un applauso alla signora al tavolo dietro che al ristorante che fa cucina tipica romana chiede un piatto vegano e si lamenta quando il cameriere le dice che l'unico piatto vegetariano è la cacio e pepe ma che comunque non è vegano.
se hai sbagliato ristorante amore la colpa non è del cameriere, perdonami, la carbonara vegana non esiste, perché non si chiama carbonara, mi dispiace ma se non lo capite siete come quelli che fanno il tiramisù con i Pavesini e non lo chiamano PORCODIO DI ABOMINIO.
eh boh, mi ha fatto ridere questa signora scazzata perché era nel ristorante sbagliato, prendi la cicoria ripassata con, cito come è scritto nel menù, ajo, ojo e peperoncino se non trovi niente di vegano, ma per Dio, cercati il menù del ristorante prima di andarci e rompere i coglioni a un povero cameriere che sta correndo da ore maleducata di merda
Un piatto di magro della tradizione toscana
Baccalà in zimino
E siccome a Natale già ci siamo, o almeno così ci dicono gli addobbi nelle strade e nei negozi, affrettiamoci, dovessimo arrivare in ritardo, senza la ricetta e soprattutto senza la storia e le curiosità legate a un piatto, di magro, tipico della cucina toscana!
Ovviamente pesce, quello della tradizione: un buon baccalà, ma questa…
“Ora, ovviamente, voglio sentire il seguito. Perché il fascino per questo sé antitetico?”.
Mi strofinai una mano sul ginocchio. “Già, beh, penso che Yeats si sentisse in gran parte soffocato dalla consapevolezza e, suppongo, dal peso di essere il suo…”.
“Sì, sì, certo, signor Eden. Di sicuro Yeats soffriva di spaccature interiori, spesso fino al punto di sentirsi inintellegibile a sé stesso. Ma quello che volevo chiederle è perché lei, signor Eden, è così affascinato dal sé antitetico”.
“Beh, forse in un modo che non è del tutto dissimile da Yeats”, dissi con cautela, “trovo confortante reimmaginare me stesso”.
Senza rendermene conto, rifiutando dentro di me di accettare
l’umiliazione di elaborare ciò che stavo effettivamente facendo, mi
immaginai, all’improvviso, come Evan. [...] Non ero il riflesso
di un riflesso. Ero Evan.
“Proprio così. È ciò di cui tutti abbiamo bisogno, e ne abbiamo disperatamente bisogno, questa capacità di rimodellare il nostro mondo, di essere riformulati poeticamente, di creare e disfare costantemente noi stessi. Fa parte dell’avere un’identità, dell’essere umani. La maggior parte delle persone, per lo meno i pensatori più seri, non possono rivendicare una singola visione del sé, non crede? È una conquista quando ciò che siamo nella carne entra in conflitto con ciò che pensiamo sia il nostro vero essere. In questo modo, il nostro io quotidiano cronicamente inappagato può a volte cogliere parti di quella realtà ideale a cui aspiriamo”.
Seguì un attimo di educato silenzio mentre fingevo di non avere una
domanda immediata. “Ma lei crede che troppa separazione del sé possa essere… beh, pericolosa?”.
Un’espressione preoccupata passò sul suo viso. “In che modo?”.
“Immagino che in teoria uno potrebbe perdere di vista il suo vero sé in mezzo a molti altri sé artificiali”.
“Non se non esiste un vero sé. Non se siamo sempre in movimento,
sempre in evoluzione”. Incrociò le braccia. “Quindi, il compito è trovare l’equilibrio. Lasciare che entrambi i sé, tutti i sé, vivano insieme, scontrandosi in armonia”.
“E come riuscirci?”.
“Un modo, forse, è trovare il proprio sé antitetico esternamente”.
“Intende in un’altra persona?”.
“Nei sogni, nelle illusioni, nelle esperienze che ti trascinano fuori dai confini di te stesso. Ma sì, all’estremo, anche in un altro essere umano, qualcuno a cui sei legato, anche se quella persona assomiglia proprio al tuo opposto”. Fece finta di chiudere il libro e di farlo scorrere verso l’altro capo del tavolo. “Se si riesce a trovare un sé antitetico, si può ottenere una sorta di autoespansione armoniosa, un’unità all’interno del potere della propria mente”.
“E in questo modo una persona diventerebbe divina, in un certo senso”.
“Forse. Ma comunque, per ora direi che abbiamo discusso abbastanza di metafisica mistica”.
La Carbonara, spesso associata alle strade lastricate di Roma, è una creazione culinaria intrisa di storia e leggende. Risalente al periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale, questo piatto è il risultato di un connubio di ingredienti semplici e sapori straordinari. L’origine del nome è un mistero avvolto nel tempo, ma la sua popolarità è innegabile... continua sul blog
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