Tumgik
#qua la laurea si fa proprio impossibile
ross-nekochan · 2 years
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Io che in meno di due settimane dovrei:
- traslocare
- trovare tipografia per stampare la tesi
- trovare fioraio per corona d'alloro (alla triennale non l'ho messa perché non era necessaria ma stavolta mi voglio far passare sto sfizio)
- trovare scarpe (non ho nessun paio che non siano rovinate in qualche modo, a parte le converse quotidiane)
- studiare il discorso in giapponese + in italiano e preparare il power point
Cosa ho fatto negli ultimi tre giorni:
- assolutamente NIENTE perché sono 3 notti che non dormo e ieri ho passato tutta la giornata con un mal di testa talmente forte che mi ha provocato una nausea altrettanto forte che non riuscivo a stare in piedi senza voler vomitare l'anima.
Bonus track: fa talmente caldo che non riesco a vivere là fuori (oltre a non riuscire a dormire la notte) + ho il raffreddore (come sia possibile non lo so).
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Bruxelles. CAP 1 - Quanti posti hai chiamato casa.
Mi sento questa sensazione di schifo addosso. Non capisco bene perchè, o forse si però non mi va di ammetterlo. Ricercare il sollievo temporaneo ha più effetti indesiderati che un moment preso a stomaco vuoto. Non sono fatta per questo, eppure continuo a faro, e di questo no che non riesco a capire perchè. Mi manca J, o forse mi manca la presenza di una persona che occupa quel posto e non di lui necessariamente. Il mio stato emotivo in questo momento è un gran casino. E’ domenica mattina, io mi sono svegliata e ho deciso di stare ancora un po a letto, lontana dai rumori del mondo, lontana dai doveri. Ho deciso di rimandare il momento di cominciare la giornata, il che è un presagio che qualcosa non sta andando nel verso giusto. Se ricarico le batterie ancora un po invece di cominciare la giornata col botto vuol dire che mi manca quell’euforia vitale che di solito mi appartiene. Dico di solito, perchè non si può essere sempre al top. 
Non è stato facile ricominciare a Bruxelles, lasciare la mia casa e le mie persone a Barcellona. Eppure l’ho voluto io. Ricordo di essere seduta nella mia terrazza a Barna ed immaginarmi di guardare il cielo, la strada e gli alberi e di pensare che J non ci fosse più, che non facesse più parte di quella visione, che non potesse rientrare in quel campo visivo. Ho visualizzato la mia Barcellona e l’ho messa dento una cornice, un puzzle fatto di pezzi meravigliosi e li però mancava il tuo. C’era un buco nero. E non so se sia questo o cosa ma mi sono sentita terrorizzata all’idea di soffrire per questa mancanza. Tu te ne saresti andato, mi avresti portato via un pezzo di puzzle. Mi avresti rovinato questo quadro meraviglioso. Ho sentito una lama dentro me, ricordo bene, e un rumore come di cose che si distruggono. J stava per partire per Parigi, per quello mi avrebbe lasciato un vuoto. Ho pensato che sarebbe stato meglio partire, ricominciare un nuovo puzzle. Ricominciare ad incastrare pezzi, sperando questa volta di non ritrovarmene con qualcuno di mancante. Ma poi, è andata veramente così? Chissà. Il mio istinto mi suggerisce cose e io di solito lo ascolto. Ho deciso che sarebbe stato meglio partire. E quando mi metto in testa una cosa, puoi scommetterci che la faccio. Così sono partita.
Eccomi a Bruxelles. In realtà stavo a Minorca con J, faccio le valigie, torno a Barcellona, faccio le valigie ancora e dopo un giorno mi ritrovo a Bruxelles. Tre cambi di scenari in tre giorni. Arrivo a Bruxelles con ancora il calore del sole di Minorca addosso, la pelle che profuma di male e sale, che profuma di amore. Ho ancora il tuo sapore nella bocca. Sento che mi mancherai J. Lo sento immediatamente quando ci salutiamo e io monto su quel bus terribile che si allonana e lascia il mare bellissimo alle mie spalle. Ricordo di avere questa sensazione pungente di amaro che sale dallo stomaco e arriva fino alla bocca. Mi sono ascoltata le tue canzoni per tutto il viaggio, fino al mio arrivo in aeroporto. Ho tenuto addosso la mia maglia di Minorca, di quel rosa mattone con il geco disegnato sopra. Mi ricorderò la famiglia dei gechi in eterno. Passavamo le serate sul portico della tua casa a guardare i gechi rincorrersi sul muro e cacciare le zanzare. Mentre tu fumavi e io ridevo. Mentre tu parlavi e io ridevo. Mentre tu cantavi e io ridevo. Mentre mi baciavi e il mio cuore rideva. Minorca è stata la vacanza più bella della mia vita. Minorca mi ha fatto respirare un’aria che i miei pomoni non hanno mai assaporato prima. Aria di leggerezza. Aria di tutte le mie cose preferite messe assieme: il mare, il sole, tu. Tu sei stato una delle mie cose preferite per un bel po di tempo J. Scrivo ancora di te perchè mi hai fatto amare immensamente la vita per un po. E sai è così strano, io solitamente non mi interesso delle persone più piccole di me. Mi domando perchè. Devo solo imparare ad accettare che alcune cose non hanno spiegazione. Come sei entrato nella mia vita e sei uscito, ecco questo per esempio non ha spiegazione. Come tu abbia deciso che sia giusto così, questo non ha spiegazione. Come io abbia deciso che sia la scelta migliore, questo non ha davvero alcuna spiegazione. Ma non sono qui per parlare di te. 
Eccomi a Bruxelles. In realtà ci sono così tante cose che dovrei spiegare per far capire come io sia arrivata qui. Ma se cominciassi dall’inizio, questo discorso non avrebbe una fine. Quale sarebbe l’inizio poi? Dovrei partire da Chicco, che chi mi conosce per davvero sa essere il mio fedele pupazzo che mi segue in giro per l’Europa e si trasferisce con me. C’è chi ha un partner, chi ha un cane o un gatto. Io ho Chicco. Chicco non si muove dal mio letto da 24 anni, e cioè da quando sono nata. Infatti ora sembra un po un orsetto di Chernobil, è mezzo spelacchiata e tutto scolorito. L’ho buttato in lavatrice parecchie volte in 24 anni. Comunque, nonostante il capitolo Chicco non sia affatto irrilevante, e il fatto che io abbia un pupazzo da 24 anni dica molto su di me, non sono qui per parlare di questo. Volevo parlare di Bruxelles, il che mi ha portata a parlare di J e di Minorca. 
Ritorno al momento in cui sono nella terrazza della mia casa a Barcellona e penso al fatto che J sarebbe partito e che io pure dovevo partire. Ho avuto la sensazione fortissima dentro di me che sarebbe stata la cosa migliore da fare. Ancora oggi penso sia stata la scelta migliore, il che non significa che sia affatto la scelta più facile. Anzi. Immaginatevi trasferirvi dal vostro posto preferito nel mondo in cui tutto splende di vita e luce e di ritrovarvi nell’apoteosi el grigio. Cioè il Belgio. A lavorare. Il che significa che la pacchia è finita. E chi te o fa fare, ti potresti chiedere. Ebbene, la responsabile sono sempre io. A volte mi metto in queste situazioni difficili e complicate e da queste imparo poi sempre moltissimo. Forse mi piace semplicemente cambiare. Oppure mi piace sfidare me stessa e i miei limiti o saranno magari dei meccanismi psicologici che la Anto saprebbe capire alla perfezione. La Anto è la mia psicologa. Non che io ci vada più spesso, anche perchè non vivo più in Italia. Però ogni tanto ci scambiamo qualche messaggio di auguri e in un modo o nell’altro riesco ad avere sue notizie e lei di mie. Però so che in caso di necessità lei è la persona giusta da chiamare. Non che io abbia più questo grande ed impellente bisogno di andarci, credo di essere diventata abbastanza brava ad auto analizzarmi. O magari io della mia testa non ci  capisco proprio un cazzo, e questa sbagliatissima convinzione potrebbe essere la fonte di tutti i miei stupidissimi problemi. Che poi, parliamoci chiaro, so che i problemi miei, rispetto a quelli di certa gente o del mondo intero, potrebbero essere delle grandi cazzate. So che non sto soffrendo di dolore vero, o di non aver neppure subito grossissimi traumi nella mia vita. Sono molto riconoscente al destino per questo, pur sempre che ci sia un destino. Ma comunque dicevo di avere una sensazione di schifo addosso, come avessi un pensiero che fa da fondo a tutti i miei altri numerosissimi pensieri che gettasse una scia di nero su tutto il resto. Come quando ti ritrovi una spia rossa accessa in macchina, e non sai bene a che cazzo si riferisca e qualche sia il problema. Però la spia rossa c’è e non ti lascia proprio tranquillo al cento per cento. Questa spia rossa potrebbe stare li per la mancanza di J oppure mi vuole dire che sto trascurando qualcosa. 
Comunque, eccomi qui a Bruxelles, pronta a cominciare la mia carriera lavorativa per davvero con un tirocinio al Parlamento Europeo. Tutto molto figo, considerando il fatto che io tre mesi fa il Parlamento Europeo nemmeno lo consideravo un’alternativa possibile. Avevo già fatto domanda e ovviamente ero stata rigettata. Dico ovviamente perchè non mi ero preparata per niente. Non penso più sia così difficile entrarci, non mi sento per niente un genio o cose così. tre mesi fa mi sarei sentita un genio della madonna se fossi riuscita ad entrare al Parlamento. Ora no. Anzi, credo di sapere molto poco e di dover imparare ancora troppe cose. Diciamo che dipende dai punti di vista, dipende dal contesto. Se rimani nel paesino sperduto nella Pianura Padana da cui provengo allora si che è impossibile entrare al Parlamento. Le dinamiche in cui ti immergi influiscono tantissimo. Qua a Bruxelles se dici di lavorare al Parlamento mica fa così strano. E infatti forse è per questo che non mi sento più cosi tanto un genio. A casa si, li si che mi sarei sentita un cazzo di genio. Ma è meglio così, mi sentirei davvero una stupida a pensare di essere un genio se non lo sono per niente. In realtà ho capito una cosa, se vuoi una cosa e capisci come arrivarci hai risolto tutti i tuoi problemi. E ti assicuro che potrebbe sembrare una grandissima ovvietà ma non lo è per niente. Io ho capito solo che dovevo imparare quelle cose x e a saper dare l’impressione di conoscere xywz. Anche se ovviamente è una grande balla, non capisco bene più della metà delle cose che dico. E poi se cominci a considerare la relatività delle cose allora faresti meglio a stare zitto. Perchè tutto può essere vero o falso. Tutto può essere giusto o sbagliato. Ma non voglio stare qui ad illustrare il mio stream of consciousness. Starei ancora cercando di spiegare perchè sono arrivata qui a Bruxelles. 
Dicevo che comincerò un tirocinio al Parlamento e ovviamente sarò nell’ufficio di comunicazione. Storia lunga fatta breve, finite le superiori ho capito che mi piaceva molto leggere e scrivere quindi mi sono iscritta a lettere, poi ho capito che con una laurea in lettere in Italia non ci facevo proprio un cazzo e quindi mi sono iscritta ad un master di comunicazione e pubbliche relazioni. All’estero, fattore molto importante. E specifico pubbliche relazioni perchè penso che sia esattamente quello che mi riesce meglio. Per me è un po come allestire vetrine e metterle in mostra. E in realtà non mi è ancora ben chiaro di cose si tratti interamente ma come ho detto l’importante è fare finta di sapere sempre una grande quantità di cose. Anche se onestamente la sto un po esagerando dai. Penso di averci azzeccato più o meno bene nelle scelte accademiche/professionali. Quello in cui sono una vera schiappa sono degli altri tipo di scelte. Ma avrò una sacco di tempo per parlarne, poi. 
Eccomi a Bruxelles. A guardare fuori dalla finestra questo cielo coperto da nuvole che slittano veloci e lasciano qualche spiraglio di azzurro. Non ci va poi così male oggi. Ogni tanto mi squilla il telefono ed è Lisa che mi manda foto della Malesia. Lisa è la mia migliore amica e viaggia un sacco, soprattutto per lavoro. E io sto guardando fuori dalla finestra questo cielo freddo e la invidio un sacco. Quando ero a Barcellona invece non la invidiavo mai, era diverso. Ero nel mio posto preferito nel mondo e niente e nessuno avrebbe potuto farmi desiderare di essere da qualche altra parte. Ormai è da qualche anno che vivo all’estero, diciamo ad intermittenza, ma sono più all’estero che a casa. Che poi, posso ancora definirla casa? Si e no. Tanti posti ho chiamato casa. Barcellona per esempio, lei si che è casa numero uno. Barcellona mi ha riportato alla vita. Anzi, direi più che altro che mi ha fatto scoprire cosa significhi vivere per davvero. Sentirsi liberi, felici, invincibili. Auguro a tutti di provarlo almeno una volta, questa sensazione di essere immortali, di avere la vita in pugno. Quando dicono di prendere la propria vita e farne un capolavoro, ecco per me il mio capitolo di vita a Barcellona è stato un capolavoro. Ho dipinto una Danza ancora più colorata di quella di Matisse, una Notte Stellata ancora più turbinosa di quella di Van Gogh. E’ stato il mio capolavoro, e nessuno me lo toglierà mai. E non è stato per le feste, per l’alcool o per le stronzate da teenager che fai quando vai in Erasmus. No no, io ho vissuta una vita vera. Partiamo dal presupposto che io non sia per niente una gran festaiola. Sono una terribile veneta media, e mi ubriaco con due cose. Quindi sto sempre molto attenta a non perdere i ricordi. I ricordi per me sono essenziali, figurati se li voglio mescolare. Il giorno dopo devo ricordare tutto. Le facce, le conversazioni, la musica, gli spostamenti. I dettagli. Ragazzi, i dettagli sono fondamentali. Io sono ossessionata dai dettagli, sono l’essenza delle cose. I dettagli sono la vita stessa. E poi ecco, odio perdere il controllo e sono pure claustrofobica. Mettete assieme queste cose e capirete che che sono la combo perfetta della festaiola peggiore di sempre. Quindi che cazzo ci va a fare una festaiola terribile in erasmus a Barcellona? Io i sono andata, ed è stata la scelta migliore della mia vita. 
Tutto è cominciato con una rottura. La mia vita numero due, quella in cui Giulia prende in mano le redini e si mette al comando, è cominciata nel momento in cui D pronunciò le grandi parole famose “non sono più sicuro di amarti”. In quel momento mi si è spezzato il cuore ed è cominciato il mio viaggio. 
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Linea guida per la salvaguardia di cuori (alla ricerca di amore)
Questo è un post abbastanza insolito, che stona un po’ dalla cornice del mio blog, ma che mi sentivo di pubblicare, dopo aver passato un anno abbastanza traumatizzante che mi ha fatta maturare, in cui, oltretutto, varie storielle andate a male mi hanno indotto spesso a pensare cosa io avessi di sbagliato o perchè finisse tutto prima ancora di cominciare... insomma, a mettere in dubbio la mia adeguatezza nel contesto affettivo.
Si chiama “Linea guida per la salvaguardia di cuori”, perchè vuole essere una sorta di promemoria sulle precauzioni che devo (e che forse ognuno dovrebbe) prendere per evitare di inciampare nell’ennesima storia che ci farà passare notti insonni, con lo stomaco rosicchiato dai dubbi, e per cercare di ridurre al minimo le solite seghe mentali, inevitabili quando ci convinciamo di aver trovato la persona giusta (che poi, guardacaso, si tratta sempre di quella “bella e impossibile”).
Detto ciò, spero che questo post possa esservi utile o magari offrire spunti di riflessione a chiunque la pensi in modo differente da me... disponibilissima a discuterne!
Grazie, e vi auguro buona lettura!
▸ “Conosci te stesso”
Come ci insegnava Socrate un paio di millenni fa, il primo passo per vivere appieno la propria vita, e quindi anche quella amoros, è la conoscenza di se stessi**: In pratica... **io sono il protagonista della mia vita: una vita di alti e bassi, di periodi in cui non avrei voluto accanto neanche me stesso, e periodi in cui mi sono sentito vuoto al solo pensiero di non avere una mano da stringere. I pensieri che hanno attraversato la mia testa sono stati tanti, le persone che mi hanno attraversato il cuore molte meno. La mia storia è unica ed è mio diritto decidere di non accettare che un’altra persona entri a farne parte.
E questo lo sappiamo tutti. Ciò che spesso dimentichiamo è che ognuno è protagonista della propria vita. Quindi? Quindi anche l’altro ha una sua storia, una serie di valori o morali che sceglie di seguire o meno, una famiglia da cui proviene, ed ha soprattutto la possibilità di decidere quando è pronto per far entrare una persona nella propria vita.
Ed è qui che entra in gioco il secondo passo:
▸ Comprendere che l’altro, in effetti, è  un altro
Si sa, l’essere umano è egoista, o per lo meno egocentrico. Vorrebbe avere tutto, e non ama la sconfitta. E’ per questo motivo che dimentica che la coppia è tale perchè composta da due persone, due uguali che hanno lo stesso diritto di retrocedere o avvicinarsi. Ed malsopporta l’idea di essere abbandonato a se stesso, senza la persona che ritiene giusta per lui, nonostante abbia in se’ tutto l’amore del mondo per l’altro. E’ così che inizia a mettersi in discussione, chiedersi cosa stia sbagliando... cade vittima delle sue emozioni, tra autocommiserazione, seghe mentali e mancanze supposte.
Ma adesso basta! La colpa non è tua. Ti sembrerà troppo rassicurante da credere, ma in effetti è proprio così. Per funzionare, un rapporto deve essere stabilito da entrambi i lati, ma se l’altro non si sente pronto, o non si sente a proprio agio con te o con se stesso, o magari non ha idee chiare su cosa stia cercando ed è spaventato, o qualsiasi altra fonte di indecisione o rifiuto... ricorda che la colpa non è tua! Davvero.
I rapporti si costruiscono in due. Tanto per fantasticare: potrei essere anche una supermodella di Victoria’s Secret, con tanto di laurea in economia ed un cuore d’oro, ma se incontrassi un uomo che ha subito un trauma infantile e non riesce più a fidarsi delle donne, probabilmente non funzionerebbe tra di noi.
E non sarebbe colpa delle mancanze di ognuno, perchè siamo in due, due umani distinti, che forse non sono fatti proprio per entrare in sintonia.
L’uomo non può avere tutto per semplice capriccio, perchè nella coppia ciò che conta è la voglia reciproca di costruire... di qua il terzo punto.
▸  Ci completiamo a vicenda?
Si parla di avere un punto di riferimento in comune. Che sia un modo di vedere il mondo - quello cambia tutto il resto - o il modo di concepire le relazioni affettive... qualcosa deve esserci. E, soprattutto, ciò che deve esserci è la concomitanza di intenzioni. Perchè dai, quale ragazza vorrebbe stare con uno che la usa per riempire i suoi vuoti affettivi, e quale ragazzo vorrebbe accanto una persona che lo usa per avere qualcosa da raccontare alle amiche, o una bella foto da postare su instagram con l’hashtah #couplegoals?
Praticamente... Lui/lei, sta cercando ciò che cerco io? Il nostro modo di vedere le cose è abbastanza simile da permettere di evitare litigate 24/7?
▸ La fiducia conta...
Ti è mai capitato di sentirti stressata/o al pensiero che il tuo partner uscisse con gli amici, oppure spaventata/o dall’idea  di indossare vestiti che ti valorizzassero per paura della reazione dell’altro? Hai dovuto rinunciare a qualcosa che ti rende felice solo per sfuggire ai ricatti del partner e rimanere nelle sue grazie? Ansia. Tutto ciò che una sana relazione non dovrebbe comportare. Stare con una persona dovrebbe essere un’esperienza che ci arricchisce e fortifica la nostra autostima, che ci spinga a migliorare ogni giorno... altrimenti meglio soli, che in ansia, no?
-  Que el amor valga la alegria, no la pena! -
Per me, i rapporti si basano sulla fiducia in ciò di cui l’altro ci rende partecipi, è uno scambio equo di emozioni sincere... e l’unico modo per viverle con serenità, è fidarsi che sia tutto vero! :’)
Se sei arrivata/o fino in fondo, Grazie! Fammi sapere cosa ne pensi...
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sportpeople · 6 years
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Ammetto che spesso l’aspetto numerico tedia le mie presenze sui terreni di gioco. Il pubblico del calcio, in Italia, ha avuto un crollo verticale negli ultimi 15 anni. E, checché ne dicano quei sapientoni che ci illustrano un movimento sportivo in ripresa per l’avvento di CR7, la nostra (ex) sfera di cuoio fa acqua da tutte le parti.
Difficile pretendere dal tifoso medio un seguito assiduo quando a ottobre inoltrato non si hanno ancora calendari e gironi, oppure, ancor più paradossale, alcune squadre non sono proprio scese in campo attendendo l’esito di ricorsi e contro ricorsi per conoscere la categoria di destinazione.
È difficile, se non impossibile, dar credito a questo calcio. Figuriamoci se poi parliamo di Serie C. Un palcoscenico totalmente allo sbando, dove ormai tutto appare al limite del possibile. Oltrepassando ampiamente l’aspetto “fantozziano” delle cose. Basta prendere la singola partita odierna, programmata alle 16:30 di sabato e anticipata – con solo due giorni di preavviso – alle 14:30. Vale a dire un orario off-limits per molti. Sebbene sabato sia un giorno prefestivo, infatti, sono in tanti a lavorare almeno metà giornata. E, benché Catanzaro non sia a una distanza siderale da Pagani, partire nella prima mattinata può comunque costituire un problema.
Insomma, senza cercare scusanti (che però, oggettivamente, ci sono) non penso di esagerare nell’asserire che oggi, sulle gradinate dello stadio “Torre”, ci sono solo gli ultras. Farebbe ridere – se non ci fosse da piangere – pensare che proprio questi “mostri a tre teste” – negli anni oggetto di attacchi e tentativi di dissoluzione da parte dei cervelloni griffati Lega, Osservatorio, Ministero dell’Interno e Federazione – siano gli ultimi rimasti in piedi. Del resto non ci sarebbe voluta neanche una laurea in sociologia per aspettarselo: se al tifoso “normale” si comincia a rompere di brutto le scatole, questo preferisce chiudersi davanti alla televisione e vedere in pantofole la Serie A. O, al massimo, la Serie C in streaming.
Ma forse a quei cervelloni chiamati in causa sopra, va bene così. Meno gente significa comunque meno lavoro e meno problemi. Peccato che questo sia solo uno degli effetti collaterali delle scellerate politiche approntate in questi anni.
Entrando più nel dettaglio, è una bellissima giornata più vicina all’estate che all’autunno inoltrato ad accogliermi in quel di Pagani. Fa caldo e ben presto il mio giacchetto si rivela uno scomodo peso da portar dietro per tutta la giornata.
È la prima volta che torno a Pagani da quando la tifoseria azzurrostellata si è riunita in Curva Nord. E probabilmente è proprio questa novità ad avermi spinto sin qua con grande curiosità. Già il fatto che nell’era delle divisioni spesso pretestuose e infantili, qualcuno decida di percorrere la strada al contrario mi ben dispone. Se poi questo viene fatto con intelligenza, per giovare all’intera tifoseria, allora non posso che trovarmi pienamente d’accordo.
I tempi dei derby infuocati, degli stadi strapieni e delle folle oceaniche al seguito dei propri colori, come detto prima, sono per l’appunto ricordi ormai lontani. La Paganese, come succede a tante altre squadre italiane, si barcamena ormai da qualche anno nei bassifondi della classifica, raccogliendo puntualmente faticosissime salvezze sul finire della stagione. Di certo non è un buon biglietto da visita per gli sportivi della città.
Inoltre oggi non abbiamo più la strada a fare da collante. Le partite infinite sul cemento sono vere e proprie chimere e troppi elementi virtuali e stordenti si sono impossessati delle nuove generazioni. Complicato anche lavorare in termini di “trasmissione” dei propri valori. Troppe le differenze, ad esempio, tra uno nato negli anni ’70-’80 e uno nato a inizio anni 2000.
Ahinoi, senza nasconderci dietro a un dito, oggi servono i risultati per avere sulle gradinate numeri dignitosi. A parte qualche rara realtà che è riuscita a lavorare bene sul proprio territorio, mantenendo attivo quel senso di comunità aggregante che dovrebbe contraddistinguere il mondo delle curve. Tuttavia sono mosche bianche.
Così anche la credenza diffusa che al Sud sia più facile portare la massa alla partita resta sovente una leggenda popolare. È vero, l’esser umorale di molte tifoserie meridionali spesso permette loro di mettersi in mostra a livello numerico, ma credo che in tante occasioni finisca per essere anche un’arma a doppio taglio per chi fa militanza a prescindere dai risultati della squadra.
Ecco, se dovessi avvicinare una parola a queste due tifoserie, utilizzerei proprio “militanza”. Un concetto tante volte abusato ma comune ormai a pochi. Uno status mentale che finisce per farti apprezzare questo genere di partite. Perché gli ultras ci sono, si fanno sentire e si mettono in evidenza.
Belli gli azzurrostellati, con i loro bandieroni sempre spiegati al vento e i loro cori che praticamente non conoscono un minuto di sosta malgrado una squadra davvero modesta, che finisce la partita con un impietoso 0-4. I paganesi hanno uno stile ben delineato: niente cori veloci, rispetto quasi ossessivo del suono del tamburo, coordinazione e tanta (ma tanta) voce. Da vedere stilisticamente perfetti. L’esser tornati una sola entità è stata senza dubbio la scelta più saggia e azzeccata per continuare a dar linfa al movimento ultras cittadino.
Chiaro che anche il poter tornare in trasferta abbia aiutato a rifomentare l’ambiente e creare un blocco unito e compatto, restituendo quel senso primordiale del viaggio assieme e sostegno alla propria città negato per anni dalla tessera del tifoso obbligatoria in tutte le trasferte.
Quando si parla di continuità e rispetto della propria storia, penso si debba far cenno anche a tifoserie come quella del Catanzaro. Costretti da anni a campionati anonimi e sbiaditi. Non solo avari di soddisfazioni, ma quasi sempre prossimi all’insufficienza e alla mediocrità. Inoltre, sulle teste dei calabresi, pendono anche diversi procedimenti Daspo rimediati negli ultimi anni. Numeri importanti, soprattutto per una piazza che non è certo paragonabile a una metropoli.
Eppure i supporter delle aquile non sembrano porre tante scuse davanti al loro cammino. I numeri, come detto, non saranno eccelsi, ma la voce non viene risparmiata e alla fine la quaterna maturata in campo in favore dei ragazzi allenati da mister Auteri premia la piccola porzione di popolo giallorosso giunta sin qui.
Al triplice fischio del direttore di gara abbandono il campo con delle certezze: una partita con soli due gruppi ultras a confronto è senza dubbio bellissima, perché ti lascia intendere ogni singolo movimento del tifo organizzato e ti fa sentire il “respiro” delle curve. Ma al contempo mi piange il cuore pensare a quello che la Serie C è stata e rivederla ora, quasi ignorata da un popolo – quello calciofilo – che storicamente ha sempre riversato su essa grosse speranze e grande rispetto per quello che ha significato tecnicamente e dal punto di vista del pubblico.
Testo di Simone Meloni. Foto di Simone Meloni e Pierpaolo Sacco.
Galleria Sacco:
Galleria Meloni:
Paganese-Catanzaro, Serie C: quanto è difficile fare il tifoso in Italia? Ammetto che spesso l'aspetto numerico tedia le mie presenze sui terreni di gioco. Il pubblico del calcio, in Italia, ha avuto un crollo verticale negli ultimi 15 anni.
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jamariyanews · 7 years
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Il CICAP fa propaganda nelle scuole di stato
Pubblicato: 12 Novembre 2017
Qualche giorno fa ho ricevuto questa lettera, che pubblico integralmente. Salve Mazzucco. Sono un alunno e frequento un liceo scientifico a Bologna. Premetto che ho tante cose da dire e che ho intenzione di utilizzare termini non troppo ricercati e quindi di non rendere questo messaggio, di fatto, troppo pesante o ridondante. Inoltre, prima di iniziare, le voglio dire che la stimo e la seguo perché finora lei è stato l'unico a dare prove e ad aprire la mente riguardo a certi fatti molto importanti. Quello di cui voglio parlare sta tutto nel titolo..."Cicap: conferenze nelle scuole". (Probabilmente lei è già al corrente di tutto questo nel senso che saprà già che la Cicap fa conferenze presso le scuole inculcando di fatto un messaggio che esporrò piu avanti). La conferenza è iniziata con una semplice domanda: con la luna piena si hanno piu nascite negli ospedali? Inizialmente non ero al corrente del fatto che stavo assistendo ad una conferenza Cicap, motivo per cui ero molto interessato. Il ragazzo, che presentava il tutto, ha ammesso che quando è nata sua figlia i dottori hanno affermato:"questa settimana sono nati molti meno bambini rispetto alla scorsa settimana, quando c'era la luna piena." Il ragazzo stesso, di cui non ricordo il nome, ha subito messo in dubbio l'affermazione facendo presente comunque che questa è stata detta da dei dottori, dunque gente competente di cui ci si dovrebbe fidare ciecamente: dopo aver dimostrato tramite un grafico che la teoria è assolutamente falsa, ha esplicitamente affermato che spesso anche gli esperti dicono cagate. Poi siamo passati ai famigerati complotti contro le vaccinazioni e poi ai ciarlatani come Simoncini che già conoscevo...insomma fino a questo punto questo ragazzo mi aveva persuaso anche se di fatto aveva anche detto cose abbastanza banali come per esempio non accettate richieste di amicizia strane o non aprite determinati siti ecc. Inoltre, sfoggiava spesso la sua laurea in fisica che pareva quasi gli conferisse la possibilita di confutare o sarebbe meglio dire smontare tutto. Poi ad un certo punto ho sentito la parola Cicap. Subito mi sono rabbrividito in quanto mi ero appena reso conto che mi trovavo proprio davanti ai debunkers, servi dello stato; mi sono ricordato di tutta la sua lezione sui debunkers e delle loro tecniche di persuasione e ho cominciato a guardarlo, ad osservarlo e ad ascoltarlo piu attentamente: le giuro che mi sono messo a ridere quando si è messo a parlare di ufo. Proprio cosi. Ufo. Si è messo a confutare, scherzando, video palesemente fake facendo passare per idioti tutti quanti i complottisti e ottenendo interesse e appoggio dei  compagni. Con ciò non intendo dire che tutti i complottisti abbiano ragione, ma in qualche modo il ragazzo è stato in grado di generalizzare e di farli passare tutti per psicopatici. Ah piccola parentesi: tra tutti i video che poteva prendere ne ha preso proprio uno in cui c'era un disco che si dimenava dietro le TWIN TOWERS! coicidenze? Boh Poi ovviamente scherzando ha detto che tutto ciò non era possibile citando qua e là qualche legge di fisica per stupire un poco. Scena eclatante sicuramente è stato quando ha parlato del tizio che si dice abbia previsto il terremoto a L'Aquila:" ma ragazzi! Come può un semplice elettricista in pensione prevedere ciò?" Tratto tipico di questi debunkers è sminuire le persone no? Oppure ha parlato di un cantante che ha tentato di confutare la teoria di un famoso fisico: "ma come può un cantante confutare qualcosa?" Sempre scherzando cosi da divertire i ragazzi e, in qualche modo, ottenendo il loro interesse. Spesso ho notato contraddizioni, anche se non ne sono certo, riguardo al fatto che bisogna fidarsi di gente competente quando prima aveva detto che questi possono dire falsità o essere addirittura dei ciarlatani. Ho capito tutto: ha trattato argomenti banali e ovvi ottenendo l'interesse del pubblico per poi affrontare fatti di maggiore rilevanza come le vaccinazioni senza però, di fatto, mai toccare argomenti piu delicati come l'11/09 o lo sbarco lunare. La sua posizione era pressoché impossibile da contrastare, anche perché io sapevo quali fossero le sue intenzioni ma gli altri no. Inoltre, dicendo che non bisogna fidarsi di nulla, nè di internet nè delle idee complottistiche ecc, pare quasi che ci si possa fidare solo di loro ed il giorno che succederanno tragedie, attentati, colpi di stato, loro ci diranno: "fidatevi della versione ufficiale, noi che confutiamo tutto e dimostriamo il vero, vi diciamo che essa è giusta." Non mi serve uno che venga a scuola per dirmi che gli ufo non esistono, che ci sono purtroppo i ciarlatani o che le vaccinazioni sono obbligatorie...queste cose sono più che ovvie! (Tranne forse per i vaccini, ma questo è un altro discorso). Al termine della conferenza ho alzato la mano con convinzione, sono andato davanti al pubblico (eravamo in aula magna) e ho chiesto: "lei conosce Mazzucco?" Risposta molto intelligente: "Hmm no" Ovviamente può immaginare la figuraccia che ho fatto, tutti si sono messi a ridere, ovviamente anch'io me la sono risa: so per certo che lui la conosce in quanto il ragazzo ha alzato gli occhi al cielo per una frazione di secondo. Poi ho chiesto cosa ne pensasse dell'11/09 e di lì la solita storia anche se è stato piuttosto vago e non si è sbilanciato troppo: da quel che ho compreso secondo lui il governo americano ha gestito male la situazione e ha spiegato non in modo esaustivo certe dinamiche anche se a suo parere è stato un attentato a tutti gli effetti. Non avevo capito a pieno cosa ne pensasse a riguardo fino a quando si è soffermato sulle diapositive finali dove faceva pubblicità al Cicap e al sito di Attivissimo il disinformatico. Poi va beh sono stato rimproverato dalla professoressa di fisica: "Tu sarai il primo ad essere preso in giro nella vita!" Lasciamo stare. Io la ringrazio ancora di tutto. Per avermi illuminato, ma soprattutto per aver letto questo messaggio. [Io non so se quel ragazzo fosse in buona fede, per me no...lui sa bene chi è lei]. Preso da: http://ift.tt/2nhYgXK http://ift.tt/2zATN44
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