" perchè se abito al Sud la famiglia si digrega, coi figli costretti ad andare via, pure con una bella laurea in tasca, se solo vogliono recuperare una chance per il futuro. L'Italia è una "terra troppo pericolosa per le famiglie" perchè se abito a Taranto ci tolgono il pane dalla bocca e ci ficcano il demonio in corpo. L'Italia è "terra troppo pericolosa per le famiglie" perchè se la famiglia vive in una delle periferie delle nostre città imbruttite e a perdere, capita che la scuola sia vandalizzata e la libreria sotto casa incendiata e poi incendiata ancora. Il male è una staffetta che passa di mano in mano, che vecchie generazioni vogliono imporre alle nuove, incidendo una lama avvelenata nelle menti e nei cuori. E le insidie quotidiane sono un elenco lungo e doloroso. L'Italia è"terra troppo pericolosa", perchè se ti ribelli e se scendi in piazza conm tanti altri per dire basta, per scriverlo nei muri, c'è chi - impunito, anzi incoraggiato da certi demoni della politica - ti strappa il messaggio di speranza, ti cancella i segni della rivolta morale.
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peccatidipenna · 5 years
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Per ricominciare guarda tra le pagine di un libro di Ali Berg e Michelle Kalus, @garzantilibri #TRAMA Bea sta per compiere trent’anni. Un’età in cui si fa un bilancio del passato, ma soprattutto si decide su che cosa puntare per il futuro. Lei sa che c’è solo un luogo dove guardare per ricominciare davvero: tra le pagine di un libro. Forse è per questo che, durante una passeggiata nella sua libreria di fiducia, The Little Brunswick Street Bookshop, la sua attenzione viene colpita da un piccolo volume dalle pagine sgualcite. Quel libro sembra aver scelto proprio lei e Bea non avrebbe mai immaginato che potesse custodire un tesoro: una serie di note a margine scritte in un’elegante grafia. Parole che, seppure di uno sconosciuto, sembrano parlarle direttamente. Parole che nessuno le ha mai rivolto, ma che lei ha sempre sognato di leggere. Bea è convinta che sia un segno. Deve capire chi ha scritto quelle righe, ma non può farlo da sola. Ha bisogno dell’aiuto di altri lettori come lei. Per questo lancia una serie di appelli in rete, accompagnandoli sempre con una citazione. Perché gli autori che più ama, da Louisa May Alcott a Lewis Carroll, a Marcel Proust, sanno che cosa è giusto fare. Non è una ricerca facile. Ma un giorno Bea riesce a scovare la persona che ha scritto gli appunti. L’uomo perfetto per lei. Tutto sembra andare come ha sempre desiderato, anche se Bea sa che i libri, dietro una copertina accattivante, possono nascondere un segreto. Bisogna avere pazienza e leggerli fino all’ultima pagina, godendosi il viaggio. Ovunque le parole vogliano portare. Perché solamente tra le pagine di un libro si può trovare la forza di ricominciare. —— Ebook 9,99€ Cartaceo 17,90€ Pag. 324 —— #libri #pubblicazioni #leggerefabene #leggeremania #booklovers #leggere #letture #booknow #booklover #iglibri #leggerechepassione #leggeresempre #bookaddicted #bookaddict #bookish #bookaholic #booknerd #bookworm #bookstagram #igreaders #ebooklovers #bookaddiction #bookblogger #booklove #ebook #peccatidipenna https://www.instagram.com/p/B7dIW6enmv3/?igshid=17sq9vbn2xhl9
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lukish25 · 5 years
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La piena by Andrea Cisi My rating: 5 of 5 stars Non so voi ma di solito quando leggo un libro tendo a partire con l’immaginazione, invento luoghi o cerco di attingere a ricordi passati se ho visitato quei posti e copro i buchi lavorando di fantasia. Mi creo un vero e proprio mondo personalissimo, molte volte mi capita di associare i protagonisti del libro ad amici o conoscenti, cercando quindi di vivere ogni volta un’avventura diversa con persone che in qualche modo fanno parte della mia vita. Poi, a volte, ci sono le eccezioni. Questa è una di quelle volte. Da bambino frequentavo lo stesso oratorio a Cremona di Sante, per un breve periodo abbiamo fatto gli scout insieme. Avevo nove-dieci anni, lui era di qualche anno più grande. Quando tu hai dieci anni e chi ti sta davanti quindici la differenza d’età è un abisso, per cui non mi stupirei se lui non si ricordasse minimamente di me oggi. Spesso inoltre mi capita di vedere in giro per Cremona Andrea con il suo bambino. L’ultima volta è stato in una libreria della città, lui con la maglia dei Nirvana, il bambino guardava curioso i libri. Ricordo di aver chiesto alla commessa questa cosa “Secondo te gli scrittori vanno a vedere i propri libri negli scaffali delle librerie?” Probabilmente mi ha preso per matto. Io lo faccio sempre, e ho fatto tre copertine. Ci tengo un sacco. Altra cosa che mi ha fatto vivere questo libro come una sorta di ricordo non mio è Cremona. Non c’è niente da immaginare qui, ci sono nato e cresciuto a Cremona, nello Zaist, mia madre ha lavorato trentacinque anni al Maggiore, l’ospedale. Ogni luogo raccontato da Cisi io lo conosco come le mie tasche ed è forse questa la cosa che mi ha legato incredibilmente a questo libro. E ragazzi ci sono finito sotto di brutto, è come se mi avesse investito un treno merci. “Cronache dalla ditta” è un libro tristemente divertente, mi ha fatto veramente piegare in due dalle risate per i momenti surreali vissuti in ditta, ma il vero significato che traspariva dalle righe del libro lasciava veramente poco spazio al divertimento. Ecco, qui l’atmosfera è decisamente più pesante. Non mancano i momenti buffi, i racconti del campionato amatori con i suoi improbabili protagonisti su tutti (mai giocato a calcio, ma ho provato un moto di orgoglio nel vedere la società sportiva a cui sono iscritto, il CRAL, tra gli avversari), ma quello che ti scava dentro è la relazione tra i due protagonisti: lo capisci alla terza pagina che sta andando tutto a puttane, è una lenta discesa negli inferi, popolati da silenzi assordanti e totale apatia. Ed ero lì immerso nella lettura che pensavo “Dai ragazzi cazzo, parlatevi, fate qualcosa, svegliatevi perdio!”, è questo il motore vero del romanzo, quello che mi ha tenuto sveglio la notte prima di andare a dormire e alle 6:30 del mattino sul treno invece di dormire. Mi ha spaccato a metà, in alcuni punti è decisamente una mattonata in faccia, ma è un libro che consiglio a tutti, perché Cisi è veramente uno scrittore enorme, che racconta con semplicità emozioni complicatissime e ti obbliga a fare i conti con te stesso anche e soprattutto quando la risposta finale è ben lontana da quella desiderata. View all my reviews
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