Tumgik
#nel frigo
affogonellamarmellata · 3 months
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ideeperscrittori · 1 month
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IL MIO DIFFICILE RAPPORTO CON LA TAC
Domani devo fare una TAC con mezzo di contrasto per il solito motivo: il simpatico Linfoma Non Hodgkin che ha deciso di entrare nella mia vita. E ho rispettato una tradizione. Ogni volta che devo svolgere questo esame, il mio coefficiente di imbecillità supera il livello di guardia.
L'altra volta ho dimenticato la borsa con i documenti sanitari alla fermata dell'autobus, ma il destino è stato misericordioso perché poi l'ho ritrovata. Stavolta ho fatto un'altra boiata, per fortuna senza conseguenze.
Ma andiamo con ordine.
Alcune settimane fa ho avuto la visita oncoematologica e mi hanno prescritto un'immensa quantità di esami, tra cui questa TAC.
Purtroppo i medici non me l'hanno prenotata nell'ospedale che mi ha preso in carico. Hanno detto: "Eh, a differenza di un esame tipicamente rivolto ai pazienti oncologici come la PET, la TAC non possiamo prenotarla noi, perché riguarda una platea molto più vasta. Devi pensarci da solo". Mi aspettavo che aggiungessero: "Niente di personale, amico". Ma so bene che non è colpa dei medici. La colpa è del sistema.
Insomma: l'ospedale mi ha preso in carico, ma non per la TAC. E sapete come funziona? Quando prenoti tu un esame con la ricetta, molte cose possono andare storte. Diventa un'avventura, un'impresa, qualcosa di rocambolesco. La tua missione è chiara: ottenere una data col Sistema Sanitario Nazionale in tempi possibilmente inferiori a un'era geologica.
Abito in provincia di Milano, ma ho fatto una ricerca estesa a tutta la Lombardia, perché ovviamente a Milano e provincia non c'era nulla. E mi è capitato un incredibile colpo di fortuna. Una data fantastica: 20 agosto in provincia di Bergamo, a mezz'ora di auto da casa mia. Forse si è trattato di una congiunzione astrale. Forse si è liberato un posto per una disdetta.
E veniamo alla boiata.
L'altra volta, prima della TAC, avevo fatto le analisi del sangue per misurare il livello di creatinina. Senza il valore della creatinina, ti rimandano indietro.
Questa incombenza è sempre indicata nei fogli riguardanti la preparazione in vista della TAC.
Stavolta li ho letti? Ma certo che no. Il motivo: "Li leggo il giorno prima, tanto sono le solite cose: stare a digiuno, eccetera".
Stamattina mi sono detto: "Tanto per scrupolo, controlliamo un po' quei fogli". E la terribile verità si è manifestata.
Leggerissimo attacco di disperazione: "Vuoi vedere che mi sono giocato qualcosa che somiglia alla vittoria della lotteria?".
A parte quel mirabile 20 agosto, ricordo date improponibili in province lontanissime. Qualcosa tipo: gennaio 2025.
In teoria, nel caso di date assurde, la TAC si può fare privatamente e chiedere un rimborso. Almeno credo. Ma questo significa altre menate, altri fastidi, altra burocrazia. Niente è paragonabile alla possibilità di risolvere tutto in 24 ore presentandosi a un appuntamento già fissato.
Beffa del destino: l'esame della creatinina è nell'elenco dei mille esami ematochimici raccomandati per il giorno prima della prossima visita ematologica. Forse l'esame è uscito dalla mia mente per questo. Nel mio cervello era programmato per il 28 agosto.
Ero sull'orlo delle lacrime.
Poi mi è venuta in mente un'opzione che in un primo momento avevo escluso.
Mi sono messo a riflettere: "Ho dormito poco questa notte, ma non ho mangiato nulla. Nemmeno un tozzo di pane o un cracker".
A volte in casa ci sono schifezze che sgranocchio di notte per l'ansia. È un'abitudine poco salutare, non prendete esempio da me.
Stavolta no. Armadio della cucina privo di snack. Frigo vuoto. Stomaco vuoto.
Sapete cosa significa?
Ho capito di poter fare l'esame della creatinina oggi.
Dubbio: "Ma otterrò il risultato in tempo?".
Mentre ci pensavo, sono uscito di casa. Non avevo alternative.
Ho fatto una corsa a perdifiato verso il laboratorio di analisi più vicino, perché non ho la macchina.
C'è un laboratorio nel paese in cui abito.
Altro dubbio: "Ma sarà aperto?".
Sono giunto a destinazione e ho scoperto che ha riaperto proprio oggi, dopo la chiusura estiva. Un po' di fortuna ogni tanto ci vuole.
Ho fatto la fila e ho spiegato la situazione.
La signora dell'accettazione è stata gentilissima: "Lei è ancora in tempo: ho prescritto l'urgenza. Risultati entro oggi". Io mi sono esibito in ringraziamenti sperticati e iperbolici: "Mi avete salvato la vita!". E la signora dell'accettazione: "Che bello, ogni tanto salviamo vite".
Quindi alla fine è andato tutto bene. Ho fatto l'esame della creatinina. Ho già avuto il risultato. Domani potrò fare la TAC.
E ora stiamo a vedere.
[L'Ideota]
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caoticoflusso · 2 months
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quando vado a fare la spesa improvvisamente divento una ragazzina: voglio comprare tutti i gelati nel banco frigo e mi diverte poter correre con il carrello (poi m’addobbo per terra peró non ci soffermiamo su questo, tutto il supermercato mi riconosce appena mi vede) fra le corsie, il pane caldo preso con i guanti, ed immancabilmente, gli snack mangiati subito dopo
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anchesetuttinoino · 3 months
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- Noi l’avevamo detto che Ilaria Salis sarebbe stata la nuova Soumahoro. E infatti sono bastati un paio di giorni da neo eurodeputata per convincere Angelo Bonelli a "scaricare" di fatto la santa protettrice degli occupanti abusivi. Non ci credete? Dovete sapere che oggi l’Adnkronos ha raccolto una storia meravigliosa riguardo le occupazioni abusive di immobili. A Napoli infatti un povero cristo, di nome Umberto, un bel giorno si è ritrovato la sua casa popolare improvvisamente nelle mani di uno sconosciuto. E sapete chi l’ha aiutato con tutte le forze a riprendere possesso dell’immobile? Francesco Emilio Borrelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, ovvero lo stesso partito il cui leader - Bonelli - si commuove per l’elezione in Ue di Ilaria Salis. Capite il paradosso?
- Umberto peraltro ha inviato un messaggio alla Salis che si spera che la deputata possa leggere: chi pensa che le occupazioni sono sacrosante, dice il pover’uomo, dovrebbe “provare la sensazione di rientrare dal lavoro, dall'ospedale, dal supermercato e vedere che la chiave non apre più la porta di casa tua, che qualcuno si è infilato nel tuo letto e si è disfatto dei tuoi vestiti, ha ripulito il frigo e buttato via i mobili dalla finestra come fossero spazzatura”. Altro che “occupare è logorante”, come sostiene Ilaria. Umberto per 9 giorni ha dovuto dormire in auto in attesa che qualcuno cacciasse gli abusivi.
Via Il Giornale
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sciatu · 1 month
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Aveva fame. Non una fame banale, quel languore che prende chi non fa niente e che si risolve in un antipastino o un aperitivo. Lui aveva molta fame, di quella che per soddisfarla bisognava cuocere almeno un “quaddaruni” di pasta, equivalente a circa duecento, duecentocinquanta grammi di pasta, magari con il sugo di maiale o una marea di cozze, di quelle grandi e carnose. Ma in quel momento avrebbe mangiato la qualsiasi: gnocchi, tortellini al burro o con il ragù bolognese, la pasta “cuccuruzzu” con il bollito di castrato, i maccheroni fatti in casa con il sugo di coniglio, i maltagliati con le “poverelle”, le pappardelle con il ragù di cinghiale, una bella carbonara, un cacio e pepe o le lasagne con i funghi porcini appena colti. Apri la dispensa: vuota. Guardò in frigo: vuoto.  Neanche un uovo , una crosta di formaggio, il barattolo semivuoto di pesto alla Genovese o alla Trapanese. La fame aumentò. Cercò delle patate ma nel cesto dove le conservava c’erano solo dell’aglio e due peperoncini rossi, raggrinziti e tristi. “Ci siamo – si disse – una bella : aglio, olio e peperoncino”. Mise su l’acqua e quando bolli verso dentro duecento grammi di pasta perché si disse che aveva fame. In una padella mise un dito d’olio e tutto l’aglio che aveva. (Cosa lo lasciava a fare?). Tagliuzzo il peperoncino e lo versò nell’olio caldo. Per la cucina si propagò un odore intenso, forte, che già da solo avrebbe fatto sturare il naso a chi aveva il raffreddore. Quando la pasta fu pronta la versò direttamente nella padella aggiungendo quella che rimaneva di una vaschetta di pecorino pepato che emanava un odore di ovino intenso e stordente. Mischiò il tutto e versò nel piatto la montagna di spaghetti e lo osservò con devozione e amore. Era consapevole che il pecorino era un di più, ma voleva sapori forti e poi, aveva fame. La prima forchettata sparì come se non vi fosse mai stata. La seconda gli regolò il gusto del pecorino, alla terza si accorse che stava sudando. Forse il peperoncino era troppo, perché la pasta pizzicava, la fronte si era imperlata di gocce di sudore ed il naso si era sturato ed ora respirava come un bambino. Continuò imperterrito, come che più che un nutrirsi, la sua era una prova di virilità, una ordalia in onore della buona tavola.  Continuò forchettata dopo forchettata, mentre sentiva il calore dentro di se aumentava tanto che si sentiva quasi un forno che emanava calore su calore come quando si doveva mettere la carne di castrato e bisognava fare andare il fuoco nel forno un ora per ogni capra stivata li dentro. Apri una bottiglia di birra e la bevve di un fiato, complimentandosi con se stesso con un enorme rutto. Attaccò di nuovo il piatto, che ormai era quasi mezzo vuoto. Continuò forchettata dopo forchetta, ma visto che il calore era insopportabile, ogni due forchettate si scolava una bottiglia di birra e si incoraggiava con un altro rutto che faceva tintinnare la raccolta di bomboniere posta nella credenza della cucina. Quando fini, con la pancia che fuoriusciva abbondantemente dal pantalone dove la cintura era già stata slacciata verso la quinta o sesta forchettata. Prese una crosta di pane semidura e la fece girare nel piatto per ammorbidirla e raccogliere con l’olio i pezzi di peperoncino rimasti. Si congratulò con se stesso e finì l’ultima bottiglia di birra, ormai rosso come un pomodoro per il calore del peperoncino e con alito all’aglio che faceva appassire anche le tende della camera. Tra una russata e l’altra sgassava la pancia emettendo terrificanti scoregge. Quando sua moglie entro nella camera da letto sentì un odore così terribile che svenne. Ma lui continuò a dormire felice della mangiata..
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apeir0nn · 1 month
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io sono una persona che deve programmare le proprie cose, metterle nel proprio ordine mentale, farle nella sequenza stabilita.
Il tipo lavora fino a domani quindi ok è impegnato e non ha tanto tempo ed è distrutto. "ehi ma alla fine si sa cosa facciamo a ferragosto" "no gli altri non hanno organizzato niente" "ok va bene allora andiamo al mare?" "Si, al massimo ci portiamo qualcosa da bere"
Ovviamente quest'ultima frase per me non va bene perché 1) cosa ci portiamo? 2) andremo al mare in bici, dove ce le mettiamo le cose? 3) devo andare a fare la spesa ma cosa compro, in che quantità? 4) ti porti lo zainetto frigo? 5) pranziamo li? O andiamo al mare dopo pranzo? 6) i supermercati a ferragosto sono aperti il pomeriggio??
Domani o al massimo il 15 mattina dovrò fare queste domande, una ogni tot minuti per non sembrare una persona che mette ansia (perché lo sono).
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il tuo corpo fatto di diamanti e difetti perfetti
i miei biglietti per te
e come al solito le tue terribili sigarette smozzicate abbandonate nel frigo
@atomicabionda
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a--piedi--nudi · 1 month
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Mi vede in terrazza, occhi negli occhi per un breve istante, poi salta di qua ed entra da me.
Non ci vediamo da cinque giorni.
Inizia il rito silenzioso dell’accoglienza: resto accucciata, mi sfiora il polpaccio poi s’infila fra la gamba e il braccio per cercare carezze; ripete il giro due tre volte poi si lascia accarezzare completamente.
Testina, schiena, dietro alle orecchie, petto, poi ancora testina, mento in alto, occhi chiusi, nasino rosa vicino al mio e poi occhi aperti: vicinissime, piccole persone s’incontrano.
Finiti i grattini fa il giro delle sedie, tutte le gambe posteriori sono oggetto di struscio, poi il frigo e i mobili.
Resto ad osservarla come per entrare nel suo essere totale d’intenzionalità chiara e potente poi mi siedo sulla poltrona.
Finito lo struscio inizia la pulizia, prima in zona cibo poi davanti a me respirando l’aria fresca che entra dalla porta finestra. 
Sto in silenzio: è una pulizia-danza, una ginnastica aerobica con leccata. Eleganza anche mentre si fa il bidet. Brevi istanti di pausa e poi via un nuovo avvitamento elegante e leggero.
Leggo.
All’improvviso è alle mie spalle: gioca con il tiragraffi, selvaggia, agguerrita, occhi sbarrati a tratti sfidanti, s’interrompe, mi guarda. 
Le faccio sempre i complimenti, sembra chiedere approvazione.
A pancia in su, mostra la parte più delicata di sè, un manto bianco morbidissimo: mi tornano alla mente alcuni tratti di “Gatti molto speciali” “Il trucco più grazioso, del quale faceva sfoggio soprattutto per avere compagnia, consisteva nello sdraiarsi di schiena sotto un divano, e poi spingersi fuori da sola facendo leva sulle zampe, con scatti rapidi e bruschi, fermandosi per volgere l’elegante testina da un lato e dall’altro, gli occhi gialli semichiusi, in attesa dell’applauso”.
Fine dei giochi, oggi si è rotto l’elastico che tiene legata la pallina al tiragraffi, Micia è rimasta per un istante interdetta poi si è accontentata di mordere e sfilare l’elastico tenendosi con le zampe aggrappata al cilindro; qualche altro morso alla piuma e poi via, si porta di nuovo davanti alla finestra.
Respira l’aria fresca, osserva fuori possibili prede allungando il collo a destra e sinistra, resta immobile qualche istante poi si gira, mi guarda con quell’aria mista di dolcezza e voluttà.
È finita, intende dire, per ora è finita, gradirei uscire mia cara; se tu mi usassi la cortesia di alzare la zanzariera potrei tornare nel mondo dei vivi, grazie, non temere, quando ne avrò voglia tonerò a mostrarti cosa sono bellezza e libertà. Tornerò.
Alzo la zanzariera, passa sotto come fosse di gomma ma resta fuori ad osservarmi. Ad un certo punto miagola, è cosa strana perché solitamente lo fa solo quando vede il cibo.
Esco, in effetti fuori l’aria e molto più fresca e respirabile; ancora un po’ di grattini e di fusa, poi comincia a sbirciare fra le aste di finto legno della terrazza. Prede. Uccelli. Caccia. Istinto. 
Salta sulla ringhiera. Non esisto più. Posizione aerodinamica, tutti i sensi accesi. Salta. È via. 
Buona giornata. 
A più tardi.
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allecram-me · 2 months
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Dopo un anno al civico 418
Non so dire che stagione sia, mi sembra che si siano riunite tutte qui in un pic-nic sul mio collo, portando ciascuna il carico della propria inconfondibile nostalgia. Sono all’incrocio dei venti, il soffio vitale di moltissime e imprevedibili possibilità, carne ancora di carta, ma comunque la storia della carne. Il tempo non muore, il tempo semplicemente si estingue: è diverso. Penso allo sgomento col quale sono stata costretta ad accettare il fatto che, se non lo mangi, il cibo si guasta anche se è nel frigo. Quella sensazione di tradimento, di impermanenza, mi fa orrore. Eppure non credo sia metafora della mia morte, credo che sia lo spaesamento della dipendenza - è la morte degli altri. Questo mese faccio scatoloni, mi impoversico di qualche migliaia di euro, e mi impoverisco di questo ultimo status quo, uno dei primi che mi sia piaciuto dopo la baita di montagna sul mare di Valerio. Parallelamente scolpisco come una artigiana piuttosto incerta l’ultimo colpo grosso della mia carriera nel mondo della ricerca, promessa d’incrocio, incrocio che conduce da molte parti lontanissime tra loro. Berlino potrebbe non piacermi. È probabile che Berlino mi ammazzi, ma sono già sopravvissuta a qualche inferno e una trentina di inverni, e contro ogni previsione sono qui adulta con un sacco di vite alle spalle e pochissimi privilegi - tantissimi privilegi - ma meno privilegi di quelli che mi erano stati promessi. Li ho rifiutati. Se Berlino mi ammazza vorrà dire che sono scaduta, ma qualcosa mi ha comunque già mangiata: sono solo gli avanzi di me, sono quello che potrei ancora diventare. Peggio: se Berlino mi ammazza è perché l’ho lasciata guastarsi nel frigo, non l’ho assaggiata, nessun pic-nic all’aperto.
Questa vita, la mia vita, il mio unico vero amico di sempre: mi mancheranno e non so che sto facendo, li sto lasciando scivolare così, come è giusto anche se non lo voglio. In frigo nevica, fuori dal frigo ci si scioglie nel sudore. Sulla porta di casa nostra ci sarà ancora per un po’ la ghirlanda di Halloween, sopra al microonde la gallina di cioccolato di Pasqua.
Se Berlino non mi ammazza lo faranno il lavoro, la tesi, il trasloco verso un appartamento che pago ed in cui è probabile che non vivrò. Sulla mia faccia piove poco, tra le mie dita della terra da cui inevitabilmente qualcosa in primavera germoglierà.
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spettriedemoni · 11 months
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Ho dovuto mettere le barrette Kinder nel frigorifero perché si squagliavano.
In frigo.
L’8 di novembre.
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vaerjs · 5 months
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io che uso l'ia per i ragionamenti più banali (aka mettere insieme offerte nel mio super, mio piano alimentare e quello che ho nel frigo)
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io al super
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anchesetuttinoino · 3 months
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Tutta la storia sembra sgorgare direttamente dalla penna di Tom Wolfe, il giornalista e scrittore americano inventore dell'espressione «Radical chic». I luoghi comuni sono più concreti che mai, nel condominio (occupato) di Alleanza Verdi e Sinistra. C'è il papà ingegnere di idee piuttosto liberali. Non può mancare la figlia scapestrata e di estrema sinistra. Poi abbiamo il politico equo e solidale con la casa al mare, ma senza frigo, per non consumare. E che dire del suo alleato. Parlamentare da più di 100mila euro di reddito e due case in Umbria. Lo stesso che dice che occupare le case degli altri non dovrebbe essere un reato.
Fin troppo facile smascherare il cortocircuito. Gli interpreti di questa sit-com rossoverde sono Roberto Salis e la figlia Ilaria. Con loro la coppia d'attacco più glam della nuova sinistra-sinistra: Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. I due, presi dalla foga di difendere a tutti i costi la loro beniamina, si sono lanciati in un elogio degli occupanti abusivi. Ilaria Salis è accusata di occupazione abusiva e deve 90mila euro all'Aler, l'Ente che gestisce le case popolari in Lombardia. Fratoianni fa da scudo umano alla neo eurodeputata: «Mi ritrovo nelle battaglie per il diritto alla casa, anche nelle occupazioni». Segue il socio Bonelli, secondo cui «in questo paese il tema del diritto alla casa è un tema che è stato trascurato da tutti i governi». Nella saga rossoverde spunta il padre della Salis, che due anni fa vergava questo tweet in risposta al senatore renziano Ivan Scalfarotto: «Quando vedete una proprietà privata siete spinti da un irrefrenabile desiderio di invaderla! Sempre della serie quello che è tuo è mio, quello che è mio è mio!» Adesso è il primo testimonial della figlia europarlamentare.
Il solito copione da «Radical chic». Ed ecco la recente intervista rilasciata da Bonelli all'edizione romana di La Repubblica. Una beffa. Una settimana fa il leader dei Verdi apre le porte della sua dimora con «affaccio sul mare» al quotidiano del gruppo Gedi. Siamo a Ostia, in una palazzina del 1908. La vera chicca è il frigo fantasma. L'elettrodomestico c'è. Ma è staccato. «Compro del pesce e lo preparo subito. Il freezer non lo uso mai. Per il risparmio energetico ho collocato dei riduttori di volume e di flusso», racconta il politico ecologista, angosciato dall'emergenza abitativa. L'oscura intervista, relegata nelle pagine locali, brilla sul web. «Urge indirizzo per occupargli casa», ironizza su X il giornalista Pierluigi Battista.
Fioccano le prese in giro. Eccone una: «Casomai vi venisse voglia di occupare la casa di Bonelli venite già mangiati». Troppo facile sfottere Fratoianni. Più di 100mila euro di reddito e consorte collega in Parlamento. Proprietario di un fabbricato a Foligno, con un altro in comproprietà. Al netto dell'ironia, bisogna segnalare il duro commento di Marco Bentivogli, ex leader dei metalmeccanici Cisl. «Quando i figli dei ricchi dicono che è lecito occupare le case degli operai non c'entra nulla né la sinistra, né il comunismo», scrive Bentivogli.
Che infierisce: «È solo uno dei giochini con cui chi ha tutto disprezza chi fatica dalla mattina alla sera e si è guadagnato tutto ciò che ha col lavoro». Infine smaschera i finti Robin Hood delle occupazioni: «Le occupazioni avvengono solo nei quartieri dove abita la classe lavoratrice». Tutto così scontato. Radical chic, senza fantasia.
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anonpeggioredelmondo · 5 months
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Nel supermercato del paese, da qualche tempo, hanno messo un addetto alla sicurezza, un tizio dedicato alla prevenzione del taccheggio.
Oltre ad andare in giro con fare circospetto lungo le corsie, la sua occupazione principale è quella di invitare i clienti a lasciare all'ingresso borse voluminose e zaini. Utilizzando io lo zaino come borsa della spesa (e sentendomi per questo molto environment friendly) la cosa mi ha infastidito un pochetto, anche perché introdurre qualcosa di soppiatto in uno zaino non è esattamente un'operazione rapida e agevole, quindi trovo che sia una regola sostanzialmente inutile, ma in fondo è casa loro, possono mettere le regole che vogliono.
Però poi succede che nel banco frigo non sia raro trovare una bottiglia di latte fresco già scaduto...
Ecco, è casa tua, puoi decidere che è più importante assumere una persona per prevenire il taccheggio che una per verificare la scadenza dei generi alimentari, io sono libero di portare altrove i miei soldi.
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precisazioni · 6 months
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i nostri coinquilini sono soliti buttare ingenti quantità di cibo; si tratta prevalentemente di fast food gettato il giorno dopo l'acquisto nella convinzione che non possa più esser mangiato, o di alimenti comprati con togoodtogo e poi buttati, senza che in nessun caso venga valutato l'utilizzo del frigo come mezzo di conservazione, o ancora di pasta non pesata, cucinata in abbondanza e poi gettata perché troppa. di recente ho trovato della pizza nell'indifferenziata; ieri, invece, siamo rientrati a casa nel tardo pomeriggio, e in cucina c'era un recipiente colmo di riso cotto: saranno stati almeno trecento grammi. anche questa volta la scodella era all'aperto, senza protezioni, e ci è rimasta per ore, forse per tutta la notte. stamattina mi sveglio e trovo il recipiente vuoto nel lavandino; apro lo stipetto e trovo i trecento grammi di riso nell'umido
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i-am-a-polpetta · 1 year
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breve storia triste: ho messo una redbull nel frigo al lavoro
me l’hanno fottuta  🥲
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fallimentiquotidiani · 14 hours
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Perché non hai l'istinto di essere protetto come noi donne eterosessuali essere accolte da braccia maschili o sentire tutto ciò che è duro comprese le chiappe
Ho l'istinto di mangiare tutto quello che c'è nel frigo e mordere le chiappe di chi mi piace
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