Tumgik
#ragazza paradiso
evilromero · 2 years
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happy birthday lovely!!! i hope you have the most wonderful day 💗 sending lots of love ❤️❤️❤️
thank you so much my love !!! xxxxxx ⭐️🥰😚
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klimt7 · 3 months
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L'amor che move il sole e l'altre stelle
[ Dante, Paradiso XXIII, v.145 ]
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Perchè dietro questa ragazza
[ Angelina Mango ]
c'è una grande STORIA
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Sanremo 2007
LAURA VALENTE & PINO MANGO
I genitori di Angelina partecipano all'edizione di Sanremo 2007 e cantano il brano "Chissà se nevica"
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Anno 2014, 8 dicembre
Pino Mango durante il concerto a Policoro ( Matera) viene colto da malore e muore.
Poche settimane prima aveva confidato alla moglie Laura: "Cosa c’è di più bello che morire mentre fai musica davanti alla gente, e cioè mentre fai la cosa che ami di più in assoluto ?"
Anno 2019
La moglie di Mango, Laura Valente, ex cantante ed ex voce dei Matia Bazar, rilascia alcune interviste in occasione della pubblicazione del cofanetto con un volume contenente diversi scritti di Pino Mango, e il disco che rende omaggio alla sua intera carriera musicale.
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L'intervista alla madre, Laura Valente [2019]
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Anno 2024
Angelina Mango dopo aver partecipato alla edizione 2022 di "Amici", partecipa al Festival 2024 e trionfa con pieno merito sbaragliando avversari molto più noti e affermati di lei (Annalisa, Loredana Bertè, Mahmood, Emma, Fiorella Mannoia).
Nella serata di venerdì 9 febbraio con una esecuzione da brividi, che ha commosso tante persone sia in tv che nel Teatro Ariston di Sanremo, Angelina tributa un omaggio molto particolare, al padre Pino, eseguendo il suo brano "Rondine", in una versione del tutto inedita e con un nuovo arrangiamento curato da lei stessa e dal fratello maggiore Filippo (1995).
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Ecco, davanti ad una famiglia così, davanti ad un rapporto di questo tipo, davanti a una Storia del genere, le parole, tutte le parole possibili si diradano, rimpiccioliscono e infine scompaiono.
Resta solo un silenzio di ammirazione e commozione.
In ciò che ci è dato scorgere, io stesso, lo ammetto, fatico a trovare le parole.
Solo l'ascolto e il silenzio hanno senso.
Davanti a certi "miracoli'", ci si sente smarriti e disarmati. La commozione sommerge ogni cosa.
Una emozione che mi fa vedere la "magia" che sa trasformare le vite delle persone. Che può illuminarle!
E poi c'è la gratitudine per questa grande emozione che arriva a mostrarci, la trama di luce che attraversa ogni tempo e ogni spazio.
Le altre riflessioni e considerazioni, fatele Voi.
Io mi tengo stretta, questa emozione.
Pino Mango soltanto pochi anni fa cantava un brano: "L'amore è invisibile"...
Io per una volta, sento di doverlo smentire.
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Se siamo attenti, se impariamo a leggere e decodificare la realtà esterna, lo vediamo e lo sentiamo perfettamente, che l'Amore è l'energia, che innerva l'intero Universo.
Pino Mango, Laura, Filippo e Angelina stessa, ci tolgono ogni dubbio e incertezza al riguardo.
No. L'amore non è invisibile.
Lo possiamo annusare, fiutare nel vento e nel tempo, dentro le persone, in tutte le epoche.
Come un profumo di buono e di pulito, come un tepore di primavera, un sapore unico.
La magia che brilla negli occhi di chi è stato toccato da questo prodigio, arriva ovunque. È qualcosa di potente. Arriva a contagiarci e a cambiare, il nostro stesso modo di guardare il mondo.
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astrid-sama · 11 months
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Una piacevole sorpresa
(Michael [good omens] x fem human reader)
(this fanfiction is available in english in my profile)
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Era una normale (e noiosa) giornata d'autunno, il tuo amico Aziraphaele ti aveva chiesto di poter stare in libreria al suo posto perché lui aveva degli impegni urgenti, tu essendo una brava amica avevi accettato di aiutarlo.
Eri al negozio da quasi tre ore e dei clienti non c'era neanche l'ombra, proprio quando credevi di poter morire di noia sentisti tintinnare il campanellino della porta.
<<Michael?! >> eri davvero stupita di vedere la tua angelica fidanzata, ma non hai sprecato l'occasione e ti sei lanciata tra le braccia del tuo amore.
<<Amore mio che ci fai qui? >>
<<Sono stata incaricata dall'Alto di controllare un traditore, ma a quanto pare sono stata invitata nel posto sbagliato. Sarà meglio che torni in Paradiso per riferire l'errore >>
Prima che Michael possa andarsene tu le afferri le spalle e (alzandoti in punta di piedi) la baci.
<<Michael perché non rimani un po' qui con me? Sto aiutando un mio amico gestendo la libreria mentre lui non c'è, ma mi annoio così tanto da sola. Per favore resta con me>> dici mentre guardi la tua amante angelica con occhi imploranti.
<<Beh immagino che il paradiso non brucerà se rimango ancora un po' qui>> disse Michael mentre ti prendeva in braccio e ti baciava appassionatamente.
Era bellissimo, baciare Michael era davvero paradisiaco e tu potresti perderti per sempre tra le sue braccia...
<<T/N sono tornato grazie per... MICHAEL?! Per l'amor del cielo che cosa sta succedendo?!>> tu e Michael vi separate immediatamente, ti volti e vedi il tuo amico Aziraphaele guardare la tua ragazza con puro terrore.
(Ciao miei cari lettori sono viva! Volevo dirvi che questa fanfiction è stata pensata come un oneshot ma potrei fare una parte due se qualcuno la desidera)
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Una giornata di sole
È una giornata piena di sole, una di quelle in cui egli trascorre un'ora al balcone a capo scoperto, come gli ha consigliato il medico. La sua carnagione, di solito, è pallida, ma il sottotono olivastro della sua pelle gli impedisce di arrossarsi e scottarsi, cosicché egli si abbronza, assumendo un'aria più sana. Ed è solo per esibire al medico questa illusione di salute che si sottopone al bagno di sole. Gli chiedo, mentre guardo la strada sottostante, popolata di venditori ambulanti e ragazzetti che si rincorrono, se avverta un miglioramento nelle proprie condizioni. "Sì, come ogni anno quando finisce l'inverno," ma conclude la frase con un colpo di tosse. Volgo le spalle alla ringhiera del balcone e immergo gli occhi nella penombra della stanza dove in fondo, proprio sopra il letto, sulla parete azzurra, è appeso un grande rosario dai grani di legno scuro. "E così reciti le preghiere prima di andare a dormire," dico per scherzo. "Oh sì," risponde lui con gravità, "tridui e novene".
"Quella ragazzetta ha lo sguardo vispo," sussurro accennando a colei che sembra affaccendarsi riassettando le carte sopra uno scrittoio. "Ti assiste con amore?" "Amore di carità," soggiunge lui. "Le invidio che sappia leggere il greco, il latino e il francese; sapessi farlo anch'io, le farei recuperare tutto il sonno che ha perduto in queste notti." La ragazza esce dalla stanza senza salutare, con passo zoppicante, ma leggero. Ha lasciato sullo scrittoio una Bibbia, accanto a un'Iliade.
"Nella Bibbia è scritto che i morti dormono," dico trasognata. "E nell'Ade gli eroi non sono altro che ombre," prosegue lui. "Ma allora, se questa vita è sogno, e poi continueremo a dormire, non ci sveglieremo mai? Conosceremo soltanto il sonno?"
Lui tiene gli occhi chiusi al sole. "Io credo che stiamo facendo esattamente ciò a cui la necessità ci spinge. Tutto in noi è materia," prosegue. "Da bambino trascorrevo molte ore in ginocchio, pregando di essere risparmiato dall'inferno; poi da ragazzo sognai di poter entrare in paradiso con una corona di lauro. In realtà non ci spettano premii né castighi, dal momento che siamo esseri governati dalla fortuna. L'unico bene sarebbe non ricordare mai più di essere stati, e che qualcosa vi sia".
"E se la tua coscienza sopravvivesse?"
"Immagino che la natura dei morti non li faccia riguardare più la vita. In nessun modo. L'istinto di conservazione, la speranza...sono nelle fibre di questa carne."
"Torneresti?..." gli chiedo.
"Se fosse utile."
"A te o ad altri?"
"A chiunque, anche a un topolino. Purché ne avessi certezza."
"Se gli dei vogliono continuare a giocare con noi, dovranno farlo a carte scoperte," azzardo.
"Vorrei non capirli mai, gli dei."
"Ma se hai detto che vuoi certezza..."
"Ho risposto alla tua domanda: mi chiedevi se sarei tornato, non cosa volessi. Io voglio esattamente questo silenzio, questo mistero, in cui si è identici a prima di nascere e si può ignorare sia la vita che la morte, e che esistono differenze. Se un dio si chiarisse, ci darebbe la vita, e con essa la morte."
"Infatti Dio si è espresso," spiego accennando alla Bibbia.
"No," dici: "Quello lo abbiamo sognato..."
"Sai qual è l'espressione più evidente di Dio?" Lancio la sfida, e proseguo: "Quella ragazza. Si sacrifica per te, e potrebbe non farlo. Questo si chiama libero arbitrio, non necessità".
"Lo fa per ambizione," sorride amaramente, "vuole diventare santa, per compiacere suo fratello, l'unico uomo che non l'abbandonerà. Se morissi prima di stanotte, per lei sarebbe un sollievo."
"Che dici!" Protesto. Ma dentro di me so ch'è vero.
"Io e lei siamo due infelici che non s'incontreranno mai. E ora sono stanco, vorrei riposare un po'."
Lo accompagno a letto. Gli sistemo i due grossi cuscini che tiene sotto la testa e, mentre lo faccio, avverto qualcosa di duro tra l'uno e l'altro. "E questi?" Dico, vedendo un cartoccio di confetti.
"Me li ha regalati lei. La mia dolce morte. Stanotte, lei potrà finalmente riposare."
"Piantala," gli dico brusca. "Stanotte penserò io a intrattenerti. Ti leggerò le mie poesie e i miei racconti."
"Tu scrivi?" Chiede con una sfumatura sarcastica, inarcando leggermente le sopracciglia.
"Ma certo. Ti ho dedicato tante poesie..." Gliene recito subito una.
"Sono frasi, non è poesia. Non c'è metrica. E il linguaggio è colloquiale, direi trasandato."
"Questa è poesia contemporanea," spiego. "Si chiamano versi liberi."
"I versi sciolti sono tutt'altra cosa..."
"Infatti questi non sono sciolti, ma proprio liberi. Come i pensieri, come il vento..." sorrido. "Vuoi provare anche tu?"
"Certo. Sembra facile come parlare nel sonno."
Io assaggio un confetto, mentre lui sussurra con aria canzonatoria: "Dalla vita  volevo fuggir via,
perché la morte sola beltà mi apparia;
ma la mia vile anima immortale
mi parla e dice che ancora avrò a dare
e la beltà di ciò che darò
è così grande che più non morirò!"
"Ecco, bravo," lo incoraggio ridendo. Forse attratta dalle risate, entra la graziosa ragazzetta zoppa. "Vuoi?" Dico offrendole il cartoccio di confetti. "Questo screanzato li aveva rubati per suicidarsi prima di stanotte," dico scrollando il capo.
Lei arrossisce e si torce le mani. "Il suicidio è peccato mortale..." finge di rimproverare il malato con lo sguardo fisso alla punta delle proprie scarpe. Esce portandosi via i confetti.
"E ora?" Mi chiede lui.
"Faremo versi tutto il pomeriggio e la notte. I più liberi e sciocchi che riusciremo a fare. Ma prima voglio leggerti un mio racconto."
"Come s'intitola?" Chiede rassegnato.
"Una giornata di sole"...
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melancomine · 1 year
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SETTE MINUTI | eddie munson x lettrice
trama: per colpa dei tuoi amici e di quello stupido gioco “sette minuti in paradiso” ti ritrovi chiusa in uno stanzino insieme all’insopportabile eddie munson. sette minuti saranno abbastanza per farti cambiare idea sul suo conto?
pairing: eddie munson x lettrice
avvertenze: smut esplicito, enemies to lovers, consumo di erba, cose in luogo pubblico, sesso non protetto, dirty talking, gli eventi di st4 non sono mai accaduti, 1986
word count: 6k
masterlist | wattpad
Steve Harrington e le sue famose feste, Robin è riuscita a trascinartici. Odi i luoghi affollati ma sai che in compagnia di quella stramba ragazza bionda ti divertirai. Sei vestita bene, con un abito corto del tuo colore preferito e le intramontabili All Star nere ai piedi, le uniche di cui ti fidi. Certo, avresti preferito dei jeans come quelli che indossa Robin ma questa sera hai deciso di lasciarti andare ed esagerare. 
Una volta arrivate davanti la casa di Steve, rimanete a bocca aperta. Addobbi luminosi appesi lungo tutto il perimetro del tetto anche se è Giugno, persone che entrano ed escono, altre che, già sbronze, stanno rigettando nelle siepi, alcuni si stanno tuffando in piscina. È la prima volta che partecipi a questo evento atteso da tutti i ragazzi di Hawkins, Robin invece conosce Steve da più tempo per cui ti afferra per il polso e con un ”Cosa stiamo aspettando?” ti conduce all’interno dell’abitazione, il cuore della festa. Schivando qualche coppia impegnata a mangiarsi la faccia a vicenda, ora siete in cucina, dove l’isola al centro propone alcol e bevande gassate insieme a bicchieri rossi. 
”Le fanciulle cosa desiderano?” Jonathan vi accoglie con un ampissimo sorriso, che collegato agli occhi arrossati e quasi chiusi vi fa scappare una risata. In mano ha una bottiglia di vodka e nell’altra un bicchiere vuoto. Argyle lo raggiunge con quello che sembra a tutti gli effetti uno spinello incastrato tra il suo cappello con la visiera e l’orecchio. ”Ciao, principesse!” Vi saluta.
Mentre Jonathan ti sta versando da bere, Robin batte il cinque ad Argyle quando nota che le loro camicie sono molto simili e ricominciate a ridere, ora insieme ai ragazzi.
”C’è un bong che ci aspetta.” Argyle si avvicina all’orecchio del suo amico per farsi sentire meglio ed evitare di urlare, poi vi rivolge lo sguardo nuovamente ”Vi unite a noi?” 
Scuotete entrambe la testa e dopo averli salutati e augurato buon viaggio, decidete che è arrivato il momento di andare a ballare. Vi dirigete nel grande salone, fonte di musica altissima e di corpi scatenati. La portafinestra che conduce al giardino e alla piscina è aperta per facilitare il passaggio e sopratutto per far circolare l’aria. 
”Come va con Vickie? Le hai chiesto di uscire?” Domandi a Robin una volta entrate completamente nel flusso della musica, Madonna sta cantando.
”Sì, cioè no, ancora no. Ma sto…” Vieni distratta dalle sue parole incerte e i suoni intorno a te diventano ovattati. Seduto su una delle sdraio a bordo piscina c’è Eddie Munson, vicino a lui Gareth e Jeff. Il sangue ti bolle nelle vene e le guance si scaldano alla sua vista. È fastidio quello che stai provando. Possibile che quell’insetto sia ovunque?
”Che ci fa Eddie Munson qui?” Interrompi l’accattivante storia di Robin di quando è quasi riuscita a parlare alla sua grande cotta ma senza riuscirci e indichi il ragazzo che se la spassa fuori.
Robin si gira per guardare in che direzione punta il tuo dito. ”Grazie per appoggiarmi sempre! Comunque, Eddie e Steve sono diventati molto amici ultimamente.” Scherza per un attimo e poi risponde alla tua domanda.
Eddie percepisce i vostri occhi addosso, in particolare i tuoi, pungenti, quasi tangibili. Si accorge di voi, fa un gesto con la mano ai suoi amici per zittirli e si alza. 
”Oh no, sta venendo qua.” Sbuffi alzando gli occhi al cielo. Sorseggi il drink dal tuo bicchiere, forse manderà giù anche il tuo nervoso.
”Ragazze!” Eddie si trova ad un passo da voi. I suoi capelli ricci cadono come sempre sulle spalle, scoperte per via della t-shirt dei Metallica a cui ha strappato le maniche. Essendo estate ha abbandonato la giacca di pelle che porta sempre con fierezza insieme al gilet di jeans de i Dio. È un po’ corta, infatti lascia intravedere il suo addome. Quando solleva il braccio per metterlo intorno al collo di Robin, la maglietta si alza, esponendo il suo ombelico e una striscia di peli che termina dove i jeans neri strappati alle ginocchia iniziano. Due catene luccicanti pendono dalla sua cintura. Almeno non sta indossando la solita maglia dell’Hellfire Club, chissà se l’ha mai lavata, pensi. Le dita sono ornate da quelli che sembrano gli anelli più grandi che tu abbia mai visto, accecanti, ma non sai se non ci vedi più per colpa loro o di chi li sta indossando.
Quel ragazzo ti ha sempre dato sui nervi per il suo modo grottesco di comportarsi. Senza veli e senza vincoli di nessun tipo. In mensa capitava spesso che salisse sui tavoli per disturbare gli atleti oppure semplicemente per mettersi in mostra come il grande Master del suo club di Dungeons & Dragons. Credevi di essertene liberata appena finito il liceo, invece hai appena scoperto che si è unito al tuo gruppo di amici.
”Perfetto, d’un tratto la festa è diventata noiosa.” Lo fulmini un’altra volta.
”Al contrario, dolcezza, la festa è appena cominciata.” Ti risponde lasciando la presa su Robin e ti sorride. Quel maledetto sorriso contornato da adorabili fossette. Il suo enorme ego ti investe e tutto quello che puoi fare è allargare le narici per fare uscire la rabbia repressa che coltivi nei suoi confronti e che non puoi scaricare colpendolo in faccia.
”Sei riuscito a diplomarti? Quanti anni fai, trentacinque quest’anno?” Assumi una falsa espressione pensierosa e lo prendi in giro.
Eddie ridacchia, incrocia le braccia al petto e alza gli occhi al cielo. ”Certamente, l’ho detto che l’ottantasei sarebbe stato il mio anno. E tu, invece, sei riuscita a toglierti quel palo che ti ritrovi nel culo?” Risponde alle tue provocazioni con la stessa moneta.
Robin assiste a questo spettacolo di botta e risposta che state avendo sentendosi un po’ in imbarazzo. 
”Perché non vai a farti un giro, Munson?” Gli suggerisci.
”Cosa? Ce l’hai ancora con me perché non ti ho fatta entrare nel club?” Ti stuzzica Eddie, colpendo un tasto dolente. Questa è una verità che speravi tenesse nascosta ma sì, uno dei motivi principali per cui lo vuoi fuori dalle palle è che non sei mai riuscita ad entrare nel suo esclusivo Hellfire Club. ”Tranquilla, dolcezza, puoi sempre avermi in qualsiasi altro contesto.” Ti fa l’occhiolino sottolineando la parola qualsiasi, ripetendo quel tremendo nomignolo e tu rabbrividisci al suo squallore.
”Piuttosto-” Provi a rispondere ma Robin ti interrompe ”Steve! C’è Steve! Grazie al cielo, Steve.” Una salvezza, arrivata per calmare le acque. Passava lì per caso, ma la tua amica ha pensato bene di farlo partecipare per tirarla fuori da quell’imbarazzante conversazione, accogliendolo con le braccia aperte.
Il nuovo arrivato guarda tutti e tre con aria perplessa. ”Già, eccomi. Come sta andando?”
Infondo, Eddie adora quello che c’è tra voi due. Ama vederti arrabbiata, pensa che tu sia carina quando lo sei. Gli piace giocare al gatto e al topo con te e il motivo per cui continua a provocarti è che non vuole che tutta questa vostra situazione finisca. Si diverte e sotto sotto anche tu. Eddie guarda Steve e torna serio. ”Torno da Gareth e Jeff. Steve, se vedi Chrissy le dici che quello che mi ha chiesto la sta aspettando?” Rivolge lo sguardo a te e il suo intento di farti ingelosire un po’ funziona, perché ti ritrovi a guardare tutto tranne lui. ”Ci vediamo in giro.” Dice come ultima cosa e mentre se ne va sfiora il tuo corpo con il suo, fingendo di non averlo fatto apposta.
Il party procede con altri due bicchieri pieni e tante risate, si sono fatte le quattro di mattina e gli unici rimasti sono i troppo ubriachi per tornare a casa, sistemati in giro per la casa a dormire e voi, amici ristretti, ormai non più sbronzi e tranquilli in salotto. Casa di Steve è diventata per tutta la cerchia una seconda dimora e avete dato per scontato che potete rimanere lì.
”Giochiamo?” Argyle e il suo ottimismo fanno capolino nella stanza.
Sei seduta al suolo con la schiena appoggiata alle gambe di Nancy, stravaccata sul divano. ”A cosa?” Domanda lei.
Steve sembra risvegliarsi da uno stato di trance. ”Siamo in abbastanza, che ne dite di sette minuti in paradiso?”
I presenti annuiscono in accordo con l’idea del ragazzo dai capelli perfettamente in piega. “Non siamo più alle medie, ma va bene.” Dice Jason, più a se stesso che a Steve. Robin è particolarmente entusiasta della cosa in quanto Vickie, la sua cotta, è partecipe. 
”Quali sono le regole?” Chiedi. Non ci hai mai giocato ma sembra divertente.
”Ci mettiamo in cerchio, si gira una bottiglia, le due persone sorteggiate devono chiudersi in una stanza al buio senza orologi e scaduti i sette minuti, li si va a prendere. Può succedere di tutto, è questo il bello.” Ci pensa Eddie a illuminarti sulle regole di questo classico gioco.
”Perfetto, iniziamo.” Dici, guardandolo dritto negli occhi con aria di sfida. Lui ricambia e ti rivolge un sorrisetto alzando solo uno degli angoli della bocca.
Come luogo avete scelto il bagno del piano inferiore, il più piccolo e senza finestre, quindi completamente privo di luce. Al primo giro sono usciti Chrissy e Jason, tornati dallo stanzino con dei nuovi succhiotti e coi capelli spettinati. Al secondo Nancy e Jonathan, rimasti in silenzio per via della recente rottura. 
”Vai tu, Y/N.” Incita Steve.
Ti guardi intorno e noti che tutti gli occhi sono puntati su di te. Robin ti passa la bottiglia vuota di birra e l’appoggi sul tappeto, con un gesto veloce la fai roteare. Ipnotizzata dal suo girare veloce, pensi ”Non Eddie… Non Eddie…” quando la bottiglia si ferma piano piano, segui il collo che punta dritto verso la persona con cui dovrai passare i prossimi minuti e… Eddie. Il ragazzo dalla buffa frangetta, che si trova dinanzi a te, ridacchia e si alza in piedi. Ti porge una mano che osservi prima di afferrarla per aiutarti ad alzarti. ”Dopo di lei.” Dice Eddie mentre fa un goffo inchino per lasciarti passare. Robin sta facendo di tutto per trattenere le risate.
Sbuffando, entrate nel piccolo bagno con le luci spente e tu accaparri subito il posto sulla tavoletta abbassata del water. Lui chiude la porta dietro di sé, dando il via al timer di sette minuti nell’oscurità più totale. Portando le mani avanti per farsi strada, trova il lavandino e si ci appoggia con il sedere.
”I sette minuti più lunghi della mia vita. Almeno non dovrò vedere quella brutta faccia che ti ritrovi.” Prevedi e ti spalmi una mano sulla fronte, massaggiando le tempie.
”Puoi sedertici sopra, se ti va.” Ridacchia il metallaro a meno di un metro da te.
”Magari, ma peccato che non ti chiami Billy Hargrove.” 
”Sai che quel cazzone abita nella roulotte di fronte alla mia?”
”Me lo presenti?”
”Certo, non vedo l’ora di ammirare la tua divina presenza anche nel mio quartiere.” Scherza Eddie e lo senti maneggiare con qualcosa. Infila una mano in tasca ed estrae quella che sembra, dal rumore, una scatolina d’alluminio. Prende fuori il contenuto, la chiude e la rimette al suo posto.
”Che stai facendo?”
”Niente, tu che stai facendo?” Fa il verso. 
”Posso chiederti una cosa?” 
”È il momento adatto per farlo.”
”Che ho fatto di sbagliato?”
Eddie è perplesso e scuote la testa. ”Che intendi?”
L’orlo del tuo vestito è diventato un anti stress per le tue mani, hai iniziato a tormentarlo con le dita. ”Non capisco perché tu non mi abbia voluta nell’Hellfire. Non mi hai dato nemmeno una possibilità per provarti che sono brava.”
Sei riuscita a farlo zittire, ma solo per qualche secondo. ”Può essere che ti abbia sottovalutata. Ma guardati.” 
”Guardarmi?”
”Sì, tu sei stupenda, non c’entri niente coi nerd nella mia squadra.”
”Oh, scusa se non vado in giro con un cartello che dice Consideratemi, mi piace il fantasy e i giochi di ruolo anche se non sembra.”
”Perfetto, vorrà dire che ti metterò alla prova.”
Sei dubbiosa e cerchi di vedere cosa sta succedendo nei suoi paraggi ma in quel bagno non entra un filo di luce e non riesci a vedere neanche la silhouette dei suoi movimenti. Stai per chiedergli nuovamente cosa stesse armeggiando quando un odore inconfondibile inonda le tue narici. ”Ti- Ti stai facendo una canna?!” 
”Assolutamente no.” Risponde Eddie tirando fuori l’accendino. Fa scattare il suo meccanismo e dopo due scintille nasce una piccola fiamma che gli illumina il viso. In effetti, quello che stringe tra le labbra è proprio uno spinello. Trovi che sia molto attraente in quella posizione: una delle mani è posta dietro a quella che tiene l’accendino per non far spegnere il fuoco, il cipiglio creato sul suo volto e quelle labbra, solitamente carnose e piene ma ora assottigliate per tenere ferma la sigaretta corrotta.
Gli strappi l’accendino dalle mani prima che possa attizzarla e ”Sei impazzito? Vuoi farci morire soffocati?!”
Eddie ride al pensiero della tua premura. ”Andiamo a fumarla fuori? Qui è una noia.”
”Sono convinta che alla fine dei sette minuti manchi ancora del tempo.”
”Che importa, sgattaioliamo via.” La mano di Eddie è in cerca della tua e quando la trova sussulti al tocco che piano ti stringe. L’idea di scappare ti sembra grandiosa e un po’ eccitante.
Sorridi ed annuisci, ma lui non può vederti quindi ”Okay.” gli dici.
”Allora fai silenzio.”
Eddie non ti ha lasciato ancora la mano e la usa per tenerti vicino a lui nella vostra fuga. Apre la porta lentamente e si assicura che non ci sia nessuno nelle vicinanze. Sono tutti ancora in salone, per cui ne approfittate per uscire di soppiatto. Vi dirigete in cucina, dove Eddie ruba uno dei tramezzini avanzati e uscite dalla porta che conduce sul retro della casa. Ti scappa una risatina che si interrompe quando giungete ai piedi del bosco.
”E ora dove andiamo?” Domandi, spaventata dalla presenza di quegli alberi altissimi nella notte.
”Conosco un posto, ma si va per di là.” Eddie sorride per provare a rassicurarti mentre divora lo snack e ti appoggia il braccio tatuato sulle spalle. ”Non è lontano.”
Alzi gli occhi al cielo e ti sposti dal suo peso. ”Non vorrai uccidermi, Munson? So difendermi molto bene.” 
Le fossette sulle sue guance sono di nuovo protagoniste della scena e insieme a loro, Eddie ti guida in mezzo all’oscurità del bosco. Per fortuna la luna è piena e in grado di illuminare il sentiero che vi porterà al suo famoso posto.
Mentre camminate, il ragazzo vicino a te non tradisce la sua fama di bocca larga e non riesce a stare in silenzio. ”L’hai visto La Cosa?”
”Se l’ho visto? Lo so a memoria! Me la sono fatta addosso quando hanno provato a rianimare Norris e quello si è rivelato essere la cosa.”
”Anche io! Poi arriva Kurt Russell e incendia tutto.”
La chiacchierata che avete mentre raggiungete il luogo adatto per accendere lo spinello ti piace, non ti aspettavi che aveste così tante cose in comune e sopratutto che quella di Eddie, il suo essere super eccentrico e fastidiosamente strano, è solo una facciata. Si sta mostrando come una persona genuina e molto intelligente, il contrario di quello che pensa l’intera Hawkins di lui.
Nel frattempo, a casa Harrington, Robin e Steve sono diretti al bagno. ”Tempo scaduto, piccioncini.” Dice Lei. Quando aprono la porta ed accendono la luce, quello che si presenta davanti a loro è uno stanzino vuoto.
”Ma che cazzo?” Steve sussurra mentre si guarda intorno. ”Dove sono finiti?”
”Ta-daaa.” Eddie ti dà il benvenuto nel suo luogo di spaccio, una piccola piazzola con un tavolo e delle panchine al centro. Non c’è nient’altro, se non qualche lattina di birra al suolo.
Ti accomodi sul tavolo, abbassando un po’ il vestito per evitare che le tue gambe nude si graffino con il legno e porti i piedi sulla panca. Appoggi i gomiti sulle ginocchia e ti sorreggi il mento con le mani. ”Porti qui tutte le tue ragazze?”
”Se vogliono comprare la roba, sì, è il posto perfetto. Non ci viene mai nessuno qua. Dritto per di là c’è il liceo.” Eddie tira fuori da dietro l’orecchio lo spinello e dalla tasca l’accendino ed eccolo di nuovo a fare quell’espressione capace di mandarti una scossa lungo tutta la schiena. 
Eddie ora è seduto di fianco alle tue gambe, che tieni strette a causa del venticello fresco che tira. Le guarda, le ammira, così lisce e così armoniose, carnose. Hai la pelle d’oca e non riesci a capire se è perché Eddie Munson ti sta fissando come se stesse per mangiarti o per l’agghiacciante panorama del bosco di notte.
”Se fai una foto, dura di più.” Lo solleciti a tornare dal suo mondo immaginario, dove probabilmente le tue cosce sono protagoniste.
Il ragazzo dai capelli lunghi ti rivolge un sorriso accattivante. ”Se avessi qui la mia polaroid, non me lo farei ripetere due volte.” Ti sfiora con le dita il polpaccio, partendo dal ginocchio. I brividi si fanno più intensi e per qualche strana ragione, non gli sposti la mano e al contrario, lo lasci fare. Arriva alla caviglia, te l’afferra in un pugno e porta il tuo piede sulla sua coscia, coperta da quei vecchi jeans neri rovinati.
”Hey!” Esclami.
Ora possiedi lo spinello tra le dita, Eddie te l’ha passato per cercare qualcosa nelle tasche. Dal nulla, fa comparire un pennarello rosso ed inizia a scarabocchiare sulla parte bianca all’estremità della tua All Star. Un paio di corna e una coda appuntita, classici di un diavoletto. Eddie lo disegna ogni volta che può, sui bordi dei compiti scolastici, sui cartelli stradali.
Una volta terminato, un minuto più tardi, stendi la gamba per vedere meglio l’opera. Non sei arrabbiata perché ti ha appena rovinato le tue scarpe preferite, diversamente trovi la cosa adorabile. ”Fammi capire, giri sempre con un pennarello in tasca?”
”Non sia mai che qualcuno chieda un autografo al chitarrista più famoso della storia.”
”Jimi Hendrix è qui?!” Ti fingi sorpresa e guardi in giro. Eddie scoppia a ridere e si porta una mano al petto come per estinguere la risata e tu fai lo stesso. ”Ah, parlavi di te.”
”Dovresti venirci a sentire, qualche volta.”
”L’ho fatto, in realtà. Tre martedì fa, al The Hideout.” Ricordi di averlo visto in azione con la sua chitarra elettrica rossa sul palco a suonare inediti misto metal e grunge. Eri capitata in quel locale per caso, ma quando ti sei accorta di quanto Eddie si stesse divertendo e che la musica era a tutti gli effetti orecchiabile, sei voluta rimanere. Per fortuna non ti aveva notata, l’ultima cosa che avresti desiderato è che ti vedesse ballare sulle canzoni dei Bara Acida, ti avrebbe presa in giro fino allo sfinimento.
Il ragazzo ha l’aria sorpresa. ”Ti avrei offerto da bere.” 
Alzi gli occhi al cielo, improvvisamente una sensazione strana alla gola. Ti senti piccola, non capisci perché ti senta in imbarazzo davanti a lui. ”Non fare il carino con me. Guarda che so fare.” Cambi argomento e appoggi la canna tra il medio e l’anulare, chiudi la mano in un pugno ed aspiri dal piccolo buco tra l’indice e il pollice. Inali una grossa quantità di fumo dal forte odore e lo trattieni. Espiri trasformando le labbra in una O e il fumo esce a forma di cerchi dalla tua bocca.
”Molto Metal, dolcezza. Ma guarda io, cosa so fare.” Eddie si alza, si sposta a capotavola e a te basta girarti per averlo davanti a te. Ora i tuoi piedi penzolano in mancanza di una panchina dove appoggiarli. Accetta lo spinello che gli hai appena allungato e fa un normalissimo tiro. Si avvicina pericolosamente a te e usa le ginocchia per divaricarti le gambe e comodarsi in mezzo ad esse. Rimani in silenzio e normalmente ti verrebbe da spingerlo via per la troppa vicinanza, ma scrutando nei suoi caldi occhi color cioccolato capisci che devi rimanere immobile, quella che ti sta trasmettendo è sicurezza e a te piace il controllo che ha su di te.
”Apri.” Ti incita fissandoti la bocca. Fa un altro tiro e questa volta non lo inala, lo tiene nelle guance e lo smuove un po’ per farlo addensare.
Appena obbedisci, Munson posiziona una mano dietro al tuo collo, tenendoti ferma per la nuca. L’altra è appoggiata al tavolo e lo senti perché i suoi grossi anelli hanno fatto rumore a contatto con le tavole di legno. Il suo viso è vicinissimo al tuo e le vostre labbra si stanno sfiorando, se non fosse per qualche centimetro vi stareste baciando. Eddie espelle il fumo, tu afferri immediatamente il concetto ed inali quello che sta buttando fuori. Il fumo entra nei tuoi polmoni e lo espiri dirigendolo di lato.
Vi state perdendo l’uno negli occhi dell’altro. Il color cioccolato dei suoi occhi è completamente sparito e sostituito con il nero delle pupille dilatate. La luna illumina solo parzialmente i vostri volti, le curve sono ben delineate e siete capaci di ammirare le vostre espressioni.
La mano di Eddie è ancora ben ancorata al tuo collo e sussulti quando senti una leggera pressione che vi permette di unire finalmente le vostre labbra in un bacio pieno di desiderio. Volevi fare lo stesso, ma ti ha preceduto. Le tue braccia sono finite sulle sue spalle, ti stringe leggermente i fianchi e ti avvicina al bordo del tavolo, i vostri corpi congiunti. Le tue gambe abbracciano le sue. Un intreccio di lingue e saliva, passione. Sembrate fatti l’uno per l’altra. Le sue mani vagano lungo la tua schiena, la pancia, le cosce, tra i capelli, dove le dita si adagiano tra le ciocche e si permettono di tirare con una forza moderata che ti fa gemere e allontanare dal bacio. La tua testa cade all’indietro e chiudi gli occhi per bearti completamente dei baci caldi e umidi che Eddie si sta impegnando a dare sul collo e sulle clavicole.
”Eddie…” mormori. Spalanchi le palpebre quando ti rendi conto di cosa sta succedendo. Non vuoi fermarti. ”Forse non dovremmo…” Sei in balia delle sue carezze, completamente incantata dal suo tocco e dai morsi sul tuo viso e sulle spalle.
Eddie continua e non ascolta il tuo suggerimento. ”Shh… Lascia che mi prenda cura di te.”
Un ansimo esce dal fondo della tua gola in risposta. Ora ti stai appoggiando al tavolo coi palmi. La tua schiena è inarcata per permettergli di abbassare la porte superiore del tuo abito ed esporre il tuo seno. Non indossi il reggiseno e la brezza mattutina fa irrigidire i tuoi capezzoli. Eddie è ammaliato alla vista, sorride prima di chinarsi verso il tuo corpo per raggiungerli e cominciare a leccarne uno. L’altro seno è stretto dalla sua morsa, massaggiato e per finire colpito da uno schiaffetto. La cosa ti fa gemere oscenamente ed Eddie non può evitare di ridacchiare sopra al tuo capezzolo.
La sua traccia di baci continua lungo il tuo addome, da sopra la stoffa del vestito. Ti sdrai completamente sul tavolo di legno, i piedi fissi sul bordo. Eddie Munson ti allarga ulteriormente le gambe dopo averti alzato l’abito per esporre il tuo minuscolo intimo di pizzo nero. Si prende qualche secondo per apprezzarlo.
”Ammetti che hai pensato a me mentre decidevi cosa indossare.” Schernisce mentre ti sfila lentamente le mutandine. Le fa scendere lungo le tue perfette gambe e una volta rimosse, se le infila nella tasca posteriore dei jeans. ”Queste non ti serviranno.”
Il tuo respiro è pesante. ”Eddie, cazzo.” 
”Cosa vuoi che faccia? Parlami, dolcezza.” Eddie avvicina la testa in mezzo al tuo inguine. Le braccia ti circondano le cosce, posizionandole dove vuole lui, manovrandoti come una bambola. Il viso è estremamente vicino al tuo sesso, il suo soffio lo investe. 
Vuoi di più. Lo desideri, ti sta sfiorando, gli occhi incatenati al tuo volto sofferente. Porti una mano sulla sua testa e gli afferri i capelli, sono sorprendentemente soffici. ”Toccami, ti prego.” Ti senti vulnerabile.
”Così ti voglio, piccola.” Conclusa la frase, la lingua di Eddie si intrufola tra le tue pieghe. Si fa strada e trova il tuo clitoride, lo tormenta, muovendo la lingua freneticamente e succhiando.
”Sì, continua. È così bello.” Riesci a mormorare tra un gemito e l’altro. Stai vedendo le stelle, letteralmente e non, in quanto il cielo notturno è il protagonista di tutto, vi circonda completamente. Eddie invece te le fa provare, le stelle. Adrenalina ed eccitamento crescono dentro di te. Il fatto che siete all’aperto e che qualcuno potrebbe arrivare in qualsiasi momento rende tutto più divertente.
Eddie ama ascoltarti mentre gli dici quanto ti fa sentire bene. Oltre a farlo eccitare, fai sì che il suo ego si gonfi esattamente come ciò che ha nei boxer. ”Sei deliziosa. Il tuo sapore…”
Ti morde l’interno coscia e ne approfitta per portare le dita alla tua intimità. Fa strisciare il medio e l’anulare sulla tua entrata per raccogliere tutto il bagnato che grazie a lui e la sua magica lingua hai generato. Quando le sue dita sono bagnate abbastanza, le inserisce completamente, fino all’ultima nocca. Rimani senza fiato. ”Dio, hai la fica più bella che abbia mai visto.”
Sorreggendoti coi gomiti, i vostri occhi si riconciliano. ”Di più, Eddie. Ti prego.”
Eddie non se lo fa ripetere e le sue dita iniziano a muoversi dentro di te, colpendo il punto giusto. Non escono, si contorcono all’interno, su e giù. Il ritmo è veloce e quando con il pollice coinvolge anche il tuo pulsante clitoride, la tua testa cade nuovamente all’indietro. ”No, dolcezza, guardami.”
Non puoi fare altro che obbedire, anche se ti risulta difficile perché i tuoi occhi non ne vogliono sapere di non roteare all’indietro per il piacere che ti sta procurando.
”Lasciati andare, lasciati andare per me.” Ti incoraggia mentre tu sei sempre più sull’orlo di scoppiare. Eddie aumenta la presa sulla tua coscia e si china verso di te per continuare ciò che aveva interrotto col seno, inondandolo di baci e morsetti. Sei sicura che stia lasciando il segno del suo passaggio.
I tuoi acuti gemiti, che prima cercavi di smorzare non volendo rischiare di essere sentiti da qualcuno, hanno preso possesso del tuo corpo e scappano via dalla gola nel modo più pornografico possibile. I fianchi si muovono involontariamente in armonia con le sue dita mentre raggiungi il tuo apice. L’orgasmo si impone e ti fa tremare.
Eddie rallenta i movimenti fino a fermarsi. Ti sollevi per baciarlo. Il tuo sapore è impresso sulla sua lingua e al solo pensiero hai un piccolo spasmo. Le tue mani sono leste e si aggrappano alla sua cintura, la slacciano e con una veloce mossa gli hai abbassato la zip dei pantaloni. Eddie ti aiuta a calarli fino alle ginocchia e con loro anche i boxer. La sua prorompente erezione si presenta nella sua gloriosa forma e tu non resisti, ti scosti dal bacio per guardarla. La tua mandibola cade in un’espressione di puro stupore. Due luccicanti piccole palline argentate pendono dal suo frenulo. Non ti era mai capitato prima, nascondi un sorriso con la mano.
”Cosa? Ah, il piercing?” Eddie domanda riferendosi alla tua espressione. ”Non ti piace?”
Il tuo sorriso da divertito e sorpreso muta in malizioso. ”Lo adoro. Fammelo sentire. Fammi tua.” Mormori avvicinandoti al suo orecchio. Non resisti un secondo di più. Mordicchi il lobo e succhi leggermente uno specifico punto del suo collo. Senza preavviso gli afferri l’erezione e cominci a pompare lentamente. Il pollice passa intorno alla punta per raccogliere tutto il liquido pre seminale gocciolante. Un profondo gemito esce dalla peccaminosa bocca di Eddie alla nuova sensazione. 
Una stretta attorno le guance ti costringe a guardarlo negli occhi e ad obbedire a qualsiasi cosa lui voglia. Eddie ti fa sdraiare di nuovo sul tavolo, poi ti afferra da sotto le ginocchia, porta le gambe indietro così che le tue cosce tocchino l’addome e la visuale si fa paradisiaca. Hai tutto quanto esposto soltanto per lui. Ti accarezza i glutei prima di stringerli e colorarli di rosso con l’impronta della sua mano, sussulti.
Eddie sputa sul tuo sesso, la saliva scende dalle sue labbra e cade dolcemente, lasciandosi una scia dietro. La guarda mentre scorre sulla tua rosea parte e prima che possa scivolare via, la ferma con la punta del suo pene. Entrambi ansimate appena la fa strisciare su di te. Avanti e indietro. Le tue pieghe lo abbracciano gentilmente e la dura, estranea ma piacevole sensazione del piercing sul tuo clitoride ti fa portare le mani a stringerti i seni. ”Voglio sentirti dentro di me.” Lo supplichi.
”Impaziente ragazzina. Non riesci ad aspettare, vero?” Continua con la straziante tortura che porta il tuo intero corpo a dimenarsi. Il tuo chiedere di più da parte sua fa eccitare Eddie in maniera spropositata. Mai nella vita vi sareste aspettati di trovarvi in questa situazione, tu impaziente di essere scopata e lui che ti stuzzica per provocarti.
”Ti prego, Eddie…” Le tue anche cercano più contatto creando movimenti circolari sul suo sesso, che aggiunti ai suoi, formano più frizione e quindi maggiore piacere per entrambi.
Un altro sputo incontra il tuo già bagnato sesso e lentamente Eddie fa entrare la punta. Boccheggi quando, lentamente, inserisce la lunghezza fino a metà. Strizzi gli occhi, credi di non potercela fare. Ti senti già riempita e non hai preso nemmeno l’intero membro.
”È tutto okay, faccio piano.” Ti rassicura, posando una mano sulla tua gota arrossata e continuando ad entrare dentro di te. Quando le tue calde pareti lo avvolgono completamente, rimane fermo per qualche secondo, aiutando ad abituarti alla nuova presenza.
”Puoi farmi di tutto, tranne andarci piano.” Lo provochi appena ti senti a tuo agio.
Eddie lo prende come via libera per spingersi dentro di te. I suoi fianchi sbattono contro i tuoi, portando il tuo corpo a muoversi sul tavolo. Il legno sottostante ti graffia la pelle esposta del culo ma non ci fai caso, è un problema che verrà dopo. Ora sei completamente assorbita dalla goduria. ”Sì? È questo che vuoi?”
I tuoi capezzoli sono tormentati dalle tue dita ”Sì, sì, sì.” Le parole escono come ansimi a denti stretti, a ritmo con ogni spinta.
La sua mano destra finisce sul tuo collo e stringe leggermente ai lati. Tu afferri il suo avambraccio tatuato con entrambe le mani e lo guardi negli occhi. Le tue pupille sono dilatate, come le sue, ricolme di lussuria e desiderio. Le unghie affondano nella sua carne. Ti afferra una caviglia, portando la gamba sulla sua spalla. La favorevole posizione permette a Eddie di affondare più in profondità e i tuoi gemiti, anche se soffocati, si fanno più pesanti. ”Ti piace? Ti piace quando colpisco questo punto?”
I suoni che scappano da te sono i più belli che Eddie abbia mai sentito, musica per le sue orecchie. Così acuti e pornografici, adornati dalle sopracciglia corrugate e da quella stupenda bocca scarlatta leggermente aperta. Le tette rimbalzano gloriosamente ad ogni suo movimento. Sei così bella e attraente, Eddie potrebbe venire soltanto guardandoti. Come se non bastasse, le tue pareti stringono il suo membro con dei piccoli spasmi e il tuo intero corpo inizia a tremare, come il tavolo e le panche sotto di voi. 
Eddie lo sa bene che sei ad un passo dal secondo orgasmo, infatti vuole fare di tutto per accontentarti. La sua mano abbandona il tuo collo per portarlo al clitoride, dove ci appoggia tre dita e le muove circolarmente sull’intera zona. Le spinte sono più forti e se possibile più profonde. Il tuo culo riceve uno schiaffo così forte da riecheggiare nel bosco. ”Cazzo, è così bello quando mi stringi in questo modo. Ci sei quasi, vero, dolcezza?” 
”Sto per venire, Eddie.” Ammetti e con le braccia ti alzi per averlo più vicino. La gamba, prima sollevata, ora è intorno alla sua vita. Lo tieni stretto per le spalle mentre lui ha una mano impegnata a stimolarti il clitoride e l’altra attorno alla tua schiena per tenervi uniti. I vostri nasi si toccano e i tuoi fianchi si dimenano incontrollabili contro di lui. I suoi capelli ricci solleticano le tue gote.
”Forza, vieni per me, vieni su di me.” Ha gli occhi fissi sui tuoi e non ti lascia andare. Il suo pube, coperto da qualche pelo nero e riccio, è zuppo di tutto il tuo eccitamento.
L’alba si vede in lontananza, il cielo si sta schiarendo lentamente.
Come da ordine, il tuo orgasmo si riversa su di lui, urli dal piacere ed Eddie non te lo impedisce, anche se è convinto che i tuoi versi siano arrivati fino a casa di Steve. Semplicemente ama sentirti miagolare grazie a lui. Questo gli basta per raggiungere anche il suo, di orgasmo. Dopo essersi accertato che il tuo respiro sia diventato un po’ meno affannoso, si scosta da te e con la punta forata dal piercing appoggiata sulla tua entrata, agguanta il suo cazzo ed inizia a pomparlo. Pensi che sia giusto ricambiare il favore quindi sostituisci la sua mano con la tua. Le vostre labbra sono di nuovo unite in quello che sembra il bacio più passionale della storia. State facendo scintille, nessuno ha più connessione di voi.
”Continua così.” Geme Eddie sulla tua bocca quando all’improvviso si rivolta sopra tuo sesso arrossato con un forte e sonoro gemito, il suo caldo sperma esce a fiotti e ricopre le tue pieghe e il tuo pube. Sospiri. Le vostre fronti l’una contro l’altra mentre i vostri fiati e i vostri battiti si regolarizzano.
Eddie si sposta per tirarsi su i pantaloni. Lo guardi con un sopracciglio alzato e lui sorride, ”Cosa?” Ti chiede.
”Vuoi lasciarmi così?” Gli rispondi con un’altra domanda, riferendoti al casino che ha combinato sulla tua intimità. Il metallaro ride e tira fuori la sua bandana coi teschi dalla tasca posteriore. Ti pulisce dal suo liquido seminale e lo ringrazi con un sorriso, sfatto per colpa della violenta scopata, ma carino. Con un saltello torni con i piedi per terra. Le gambe ti tremano e fatichi a rimanere su. Il tuo culo è pieno di piccoli taglietti provocati dal legno del tavolo e di rosse manate dovute agli schiaffi che ti ha tirato Eddie. Due succhiotti posati su entrambi i seni. Fai sfuggire un silenzioso gemito al pensiero di Eddie che poco fa ti stava fottendo con tutte le energie che possedeva. Ti rimetti a posto l’abito, ”Ridammi le mutandine.”
Eddie trova lo spinello mezzo consumato che avete abbandonato sulla panchina, lo riprende in bocca e lo accende. ”Non credo che lo farò.”
Alzi gli occhi al cielo e sbuffi. ”Neanche mentre mi scopi riesci a chiudere quella boccaccia.” Lo sfotti.
”Non mi sembra che ti sia dispiaciuto.” Squadra la tua intera figura, sei reduce di due potenti orgasmi grazie a lui, i capelli sono spettinati e il trucco è colato per via delle lacrime che ti sono scappate dal piacere.
Ti guardi attorno e fai finta di non averlo sentito. ”È mattina, mi accompagni a casa? O prima mi fai a pezzi nel bosco?”
Ricevi un adorabile bacio sulla punta del naso, le guance strette dalle sue mani piene di anelli argentati. Un morsetto, lì dove ci ha lasciato un bacio. ”Prima ti sacrifico a Satana, poi possiamo andare.”
”Satana preferirebbe una vergine. Perché non facciamo un salto al liceo e lo facciamo insieme?” Ricordi che la vostra vecchia scuola dista poco da lì, scherzate entrambi e, dopo averla fumata un po’, Eddie ti passa la canna.
”Ho lasciato il van da Steve, dobbiamo tornare indietro.”
”Oh no.” Usi le mani per nascondere l’imbarazzo sul tuo volto, ma Eddie le sposta. ”Cosa diremo? Siamo spariti.”
Eddie ha i tuoi polsi ben saldi, avvicina la tua mano che tiene lo spinello alla bocca e fa un tiro da esso, poi ti trascina sul sentiero che vi riporta a casa Harrington. ”Che ci siamo fatti la migliore scopata di sempre e che sei venuta come una puttanella grazie al dio del sesso Eddie Munson?”
Non riesci più ad essere arrabbiata con lui, non dopo aver scoperto cosa è capace di fare. Lascia andare i tuoi polsi e ne approfitti per tirargli uno schiaffetto sul braccio. Lo sorpassi e ti dirigi verso casa del vostro amico. Eddie assume una finta espressione sofferente e con due ampi passi ti raggiunge. Si vendica cacciando una forte pacca sul tuo culo. Gemi per la sorpresa e ti giri per guardarlo. Eddie scoppia a ridere e ti avvicina a sé per i fianchi, ricongiunge le vostre labbra insieme in un veloce bacio molto meno sfrenato. 
Chissà se anche il tragitto in van verso casa tua sarà interessante allo stesso modo.
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chetuttoarda · 9 months
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seguitemi nella tana del bianconiglio:
stasera ho rischiato e ho contattato una mia amica con cui c’è un rapporto “enemies to lovers”, usciamo per la prima volta da sole, tutto bene, andiamo in questo locale e fortunatamente c’è posto, solo che l’unico posto è esattamente affianco alla mia ex migliore amica seduta a tavolino con l’ex del mio ex storico che all’epoca mi ha affibbiato il soprannome di “rincoglionita” senza alcun motivo, bella per me. Dopo il secondo bicchiere di vino, non era più un problema but, loro vanno via, io tiro un sospiro di sollievo perché tanto, peggio di così non poteva andare. Povera illusa io, perché solo dieci minuti dopo, al tavolo esattamente di fronte a me si siede un altro mio ex con la sua ragazza. Lui che “nono non sono pronto per una relazione” però un mese dopo stava con lei.
Allora io dico e mi domando: sono stata due settimane fa a pregare a Fatima e ho acceso il cero, ho dormito a terra in un sacco a pelo per ricevere la benedizione del Papa, mi ha benedetto il vescovo e tutti i sacerdoti presenti, più di così che devo fa? Signore pietà, Cristo pietà.
Io mo non dico che voglio il paradiso, ma almeno mi merito un sconto al purgatorio perché altrimenti dai.
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arabela25 · 1 year
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@juuret @ragazza-paradiso @allthesepurplelights @cozcat @h-paparizou @escape-radio @balkanballad @anotherescsite @runerigous
After careful analysis of the records I am disappointed to announce no one had Sweden has a future Eurovision winner on their predictions list from two years ago 😔
(I mean Sweden is always a frontrunner of some sort so predicting them to win is not as fun)
No one had Finland on their list either
One of you has Luxembourg, which seemed unrealistic two years ago but now, who knows??
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eleonorasimoncini · 3 months
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Lui è chi ha cantato Cristo in croce e ha dato i dieci comandamenti al commento di Tito, uno dei ladroni appesi. Lui ha messo in musica un prigioniero che non voleva respirare la stessa aria dei secondini. Lui cantava con voce di pozzo l'amore dei giorni perduti a rincorrere il vento. Lui è chi ha tradotto Leonard Cohen, Georges Brassens, Bob Dylan in quell'impossibile, perfetta versione di "Avventura a Durango", capolavoro di trasferimento da una lingua a un altra. Lui è chi ha scritto che a morire di maggio ci vuole troppo coraggio, ha dato musica alla cattiva strada, ha squagliato la cioccolata dei dialetti, il genovese, il sardo, il napoletano dentro le ballate. Lui è chi è stato legato a un palo dell'Hotel Supramonte dove ha visto la neve sopra un corpo di donna amato, addolcito di fame e ha ascoltato i racconti dei banditi e ha conosciuto una loro cura che nessun detenuto di questo Paese ha provato. Lui è chi ha perdonato con gratitudine. Lui è chi ha visto al collo di Teresa una lametta vecchia di cent'anni, lui sa che il dolore di Franziska taglia più di un coltello di Spagna. E sa il bosco dove Sally arrivò con il tamburello e sa il bisturi che corregge il sesso di Princesa, e la ragazza che si versa un cucchiaio di mimosa nell'imbuto di un polsino slacciato. Lui è chi ha dato cantico ai drogati perché chiedessero: "e chi, chi sarà mai / il buttafuori del sole / chi lo spinge ogni giorno / sulla scena alla prime ore". Lui è chi ha suonato i pensieri dei suicidi, il nasone di Carlo Martello, le fregole di un vecchio professore e la più concreta offerta di un paradiso, in vendita a via del Campo. Lui è chi ha messo un giudice nelle mani esageratamente affettuose di un gorilla e ha lasciato che un pescatore stamasse un assassino, e tacesse ai carabinieri. Lui è chi cantò le lapidi di Spoon River dove Jones il suonatore mai rivolse pensiero al denaro, all'amore, al cielo. Lui è chi ha voluto bene ai cuccioli del maggio che poi avrebbero azzannato i garretti dei potenti e avrebbero stabilito il record di carcere di una generazione italiana. Invano avvertiva gli altri: "per quanto voi vi crediate assolti / siete lo stesso coinvolti". Invano, perché gli altri si sono sempre assolti, da soli e definitivamente. Coinvolti restano solo lui, i caduti e i prigionieri senza fine. Sì, è stato il più grande, non solo per iscritto e in canto, ma per carattere, per dirittura d'urto contro la macchina luccicante di successo e carriera. Lui solfeggiava con gli sconfitti, sbriciolava il loro pane ai passeri. Dopo di lui la specie dei selvatici si è estinta. C'è il gran bazar degli ammansiti. Non l'ho nominato, solo enumerato. Chi ha bisogno di guardare il suo nome, ha perso tempo a leggere fin qua. Erri De Luca
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donaruz · 1 year
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Per poter ballare per strada.
Per paura di baciarsi.
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
.Per l'imbarazzo, per la vergogna
.Per i bambini che perdono i loro sogni
.Per i cani innocenti e proibiti
.Per queste lacrime, per questo pianto interrotto, per questo paradiso forzato e per gli intellettuali in carcere
Per i bambini rifugiati in Afghan
.Per sentire il senso di pace, per il sorgere del sole dopo lunghe notte e per la ragazza che desiderava essere un ragazzo.
Per donna, vita e libertà.
Per la libertà.
"Mi chiamo Pegah Moshir Pour, italiana di origini iraniane, consulente e attivista dei diritti umani e digitali. In Iran non sarei potuta essere così vestita e truccata e non avrei potuto parlare di diritti umani da un palcoscenico. Sarei stata arrestata, o forse addirittura uccisa. Per questo, come molti ragazzi del mio paese, ho deciso che la paura non ci fa più paura"
Drusilla Foer torna a Sanremo con l’attivista italo iraniana Pegah Moshir Pour. Il loro è un inno alla libertà, quella delle donne, quella dei bambini. “Per la libertà”, si ripetono le due donne stringendosi la mano e guardandosi dritto negli occhi.
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Hey ciao ho scritto questa storia e volevo condividertela, spero ti possa piacere. Ogni tanto racconto la storia mia e di una ragazza e mi chiedono sempre “Come si chiamava?” e io rispondo “Si chiama Giulia” ponendo particolare attenzione sul tempo verbale, perché non è cessata di esistere nel tempo passato, ma esiste tutt’ora e anche se non vivrà per sempre, come tutti noi alla fine, lei esiste ed esisterà sempre nei miei ricordi.
Quei ricordi così belli quanto nostalgici.
Lei è la classica ragazza che parlava talmente poco che quasi non ti accorgevi della sua esistenza, ed io ammetto di non averla mai apprezzata fino a quando, un giorno, ci incontrammo entrambi per strada, scappando dai nostri problemi andando ad affrontarne di nuovi. Quel giorno andammo a scuola guida insieme, andammo in una paninoteca e scoprii come lei ha l’abitudine di fare le foto ad ogni cosa, dai tramonti ai panini.
Poi fu il suo compleanno, le scrissi una poesia, una dedica per esserci stata nei miei momenti cupi e un inno di incoraggiamento, perché lei potrà deludere tutti, ma mai me, non mi deluderà mai, sarò sempre in prima fila per lei, a farle il tifo e ad applaudirla per ogni singolo passo avanti che fa, perché sei lei va avanti è come se andassi avanti anche io.
Eppure non eravamo fidanzati, eravamo amici di classe, ma io mi sentivo veramente bene con lei e non volevo che lei si sentisse mai sola, perché era stata sola già per troppo tempo.
Sabato 15 Gennaio 2022, ore 7:40
Il giorno prima Giulia non si presenta a scuola guida per una semplice febbre, una cosa normalissima. Eppure dentro sentivo come se avessi il bisogno di starle accanto, starle vicino per far star bene me, prendermi finalmente cura di qualcuno. Quella mattina mi alzai dal letto con uno scopo, farla sorridere.
Scrissi su un foglio una lettera di cui non ricordo le parole ma so che furono le parole più dolci del mondo poiché uscite dal cuore, incontaminato da altri pensieri. Scesi a piedi con questa lettera, presi dei cornetti da una pasticceria, e arrivai sotto il palazzo di casa sua. Arrivò quello che io chiamo Virgilio ovvero il custode del suo palazzo perché così come Virgilio portò Dante fino ai cancelli del Paradiso, quel gentile custode, mi portò fuori la porta della casa di Giulia. Ricordo solo 1 frase di ciò che pensai fuori a quella porta “Cosa diavolo sto facendo?”. Sapete, in quel momento avevo un dualismo interno fra la parte che voleva scappare per la paura delle conseguenze e la parte che nonostante la paura voleva andare avanti, vinse la seconda. Mi aprì la madre, signora educata e gentile, d’altronde solo un angelo poteva concepire un angelo. La signora mi guardò incredula, non si sa aspettava sicuramente me, e dall’altra parte della casa, nella sua camera da letto, una voce diceva “Mamma chi è alla porta?” La madre la invitò ad alzarsi dal letto per farle vedere coi suoi occhi.
Ricordo ancora come i passi di Giulia davano ritmo ai battiti del mio cuore che in quel momento parve che stava per esplodere. Io guardo Giulia e Giulia guarda me.
Ricordo lo scopo della missione, strapparle un sorriso, e allora le dissi: Sapevo che stavi male, per questo ti ho portato la colazione.
Lei sfoggiò uno dei sorrisi più belli che io abbia mai visto, e io in quel piccolo pigiama, in quella ragazza, in Giulia, io ci ho visto l’intero universo, ci ho visto lo scopo della vita, ho visto e scoperto cosa sia l’amore.
Facemmo una colazione come le altre, ma fu la più bella colazione mai avuta perché la feci con lei, lei rendeva speciale ogni singola cosa.
Ogni singolo giorno, ogni singola ora, ogni singolo minuto, era speciale quando lo trascorrevo con lei.
Dopo la colazione ci salutammo in maniera diversa, ci abbracciammo. Lei non abbracciava mai nessuno, eppure abbracciò me, come se lei fosse al sicuro tra le mie braccia, anche se devo ammettere che in quell’abbraccio ero io a sentirmi protetto, mi sentivo finalmente in un posto da chiamare Casa. Col passare del tempo le diedi un soprannome “Giuly” e voi mi direte “perché questo soprannome?”. La risposta è semplice: Essendo io nato ad Agosto il mese prima del mio compleanno è Luglio, e in inglese Luglio si scrive July, per questo esatto motivo la chiamavo Giuly, perché così come Luglio viene prima di Agosto, lei veniva prima di ogni singola cosa, prima addirittura di me stesso. Lunedì 14 Marzo 2023 11:50 In me cresce giorno dopo giorno il desiderio di dirle ciò che provo, che sono pronto per essere di più di semplici amici, che sei lei fosse ciò che si trova nel resto della mia vita, allora desidererei che il resto della mia vita iniziasse il più presto possibile. Alla fine di educazione fisica, nella palestra della scuola, la guardo negli occhi, in quegli occhi marroni nel quale io ci vedevo il cielo, e riesco finalmente a togliermi questo peso dalle spalle.
Io dico a Giulia: Ti amo
Giulia dice a me: Ti amo anche io
E vissero per sempre felici e contenti
Ma questa non è una favola, lei non disse mai quelle parole. Mi disse che non provava le stesse cose e che dovevamo rimanere solo amici. Appena sentii quelle parole non mi cadde nemmeno una singola lacrima. Aspettai che lei abbandonasse la palestra, aspettai che lei si distanziasse il più possibile per non farmi sentire. Caddi in ginocchio con le lacrime che cadevano dal mio viso come gocce di pioggia durante il temporale. Colpii così tante volte e così forte il pavimento che le nocche mi iniziarono a sanguinare, e ogni singolo colpo era accompagnato da una domanda urlata “Perché?”.
Questa scena andò avanti fino al suono della campanella, solo allora mi alzai e andai di nuovo in classe. Entrai con il volto coperto da uno scaldacollo, si intravedevano solo gli occhi, quegli occhi che continuavano a cercare Giulia, ma ogni volta che la trovavano la vista si offuscava, venivano trasmessi tutti quei momenti, tutte le risate, tutte le volte che siamo stati insieme, tutti quei momenti in cui sono stato veramente bene.
Giorno dopo giorno parliamo sempre di meno, fino ad allontanarci definitivamente. Io non riuscivo a stare senza Giulia, lei invece pensava che allontanandosi mi avrebbe fatto star meglio, voleva che la dimenticassi. Voleva che dimenticassi come si scrivono le poesie d’amore, voleva che non l’amassi più.
È passato un anno dall’ultima volta che ci siamo parlati, e io custodisco ancora quei ricordi così belli quanto nostalgici, perché quei ricordi, quei minuscoli lassi di tempo, sono la mia ispirazione per le poesie d’amore, perché in quei ricordi ci sta ancora una parte di me che la ama ancora, ci sta una parte che spera che Giulia ci abbia amato almeno un po’.
❤️
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Tumblr media
la mia ragazza paradiso
solo che non e’ mia
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Lunedì,11 dicembre
Ore 12:09
Mentre nella playlist scorrevano le canzoni di:Francesca Michielin,Rkomi,GionnyScandal,Liberato,Luna,Tropico, Tommaso Paradiso e tutti gli altri brani che mi accompagnavano da te nella mia testa c'erano tanti pensieri e come sempre in questo periodo si ingarbuglia tutto nella mia testa mi faccio prendere sempre dalla paura,dall'ansia,dal fallimento di un altro anno che mi sembra vuoto e senza risultati.
Vedere intorno a me l'atmosfera di Natale senza di te è sempre un dolore indefinito anche se sono passati anni e cerco sempre di far risplendere questo periodo con una luce diversa anche se dentro vorrei solo passare direttamente al periodo successivo.
Distrattamente ho guardato le decorazioni esposte di questo negozio e mi è saltata all'occhio quella farfalla rosa come se in quel momento mi volessi dire che non devo essere triste e godermi questo periodo di luci e decorazioni,come se volessi dirmi vedi sono felice dove sono.L'ho comprata stupidamente perché volevo regalarti il mio sorriso distratto quando ho visto quella farfalla rosa.
-la ragazza dal cuore nero♡
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gcorvetti · 8 months
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Che quando cade di Venerdì per alcuni sono dolori per altri gioie, è legato come sempre a quelle superstizioni e credenze religiose, dal numero di persone sedute a tavola che richiama l'ultima cena (12 apostoli + il poraccio condannato a morte = 13), fino a pensare che il giorno della cacciata di Adamo ed Eva fu di Venerdì, pensa te, ci inventiamo anche un calendario in un libro di fantasia, e ci crediamo pure, come se il tempo, le date, i numeri siano una cosa che esiste veramente, si quando li scrivi su un foglio o forse quando sogni le pecore, ma quelli sono numeri reali, chi lo dice che adesso sono le 08:50 del mattino? Potrebbero essere le 29:135 del giorno XY, lo dice la convenzione. Un giorno non è mai di 24 ore, come un mese non è mai di 30 o 31, 28 o 29, siamo noi che ci siamo inventati tutte ste cose, l'inverno inizia quando inizia quest'anno arriverà forse prima o forse dopo, nevicherà di più o di meno? La prossima estate sarà terribilmente calda o ventilata e quando inizierà? Tutte convenzioni che ci siamo inventati, siccome siamo dei boccaloni per natura crediamo a qualsiasi cazzata ci viene propinata, senza parlare dei superstiziosi e di quelli che credono che esiste il paradiso, l'inferno e il purgatorio, il dio che con la sua barba lunga e bianca ti giudica e san pietro ti aspetta davanti al portone con un mazzo di chiavi in mano. I tempi cambiano e dai racconti fantasy che dovrebbero insegnarci dei valori oramai scomparsi attraverso delle metafore si è passati a credere in quelle metafore, se vi dicessi che nel XVI secolo c'era un suonatore di liuto con sei dita per mano che suonava così bene, fate conto 10 volte più bravo di Steve Vai, che tutti volevano averlo a corte? Ci credereste? Beh di sicuro qualcuno si, se vi racconto la storia e ve la farcisco bene anche voi. E' il paradosso delle mille e una notte, dei racconti degli sciamani attorno al fuoco dove si restava incantati come da un serpente perché era il vecchio saggio a raccontare e figuriamoci se non è vero quello che dice un uomo che ha vissuto 40 anni. Adesso si crede sempre più a quello che dicono tv e giornali senza dubitare, chi scrive è seduto ad una scrivania e legge su siti specializzati le notizie che poi riporta a modo suo su un altro sito, come il gioco del passaparola, vi ricordate, quando la ragazza carina accanto a te ti bisbigliava nell'orecchio una parola o una frase ma tu eri così preso dalla tua erezione che non capivi che cazzo diceva? Esatto, lo stesso.
Poi negli anni passati tutto quello che dicevano in tv era legge, l'hanno detto alla tv quindi è vero, adesso ci sono i social e se è scritto sui social è vero, siamo sempre quegli idioti che credono che le favole siano vere e non racconti di fantasia, non ci siamo evoluti da millenni siamo ancora gli animali che cercano di entrare da dove sono usciti (soprattutto noi uomini), è inutile avere tutte queste tecnologie se poi ci diciamo bugie tra di noi, se non siamo sinceri spesso neanche con noi stessi perché è più semplice ingannare qualcuno che fargli capire che è stato ingannato, così facendo ci tiriamo menzogne e credenze da secoli, fermi del fatto che siano vere e quando trovi qualcuno che dice la verità non ci credi.
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parlando-di-te · 1 year
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Mi hai fatto amare tutti i miei difetti
Ermal Meta, Ragazza Paradiso
#ermalmeta #ragazzaparadiso #frasi #aforismi #citazioni
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ifyoureallyknowme · 9 months
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Fu in quel momento che capii quanto l'amassi.
In quel momento ne ebbi la certezza, avrei potuto dirlo per la prima volta sentendolo veramente, ma era troppo tardi.
La consapevolezza che nonostante tutto il dolore che mi aveva provocato io avrei voluto sempre e solo lei al mio fianco, perché nessun altra poteva rendere la mia vita così speciale, mi colpì come un fulmine.
Mi ritrovai a dire al vento, l'unico ad ascoltarmi in quel momento, che i litigi servivano a rafforzarli i rapporti, non a romperli, mentre le prime lacrime scendevano lungo le mie guance, le prime di tante.
Non ero pronto a quanto da quel giorno nulla sarebbe stato più come prima, a quanto altro dolore sarebbe seguito.
Un giorno, in una sola ora, tutto si era rotto e io l'avevo persa per sempre, quella che avevo davanti non era più la ragazza che avevo conosciuto ed imparato ad amare.
In quei mesi l'avevo vista togliermi qualsiasi forma forma di affetto anche nelle parole, oltre che nelle azioni: passò dal non dirmi più dichiarazioni d'amore, al non dirmi più parole dolci, al non darmi neanche più il buongiorno e la buonanotte, al rispondermi a malapena.
Per molto tempo continuai a ripetermi che l'essermi aperto quel giorno confessando le mie paure fu uno sbaglio, perché credevo che fosse stato quello a rompere la magia.
Ma in realtà le cose da tempo non andavano: da tempo non mi sentivo più felice, capito, voluto, rassicurato e amato in quel rapporto, in quel piccolo angolo di paradiso della mia vita che stavo cercando da solo di tenere disperatamente e inutilmente in piedi al meglio delle mie capacità, mentre in realtà cadeva inesorabilmente a pezzi.
La fine era stata già decretata da qualche mese senza che io lo sapessi e, qualsiasi cosa provassi, finiva soltanto per essere un altro elemento di attrito senza che potessi sapere il perché, ormai era troppo tardi, era finita.
Piansi una quantità di lacrime che non sapevo neanche di avere, che non pensavo sarebbe stato possibile per l'emotività fredda che mi contraddistingueva.
Faticavo a dormire e non avevo fame perché lei mi mancava, mi mancava tremendamente e nel mentre cercavo di convincermi che in realtà non era finita e che c'era ancora una possibilità, che era solo un periodo, ma in realtà non era così, era veramente finita.
La persona che avevo amato era morta, sostituita da un'altra persona fredda, egoista, insensibile e distante; distante quanto non l'avessi mai sentita neanche quelle volte che la vedevo con la testa da un'altra parte piena di pensieri; ormai era ad una tale distanza che era impossibile per me raggiungerla, sentivo chiaramente anche che io per lei non ero più nulla.
Le mentii sul restare amici, sapevo chiaramente fin dall'inizio che non sarei mai stato in grado di trattarla unicamente da amica, si era fatta troppa strada nel mio cuore, aveva creato per prima un'intimità mai provata, l'avevo amata troppo per riuscire a non sentire nulla vedendola tra le braccia di qualcun altro.
Ma in quel momento non ero in grado di lasciarla andare, era troppo presto, era diventata una parte troppo integrata nella mia vita, che senza di lei mi sembrava vuota, spenta.
La vidi essere capace di ferirmi, accusarmi e trattarmi come uno qualsiasi e comportarsi come se quel tempo insieme e quell'affetto non fosse mai esistito.
La mia più grande debolezza fu quella di non essere in grado di ferire a mia volta, come autodifesa, la persona che avevo amato, ma cercavo invece un dialogo che lei già da tempo aveva decretato che tra di noi non ci sarebbe più stato.
Ora invece le importava soltanto di non sentire sensi di colpa per quello che aveva fatto, dipingendosi come vittima e affermando che tutto quello che aveva fatto era più che legittimo.
Le chiesi scusa per tante cose, lei per praticamente nulla.
La volevo vedere felice, a lei importava soltanto di essere felice.
Le augurai il meglio per il futuro, la vidi rifiutare anche questo ultimo gesto d'affetto.
Lei trovò immediatamente qualcuno che non vedeva l'ora di stringerla a sé, qualcuno che scoprii la stava aspettando già da un po' di tempo.
La vidi prendere le cose soltanto nostre della nostra relazione e farle con chiunque.
La vidi mentirmi anche su quello che succedeva nella sua vita visto che sapeva che io non facevo più parte della sua quotidianità.
Le vidi fare e dire con lui quello che mi aveva sempre raccontato che non sopportava.
Passarono mesi, ma lei non fece altro che diventare sempre più il fantasma di se stessa, chiusa in un bozzolo di egoismo e distaccamento.
Io non capivo in quale angolo della sua mente si fosse persa invece quella bellissima persona che avevo conosciuto all'inizio, che questa volta sembrava sotterrata definitivamente nel profondo della sua mente tra mille pensieri.
Mi dovetti convincere che non l'avrei mai più rivista quella persona, intrappolata per sempre oltre le barriere che aveva eretto.
Dovetti accettare che quel viso e quel corpo così familiari in realtà adesso appartenevano ad una persona totalmente diversa e che l'immagine che rimaneva nella mia testa era soltanto un'illusione che non combaciava più con la persona sconosciuta che avevo di fronte, ma che tanto assomigliava a quello che era stato il mio amore.
Arrivai ad avere paura di sentire il suono delle sue notifiche personalizzate, perché avrei di nuovo avuto a che fare con questa persona fredda e insensibile con cui ostentavo a voler avere almeno un rapporto verbale come avevo promesso e mi feriva costantemente osservare cosa era diventata e come mi trattava.
Passai dal toglierle le notifiche personalizzate, ad avere il telefono sempre in silenzioso per evitare di sentire l'arrivo di eventuali suoi nuovi messaggi, fino a silenziare soltanto i suoi messaggi, fino ad aver paura a vedere tra le notifiche se ci fosse il suo nome.
Ad un certo punto qualcosa si ruppe dentro me; fu quando un mio amico (che conosceva anche lei) ebbe una crisi molto seria e tutti noi eravamo seriamente preoccupati per la sua incolumità che io le comunicai le mie preoccupazioni e tutto quello che fu in grado di dire fu "mamma mia che esagerato il tuo amico".
Qualcosa in me cambiò da quel messaggio, fu lì che mi resi conto definitivamente che davanti a me avevo un'altra persona, una che non avrei considerato amica neanche se l'avessi conosciuta da zero in quel momento.
Poco dopo ci fu il punto di non ritorno: io le scrissi, lei mi rispose, io non continuai a cercarla e lei non mi cercò più e finì così nel nulla, in un mare di cose non dette.
Non potei far altro che farle questo ultimo regalo, lasciarla andare per sempre come evidentemente tanto desiderava con i fatti, anche se con le parole continuava a sostenere diversamente.
Le lasciai vincere la scommessa che me ne sarei andato prima o poi, come tutti gli altri.
Il mio bagaglio era certamente più pesante a questo punto, nuove ansie e paure mi avrebbero accompagnato verso la prossima relazione: paura all'abbandono, paura di non essere accettati, paura di non essere compresi, paura di non essere voluti, paura di non essere amabili.
Le stesse paure che avevo cercato di aiutarla a superare durante la nostra relazione ora erano mie; si lasciò dietro questa traccia, un amaro lascito per ricordarmi costantemente il suo passaggio nella mia vita.
Dopo di lei non ci fu più nessuna, non trovai più quella connessione, quell'intesa che avevo trovato con lei, così perfetta inizialmente, poiché oltre ad amarla nel corso del tempo era diventata anche un'amica molto importante.
Ad oggi resta il ricordo di una persona che per un piccolo periodo è stata in grado di farmi stare veramente bene, anche se era tutto falso; una relazione che sarebbe potuta essere fantastica se soltanto lei avesse creduto veramente in noi e se quella persona di cui mi ero innamorato fosse ancora qui oggi.
Una relazione dal potenziale smisurato, ma che è stata volontariamente affondata passo dopo passo, mentre c'era invece un folle nella stiva che cercava di riparare le falle nello scafo e non far affondare la nave.
-ifyoureallyknowme scritta da me
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klimt7 · 2 years
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LA MAPPA DEL CORPO
( prima parte )
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Si allontanò dal letto e fece due passi verso il comodino per prendere anelli e braccialetti.
Le dissi di chiudere la porta dietro di sè, arrendendomi all'intorpidimento che gradualmente si impadroniva del mio corpo semiaddormentato.
Mi sentivo scisso in due persone: una era ancora stupita per ciò che questa ragazza aveva fatto con il massaggio e desiderava solo annullarsi in quel paradiso sensuale, mentre l'altra, razionale e pragmatica sapeva solo che era un massaggio speciale, nè più nè meno.
Rivissi la sensazione di come toccava il mio corpo e sussurrai dentro di me che non si trattava di un massaggio innocente.
E neanche di semplici sensazioni che si trasmettevano attraverso le mani. Assolutamente no. Anzi al contrario, lei aveva decifrato il mio corpo e lo conosceva come io non lo avevo mai conosciuto prima.
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"Il mio corpo era un villaggio damasceno" come recita una poesia e una città mondiale, come lo conosco ora.
Il mio corpo sotto le sue mani pulsava di una vita, fino ad ora ignorata ed era una città piena di sensazioni, non morta come questa in cui viviamo.
Dormivo supino quando la sentii salire sul letto e poi montarmi come se stesse cavalcando un cavallo.
Si sedette sua schiena, mi strinse le cosce attorno alla vita e cominciò piano ad accarezzarmi ritualmente le spalle, il collo e poi la schiena. Aveva mani esperte e allenate, quasi veggenti che somigliavano a quelle degli antichi indovini.
Mi toccava il corpo con i polpastrelli fino ai muscoli stanchi e irrigiditi e poi con mani esperte, li palpava, li tirava, li modellava, li strattonava e se percepiva una contrazione lavorava per interi minuti col suo gomito per scioglierla e non si stancava. Non mollava la presa fino a quando non vi ripulsava la vita.
Grazie alle sue mani, scoprii muscoli nascosti che non sapevo di avere, piccoli muscoli tra la spalla e la schiena e tra la vita e il sedere.
Lei mi afferrò il braccio destro e lo portò dietro alla schiena, mi aprì il palmo della mano e me lo spinse su una delle natiche, poi con la sua tenera mano, stretta alla mia - palmo a palmo - si mise a esplorare i muscoli delle mie braccia rivolte verso l'alto.
Un'intesa affettuosa attraversava le nostre dieci dita ripiegate, con onde di tenerezza e passione che fluttuavano tra le nostre mani intrecciate delicatamente, mentre con l'altra mano mi massaggiava piano i muscoli della spalla.
Con quel movimento mi trasmetteva un segnale che non avevo mai conosciuto prima, mi apriva una nuova porta dei sensi e illuminava sentieri mai esplorati.
Il mio corpo ora era pieno di vita, vibrante, carico di luce dopo una vita nell'oscurità.
La mano di quell'esile ragazza era il visitatore misterioso della città, l'angelo che nessuno vedeva, ma che con la sua presenza inondava gli spiriti di serenità e tranquillità.
Con una dolce pressione, ferma e misurata, mi massaggiava e mi premeva sulla schiena rivelando una delicata forza.
Non si trattava solo di un massaggio cieco e neutro, quello che mi faceva alle natiche ma in quelle mani c'era un fascino segreto nascosto, che mi si diffondeva per tutto il corpo.
Mi venne la curiosità di guardarla in volto, tanto più che se ne stava in completo silenzio.
Cercai di captare il suo respiro ma non sentii nulla, non ansimava e forse nemmeno respirava.
Pensai a quello che potevo domandarle.
Mi venne in mente di chiederle quando aveva cominciato a fare i massaggi. Mi voltai verso di lei. Avevo appena iniziato la frase quando mi guardò con occhi simili a quelli di una fata di antiche leggende che in un lampo annullavano con la loro esistenza magica, la realtà, e sorridevano prima di scomparire, malgrado l'ambiguità.
Hai letto il mio destino attraverso la mappa del mio corpo? Mi preparai di nuovo, ma persi la memoria nel giardino dei sensi.
Scoprii anche che non avrei potuto rispondere a domande sul mistero delle mani di quella ragazza, se non avessimo ripetuto quell'esperienza.
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Nel mio torpore vidi la zingara che avevo conosciuto un giorno lontano, in un paese che ormai avevo completamente dimenticato, ma di lei ricordo che era slanciata con belle ed esili mani dalle vene evidenti, con lunghi capelli e gambe snelle, che si scoprirono un poco quando si sedette a terra per leggermi la mano.
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Nel sogno, mi si avvicinò, mentre stavo aspettando un taxi per raggiungere un posto che non ricordo e mi disse: " Vuoi che ti legga la mano?" Mi girai verso di lei con un sorriso sarcastico.
I miei occhi incontrarono i suoi d'acciaio, con dentro una lucentezza brillante.
Mi sentii come ipnotizzato da una forza soprannaturale: due potenti occhi neri che stregavano chiunque li guardasse.
Le diedi la mano e lei l'afferrò senza badare ai passanti pieni di curiosità, la osservò attentamente e a lungo, poi disse che le linee della mano erano incomplete.
La guardai a bocca aperta per esprimerle tutta la mia incomprensione.
Fece segno ad un taxi di fermarsi, mi indicò la macchina, io entrai senza esitazione e subito mi si sedette accanto.
Disse all'autista qualcosa in una lingua che non riconobbi, e l'uomo con una lunga barba bianca annuì un paio di volte e ci condusse verso l'ignoto.
Mi voltai verso di lei e rimasi sbalordito: era una ragazza intorno ai venticinque anni.
Ora quando ricordo quel sogno, mi rendo conto che la giovane massaggiatrice non assomigliava molto alla chiromante zingara, ma mi comportai come fosse la stessa persona.
Sempre in quel sogno, le sue cosce splendevano di un bianco intenso, sotto la gonna di jeans rialzata, corta e stretta.
Credo indossasse la gonna sotto una leggera abaya nera. All'improvviso la sua pelle divenne color del grano come se quel candore fosse apparente, e mentre pensavo che il fenomeno fosse tale per via dell'oscurità la pelle si colorò di un bel colore rosato e prima che mi rendessi conto di quel cambiamento improvviso, la sua pelle assunse di nuovo un colore abbronzato che la facevano somigliare ad una affascinante giovane zingara.
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La fissai a lungo, aprì leggermente le palpebre. Una volta cessata la potenza del suo sguardo diretto, potei contemplare la bellezza di quei grandi occhi, mentre i capelli neri, morbidi e pesanti come quelli delle "Jinn" delle favole, le scendevano lungo la schiena, avvolgendole la vita.
Guardai fuori dal vetro appannato, su cui scorrevano gocce di pioggia lucenti. Sembrava uno schermo su cui vedevo le scene di un film girate in tempi e luoghi diversi.
Passammo attraverso città moderne, grattacieli e torri, da cui ci allontanammo rapidamente verso un'ampia strada che correva parallela a una vasta valle verde. Ma non riuscii a distinguere alcun dettaglio a causa della fitta nebbia che ci circindava da ogni parte.
La guardai furtivamente e mi accorsi stupito che la sua testa era calva: non capivo dove fossero i suoi capelli e quando li avesse persi.
La cosa sorprendente era come la testa calva apparisse minuta. I nostri occhi s'incontrarono e notai che mi stava fissando con una crescente e strana tenerezza. Avrei voluto abbracciarla e sentire la sensazione di toccarle la testa, ma non lo feci.
Distolsi lo sguardo da lei e fui assorbito dall'onda dei sogni che per un momento fu in grado di cambiare di nuovo il colore della sua pelle che tornò roseo mentre i capelli mi parevano arrivarle ai piedi.
Ora sembrava una vecchia profetessa dei tempi antichi, che salvava le anime di coloro che ancora non avevano commesso peccati.
Fui completamente rapito ed emisi involontariamente un rantolo, simile a quello di una persona che sta per annegare ma che poi riesce ad uscire dall'acqua.
Mi lanciò uno sguardo che conoscevo bene. Era davvero lo sguardo di una Jinn che sapevo di non dover mai guardare negli occhi.
Mi avevano avvertito, ma dentro di me mi ripetevo che, anche fossi stato attento, non sarei sfuggito al destino.
Non ricordo come passammo dalla macchina a quel luogo spazioso. Un prato verde come quelli che delle fiabe si trovano davanti alle foreste. Stava correndo e io la rincorrevo tuttavia cona sensazione di star scappando da lei.
La mia immaginazione galoppava e capii che non sarei riuscito a raggiungerla.
È così che la mia mente riusciva a ragionare, mentre correvo più veloce del vento e lei, continuando a tenere la stessa velocità, si trasformava in una bambina.
Poi la vidi sollevarsi pochi centimetri da terra e volare, mentre il mio terrore aumentava di pari passo con la mia fantasia che superava ogni realtà; forse era un caso di deja vu, sicuramente avrebbe ritoccato terra e poi si sarebbe rialzata all'improvviso, rivolgendomi un sorriso infantile prima della sua repentina e drammatica trasformazione in un lupo che mi aspettava al varco con un ghigno vorace ed astuto.
E così vidi la scena, prima che accadesse, dentro la mia mente: io non riuscivo a smettere di inseguire la ragazza anche se ero sicuro che si sarebbe fermata all'improvviso, rivolgendosi verso di me nel momento in cui si stava trasformando in lupo.
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Di quale incantesimo ero vittima?
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Potevo sentire le sue parole acute che mi parlavano del mio destino, del mio passato e del mio futuro.
Nel sogno sentivo tutta la purezza del mio animo come se fosse pieno di un'energia di luce incandescente e vedessi davanti a me dettagliatamente tutto il mio futuro di felicità e di miseria. Nel dormiveglia mi resi conto che stavo sognando, ma una forza occulta mi stava spingendo a rimanere in uno stato di incoscienza.
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( Continua )
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