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#nethernald
danzameccanica · 9 years
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Con mia grandissima ammissione di colpa devo confessare che i The Gathering fino a qualche anno fa non li avevo mai ascoltati. Non so come mai… Ho avuto il mio periodo di amore per il gothic metal, conoscevo a memoria gli album dei 3rd and the Mortal, Paradise Lost e Anathema; forse in un’ipotetica selezione degli album che devi pescare per andare avanti nel tuo viaggio musicale avevo scelto i Sentenced a discapito dei Tiamat e i Nightwish a discapito dei the Gathering. Grandissimo errore ma credetemi - e non credo capiti ancora oggi – ascoltare per la prima volta Mandylion dopo aver compiuto i 35 anni è qualcosa di sconvolgente. È una specie di portale che si apre sul passato, quando pensavi di aver ascoltato tutto e collocato ogni album, ogni movimento e ogni influenza nei rispettivi scomparti, e scombussola tutti gli ordini e i criteri fatti in questi anni. Mandylion è del 1995, esce insieme a The Silent Enigma e Draconian Times; dopo Wildhoney ma soprattutto insieme al debutto dei connazionali Theatre of Tragedy, formazione che non ho mai sopportato ma che è considerata portante a livello internazionale. Ed è proprio dopo queste due band olandesi che si ridefinisce il concetto di gothic metal, con abbondanti tastiere, pianoforti e archi e spesso il duettare fra growl maschile e voce angelica femminile. I Theatre sono una band molto canonica, che riprende tanto dai primi My Dying Bride aumentando la componente teatrale.
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Ma i the Gathering si sente che stanno guardando da un altro lato. Sì ci sono le chitarre distorte e la batteria tipica anni ’90 ma quello che si crea coi synth e soprattutto con la voce di Anneke Van Giersbergen è qualcosa davvero di unico. Anneke ha 21 anni, non gliene frega un cazzo di metal eppure viene convinta cantare in questa band rivoluzionandone completamente gli esiti. Guardate il loro live al Pinkpop del 1995: i chitarristi si vestono con le magliettone a maniche corte sopra quelle lunghe, come i Pearl Jam; il batterista ha la divisa da calciatore, come se fossero gli Oasis; Anneke – anche se vestita di nero – sfoggia mille bracciali fricchettoni, i leggings Adidas e salta ondeggiando le braccia, nuotando nell’aria, come se fosse a un rave; rossetto scuro, eyeliner nero, lentiggini… il prototipo della fidanzatina che tutti noi lupi neri avremmo voluto incrociare al liceo. La voce di Anneke è qualcosa di mai sentito in tutto il panorama rock-metal; non è teatrale e tecnica come Liv Kristine o come quella ben più da opera lirica di Tarja Turunen e non è smaccatamente pop-rock di stampo americano come poi verrà fuori con Avril Lavigne e le sue diecimila cloni. La voce di Anneke ha qualcosa di simile a Kari Rueslåtten anche se la norvegese è molto più eterea e delicata anche se i momenti più rilassanti di In “Motion #1″ ricordano Tears Laid on Earth… anche perché siamo di nuovo nello stesso magico anno musicale. La voce di Anneke è come se fosse continuamente in connessione con la terra e con il cielo. Le strofe di Mandylion sono sempre virate al pop e allo stesso tempo ad un certo rock-metal anni ’90. Chitarre e batteria hanno preso quello che il grunge aveva da dare, la produzione è curata da Waldemar Sorychta, deus ex-machina del black metal melodico/gothic capitanato dalla Century Media e nello specifico Tiamat, Samael, Sentenced, Lacuna Coil, Moonspell. Questo momento in cui il metal diventa esotico si sente nell strumentale Mandylion con tabla e flauti marocchini e si era già sentito nelle influenze palestinesi in Wildhoney; si sentirà nelle chitarre mediorientali in Down dei Sentenced. La particolarità di Mandylion è che i the Gathering non saranno mai più così metal come in questo disco e quindi anche quando ascoltate dei riff in palm-mute, si sente che stanno suonando per l’ultima volta, col successivo Nighttime Birds le sonorità si alleggeriranno ulteriormente senza però dimenticare l’album in oggetto; i semi della futura sperimentazione sono stati piantati nei momenti dei fraseggi e degli assoli di questo album (ad esempio “Fear the Sea”). Ma Mandylion ha la forza dell’istintività, della coesione e della capacità di aver creato alcune delle melodie più belle e orecchiabili della musica rock-metal; “Strange Machine” e “Leaves” sono quelle canzoni che vorresti aver cantato a 16 anni sul motorino; “Fear the Sea” è forse il brano più “dark” e contiene i vocalismi meno lineari, ma rappresenta il lato tagliente e cupo del gothic-metal; eppure anche qui Anneke riesce a tirar su l’intera canzone fuori dall’acqua e portarla fra i picchi più alti e sognanti dell’album. Mandylion è la colonna sonora degli amori adolescenziali di qualsiasi metallaro, è il disco che ti fa evadere nonostante ore e ore di evasione dal mondo reale magari con altri generi musicali più duri. Mandylion è un album che può suonare solo con la voce di Anneke e senza di lei probabilmente sarebbe un disco che varrebbe un decimo. Non perché i musicisti sono scarsi, anzi; ma perché voce e strumentazione si sono legati in maniera indissolubile, impossibile da scindersi a vicenda. La musica dei the Gathering cambierà molto in futuro, anche con la stessa Anneke ancora in formazione; diventerà trip-hop, indie-rock, calcherà terreni anche più semplici, diventerà malleabile e destinata a un pubblico sempre più variegato. Ma Mandylion è una sorte di diamante grezzo che, lavorandolo e raffinandolo sempre di più perderà la magia del ritrovamento, quell’emozione spontanea di sudore fango e lacrime con cui si dissotterrano le reliquie.
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ernny2013 · 5 years
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Disappointed, Morrissey, Live in Utrecht Nethernalds 1991. #morrissey #disappointed https://www.instagram.com/p/B8adFF8ptBUNsjB2PWU4M1A3WYsek3AwD3DxHE0/?igshid=on63eoq94ezr
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