Il Tao e la meditazione – The Tao and meditation
Il Tao e la meditazione
Gli antichi Cinesi avevano scoperto i segreti della forza intelligente che scorre in tutte le cose ed è l’origine della vita stessa: il Chi. Nell’organismo umano tale energia scorre secondo due qualità, lo Yin e lo Yang, attraverso canali invisibili, detti meridiani.
Se questa energia fluisce bene, abbiamo salute, benessere e longevità; se scorre con difficoltà invece finisce col formare dei blocchi energetici che alla lunga possono dare origine tanto alle malattie fisiche quanto a disagi psichici, emotivi o a disturbi di natura sessuale. Ogni nostro pensiero, emozione e atto influisce sul Chi, per cui, se ci sono degli squilibri nel nostro stile di vita, anche il nostro Chi risulta squilibrato per un eccesso o un difetto di Yin o di Yang.
La meditazione taoista si concentra sull’energia interna dell’individuo e ci chiede di fare il vuoto totale in noi, di dimenticarci e di non sviluppare attaccamento per ciò che ci circonda, per sintonizzarci con ciò che origina e abbraccia il tutto, e cioè il Tao. La tecnica di meditazione è la difficile arte del non intervento, della non azione, dell’osservazione fatta in punta di piedi per non turbare gli eventi e aiutarci a conoscerli.
Tuttavia la meditazione non consiste nell’indolenza, in un “dolce far niente”; si potrebbe definire anzi “agire centrato” o “agire con la coscienza del centro”. Per i taoisti si tratta del famoso wu wei che si dovrebbe tradurre come “non-ingerenza”, poiché si tratta di agire cercando di non sconvolgere il flusso spontaneo degli eventi.
Ricorrendo all’immagine dell’arco, della freccia e del bersaglio, Wang Yang Ming spiegava che il wu wei consiste nel momento cruciale del tiro: lo scoccare della freccia. Quando l’arco è saldamente tenuto nella mano dell’arciere, la corda ben tesa, il bersaglio mirato con cura e la mente vigile, tale scoccare consiste nel wu wei, nel “non intervento” dell’arciere, e quindi nel rilasciare la tensione del corpo liberando lo spirito.
Così facendo la freccia, guidata dal soffio vola verso il bersaglio seguendo una traccia infallibile e cogliendone il centro. In questo caso il “non-intervento” (wu wei) dello scoccare la freccia permette il compiersi dell’azione e l’ottenimento dell’effetto. Da questa prospettiva, la condizione del tiro veniva considerata come una forma essenziale di “meditazione”. Questo è uno dei motivi per cui il Shu Ching (il Testo classico dei Documenti, una delle più antiche fonti storiografiche della Cina) e il Liji (Libro dei riti, testo dedicato ai principi della buona condotta, incluso il comportamento da tenere durante cerimonie pubbliche e private) consacrano interi capitoli all’arte del tiro con l’arco. Il termine sanscrito per “meditazione”, intesa come “agire con la coscienza del centro”, è dhyana, termine che si è via via trasformato in thyana, poi in chan’na in Cina e infine in zen’na in Giappone. Chan’na ha dato poi origine al termine cinese chan, zen’na a quello giapponese zen.
La pratica meditativa chini fu il risultato della fusione tra filosofia taoista e buddismo cinese; principale fautore di questa tecnica volta a conoscere la propria intima natura, fu il sesto patriarca Hui Neng (638-713). Il punto cruciale della meditazione chan è quello, essenzialmente, di saper cogliere la propria vera natura, dapprima nel profondo silenzio mentale della meditazione seduta (zazen) e poi nello svolgimento delle attività quotidiane. La meditazione taoista si differenzia profondamente dalle pratiche analoghe sviluppate da altri sistemi di crescita spirituale, in quanto essa è caratterizzata dalla focalizzazione sull’energia interna e dalla sua coltivazione: durante la
meditazione chan creiamo il vuoto totale dentro noi stessi, facendo tacere la ruminazione incessante di pensieri prodotta della mente e placando le emozioni. Scopo della pratica meditativa è di consentire all’individuo di entrare a contatto, in maniera totale, con la Verità che lo circonda. In ciò consiste l’illuminazione, il “risveglio spirituale”.
L’illuminato comprende la Verità intuitivamente e non lo preoccupano né il passato né il futuro, ma attribuisce la massima importanza al momento presente che è il solo in cui siamo veramente vivi. Famoso, a tal proposito, è l’aneddoto che racconta di un uomo che stava per essere divorato da una tigre. Egli, dopo aver constatato che gli era preclusa ogni via di salvezza, colse una fragola e gustandola appieno esclamò “Che buona!”, ormai totalmente incurante del suo imminente e tragico destino.
Praticando meditazione chan la mente si trasforma lentamente in uno specchio: perfettamente lucida, riflette tutto quello che vi è intorno senza l’interferenza di passioni e pregiudizi. Impariamo in tal modo ad essere degli spettatori distaccati della realtà; il pericolo o la morte non fanno più paura.
Per tenere sotto controllo l’attività logico-razionale della mente dobbiamo intervenire innanzitutto sulla respirazione.
La regola base consiste nell’utilizzare movimenti semplici, integrati al respiro, che più facilmente possono condurre a movimenti nuovi, sempre più liberi da schemi precostituiti. Va anche ricordato che è indispensabile rispettare i propri limiti, vivendoli come opportunità di crescita creativa della propria espressività, anziché come barriere da infrangere in continua sfida con se stessi.
Gli studi moderni sugli effetti di queste tecniche di meditazione consapevole dimostrano che essa agisce sullo stato generale dell’organismo: presumibilmente l’azione delle tecniche di meditazione taoista si realizza attraverso un coinvolgimento del sistema nervoso centrale e di quello vegetativo.
The Tao and meditation
The ancient Chinese had discovered the secret of the intelligent force that flows through all things and is the origin of life itself: the chi. Sheets that energy in the human body in two qualities, Yin and Yang through invisible channels called meridians.
If this energy is flowing well, we have health, wellness and longevity, if flows with difficulty but ends up forming blockages in the long run may give rise to both physical illness in terms of psychological distress, emotional disturbance or of a sexual nature. Our every thought, emotion and action affects the Who, why, if there are imbalances in our lifestyles, our Chi is unbalanced by an excess or defect of Yin or Yang.
Taoist meditation focuses on internal energy of the individual and asks us to do the total emptiness in us, and do not forget to develop attachment to what surrounds us, to tune into what gives rise to and embrace all, and that is the Tao. The meditation technique is the difficult art of non-intervention, non-action, the observation made on tiptoe to avoid disturbing events and help us to know.
However, meditation is not idleness, in a “lazy” could be called even “act-centered” or “acting with awareness of the center.” For the Taoist wu wei is the famous which should translate as “non-interference”, because it is trying not to act upset the spontaneous flow of events.
Using the image of the bow, the arrow and the target, Wang Yang Ming explained that the wu wei is the crucial moment of the shot: the striking of the arrow. When the bow is held firmly in the hand of the archer, the rope taut, the target carefully targeted and the mind alert, the stroke is wu wei, the “no action” of the archer, and then release the tension in the body by releasing the spirit.
In doing so the arrow, guided by the breath flies toward the target following a track infallible and taking in the center. In this case the “no-action” (wu wei) of firing the arrow allows the fulfillment of the action and the effect is being obtained. From this perspective, the condition of the shot was seen as an essential form of “meditation”. This is one reason why the Shu Ching (The Classic Text of Documents, one of the oldest historical sources of China) and Liji (Book of Rites, the text focuses on the principles of good conduct, including conduct during public ceremonies and private) devote entire chapters to the art of archery. The Sanskrit word for “meditation”, meaning “to act with the consciousness of the center” is dhyana, a term that has gradually transformed into thyana, then chan’na zen’na in China and finally Japan. Chan’na then gave rise to the Chinese word chan, zen’na to the Japanese Zen.
The meditation practice bending was the result of the merger between Taoist philosophy and Chinese Buddhism, the main proponent of this technique to know one’s inner nature, was the sixth patriarch Hui-neng (638-713). The crux of the Chan Meditation is, essentially, to grasp its true nature, first in the deep silence of the mind of sitting meditation (zazen) and then in carrying out daily activities. Taoist meditation practices differs significantly from similar systems developed by others for spiritual growth, as it is characterized by focusing on internal energy and its cultivation: during the
Chan meditation, we create the total emptiness within ourselves, silencing the incessant rumination produced thoughts of the mind and the emotions subside. The purpose of meditation is to allow the individual to come into contact, in a total, with the truth that surrounds him. Therein lies the lighting, the “spiritual awakening”.
The enlightened intuitively understands the truth and do not worry neither the past nor the future, but attaches great importance to the present moment that is the only one where we really live. Famous in this regard, is the anecdote that tells of a man who was about to be devoured by a tiger. He, after noting that every way of escape was cut off, plucked a strawberry and fully enjoy exclaimed, “What good!” That are totally oblivious to his imminent doom.
By practicing meditation, the mind chan slowly transforms into a mirror, perfectly lucid, reflects all that is around it without the interference of the passions and prejudices. Thus we learn to be detached spectator of reality, the danger and death are no longer afraid.
To control the activities of the logical-rational mind, we must first take action on breathing.
The basic rule is to use simple movements, built to breath, which can easily lead to new movements, more and more free patterns. Remember also that is essential to respect your limits, experiencing them as opportunities for creative growth of its expressiveness, rather than as barriers to break continuously challenge themselves.
Studies on the effects of these modern techniques of mindfulness meditation show that it acts on the general state of the organism, presumably the action of the techniques of Taoist meditation is achieved through the involvement of the central nervous system and the growing season.
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La sindrome di Giulio Cesare
Tutti noi conosciamo il personaggio. Uno dei più famosi della Storia. Celebrato come condottiero, come regnante, come interprete drammatico (Et tu, Brute!), ma financo come autore letterario.
Tra coloro che hanno studiato latino, chi non ha amato il De Bello Gallico? Il pregio maggiore dell’opera (che è un diario di guerra, una sorta di blog d’altri tempi) è la sua facilità di traduzione: un brano scritto da Giulio Cesare era una passeggiata. Si traduceva una bellezza, senza vocabolario.
Ma c’è un altro pregio dell’opera. Una particolarità sintattica che Cesare il Grande ha avuto in comune con un altro imperatore, Marc’Aurelio: l’uso della terza persona singolare, riferendosi a sé stessi. (Infatti, l’opera aureliana ha proprio come titolo A Sè Stesso.)
Scartiamo, in prima istanza, l’ipotesi dell’uso celebrativo dell’illeismo (così si chiama l’artificio retorico, termine coniato da Samuel Taylor Coleridge), anche se in uso al POTUS, Donald Trump, attraverso il quale si denota più infantilismo e piccio che non umiltà intellettuale (come Cesare e Marc’Aurelio).
Concentriamoci sui vantaggi, specie psicologici, dello strumento sintattico, a cominciare dalla circostanza che impedisce la ruminazione. Riferendoci a noi stessi come ‘altri da noi’, viene meno la ripetizione coattiva del loop dei pensieri negativi e del novero dei problemi, che tanto male fa alla psiche.
Abdicare all’egoismo e all’egotismo, assumendo il punto di vista di un altro/un’altra, ci impedisce le perniciose celebrazioni dell’òmphalos.
Noi, mediante l’illeismo (dal latino ‘ille’, ‘egli, colui’), ci trasformiamo in personaggi di un’opera (una soap, una tragedia, una commedia, fate voi), di cui narriamo le gesta, descriviamo i vizi, elenchiamo i desideri ed i sogni, registriamo, spersonalizzandole, le azioni.
L’illeismo è buono anche nelle liti. Sforzarsi di esternare le nostre ragioni e/o il nostro disappunto, ovvero la rabbia, come se parlassimo di un personaggio di un film o di un romanzo, ci aiuta a recuperare un po’ di obiettività, scalzandoci dal piedistallo dell’individualismo e del protervio cazzismo, dal cui virus nessuno di noi potrebbe dirsi immune.
Per abituarsi a staccarsi da sé stessi e dalle proprie ruminazioni, gli esperti consigliano di tenere un diario, per almeno quattro settimane, in cui raccontiamo i nostri giorni alla terza persona: Marika ha detto... Marika ha fatto... Marika è andata... Marika ha sconfitto gli Elvezi ed i Sequani...
Beh, il rischio - piccolo, ma presente - è di illudersi di essere diventati grandi, come Cesare. Ma qui si entra in altra patologia.
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