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#restauro tende
lacameliacollezioni · 4 months
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RESTAURO & RECUPERO CONSERVATIVO - su tendone al filet / tombolo
Restauro su tendone d’epoca con inserti /seampler al filet e tombolo Nome(required) Email(required) Messaggio Contattaci Δ
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gabrielesalvaterra · 1 year
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Renato Calaj BAUSTELLE/MERAVIGLIOSO CANTIERE Brescia, MO.CA Centro per le nuove culture curated by Gabriele Salvaterra May 19th - June 17th 2023 with exhibition catalogue
La mostra Baustelle / Meraviglioso cantiere porta un diffuso intervento site specific di Renato Calaj all’interno dei diversi e affascinanti ambienti del MO.CA di Brescia, per l’edizione 2023 di Meccaniche della Meraviglia. Il lavoro di Calaj trae spunto dalle suggestioni offerte da contesti grigi, marginali e di servizio, spazi dai quali solitamente non ci si aspetta nulla di speciale come periferie, snodi di collegamento stradale, incroci, abitazioni di fortuna, strutture temporanee, costruzioni in cemento e muri scalcinati. La personale riflessione dell’autore sui concetti di nonluogo e fatiscenza mira a rendere tali siti interstiziali l’argomento stesso della propria pratica, mettendo al centro ciò che usualmente si tende a tenere celato o a osservare con disattenzione. Tra cantiere e rovina, l’originale street art minimale e primitiva di Calaj riconverte il luogo di esposizione alternando alla propria produzione grafico/pittorica interventi installativi appositamente pensati per le sale dello storico palazzo. Questi accompagnano il visitatore tra “lavori in corso” che non si comprende bene a che obiettivo mirino. Si sta operando al restauro delle raffinate decorazioni del palazzo o siamo solo gli spettatori del definitivo smantellamento di questi reperti del passato? O, ancora, si tratta di un’azione di vandalismo perpetrata da giovani irrispettosi tanto della storia che ci è stata depositata quanto dei tentativi che mettiamo in atto per preservarla? Ciò che in fondo viene celebrato è esattamente l’idea di cantiere come strumento trasformativo che, senza nascondere il suo dietro le quinte, si pone come complessa piattaforma attraverso cui cercare di progettare il futuro.
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fedelando · 1 year
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MC AQUILE SU 2 RUOTE, RADUNO E MOTO VINTAGE: “BELVEDERE” IN MOSTRA
L’appuntamento domenica 14 maggio. Evento presentato con una conferenza stampa
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CASERTA – Motori, cultura, artigianato, storia, passione: una domenica ‘di bellezza nella bellezza’ si terrà domenica 14 maggio nella cornice suggestiva e incantevole del Belvedere di San Leucio di Caserta. L’evento Motoraduno “Città di Caserta” e la Mostra-Concorso “Sulle strade della Seta”, voluto fortemente dal Moto Club “Aquile su 2 ruote” in sinergia con il Comitato Regionale della Federazione Motociclistica Italiana, è stato presentato ieri (venerdì 21 aprile) presso la Sala Giunta del Comune di Caserta alla presenza di organizzatori, istituzioni e associazioni che hanno aderito all’iniziativa. “Un evento che apre la stagione degli appuntamenti della città”, ha sostenuto aprendo la conferenza stampa il vicesindaco Emiliano Casale. “Un’occasione per scoprire la modernità su due ruote e la tecnologia conservata all’interno del Sito Patrimonio Unesco ed in particolare del Setificio”, ha rimarcato la Direttrice del Belvedere Ezia Cioffi. “Una tappa delle numerose iniziative in corso targate FMI che prevede anche un’attività di Hobby Sport per i bambini”, ha spiegato il Presidente del Comitato Regionale FMI Campania Franco Mastroianni, accompagnato dal consigliere regionale Antonino Schisano e del referente del Registro Storico Marcello Mastroianni. Presente all’incontro con i giornalisti anche il Direttore del Centro Diurno Polifunzionale “Angiulli” di Santa Maria Capua Vetere Stefano De Stefano che ha sottolineato l’importanza della manifestazione in termini inclusivi e aggregativi per i giovani che stanno seguendo, grazie ad un protocollo d’intesa siglato con la Federazione Motociclistica, un progetto dedicato al restauro di moto d’epoca. Hanno svelato dettagli e informazioni su regolamento e iscrizioni gli organizzatori, in particolare il presidente del MC Giuseppe Landolfi e il consigliere delegato Pietro Martino, i quali hanno ringraziato tutti gli associati e quanti hanno creduto e stanno credendo nella prima edizione di un evento che è destinato a ripetersi nei prossimi anni. Ci ha scommesso anche la Silk&Beyond San Leucio Seta Italy che per l’occasione ha realizzato un elegante e raffinato cadeau da consegnare ai primi classificati delle varie categorie di moto in concorso. Non resta che aspettare domenica 14 maggio per trascorrere una domenica in famiglia e tra amici nel segno del binomio moto-turismo, un binomio che tende alla valorizzazione del territorio “veicolando” appassionati e non solo su un sito storico di importanza mondiale. L’evento è stato patrocinato da Provincia, Comune e Camera di Commercio di Caserta.
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lamilanomagazine · 2 years
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Marche, la regione investe sulla figura del giardiniere d'arte
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Marche, la regione investe sulla figura del giardiniere d'arte. La Regione Marche investe nella formazione di una figura professionale qualificante e fortemente legata alla conservazione e cura delle bellezze paesaggistiche del territorio: il giardiniere d’arte per giardini e parchi storici. Da pochi giorni è stata appena approvata dalla Giunta la delibera con cui si definiscono le linee di indirizzo per l’emanazione dell’Avviso Pubblico relativo alla presentazione di progetti di formazione. Le risorse disponibili ammontano a complessivi € 601.400 e provengono dal PNRR, relative ai "Programmi per valorizzare l’identità dei luoghi: parchi e giardini storici". "L’obiettivo – spiega l’assessore regionale al Lavoro, Formazione professionale e all’Ambiente, Stefano Aguzzi – è quello di creare occupazione qualificata e assicurare ai giardini di interesse culturale un adeguato livello di cura e manutenzione, anche in vista della loro crescente fruizione culturale e turistica". L’avviso pubblico sarà rivolto agli enti di formazione accreditati per la presentazione di progetti formativi di durata complessiva di 600 ore, di cui 240 ore di stage. Il giardiniere d’arte dovrà essere in grado di realizzare gli interventi rivolti alla conservazione, al rinnovamento, al rifacimento di elementi, spazi, architetture vegetali del giardino, padroneggiando le tecniche, i materiali e le modalità di messa a dimora, cura, prevenzione e rigenerazione degli elementi vegetali di cui sono composti. "La salvaguardia di un giardino storico – continua Aguzzi - in quanto monumento vivente, fragile per sua stessa natura, richiede un’opera di manutenzione altamente qualificata e necessariamente continua, al fine di assicurare un perpetuo equilibrio, nell'andamento ciclico delle stagioni, fra lo sviluppo e il deperimento della natura e la volontà d'arte e d'artificio che tende a conservarne perennemente lo stato". Il giardiniere d’arte realizzerà interventi di restauro, conservazione, manutenzione e gestione dei giardini e parchi storici nell’ambito del verde pubblico e privato, rispettando le forme originarie del giardino, valorizzando le peculiarità storiche, di cultura materiale, architettoniche, ambientali, paesaggistiche e di relazione.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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janaholub1622-blog · 6 years
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RESTAURO & MANUTENZIONE TENDE - inizi secolo 900 - Pizzo Venezia
• 𝓡𝓮𝓼𝓽𝓪𝓾𝓻𝓸 𝓮 𝓡𝓮𝓬𝓾𝓹𝓮𝓻𝓸 𝓒𝓸𝓷𝓼𝓮𝓻𝓿𝓪𝓽𝓲𝓿𝓸 • manutenzione su tendone inizi secolo 900 pizzo Venezia
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Nuovo post su https://is.gd/lDa5nf
Lecce, S. Oronzo e la peste nel 1656 e nel 1690
di Armando Polito
Le preziosità delle memorie storiche è inversamente proporzionale al tempo trascorso, soprattutto quando esse riguardano eventi dirompenti, come terremoti ed epidemie. Forse chi ha vissuto di persona un’esperienza spiacevole tende ad enfatizzarla, ma è certo che la sua testimonianza è destinata ad essere più affidabile di altre basate sul sentito dire. Può sembrare strano, però anche nel caso di uno scampato pericolo i toni, in questo caso di sollievo, possono essere dettati dalla sensibilità di ognuno di noi, dalla stessa fede religiosa e politica. Una volta tanto non sarò tanto invadente e presuntuoso dall’accompagnare il lettore nella lettura del documento che sto per presentare e del quale mi limito a riprodurre solo il frontespizio.
Esso si presenta mutilo. La la mutilazione, purtroppo, coinvolgerà pure le pp. 9-18 in misura più ridotta, per diventare, purtroppo, drammaticamente estesa fino a p. 26, dove il testo s’interrompe definitivamente e, se si pensa che verso la fine della pagina precedente era appena iniziata la parte relativa alla peste del 1690, si comprende come la lacuna debba essere estremamente estesa e ci priva di notizie di cui l’autore fu testimone diretto e  degno di fede, forse non solo perché era Michele Pignatelli, vescovo di Lecce dal 1682 al 1695.
La Relazione è indirizzata al papa Innocenzo XII (1691-1700), al secolo Antonio Pignatelli. Entrambi appartenevano alla stessa nobile famiglia e lo stemma parlante che campeggia sul frontespizio sarebbe comune se non recasse, oltre alle tre piccole pignatte1, la tiara e le chiavi. Sempre nel frontespizio, a restauro avvenuto, la mutilazione è stata integrata, dopo In Lecce  con, scritto a mano, dagli Eredi di Pietro Micheli 16912. Di seguito, con una parentesi tonda aperta ma non chiusa: Ved(i) Poliantea Salent(ina)3 vol(ume) 4° n(umero) 3° c(artella) 25 pag(ina) 103.
Il volume è custodito nella Biblioteca provinciale “Nicola Bernardini” di Lecce e lo troverete al link  http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?teca=MagTeca+-+ICCU&id=oai:www.internetculturale.sbn.it/Teca:20:NT0000:RMSE008409. Buona lettura!
________
1 Pignatta si fa derivare dal latino medioevale pineata=simile a pigna, forma aggettivale dal classico pinea=pigna. La voce più vicina alla latina è lo spagnolo piñata, da cui il meridionale (compreso il salentino) pignata. La geminazione di t in pignatta potrebbe essere dovuto, secondo me, ad incrocio con piatto. Coerente con pignata è Pignatelli (er non Pignattelli), una delle più antiche e potenti famiglie napoletane.
2 Pietro Micheli, nato a Dole in Borgogna nel 1600, fu il primo stampatore riconosciuto attivo a Lecce dal 1631 (prima pubblicazione:  Philippi Formosi u(triusque) (iuris) d(octor) a Turri Susannia Carmina ad illustrissimum, & excellentissimum dominum d(ominum) Io(annem) Antonium Albricium Farnesium) fino al 1688 (ultima pubblicazione: La lira venosina in canto italiano: cioè, Oratio volgarizato, da Pietrantonio Epifani poeta salentino. Consacrato all’apostolica maestà di Giuseppe d’Austria Re d’Ungheria. Dove si racchiude la Poetica, ed altre erudite annotazioni), quando subentrarono gli eredi.
3 Collana di opere di autori salentini, a stampa e manoscritte, che Luigi De Simone raccolse arricchendola di annotazioni e commenti.
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giorgiapuglisi · 5 years
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Nome: Affresco con antilopi da Akrotiri (Arte Minoica)
Periodo: XVI secolo a.C.
Luogo di conservazione: Museo Archeologico Nazionale di Atene 
Integrazione= intervento di restauro che tende a ricostruire le parti di un oggetto frammentario 
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Restauro di mobili vintage e tappezzeria nuova. Tessuti scelti, lavorazioni artigianali su misura. . . . . #arredoartigiano #appiolatino #pietrofedele #sangiovanni #tappezzeria #artigianato #artigianale #fattoamano #arredamento #stoffe #tessuti #vintage #divani #tende #sedie #letti #testiereletti #casa #tenderullo #arredamentointerni #Roma #Italia #home #furiocamillo #design #arte #art #casa #interiordesign #lusso #benidilusso (presso Castel Madama) https://www.instagram.com/p/B1UyuCBIUep/?igshid=c35n6k5totfj
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tmnotizie · 5 years
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GROTTAMMARE – Il consiglio comunale di domani a Grottammare permette al Movimento Cinquestelle di potere esprimere le proprie posizioni politiche sia in materia elettorale sia per quanto riguarda la nomina degli scrutatori.
“Con una mozione -scrive in un nota la pentastellata Alessandra Manigrasso– impegniamo l’amministrazione comunale di Grottammare a farsi promotrice presso il Consiglio Regionale delle Marche affinché adegui con celerità la legge regionale elettorale a quella nazionale con la doppia preferenza di genere. Questo perché ormai è patrimonio comune la necessità di aumentare la presenza femminile nelle istituzioni. Quest’ultime hanno bisogno di rinnovamento e il  rinnovamento passa per una più equa rappresentanza dei generi. Le pari opportunità sono un principio giuridico inteso come assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di qualsiasi individuo. Gli articoli 51 e 117 della Costituzione recitano tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici o alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le le pari opportunità tra uomini e donne”.
Si passa poi alla seconda mozione che “tende a modificare la nomina degli scrutatori -spiega sempre la Mnaigrasso- dando priorità alle categorie studenti, precari, disoccupati e cassaintegrati senza dover ricorrere alla nomina tramite la spartizione proporzionale in base alla consistenza politica. Chiediamo un nuovo criterio, il più oggettivo possibile, scollegato dalla logica della  raccomandazione/segnalazione o del favore personale.
Non poteva mancare la richiesta di chiarimenti in merito al contenzioso intrapreso tra l’impresa che sta eseguendo i lavori di restauro ed adeguamento sismico presso il plesso G. Speranza e il comune di Grottammare. “Riteniamo doveroso e necessario saggiunge Alessandra Mnaigrasso- sia per la trasparenza amministrativa sia per chiarezza verso i cittadini che il sindaco esponga soluzioni celeri verso questa annosa vicenda che riporti la scuola  Speranza alla normale fruizione da parte degli alunni nell’anno scolastico 2019/2020.
Ci chiarisca il perché delle sospensioni che si sono susseguite in questi anni e del perché a tutt’oggi i lavori siano fermi. Ulteriori ritardi per lavori iniziati il 14 giugno 2017 e che dovevano essere ultimati nell’ottobre 2018 sono difficili da sopportare. Tutte le giustificazioni che gli attori in campo potranno addurre sono per i fruitori del plesso scolastico (alunni genitori insegnanti) ormai stucchevoli, insopportabili e generano giorno dopo giorno un mal contento sempre più crescente”.
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pangeanews · 5 years
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Ricostruire Notre-Dame: di vetro, ipertecnologica; di plastica riciclata e legno, ecologica; oppure “com’era dov’era”? Tutto dipende dalla forza del simbolo. Che cosa rappresenta per noi quella cattedrale?
Con questo articolo vorrei inserirmi nel dibattito sulla ricostruzione della copertura e della guglia di Notre-Dame distrutte dopo l’incendio dello scorso aprile. Ricostruire ciò che è stato distrutto com’era dov’era o proporre qualcosa di nuovo di diverso?
Notre-Dame fino a prima dell’incendio del mese scorso era una chiesa gotica, costruita a partire dal 1160, modificata nei secoli più volte. In particolare alla fine del Settecento, durante la Rivoluzione francese fu spogliata di tutti i suoi simboli, che poi furono ripristinati con il restauro ottocentesco, culminato con la ricostruzione della flèche sulla crociera (la guglia più alta) nel 1860 in stile neo-gotico. Notre-Dame è in stile gotico abbiamo detto, ma è costruita ove sorgeva prima un tempio pagano, poi una basilica. Questa stratificazione storica è presente in tanti edifici di culto, come (per citare un esempio eclatante, bellissimo) il Duomo di Siracusa ove l’edificio barocco ingloba un tempio dorico, o come il tempio malatestiano di Rimini, con la sua veste Rinascimentale che si sovrappone alla chiesa gotica di San Francesco.
Immediatamente capiamo che non è semplice pensare ad una ricostruzione dell’originale, quando è tutta la storia dell’edificio a costituire un unicum originale sedimentatosi nel tempo. La prima domanda che dobbiamo porci prima di fare ipotesi di ricostruzione quindi è: cosa rappresenta oggi Notre Dame per la Francia e per il mondo intero?
Ricostruirla con una libera interpretazione dello stile gotico come fece Viollet-le-Duc, ha ancora un senso? Senza la pretesa di voler rispondere a questa domanda proviamo ad analizzare questo stile cercando più chiavi di lettura al racconto della cattedrale scritto attraverso il linguaggio dell’architettura che è tecnica e simbolo insieme.
*
La scienza delle costruzioni, ci dice che il gotico è l’esaltazione della forza peso, della gravità. L’arco a sesto acuto, le guglie, gli archi rampanti, i pinnacoli fanno parte di una struttura che tende ad incanalare le forze verso il basso secondo percorsi ben definiti che permettono di esaltare la resistenza a compressione del materiale principe col quale sono costruite le cattedrali: la pietra. La pietra, estratta dalla madre terra, alla quale si ricongiunge seguendo la legge immutabile della forza di gravità. Ma l’arco a sesto acuto, la tensione alla verticalità, alla leggerezza che caratterizza questo stile, simboleggiano anche il desiderio di ascensione verso l’alto, verso Dio, di togliere peso al materiale lapideo, alle lapidi. Come nel mondo immaginato da Dante, tutto basato sulla liberazione dal peso del corpo (del peccato) per potere ascendere dalle viscere della terra, fino al cielo, a Dio.
Il medioevo fu un periodo nel quale l’uomo cercava un sapere unico, esperienziale – oggi potremmo azzardare, un approccio olistico, sistemico – “incrinato” dal rinascimento e cancellato definitivamente per secoli da Cartesio e dall’epoca dei lumi. Così almeno la pensano John Ruskin e Fritjof Capra, che in momenti diversi della storia si ribellano alla macchina del mondo newtoniana, alla rivoluzione industriale, alla crescita “uber alles” usata ancora oggi per misurare la felicità di un popolo, alla ricerca della perfezione, di una verità assoluta.
La luce nelle cattedrali gotiche filtra attraverso le vetrate policrome (la struttura reticolare sopra descritta permette di alleggerire i potenti muri romanici favorendo l’inserimento di grandi aperture) trasfigura tutto ciò su cui si posa, divenendo ispirazione e azione di quella metafora che rende viva la materia inanimata. Ruskin, nel famoso capitolo “La natura del Gotico” all’interno del saggio “Le pietre di Venezia”, esalta l’imperfezione del lavoro svolto giorno per giorno dalla comunità che si ritrova nella “fabbrica” della cattedrale. Ruskin crede nel lavoro artigianale, imperfetto ma dotato di una forte impronta morale, religiosa. Crede quindi che l’architettura sia testimonianza della storia e che l’edificio al pari degli uomini debba vivere il proprio tempo, con la consapevolezza che ciò che resiste al tempo non sono i materiali, le forme, gli stili ma ciò che questi rappresentano.
Se costruissimo esattamente ciò che c’era, ricostruiremmo il falso di Eugène Viollet-le-Duc, rifalsificandolo! Avrebbe un senso oggi?
*
All’epoca non fu un incendio ma la Rivoluzione francese, che al grido “liberté, égalité, fraternité” distrusse i simboli, le sculture in particolare. Come hanno fatto di recente i talebani con le statue di Buddha, e nei secoli tanti altri, potremmo un poco provocatoriamente affermare. All’epoca la ricostruzione fu fortemente voluta da un manipolo di intellettuali capitanati da Victor Hugo con il suo romanzo Notre-Dame de Paris, usato come vessillo. La cattedrale torna luogo sacro ed assiste allo svolgersi della tragedia. Lo scrittore ha capito che l’edificio altro non è che un libro di pietra che fa paura a certi poteri che hanno attraversato le storia, bruciando libri, esiliando o uccidendo scrittori e poeti.
Oggi le nuove cattedrali sono i musei, i nuovi campanili, le nuove guglie, sono i grattaceli, si dice da tempo. Lo vediamo chiaramente ove è stata creata da zero una metropoli nel deserto. Guardiamo Dubai, c’è il grattacelo più alto del mondo, una guglia che si perde nelle nuvole a oltre ottocento metri di altezza. C’è il nuovo Louvre, la succursale; ecco dove sono i simboli e dove si sposta la cultura dell’Occidente. Del resto non è accaduto lo stesso anni orsono con le Americhe, con gli Stati Uniti, con New York e quelle sue torri gemelle che parevano i campanili di Notre-Dame? Distrutte perché anch’esse simbolo di qualcosa. Tutto cambia nulla cambia.
* Questa volta è stato un incendio a distruggere, non un attentato o una rivoluzione. Però le immagini di un simbolo in fiamme ci hanno fatto subito pensare al crollo della nostra civiltà, della nostra religione, per nostra stessa mano, generando un senso di colpa, inducendo tanti a fare donazioni generose immediate e firmate (opportunistiche?), per ripristinare immediatamente il simbolo di? La mancanza di una risposta è l’epigrafe sulla tomba della nostra civiltà.
È su questi argomenti, sui valori Cristiani che Notre-Dame come simbolo amplifica nel mondo, che dovremmo innescare un dibattito, cercare delle idee, delle provocazioni, prima che sullo stile, sulle forme, sui materiali. Ritornando a Capra: nel mondo dei consumi e dei desideri materiali indotti nel quale viviamo, abbiamo ancora qualcosa da imparare dalla lezione del gotico che vuole liberare lo spirito dal peso del corpo, accettando la nostra finitezza come esseri umani di fronte al mistero, oppure nonostante ciò che sta accadendo al nostro pianeta ci riteniamo ancora altro rispetto al resto del mondo, più forti del destino, della natura, di Dio?
A questo punto la nostra cattedrale possiamo farla come ci pare: con il tetto di vetro per portare – la luce della ragione – in un luogo reso mistico dai chiaroscuri generati delle vetrate colorate; di carbonio, supertecnologica; di luci, eterea; di legno o di plastica riciclata, ecologica; ricoperta di vegetazione, green; com’era dov’era, nostalgica; se non vogliamo costruire una cattedrale che “passa di moda” nell’arco di una stagione, la cosa che conta è avere chiaro ciò che rappresenta, la forza del simbolo, che la tecnica precisa, ma non sostituisce.
Fabio Mariani
Fabio Mariani, architetto, collabora da tempo con la Ambasz&Associates di New York e Bologna. Con l’architettura, coltiva la corsa e la poesia. Crede che l’architettura sia un’arte capace di favorire la felicità dell’uomo. Con Meltemi, nel 2017, ha pubblicato “La casa come ritratto”.
**In copertina: uno dei progetti di ricostruzione di Notre-Dame, in vetro
L'articolo Ricostruire Notre-Dame: di vetro, ipertecnologica; di plastica riciclata e legno, ecologica; oppure “com’era dov’era”? Tutto dipende dalla forza del simbolo. Che cosa rappresenta per noi quella cattedrale? proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2EfplRJ
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giancarlonicoli · 6 years
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Intervista imperdibile e da rileggere
Com' è l' Italia adesso?
«Viviamo in un Paese dove manca la visione ad ampio raggio. Ci sono comportamenti da piccolo cabotaggio dove si mira solo all' interesse particolare, dimenticandosi di quello generale. Assistiamo a una mancanza di visione, di proiezione verso il futuro. Lo sport e lo studio mi hanno insegnato l' uguaglianza, a sentirci uguali, invece ora si tende a una distinzione sempre più esasperata; a valutare le persone, non dico tra buone e cattive ma tra fortunate e sfortunate, tra chi ha più soldi e chi meno. Mentre per me l' unica gerarchia è l' intelligenza»
E i giovani di oggi?
«Sono alla spasmodica ricerca della vittoria facile e dell' immagine. Perché viviamo in un' epoca in cui quel che conta è trionfare o finire sui media. Dove la notizia è fake perché è meglio leggere qualcosa di curioso e falso piuttosto che di vero e banale. E i giovani, nella vita come nello sport, vogliono riuscire ma facendo poca fatica. Si spiega così il successo di tanti sport molto minori; più semplice diventare campioni lì. I giovani di oggi sono tutti malati di campionismo. Mentre l' atletica è complicata, impegnativa, affollata di rivali».
25 dic 2018 15:05 1. “MENNEA? CON ME SI COMPORTO’ DA PESSIMO UOMO”. VI RACCONTO PERCHE’ - PARLA LIVIO BERRUTI, CAMPIONE OLIMPICO A ROMA NEL 1960 SUI 200 METRI: “QUEL GIORNO NON MI RISCALDAI E QUESTO MI AIUTO’ A VINCERE. LA CURVA? MI DAVA QUASI UN PIACERE EROTICO AFFRONTARLA” –  IL FLIRT CON WILMA RUDOLPH: “AVEVAMO ANTICIPATO DI TRE ANNI MARTIN LUTHER KING E QUEL SUO SOGNO UN GIORNO DI VEDERE BIANCHI E NERI TENERSI PER MANO...”. E SU PAPA FRANCESCO... - VIDEO 
Benny Casadei Lucchi per ''il Giornale''
Dentro al bar sport del paese la solita nebbia tabaccaia, le solite voci concitate, le solite lezioni di sapienza calcistica di commentatori improvvisati. «Meglio la Juventus, meglio il Toro, no, meglio la Pro Vercelli...». A Stroppiana non era mai tardi ma era sempre tardi. In campagna, d' inverno, va così. Ci si distrae un attimo e, oplà, il sole basso del Piemonte scappa via, immergendo ogni cosa nel buio. Uscito dal bar, al piccolo Livio la Rua Secca faceva un po' paura. Babbo lavorava a Torino, mamma con il nonno «e io mi arrangiavo, finivo i compiti e poi subito in giro a saltare fossi.
Infanzia selvaggia, con Alì, il mio alano, e il montone geloso, regalo di papà, pronto a incornare chi mi si avvicinava». C' erano anche i gatti a fargli compagnia. Livio li incontrava la sera, rincasando, i loro occhi erano come il faro per le navi. Gli indicavano la via, dandogli uno scopo: inseguirli. «Ho iniziato a correre così. Contro di loro. Per acchiapparli o solo avvicinarli».
Contro. Ecco il termine giusto per riassumere Livio Berruti in una parola. Contro rappresenta la preposizione della sua vita e l' avverbio del suo essere. Livio un uomo contro a 21 anni quando stringeva mani prima della gara e non si doveva e non si poteva e però conquistò la vittoria più vittoria che ci sia: l' oro nei 200 con record del mondo nelle Olimpiadi di casa, a Roma 1960, battendo tutti i Bolt di allora riuniti assieme ai blocchi di partenza. Livio un uomo contro oggi, a quasi 80 anni, li compirà il prossimo maggio.
Contro la forza centrifuga «che mi dava quasi un piacere fisico sfidarla». Contro l' ignoranza e le discriminazioni «perché l' unica classe sociale che riconosco è quella dell' intelligenza». Un uomo contro il razzismo «e neppure ci accorgemmo, io e Wilma, che ci eravamo presi per mano e stavamo camminando, dita intrecciate strette strette, dita bianche e dita nere...». Un uomo contro la guerra fredda, atmosfere da spy story e sguardi scuri, soprabiti, delazioni «era il 1961, ero a Mosca, stavo ballando con la figlia dell' ambasciatore quando vidi lei, era bellissima, appena fuori salimmo su un taxi. Non sarebbe mai partito. L' autista aveva l' ordine di segnalare gli occidentali alla polizia. Scappammo...». Un uomo contro le facili mitizzazioni, i campioni che nei racconti e nell' esaltazione popolare diventano perfetti e «io, per primo, non lo ero, però anche su Pietro Mennea vorrei dire due cose...». Un uomo contro il buonismo prêt à porter a costo di risultare impopolare, perché «ci sono frasi di Papa Francesco che non accetto... a volte penso sia poco più che un buon parroco di campagna».
Corre veloce e contro tutti come allora, con la stessa naturalezza, Livio Berruti. «Anche se questa sciatica mi tormenta e, però, anduma!, accomodiamoci qui», dice mentre Silvia, sua moglie, si siede lontana dal mito e vicino al marito sposato vent' anni fa.
Lei avvocato più giovane, lui campione più vecchio e dottore in chimica «perché ho sempre visto il matrimonio come un impedimento alla mia libertà operativa e così ho vissuto in modo anarcoide». La prova delle sue parole sta scritta sulla partecipazione a quel giorno di festa del 1998, «colpiti da improvviso raptus nichilista», si legge, «farcito di intimo piacere (Silvia) e di apocalittica vocazione all' olocausto (Livio)». Galeotta fu La Storia del pensiero filosofico del Geymonat, «la vidi in bella mostra a casa sua», svela lei, «e compresi che Livio non era solo piedi e corsa...».
Era anche caviglie.
«Erano forti. Grazie ad esse affrontavo la curva dei 200 in quel modo, presentandomi davanti a tutti a inizio rettilineo».
Merito dell' amore per il pattinaggio che le aveva insegnato a stare inclinato in curva, giusto?
«Sbagliato. Pattinare mi piaceva, questo sì. Ma ghiaccio e pattini non c'entrano.
Semplicemente, mi veniva bene correre in curva. Mi dava quasi un piacere erotico affrontarla. La storia dei pattinaggio venne fuori quando andai a Tokyo per delle gare indoor, nel 1961.
Ero il campione olimpico in carica, all' arrivo media e tv mi chiesero il segreto della mia corsa, pensai che gli dico adesso?. Fu allora che mi venne in mente il pattinaggio». Ride. «Da lì in poi si misero tutti a pattinare... Credo di aver rovinato un' intera generazione di velocisti nipponici. La verità è che pattinavo bene perché avevo le caviglie forti e non viceversa».
E il piacere erotico in curva...
«È la sensazione provata nell' inclinarmi all' interno e vincere la forza centrifuga che cercava di spingermi fuori, è rialzarmi per ritrovarmi davanti a tutti, è una liberazione di energie, è uno svelamento di forze».
Campione olimpico a Roma, con due record del mondo nello stesso giorno e contro gli Stati Uniti che dominavano la specialità dal 1932.
«Io avevo 207. Ma c' erano i tre primatisti mondiali. Mi stimolava la presenza dei più forti. E che due di essi fossero americani. Ero curioso di vedere dove sarei arrivato».
Cosa le avevano fatto gli americani?
«Nulla. Solo che l' America era la padrona del mondo. Era il 1960, era l' Italia della ricostruzione, erano anni pieni di ideali, di spinta. Ci sentivamo tutti protagonisti di un progresso e di una creatività che invece adesso mancano. Ognuno di noi era artefice di un restauro del Paese, di un recupero di energie e di immagine che avevamo perso con la guerra. Eravamo preda di questa voglia collettiva di esibirci, di non fermarci, di andare avanti e dimostrare che l' Italia era ancora viva. E per misurare la nostra forza non c' era nessuno meglio degli americani con cui confrontarsi: i padroni del mondo.
Mi stimolava scoprire fin dove sarei riuscito ad arrivare per combatterli in pista, senza mostrare soggezione o debolezze. Sapevo che se fossi giunto in finale, sconfiggerli sarebbe stato l' obbiettivo».
E ci riuscì. Due volte. In semifinale e finale. Con il record del mondo: 205. Curiosità soddisfatta.
«Sì. E guardi che la curiosità non va sottovalutata. Misura la qualità di un giovane.
Sei vecchio quando la perdi. Purtroppo, ora, il benessere ha creato un tale torpore che tanti giovani sono già vecchi mentalmente, mentre molti anziani sono rimasti giovani e hanno ancora voglia di produrre e creare...»
Com' è l' Italia adesso?
«Viviamo in un Paese dove manca la visione ad ampio raggio. Ci sono comportamenti da piccolo cabotaggio dove si mira solo all' interesse particolare, dimenticandosi di quello generale. Assistiamo a una mancanza di visione, di proiezione verso il futuro. Lo sport e lo studio mi hanno insegnato l' uguaglianza, a sentirci uguali, invece ora si tende a una distinzione sempre più esasperata; a valutare le persone, non dico tra buone e cattive ma tra fortunate e sfortunate, tra chi ha più soldi e chi meno. Mentre per me l' unica gerarchia è l' intelligenza»
E i giovani di oggi?
«Sono alla spasmodica ricerca della vittoria facile e dell' immagine. Perché viviamo in un' epoca in cui quel che conta è trionfare o finire sui media. Dove la notizia è fake perché è meglio leggere qualcosa di curioso e falso piuttosto che di vero e banale. E i giovani, nella vita come nello sport, vogliono riuscire ma facendo poca fatica. Si spiega così il successo di tanti sport molto minori; più semplice diventare campioni lì. I giovani di oggi sono tutti malati di campionismo. Mentre l' atletica è complicata, impegnativa, affollata di rivali».
Ma i suoi erano altri tempi, anche l' atletica era meno competitiva.
«Pensi a Jessie Owens ventiquattro anni prima. L' atletica era già un grande confronto a livello internazionale. A Roma, Ray Norton, Stone Johnson e Peter Radford erano i primatisti mondiali, c' era tensione, c' era pressione. Anche perché l' atletica era lo sport base praticato a scuola. Per cui entrava in casa, tutte le famiglie la seguivano. Io sono un prodotto della scuola».
Oggi non è più così.
«Vede, per formare un giovane servono due sport: il primo, individuale, proprio come l' atletica, per imparare ad assumersi le responsabilità. Il secondo: di squadra, per smorzare l' animo a chi è troppo pieno di sé, insegnandogli l' importanza della collaborazione. Lo sport dovrebbe tornare ad essere una forma di educazione sociale e civile.
Soprattutto in un momento come questo, in cui la famiglia spesso fallisce a livello educativo. Lo sport rappresenta l' unico strumento ancora capace di insegnare a rispettare le regole e gli altri. Se chi governa non lo comprende, perde la possibilità di fornire ai propri giovani gli insegnamenti che serviranno loro nel futuro, anche nel mondo del lavoro. Persino le aziende hanno capito da tempo che chi pratica sport ha in sé qualcosa in più degli altri per combattere le quotidiane battaglie di vita e lavoro».
Responsabilità politiche, dunque.
«Sì. Dagli anni '80 in poi la politica ha via via vissuto lo sport in modo anomalo, meno formativo, più strumento d' immagine e sempre più come calcio. Quindi con le sue devianze: penso agli atteggiamenti di campanilismo spurio e poco sportivo».
Il governo giallo-verde ha depotenziato il Coni, gestirà direttamente i fondi da destinare alle Federazioni.
«Mi ha stupito. Il Coni stava lavorando bene, senza cadere in esagerazioni. Ma lo sport è ormai uno strumento talmente abbagliante che tutti i politici giocano a fare gli sportivi. La manovra è solo un mezzo per accaparrarsi un servizio di clientele e uno strumento di conquista di immagine a spese dello sport».
Lei come iniziò?
«Inseguendo i gatti in campagna. Mi accorsi di essere veloce perché spesso li acchiappavo; e perché, a tennis, quando scendevo a rete arrivavo così veloce che non riuscivo a fermarmi e mi toccava saltarla».
Tennista mancato.
«Di più. Iniziai a correre per giocare a tennis gratis».
Non proprio un avvio romantico.
«Ho applicato la regola secondo cui è il caso a determinare il futuro di ciascuno.
Uno dei libri che amo di più è Il caso e la necessità, di Jacques Monod, il biologo e filosofo francese».
E a lei che successe per caso?
«Al ginnasio, liceo Cavour di Torino, un giorno facemmo l' ora di educazione fisica con un' altra classe, quella del più veloce della scuola, Saverio D' Urso; siamo amici ancora adesso e continua a dirmi che feci fatica a batterlo... Non è vero. Il prof, Melchiorre Bracco, che fin lì mi aveva considerato un saltatore, mi iscrisse agli 80 metri ai campionati studenteschi. Non mi ero mai allenato eppure, pronti e via, feci 9''1, miglior tempo nazionale. Felice Foglietti, un compagno che gareggiava per il gruppo Lancia, mi disse: Dai, vieni a fare la staffetta con noi.... Perché no?, pensai, alla Lancia avevano degli splendidi campi da tennis... Alla prima gara sui 100 feci 114; poi 112. Il prof mi disse: Nelle prossime vai più piano sennò passerai di categoria e non potrò schierarti ai campionati scolastici....
Solo che un giorno invitarono Gigi Gnocchi, il primatista italiano. Era in batteria con me. Per far contento il prof avevo mangiato, così, con la digestione in corso, sarei andato più piano. Niente: 11 netti. Addio campionati con la scuola. Però iniziai a gareggiare stabilmente per il gruppo Lancia e altrettanto stabilmente a giocare gratis a tennis».
Oggi sarebbe potuto diventare Livio Berruti?
«No. Perché la scuola non forma più sportivi, perché mi allenavo poco, perché gli altri si riscaldavano venti minuti prima della gara mentre io arrivavo all' ultimo, li battevo e loro s' incazzavano, pensando che li snobbassi. E perché una volta il talento permetteva di vincere le Olimpiadi. Ora no. Mole di allenamento e stress psicologico sono troppo alti. Non mi piacerebbe. Io non vivevo lo sport in modo totalizzante; avrei preferito diventare uno scienziato o un uomo di cultura, invece...».
Invece, l' oro olimpico. Quel giorno non corse con la digestione in corso.
«E non mi riscaldai. Questo mi aiutò a vincere».
Perché?
«Dopo la semifinale vinta col record del mondo, 205, ero arrabbiatissimo. Temevo di aver usato troppe energie, pregiudicando la finale che avrei corso due ore dopo.
Così decisi di riposarmi. Rimasi sugli spalti a guardare gli altri atleti prepararsi e scesi solo all' ultimo momento, il tempo di un paio di allunghi. Poi andai a stringere la mano a tutti loro. Non mi resi conto che li stavo destabilizzando. Pensavano: Berruti è così sicuro di sé che non si riscalda e viene pure a salutarci. Vuol dire che ci mangerà».
L' Italia ha avuto due grandi sprinter, lei e Mennea. Entrambi mai davvero coinvolti nella gestione dello sport.
«Il campione fa ombra ai dirigenti sportivi. Il politico utilizza il campione per la propria immagine, ma poi lo tiene a distanza.
Io sono sceso in campo solo una volta, nel 1988, contro Primo Nebiolo (ex n°1 dell' atletica italiana e mondiale), per via dello scandalo del salto truccato di Giovanni Evangelisti ai Mondiali di Roma '87. Proprio Nebiolo aveva fatto di tutto per coprire la vicenda. Mi candidai solo per combattere lui. E per fortuna vinse Gianni Gola».
Lei e Pietro Mennea.
«Mi dispiace dirlo: è stato un grande atleta ma con me si è comportato da pessimo uomo. Purtroppo la vicenda che ci riguarda non è mai stata messa in evidenza. Era il 1979, un giornalista mi aveva chiesto che cosa pensassi della decisione di Mennea di rinunciare a gareggiare in Coppa del Mondo, a Montreal. Gli avevo risposto che forse aveva paura, precisandogli che però era un commento da non mettere nell' intervista.
L' articolo uscì invece con la frase Pietro è un fifone. Ovviamente Mennea la prese male e io iniziai a cercarlo al telefono per spiegargli e chiarire. Niente. Si negava. Così andai da lui, a Formia. C' erano delle gare, aspettai, e all' imbrunire lui dal campo mi fece segno di scendere dagli spalti e raggiungerlo. Iniziammo a camminare, mi teneva sottobraccio, lo seguii fuori dal campo, verso gli aranci. In quel momento, dagli alberi spuntarono suo fratello Vincenzo e altre tre persone.
Vincenzo mi tirò un pugno e Pietro iniziò a insultarmi. Per fortuna, da lontano, Erminio Azzaro e Gianfranco Baraldi videro la scena e corsero ad aiutarmi. Arrivò anche un maresciallo dei carabinieri che voleva denunciarli. Ma Luca di Montezemolo, all'epoca a capo delle relazioni esterne Fiat, diede indicazione di bloccare tutto. Mennea gareggiava per l'Iveco e io ero un dirigente Fiat che seguiva l' immagine sportiva del gruppo, per cui...».
Mennea non può controbattere.
«Ma questo fu. E c' erano testimoni. Quanto allo sport, lui ha rappresentato il salto di qualità della nostra atletica dal dilettantismo e puro talento al professionismo. Anche Sara Simeoni era una professionista, ma al contrario di Mennea gareggiava con il sorriso, senza rabbia, senza dare un' immagine incacchiata dello sport».
Diceva del puro talento. Wilma Rudolph, mito dello sport, la gazzella nera, tre ori a Roma 1960.
«Prima delle gare venne da me il suo allenatore. Disse: Wilma vorrebbe scambiarsi la tuta con te. Risposi: Caspita, certo. Ci incontrammo: lei parlava inglese, io lo parlavo malissimo, fra noi poche parole, all' inizio furono solo grandi sorrisi e occhiate. Rimasi abbagliato: dalla sua capacità di trasmettere gioia di vivere. Dopo pochi minuti, senza neppure che ce ne accorgessimo, eravamo mano nella mano a passeggio per il villaggio olimpico. Avevamo anticipato di tre anni Martin Luther King e quel suo sogno un giorno di vedere bianchi e neri tenersi per mano...».
E il vostro sogno a due?
«Io vinsi un oro, lei tre. Subito dopo mi presentai al villaggio delle donne. Volevo passare dalla fase platonica a quella aristotelica. Non fu possibile. Il comitato olimpico Usa aveva imbarcato Wilma verso casa...Poi scoprii che su di lei aveva messo gli occhi un atleta di nome Cassius Clay... Nel caso, lo scatto e la curva veloce dei 200 mi sarebbero serviti. Era splendida Wilma».
Quest' estate la staffetta femminile azzurra dei 400 era tutta formata da atlete di colore. Ha fatto parlare. Il Paese l' ha vissuta come una novità.
«Se l' atleta di origini straniere è nato in Italia o cresciuto da noi, assimilando preparazione e cultura italiane, allora va bene, è espressione delle potenzialità del nostro Paese. Non così quando gli atleti sono nati, cresciuti o si sono formati culturalmente e sportivamente fuori».
Per cui medaglie come quelle di Josefa Idem o Fiona May hanno rappresentato meno il nostro Paese?
«Esatto».
Sembra una visione discriminante.
«Ma se io e Wilma andavamo mano nella mano in tempi in cui imperava la segregazione razziale e le battaglie per i diritti erano solo all' inizio... Devo molto al prof di filosofia degli anni del liceo classico: si chiamava Giovanni Turin. Fu lui a inculcarci il sacro valore dell' uguaglianza».
Per questo ha detto del suo erede, di Filippo Tortu (primo italiano sotto i 10 secondi nei 100, 999), che siete uguali in tutto ma lei ha un vantaggio: ha fatto il classico, lui no?
«Suo papà sì, però. Per cui Filippo è salvo. È fortissimo. Ben gestito, ben allenato».
Può emergere a livello mondiale?
«Un atleta così, con quel fisico e che ama correre bene, che sa estraniarsi, che riesce a vivere lo sport in modo scanzonato, può davvero puntare ai massimi risultati a livello mondiale. Quanto al discorso sul classico, sì, è una scuola che insegna a sentirsi partecipi di una grande festa mondiale, dove valgono la meritocrazia e saper riconoscere e rispettare chi è più bravo, cercando di apprendere da lui, anziché demolirlo. Il classico fornisce una visione più ecumenica, come direbbe Papa Francesco, ma senza le sue venature ideologiche».
Non le piace?
«Non mi esalta. Troppo populista, preferivo Ratzinger, un intellettuale. E non accetto di sentire certi discorsi, come quando va in visita nelle carceri, il cui senso è voi siete i miei fratelli migliori.... Ma come sarebbe?»
Lei è religioso?
«In modo indipendente. Sono un agnostico. Ritengo che le ideologie politiche e religiose siano soprattutto funzionali al potere di chi comanda in un dato momento».
Però in passato è stato invitato a commentare passi del Vangelo in tv e a convegni con teologi e cardinali.
«Sì. Ricordo quello sull' importanza dello Spirito Santo nel '900. Non sapevo che cosa avrei potuto dire ma poi, salendo sul palco, venni come folgorato sulla via di Damasco e dissi: Ecco, sì, le colombe... Le colombe che si erano alzate in volo durante la mia gara alle olimpiadi potrebbero essere state un messaggio dello Spirito Santo. E fu un successo...».
Alle Olimpiadi...
«Anche al convegno».
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carmenvicinanza · 6 years
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Può essere una città, un colore, un’ora del giorno. Il chiodo su cui il tuo destino tende a impigliarsi e strapparsi. Ma depressione non era la parola giusta. Era un volo in caduta libera nel dolore e nel disgusto che andava ben oltre la sfera personale: una repulsione rivoltante e torrenziale nei confronti dell’intera umanità in ogni sua forma e manifestazione fin dalla notte dei tempi. Il contorto abominio dell’ordine biologico. Vecchiaia, malattia, morte. Nessuno aveva scampo. Anche i più belli non erano che morbidi frutti sul punto di marcire. Se c’era una cosa che i miei anni da oppiomane mi avevano insegnato (per non parlare di quelli da truffatore) era che le camicie inamidate e i completi freschi di tintoria erano strumenti efficacissimi per nascondere quasi tutti i peccati. Prima regola del restauro. Mai fare ciò che non puoi disfare. A volte devi perdere per vincere. È un onore e un privilegio, amare ciò che la Morte non tocca. Donna Tartt #unadonnaalgiorno
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RESTAURO & MANUTENZIONE TENDAGGI - Napoleone III
• 𝓡𝓮𝓼𝓽𝓪𝓾𝓻𝓸 𝓮 𝓡𝓮𝓬𝓾𝓹𝓮𝓻𝓸 𝓒𝓸𝓷𝓼𝓮𝓻𝓿𝓪𝓽𝓲𝓿𝓸 • su tendone fine secolo 800 con pizzo francese / Napoleone III
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Health
Occasionally it's challenging to review an activity. In Architettura e materiali del Novecento: Conservazione, restauro, manutenzione: Atti del Convegno di studi, Bressanone 13-16 luglio 2004, revised through Guido Biscontin and also Guido Driussi, 673-82. Worries are expanding as international warming raises sea levels and the impacts of periodic flooding on the city are actually coming to be more major. I think this is evidence both that people of Kansas City are going to certainly not allow that kind of physical violence and that the boosted $10,000 reward for relevant information in homicides is actually paying. I arise from an urban area that had scarcely no blacks or not several foreign whites 25 years or two earlier. Potential Anterior: Journal of Historic Preservation Past, Idea, and Objection 1 (2 ): 42-49. La pellicola dell' analogia: Immagine e restauro nella conser- vazione dell' architectura moderna Movie and analogies: Pictures and reconstruction in the conservation of present day style.
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In Twentieth-Century Structure Materials: Record and Preservation, modified through Thomas C. Jester, 102-07. Jonge, Wessel de, Arjan Doolaar, and also International Working-Party for Paperwork as well as Preservation of Properties Web Sites as well as Neighbourhoods of the Modern Movement. Of course, throughout history, lots of folks have kept others of their "so-called race" as servants for one main reason or even an additional, including Africans. Nevertheless, these added actions require a great deal of time as well as are actually complicated to carry out in the home for most individuals.
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betsey00333806-blog · 6 years
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