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#sul pontile del lago
giancarlonicoli · 1 year
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21 set 2023 18:33
QUELLA VILLA SUL LAGO DI COMO… È IN VENDITA – UN AGENTE IMMOBILIARE CONFERMA A “OGGI” CHE GEORGE CLOONEY HA MESSO SUL MERCATO LA SUA “CASETTA” DI LAGLIO. IL PREZZO? TRA I 60 E I 70 MILIONI DI EURO: “QUALCUNO CI HA GIA’ CHIAMATO” – VILLA OLEANDRA È GRANDE TREMILA METRI QUADRATI, PIÙ 8.500 METRI QUADRATI DI TERRENO CON PIANTE SECOLARI, ORTO, PISCINA E PARCO – HA UN'AUTORIMESSA, UNA PALESTRA, LA SALA CINEMA, UN CAMPETTO DA BASKET, DUE DARSENE E UN PONTILE – A SPINGERE IL DIVO DI HOLLYWOOD A SBARAZZARSI DELLA PROPRIETA’ SAREBBE STATA… -
Estratto dell’articolo di Serena Brivio per “Oggi”
«Speriamo almeno che paghi l’Imu!», sbotta Mario, spegnendo l’ennesima sigaretta, seduto Da Luciano, alimentari e bar tutto in uno. È uno dei pochi lagliesi che si trova in giro, un mercoledì mattina di settembre ancora invaso di turisti. A poche centinaia di metri villa L’Oleandra si adagia sul lago di Como come una matrona, finestre sbarrate, ma telecamere anti-curiosi sempre in azione. 
Il famoso proprietario, George Clooney (quello che dovrebbe pagare l’Imu), è già ripartito con la moglie Amal e i figli Ella e Alexander, 6 anni, ma le voci che arrivano dagli Usa (dal sito Pagesix) inquietano turisti e giornalisti approdati sul lago. La dimora storica, una volta appartenuta alla famiglia Heinz (quelli del ketchup), sarebbe in vendita. Per 100 milioni di euro. Dopo vent’anni da laghee, George si sarebbe stufato. Possibile? […]
La villa della star è davvero sul mercato, come ci conferma l’agente immobiliare Yasemin Baysal, che dopo qualche riserva accetta di parlare con Oggi. È la titolare di Engel & Volkers Lago di Como (quattro filiali in tutto), agenzia che tratta prevalentemente immobili di lusso. «Le voci giravano anche negli anni passati, ma questa volta è vero», ammette Baysal. 
«Un’agenzia di Milano sta seguendo la vendita, non posso svelare quale. Siccome noi abbiamo una clientela di un certo tipo, qualcuno ci ha già chiamato. In particolare, un cliente è molto interessato, abbiamo avviato tutti i controlli del caso prima di presentare un’eventuale offerta».
La richiesta di 100 milioni è esagerata (Clooney l’ha pagata 8 milioni nel 2003). Secondo l’agente immobiliare, 60-70 milioni sarebbe il valore di mercato per questo complesso maestoso che in realtà è composto di quattro ville adiacenti, per 3 mila metri quadrati di superficie calpestabile, 8.500 metri quadrati di terreno con piante secolari, orto, piscina, parco, 300 metri di fronte lago, più autorimessa, palestra, sala cinema, campetto da basket, due darsene e un pontile.  […]
In tanti, però, alla vendita non ci vogliono credere. Perché George si è sempre sentito uno del posto: «Ha dimostrato un fortissimo attaccamento al lago, ha sempre portato qui i suoi genitori Nick e Nina. Non è la star mordi e fuggi, qui si è costruito una vita, un giro di amici», ci racconta Serena Brivio, che da vent’anni segue le cronache mondane per La Provincia di Como. 
«Penso sia decisivo il fattore Amal: sua moglie non ama il lago, preferisce il mare ed è per questo che si sono appena comprati una villa in Provenza». Quel ramo del lago di Clooney si estende da Cernobbio a Menaggio. In questo tratto di costa la star ha scelto i luoghi del cuore che frequenta ogni estate. «Una sera arriva a cena Nancy Pelosi e mi dice: “Mi manda George”», ci racconta divertito Paolo Quarantotto, proprietario del Gatto Nero di Cernobbio. 
[…] Gli ospiti più illustri, invece, Barack e Michelle Obama, arrivati nel 2019 a Laglio (“Caput mundi”, come disse il sindaco di allora Roberto Pozzi), li aveva portati a Villa d’Este a Cernobbio per una cena scenografica vista lago.
[…] A vegliare su di lui c’è la “famiglia” italiana. Fedelissimi, ai quali non si scuce una parola, ma solo sussurri. Dall’amico e guardia del corpo Giovanni Zeqireya, conosciuto a Venezia nel 1997 e mai più lasciato, al fedele autista Raffaele Cartolano, che lui chiama Rafy. Il custode storico della villa, Antonio, se ne è andato in pensione, sostituito dal signor Yari, arrivato dalla Sardegna. Completa la squadra il capitano Andrea, che guida il motoscafo vintage di nove metri Colombo 31, sul quale l’attore ama portare gli ospiti a fare l’aperitivo in mezzo al lago. Per il resto quella lagliana è una vita tranquilla. […]
«Ama la vita semplice del nostro paesino», ci dice orgoglioso l’ex sindaco Pozzi. «Una volta gli ho regalato dell’olio del nostro frantoio e lui si è messo a bere dalla bottiglia come fosse vino. Adora il cibo italiano, in villa ha un forno per la pizza e un orto. In vent’anni è venuto in Comune una sola volta, due anni fa dopo l’alluvione. “Sono a disposizione”, mi ha detto. E poi ha visitato i luoghi del disastro in scarpe bianche, infangandosi completamente».
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Due persone importanti
Ieri sera, sulla via del ritorno, ho fatto un’ultima tappa prima di casa. Mi sono fermato a fare quattro chiacchiere con Elisabetta. Ci siamo trovati seduti su un pontile del lago, con il freddo umido che ci mordeva le ossa e qualche pesce che periodicamente guizzava fuori dalle acque placide e scure. Abbiamo parlato un po’ delle cavolate di tutti i giorni come si fa di solito quando si vuole rimandare un argomento importante. E poi lei mi ha chiesto scusa. Dopo tre anni e qualcosa mi ha chiesto scusa. Ed io, indipendentemente da tutto, mi sono sentito bene. Ho sentito che un circolo sterminato di emozioni finalmente stava trovando la sua chiusura. E poi abbiamo continuato a dialogare come se non ci fossimo mai allontanati. 
Ho capito per altro, sempre nella medesima occasione, che dal punto di vista strettamente sentimentale da parte mia non c’è più nulla. Di ciò sono stato sollevato. Se la distanza e la vita ce lo permetteranno insieme potremo dar luogo ad una grande amicizia. 
Dopo pranzo sono capitato da Roberto. Si è laureato lunedì e stava organizzando gli scatoloni per tornare a casa. Perdonerete l’espressione un po’ cliché e l’incapacità di trovare qualcosa di meglio, ma lui in questi sei lunghi anni è stato la mia persona. Intendo di quegli individui rarissimi con i quali puoi parlare senza dire nulla e sul cui sostegno si può erigere il grattacielo più alto del mondo. Mi sono preso poco fa un momento per ripensare alle stanche giornate di inizio estate in cui ripetevamo l’esame di anatomia patologica insieme e poi andavamo a mangiare dal cinese perché troppo stanchi per cucinare. Dopo quel periodo il proprietario del posto ha cominciato a chiamarci per nome. 
Vedere quella camera vuota, con gli scatoloni in giro e le pareti bianche senza più le locandine dei concerti e le tavole di anatomia mi ha lacerato il cuore. L’idea di questo distaccamento mi fa sprofondare l’animo e l’incertezza di ciò che il futuro milanese ha in serbo per me mi fa sprofondare l’animo ancora di più. Perché poi di fatto, più di quanto ne siamo consapevoli e più di quanto non vorremmo in verità ammettere, noi siamo profondamente il risultato del supporto degli altri e del bene che ci infonde chi abbiamo attorno. 
Un pochino vorrei piangere. 
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calyentee · 3 years
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«Vuoi che vada via?»
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Solo sul principio di quell`ultimo domandare altrui fa guizzare le pupille, ricercando il viso della coetanea e mostrandole apertamente l`alzata di una delle sopracciglia. « No » non c`è bisogno di essere tanto drastici « Almeno che non sia tu a voler rimanere da sola. » Allora può farlo, andarsene, non sarà lui a levare le tende per primo.
«No.» Si ritrova a rispondere. Non vuole stare sola, stranamente. Eppure, s’è vestita ed è scivolata via dal castello proprio con quelle intenzioni, individuando nella rimessa uno dei luoghi più tranquilli e solitari in cui rifugiarsi. Quindi, sembra proprio che rimarrà lì, seduta sulla banchina appena al riparo dalla pioggia, a fare compagnia a Lionel. Perché dubita che lui possa farne a lei. «Che hai fatto in questi giorni?» Visto che sono lì, non le pare il caso di starsene in silenzio. E per questo si diletta nel porre domande frivole e quasi stupide, con l’unico scopo di provare a farlo parlare e stare zitta senza sentirsi a disagio.
« Niente » ecco cos`ha fatto. Alla noia di fondo, accompagna un sospiro attraverso le narici, forse la causa principale della nota poco più aguzza che si insinua nell`accento musicale. « In certi casi invece, le convenzioni sembrano un po` ridicole » nel momento in cui si volta — gesto che si ferma circa a tre quarti, catturando la coetanea solamente con la coda dell`occhio — il sorriso vago che gli stira le labbra è ancora lì, visibile, ma non del tutto « No? » Come in procinto di interrogarla, ma la velocità con cui torna al Lago Nero pare suggerire tutt`altro: retorica. « Ma vogliamo parlare di me, o... ? » C`è un guizzo di palpebre, prima che gli occhi d`ossidiana vadano finalmente a posarsi dritti sulla Roberts. « Si vede, sai? »
«È così strano vedermi tranquilla?» E quindi senza offrire biscotti, o saltellare in giro piena di brillantini in viso? Torna a mordicchiarsi il labbro, cercando di scacciare dalla sua mente ricordi particolarmente imbarazzanti e dolorosi di quel venerdì pomeriggio, prima di stropicciarsi gli occhi, in un gesto sconsolato più che effettivamente stanco. «Probabilmente tutti hanno dei periodi “no”.» 
By the way, le labbra del terzino rimangono sigillate, rilassate in una linea dritta e carnosa che non dà alcun indizio su cosa gli stia passando per la testa, né su una rimostranza imminente delle sue alte doti da giudice. Per un po’, almeno, finché i polmoni non buttano fuori un sospiro d’aria calda, portando le spalle a distendersi e la schiena ad incurvarsi in avanti. « Non ci sarebbe niente di così grottesco se questo– » le parole giuste per descrivere il comportamento altrui evidentemente gli mancano, perché si limita ad indicarla con la destra, spalancata e col palmo rivolto verso l’alto « … » il taglio dello sguardo che si assottiglia leggermente « Sei strana, hai iniziato a fare così di punto in bianco. » Just saying, sintetico e diretto come sa essere, in un guizzo rapido di sopracciglia e lo schioccare della lingua contro il palato. 
 «Io...» Inizia, bloccandosi con la stessa rapidità con la quale ha intrapreso il discorso. Torna a mordicchiarsi il labbro, stavolta non imbarazzata, ma stranamente a disagio. «Non ho mai negato che ci sia qualcosa che non va.» Si decide a confessare, ma non troppo tranquillamente, visto lo sguardo che vaga dal lago nero al Serpeverde, quasi timorosa che possa giudicarla. D’altro canto, starsene in silenzio e senza neanche un sorrisetto non è da lei. E probabilmente non le si addice neanche. «C’è qualcosa di sbagliato?» Gli chiede, di punto in bianco. «Nel fatto che le persone non siano sempre felici.»
Lo sguardo d'ossidiana non è giudicante, non quello volto e fermo sulla Corvonero balbettante, è invece piuttosto rilassato, insondabile e distante. Lontano, ma in qualche modo stranamente gentile nel modo in cui la sfiora — discreto, per niente insistente, con le sopracciglia che vanno distendendosi anche quando l'attenzione torna a farsi altalenante, rimbalzando fra le tracce delle gocce di pioggia che baciano le acque del Lago e le tasche del proprio mantello, in cui incomincia a frugare. « Farlo capire e ammetterlo sono due cose molto diverse. » Non le dedica alcun'altra occhiata, ormai già con il capo basso e l'espressione perplessa di chi sta cercando un che di ignoto che non riesce a trovare, o che non ricorda in quale delle tasche del mantello è stato messo. Persino la voce ha perso il suo scherno solito, rimanendo priva di particolari inflessioni, sebbene morbida, addolcita anche  — o anche solo — da quell'accento di terre lontane. « No » tutto il contrario « Però le persone che non sono felici possono parlarne, almeno che non ci sia un altro statuto di segretezza. » Ora sì che va a scandagliare il volto della Bronzo–blu, prima di muovere il braccio e stendere la destra, il palmo rivolto verso l'alto per rivelare il motivo di tanta distrazione: un pacchetto di « Merlino's. » Gli angoli delle labbra che si allungano all'insù, in un sorriso un po' maligno, smaliziato, il quale si allarga nuovamente quando con un rapido movimento del pollice ne solleva la linguetta, consentendo all'altra l'accesso ad uno dei preziosi cilindretti magici. « Vuoi provare? » 
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«Non c’è nessuno statuto di segretezza...» Mormora piano, mentre si raddrizza. Il corpo si scosta, voltandosi completamente verso di lui. E anche le gambe cambiano di posizione, incrociandosi semplicemente in terra. «Diciamo che...» Inizia, con tono di voce incerto. «... Mio padre potrebbe non essere mio padre.»  Dirlo ad alta voce le fa sembrare la situazione ancora più assurda, ed è forse per questo che mette su un mezzo sorriso divertito. «Me lo ha detto mamma l’ultima volta che siamo stati ad Hogsmade. È che, sai... Con tutta questa storia del decreto...» lei, per Pembroke, risulta una mezzosangue. Ad ogni modo, allunga una mano verso di lui, per dire che «Sì.» Ne vuole una. Anche se non fuma, e probabilmente rischierà di morire per la tosse.
Posa anche una guancia sulla manica, indirizzando il campo visivo laddove può includere Cheryl, in una posizione che esprime apertura. Accoglienza nei confronti delle confessioni che arrivano subito dopo, sicuramente pesanti, inaspettate, ma che non causano niente più di un battito di ciglia. Lo sforzo infatti sta tutto nel tentativo di decifrarle, ed è lì che la testa va a piegarsi di qualche grado, insieme alle sopracciglia. « Non saresti più... pura? » Parla con cautela, cercando di estraniare anche quella sfumatura ambigua che riaffiora vagamente nel tentativo di rivelare l'arcano, a lui che poi è estraneo ai meccanismi a cui il nuovo decreto ha iniziato le famiglie britanniche. Esula da commenti o opinioni — in fondo, le ha soltanto proposto una valvola di sfogo, non qualche monologo di risposta. Nel mentre aspetta che la terzina accetti l’offerta, per avvisarla che « Accendo » ecco perché la bacchetta viene impugnata — niente paura, gli Avvincini domani — e stesa verso la direzione opposta, o almeno, questo nel momento in cui la sigaretta arriva in vista delle labbra altrui. « Flamòra » la cima del catalizzatore sfiora gentilmente l'offerta, con l'intento di richiamare il calore e permettere alla miscela di accendersi, adempiendo la sua funzione. 
«A quanto pare mio... Padre, credo, non è puro da abbastanza generazioni.» Non sa neanche perché glielo stia effettivamente dicendo, però lo trova stranamente semplice. Sarà la situazione, il fare sorprendentemente gentile del LaLaurie? Proprio non le interessa, ma adesso che s’è sfogata sembra essere molto più tranquilla. Porta la Merlino’s fra le labbra, dubbiosa, lasciandola lì a penzolare, mentre Lionel prende la bacchetta. Piega leggermente il busto in avanti, per agevolare il compito del Serpeverde e quando lui la accende, Cheryl prova a fare un tiro, e... Un violento colpo di tosse la scuote completamente, mentre lei s’affretta a sfilare la sigaretta dalle labbra. Viene avvolta da un fumo viola e lillà, mentre tossisce, con una mano posata sul petto. «Non ho mai fumato.»
C'è silenzio quindi, un silenzio prolungato e poi ribaltato dall'offerta di una sigaretta, che culmina nel suono di una risata misurata quando quell'altra viene assalita dai colpi di tosse. « Sì, è abbastanza evidente » che quella sia la prima Merlino's, e glielo fa presente con una punta di ironia — proprio lui (!) — la bocca atteggiata in un sorrisetto irritante, pur senza lasciarsi sfuggire la colorazione degli sprazzi di fumo. Lancia uno sguardo al pacchetto giusto prima di lasciarlo ricadere in tasca, come se nulla fosse, una distrazione che tenta di giustificarsi nel solo sforzo di evitare di far cadere il malloppo giù dal pontile.
«Ma perché è tutto colorato?» Lei ovviamente non sa che rispecchiano le emozioni provate al momento, però «È del mio colore preferito.» È già un buon inizio.
 Le tiene compagnia anche nel fare esperienza della prima sigaretta, imbarazzo che non stenta ad aumentare con quella risata che gli sfugge, perché dopotutto è il LaLaurie di sempre — irritante e indolente, una boccata di normalità. « Sono sigarette magiche, ci sarà qualcosa dentro per farlo apparire così » con i gomiti ancora ancorati sulle ginocchia e le mani libere, tende una di queste verso la bionda, per porle una richiesta non detta: posso? Condividi?
«E... Come fanno a sapere quale è il nostro colore preferito?» Perché lei a questo lo ha collegato, il fumo violaceo. Quando Lionel tende una mano verso di lei per chiederle la sigaretta, prende un veloce ultimo tiro. Allunga poi la mano verso di lui, passandogli quindi quanto richiesto.
 Inumidisce le labbra, traendo quel lungo sospiro che lo riporta direttamente con l’attenzione sul bacino liquido — dopo l’atto del passamano, che lo vede semplicemente racchiudere la sigaretta nella pressione fra indice e dito medio. Abbozza una mezza smorfia, avvicinando la Merlino’s alle labbra per prendere una oculata boccata di fumo, la medesima che restituisce all’aria frizzante nell’atto di riprendere parola, senza grossi scompensi e con una densa sfumatura blu. « Non lo sanno, infatti » quale sia il loro colore preferito, e lei non gli ha chiesto che cosa significhi il viola, piuttosto che un giallo o un verde bottiglia, giusto? « Tieni » liquida infine, facendo un secondo ed ultimo tiro prima di restituire il malloppo alla sua nuova, legittima proprietaria  « Riprova, andrà meglio. »
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mynameis-gloria · 4 years
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Oggi dopo 7 mesi ho rivisto M. La mia coinquilina. Ma oramai membro familiare per quanto le voglio bene
E sono stata molto molto molto contenta. Rivederci ci ha fatto bene, è servito a entrambe
Avevamo bisogno delle nostre risate, dei nostri momenti di stupidità, delle nostre chiacchierate e dei nostri discorsi senza una fine. Mi erano mancate le mete a sentimento, i percorsi in macchina e anche le nostre mangiate.
È tornata da una settimana e oggi ha guidato per km per raggiungermi dopo lavoro. Faceva caldo, anzi caldissimo, la pizza è stata molto buona, così come il vino e tutto il resto, dopo ci siamo spostate sul lago. Era una splendida giornata
Abbiamo camminato per raggiungere il centro, poi per le vie e ancora passi per giungere infine su un pontile, toglierci le scarpe e bagnarci i piedi e l'acqua fresca era puro sollievo. La nostra pelle si è abbronzata, o meglio si è colorita, il sole bruciava, mentre osservavamo i turisti e villeggianti pogare in canoa, passeggiare, nuotare e le barche in lontananza. Al passaggio di quest'ultime, piccole ma rapide onde smorzavano la calma del lago. Un senso immenso di tranquillità. M mi ha anche ripreso di nascosto mentre facevo la stupida sul molo: improvvisavo passi di danza con movimenti di gambe e braccia, mi diverte farlo, anche se non sono così capace. Ma mi viene spontaneo e mi piace anche per questo. Ha ripreso anche i tentativi e il momento "ginnasta" alla yury chechi con "grazia e maestria", e abbiamo riso per mezz'ora. È stato divertente.
Salutarla mi è spiaciuto, non siamo quelle amiche sdolcinate ma prima di andare mi ha ringraziato per averle fatto scordare i pensieri che in questo periodo le appesantiscono la testa e ho sorriso. Sono grata per il legame che ho con lei, ce ne sono pochi di così sinceri e me lo tengo stretto.
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liberoisw199 · 4 years
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Era stata una bella giornata. Chiacchiere e risate scaldati da un sole di aprile che sembra sempre una benedizione quando arriva dopo l'inverno, e l'aria è fresca ma senti la pelle bruciare. Ma adesso il sole era sparito, come era sparita anche lei. Springsteen suonava ancora in sottofondo quel pezzo che in certi momenti sembra ti risuoni dentro, e puoi ascoltare solo a piccole dosi: "The wall", ma quell'album - "High Hopes" - a Matt non era mai piaciuto Il lago spinge alla malinconia, soprattutto in questo momento del giorno. No malinconia forse è troppo, meglio contemplazione. Quando gli era arrivato l'invito non l'aveva presa bene. I matrimoni sono sempre una seccatura, anche se questi erano davvero amici e se la tiravano un po' da hippy: festa sul lago, buffet basic, bollicine, dress code zero. Effettivamente gli ingredienti erano ottimi. Anche alcuni imprevisti. Elena era una cugina della sposa. Di quelle mai viste, che arrivano un po' per dovere di rappresentanza. E subito era stata assediata. Matt lo diceva sempre che gli uomini sono così, non c'è nulla da fare. Non aveva mai sopportato i cacciatori. Per lui essere perennemente circondato dall'altro sesso era sempre solo stato l'unico modo che conosceva di vivere. Si lasciava sedurre da un gesto, un profumo, un particolare. Amava il dialogo e sapeva ascoltare. Per questo evitava assolutamente di partecipare a certi assembramenti. Non aveva mai capito se per un sentimento di superiorità o di straniamento. E' come quando vuoi fare una foto e sei circondato da cento altri che hanno avuto la tua stessa idea. La competizione preferiva giocarla in altro modo. Così quando aveva preso la chitarra per quei quattro accordi di blues che nelle sue mani sembravano sempre qualcos'altro lei gli si era seduta vicino ma un po' in disparte, per evitare l'effetto fan. A lui veniva bene comunicare così. E lei ormai era curiosa. Certo che poi le due ore di fuga con una bottiglia in mano erano sembrate un po' un clichè scontato ma a lui non era mai fregato nulla di ciò che sembra, dei luoghi comuni o di ciò che devi o non devi fare. Adesso a festa finita si sentiva solo il silenzio del lago, e il pontile proteso gli dava giusto il senso di futuro che sentiva dentro. La sensazione di avere una direzione, forse una meta. Gli era tornata la voglia di andare in barca, di sistemare casa, di spalancare le finestre. E quel pontile sembrava un trampolino verso qualcuno che lo stava già aspettando.
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foxpapa · 5 years
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Napoli, a Bagnoli: arrivano i gabbiani corsi 
La reintroduzione della posidonia oceanica, ad opera della stazione zoologica Anton Dohrn, e la presenza sotto costa di delfini: segnali di rilancio naturalistico per il litorale di Bagnoli, già testimone di anni di scempi ambientali dalle conseguenze in larga parte inevase. Ed ora i naturalisti si soffermano su un'altra presenza interessante: quella del gabbiano corso
Lo scorso 3 maggio Rosario Balestrieri, Marcello Giannotti e Antonio Cagnacci, soci dell'associazione Ardea, hanno infatti osservato nei pressi del pontile, solitamente affollato dai comuni gabbiani reali, anche quattro esemplari di gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii il nome scientifico). Si tratta di una specie considerata iconica dei tratti di mare meno contaminati: nidifica su isole e zone costiere poco antropizzate (in particolare in Spagna, sul Delta dell'Ebro, ma anche in Sardegna e in Puglia". "E' davvero un segno di speranza verde questa specie in un luogo come Bagnoli, noto per gli scempi ambientali fatti in passato e che pesano enormemente anche sul presente", commenta Rosario Balestrieri, presidente di Ardea. "In Campania - aggiunge - il gabbiano corso ha iniziato a nidificare ad Ischia nel 2006, poi in Penisola Sorrentina ed attualmente è nota un'importante colonia nidificante presso la Riserva Naturale di Stato Isola di Vivara". L'osservazione di Bagnoli è stata impreziosita da un esemplare dotato di anello con codice di riconoscimento: semplice, dunque, ricostruirne la storia. "Si trattava di uccello è nato nel 2012 in Penisola Sorrentina, che di solito trascorre l'inverno ad Ischia e l'autunno presso il Lago Fusaro. Dal 2016 nidifica sull'isolotto di Vivara, che al momento è l'unico sito di nidificazione della specie in Campania. E' rassicurante - chiosa Balestrieri - che la natura sia pronta a 'ricolonizzare' quelle zone che l'uomo le aveva sottratto, rendendole ostili alla vita; non ci resta che aiutarla in quest'opera, con una bonifica che rimargini le ferite ambientali e faccia fiorire anche a Bagnoli la biodiversità che da sempre ha caratterizzato la costa flegrea"
di Pasquale Raicaldo
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pangeanews · 6 years
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Sia lode a Richard Brautigan: ha scritto il grande romanzo americano della nostalgia e della tenerezza
Richard Brautigan si uccise un giorno di settembre del 1984 nella sua casa di Bolinas, venti miglia a nord di San Francisco. Da molto tempo la solitudine gli sedeva accanto come un’amante devota; insieme a essa guardava la nebbia che si alzava sulla baia all’alba e al tramonto copriva col suo manto le piccole case di legno, i boschi di abeti dell’entroterra e le spiagge sabbiose e selvagge che scendono fin giù al Golden Gate. Da molto tempo aveva ceduto alle lusinghe consolatorie dell’alcol e si era perso nel dedalo buio della depressione senza che nessuno sciogliesse per amor suo il filo della salvezza, mentre il destino tesseva vele nere da issare sulla nave del suo ultimo viaggio.
La gloria letteraria del poeta e scrittore americano era durata soltanto una decina di anni, indissolubilmente legata all’immenso successo nel 1967 del libro Trout Fishing in America (Pesca alla trota in America) che gli aveva fatto conoscere all’improvviso celebrità, ricchezza e prestigio, accostandolo ai precursori della controcultura dei Sixtie e agli esponenti della Beat Generation. Tuttavia Brautigan non si considerò mai né un hippy né un beat; affermava infatti che la sua scrittura fosse semplicemente «la risposta di un uomo alla vita del ventesimo secolo». Il suo talento, influenzato per sua stessa ammissione da autori come Ernest Hemingway e Mark Twain, Ambrose Bierce e Stephen Crane, sembra rimanere all’interno di confini individuali non oltrepassati da altre voci, sfuggendo a un canone letterario ben definito. Egli non venne mai intimamente compreso né dal pubblico né dai critici di allora che gli regalarono inizialmente un’enorme popolarità, ma che lo dimenticarono ben presto, con la stessa indifferente noncuranza con la quale si trascura una moda fino ad abbandonarla, e non concessero il giusto riconoscimento alle opere che pubblicò negli anni successivi.
So the wind won’t blow it all away uscì nel 1982, soltanto due anni prima della tragica morte del suo autore. Apparso in Italia per la prima volta nel 2005 per ISBN con il titolo di American Dust e la traduzione di Enrico Monti, ristampato poi nel 2012, è stato riproposto lo scorso settembre da Minimum Fax con la nuova traduzione e la postfazione di Luca Briasco.
Ambientato nell’Oregon del secondo dopoguerra, questo romanzo breve è fortemente autobiografico e pervaso da un’atmosfera di profonda malinconia, solitudine e disillusione. Whitey, il protagonista, è un ragazzino di dodici anni che vive con la madre e le due sorelle in un motel lungo l’autostrada, ai margini della città. Durante l’estate del 1947 tutto il suo mondo gravita attorno a un piccolo lago e ai pochi personaggi che lo animano: il guardiano alcolizzato di una segheria, che sta seduto a bere birra nel silenzio sospeso del pomeriggio rievocando i tempi andati e rimpiangendo il fantasma di una donna dell’Alabama che l’ha abbandonato poco dopo il matrimonio; un veterano della Prima guerra mondiale che si è costruito con legno di scarto una baracca, un pontile e una piccola barca che non usa mai, e sopravvive grazie a un piccolo sussidio del governo che gli risarcisce un polmone intossicato dal gas tedesco; il proprietario di un distributore di benzina che vende lombrichi ai pescatori di passaggio; due coniugi obesi che tutte le sere arrivano al lago con un furgone e scaricano sulla riva l’intero salotto di casa, preparano la cena e cominciano a pescare seduti sul loro divano, nel denso chiarore artificiale di lampade convertite a cherosene. Grazie alla sua innocenza, a una grande capacità di ascolto e di osservazione, Whitey si avvicina alla vita di questi insoliti personaggi che come lui fanno parte di una comunità di sconfitti e di reietti; nello scenario di un’America rurale che sta per svanire, vittima di una potente metamorfosi, fatta di campi coltivati, pascoli per il bestiame, frutteti, boschi e segherie, la sua grande forza sta nel saper sognare di fronte alla miseria, di fronte alla vecchiaia, alla solitudine e alla morte.
La narrazione procede per associazioni di pensiero, per digressioni, descrizioni surreali e a tratti paradossali, e viene intervallata da due versi che ricorrono costantemente, come un refrain ossessivo: «Prima che il vento si porti via/ Questa polvere… polvere americana». In essa trovano spazio anche alcune vicende dell’infanzia del protagonista e un tragico episodio che lo coinvolse fatalmente in un piovoso pomeriggio del febbraio 1948 e che rimarrà un trauma indelebile nella sua vita, l’uccisione involontaria di un amico con un colpo di fucile durante un gioco finito male.
America Dust è un libro doloroso, ma permeato di bellezza e di delicatezza, che cerca di afferrare ciò che è destinato a sparire; è il racconto di un’attesa, un’attesa di qualcosa che sta finendo, che verrà trascinata via dal vento come oblio di macerie. Il passato si è sgretolato, è crollato, è un sogno che non tornerà più. Dopo le Dust Bowl, le disastrose tempeste di sabbia, dopo le bufere di quella polvere sollevata da una terra crepata, arida e impoverita, sopraggiunge per l’America una nuova età, l’età d’oro del benessere, che per lo scrittore incarna tuttavia l’età della crisi, inconciliabile con l’autenticità e la spontaneità della vita precedente.
Brautigan era un uomo fragile e romantico che amava la vita, nonostante essa non fosse stata quasi mai tenera con lui perché minata sin dall’inizio dall’amarezza e dalla sofferenza. Era cresciuto senza avere accanto il padre, che seppe della sua esistenza soltanto dopo la sua tragica morte; seguendo la madre alla perenne ricerca di un lavoro, di nuovi mariti e di case ottenute grazie ai sussidi, aveva trascorso l’infanzia tra l’Oregon e il Montana, in una situazione di grande precarietà affettiva ed economica. A vent’anni, rinchiuso nell’ospedale psichiatrico di Salem (quello stesso ospedale in cui Ken Kesey ambienterà il suo Qualcuno volò sul nido del cuculo) con una diagnosi di schizofrenia paranoide, conobbe gli angoscianti vincoli della costrizione e anche la violenza dell’elettroshock.
Forse quel giorno di settembre del 1984 accostò l’orecchio al passato, come fosse il muro di una casa che non esiste più. Chiuse gli occhi e ascoltò il verso malinconico dei merli e il rumore del vento tra i giunchi che stormiscono come spade in battaglia, ascoltò lo sciabordio ritmico e ripetuto dell’acqua sulla riva del lago della sua infanzia. Rivide una segheria e una cesta di vimini piena di bottiglie di birra vuote, un vecchio con la barba bianca macchiata dal tabacco, le pareti giallognole di uno squallido appartamento e, al di là della finestra, un corteo funebre mesto come la coda di un aquilone nero; rivide un frutteto bagnato dalle grosse gocce lente e rade della pioggia d’inverno, sentì l’odore acre delle mele marce mandate in mille pezzi dai proiettili di un fucile, e quello metallico del sangue che fluisce lento fino ad avvolgere come una bandiera l’innocenza della sua infanzia perduta. Memorie salvate dal vento dell’oblio. Forse riaprì gli occhi quando avvicinò la sua calibro .44 alla tempia. Le farfalle monarca avevano già cominciato la loro lunga migrazione verso il tepore del Messico. Nessuno avrebbe potuto salvarlo… «perché quando scende la notte non c’è modo di fermarla»…
Elisabetta Agnelli
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*Per gentile concessione, anticipiamo l’articolo di Elisabetta Agnelli, “Polvere americana di Richard Brautigan”, che sarà pubblico nel prossimo numero di “Studi Cattolici” (settembre 2018, n. 691).
  L'articolo Sia lode a Richard Brautigan: ha scritto il grande romanzo americano della nostalgia e della tenerezza proviene da Pangea.
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lamilanomagazine · 3 years
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Trento, cinque turisti bloccati sul lago di Garda dal temporale: interviene la Polizia
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Trento, nelle ultime settimane per i continui cambiamenti atmosferici sono stati molti gli interventi della Squadra Acque Interne e degli altri attori della sicurezza lacuale sul lago di Garda. Non sempre, però, le unità navali, sia per le condizioni di tempo, sia per gli interventi in atto, sia per gli oggettivi pericoli per l’incolumità dei soccorritori, riescono ad intervenire. In alcune circostanze, peraltro, le persone si pongono volontariamente in condizioni di pericolo mettendo a repentaglio anche la vita dei soccorritori. Sono, infatti, ripetuti gli avvisi ai naviganti e le numerose comunicazioni per gli eventi temporaleschi che possono verificarsi. Tutto ciò però non sempre viene considerato un pericolo imminente tanto che nel week end scorso una famiglia con figli minorenni, sfidando le previsioni del tempo, che prevedeva una allerta gialla, a bordo di un gommone si sono spinti fino alla casa della trota. Una volta arrivati nei pressi della cascata sono stati sorpresi da un violento temporale che ne comprometteva il ritorno a riva. A quel punto gli improvvisati naviganti contattavano, tramite il 112, il Commissariato di P.S. di Riva del Garda. Sul posto immediatamente si recava la Volante della Polizia di Stato. Gli Agenti con non poca difficoltà e dopo aver scavalcato delle recinzioni riuscivano a percorrere la strada che dalla statale porta fin giù alla riva ed a raggiungere un pontile a pochi metri dai cinque. Una volta giunti sulla banchina i poliziotti, sotto l’acqua battente e il forte vento, riuscivano, con l’ausilio del gommone a traghettare i 5, infreddoliti, turisti dal pontile dove avevano trovato riparo alla terra ferma. Bisogna sempre ricordarsi, commenta il Vice Questore salvatore Ascione, dirigente del Commissariato di P.S. di Riva del Garda, che le condizioni climatiche sia al lago che in montagna possono costituire un pericolo grave, soprattutto laddove non si seguono i consigli diramati dalle autorità competenti, che se da una parte hanno lo scopo di tutelare la pubblica incolumità, dall’altro ci permettono la serenità di poter godere appieno delle bellezze del nostro territorio. Read the full article
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carol-agostini · 4 years
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Arpège di Desenzano.
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Un pranzo, uno scambio tra colleghi che hanno voglia di continuare a conoscere ed appassionarsi sempre di più a questo mondo meraviglioso enogastronomico.
Tra racconti e flussi degustativi la giornata ci ha accolto con il "sole in fronte", tra un sorso e l'altro di Lugana, in un susseguirsi di portate a base di pesce.
E' sempre bello mangiare con chi condivide la stessa passione degustativa con il medesimo entusiasmo.
Posso descriverci come due bambini davanti ad un cesto di caramelle, con la stessa golosità e godereccia lussuria.
Il tempo si è fermato per poco davanti ai descrittori olfattici di un vino locale, conosciuto e valorizzato anche all'estero, che racconta un territorio tra lago e monti, tra pianura ed influenza adriatica.
Non conoscevo questo ristorante che di solito è aperto tutto l'anno.
Anche qui tutto lo staff è attento alle disposizioni e regole Covid19, ambiente confortevole, elegante, fronte lago a Desenzano, con la possibilità di mangiare sul lago atttraverso un piccolo pontile, unico tavolo, segnatevi il numero 109, io l'ho impresso.
La primavera prossima quel tavolo sarà mio per almeno una sera e chi sarà il/la fortunata a cenare con me?
Beh, chi vivrà vedrà o meglio leggerà.
I ragazzi in sala sono giovani, attenti e veloci, colgono immediatamente le esigenze dei clienti.
I piatti li ho trovati equilibrati sia nella presentazione che nelle quantità.
Ho mangiato un antipasto di quattro tipologie di pesce e di esecuzioni diverse, ottima fibra, ben fatti, ingredienti freschi.
Passata direttamente al secondo come portata, ho scelto i gamberoni alla griglia con verdure, cottura ottima.
La bottiglia è stata terminata quasi subito come del resto le portate.
Condivisione di opinioni e risate hanno accompagnato i nostri piatti, con qualche curioso ai tavoli accanto, attenti ai nostri discorsi degustativi.
Che dire, ormai mi rassegno, non passo inosservata per qualche aspetto evidentemente curioso!
Grazie al collega assaggiatore Alberto Zorzi del pranzo, simpatia e chissà ai nostri scambi enogastronomici culturali futuri.
In questo mondo molti sono spinti solo dalla smania di apparire, di contare qualcosa, invece bisogna studiare, informarsi, documentarsi, prendere qualifiche, esplorare e trovare il tempo di andare per cantine, da produttori gastronomici e vedere le filiere di produzione, investire in assaggi, acquisti e degustazioni di vini e materia prima.
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Io l'ho fatto per oltre vent'anni, ancora adesso non smetto di prendere coscienza e conoscenza di questo mondo magnifico.
Continuamo a consumare nei ristoranti almeno a pranzo, ordiniamo da asporto, a domicilio, aiutiamo la crescita e l'esistenza di attività ristorative italiane e tutte le realtà che ci girano attorno.
Bueno provecho!
Di Carol Agostini
#stampa #carolagostini #sommelier #foodandwineangels #degustazione #ricette #champagnelelignedevie #lugana #lago #lagodigarda #pesce #pescedilago #menudipesce
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giancarlonicoli · 1 year
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28 lug 2023 11:54
TROPPI INFLUENCER SUL LAGO E I TURISTI… DILAGANO! - I COMUNI NEI DINTORNI DEL LAGO DI COMO SONO PRESI D'ASSALTO DAI VIAGGIATORI CHE VOGLIONO SEGUIRE LE ORME DEI FERRAGNEZ, CLOONEY E COMPANY, MANDANDO IN TILT I LOCALI E I TRASPORTI - UNA GUIDA TURISTICA: "C'ERA UNA COPPIA CHE SBUFFAVA, CREDEVA DI AVER PRENOTATO UN TOUR PER UNA LOCALITÀ CHIAMATA #LAKECOMO, SCRITTO PROPRIO CON L'HASHTAG. MOLTI ARRIVANO ATTIRATI DAI SOCIAL, SENZA INFORMAZIONI, GESTIRLI E OFFRIRE LORO UN'ESPERIENZA DI QUALITÀ STA DIVENTANDO DIFFICILE..." -
Estratto dell'articolo di Francesco Moscatelli per “la Stampa”
Due turisti colombiani passeggiano annoiati in piazza San Fedele, fra le case medievali e la basilica romanica del centro storico di Como. La loro guida, all'ennesimo segnale di disinteresse, prova ad andare a fondo della questione. «Continuavano a sbuffare e ho chiesto cosa si aspettassero di vedere […] Credevano di aver prenotato un tour per una località chiamata #LakeComo, scritto proprio con l'hashtag incorporato, e mi hanno mostrato il profilo Instagram di una influencer sudamericana che aveva scattato foto in vari punti del lago, senza però precisare che si trattava di luoghi distanti uno dall'altro. Ormai succede sempre più spesso: molti arrivano attirati dai social, senza informazioni, con aspettative irrealistiche e idee confuse su quello che davvero vogliono fare. Qualcuno chiede il giro del lago a piedi, sono 160 km, è impossibile! Si presentano confusi, partono delusi: gestirli e offrire loro un'esperienza di qualità sta diventando difficile».
[…] Sovraffollamento da influencer e del loro indotto: il safari dei selfie.  L'overtourism, passati gli anni duri del Covid e dopo aver messo in ginocchio Venezia e Firenze, sta contagiando anche il resto d'Italia.  A #LakeComo, dove i Ferragnez hanno appena acquistato la loro nuova villa deluxe con piscina a sfioro e attracco per il motoscafo "Il Raviolo", gli elementi del mix esplosivo ci sono già tutti: un territorio stretto fra l'acqua e le montagne, l'aumento esponenziale delle case vacanza e degli appartamenti in affitto su Airbnb, un sistema di trasporti pubblici inadeguato a gestire numeri sempre più grandi, locali affollati e prezzi delle pizze Margherita e degli spritz che cominciano a diventare proibitivi.
[…] «Com'è possibile pagare a pranzo 58 euro per due pastasciutte collose, un calice di vino e un caffè in un posto dove solo l'anno scorso in due spendevamo massimo 35 euro?» si chiede Valentina, che sul lago ci vive e ci lavora tutto l'anno.
[…] «Il sito della navigazione è vintage e non permette l'acquisto di tutti i ticket – spiega un pendolare –. Quando ai problemi tecnologici si sommano le riparazioni degli aliscafi restiamo tutti a terra. Ho visto scene incredibili». Isabella, la studentessa che lavora all'infopoint proprio accanto al pontile, sembra la versione lariana del povero Malaussène di Pennac: finisce per fare il capro espiatorio.
La gente del posto, ormai, è divisa in due fazioni: chi non sopporta l'orda disordinata che prosegue ininterrotta da maggio senza se e senza ma e chi, lavorando con i turisti, teme soprattutto l'effetto boomerang delle recensioni negative sulle prossime stagioni. «Ieri il bus C30 che percorre la Lariana come al solito era ridotto a un carro bestiame – spiega Giusi Lucini, un'altra guida –. Mi hanno fatto salire a Blevio solo perché ho mostrato il tesserino. Dovrebbe fermarsi in ogni paese ma ormai parte pieno a Como e va dritto fino a Bellagio perché tanto non ci starebbe nessun altro. Ci vorrebbero linee riservate per i residenti».
Sulla Regina, la strada che costeggia il lato occidentale del ramo comasco, dal 4 giugno i bus turistici possono procedere solo in direzione Nord, perché altrimenti il traffico si paralizza. Fra Menaggio e Argegno, inoltre, hanno appena inaugurato una navetta gratuita serale. Palliativi. Il parcheggio selvaggio ha raggiunto livelli tali che domenica scorsa a Laglio, dove George Clooney dicono voglia ormai affittare la sua magione L'Oleandra per 30 mila euro al giorno, il sindaco è andato di persona ad appiccicare le multe sui parabrezza. A Bellagio, il borgo da cartolina che può vantare una copia formato casinò a Las Vegas, le code per mangiare un gelato o per aspettare un battello durano ore. Stanno pensando di regolamentare gli accessi, ma nessuno sa davvero come si potrebbe fare. [...]
Claudio Corbella è il primo cittadino di Pognana Lario. Che poi sarebbe il comune da cui i Ferragnez hanno lanciato la loro ultima story immobiliare su Instagram. Non ha ancora avuto il piacere di conoscere i due nuovi "cittadini", però una sua idea sull'effetto influencer già ce l'ha: «Il turismo porta lavoro e sviluppo, è un bene anche se presenta qualche inconveniente – dice –. L'unica cosa a cui bisogna stare davvero attenti per non snaturare i nostri borghi è il rapporto turisti-residenti». Pognana Lario ce la metterà tutta. Ma cosa faranno a #LakeComo?
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paoloferrario · 5 years
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il pontile dei BATTELLI a TORNO, sul lago di Como. Ore 17 del 1 luglio 2019
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trasimenolake · 6 years
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#repost @porte_aperte_trasimeno ・・・ TRASIMENO una scelta GREEN 💚 Dal 26 maggio al 2 giugno percorsi ed eventi gratuiti per conoscere le bellezze culturali e naturalistiche del territorio! 📌 Domenica 26 MAGGIO || Crociera a Isola Maggiore. Grazie all'iniziativa Porte Aperte al Trasimeno, promossa dal Consorzio Urat, tutte le attività alla scoperta del territorio sono gratuite per chi prenota nelle strutture convenzionate. Scegli l'evento e prenota la struttura 👉 https://bit.ly/2VSvrxy Visitare il lago Trasimeno con una imbarcazione è un’esperienza entusiasmante, ci sono coste e scorci visibili a pochi in quanto raggiungibili solo con piccole imbarcazioni. Partendo dal pontile vecchio di Passignano sul Trasimeno sarà possibile guidare una imbarcazione da diporto, con un membro dello staff a bordo che vi accompagnerà alla scoperta dei luoghi più suggestivi e poco visitati tra l’Isola Maggiore e l’Isola Minore. . . #trasimenolake #trasimeno #umbria #italy #italy_lovers #nature #italiastyle_umbria #volgoitalia #ig_umbria #yallersumbria #igersumbria #italia365 #naturephotography #italy_bestplaces #lake #umbriagram #borghitalia #lagotrasimeno #turismo #vacanze #italiadascoprire #lakeview #lago #viaggiare #trip #italiastyle_trasimeno #italian_places #visititalia https://ift.tt/2WhxxXQ
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anghellos · 6 years
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Casina Vanvitelliana - Bacoli (NA) l'area del Fusaro diventó riserva di caccia dei Borbone intorno al 1759. La costruzione della casina fu affidata a Luigi Vanvitelli, già architetto della Reggia di Caserta, per volere di Carlo III, ma a portare a termine i lavori, nel 1782, fu suo figlio Carlo, su richiesta di Ferdinando IV di Borbone. La Casina vanvitelliana è stata costruita su un isolotto leggermente distante dalla riva, alla quale oggi è collegata da un pontile in legno. Con una pianta composta da tre ottagoni intersecati, la casina vanvitelliana appare quasi come una pagoda che si erge sul lago Fusaro.abbellita con ampie vetrate su tutti i suoi lati. #landscapes #landscapephotography #besonyalpha #bestphoto #beniculturali30 #bestshot #yallersitalia #fiafers #fiaferlazio #fiaferscampania #ig_italia #domiadphotonetwork #yourshotphotographer #igers #vintagelens #volgoitalia #pictureoftheday #napoli #fusaro #ig_italia_borghiecitta (presso Casina Vanvitelliana Bacoli Na) https://www.instagram.com/p/BsgOqiRAh4K/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=170laoskvbb4c
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ginevra-malcolm · 8 years
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Chapter 55 - Palafitta dei sogni, Metairie & Lake View
Ginevra
Ha chiamato un Taxi usciti dalla chiesa, restando con la fronte corrugata, per il mal di testa e per altri pensieri legati al luogo in cui sono diretti. E' stata in silenzio, come fa di solito nei percorsi in automobile. Il taxi ha percorso Hayne Boulevard fino in fondo, sono ancora in città e sembrerebbe di no. Sembrerebbe di essere altrove, lontani da tutti. Mandato via il taxi, resta all'inizio del pontile che conduce alla casa, il cancello è chiuso, tutta la casa sembra essere chiusa. Poco prima di scendere dal taxi ha tirato fuori delle chiavi dalla borsa, le porge a Malcolm «è tua» gli dice semplicemente, anche se non è proprio vero, non ancora, l'appuntamento con gli avvocati per il passaggio di proprietà lo ha già preso però, quindi, si tratta solo di questioni burocratiche, di cui però non fa parola. Lo sguardo resta sul giornalista, cercando di coglierne la reazione, non tanto per le chiavi e per quanto ha appena detto, ma per il posto che, certo, non è una reggia, ma sembra appunto via dalla città.
Malcolm
Tralasciando il povero agente di scorta che probabilmente avrà dovuto parlare col tassista, per poterli seguire nella macchina dove è rimasto per tutto il tempo, l’importante è che hanno viaggiato sani e salvi. Malcolm ha cercato di prendere la mano di Ginevra, durante il tragitto, rispettando il silenzio altrui senza neanche chiedere dove abbia intenzione di portarlo. E così si ritrovano davanti ad una casa, letteralmente sul lago, una palafitta. Certo, il giornalista tutto può aspettarsi tranne ciò che gli viene detto, chiavi in mano, da Ginevra dopo che sono lì, e Malcolm sembra già rapito dal posto (comunque ci si arrivi). Ovviamente nel sentire quelle due parole, sgrana gli occhi e schiude le labbra, fissandola e prendendo solo meccanicamente le chiavi che gli vengono date. Deve realizzare. «C-cosa?» domanda, volgendo lo sguardo a quella casa, al posto, l’infinita meraviglia che lo lascia senza parole, dritto, borsa in spalla, l’agente tranquillo a parecchi metri: in quel posto splendidamente solitario la sorveglianza è semplice. Malcolm porta lentamente la mano destra sulla bocca lievemente schiusa. Gli occhi azzurri vagano in quell’ambiente, cercando di pensare alle parole dette da Ginevra. «E’ … è… nostra?» sì, perché è del tutto naturale per lui pensare di viverci con lei, come le aveva espresso senza minimamente pensare alla possibilità che si realizzasse. «Come..?» come hai fatto, intende balbettando. «E’ stato solo…» quanti giorni sono passati? Non riesce a conteggiare al momento, anche perché sono sembrati tanti «… qualche giorno fa.» va sul generico. E’ commosso, lo si vede, una commozione sincera e profonda, del tutto incredula. Passa la mano destra fra i capelli, con la sinistra invece cerca quella di Ginevra, istintivamente.
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Ginevra
Mentre Malcolm osserva il luogo, lei osserva lui, le labbra si piegano in un leggero sorriso al suo stupore. Riporta lo sguardo sulla casa «tecnicamente la proprietà è tua» fa una breve pausa «tra qualche giorno ti consegnerò i documenti, li stanno preparando» non esattamente corretto, ma non distante dalla realtà e l'esito sarà comunque quello. «L'ho comprata ieri» spiega alla sua domanda, mentre si lascia prendere la mano, l'altra si alza ad indicare il pontile «andiamo?» poi aggiunge subito «manca ancora tutto l'arredamento, c'è solo qualcosa lasciato dai precedenti proprietari»
Malcolm
E’ un giorno di forti emozioni, che lo lasciano un po’ inebetito, scosso, benché le viva apparentemente con quel suo solito grande autocontrollo, che fa un po’ acqua da varie parti ma gli rende la classica figura statuaria e seriosa. Recepisce le informazioni con una velocità di elaborazione insolitamente bassa per i suoi standard. Stringe la mano di Ginevra un po’ come a cercare di capire se per caso sia morto a sua insaputa e quello magari è il miglior paradiso che gli tocca. «Ieri? .. Insomma.. ieri..» ieri non volevano più saperne niente l’uno dell’altra. Non se lo spiega affatto. «Dove hai trovato i soldi? Quant’è costata?» ecco, ora inizia a ridimensionarsi e ad avere quelle prevedibili preoccupazioni. Annuisce e la segue, inoltrandosi sul pontile che porta alla casa, le cui chiavi sono ancora nella sua mano destra. Cammina lentamente e si guarda intorno. Casa sul lago, esatto. «Ti piace qui?» le domanda, forse apparendo assurdo nel chiederlo. «E’ molto diverso dalla tua casa a Frenchmen Street.» annota, probabilmente preoccupato di quel cambio che a Ginevra potrebbe risultare difficile. «E vorrei che fosse anche tua, la proprietà, ogni cosa. Vorrei che accettassi da me almeno la metà del costo. E a tutto il resto penso io.» appare un po’ buffo nella sua contrattazione, giusto un modo del tutto sentito per razionalizzare tutto quello che sta succedendo, deve tradurlo in cose concrete, in numeri, in fatti. Ma già si sta immaginando la vita qui.
Ginevra
Stringe di rimando la mano di Malcolm, di cui comprende l'emozione. Lui aveva il sogno di una casa sul lago e quello che lei volava fare era realizzarlo, renderlo vero, offrirglielo. Un posto dove sentirsi a casa, dove sentirsi felice magari. E lei vuole solo questo. Che il resto del mondo si tenga il giornalista austero, rigido, glaciale, e che siano per lei i sorrisi, la rilassatezza, gli abbandoni. E sentirlo ridere, magari, non lo ha mai sentito ridere. Voleva realizzare un sogno per guardarlo tornare ad essere quello con la sigaretta e i capelli scompigliati dal vento, quello che dà da mangiare ad un coniglio, riservato, schivo, ma non freddo; per guardarlo togliere la corazza pezzo dopo pezzo e lasciar venir fuori quello che si cela in fondo ai suoi occhi. Per quei dolci pendii di rose ai piedi dei cipressi. «Ieri» conferma e dopo qualche istante aggiunge mormorando «...ogni giorno» a richiamare le parole di quel giorno in cui, in preda a non si sa quale demone, gli ha detto che avrebbe atteso, fuori la porta ogni giorno. «Ce li avevo» perplessa quando si sente chiedere dove ha trovato i soldi «Non è costata molto» si stringe nelle spalle. Ora, dovrebbe essere evidente che lei non dà alcun valore ai soldi, li tiene accartocciati e sparsi nella borsa o nelle tasche, e che non debbano nemmeno mancarle, ha vissuto in città due mesi senza lavorare, ha acquistato un immobile nell'area più antica del quartiere francese, un immobile con casa e una attività commerciale che deve nascere da zero, e non ha mai dato segno di avere difficoltà economiche da gestire. Scuote il capo alle sue ultime richieste «è tua» ribadisce con un sorriso «potrai farne quello che vuoi» reclina appena la testa di lato «starò qui con te, se lo vorrai» stringe di più la sua mano «non perché avrò metà della proprietà, ma solo perché tu vuoi che io sia qui; non per un qualche obbligo a condividere questo luogo, ma per il desiderio di condividerlo; non voglio che ci siano vincoli a legarci, ma che sia una scelta a farlo, una scelta quotidiana, giorno dopo giorno» fa una breve pausa «comprendi cosa intendo?» gli domanda con una certa apprensione che lui possa non capirlo, essendo qualcosa di lontano dalle sue abitudini: è stato sposato quasi trent'anni, ha preso un impegno a lungo termine, che non ha mai richiesto, per sua natura, che venisse rinnovato ogni giorno. Lo accompagna intanto a vedere la casa. Il primo livello, da cui si accede al lungo molo in legno e in cui non è presente altro che un paio di amache appese e in buono stato; il livello superiore in cui c'è la casa composta di una camera da letto, uno studio ampio, due bagni, la cucina abitabile, un salotto con tanto di camino, e la terrazza coperta a cui si accede sia dalla cucina sia dal salotto, affacciata sul lago, luogo in cui si conclude il loro tour della casa. Presenta già alcuni mobili in vimini. Lei si sposta verso il parapetto in legno, per affacciarsi verso il lago a goderne la vista, rabbrividisce per la temperatura che è scesa, ma non sembra voler rientrare subito. «Ci vorrebbe una barca» commenta a se stessa.
Malcolm
Assente in modo ponderato nel sentirle ripetere quelle due parole il cui riferimento viene ben colto. Alterna inevitabilmente lo sguardo fra Ginevra e quel posto meraviglioso, immerso nel silenzio e nella natura, solitario, protetto dalla stessa vastità del lago che si stende davanti alla casa. Intorno alla casa. Le allunga un’occhiata piuttosto placida quando Ginevra afferma che la casa non è costata molto, ovviamente non ci crede, ma lo accetta perché è intenzionato a darle almeno la metà di quanto ha speso. A prescindere da tutto. Stringe la mano di Ginevra, torna a guardarsi intorno: solo a vedere quel posto, prova serenità nell’anima. Non riesce a dire molto in effetti, preferisce ascoltarla in quel discorso e la osserva per assorbire ogni parola. Annuisce alla domanda, con convinzione, ha gli occhi lucidi per la commozione, com’è giusto che sia quando la persona che ami realizza il sogno che non è tanto la casa, quanto quello di avere  di nuovo speranza e poter condividere la vita con la stessa persona amata. Si lascia guidare docilmente all’interno della casa, ma in realtà non la guarda troppo, piuttosto osserva Ginevra senza dire una parola. La segue fino al parapetto in legno, a cui si accosta con calma, stringe gli occhi dove ad ondate vengono su lacrime. Quando la vede rabbrividire si fa più vicino a lei, posa la borsa per terra, si toglie la giacca restando in camicia e panciotto, e gliela mette sulle spalle, facendo restare il braccio intorno ad esse. «Avremo anche la barca. Se vuoi andremo a pesca.» le dice, ritrovando l’uso della parola che sembrava aver perso. «Grazie Ginevra» aggiunge sentitamente, dopo una breve pausa. E non sembra un grazie riferito solo alla casa.
Ginevra
Accoglie la sua giacca sulle spalle, stringendosi in essa, si volta verso di lui per appoggiarsi, cercando un abbraccio più completo «non andartene più» risponde alle sue ultime parole, socchiude un istante gli occhi inspirando profondamente l'aria del lago e il suo odore. «Mi mancherà Maman» come se dovesse lasciarla per sempre e comunque lavora proprio lì, di fianco a lei «potremmo fermarci in città ogni tanto...» suggerisce, sta ragionando da sola in tutta evidenza, si propone questioni e si dà la risposta indicandola a Malcolm «Cleo dovrà restare in libreria» aggiunge a seguito di un altro di quei pensieri e... «non credo il lago sia stato bonificato dopo Katrina» non lo sa, lo dice con incertezza perché non ha idea se lo sia stato o meno «sai che gli ami spaccano il palato dei pesci, provocando loro molto dolore?» così, a un certo punto, come avesse realizzato solo dopo la richiesta sulla pesca.
Malcolm
La accoglie fra le proprie braccia, stringendola a sé, con quella giacca che le starà piuttosto grande anche solo poggiata sulle spalle. «Sì» sussurra come conferma al non andarsene, quindi la ascolta, con aria comprensiva. «Andrà tutto bene.» risponde sul fatto che le mancherà Maman, accarezzandole il braccio «Continuerai a lavorare lì» aggiunge pacatamente, appuntandole che la vedrà praticamente tutti i giorni, quindi assente sul fermarsi in città. Sbuffa un mezzo sorriso: «Guarda che non ci stiamo dando all’eremitaggio.» le ricorda, con una punta di ironia, e continua subito dopo molto più seriamente: «Mi dispiace strapparti via da quella casa, da quel balcone, dai vicoli di Frenchmen Street, dall’atmosfera che si respira. Oh, tu sei proprio in quel modo.» afferma, con un vago sorriso, misto a quella preoccupazione di togliere Ginevra dal suo habitat naturale, per farla venire qui, in una New Orleans in mezzo al nulla, manco l’avesse scelta lui la casa. Annuisce a proposito di Cleo che resta in libreria: «Possiamo sempre prenderci un cane o un gatto. Il cane forse ha meno problemi con l’acqua.» insomma, ci pensa all’ipotesi del gatto che si lamenta sempre perché c’è il lago intorno. E poi lui predilige i cani, anche se non lo dice. Sulla bonifica non commenta nulla, non lo sa neanche lui, poi nel sentire quella domanda sui pesci, comprende: «D’accordo, niente pesca allora.» retrocede su quella proposta, ma non sembra pesargli, alla fine non è che sia un patito di pesca, motivo per cui parla a cuor leggero. «La barca la useremo per andare a lavoro.» ironizza, probabilmente senza smettere di abbracciarla.
Ginevra
Sorride a sua volta sentendo dell'eremitaggio «spero proprio di no» poi aggiunge con vago divertimento «dovrai portarmi a ballare ogni tanto» come se fosse una prescrizione medica, di quelle cose che vanno tenute in conto tra gli impegni imprescindibili «Non mi stai strappando via» lo corregge, perché in fondo, si, quella casa l'ha scelta lei e l'ha fatto a colpo sicuro, l'aveva vista passando nei mesi scorsi, sapeva che era in vendita, ma non ci aveva mai prestato attenzione, fino a ieri. Pur restando tra le sue braccia sposta lo sguardo verso il lago, «un cane... Cleo non mi perdonerebbe mai l'odore di un altro gatto, temo» riporta lo sguardo su di lui «come stai?» è morbido il tono con cui lo chiede, nessuna compulsione si è manifestata, nemmeno alla prima vista della casa, la domanda non è di circostanza anche perché messa lì in mezzo ad altri discorsi
Malcolm
Mugugna soltanto alla richiesta di portarla a ballare, lui odia ballare, è pessimo. Quindi accoglie in silenzio la correzione ed annuisce soddisfatto: «Un cane sarà perfetto. Qui c’è spazio, si divertirà.» commenta con sicurezza, immaginandosi già un cane che, ogni volta che vuole, fa il bagno nel lago o scorrazza liberamente lungo la riva. Mentre sta pensando al cane e alla casa, quando sarà finita e bellissima, gli arriva la fatidica domanda. Risponde dopo qualche momento, con sincerità: «Sto bene. E’ un giorno strano. Ma uno dei più belli.» afferma in una cristallina constatazione dei fatti. «Tu?» chiede semplicemente, ma anche la sua non è affatto una domanda di circostanza. E’ stato un giorno strano per entrambi e lui si chiede spesso a cosa pensi Ginevra, quella Ginevra dai pensieri trattenuti, dalle cose non dette, quella Ginevra dall’inedita riservatezza su cui forse nessuno scommetterebbe. «Allora, che idee hai per la casa?» domanda successivamente così da toccare un argomento più concreto: dovranno arredarla, no? «Vorrei tenere le amache e anche chiamare un esperto per verificare la struttura. Insomma, è pur sempre una palafitta, di base.» e lui è paranoico per natura, deve essere sicuro, avere tutto sotto controllo. «Potremmo mettere dei teloni raccoglibili all’esterno del parapetto, così quando piove non ci si bagna tutto qui dentro. E dare una riverniciata, magari.» e lui ne ha di idee, straborda di idee su come rendere un paradiso quella casa. Specie oggi, è pieno di speranza e voglia di vivere.
Ginevra
Corruga appena la fronte, ma sorride «cos'era quel mugugno?» solleva la mano per punzecchiargli il petto con l'indice «ai tuoi tempi non si portavano le ragazze a ballare?» lo sta prendendo in giro, ovviamente, parlando dei "suoi tempi", smette poi di punzecchiarlo «E' un giorno strano» gli fa eco «Ma uno dei più belli» e non sembra affatto prenderlo in giro nel ripetere le sue esatte parole, fa appena indietro il busto per guardarlo negli occhi, lei ha un leggero sorriso sulle labbra, quello di chi è intimamente felice, senza alcuna necessità di lasciarlo strabordare all'esterno. Lo ascolta nei progetti per la casa, senza staccare gli occhi dal suo viso e senza che quel sorriso perda forma e sostanza «terremo le amache» accorda e il tono che le sfugge è quello dei "tutto quello che vuoi". «o una semi copertura per poter stare fuori anche d'inverno» aggiunge sulla terrazza, annuisce sulle verifiche e sul riverniciare «riempire le pareti con citazioni» sembra l'inizio di un elenco, ma non prosegue, il sorriso si amplia di più «tutto quello che vuoi...» esprime a parole ciò che era percepibile nel tono «tutto quello che vuoi» ripete stringendosi di più a lui, come a voler restare in quel momento in cui lui sta guardando il futuro, senza apparentemente preoccuparsi di altro.
Malcolm
«Oh sì» le risponde con un divertimento di fondo, riguardo al ballare: «Ma io sono pessimo, pessimo» sottolinea l’aggettivo anche con un gesto della mano che fa passare davanti al suo viso, senza un preciso significato «a ballare.» le spiega. Poi la ascolta in quella risposta sul come stia lei, la accetta, guardandola a sua volta negli occhi, con un’espressione serena in volto e nello sguardo. Ai progetti per la casa, annuisce varie volte, anche alla semi copertura per poter stare fuori anche d’inverno, idea che approva evidentemente. Nel sentire quella proposta di riempire le pareti con citazioni, sorride spontaneamente, divertito dall’idea, per poi stringerla a sua volta quando Ginevra si rifugia ancora di più contro di lui. «Quello che vogliamo» precisa, al plurale. Resta un po’ in silenzio, per poi aggiungere: «Il mio affitto scade il 22 marzo. Se abbiamo i documenti in tempo, possiamo iniziare ad organizzare il trasloco, comprando per ora solo l’indispensabile per vivere qui, e nel frattempo resto da te.» propone lui, così da avere un’idea di come regolarsi con l’appartamento dove vive ora.
Ginevra
«Uhm... vedremo, vedremo» sul ballare «comunque qui c'è tutto lo spazio per provare» annuisce appena sentendo del suo affitto «potremmo vivere qui già da ora se volessimo» gli spiega «puoi lasciare la casa quando vuoi, anche adesso» resta qualche istante in silenzio «starai bene con il cambiamento?» lo domanda senza apprensione nella voce, certo che se ne preoccupa o non avrebbe proposto la questione, ma non trapela nulla nella voce, sembra una domanda informativa e niente altro, probabilmente per non porre alcun accento sulla cosa e non sollevare brutti pensieri «Hai bisogno di aiuto con le tue cose?» chiede poi, sembra al momento essere sommersa da domande pratiche, da questioni da risolvere e gestire.
Malcolm
Respira a fondo, sapendo che prima o poi gli toccherà dimostrare quanto sia scoordinato e incapace di ballare. Un respiro un po’ autoironico, comunque, corredato di una vaga smorfia di vergogna. Alla prospettiva di lasciare il suo appartamento praticamente subito, aggrotta un po’ la fronte, facendosi leggermente più teso. E’ chiaro che quell’idea gli crea qualche disagio. «Sì, non preoccuparti, starò bene. Solo… lasciami qualche giorno, ok?» le chiede cautamente, avendo evidentemente bisogno di tempo per ordinare un po’ le idee e le proprie faccende. Il trambusto del trasloco non gli piacerà molto, ma se è tutto organizzato e pianificato riesce a gestirlo. Inoltre non riuscirebbe a trasferirsi quando mancano quattro giorni alla scadenza del suo affitto. Dondola il capo leggermente, senza una risposta precisa, all’offerta di aiuto: «Inizierò a sistemare le mie cose già da questa sera, in quattro giorni dovrei farcela. Ma se vuoi passare ad aiutarmi, ben venga.» non rifiuta di certo, anche se le sue manie renderebbero complicato il lavoro un po’ a chiunque.
Ginevra
Annuisce alla sua richiesta di avere qualche giorno «certo...» si solleva appena sulle punte per avvicinare le labbra alle sue, per un bacio appena sfiorato «non c'è fretta, la casa è qui» lo mormora, a volerlo tranquillizzare, non intendeva mettergli alcuna fretta, solo indicare che i documenti non sono un problema sui tempi. «Non.. » corruga appena la fronte riflessiva, sembra aver pensato solo ora a questo «...non ti senti obbligato, vero?» una breve pausa «per la casa, intendo... magari non ti piace» scostandosi appena per guardarsi attorno, non ci aveva pensato prima, ma ora sembra avere una certa ansia in merito, quella di chi stia tentando di rendere qualcosa al meglio senza la certezza di riuscirsi o di star seguendo la strada giusta
Malcolm
Quando Ginevra ricerca un bacio, lui ricambia delicatamente ma con sicurezza. «Grazie» mormora praticamente sulle sue labbra. «Hm?» mugola poi, osservandola senza ben capire la prima domanda, subito spiegata. Sorride leggermente, inarcando un po’ le sopracciglia: «Stai scherzando? E’ la casa dei miei sogni. Da piccolo volevo essere un guardiano del faro e scrittore.» le rivela, lasciando forse involontariamente capire parecchie cose di sé. «Io come molti altri bambini della zona» senza precisare quali «chiamavo questo lago “il mare”. Pensavamo che i veri laghi, come quelli artificiali nei parchi, dovessero essere compresi alla vista, invece di questo non si vede la fine. Inoltre la maggior parte di noi non era mai stata a vedere l’oceano. Questa è la mia palafitta dei sogni.» o quel che più si avvicina ad un faro sperduto e solitario.
Ginevra
Scoppia a ridere sentendolo, di cuore «non ci crederai mai» ride ancora «ho...» non riesce a smettere di ridere «no...» si scosta facendogli cenno con la mano di attendere che le passi quell'attacco di risata che a tratti la lascia senza respiro. Sicuramente c'è qualcosa di più oltre il ridere per quello che sta per dire, è uno sfogare tutto, la tensione accumulata, la stanchezza, la tristezza degli ultimi giorni, tutte le cose compresse dette e non dette... Riprende fiato «ho provato a comprare il New Canal Lighthouse» riprende ancora fiato e si passa le mani sugli occhi per asciugare le lacrime dal ridere, agita la mano a far segno di diniego «non hanno voluto sentire ragioni però!» 
Malcolm
Ginevra scoppia a ridere di gusto e lui non capisce, la guarda sorridendo un po’ a sua volta ma con aria interrogativa. «Che c’è?» le chiede divertito, ma si sa, le risate sono contagiose e soffia pure lui una mezza risata, senza capire ma solo perché Ginevra ride in modo intrattenibile. Lascia che si scosti, attende che abbia smesso, dentro la sua giacca più grande, se ne sta lì un po’ impalato. Finalmente riesce a sapere cosa l’avesse fatta tanto ridere, il tentato acquisto del faro, al che il sorriso si amplia, diventa genuino, comprendendo bene l’ironia della questione. «Be’ sì, chi vuoi che se lo compri un faro, oggigiorno? D’altronde credo che costi una cifra esorbitante, di solito è così.» risponde, un po’ tentennante, quasi che cercasse di non rovinare quel momento così ilare. E poi magari le racconterà la faccenda di chiamare il lago “mare”, che probabilmente, viste le risate, può dire solo adesso.
Ginevra
Annuisce alla sua indicazione «è che proprio non lo vendono, sembra che gli serva proprio...» ascolta poi il racconto del lago-mare riavvicinandosi a lui «allora abbiamo il nostro mare» il viso arrossato per il ridere di poco prima, trattiene la giacca dall'interno con la mano «e una palafitta dei sogni» aggiunge sorridendo, con una nota di tenerezza nella voce. Non importa quanti anni si abbiano, i sogni sono sogni e realizzarli è sempre meraviglioso. Fa per riappoggiarsi a lui e giusto un attimo prima «vuoi rientrare?» non precisa se si riferisce alla casa semplicemente o alla città ... che poi è lì, a poche centinaia di metri, eppure sembra molto più distante.
Malcolm
Le va incontro al suo riavvicinarsi, annuendo soltanto al sentire che il faro non è in vendita. La riaccoglie fra le braccia, cerca di stringerla a sé con profondo affetto: «Sì, è meraviglioso.» rispetto al lago-mare e alla palafitta. Annuisce poi, all’ultima domanda: «Rientriamo.» e se lo chiede anche lui se si riferisce alla casa o alla città, ma non gli importa. «Stai da me questa notte?» domanda, desideroso di stare con lei, di non dormire da solo, di dormire tra l’altro. «Ho un po’ di lavoro da fare» aggiunge, abbastanza prevedibilmente, per poi dire, magari mentre rientrano. «Ascolta… non prendere male questa domanda, ma… hai per caso… » tentenna, perché si vergogna molto ad esternare quello che ha in mente «hai per caso detto ai tuoi genitori di questa relazione?» chiede, prendendo coraggio con un respiro. Lui è pur sempre di un’altra generazione, ha una cultura diversa, è “all’antica”, perdoniamolo. «Insomma… probabilmente ho l’età di tuo padre, all’incirca.» e di certo non si aspetta che i genitori di lei, eventualmente, prendano bene che la figlia sia impegnata con uno così tanto più grande.
Ginevra
Lo segue verso l'interno e nel chiudere la casa prima di lasciarla, lui ha l'unico mazzo di chiavi. Era ieri, non prevedeva certo che sarebbero stati lì insieme, che ci sarebbe stata necessità di altre chiavi. Nel tragitto che compiono «Questa notte...» fa una pausa inspirando profondamente «non vorrei stare da nessun'altra parte che dove sei tu» resta poi perplessa alla domanda ricevuta «probabilmente...» commenta solo, inizialmente, al riferimento sull'età, è un commento sovrappensiero, appena mormorato e solo dopo qualche momento in cui ragiona su cosa dire «io non parlo con i miei genitori» il che ovviamente risponde indirettamente alla domanda posta da Malcolm, non sanno di lui, come non sanno niente altro se non che viva a New Orleans.
Malcolm
Sorride docilmente, mentre recupera le chiavi dalla tasca dei pantaloni, sentendo che questa notte resterà da lui. Chiude la casa ed ascolta la risposta riguardo i genitori di lei; le dona un’occhiata senza particolare rilievo, anzi piuttosto comprensiva: «D’accordo. Era solo per sapere.» la rassicura, lasciando cadere il discorso sicuramente spinoso per qualcosa che poi non gli va per niente di scoprire. Si avvia, assicurandosi di stare a fianco a Ginevra, lungo il pontile d’accesso alla casa. Da lì sono due passi per attraversare i binari a piedi e raggiungere la strada, dove c’è la macchina con l’agente di scorta all’interno. «Fortunatamente qui la ferrovia è in linea retta, diminuiamo il rischio di incidenti.» il treno, quanto meno, non ti spunta da dietro una curva, lo si può veder arrivare perfettamente in tempo per essere prudenti. Malcolm si preoccupa, costantemente, valuta ed analizza tutto, è quasi un’ossessione. Certo, non diciamo poi che ha pensato già a molti modi in cui i cattivi di turno potrebbero pensare di uccidere lui e/o Ginevra, deformazione professionale. C’è un ampio ventaglio di possibilità: Malcolm ne ha analizzate già parecchie. Ma appunto, evita di dirlo o anche solo di darlo a vedere. «Dovremo mettere le telecamere.» commenta soltanto, con uno sguardo lievemente più cupo, un commento quasi sfuggente. «Va bene se l’agente ci riaccompagna in libreria? Poi se ne sta fuori fino a che non torniamo a casa?» chiede, anche se sa già bene che a Ginevra non va a genio la scorta.
Ginevra
Annuisce brevemente alle sue prime parole, corruga poi la fronte «passeranno molti treni da qui?» guarda lungo la ferrovia mentre la attraversano per raggiungere la strada, poi si volta a guardare lui «telecamere?» ripete «credi siano necessarie?» domanda sciocca, sicuramente, non avrebbe detto di metterle se non le ritenesse necessarie, ma il punto è... sono davvero in pericolo? Ginevra, come si sa, non è poi così convinta... Margos a parte, perché Margos qualche pensiero glielo dà anche se non sa nemmeno quale sia il suo principale campo d'azione in ambito criminale. Guarda quindi l'automobile e l'agente che siede al suo interno «ma quando finirà questa storia?» la domanda è posta in maniera retorica, ha già accettato di dormire da lui, nonostante la scorta e tra poco andranno a vivere in quella casa e... «dovrà stare dentro, vero? Quando verremo a vivere qui..» specifica, ma anche stavolta il tono è retorico.
Malcolm
«Non saprei» replica riguardo ai treni. La considerazione l’ha fatta proprio osservando la lunga e dritta fila doppia di binari, mentre li attraversava. In merito alle telecamere risponde, molto seriamente: «E’ pur sempre un posto molto isolato Ginevra» le spiega, facendo un cenno con la mano proprio ad indicarle la zona «Col lavoro che faccio saremo sempre esposti ai rischi, e la casa ha molti punti vulnerabili. Ma sta’ tranquilla e abbi fiducia, avremo  la nostra sicurezza.» le dice con un lieve sorriso, come fosse un discorso prematuro adesso. Si ferma anche lui guardando l’auto e l’agente all’interno, fedele e discreta presenza. Sospira quando Ginevra pone le sue domande: «Spero presto, è una brutta faccenda. Volevo fare richiesta per non avere più la scorta, ma sono giorni frenetici all’FBI, a quanto pare deve arrivare il Grande Capo a dirci qualcosa su certe informazioni a cui per ora viene negato l’accesso. Non mi sorprenderei che spuntasse fuori il collegamento fra i casi attuali e quello del sindaco. Ci sto già lavorando su da parecchio.» e Ginevra lo sa, dato che gliene ha parlato già quando è morto Phil. All’ultima domanda replica: «Tecnicamente l’agente di turno potrebbe stare in macchina, d’altronde da qui si vede bene se qualcuno arriva, a meno che non venga dal lago o non si nasconda sotto la palafitta.» ed anche se non voleva dirlo, alla fine l’analisi dei punti deboli della casa è presto fatta. Basta ricordare d’altronde quegli individui nascosti nell’acqua delle paludi il giorno dell’incidente.
Ginevra
Si incupisce sentendo Malcolm, sempre di più, si guarda intorno, un gesto istintivo per la tensione che sale a sentire tutti i punti deboli della casa, ce ne saranno altri? Se lo sta sicuramente chiedendo. Annuisce a un certo punto «metteremo le telecamere» annuisce di nuovo «e avremo un cane da guardia» alza poi la mano con cui non sta trattenendo la giacca, a mostra re indice e medio «anzi due, due cani da guardia. E possiamo mettere un antifurto, di quelli collegati con la centrale di polizia» e... qualcuno la fermi, perché tra poco proporrà le torrette difensive da installare sul terrazzo che guardino verso il lago. Fa scivolare via la giacca dalle spalle per rendergliela, intanto «Grazie...» gli sorride nel dirlo.
Malcolm
Ascolta tutte quelle proposte di sistemi protettivi e ad un certo punto la ferma, alzando una mano per posarla sulla sua guancia, in una carezza statica: «Ora non ci pensare. Non volevo neanche dirtelo. Per ora abbiamo l’agente, poi prenderemo il cane – ne basta uno - metteremo un circuito di telecamere e antifurto. E vedrò se esiste qualche sostanza ignifuga da abbinare alla vernice.» eh sì, ha pensato anche all’ipotesi in cui il cattivo di turno pensi bene di dare fuoco a tutto quel bel legno di cui è composta buona parte della struttura. Giusto per essere paranoici. «Figurati» le risponde sorridendo leggermente, mentre riprende la giacca e la piega sul braccio, perché ora stanno per salire in macchina e lui ha la borsa appesa in spalla. «Andiamo.» la invita, dirigendosi alla macchina per proseguire la giornata.
Ginevra
Piega appena le labbra ascoltandolo, non perché non le piaccia quanto dice, non le piace proprio la situazione, come si sa. Sale in macchina rivolgendo un ultimo sguardo alla palafitta, saluta l'agente, con educazione ma senza grande partecipazione. Lui fa solo il suo lavoro, però se l'è scelto e questo elimina le eventuali attenuanti che si potrebbero proporre a Ginevra. Una volta partiti alla volta di Frenchmen Street, resterà in silenzio, ma invece che stare appoggiata al vetro, stavolta, si sposterà verso Malcolm per appoggiarsi a lui, come se avesse intenzione di dormire, anche se non ha intenzione di dormire... c'è ancora una giornata di lavoro davanti...
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ilpierpo · 8 years
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Per un pelo! (da leRealtàParallele1)
Sono un bastardo! Scusa, ma è il mio stato d’animo in questo momento. Ma devo ringraziarti. Se non avessi trovato un tuo libro aperto sul tablet di mio figlio, ora... non ci voglio neanche pensare.
Parto, facendo una premessa. Mi sono reso conto di non essere stato un buon padre. Ho dato per scontate tante cose, senza tener conto delle eventuali conseguenze.
Ho due figli, un maschio e una femmina. Purtroppo non li ho seguiti come avrei dovuto, impegnato nel lavoro da mattina a sera. Nel convincimento di fargli avere il meglio – ma mi sono reso conto che era puro egoismo il mio, volevo che avessero tutto ciò che desideravano, perché la gente dicesse... guarda il padre, non gli fa mancare nulla – sono arrivato oltre i limiti, lavorando anche quattordici ore al giorno, e trascurandoli nel periodo più delicato della loro vita: l’adolescenza.
Mirko è sempre stato un ragazzino pieno di vita, sorridente e desideroso di imparare, ma anche riservato sulle sue cose e un po’ lo rivedo in Nick.
Il grande rimpianto è il non aver colto i piccoli segnali che il ragazzo mandava. Non essendo quasi mai a casa, ho investito mia moglie di un compito che, se per la ragazza è stato semplice, è risultato arduo per il maschio. Di certo il ragazzo non si sarebbe mai confidato con la madre, su argomenti delicati. Se ci fossi stato io, magari mi avrebbe reso partecipe, ma questo non lo saprò mai.
Anche quando la madre mi diceva di notare un cambiamento in lui, non gli davo peso. Le dicevo che era naturale, che stava cambiando, crescendo e di non preoccuparsi. Questo le dicevo, maledetto me!
E lui, schivo e riservato, viveva il suo dramma interiore da solo. Posso solo immaginare come si sentisse a non potersi confidare con nessuno. Ora che conosco parte della storia, sto male per lui.
Visto che aveva vergogna di confidarsi con me, gli ho chiesto di scriverti una lettera, di fare uno sforzo raccontandoti la sua storia. Il resto lo racconto io.
 Ciao, mi chiamo Mirko e sto per compiere diciassette anni. Mi sento attratto dai ragazzi da un paio di anni. È la seconda volta che mi confido con qualcuno su quest’argomento. La prima è stata con un compagno di scuola e ha provocato in me, un profondo disagio. Io e Sergio, siamo sempre stati amici, dalle medie. Stavamo sempre insieme e abbiamo condiviso sempre tutto. Credevo fosse il mio amico del cuore. Credo che tutto abbia avuto inizio un giorno, quando venne a casa con una rivista per soli adulti che aveva preso al padre e insieme abbiamo scoperto la nostra sessualità. Abbiamo anche giocato fra noi, ci siamo confrontati sulla nostra virilità e in seguito, guardando dei filmati porno su internet, anche masturbati insieme. Lì mi sono accorto che, mentre lui guardava le donne dei video, fantasticando su di esse, io mi sentivo più attratto dai maschi. Ma il dramma per me è iniziato alla fine dell’estate successiva, a mare, l’ultimo giorno prima dell’inizio della scuola. Avevamo scoperto una spiaggia dove praticavano nudismo e andavamo a spiare. Un giorno vedemmo due uomini fare sesso e lui sembrò interessato, quindi mi feci coraggio e glielo toccai, chiedendogli di fare quello che facevano loro. Apriti cielo! Il giorno dopo lo seppe tutta la scuola, addirittura andò raccontando che io avevo fatto delle cose con quei due e volevo le facesse anche lui. Da allora tutti i giorni venivo deriso, addirittura vessato. Fu un anno d’inferno. Mi prendevano in giro, mi facevano scherzi idioti, mi facevano trovare delle banane, mi malmenavano e addirittura tentarono di violentarmi, mi salvò un professore appena in tempo. Stavo male, non avevo la forza per ribellarmi, non sapevo come mettere a tacere quelle voci... temevo che prima o poi lo scoprissero genitori e parenti. Ero entrato in un vortice che mi inghiottiva e non sapevo che fare. Per non destare sospetti, uscivo, ma andavo in posti dove ero sicuro di non incontrare nessuno della scuola. Mi sentivo sempre più spesso la testa che mi scoppiava. Pensai di scappare per sempre, ma dove? Verso la fine dell’anno, qualcuno pubblicò sul social network, dei fotomontaggi che mi ritraevano nudo con altri ragazzi.
Sempre più spesso pensavo che il migliore dei modi per far smettere quella tortura fosse farla finita. Alternavo quel pensiero, con lo svelare tutto ai miei, prima che lo sapessero da altri. Iniziai a cercare su internet, un’idea per confessare, quando per caso scoprii uno dei tuoi libri. Lo acquistai con l’account di papà e lo lessi tutto d’un fiato. Quante cose in comune avevamo io e Niccolò, ma non ritenevo possibile che mio padre si comportasse come il padre di Nick, ero sicuro che avesse avuto la stessa reazione di quello di Guido.
Sognavo un finale come nel libro, con il mio papà che mi accettava e sosteneva. Me ne stavo convincendo, ma poi due giorni prima di mettere in atto il piano pronto da tempo, io e lui avemmo un brutto litigio. Minacciò di cacciarmi di casa e a me crollò il mondo addosso.
Avevo sottolineato alcune parti del libro e le leggevo e rileggevo, soprattutto la parte dove Roberto accettava il figlio e addirittura lo consigliava nei confronti di Guido. Di quando lo portò su quel pontile e lo chiamava cucciolo. Desideravo facesse la stessa cosa mio padre, una volta confessatogli la verità, ma ebbero la meglio i pensieri negativi. Le sue urla e le minacce.
Scappai via, lasciando lì il tablet, il cellulare... tutto. Vagai senza meta per tutta la giornata, alla ricerca del posto giusto. Pensai al tetto della scuola, al lago, di andare su in montagna, e tanti altri posti. Alla fine lo trovai. Papà mi portava ogni tanto, quando ero più piccolo, a guardare i treni da un cavalcavia pedonale. Come mi piaceva guardare i treni che sfrecciavano sotto di noi, sbucando dalla montagna e, nonostante sapessimo quando si avvicinavano, dal ponte che iniziava a tremare tutto, mi facevano sempre sobbalzare quando uscivano dalla galleria. Deciso!
Ero dall’altra parte della città e avevo già camminato tanto, ero stanco, avevo fame, ma non me ne curai, a che sarebbe servito? Finalmente alle dieci di sera, arrivai a quel cavalcavia. Era da un po’ che non ci andavo e, cavolo, avevano messo le protezioni alte. Dovetti riposarmi, non ce la facevo a scavalcarle. Mi sedetti a riposare, ma mi addormentai.
Mi svegliai a notte fonda, tutto dolorante e infreddolito.
Cavolo mi dissi, ora mi toccherà aspettare l’alba perché ricomincino a passare i treni. Cercai di scaldarmi, andando su e giù per il ponte e attesi la mattina, cercando nel frattempo il modo per scavalcare la recinzione... alle otto il traffico dei treni aumentò. Io avevo trovato un buco e con molto sforzo lo stavo allargando per poterci passare.
Avevo la mente talmente offuscata, da non pensare al dolore che avrei provocato ai miei genitori. Ma davvero quella situazione per me era diventata insostenibile. Era arrivato il momento. In capo a pochi minuti, avrei smesso di soffrire, per sempre!
Alle due del giorno prima, mi chiamò mia moglie allarmata. Mirko non era tornato ancora e un suo amico le aveva detto che non era andato a scuola. La rassicurai, dicendole che aveva marinato la scuola e se n’era andato a zonzo con gli amici. Non mi preoccupai.
Ma mia moglie non ne era convinta. Mirko tornava sempre a casa se non entrava, poi lei aveva notato un certo malessere nel ragazzo che, dopo il litigio che avevamo avuto, si era acuito. Mi richiamò dopo un’ora:
«Piero, corri subito, ti prego, è successo qualcosa a Mirko…»
Aveva, rovistando fra le sue cose in cerca di qualche indizio, trovato sul tablet del ragazzo quel libro aperto.
Leggendo le parti evidenziate, ma soprattutto le note alle quali il ragazzo aveva affidato il suo stato d’animo, le venne un brivido freddo. Aveva capito cos’era quel malcontento che accompagnava il figlio da qualche tempo e da una frase, ciò che aveva intenzione di fare.
Quando anche io lessi con attenzione, mi precipitai a casa dell’amico di Mirko, il quale all’inizio negò, ma poi capendo la gravità della situazione, raccontò a me e al padre tutto ciò che era successo in quegli ultimi mesi. Il padre del ragazzo, allibito dal comportamento del figlio, mi aiutò nella ricerca. Girammo per tutta la città dividendoci. Ci eravamo fatti dire i posti che con Mirko frequentavano e che significavano qualcosa. Allertammo la polizia che ci aiutò nelle ricerche, ma di Mirko non c’erano tracce.
All’una di notte, ancora nulla. La disperazione prese il posto della speranza. Avevo un bruttissimo presentimento, ma per fortuna negli ospedali non avevano ricoverato nessuno e non c’erano state segnalazioni di incidenti o su… non riesco tutt’ora a pronunciare quella parola.
Alle sette del mattino, il padre dell’amico di Mirko, dovette andare. Doveva prendere il treno per andare al lavoro.
Un’illuminazione! Il treno! Poi lo sconforto. Alla stazione c’era la polizia…
Ma se invece… chiamai il responsabile e gli esposi i miei timori. Mandò immediatamente a controllare tutti i cavalcavia del comune.
Ebbi un crollo psicologico. Avevo l’immagine di un treno che arrivava a tutta velocità sempre davanti agli occhi, mi sedetti sul marciapiedi. Piangevo senza controllo, quando una grossa betoniera, fece tremare la strada. Mi alzai di scatto e presi a correre più velocemente possibile. Era solo una possibilità, ma piuttosto che rimanere a compiangermi, dovevo tentare.
Percorsi di corsa il chilometro scarso che mi divideva da quel cavalcavia. Giunsi stremato, il cuore mi scoppiava, e quando da lontano, lo vidi che stava scavalcando le barriere, mi venne un forte dolore in petto. Caddi a terra, ma riuscii a urlare…
«Mirko, figliolo. Aiutami ti prego.»
Lui si voltò, ma così facendo perse l’equilibrio già precario e cadde verso i binari, rimanendo impigliato con il piede nella recinzione.
Il dolore al petto era allucinante, ma mi rialzai e, aiutato da un passante, raggiunsi mio figlio. Subito dopo arrivarono polizia, ambulanza e vigili del fuoco, allertati da qualcuno che aveva visto il ragazzo comportarsi stranamente.
Venne bloccato immediatamente il traffico ferroviario e i vigili si posizionarono sui binari con il telo di salvataggio.
Lo tirarono su e lo feci venire vicino, mentre mi prestavano i primi soccorsi.
«Mirko, piccolo, ma che volevi fare? Mi hai fatto quasi morire dallo spavento.»
Per la tensione e lo sforzo, avevo avuto un infarto.
Nell’ambulanza persi conoscenza. Quando mi svegliai, per fortuna ero fuori pericolo. Mirko, seduto in un anglo della stanza, piangeva.
«Piccolo, vieni qui?»
«Papà, perdonami. Non volevo… sono proprio un fallimento totale!» Mi disse.
«Che dici, smettila. Come ti senti?»
«Io? Tu come stai… per colpa mia stavi morendo. Non me lo perdonerò mai.»
«A dire il vero lo hai salvato, ragazzo. Era solo questione di tempo, e se si fossero otturate completamente le arterie, non ci sarebbe stato nulla da fare.» Gli disse il dottore entrando.
«Hai visto? Ti devo la vita. Ma mi sarei sacrificato ben volentieri pur di salvarti.»
Fui dimesso dopo dieci giorni e durante la convalescenza cercai di stare vicino a Mirko, parlarci, convincerlo. Ma ormai il danno era irreversibile. Aveva anche provato a tornare a scuola, ma presero a deriderlo anche per il tentativo che aveva compiuto, che nel frattempo era divenuto di pubblico dominio.
La cattiveria delle persone, anche se ragazzini, può essere un peso insostenibile. Tanto che prendemmo una decisione, tutti insieme. Cambiare totalmente vita.
Il mese scorso, dopo aver venduto l’attività, abbiamo deciso di trasferirci in un’altra città e ricominciare da zero. Né io né mia moglie abbiamo trovato difficoltà. I ragazzi si stanno ambientando velocemente e spero che il mio Mirko, dopo avergli fatto alcune raccomandazioni, viva serenamente e senza paura la sua vita.
Abbiamo parlato tanto e ho deciso di stare di più con la famiglia… la cosa più importante che ci sia nella vita di una persona.
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carocinematv · 8 years
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Caro Mr Felicità,
mi hai messo proprio di buon umore, sai? Era questo il tuo obiettivo, vero? Sono stata all’ultimo spettacolo della serata ed è stato straordinario vedere la sala del cinema piena alle 22.30 di mercoledì. Davvero Grandioso! Ho sempre pensato che il cinema debba offrire al pubblico quel che cerca: riflessione, accrescimento, spasso, scacciapensieri, tristezza, emozioni e tu hai scelto di mirare all’obiettivo più difficile di tutti, il miraggio che tutti bene o male rincorriamo e su cui si discute tanto. Hai fatto un buon lavoro con questo film, Mr Felicità! La sala rideva per battute brillanti, con il tipico e sano umorismo di una commedia romantica e un sincero e popolare accento napoletano che a volte non era facilmente comprensibile. Parlo da non-campana ma in quanto del Sud non ho avuto grossissime difficoltà a capire lo slang, il che mi ha spinto a pensare che forse qualcuno nel Nord Italia, non abituato all’accento partenopeo, potrebbe essersi perso qualcosa. Beh, suppongo sia stata una scommessa anche questa dal momento che il principio della commedia napoletana è di far ridere anche chi non capisce parola per parola. Totò, Troisi, De Filippo sono stati abili maestri in questo e Siani mi sembra proprio deciso ad inseguirne le tracce. In più occasioni ho rivisto costruzioni sceniche “alla Totò”, una su tutte il finale in cui il protagonista parla in camera direttamente, rispondendo allo spettatore e canalizzando il focus della scena verso l’esterno dello schermo: la riunione globale degli attori si volta verso la sala, la osserva, la coinvolge, gli sorride e per qualche secondo si instaura una familiarità innaturale, un gioco di ruoli spiazzante ed informale.
A tal proposito, i dialoghi mi sono sembrati l’aspetto più curato dell’intera pellicola e del resto (regista e protagonista) Siani nasce come cabarettista e conosce bene il potere di una frase ben strutturata. Le battute brillanti volevano regalare un sorriso e lasciare un sassolino in testa, una ragione su cui riflettere magari una volta fuori dal cinema per una trattazione che ha dell’apparente superficialità, ma che unisce la nazione in problemi comuni.
Invece con il paesaggio ti sei buttato sul sicuro, confessalo! La fotografia della montagna e delle location degne di National Geographic hanno suscitato  il desiderio di chissà quanta gente che magari si spingerà in Trentino o in Svizzera per visitarlo. La scena di Martino ed Arianna sul pontile della baita con il lago come sfondo è una fotografia che sto cercando per averla come wallpaper, per cui chapeau! Senza parlare della ricerca di EFX (effetti speciali) semplici ma ben riusciti, un investimento che appare sopravvalutato per la commedia italiana, invece quel poco l’hai usato per suscitare la meraviglia, lo stupore, principi cardine dell’effetto cinema!
E’ chiaro ormai che mi sei piaciuto, però prima di chiudere un appunto voglio fartelo: la trama disconnessa. Ma quei ventimila euro per l’operazione? E l’assicurazione dopo l’incidente? Sono troppo realista forse, ma sto parlando del primo quarto d’ora di film! Le cause che spingono il protagonista ad iniziare la sua avventura e si presuppone che, seppure il focus si sposti su altro, perlomeno in conclusione vengano citate, sanando la curiosità dei più attenti, invece l’happy ending si lega alla tenerezza delle sequenze finali ed al clima natalizio che inserisce palesemente la pellicola nelle produzioni del periodo.
A questo punto è evidente che sarebbe stato un perfetto film da vedere tra Natale e Capodanno, invece l’uscita nelle sale a Gennaio sa un po’ di ritardo programmato e, da quel che ho ascoltato uscendo dal cinema, ha rivangato il sapore nostalgico dell’italiano medio appena rientrato a lavoro.
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