Tumgik
#logorrea
proustian-dream · 7 months
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la estética del blog determina una escritura maximalista y operaciones de acumulación esquizofrénica.
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autolesionistra · 1 year
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Di turismo e misticismo
Premessa
Quando il secondogenito aveva due anni e mezzo siamo entrati in una chiesupola montana di 35 m² (ad esser larghi). Era la prima volta che entrava in una chiesa; mentre ci guardavamo intorno abbiamo sentito canticchiare “tanti auguli attè, tanti auguli attè” e ci siamo voltati giusto in tempo per vederlo soffiare sulle candele votive spegnendone una mezza dozzina davanti agli occhi inorriditi di una vecchina devota. Già dalla prima volta, portarlo in chiesa regala sempre qualche perla inaspettata.
Prima parte
Un inedito quanto gradito interesse del piccolo per gli affreschi del (meraviglioso) palazzo Farnese di Caprarola è culminato con l’arrivo alla stanza degli angeli, nella quale siamo stati sommersi di domande tecnico-teologiche su gerarchie e poteri angelici a cui eravamo tutto sommato impreparati. Dopo un momento di silenzio che ci aveva illusi di averla sfangata, se n’è uscito con “ma sono più forti, gli angeli, i jedi o i pokemon d’acqua?”. La royal rumble culturale che non ti aspetti. Il dibattito ha tenuto banco per tutta la visita ai giardini esterni del palazzo (che sono grandini) senza arrivare ad una vera conclusione, spodestato solo alla vista di una fontana piena di lenticchie d’acqua che ha fortunatamente spostato il focus su “sembra prato, ma è acqua!”.
Seconda parte
Nel duomo di Orvieto la (meravigliosa) cappella di San Brizio ha inevitabilmente riacceso un certo interesse per angeli e dintorni. È stato particolarmente complicato spiegare il concetto di giudizio universale “ma perché gli angeli suonano la tromba?” “per annunciare la fine del mondo” “vuoi dire la fine dell’inferno, sono angeli” “no no, quella del mondo” “perché fanno finire il mondo? ma allora sono cattivi!” e così via.
Di nuovo, un attimo di quiete è stato mal interpretato come conclusione del dibattito teologico, e mentre girellavamo nei sotterranei della cattedrale è arrivato a bruciapelo un “Ma dio esiste?” una signora che stava passando a distanza d’orecchio si ferma, ci guarda e fa “Domanda impegnativa! Quasi resto per sentire la risposta.”
La mia consorte non si scompone e inizia a rispondere che alcune persone ci credono, altre no, proseguendo con un excursus sulla pacifica convivenza di credenze molto più positivista di quello che sarei stato in grado di trasmettere io. Il fatto che l’esistenza di un essere divino possa essere oggetto di dibattito scuote dal torpore il pragmatico primogenito (fanciullo di poche parole prevalentemente a causa della logorrea del fratello) che in maniera molto  tranchant-razionalista commenta “ma scusa, se una cosa esiste in qualche modo si vede e uno lo sa che esiste” inconsciamente citandomi uno dei momenti migliori di Tim Minchin e guadagnando la stima imperitura dal su’ babbo.
Non ricordo più come ma dopo qualche tempo il discorso si sposta sui reperti storici del museo del duomo e (inevitabilmente) cade sui pokemon e il piccolo decide di precisare che “i pokemon sono gli antenati dei dinosauri”. Commetto il grossolano errore di mettere in dubbio la veridicità storica di questa affermazione. Il piccolo s’incazza, ma di brutto. “Voi avete detto che se uno crede in dio va bene anche se voi non ci credete e io non devo credere che i pokemon siano gli antenati dei dinosauri! Ma se io ci voglio credere?” Attimi di smarrimento. Il ragionamento non fa una grinza. Valuto brevemente se tirare fuori la teiera di Russel. Desisto. I dinosauri da programma ministeriale si fanno in terza elementare, abbiamo ancora un annetto e mezzo prima di fare figure di merda con le maestre. “Ok, se questo è quello che vuoi credere, va bene”
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denny1416 · 1 year
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C'è mia cugina a casa da quattro ore tipo ed ha un attacco di logorrea. Non sta zitta un secondo, non ce la faccio più. Voglio tornare a fare i cazzi miei e questa continua a dire cose che non mi interessano.
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cometelafresa · 1 year
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pelmafrost, m. y f. coloq.
   Hasta donde sé, he acuñado una palabra. (Los maliciosos dirán que la he «a-cuñao».) Es pelmafrost.* Todos conocemos a uno, una de esas personas con una capa de personalidad permanentemente pelma; pelmas como el pino, es decir, «pelmanifolios»; de una pelmez —¿pelmidad?; «pelmacería» no, que es otra cosa— perenne, patente y dura como el hielo.    *Advertencia a los pelmafrost: sí, lo sé, técnicamente la acuñación debiera ser «permapelma», pero la sonoridad de «pelmafrost» es irresistible, así que haré algo así como con el chóped. Además, esta gente son unos frígidos: solo los pierde el onanismo. Por otro lado, empiezo a pensar que «pelmanifolio» no le va a la zaga. Vale, pues he acuñado dos. Pero sigamos.
   A los pelmafrost los tendrían que recetar los médicos de familia —antes llamados «de cabecera»; ahora no basta con tener cabecera para estar enfermo, encima hay que tener familia—. La cosa iría más o menos así:
   «¿Tiene insomnio? Pues mire, podríamos... » —muchos médicos hablan en plural, como incluyéndose en el tratamiento, pero cuando llega la preparación para la colonoscopia, evacúan antes que tú, que ya es decir. Pero sigamos:— «... podemos hacer dos cosas: le receto lorazepam, pim, pam, o lo derivo a un pelmafrost para que le aburra por las noches a la hora de acostarse». «De acostarse usted, no el pelmafrost», aclaran. Serían como los lectores de Borges, pero sin libros —¡ojalá olvidaran su logorrea para recitar a otros!—. (Con esto no digo que los demás seamos Borges, que ya sabemos cómo va hoy el arte interpretativo. ¡Ah, qué sabia Sontag cuando dijo que interpretar es empobrecer!)
   La otra noche cené con gente ilustrada y una amiga muy leída recordó al respecto el espléndido comienzo de Los hombres me explican cosas, de Solnit, donde la autora describe cómo un pelma de estos —en su caso, de la categoría mansplainer— había descubierto un libro genial, cuyo contenido se dedicó a desglosarle a Solnit con todo lujo de detalles mientras esta le dijo tres o cuatro veces que sí, que lo conocía, que de hecho lo había escrito ella. Hasta que el pelmanifolio absorbió la información. Es difícil penetrar la capa frozen de estos plastas (paradójicamente, el let it go no les entra en la cabeza).
  Ah, los pelmafrost. Herbert George Wells no se percató de su potencial. Y es que los pelmanifolios matan dos pájaros de un tiro: 1) hasta la fecha, son los únicos seres capaces de detener el tiempo, e incluso de invertirlo, ergo no haría falta máquina para viajar al pasado, y 2) a su lado eres invisible, por lo que podría prescindirse tanto de laboratorio como de científico. Et voilà, dos libros en uno.    Donde haya un pelmafrost, que se quite el café descafeinado. En lugar de ese proceso elaborado de emasculación cafetera (léase «el descafeinar»), las fábricas de café deberían emplear a un pelmafrost: sería «el hombre que susurraba a los granos de café»; la mera vibración de su voz despojaría al café de su mejor facultad. Por otro lado, el grano quedaría molido al instante (y en verano el hielo iría incluido).    El pelmafrost aúna los dones del guía turístico y el dermatólogo: te señala la puesta de sol y el grano en la cara.    No fue un meteorito lo que extinguió a los dinosaurios.    Los pelmafrost no quieren compartir sino impartir (órdenes, lecciones). Aspiran al reverso del vampiro: reflejarse solo ellos en los espejos. Si los espejos son de mano, que se los sujete otro.    Es el empeorador, el que cambia lo que funciona y corrige lo que está bien; el que nunca es «la gente», el pajarraco que te copia una idea, se la apropia y te la regurgita.
   Ah, los pelmafrost. ¿O pelmafrosts? No, definitivamente, los pelmafrost; a una caterva tan monótona le conviene un plural invariable.
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curiositasmundi · 2 years
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Povera mamma, tutta questa educazione improntata su Gesù e la disciplina, il sacrificio, il confronto, la punizione e il perdono […] e tre figli nevrotici, ognuno a modo suo. Accomunati solo dalla logorrea e dalla continua autoanalisi ma totalmente lontani dall’esempio di Cristo: il fallito, l’evaporata, il buon cattivo. Certo, a pensarci bene mica siamo poi così lontani da Gesù, messi tutti e tre insieme, uni e trini.
Erosione - Lorenza Pieri
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chez-mimich · 1 year
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FERITO A MORTE
Napoli è una città che ti ferisce a morte o ti addormenta. È questo l’assunto di base e la conclusione del magnifico testo di Raffaele La Capria, adattato per il teatro da Emanuele Trevi e portato in scena in questi giorni al Teatro Strehler di Milano per la regia di Roberto Andò, una coproduzione del Teatro di Napoli,Teatro Nazionale, Teatro dell’Emilia Romagna, Teatro Stabile di Torino. Andò è un napoletano non ortodosso, se mi si passa il termine, ovvero uno di quei napoletani, la cui “napolitanità” (io lo chiamerei di più “napoletanismo”) non gli ottunde le facoltà mentali e quindi non gli impedisce una visione critica della “capitale del Mezzogiorno d’Italia”. Appartiene cioè a quella schiera di artisti, registi, musicisti che, lontani dal manicheismo di maniera e dal facile folklore che ormai sembra dominante quando si cita Napoli, sa guardare in profondità i vizi e i vezzi della società e della popolazione napoletana. In realtà l’elenco potrebbe essere piuttosto nutrito e potrebbe comprendere registi come Paolo Sorrentino e Mario Martone, scrittori come Roberto Saviano, attori come Tony Servillo, ma anche musicisti come Peppe Barra o il compianto Pino Daniele. E così Andò ha scelto di trasporre per il teatro il romanzo di un napoletano, critico per eccellenza, quale fu Raffaele La Capria, scomparso nel giugno scorso e vincitore dello Strega nel 1961. Un romanzo che “parla di tutto e di niente” come dice lo stesso regista. Aggiungerei che di quel tutto e di quel niente, il romanzo parla estremamente bene. Il giorno della sua partenza da Napoli, un uomo, Massimo (Andrea Renzi), si lascia andare al ricordo di fatti, circostanze e parole, tante parole, del periodo compreso tra il 1943 e il 1951, raccontati attraverso i discorsi di un gruppo di persone, parenti tra loro, ma anche amici e amici degli amici, su una terrazza di un circolo partenopeo frequentato dalla buona borghesia della città e dai fantasmi di una nobiltà appena decaduta, ma sempre presente. C’è la Storia e c’è il ricordo intimo, ci sono gli intrighi e i segreti, c’è la memoria e la logorrea di una società borghese napoletana che, se non ancora disfatta, è in via di disfacimento. Questo è, a mio modo di vedere, il grande merito di La Capria, quello di saper vedere Napoli in maniera ferocemente critica senza cedere alle solite sirene del sentimentalismo e, soprattutto, della retorica. Del resto anche il teatro del grande Eduardo, al di là dei facili entusiasmi, è un teatro che ci restituisce una Napoli fortemente umana e allo stesso tempo lacerata da sentimenti che, qualche volta, sembrano provenire dall’essenza stessa della città. Nei desideri di alcuni protagonisti c’è Milano, come alternativa del fare, di fronte ad una città senza reali prospettive. Su un romanzo bellissimo interviene la grande maestria con cui Emanuele Trevi ha saputo far diventare la parola romanzesca, una parola teatrale, operazione complessa e alquanto pericolosa. Una scena articolata su due livelli la terrazza nella parte superiore e il salone del circolo (ma anche i salotti e le camere dei personaggi) in quella inferiore e in più un “avamposto-dormeuse” posto sul ciglio del palco dal quale spesso il Massimo, adulto, guarda alla scena come ad una rimemorazione nostalgica o fastidiosa. Ottima quindi la soluzione per cui ha optato lo scenografo Gianni Carluccio di ricorrere, sapientemente, all’aggiunta di un velario semi trasparente, sul quale scorrono fondali marini che rimandano, oltre che alla fisionomia della città di mare, anche all’inconscio “placentico” del protagonista. Peccato per le poche repliche proposte dallo Strehler, per uno spettacolo che meriterebbe molte più rappresentazioni.
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titosfriends4life · 6 months
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COME GESTIRE UN LOGORROICO: ANALISI PSICOLOGICA E STRATEGIE EFFICACI
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Decodificare il Linguaggio del Logorroico: Analisi Psicologica e Strategie Empatiche
Siamo tutti incappati, almeno una volta, nell'arduo compito di gestire un individuo logorroico, un interlocutore inarrestabile che rende difficile stabilire una comunicazione significativa. Ma cosa caratterizza precisamente la persona logorroica e quali sono le radici psicologiche di tale comportamento❓
Chi sono le Persone Logorroiche e Come Agiscono❓
Le persone logorroiche, affette da frequenti attacchi di logorrea, sono innanzitutto individui che desiderano comunicare. Fin qui, nulla di male. Tuttavia, il problema sorge quando questo desiderio diventa eccessivo, trasformandosi in una comunicazione unilaterale che non concede spazio agli altri.
Il termine "logorroico," etimologicamente derivato dal greco logos ("parola") e reo ("scorrere"), descrive un individuo che parla in modo continuo e esagerato. La logorrea, caratterizzata da una verbosità incontrollabile, si manifesta attraverso stati di eccitamento prolungato.
Contrariamente a una persona semplicemente loquace, il logorroico non solo parla troppo, ma lo fa senza ascoltare gli altri, impedendo loro di esprimersi. Le vittime predilette di tali individui sono spesso quelle più silenziose, incapaci di imporre il proprio spazio nella conversazione.
Il Profilo Psicologico delle Persone Logorroiche: Cause e Disturbi Associati
Da un punto di vista psicologico, la logorrea può radicarsi nell'insicurezza, nel desiderio di emergere e nell'egocentrismo. Sebbene questo modo di parlare possa essere un tratto caratteriale, quando raggiunge livelli patologici può associarsi a disturbi psichiatrici e neurologici, come demenze, gravi disturbi d'ansia, disturbo bipolare, disturbo schizo-affettivo, e manifestazioni catatoniche di schizofrenia e depressione maggiore. L'afasia di Wernicke, una patologia neurologica che implica la perdita della comprensione del linguaggio, può anch'essa manifestarsi attraverso la logorrea.
Strategie Pratiche per Gestire un Logorroico in Modo Empatico
Consapevolezza dei Rinforzi Positivi: Riconoscere gli atteggiamenti che involontariamente rinforzano il logorroico è il primo passo. Consapevolizzarsi su cosa trasmettiamo può cambiare dinamiche di conversazione.
Spostare l'Attenzione: Se la conversazione diventa opprimente, cambiare posizione o spostare lo sguardo può comunicare al logorroico che non siamo più disponibili ad ascoltare.
Rimanere in Silenzio con Attenzione: La strategia di rimanere in silenzio può essere efficace, ma bisogna fare attenzione a non fornire rinforzi positivi involontari come cenni con il capo.
Sensibilità nella Consapevolezza: Se la logorrea sembra indicare un disturbo più ampio, è consigliabile farlo notare con sensibilità alla persona coinvolta e suggerire il ricorso a un professionista.
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Tito Bisson
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beppebort · 11 months
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Basta un po’ di sale in più, basta una spezia sbagliata, e il migliore dei cibi è rovinato. Bastano due minuti di cottura in più, per scuocere o indurire. Così è della cultura e di un atteggiamento mentale, deve essere preciso, armonico, deve essere come deve essere e non più o meno, di Andrea Lonardo
Scritto da Redazione de Gliscritti
Ci vuole un niente per far scuocere la pasta: due minuti e i maccheroni rovinano un sugo altrimenti meraviglioso.
Basta un po’ di sale in più e un cibo diviene immangiabile.
Così è della cultura. La logorrea o l’arroganza rovinano tutto.
La mancata messa in evidenza di un lato della questione rende un testo bigotto o anti-clericale e non rispettoso della verità.
Un verso poetico è tale perché evoca e non esterna pacchianamente e la vita respira.
Così è la vita, un equilibrio e un’armonia che debbono “pesare” giustamente le questioni e misurare le parole.
La dimenticanza del cielo o della materia rendono un’antropologia ed una politica culturale spiritualista o ateista e insopportabili.
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dissonant-boi · 11 months
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Las maletas se empacaron mas pronto de lo que imaginaba.
Los dulces se quedaron en la gaveta de aquel mueble que lleva ahi un par de años
Las fiestas y salidas a los parques se fueron intercambiando con risas y rolls que son diversión segura al correr con un poco de alcohol por la ciudad
Dormir temprano es circunstancial, la mayoría del tiempo son hechos inversamente proporcional a la diversión obtenida.
Fuertes pensamientos, inseguridades y rabia acumulada ante el maldito GLG que tanto me hace sangrar el pecho.
Voila! Las chicas siguieron llegando, saludando, mensajeando y quizas en una o dos oportunidades un beso inesperado que no significaba mucho pero que serviría de aperitivo pars ls diversión.
Las llamadas quizas no eran nuestras pero podian ser actividades ajenas por recrear.
Mi movil vibra y al encenderlo solo es la ansiedad de mensajes que nunca llegan.
Dormir se hace complicado la mayor parte del tiempo pero me he convertido en un ser diligente para poder llevar todo lo que deseo a rajatabla.
Pienso en un millón de cosas todo el día, sueño con muchas cosas que deseo, a menudo tengo que jugar con mis propios trucos que me sirven para poder tener sueños agradables.
Últimamente lloro un poco, abrazo esas ideas de la diversión ajena y aunque algunas cosas están distrayéndome, no me termino de convencer, estoy perdiendo el foco y me da ansiedad, ojalá ala poder sentir ese amor que me daba tranquilidad, que me hacia sentir querido y despreocupado.
Espero poder tener un espacio el día de mañana, no lo merezco, pero tampoco ire a ningún lado mas.
No soy así, se me pone el corazón pequeño de pensar en los demás, en las prioridades, los secretos, y todo de lo que no se habla porque no hay oportunidad, o quizás relevancia.
Hoy descubri algo nuevo, quizas te alegres de ello luego.
Hablar pero no hablar, responder pero no ser conciso, esperar saber sin preguntar, desear reirme pero no poder, ¿cuanto dinero me falta para estar incluido en un plan divertido?
Últimamente escucho mas voces de las que desearía, no se lo comento a nadie pero es un poco dramatico escuchar conversaciones y oraciones que me dicen cosas que no me gustan escuchar del todo, en ocasiones solo escucho cosas absurdas y que para ser sincero solo suenan a una simple logorrea de miedos y comentarios poco agradables.
No tengo miedo de lo que escucho, pero si tengo miedo de otras cosas que parecen venir por mi.
Quizás un poco de amor al despertar me haría mas fuerte al afrontar el día a día, algo me falta y ojalá a tener en el corazón un latido mas fuerte que mis pensamientos tristes.
Ahogare todo en el agua, creo que eso es lo que realmente aprendí hoy.
Quisiera dejar de desear sucesos caóticos e hirientes que me hacen pensar que repercutirán en algo de amor y cariño.
Guardar palabras y escuchar lo que me dicen quizás mejore todo un poco.
Pienso en todo, quizás es realmente mejor vivir con el riesgo de que llegue y seas tan feliz que no importe nada mas que ignorar lo que sucede.
Larga noche y tardío despertar
Alea iacta est
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donnabisestile · 1 year
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E quali sono tre pregi invece?
Ho una pazienza infinita ed è molto difficile farmi perdere la calma
Nonostante la logorrea, sono un’ottima ascoltatrice
Mantengo sempre le promesse
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lamilanomagazine · 2 years
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Modena, al Teatro Storchi "Ferito a morte"
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Modena, al Teatro Storchi "Ferito a morte". Il Teatro Storchi di Modena ospita da giovedì 3 a domenica 6 novembre Ferito a morte dal romanzo di Raffaele La Capria, scomparso a giugno poco prima del suo centenario. Un inno alla giovinezza e all’amicizia, diventato presto un classico molto amato, un cult per critici e scrittori che Roberto Andò, regista di teatro e cinema, romanziere, sceneggiatore siciliano attualmente direttore artistico del Teatro di Napoli, traduce in scena affidandosi alla scrittura del Premio Strega Emanuele Trevi: una vera e propria sfida portare a teatro le atmosfere e le molteplici voci che popolano il libro, complesso e labirintico, ambientato a Napoli, Capri e Positano. Lo spettacolo è atteso al Teatro Storchi di Modena dal 3 al 6 novembre (giovedì e venerdì ore 20.30, sabato 19.00 e domenica 16.00); la replica di domenica 6 aderisce a "Teatro No Limits", il progetto realizzato dal Centro Diego Fabbri di Forlì e dall’associazione Incontri Internazionali Diego Fabbri APS che porta l’audiodescrizione a teatro e consente alle persone con disabilità visiva di assistere e poter apprezzare a pieno gli spettacoli. Grazie alle ultime tecnologie verranno resi "visibili" scene, costumi, movimenti degli attori e tutti quei particolari silenziosi che altrimenti non potrebbero essere goduti. "Come si fa a rendere questo continuo sfumare di sensazioni, ambienti, volti, voci che scolorando dall’uno all’altro s’inabissano nella luce o nella trasparenza dell’acqua del mare? – si interroga Andò – Come si fa a dar conto del sentimento con cui ci separiamo dall’intensità̀ insopportabile di ciò̀ che abbiamo vissuto, decantato dal lampeggiare insistito del ricordo? È una sfida, un azzardo forse, ma vale la pena di correrne i rischi. Per chi come me si è innamorato del teatro nella stagione in cui grandi registi come Robert Wilson e Tadeusz Kantor contestavano l’idea corrente del teatro e ne riformulavano un’altra, totalmente diversa, affidata al tempo e allo spazio, il romanzesco rappresenta la possibilità concreta di acciuffare il tema dei temi del teatro: il fuggevole". Ed è forse proprio questo il grande tema del romanzo: il tempo, quel continuo sfumare della vita, i momenti rarefatti in cui viene meno qualsiasi certezza e determinazione. Durante un bombardamento nell’estate del 1943 a Napoli, il protagonista Massimo De Luca incontra Carla Boursier e nella stessa stagione del 1954 parte per Roma. La vicenda si svolge nell’arco di circa undici anni, tra questi due momenti la narrazione procede per frammenti del presente e del passato. Ogni flash è riferito a un anno diverso anche se tutti sembrano accadere nello spazio di un solo mattino: la pesca subacquea, la noia al Circolo Nautico, il pranzo a casa De Luca. Solo alla fine, negli ultimi tre capitoli, vengono quasi riassunti i viaggi di Massimo a Napoli, una città che si identifica con l’irraggiungibile Carla, con il mare e con la giovinezza. Come ogni racconto del tempo che passa, il romanzo di La Capria, in modo del tutto originale e unico, è attraversato dai fantasmi della Storia. In questo senso è anche un libro sul fallimento della borghesia meridionale, sul marciume corrosivo del denaro, sul disfacimento della città all’unisono con chi la abita,sulla logorrea e la megalomania, sul piacere di apparire e fingersi diversi da come si è.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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spettriedemoni · 5 years
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Messaggi vocali
Quando faccio messaggi vocali escono fuori degli audiolibri.
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eusm1985 · 6 years
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“ La #verità è #sedimentazione, il #ristagno/ #non la #logorrea #schifa dei #dialettici./ È una #tela 🕸 di #ragno 🕷, può #durare,/ non #distruggetela con la #scopa ” #Eugenio #Montale #Repost #2Agosto 2018 @laRepubblica .it ・・・ #VeneratiMaestri / Solo un poeta poteva dire con efficacia quello che tutti noi pensiamo della verità. Purtroppo viviamo in mezzo a tanti logorroici armati di scopa, che la vogliono distruggere / Seguici su @larepubblica
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outoftuna · 7 years
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Perché la capacità di sintesi, specialmente tra giuristi, non è considerata una virtù?
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Parliamone.
Bergamo Alta | 🎶 VERDENA - LOGORREA (ESPERTI ALL’OPERA)
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libriaco · 3 years
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Attacchi di logorrea
Date una compagnia a un solitario e parlerà più di chiunque. (19 set. 1938)
C. Pavese, Il mestiere di vivere (Diario 1935-1950), Torino, Einaudi, 1973
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