😂😂😂 STO RIDENDO DA UN'ORA:
Tema: racconta i tuoi giorni al mare
Isola Verde, 25 Giugno 2017.
OTTAVO GIORNO DI PRIGIONIA.
Cara maestra precaria,
le scrivo recluso dalla rulott dei nonni a Isola Verde.
Non so se ha presente cossa vol dire avere 8 anni e stare al mare coi nonni che ne hano rispetivamente 78 e 78.
Come molti veci, essi d'estate hano due obietivi nea vita: lamentarsi del caldo e ripararsi dal caldo.
I copulatori che mi generarono con atto sessuale circa 10 anni orsono (ciamarli genitori me vien nervoso), mi hanno cacciato qua dai veci dal 14 Giugno a no so quando!
Io qua passo le mie giornate tra la rulott del campeggio e quando che esco posso rivare fino al segno del quadrato del ombra dea tenda, parchè dopo ciappo il sole e secondo loro muoro.
Sono praticamente come un misto tra Dracula e un can ligà su un albaro.
Cara maestra precaria, par farle capire come che sono ciappato, eco le tape fondamentali dele mie giornate:
7.00 - sveglia e passeggiata al mare... “Fin che no riva el caldo”, dice la nonna.
7.15 - ritorno in casa parchè: “Taca essere soffego”, dice il nonno.
Nel tragitto, acquisto di un craff pa fare colassione. Sarà l’unica crema che vedarò su ste vacanse!
7.30 - la nonna chiede "Cossa magnemo uncò?".
Ma cane del porco, a devo oncora digerire il craff e hai già inamente cosa fare? Comunque dalle 7.40 la nonna taca spignattare!
Dale 8 ale 12.30 resto sul mio recinto a vardare staltri putelli che vanno al mare. Specialmente quelli di altre rasse tipo i tedeschi che essi del caldo non gliene ciava gnente, di mettersi le savatine sui cessi manco che manco, e di nascondersi fin che fanno pissin nella doccia del campeggio no ne parliamo!
12.30 – facio i conpiti.
12.31 – mi rompo i totani di fare i conpiti. Il nonno varda Studio Aperto e la giornalista ci avvisa che è caldo, che bisogna stare dentro. Grassie, mi mancava il colpo di grassia!
12.45 – pranzo sula veranda dela rulott.
Penso che al pranso della comunione i 112 invitati hano magnato manco! Dico che non ho più fame, ma la nonna risponde: “Magna che se no dopo me ciapo paroe da to mama!”
13.45 – riposino.
13.46 – mi sono roto i totani anca di stare in leto. Taco la Tv. Taco i videogiochi. Taco anch'io parchè sto sudando, parchè i veci no tacano l'aria condissionata parchè consuma.
"Nonna go tanto caldo. Tachiamo il clima?"
"No. Se te stè fermo te sopporti". Tu hai 78 anni stai ferma veciassa, io no ci riesso!
"Dopo te ciapi el coera e me ciapo paroe da to mama".
16.00 – ORARIO CHIAVE: LE QUATTRO! Ogni mamma del mondo dice che “AE QUATRO SE POE NDARE IN ACUA”!
Ma mia nonna è diversa: “Ae quatro se va magnare el gelato sfruttando ea linea de ombra dei alberi! Altro che mare, dopo te te brusi e me ciapo paroe da to mama”. E magna anca el gelato.
16.30 – la nonna dice: “Desso ndemo fare ea spesa, così al supermercato ze fresco”. I commessi del supermercato volliono adottarmi, stanno organisando di impinire di acqua la piscina in esposissione nel reparto giocattoli parchè gli faccio pecato.
18.45 – rientro a casa e preparassione del pesce fresco crompato al super. “Nonna chi ga da vegnere?”
“Soeo noialtri tre. Ma ze ben che te magni tanto pesse, se no dopo me ciapo paroe da to mama”.
19.45 – cena di pesse. Credo che solo oggi ho preso 8 Kg! Il costume no mi va altro bene, ma chi se ne ciava parchè tanto qua l’unica acqua che vedo è quella della doccia delle 20.30.
20.30 – doccia. Ogni sera. No sono mai stato così neto in vita mia!
21.00 – “Posso ndare fora adesso nonna?”
“Si... MA VIEN QUA CHE METEMO EA CREMA”.
“Ma nonna, è scuro ormai!”
“Tasi e metti ea crema se no dopo me ciapo paroe da to mama!”
21.10 – passeggiata lungomare. Par vendicarmi gli facio sputanare almanco 20 euro di giostre! Tiè veciassi!
22.00 – il nonno dice: “Te me pari stufo Toma, ndemo casa. Ze mejo che te dormi se no dopo se ciapemo paroe da to mama”.
22.30 – sono in leto de novo.
Insoma maestra, spero che quei due esseri umani che mi hanno trasmesso il loro dna difettoso (genitori cancari) vengano a tormi presto!
Mi sono frantumato i maronsini di stare qua.
Le chiedo di capire la situassione diffilce e veda di darmi almanco 8 su sto tema… se no dopo te te ciapi paroe da me mama!
Saluti.
Il prigioniero,
Toma Scantamburlo.
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AmilcareGrassi, poeta Castelnovese, Assessore alla Cultura del Comune di Fosdinovo narra Sòfia gnò c'a t'arespòndo , una raccolta di poesie scritte in quarantena.
DPCMproject
Sófia gnò c’a t’arespóndo
Occhi di cane
Tu forse lo senti / nell'aria di casa /
nei giri più corti che facciamo / quello che ci è capitato
ma insieme qui siamo / di passaggio a questo mondo /
tu forse lo senti di più / il brusìo di quel fondo /
da dove tutti veniamo / con i tuoi occhi rovesciati.
Al tramonto quando il sole / bacia i poggi e poi si ritira /
e la collina trema di calore / dentro alle ossa ti sentivo
e una voglia strozzata mi prendeva /
di camminare con te / in mezzo agli ulivi.
Glicine
Le lacrime della bambina / fiori azzurrini diventano /
pezzi di cielo caduti / nel verde della collina /
voci di speranza e amicizia / a lenire nella lontananza /
la nostra mestizia.
Anche l'ombra / illumina il suo guardare /
tutto colora, confonde / nebbia di calore che vela /
schiuma di mare il suo sorriso / che la sabbia bacia e sparisce /
di sé ti lascia il sale.
I piedi dovevo baciarti / che ti hanno portato in paese da ragazzina /
mi tengo il tuo guardare / pieno di sospiri /
di ricordi, mamma / di occhi sempre vivi
rinasci ogni volta / che ti rivedo morire.
Con la tua lana tante volte/ ho provato a lavorare/
mi sono messo a cucire/ i nostri vespri a ricordare/
io attaccato alla cucina/ tu mamma a sferruzzare/
Studia ragazzo mi dicevi/ la vita per me è stata meschina/
cattivo è il mondo/ con la conoscenza e la pietà/
forse lo puoi cambiare.
Quando più non potevi camminare/ ho guardato il tuo scomparire
come la luce che la sera/ si adombra per sfinire /
e il borgo si ritira/ lo senti spignattare. /
Si era perso il sorriso / che sempre avevi
e l’azzurro dei tuoi occhi / una nuvola copriva.
A prenderla come te vorrei riuscire / non come fosse l'ultimo /
ma il primo giorno da ricominciare. /
Tu ridevi babbo / - Al vivere mi sono abituato /
- tu dicevi - una disgrazia / a novant'anni doverlo lasciare.
Tu babbo non capivi /-Dove sei, ritorna al mondo /
lunatico - mi dicevi /- solleva a testa dai libri /
esci, cammina tra gli ulivi. - / Come la mamma mi guardavi /
dentro il vivere / come avessi d'andare via.
Andiamo dove abbiamo da andare/ chi ha trovato le parole/
il nostro vivere a dire? / tu no, babbo, ma chi? /
indietro fammi tornare / a quel primo sentire /
a chi così l'ha cantato / per quietare.
Si sente un Re con la sua corona/ non guarda in faccia nessuno /
si infila in mezzo al respiro / a dirci di stare calmi /
di pensare al poco che siamo / di abbassare la crésta /
a stare insieme di imparare.
Si nasconde il vivere/ scappa al nominare /
al pianto e al ridere / si fa forse sentire /
nel brusìo del silenzio. / La città così zitta /
che vi guardo tutti ritornare.
Con questo silenzio si fanno sentire / mi vengono tutti a trovare /
a farmi compagnia / Eliano di poche parole /
non c'è niente da buttar via / mia madre dolce sospira /
di mio padre il parlare più antico / Ginon con gli altri in fila /
a dirmi di ricordare / quello di loro che mi rimane /
come nuvola sopra ai monti / quando il sole scende al mare, /
che di qui hanno nostalgia.
Abbarbagliare di muri / nella nebbia di calore /
dei meriggi di festa / un ritornare di ombre tra i vivi/
mi fermavo ad aspettare / un fischio, un sospiro/
un segno d'amore / per me che ero vivo.
I tempi è vero sono duri/ ma basta il soffio /
della fucsia ballerina / a far partire la musica del mondo /
che prima non si sentiva / il brillare delle foglie verdi /
agli acùti dei limoni in allegria / della tortora neppure l'ombra /
sono pochi anche i gabbiani / ma l' arenaria spunta già dai muri.
Denudato al freddo e al sole / è rinato il mio ulivo /
ha rimesso le foglie / giovane si lascia guardare /
con le sue verdi voglie / l'ha salvato il dolore /
si è ricordato come fare.
C'è una palma là davanti / verso il cielo sembra scappare /
tanti i verdi della collina /tutti insieme in armonia /
è la bellezza a mettere insieme / l'amicizia fa sognare /
che questo mondo butta via. /E se fosse questo il mondo vero /
svuotare occhi e cervello / avere tempo per sentire /
il soffio del vivere leggero / di là dal fare e strafare?
Vola rasente ai tetti / rondinella che dentro /mi struggi /
vai presto a casa sua / ai piedi della mia collina /
cantale per me una canzonetta / aspetta che sorrida /
come faceva da ragazzetta / fai un giro per i nostri posti /
mi raccomando, prima di ritornare.
Stracci stési al sole / tremare di luce e fiori /
abbaiare di cani, una voce di bambina /
tutto è un andare / ai miei occhi che non tengono /
specchi opachi dell'amore / che tutto smuove /
una baraonda di colori.
Con lei mi viene da giocare / come da ragazzo col soffione /
- Mi vuole o non mi vuole? - Mi rimane il gambo in fondo /
alla fine del domandare /.... / Soffia ragazzo che ti rispondo.
A Maurizio Maggiani
Mauri, cosa fai? / Anche tu in testa alla fila / non sgomitare, sta lì /
anche da qui , ti posso parlare/ non avere fretta di partire /
aspetta, se posso torno indietro/facciamo un pezzo insieme. /
Come stiamo vogliono sapere / gli ossi è un po' che scricchiolano /
per stare meglio lì facciamo tirare / quanti passi su e giù per quella collina / l'aria buona a respirare / ora sono qui sopra a casa tua /
porto il cane a pisciare/sono tra quelli a rischio /
mi hanno voluto ricordare.
Mauri Mauri... / rammenti? / zolle secche e sassi /
dove i piedi sprofondavamo / a sentire l'odore buono
dei campi vangati / che cambiavano di colore? /
mettevano voglia di pane / olio, acetoe serpollino /
poi con le ginocchia scrostate / seduti a mangiare /
in qualche angolo.
Si sfanno ai miei occhi / le case che guardo al sole /
di questa mattina chiara / l'azzurro del cielo a colorare /
non c'è un' anima in giro / neppure gli uccelli fanno compagnia /
abbiamo fatto troppa confusione. / Ora zitti e spaesati /
con una paura da cani / un altro mondo ad aspettare.
Oggi mi lascio sfinire / tra veglia e sonno /
e tutto mi ritorna / di certi meriggi i brividi /
quando i muri respirare / mi sembrava di sentire /
e dai portici uscivo / con l'affanno, alla luce /
piéna, della mia via. / Mi batte il cuore, come da ragazzo /
i passi ad accompagnare.
Sogni, favole e amori / portati negli anni/a l'ultima Maestà /
del mio continuo camminare /occhi e voci aggrumati /
nascosti nei canaloni /nelle polle di acqua scura /
diventassero dei fiori /a festeggiare le resurrezioni.
Sarà come scendere al mare / che nell'aria si fa prima sentire? /
non avere fretta però di arrivare / non è un andare e venire /
di qui lasci gli stracci / qualche parola messa in fila /
un po' di bene se lo hai fatto / due o tre fotografie
Fermati a guardare / gli occhi di una donna /
tengono le sensazioni / niente buttano via /
i solchi del suo viso / negli anni si riempiono d'oro /
ti chiamano a cercare.
In questi tempi di paura/ piango in silenzio quelli che se ne sono andati /
ora che la vita duri / tutti non facciamo che sperare /
le lacrime vanno sempre seminate / per raccogliere la poca gioia /
che ci possiamo aspettare.
Io lo conosco questo zittire / di voci e passi, questo brividìo di grigi /
che fa fuggire anche gli uccelli / i cani più quieti lo sembrano capire /
ma due sax hanno cominciato a suonare / al scendere giù della sera /
e da una finestra a un terrazzino / è stato tutto un abbracciare.
Per i nostri boschi ora non andiamo / la Lulù pare capisca /
da retta, resta in casa / fa la pecora, lei pastora /
la guardo come incantato / dai suoi occhi così buoni /
la mia vita è anche la sua / è il bene che ci vogliamo
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LA PIZZA DEL SABATO SERA
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Quando i ricordi culinari non svaniscono nel tempo ma si fondono con il presente
Non c’è niente di più bello del tornare a casa e sentirsi dire “stasera pizza!”
La pizza di Giancarlo è da sempre una costante che mi fa tornare il sorriso: c’è sempre stata, sia nei momenti felici sia in quelli più tristi. Dopo una giornata pesante, un brutto voto, per festeggiare un avvenimento importante, quando non avevo voglia di spignattare in cucina (l’ho mai avuta?!) o semplicemente per coccolarmi un po’. È quel comfort food che fa sentire bene, appaga tutta la famiglia senza troppe pretese, se non quella di doppia mozzarella ben calda. È quel piatto imprescindibile che non può mai mancare nel menù famigliare, che scandisce il ritmo della settimana e diventa emblema del weekend.
Rimane impresso il profumo delle serate in famiglia col cartone appoggiato al tavolino, tutti vicini vicini, pronti ad accaparrarsi l’ultima fetta o a rubare quella degli altri. Di quelle in compagnia di amici, con i piatti in bilico sul tavolo da 12, pronti per fare notte fonda davanti a un film o a un gioco di società, quelle in cui i vicini si chiedono se hai invitato delle piante carnivore a cena per la quantità di cartoni davanti alla spazzatura il giorno seguente oppure se i tuoi amici siano dei pozzi senza fondo. Ma è anche il profumo delle sere in solitaria, dove la voglia di relax prende il sopravvento e, dopo una doccia bollente, infilato il pigiama, ci si prepara ad aspettare il fattorino davanti alla porta di casa con l’entusiasmo di un bambino il giorno di Natale.
È il tacito accordo di decidere di andare a prendere da mangiare senza avere più il bisogno di specificare dove, di indovinare le scelte degli altri commensali, quell’abitudine che diventa tradizione, che accentua la voglia di condividere bei momenti insieme (sul condividere la propria fetta di pizza, avrei delle grosse riserve).
È entrare in pizzeria e sentire profumo di casa, di infanzia. Vedere un volto amico che ti conosce letteralmente da una vita al quale chiedi “il solito, per favore!” e, se la serata è tranquilla, si ferma a fare quattro chiacchiere mentre attendete l’ordinazione. È la certezza di avere sotto casa un pezzetto di felicità condito con pomodoro e mozzarella, la consapevolezza che il tempo passa, ma certe cose non cambiano.
Che mondo sarebbe senza 🍕
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