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#sentirsi dentro un libro
susieporta · 12 days
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L' ALBERO SENZA RADICI
Molte persone cresciute in famiglie disfunzionali da adulte sono convinte che vivere pienamente significhi oscillare in modo quasi violento tra esaltazioni e psicodrammi, tra stati euforici e abissi malinconici, tra alti e bassi.
Spesso infatti le famiglie disfunzionali, cioè tossiche, vedono i due genitori azzuffarsi, litigare, offendersi, passando da momenti fatti di emotività drammatizzata, a momenti di silenzio oppositivo in cui non viene data alcuna spiegazione né all'uno né all'altro.
Il bambino si trova in questo modo esposto al fuoco incrociato di un ambiente imprevedibile, emotivamente carico e conflittuale, nel quale non viene mentalizzato ciò che succede tramite una comunicazione adeguata.
Egli si sente sempre in allerta, confuso, e vive emozioni a volte indecifrabili.
Ecco allora che da adulto potrebbe tendere a confliggere con i propri partner, così come hanno fatto i suoi genitori.
Ma soprattutto a esaltarsi e sentirsi pienamente realizzato per un apprezzamento, per un gesto di stima, per un incontro amoroso o anche per un buon corso di crescita personale.
Tuttavia, se le sue previsioni e aspettative non vengono rispettate, cade in una tristezza profonda, si abbatte subito per niente, ed entra in uno stato di spegnimento vago dorsale a volte anche per settimane.
Così, un momento di gioia diventa mania, ossessione, attività frenetica; mentre un momento di tristezza diventa abbattimento esistenziale, melanconia nera, abisso emozionale.
L'oscillazione violenta tra luce e tenebre, per persone cresciute in famiglie tossiche, viene considerata vita pienamente vissuta, passione, amore totale e totalizzante, e soprattutto amore vero (ovviamente ci sono livelli e livelli di oscillazione).
Quando incontrano un partner "sano", queste persone si annoiano, e pensano che il rapporto sia statico, abitudinario e palloso.
In realtà, come dice Lowen, questa oscillazione tra stati euforici e depressivi, spesso è dovuta a una assenza di grounding, di radicamento, e dunque di autonomia.
Essere radicati significa sapere e sentire che le proprie radici psicologiche ed emotive sprofondano nel terreno del proprio sistema nervoso autonomo, il quale è armonico, flessibile e pienamente funzionante, in modo da ritrovare dentro di sé la propria base sicura anche se imperversa la tempesta.
Anche se la bufera strappa via le foglie e i rami, la sensazione di radicamento ci riporta ad una sicurezza interiore inscalfibile, la quale ci rassicura circa le nostre capacità di gestire le nostre emozioni, di attraversare la vita in modo sicuro, e di essere fondamentalmente forti.
Chi è ben radicato non oscilla tra due estremi emotivi facendosi trasportare via da essi, perché i suoi piedi sono ben radicati nella terra.
Nel mio nuovo libro offro potenti strumenti per lavorare su questo.
©Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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sicomori · 2 years
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Archivio 25.2.23
Sentirsi reduci dai giorni.
La facilità disarmante con cui i miei vuoti mi riaccolgono, la mia memoria muscolare che si scopre intatta, il corpo che si riadatta, riprende il suo posto, si appoggia appena ad un cuscino ancora tiepido, ché forse non mancavo poi da tanto.
E’ stata una canzone, che ne ha trascinata un’altra, che ne ha scorticata un’altra, che mi ha lasciato sotto le unghie macerie di case intere.
Ne parlavo ieri, seduta in macchina in un parcheggio vuoto dopo il tramonto. Ne parlavo dentro alle mie connessioni fragili, le immagini sgranate a far da specchio alle distorsioni che mi danno forma e mi sostengono.
Una canzone ha portato per mano una porta aperta su un cortile interno nel mezzo dell’autunno, porte spalancate su aule piene di tele e pennelli, finestre sigillate di un ultimo piano che non sapevi esistesse.
Quando G. mi ci ha portata, vedevo pericoli dimenticati ovunque, aggrappati ai comodini, alle scrivanie, in quelle matite lasciate per un attimo in un libro aperto. Ché lo so che la vita è andata avanti e non tutte le cose conservano memoria ma le mie mani si fermano e trattengono spaventi.
Quando faccio la conta dei danni, metto in fila indiana tutte le cose che sono e che non dovevo, tutte quelle che sono e non potevo. E sono case vuote, cose vuote, cantine che straripano su scale in piena, soffitte polverose che, prima o poi, esploderanno. Sono i coriandoli quando è passata la festa, la tempera rappresa, i regali che non apro perchè non amo la sopresa, le candeline che non soffio se mi dimentico di respirare.
Quando ho fatto la conta dei danni e camminavo con G. in quell’ultimo piano, faccevo scorrere la mano lungo il muro del corridoio e ad ogni porta chiusa in cui inciampavo, sentivo le preghiere taciute e rimaste nell’aria. Warsan diceva “Benedici la figlia cresciuta da una voce nella testa” e io sentivo un coro di donne che danzavano in cerchio in stanze chiuse, circondate dalle ossa di coloro che le avevano fatte entrare. Benedetta sia la figlia che è figlia di una madre che ha avuto una madre, benedetta sia la figlia che ha ereditato maledizioni. E benedetti siano i padri che sono rimasti a guardare, quelli che hanno teso una mano lanciandola nel vuoto, quelli che hanno promesso appartenenza senza pronunciare alcun voto, benedetti i patti suggellati ad occhi chiusi. Benedette siano le figlie in rivolta a cui va a fuoco la pelle e benedetta quella pelle, solcata e vangata, a far casa al raccolto.
Ho chinato il capo, ho salutato le preghiere, ho portato via con me tre dizionari in una lingua che non imparerò, volevo solo una scusa per tornare, per tradire.
Benedetta sia quella voce nella testa, quella ninna nanna che ho imparato, ma non ricordo da chi.
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ypsilonzeta1 · 1 year
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"E correndo mi incontrò lungo le scale,
quasi nulla mi sembrò cambiato in lei.
La tristezza poi ci avvolse come miele
per il tempo scivolato su noi due.
Il sole che calava già rosseggiava la città
già nostra e ora straniera e incredibile e fredda:
come un istante "deja vu", ombra della gioventù, ci circondava la nebbia.
Auto ferme ci guardavano in silenzio,
vecchi muri proponevan nuovi eroi,
dieci anni da narrare l'uno all'altro,
ma le frasi rimanevan dentro in noi:
"Cosa fai ora? Ti ricordi? Eran belli i nostri tempi.
Ti ho scritto è un anno, mi han detto che eri ancor via".
E poi la cena a casa sua, la mia nuova cortesia, stoviglie color nostalgia.
E le frasi, quasi fossimo due vecchi, rincorrevan solo il tempo dietro a noi.
Per la prima volta vidi quegli specchi,
capii i quadri, i soprammobili ed i suoi.
I nostri miti morti ormai,
la scoperta di Hemingway, il sentirsi nuovi, le cose sognate e ora viste:
la mia America e la sua diventate nella via la nostra città tanto triste.
Carte e vento volan via nella stazione,
freddo e luci accesi forse per noi lì
ed infine, in breve, la sua situazione uguale quasi a tanti nostri films:
come in un libro scritto male, lui s' era ucciso per Natale,
ma il triste racconto sembrava assorbito dal buio:
povera amica che narravi dieci anni in poche frasi ed io i miei in un solo saluto.
E pensavo, dondolato dal vagone:
"Cara amica il tempo prende il tempo dà.
Noi corriamo sempre in una direzione,
ma qual sia e che senso abbia chi lo sa. Restano i sogni senza tempo,
le impressioni di un momento,
le luci nel buio di case intraviste da un treno: siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa
e il cuore di simboli pieno."
[Francesco Guccini]
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Donne,
ma quanto sono strane, non credete?
Piene di sé, piene di niente, piene di tutto, piene di graffi e silenzi, di cicatrici, di cuore, di ghiaccio, di luce, di buio.
Se c'è una cosa che ho capito delle donne, è che non c'è niente da capire.
E non è una frase per dire, è esattamente l'essenza di ció che sono.
Sapete, ci ho scritto un libro sulle donne ed ho capito fin da subito che non era abbastanza, non avevo scritto tutto, niente era stato raccontato.
Come puoi raccontare una donna?
Ogni donna è diversa, ogni donna ha un carattere o un caratteraccio, ogni donna è stronza, o timida, o gentile, o semplicemente donna.
Mi fa strano pensare che a volte hanno bisogno di un rossetto e un po' di mascara per sentirsi adatte, mi fa strano pensare che una smagliatura faccia sentire una donna, come dire, brutta.
Mi fa strano pensare che io in una smagliatura ci veda la vita vissuta, granelli di sabbia bagnati dal mare e illuminati dal sole, mi fa strano vedere in un po' di trucco un po' di sicurezza in più.
Quanti colori queste donne, quanta testa, e Dio solo sa quanto
cuore.
Le vedi ferme al semaforo, insicure si guardano intorno, come se si sentissero sempre fuori posto, poi mettono la prima e partono, sfrecciano sulla strada con disinvoltura, perché dentro hanno il coraggio di cambiare il mondo, ma non lo sanno, loro non lo sanno, hanno paura, e poi hanno forza, da vendere, da vivere,
da amare.
Queste donne, maledette donne, intriganti donne, impazienti donne, ci mandano ai matti, ma sono donne, e se non impazziamo per loro per cosa allora?
Vi svelo un segreto:
C'è solo un modo per capirle.
Amarle per come sono, perché tanto noi, noi uomini intendo, non ci capiremo mai niente, credetemi.
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#adessoscrivo
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lecodellariviera · 15 days
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Dentro il mondo di “Mal di tempo”, intervista a Valeria Urbani
servizio di Francesco Basso
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La giovane e talentuosa Valeria Urbani è una scrittrice che da tempo impazza sul web grazie alla sua arte e sensibilità. Il suo profilo instagram è @vugscrittrice e la sua missione è diffondere il suo mondo, un mondo possiamo dire fatto d'amore a tinte meravigliosamente dark e non solo. Sì perché Valentina consiglia libri, film, gruppi musicali, che la appassionano, che la colpiscono ma il suo canale non è soltanto un canale che mostra il suo mondo ma possiamo dire che sia anche un canale per certi versi, a parer mio,  educativo. Educativo sì perché oggi come oggi è sempre difficile parlare di cultura e quando si scoprono libri che magari non si conoscevano, gruppi, particolari, film che ti cambiano la vita, beh, allora non si può non parlare di cultura.
Valentina, passiamo alla prima domanda, come ti è nata l'idea di scrivere il tuo libro "Mal di Tempo" e  possiamo dire che il protagonista Alexis Huxley ti somiglia molto? Il concetto Tempo che ruolo ha nel libro e come si snoda la trama (senza spoiler, mi raccomando)
Ho avuto l’idea per il mio primo romanzo al liceo, nel 2015, guardando una ragazza con dei lunghi capelli dorati e un medaglione. È subito nato in me il desiderio di scrivere di Alexis e di un amore al di là del tempo. Non a caso uno dei temi che ho trattato è proprio quello di viaggi e di linee temporali, che fanno da sfondo a una vicenda onirica e introspettiva: Alexis non ricorda nulla e deve recuperare i suoi ricordi perduti legati alla sua amicizia con Onyria e al suo percorso di maturazione.
Ascolti musica quando scrivi? Se potresti parlarci del tuo processo creativo...
Non ho una routine di scrittura che seguo rigidamente, mi piace fare ciò che mi sta bene in quel momento. A volte preferisco il silenzio, altre mi piace ascoltare musica che si adatti bene a ciò che sto scrivendo. Per “Mal di tempo” ho ascoltato principalmente metal e rock, in particolare ballad progressive. Molta della musica che mi ha accompagnata nella scrittura fa parte del viaggio della protagonista e quindi della colonna sonora del romanzo, che ho raccolto in una playlist Spotify e YouTube.
Ci sono tantissimi tuoi fan che hanno apprezzato il libro e nuovi fan in arrivo. Questo è veramente motivo d'orgoglio. Purtroppo ci sono anche gli Haters che però vediamo. in modo intelligente, che gli dai spazio pubblicando anche i loro commenti. Quanto è difficile non essere come loro, nel senso rispondergli male, e quanto è difficile non sentirsi feriti.
Mi ritengo una persona sensibile e ne vado molto fiera. Non penso che la sensibilità sia un difetto da correggere, piuttosto sono le persone insensibili a doversi sensibilizzare. Rendere le persone più buone, gentili e attente alla salute mentale altrui è la mia piccola missione. È proprio per questo motivo che spesso rispondo agli haters sfruttando i loro commenti per fare informazione sul bullismo, sulla manipolazione e sulle discriminazioni. Non nego che mi faccia stare male, ma avere la possibilità di condividere questo mio dolore lo rende più accettabile.
Noi ti seguiamo e possiamo dire che si vede una forte passione da parte tua per l'arte e una grande determinazione. Sognavi di scrivere un libro e alla fine ce l'hai fatta, sognavi di pubblicarlo e alla fine ce l'hai fatta. Cosa consiglieresti a chi vuole intraprendere la tua strada ma che magari talvolta si abbatte.
Non sono ancora nella posizione giusta per dare consigli, ma credo che imparare a usare i social come si deve sia molto importante. Sono un’opportunità, forse la più efficace che abbiamo in questo periodo storico. Ci permettono di farci conoscere, ma anche di imparare tantissimo dalle altre persone. Come funziona il mondo dell’editoria, come si stanno affermando altri autori, com’è il nostro pubblico ideale, che cosa gli piace davvero e quali sono i suoi pain points sono tutte cose che si capiscono bene solo quando si inizia davvero a mettersi in gioco e a confrontarsi con il BookTok, il Bookstagram e altri booksocial.
C'é un libro in particolare e una canzone, film, che ti hanno segnata e che in un certo qual modo ti hanno coinvolto nello scrivere il tuo romanzo. (Huxley, il cognome del personaggio, credo sia un tributo al mitico Aldous?
Il mio romanzo è pieno di questi riferimenti. Ho amato “Il mondo nuovo” di Huxley, “1984” di Orwell e tanti altri libri distopici, di fantascienza e fantasy. Mi hanno influenzata molto anche “Il ritratto di Dorian Grey”, i racconti di Poe e la letteratura greca e latina in generale.
Alcuni film che ho citato nel romanzo sono “Donnie Darko”, “Memento”, “Vanilla Sky”, “Eternal Sunshine of The Spotless Mind” e “Mulholland Drive”, tutti tra i miei film preferiti.
Per quanto riguarda la musica, non ho potuto non inserire all’interno del romanzo una scena che si svolge a un concerto dei Riverside, uno dei miei gruppi preferiti. Non esisterebbe “Mal di tempo” senza di loro.
Noi ti ringraziamo tanto e, come ultimissima domanda, progetti futuri? Nuovo libro... oppure...
Per il momento ho in programma di finire di scrivere un romanzo di formazione new adult con tinte oniriche, gotiche e weird che parla di diversità, di desiderio di libertà e di sogni infranti. Spero di poter rivelare di più in futuro, ma per il momento sono tenuta alla segretezza.
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princessofmistake · 4 months
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“Ora, ovviamente, voglio sentire il seguito. Perché il fascino per questo sé antitetico?”. Mi strofinai una mano sul ginocchio. “Già, beh, penso che Yeats si sentisse in gran parte soffocato dalla consapevolezza e, suppongo, dal peso di essere il suo…”. “Sì, sì, certo, signor Eden. Di sicuro Yeats soffriva di spaccature interiori, spesso fino al punto di sentirsi inintellegibile a sé stesso. Ma quello che volevo chiederle è perché lei, signor Eden, è così affascinato dal sé antitetico”. “Beh, forse in un modo che non è del tutto dissimile da Yeats”, dissi con cautela, “trovo confortante reimmaginare me stesso”. Senza rendermene conto, rifiutando dentro di me di accettare l’umiliazione di elaborare ciò che stavo effettivamente facendo, mi immaginai, all’improvviso, come Evan. [...] Non ero il riflesso di un riflesso. Ero Evan. “Proprio così. È ciò di cui tutti abbiamo bisogno, e ne abbiamo disperatamente bisogno, questa capacità di rimodellare il nostro mondo, di essere riformulati poeticamente, di creare e disfare costantemente noi stessi. Fa parte dell’avere un’identità, dell’essere umani. La maggior parte delle persone, per lo meno i pensatori più seri, non possono rivendicare una singola visione del sé, non crede? È una conquista quando ciò che siamo nella carne entra in conflitto con ciò che pensiamo sia il nostro vero essere. In questo modo, il nostro io quotidiano cronicamente inappagato può a volte cogliere parti di quella realtà ideale a cui aspiriamo”. Seguì un attimo di educato silenzio mentre fingevo di non avere una domanda immediata. “Ma lei crede che troppa separazione del sé possa essere… beh, pericolosa?”. Un’espressione preoccupata passò sul suo viso. “In che modo?”. “Immagino che in teoria uno potrebbe perdere di vista il suo vero sé in mezzo a molti altri sé artificiali”. “Non se non esiste un vero sé. Non se siamo sempre in movimento, sempre in evoluzione”. Incrociò le braccia. “Quindi, il compito è trovare l’equilibrio. Lasciare che entrambi i sé, tutti i sé, vivano insieme, scontrandosi in armonia”. “E come riuscirci?”. “Un modo, forse, è trovare il proprio sé antitetico esternamente”. “Intende in un’altra persona?”. “Nei sogni, nelle illusioni, nelle esperienze che ti trascinano fuori dai confini di te stesso. Ma sì, all’estremo, anche in un altro essere umano, qualcuno a cui sei legato, anche se quella persona assomiglia proprio al tuo opposto”. Fece finta di chiudere il libro e di farlo scorrere verso l’altro capo del tavolo. “Se si riesce a trovare un sé antitetico, si può ottenere una sorta di autoespansione armoniosa, un’unità all’interno del potere della propria mente”. “E in questo modo una persona diventerebbe divina, in un certo senso”. “Forse. Ma comunque, per ora direi che abbiamo discusso abbastanza di metafisica mistica”.
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sime667 · 5 months
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Guardarsi dentro
Non sentirsi "felici" è normale. Nessuno è mai completamente "felice." Patologizzare la propria infelicità non fa che aumentarla.
Su una scala da uno a dieci, la felicità delle persone gravita intorno al sette. Fluttua verso l'alto o il basso in risposta agli eventi, poi ritorna a sette.
Concentrarsi ossessivamente sul proprio stato interiore, in compenso, può peggiorare la situazione. Emozioni negative, dapprima circoscritte e tollerabili, vengono a galla e si amplificano.
Chi sta bene non rumina sui propri stati d'animo: si alza dal letto e fa cose. L'attenzione è rivolta all'esterno: agli obiettivi, alle persone, alla vita.
Chi soffre, invece, fatica a distogliere l'attenzione dalla propria sofferenza. Se mi tagliassero un braccio, concentrarsi su qualcosa che non fosse il dolore fisico sarebbe un'impresa. Ergo, una concentrazione ossessiva su se stessi è segno di una persona che soffre.
Ecco, noi oggi viviamo in una cultura che ci invita a guardarci dentro. All'inverosimile. La cultura del "piantala e vai a lavorare" ha trovato il suo opposto in questo ecosistema dove il gergo della terapia è diventato parlare comune - tutti narcisisti, tutti borderline, tutti ansiosi, depressi, bipolari, traumatizzati, disforici. Mi viene in mente il titolo di un libro di Watzlawick, "Guardarsi dentro rende ciechi."
Nessuno sta veramente bene. Alcuni stanno peggio di altri, ma c'è differenza tra stare male e fare del proprio dolore un'identità.
Curiosamente, poi, chi si ritiene primo in classifica nelle olimpiadi della sofferenza si sente spesso in diritto di trattare il suo prossimo come una merda. Come una comparsa. Come qualcuno la cui vita interiore non è sufficientemente intensa per essere presa in considerazione. "Tanto loro non capiscono", per dirla con le parole di un tredicenne.
Il dolore esiste. Esprimerlo in modo sano può aiutare ad elaborarlo. Ma tra l'espressione e la repressione esiste un equilibrio, e per noi "repressione" è diventata una parolaccia.
Scrivo questa cosa su tumblr, dove essere infelici è moneta. Dove disturbi della personalità e disforie varie vengono sfoggiati come distintivi.
Sarei milionario se avessi un euro per ogni persona intelligente, creativa, sensibile, capace - che insomma potrebbe pescare a piene mani tra una serie sterminata di qualità, e sceglie come identità quella della persona "incasinata."
Che essere incasinati sia fico l'abbiamo deciso noi. Possiamo, altrettanto facilmente, decidere il contrario.
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susieporta · 9 months
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Quando i genitori sono fonte di sopravvivenza e al tempo stesso di disagio, il bambino entra in conflitto con sé stesso.
Cerca di adattarsi alle loro richieste e alle loro emozioni, al fine di sopravvivere, e per farlo deve comprimere gli aspetti di sé che non sono apprezzati o addirittura sono rifiutati dall'altro importante.
Questo lo getta in un paradosso alienante, ben sottolineato da Schellenbaum nel suo famoso libro "La ferita dei non amati".
Il paradosso è questo:
Se il bambino mostra gli aspetti di sé che il genitore non apprezza, egli si sente rifiutato.
Ma se nega l'espressione di questi aspetti consegnando all'altro importante un'apparenza accettabile, ma non autentica, non solo si sente frustrato: si sente alienato, stritolato tra la paura dell'abbandono e la rabbia della manipolazione.
Deve manipolarsi per manipolare, e questo lo spinge a mostrarsi per quello che non è, e il poco amore che riceverà, gli verrà dato per quello che non è.
Per questo motivo odierà prima l'altro, e poi se stesso, per non saper riuscire a sfuggire alla trappola nella quale si è cacciato.
Ma non potendo né chiedere protezione né fuggire, si trova in una strettoia che finisce per dilaniarlo, e rimandarlo alla sensazione di non essere "reale".
Questa negazione di alcune parti di sé non solo si riflette nel corpo, ma è a partire dal corpo che può compiersi.
Costringendo alcuni distretti muscolari, movimenti e respirazione, l'energia vitale che dovrebbe permettere di sentirsi motivati ed entusiasti dell'esistenza viene canalizzata per immobilizzare gli aspetti del sé inaccettati e inaccettabili.
Mancando la vita dentro di noi, automaticamente la vita lì fuori perde di senso.
Omar Montecchiani
#quandolosentinelcorpodiventareale
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ballata · 1 year
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Dal mio romanzo #gliaudaci
Mi chiesi se la somiglianza tra questi esseri immondi scaturisse dalla routine dei loro festini satanici,
dalle dame bianche che li inebriavano dalla mattina alla sera di droghe,
dalle lauree false accumulate per autotitolarsi comprate nei paesi dell’Est o via web;
dalle case monegasche per le amanti acquistate con i tesoretti dei loro partiti, lasciti milionari di vecchie rimbambite e circuite dalle ammalianti parolone di cicisbei
navigati;
dai palazzi opulenti pieni di starlette e faccendieri dai passati oscuri,
dalle auto blu di alto lignaggio per sentirsi
pari d’Inghilterra,
dal collezionismo compulsivo di denaro e
di opere d’arte;
dagli orologi svizzeri accumulati in serie e
dalle vacanze abbronzate, cafone e smargiasse.
Che si annoiassero a tal punto, fino a nausearsi così tanto
da ricercare in un infoiamento di gruppo distrazioni che finivano poi in fuitine scabrose, incestuose e nottambule?
Era quindi per questo motivo che ero certo di riconoscere nei loro tratti antropomorfi la stessa genia?
Che s’accoppiassero in ammucchiate selvagge con il favore delle tenebre dentro i loro ministeri in sabba rituali, alcolici e carnascialeschi come cani rabbiosi e sgravassero poi, come ratti, grappoli d’eredi da piazzare nei futuri scranni per perpetrare le discendenze?
#romanzo #robertonicolettiballatibonaffini #lettureconsigliate #autore #lombroso #politicaitaliana #italia #libro #scrittura #etica #ladri #clan #topi #oscurantismo #medioevo #banditi
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amicidomenicani · 1 year
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Quesito Buonasera Padre fra Angelo Bellon, oggi ho letto un libro preso in biblioteca e si intitola "Gesù e Giuda" scritto da Amos Oz. In questo testo l’autore non capisce come mai Giuda agiato proprietario terriero abbia tradito Gesù per 33 denari (una miseria) e perché abbia dato un bacio per fare capire chi era Gesù, se Lui era un personaggio molto noto ai sacerdoti e alle folle.  Poi infine mi ha colpito la reazione violenta di Gesù nel tempio che scaccia i mercanti. Quando lui predica l’amore per i nemici e di porgere l’altra guancia. Sono domande a cui io farei fatica a dare risposta e volevo sentire un tuo parere. Saluti Andrea  Risposta del sacerdote Caro Andrea, 1. Amos Oz è un romanziere e pertanto fa di Giuda un agiato proprietario terriero, cosa che non consta dai Vangeli. Leggendo alcune biografie di Gesù scritte da insegni biblisti non ho mai rinvenuto la notizia che Giuda fosse ricco. Ma anche se lo fosse stato, questo non è in contrasto con la cupidigia. 2. Una cosa è certa: Giuda inizialmente fu affascinato dalla figura di Gesù perché diversamente non avrebbe accettato di diventare apostolo. Ad un certo momento però lo troviamo privo di fede, come appare nel capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, tanto che Gesù esce nei suoi confronti con questa espressione: “Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!. Parlava di Gesù, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo ed era uno dei Dodici” (Gv 6,70-71). In quell'occasione, dopo aver sentito che Gesù aveva detto: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” ( Gv 6,51) “molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6,66). Il Vangelo poi riporta queste parole di Gesù: “Ma tra voi vi sono alcuni che non credono” (6,64). Tra questi vi era Giuda. Dice San Giovanni: “Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito” (Gv 6,64). 3. Quando molti si allontanarono, alle parole di Gesù: “Volete andarvene anche voi?" (Gv 6, 67) San Pietro disse: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio" (Gv 6,68-69). Giuda, pur non credendo, rimase dando a credere di associarsi a Pietro. Di fatto però non era più all’unisono con il suo Maestro. 4. Come mai a continuato a rimanere tra gli apostoli? Scrive il domenicano Marie-Joseph Lagrange: “Venuto a lui per motivi di interesse e di ambizione dovette sentirsi allora contrariato nella sua cupidigia e nel suo orgoglio.  Una circostanza sconosciuta aveva cambiato in avversione la simpatia per il maestro. Perché non andarsene anche lui con gli altri? Gesù, pur mostrando di non voler essere creduto vittima di un errore, soffrì la presenza di chi lo doveva tradire” (L'Evangelo di Gesù Cristo, p. 221). 5. Un altro episodio che fa comprendere gli interessi di Giuda: quando Gesù si trova nella casa di Lazzaro, appena risuscitato dai morti, e Maria sua sorella gli unge i piedi con un vasetto di profumo assai prezioso, ne fu indispettito e disse che sarebbe stato meglio vendere quel profumo per darne il ricavato ai poveri. In altre parole: nel frattempo il ricavato sarebbe finito nelle sue mani perché il Signore gli aveva affidato la cassa. “Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa prendeva quello che gli mettevano dentro”(Gv 12,6). Se Giovanni dice che era ladro, significa che l'aveva scoperto con le mani nel sacco. Giuda continuava stare accanto a Gesù per interesse. Scrive padre Lagrange: “Avaro e preoccupato per l'avvenire, si metteva a parte del denaro” (Ib., p. 418). 6. Giuda infatti aveva il sentore che bolliva qualcosa attorno a Gesù. E questo divenne ancora più chiaro quando il Signore difese il comportamento di
Maria dicendo: “Lasciala fare perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura” (Gv 12,7). Commenta padre Lagrange: “Gesù non aveva mai annunziato con tanta forza la sua morte imminente. Egli si vedeva già disteso, imbalsamato per mano delle pie donne…  Dal canto suo Giuda è convinto di non poter più a contare su di lui: dal momento che era perduto, era meglio cercare di trarne profitto. Entrò pertanto nel suo cuore l'idea del tradimento eccitata dal raffronto che aveva ricevuto. (…). Aveva cessato di avere fiducia nel suo capo da lui forse mai amato, dapprima perseguendo delle chimere, ed ora scoraggiato" (Ib., p. 418). Ecco il motivo per cui secondo San Matteo è Giuda stesso che si presenta ai sacerdoti per ricevere del denaro al posto del tradimento: “Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?” (Mt 26,14-15). 7. A proposito del bacio: è vero che Gesù era conosciuto dalle folle, ma era notte. Inoltre è probabile che quelli portati da Giuda non conoscessero precisamente Gesù perché “Giuda andò dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dei capi dei sacerdoti e dei farisei, con lanterne fiaccole e armi” (Gv 18,3). Per fare in fretta nell'arresto, Giuda aveva dato l'avvertimento: “Colui che bacerò è lui” (Mt 26,48). 8. Inoltre in testa ai soldati vi era il comandante, un tribuno romano (cfr. Gv 18,12). Scrive padre Lagrange: “L'arresto era stato preparato dai capi dei sacerdoti: essi avevano fornito gli uomini e li avevano armati di spade e bastoni. Per maggior sicurezza però avevano domandato al tribuno romano incaricato di montare la guardia nel tempio una squadra della coorte di stanza a Gerusalemme. (…). Il tribuno venne in persona portando alcuni soldati che secondo l'ordine avevano armi e fiaccole. (…) San Giovanni, che è il solo ricordare la presenza del tribuno, lo mette naturalmente al posto d’onore” (Ib., pp. 525-526). Con l'accorgimento del bacio, l'arresto di Gesù è stato immediato. 9. Chiedi poi perché Gesù usi tanta violenza nel cacciare i venditori dal tempio. Sì, è vero ha usato molta forza: “Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà” (Gv 2,14-17).  Per noi è inimmaginabile il chiasso che si faceva in quel mercato perché gli orientali non sono come noi che al prezzo indicato senza batter ciglio diamo quanto è dovuto. Gli orientali mercanteggiano: il venditore alza il prezzo e il cliente lo abbassa. E così vanno avanti fino ad arrivare a un compromesso. Nel tempio allora era tutto un gridare e un reclamare da parte di una moltitudine, tra branchi di buoi e di pecore e di venditori di colombe. Lo storico Giuseppe Flavio dice che i sommi sacerdoti avevano ottenuto il monopolio delle vendite. E vendevano a peso d’oro i colombi che erano il sacrificio dei poveri. Sicché la preghiera e l'unione con Dio era del tutto impossibile. Il tempio era stato costruito proprio per questo. Inoltre come offrire sacrifici a Dio con cuore lieto quando non solo si era mercanteggiato, ma si era subìta la violenza e il ricatto dei venditori? Scrive padre Lagrange: “Gesù non tollerò questa profanazione. Senz'altro mandato che quello di Figlio di Dio, non volle che la casa del Padre fosse trasformata in un mercato e armatosi la mano di un flagello di corde rapidamente raggruppate scacciò di là tutta quella gentaglia pronta alla fuga, raggiunse quindi l'armento più lento che spinse davanti a sé e abbatté le tavole abbandonate dei cambiavalute con tutto l'assortimento della moneta spicciola” (Ib., p. 87). Stupisce che tutti quei venditori (una moltitud
ine) non siano stati capaci di opporre resistenza davanti al Signore e siano fuggiti. Si riesce a comprenderlo solo se si pensa che qui Gesù ha agito con la potenza della sua divinità, di fronte alla quale nessuno ha potuto opporsi. 10. Perché dunque Gesù agì con tanta forza? Perché lo divorava lo zelo della casa di Dio. Questo è il motivo compreso degli apostoli: “I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà” (Gv 2,17). Sì, per se stesso avrebbe accettato ogni oltraggio, ogni possibile sofferenza. Ma con tutta la sua forza non ha voluto tollerare che venisse profanata la casa del Padre. Ti ringrazio per tutti questi quesiti che ci riportano al momento più grave e più solenne della nostra storia: quello della passione redentrice di nostro Signore. Con l'augurio che tu ti immerga sempre più in questo mistero, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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seoul-italybts · 2 years
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[✎ TESTO ♫ ITA] Jack in the Box - J-Hope⠸ ❛ Safety Zone ❜⠸ 15.07.22
[✎ TESTO ♫ ITA]
J-HOPE ☻❒ Jack in the Box
08 ❛ Safety Zone ❜ / Zona di Sicurezza
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Prodotta da: Pdogg
Scritta da: j-hope, Pdogg
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Dov'è la mia zona di sicurezza?
Se qualcuno lo sa, me lo dica
Dov'è la mia zona di sicurezza?
Dannazione
Ho sacrificato i miei 20 anni
E sto vivendo quest'esistenza incommensurabile
Figura pubblica, quindi rispondo alle reazioni di chi guarda, ma
Dovrei piuttosto guardarmi dentro, e le grida si fanno sempre più
forti al mio orecchio
Il mondo cambia in fretta
E, a dispetto di quegli istanti (di fama), mi sento solo
Ne soffro, mi sembra di non avere amici
La mia vita è il mio nemico, mi sento vuoto*
Oh cielo!
* 적 significa "nemico" e 적적하다 vuol dire "sentirsi soli/svuotati"
Hobi fa uso di entrambe le accezioni, continuando con il tema della mancanza di amici/alleati e della solitudine, dal verso precedente, n.d.t.
Cerco di viverla per gradi, ma sono teso
Provo persino ad incoraggiarmi, gridando
"In bocca al lupo"
Nella bolla, sto al passo con i ritmi della città,
Incontro gente, ma
Come un'auto bloccata in un ingorgo stradale
Accuso colpi e vengo sballottato qui e là
Perché io non ce l'ho? Dove devo andare per trovarla?
Persino nei videogiochi, se ti guardi bene intorno, troverai
delle zone di sicurezza
Pesto i piedi dalla frustrazione
Sono come una Porsche di latta*
* 깡통/latta, scatola di latta: espressione gergale utilizzata
per indicare qualcosa di scadente. In abbinamento al brand
automobilistico, sta ad indicare che, sì, la sua vita sarà pure
come un'auto di lusso, ma fatta di componenti di bassa lega,
tutto fumo e niente arrosto, n.d.t.
Vorrei andare, ma dove trovo quella disposizione mentale?
Esisterà davvero un luogo simile, almeno nella mia mente?
Sicuramente anche io avrò avuto qualcuno come l'"albero generoso",*
pronto a donare
Ma allora dov'è il ceppo su cui sedersi un istante a riflettere, sostare?
* rif. al racconto illustrato "L'albero / The Giving Tree" (아낌없이 주는 나무/ L'albero che dona senza riserve), scritto da Shel Silverstein nel 1964. Controverso libro per bambini e ragazzi, parla del profondo legame tra un bambino ed un albero che, via via, diventa sempre più unilaterale, man mano che il bimbo cresce, diventa un uomo e si allontana dall'infanzia ed innocenza nel contesto naturale. Ciononostante, l'albero continua a donargli tutto se stesso: prima i frutti, poi i rami ed infine il tronco.
Quando il bambino, ormai anziano, torna dal suo amico arboreo, questi, spogliato di tutto, continua ad offrirsi senza riserve, mettendo a disposizione dell'amico il proprio ceppo su cui sedere, n.d.t.
Dov'è il raggio di luce che diventerà conforto nella mia oscurità?
È una casa serena o quel blu così distante, in lontananza?
Dov'è la mia zona di sicurezza?
A sinistra, a destra, sempre dritto?
Qual è la mia zona di sicurezza?
Questo posto? Quest'altro? O X?
* o X = non esiste, n.d.t.
Dov'è il raggio di luce che diventerà conforto nella mia oscurità?
È una casa serena o quel blu così distante, in lontananza?
Dov'è la mia zona di sicurezza?
A sinistra, a destra, sempre dritto?
Qual è la mia zona di sicurezza?
Questo posto? Quest'altro? O X?
Le grida di supporto di chi ha fiducia in me?
(Ma mi sentirò solo quando anche loro mi
volteranno le spalle)
Le persone che mi hanno guidato?
(Ma, a ben pensarci, sono spaventato)
Persino con i miei legami di sangue
Non posso sfogarmi liberamente, perché c'è sempre
questo senso di responsabilità
Ultimamente, preferisco gli animali alle persone
E per questo mi detesto
Mi sento come il tramonto sul punto di spegnersi
(Brilla e poi il buio)
Ho bisogno di una luce che sappia portar conforto alle
mie notti e alle mie albe
(Tutta per me)
Dov'è quel luogo?
Dov'è la mia zona verde, dove evitare ogni calamità?
Ma anche dovessi scegliere questo percorso,
Esisterà davvero? La mia zona di sicurezza?
Dov'è il raggio di luce che diventerà conforto nella mia oscurità?
È una casa serena o quel blu così distante, in lontananza?
Dov'è la mia zona di sicurezza?
A sinistra, a destra, sempre dritto? (x2)
Qual è la mia zona di sicurezza?
Questo posto? Quest'altro? O X?
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS | eng: © BTS_Trans ; © doolsetbangtan ; © ColinSH3⠸
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trilocale con balcone vista lago (2)
Entra in camera e trova i gatti, sul letto uno, sul tappeto l'altro, li ha svegliati accendendo la luce, stanno sbadigliando e guardandola male, come se senza pensarci gli avesse fatto del male. Se ne dimentica così spesso, poi pensa a come troverebbe maleducato, illegittimo e narcisistico entrare in una camera dove qualcuno dorme accendendo la luce senza neanche chiedere permesso, che sia casa sua o meno. Chiede scusa ai gatti e poi peggiora le cose dandogli un bacio a testa, un' altra sua piccola tiranneria, e poi appoggia anche lei la testa sulla coperta, i piedi ancora per terra, a ricordarle che deve comunque alzarsi ancora, che deve ancora spogliarsi, lavarsi i denti, bere un po' d'acqua, far partire la lavastoviglie, svuotare il posacenere sul tavolo, dar da mangiare ai pesci, dar da bere alle piante, prendere il libro dal terrazzo, accendere il computer, sistemare la coperta sul divano, socchiudere le persiane, tirare il chiavistello, e poi forse finalmente andare a letto. 5 minuti e poi vado. 5 secondi e poi vado. 3 minuti e 35 primi e poi vado. 27 alla radice quadra di 92 e poi vado. 187 cerca di continuare a contare, finchè conta sarà salva, riuscirà a perdersi nelle nebbie del troppo stanco, riuscirà a far finta di niente, riuscirà a rimanere perfettamente immobile,  a tenere la mascella rilassata e il viso sciolto, ma il conto già inizia a cedere, già inizia a pensare che sta contando, inizia a pensare che non deve smettere di farlo, che se smette si sveglia e poi deve alzarsi e poi deve lavarsi i denti e spogliarsi e lavare i piatti e dar da mangiare agli animali, faunici florici e acquatici. Prima lo faccio prima finisco è sempre un buon motto in queste situazioni, la fa sentire meno sola, centinaia di milioni di persone ad averlo pensato e si alza, è uno scatto, meglio di quello del gatto, è detto e scontato, poi fatto: si alza, trascina leggermente i piedi sul tappeto per sentirsi confortata dal morbido e dal caldo, si dirige prima in terrazzo, tira dentro il libro, lo appoggia vicino al computer che accende, recupera il posacenere, va in cucina, butta i mozziconi, mette in lavastoviglie il posacenere, inserisce nello scomparto la pastiglia di madreperla di siviglia e la fa partire, poi riempie la bottiglia d'acqua, ne basta poca, tutte piante che con troppa acqua annegano e marciscono e muoiono, meglio sapersi contenere di questi tempi aridi per spirito e corpo 382, e torna in salotto, si avvicina all'acquario, il mangime è lì imparte, ne butta una manciata ai pesci rossi e dice ciao bubbles, si avvicina al divano e la coperta viene riquadrata e piegata finchè non è un rettangolo 40×180 che appoggia allo schienale, quindi è ora del chiavistello che tira senza girare la chiave, intanto da da bere alle piante che incontra sulla sua strada finchè arriva in bagno, dove entra sapendo di temere il freddo delle piastrelle, si siede in punta di piedi a pisciare, si spazzola i denti facendo attenzione ai molari, si passa acqua sulla faccia e sulle mani, va in camera, le ultime piante, beve quel che rimane, molla la bottiglia in cucina, prende computer e libro in braccio, li appoggia sul pavimento, si sfila il vestito, lo appende a una sedia ed entra nel letto 524. Sipario, supplemento di prezzo e pornodocumentario. 
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unfilodaria · 2 years
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Che poi…
Che poi non so quanto sia vera la voglia di arrovellarsi sulla parola amore o è solo un bisogno disperato di riempire un vuoto, di tappare una falla, di aggrapparsi a qualcosa che dia l’idea di calore, di sentirsi vivo ed immaginare di desiderare e di essere desiderato.
E non mi viene in mente altro che queste corse verso il mare, lo scorrerci in parallelo, coi lidi deserti, in abbandono, disastrati come mi sento dentro e dopo la sabbia la bellezza del mare, l’abbassarsi del sole, il frangersi delle onde, la sagoma di Capri all’orizzonte, il tuo sorriso, i tuoi occhi, forse beffardi, le note di un flauto, Oblivion e poi Morricone che si mescola a Chopin… è ancora correre verso sud, verso la pace che non ho mai trovato, la mia disperazione, il mio stare in silenzio sfogliando un libro o tirando le somme della mia vita.
È stato un anno del cazzo, intenso, tormentato più di quanto io lo sia mai stato. E il vuoto che diventa abisso e poi di colpo si riempie e poi di nuovo si svuota. Troppe emozioni, troppo dolore, tanti sorrisi e poi lacrime e poi il nulla.
E tutto questo lo chiamiamo amore? O è semplicemente il tormento di un folle che ha solo un vuoto dentro che non riesce a colmare?
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cuor-trasparente · 2 years
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Sfoghiamoci
quando mi sento overwhelmed, uno dei principali rimedi per me è scrivere.
Ho il grandissimo desiderio questo 2023 di conoscere nuove persone: ho bisogno di cambiare aria. Voglio conoscere nuove persone, nuove amicizie, nuove ragazze e nuovi ragazzi, o banalmente, approfondire le mie conoscenze. Voglio levarmi le etichette di "migliori amici", perché negli ultimi mesi sono le persone da cui mi sono sentita più ferita. Da un lato mi sono chiesta perché a volte mi venisse più facile uscire con amici appena conosciuti, rispetto ai miei amici più stretti e la verità è semplice: perché mi fanno stare meglio. A distanza di tanto tempo ho capito e ho compreso la mia tendenza a tenere separati i gruppi, un po' perché alcuni miei amici non c'entrano niente gli uni con gli altri, un po' anche per poter preservare quel senso di benessere che solo alcune persone sono riuscite a darmi negli ultimi mesi. assenza di giudizio, bene incondizionato, desiderio di passare tempo con me, affetto, è questo che desidero più di tutto. Da un lato mi mancano le mie migliori amiche, quelle con cui passavo il tempo e le ore a non fare niente. Quelle che mi ispiravano a diventare una persona migliore, quelle che mi parlavano per ore di cose che le appassionavano e che ascoltavo stra volentieri perché mi arricchivano e le amavo anche per questo. Negli ultimi mesi mi sembra di essere ricaduta in dinamiche che ho sempre criticato: tutte senza rendercene conto siamo passate dall'essere quello che eravamo all'essere boh, forse superficiali? A passare le ore a parlare del ragazzo X che da attenzioni, al ragazzo Y, a quello ancora, a quello che ha detto che sono una figa a quell'altro che mi ha scritto quella cosa. E poi non so come si è trasformato tutto in usciamo per parlare delle attenzioni ricevute da x persone senza però chiederci come stiamo. di cosa abbiamo bisogno. quali sono le nostre aspirazioni. i nostri sogni. i nostri desideri.
mi manca sapere la nuova opinione controversa detta da x persona che alice trovava su youtube e discuterne per ore, mi manca sapere di quell'artista giapponese che ha fatto follie, di quel libro che parla di alchimia o esoterismo, di quella serie che è super bella, di quel libro che è fantastico.
e per questo conservo con cura e ringrazio michael, che mi ha fatto venire il dubbio 1500 volte su cosa fare del mio futuro, dei baci e dei drink durante discorsi su fisica della materia, di rio, che mi regala il fumetto appena uscito di zerocalcare, e mi racconta della musica. conservo ester, che è forse l'unica persona che ad oggi non mi ha mai fatto sentire giudicata, nonostante io l'abbia ferita, in passato, per anto. le voglio un sacco di bene e vorrei che riconoscesse il suo valore, perchè la capacità di ascoltare gli altri senza giudizio, esserci, e saper confortare e dire le cose giuste non è da molti.
le persone cambiano, cambiamo tutti. ci si vuole bene, ma potrebbe anche essere che non si è più compatibili.
sentirsi voluti bene a condizione, sentirsi lo psicologo che ti ascolta parlare dei tuoi drammi mentre dentro vorresti solo piangere, sentirsi appositamente abbandonati, sbolognati, messi da parte è una sensazione che mi voglio lasciare in questi ultimi mesi.
io nel 2023 sarò egoista. buona e gentile, non mi permetterei mai di far soffrire qualcuno di proposito, ma sarò egoista. penserò prima a me stessa e la smetterò di stare in ambienti che mi stanno stretti, con persone che mi fanno sentire di troppo, o troppo poco, io voglio stare con persone che nutrono la mia anima, che mi rendono piena, che mi arricchiscano e soprattutto, che ci siano sempre, non solo quando hanno bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. mi voglio bene, ho un cuore grandissimo, e mi amo per questo. ho un cuore grandissimo perchè altrimenti non avrei passato così tanto tempo a soffrire per altre persone, a combattere con me stessa e a dirmi "non posso pensare questo di loro".
continuerò ad amare, continuerò a voler bene incondizionatamente, continuerò a lasciarmi andare e non permetterò più che le insicurezze altrui riflettano la mia persona
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sorella-di-icaro · 2 years
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Tumblr media
Per me uomo deve saper stravolgere mentalmente e fisicamente la propria donna
lasciarla libera per sentirsi viva assieme al proprio uomo
Per me un uomo deve farmi gola come un piatto con dentro una buona pietanza che non riesci a stare un secondo senza assaggiarla
Per me un uomo deve desiderare la propria donna in tutto e per tutto e saperle fottere ogni centimetro del suo sensuale corpo fino a che non finisce col fotterle la mente e pian piano domarla fino a farla diventare sua
Per un uomo deve saper curarsi la sua donna come quella rosa di cui il Piccolo Principe se ne prendeva cura sul suo pianeta, l'asteroide B-612
Per me un uomo deve saper addomesticare la propria donna e farla diventare unica come fece il Piccolo Principe con la volpe nella fiaba di Antoine de Saint-Exupéry, dove appunto la volpe spiegava al Piccolo Principe che cosa vuol dire il significato del termine addomesticare e di come lei (la volpe, appunto) può diventare speciale per il Principe
Per me un uomo deve far sentire la propria donna libera di esprimersi quando ella è nella stessa stanza con lui e senza farla sentire a disagio nella presenza del suo uomo
Per me un uomo deve essere in sintonia con la propria donna e capirla non solo nei suoi gesti e modi fare, ma anche quando si trovano sotto le lenzuola
Per me un uomo deve saper toccare una donna nella maniera più delicata possibile e farle sentire quelle vibrazioni che le piacciono così tanto per farle mandare in bestia il cervello fino a che il suo uomo la faccia eccitare fino a farla impazzire d'amore per lui
Per me un uomo deve saper leggere la propria donna come se fosse un libro aperto, comprenderla per poter capire ciò che la sua donna vuole
Ma per me un uomo, prima di mettere in pratica tutto questo, deve saper scavalcare con dolcezza tutti quei muri che quella ragazzina prima di diventare donna si era creata durante tutti i suoi anni a causa della cattiveria che c'è nel mondo
Un uomo deve fare questo, prima di tutto il resto
(a r t b y @ s v r o j i t)
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scogito · 3 years
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Riporto questa citazione, non seguo l’autore, ma questo scritto riassume egregiamente tutta la funzione del lavoro su di sé, comprendendo anche i falsi miti spirituali su cui mi incazzo spesso qui dentro. 
“Hai una storia ma non sei la tua storia. Hai un'identità ma non sei quell'identità. Hai un corpo ma non sei il tuo corpo. Provi emozioni ma non sei le emozioni. Hai dei pensieri ma non sei i tuoi pensieri. L'unico vero problema è che sei identificato con tutto ciò e questo è solo parte della mente non della realtà. Da qui nasce ogni problema, tutto. Sembra un'assurdità ma è così, in poche parole si può riassumere tutto. Da così poco nascono una miriade di problemi, di dinamiche e di sperimentazioni per portarti a ricordare cosa sei davvero e ripartire. Noi siamo tutto ciò che non è per la mente. L'amore è tutto ciò che non è per gli umani. Cerchi l'amore ma non sai come fare, ti ricordi che esiste, sai dentro di te che c'è ma non sai come trovarlo. Cerchi, giri il mondo, lo cerchi in un libro, in una persona, in una conferenza, in un credo, in un maestro, fai rumore; tanto rumore per cercarlo. Piangi, ti disperi, ammonisci, allontani, provi paura, sei smarrito sempre più smarrito e disperato. Tutto questo è creato dalla mente ma non lo sai. L'unico modo per cambiare ed uscire dalla mente è il qui ed ora e questo processo parte dal silenzio. Ma non dal silenzio esterno, ma da quello interno. Quando cominci ad entrare nel silenzio ti spaventi, senti l'ignoto, la vastità e subito cerchi ancora il rumore e ti perdi. Per questo la spiritualità finta funziona e ci cascano tutti, lei è il rumore della ricerca mentale travestita di luce, tutti abboccano all'amo perché questa ricerca mentale per uscire dalla mente dà da bere alla mente e lei pensa di evolvere; qui non c'è il silenzio ma è comoda. La meditazione con qualcuno che ti parla che ti indica cosa devi visualizzare, che non ti permette di meditare realmente, ma non fa nulla, l'importante è riempire la mente con altra finzione. I vari metodi e le tecniche per raggiungere stati di coscienza galattici in cui la mente è contenta perché è ancora protagonista. Oppure la moda di oggi, i corsi per attestare a qualcuno che può aiutare gli altri, i corsi per canalizzare, i corsi per avere contatti con chissà chi, uccidendo il principio base dell'esistenza cioè la naturalezza delle cose. Tutto questo fa rumore, scalpore, è interessante, suadente, luccicante, ma non è amore. Torna a casa, dentro di te, non hai bisogno di nulla, di nessuno, smetti di cercare, fermati. L'inganno è solo essere identificati con la mente, abbandonati. Non sai dove ti porterà la strada e hai paura. Non c'è una strada e puoi capirlo solo nel qui ed ora. Non c'è strada, percorso, via e nemmeno una meta. Esatto non c'è la meta, la meta che tanto agogni è un bisogno mentale, una speranza che una volta arrivato non avrai più problemi, ma non esiste. Non c'è nulla, c'è solo l'amore. Entra nel silenzio e osservati. Questa è meditazione. Certo è molto diversa dalla moda e non raggiungi nulla perché non c'è nulla da raggiungere, semplicemente ti togli di dosso tutto ciò che non sei. Ti disidentifichi e velo dopo velo, coperta dopo coperta rimani tu, il vero te, il silenzio totale in pace al di là di tutto e sprofondi nell'estasi dell'amore. In una sola pratica fai mille volte ciò che per tutta la vita hai sperimentato girovagando. Hai la parete piena di attestati, di diplomi e di lauree ma sei infelice, hai il lavoro che ti paga molto, la villa dei tuoi sogni, hai realizzato il tuo progetto ma non sei felice, desideravi dei figli ora li hai ma non sei felice, è evidente che qualcosa non va. Tutto ciò è mentale e mai, per natura stessa della mente, ti darà pace e felicità. L'amore è un’altra cosa, l'unica cosa che fa l'amore per natura è condividere. Certo, penserai cosa hai fatto fino ad ora e quanto tempo hai perso, ti sentirai scosso, bene è quello che cerco di fare per te, farti accorgere, rompere i tuoi argini per ricordarti che non sei fatto per stare a riva, ma per nuotare liberamente. L'umanità è come un'aquila che si è abituata ad alzare muri per separarsi dagli altri, per proteggersi, per sentirsi sicura e felice e ha dimenticato che è nata per volare”.
Fonte: MonolituM - Autore Nicolò Di Lella.
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