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#umoristici
gregor-samsung · 1 year
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“ La principale attrazione dell’albero di Natale della zia Milla erano dei nanetti di vetro che tenevano nelle braccia alzate un martelletto di sughero; ai loro piedi erano appese incudini a forma di campana. Alle suole dei nanetti erano fissate delle candele; raggiunto un certo grado di calore, cominciava a muoversi un meccanismo nascosto, una frenesia nervosa si comunicava alle braccia dei nanetti che battevano come matti coi loro martelli di sughero sulle incudini a forma di campana e provocavano – una dozzina in tutto – un fine tintinnio concertante, come una musica di elfi. In cima all’abete era attaccato un angelo vestito d’argento, dalle guance rosse, che a determinati intervalli muoveva le labbra e sussurrava “pace, pace”. Il segreto meccanico di quest’angelo, custodito gelosamente, mi si è rivelato solo più tardi, sebbene allora avessi occasione di ammirarlo quasi ogni settimana. Ma dall’abete di mia zia pendevano una infinità di altre cose, caramelle di zucchero, biscottini, figurine di marzapane, zucchero filato – e da non dimenticare – i fili di stagnola: attaccare tutte queste cosine, questi ornamenti – mi ricordo ancora – richiedeva una notevole fatica. Tutti dovevano partecipare e nessuno della famiglia, la sera di Natale, aveva appetito, per la tensione nervosa e lo stato d’animo – per così dire – era terribile: tranne che per mio cugino Franz che non aveva partecipato a tutti questi preparativi e che unico godeva e gustava l’arrosto, gli asparagi, il gelato e la panna. Quando poi per Santo Stefano noi arrivavamo in visita e osavamo esprimere l’azzardata ipotesi che il segreto dell’angelo parlante si basasse sullo stesso meccanismo che fa dire a certe bambole “mamma” e “papà” raccoglievamo soltanto risate di scherno. Si potrà immaginare quindi come le bombe cadute nelle vicinanze mettessero in estremo pericolo un albero così sensibile. Ci furono scene terribili quando i nanetti caddero dall’albero: una volta cadde addirittura l’angelo. Mia zia era inconsolabile. Dopo ogni incursione aerea, cercava di rimettere a posto, con enorme fatica, tutto l’albero com’era prima e tentava per lo meno di mantenerlo in vita durante i giorni di Natale. Ma già nel 1940 non c’era nemmeno più da pensarci. “
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Brano tratto dal racconto Tutti i giorni Natale (Nicht nur zur Weihnachtszeit, 1952), testo raccolto in:
Heinrich Böll, Racconti umoristici e satirici, traduzione di Lea Ritter Santini, Bompiani (collana Tascabili n° 59), 1977; pp. 103-104.
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I trust you Martino.
(And yes I had to include that comment, better than the dozens of insults from frustrated Milan fans after that video years ago who apparently only exist to insult you)
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demonecelestiale · 6 months
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raga mi ripeterò ma posso dire una cosa? almeno riconosco di avere dei problemi cioè immagina non saperlo o fare finta di niente
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giramenti · 2 years
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I delitti di Arginario Po, ebook e cartaceo su Amazon
I delitti di Arginario Po, ebook e cartaceo su Amazon
I miei delitti di Arginario Po li trovate su Amazon, l’ebook è gratuito per gli iscritti a Kindle Unlimited.
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marcogiovenale · 2 years
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blogorilla calling!
https://gorillasapiens.wordpress.com/
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tremilatre · 1 year
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È morto Massimo Cavezzali - Fumettologica
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Addio a Massimo Cavezzali,
tra i più importanti fumettisti e vignettisti umoristici italiani contemporanei,
noto per le sue collaborazioni tra gli anni Ottanta e Novanta con riviste come Comix, Orient Express, Tango e Lupo Alberto.
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lamilanomagazine · 1 year
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Cagliari: si presenta alla MEM “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”.
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Cagliari: si presenta alla MEM “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”. La MEM di Cagliari rende omaggio all'illustratore sardo Ennio Zedda, che dagli anni '30 agli anni '70 fu uno degli artisti più significativi del panorama nazionale, e lo fa esponendo una parte della sua collezione di periodici. È visitabile dal 14 aprile sino al 10 maggio 2023, dal lunedì al venerdì dalle 9 del mattino alle 7 di sera, e il sabato dalle 9 alle 13.30. “Nato a Macomer nel 1910 per trasferirsi ancora bambino a Cagliari e morto a Roma nel 1993, Zedda con le sue opere ha dato davvero un grande contributo all'illustrazione italiana”, ha rimarcato stamani l'assessore alla Cultura Maria Dolores Picciau incontrando i giornalisti proprio alla Mediateca di via Mameli 164. Frutto di una donazione fatta all'Archivio storico comunale circa dieci anni fa “Ennio Zedda – Il fumettista Zezé”, questo il titolo della mostra, “dà la possibilità a tutti coloro non conoscono abbastanza questo illustre artista di conoscerlo meglio”. Inoltre, “rientra a pieno titolo nell'ambito delle iniziative di promozione e valorizzazione culturale e delle arti che l'Amministrazione comunale di Cagliari sta portando avanti”. Nel corso della sua lunga carriera, Zedda si è dedicato dunque al disegno e alla caricatura. Ma contemporaneamente ha collaborato ai giornali umoristici cagliaritani: Su Pibireddu (pubblicato nel 1926), Pibiri e Sali (nato nel 1918) e soprattutto Biddio, che ospita nel 1927 e nel 1928 le sue caricature firmate con lo pseudonimo Zezé. Nel dicembre del 1928, con la fondazione del Lunedì de L'Unione Sarda, la sua attività di disegnatore comincia ad avere maggiore rilievo e visibilità a livello regionale. Zedda realizza vignette e testate dallo stile conciso e ricco di dinamismo. Continua inoltre a dedicarsi all'illustrazione pubblicitaria, eseguendo tavole per alcuni negozi cittadini (si ricordano quelle per la gelateria Marcello, per la filiale FIAT di Cagliari e per la ditta di abbigliamento Costa Marras). Nel 1930 all'età di 20 anni, stanco dell'ambiente cagliaritano, si trasferisce a Roma dove riesce ad avere il primo incarico professionale come illustratore, inconfondibile tratto morbido, tondeggiante e moderno. Collabora poi con i periodici Il Balilla e La Piccola Italiana: qui prenderanno vita personaggi come Arturino, Mariella e i fratellini, Carolina e Gavino con i quali rievoca, in modo sognante e fiabesco, la sua Sardegna. Nel dopoguerra sarà impegnato ad illustrare la pagina centrale de Il Giornalino, settimanale dei piccoli, dove darà vita alla figura del pastore sardo Pippo Pentola, personaggio che ritroviamo nelle Favole del villaggio del 1948. Nel 1954 ebbe un'importante collaborazione come cartellonista per l'Ente Nazionale Prevenzione Infortuni, curando l'inserto "Dora e Lilli" con i suoi omonimi personaggi. Negli anni '60 la RAI - Radiotelevisione italiana realizza un filmato-intervista su Ennio Zedda e il suo personaggio Arturino, nel programma condotto da Umberto Eco. La collaborazione con Il Giornalino termina nel 1969 e, da questo momento in poi, Zedda si concentrerà sull'attività letteraria, affiancando al disegno questa sua nuova passione. Muore a Roma nel 1993. “A distanza di molti anni – ha rimarcato Anna Maria Cabras, artefice della donazione – i disegni realizzati completamente a mano sono testimonianza del talento e della grande destrezza di Zedda”. All'incontro della mattina di venerdì 14 aprile 2023 alla MEM anche Francesca Desogus, funzionario del Comune e responsabile del Sistema bibliotecario. “La mostra – ha detto – è stata allestita dal personale della Biblioteca Studi Sardi coadiuvato dal personale dell'Archivio Storico”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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abatelunare · 2 years
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Bestia che “chi” che hai
Il cinema ha rispolverato le arti marziali già da un po’. Credo che il battistrada sia stato La tigre e il dragone. A questo film ne sono infatti seguiti molti altri. Riguardanti ogni tipo di disciplina (ce n’erano alcune che non conoscevo per nulla). Fra essi vi segnalerei il coreano Arang del 2006. La storia non è granché. I sette maestri del Tao (che in realtà si son ridotti a cinque) scoprono che un poliziotto goffo e coglione nasconde un potenziale immenso. Il che lo porterà ad affrontare un cattivastro risvegliatosi da un sonno durato parecchio. La narrazione ha svariati momenti umoristici che ne alleggeriscono la serietà. Gli effetti speciali non sono malvagi. E i combattimenti molto ben realizzati. Arang è infatti uno di quei film dove si capisce - soprattutto, si vede - quel che fanno quando se le danno. Non è mica poco, credete a me.
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already-14 · 2 years
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Giovanni Battista Tiepolo (Venice 1696-1770 Madrid) A man seen from behind with number '41' in ink (upper left) pen and brown ink, gray-brown wash 7 ¼ x 4 ¼ in. (18.4 x 10.5 cm.)
Giovanni Battista’s caricature drawings built on a tradition that can be traced to Annibale Carracci, who popularized the genre, and to Guercino who further developed it. Unlike some of the drawings produced by earlier artists, Giovanni Battista’s drawings often depict types, like a lawyer or a priest, rather than individuals. Most of Tiepolo’s caricature drawings have their corners cut as they were removed from albums. One of these albums, titled Tomo terzo de caricature, was sold at Christie’s, London, 9 April 1943, lot 244, and contained 106 drawings. George Knox has dated these drawings to 1754-1762, a date which may also be applied to the present drawing. Knox also pointed out that there also must have been a Tomo primo and Tomo secondo with caricature drawings. Although these seem to have been lost, a catalogue from 1854 of the Algarotti-Corniani Collection did list ‘due grossi libri’ which contained ‘una copiosa collezione di disegni umoristici del Tiepolo’ (G. Knox, Tiepolo. A Bicentenary Exhibition, exhib. cat., Cambridge, Fogg Art Museum, 1970, under no. 87).
christies.com
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daimonclub · 12 hours
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Riflessioni varie sul lavoro
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Riflessioni varie sul lavoro Riflessioni varie sul lavoro, pensieri, idee, meditazioni e brevi testi semiseri o umoristici sull'arte di lavorare e sul significato profondo di tale attività. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (Articolo 23), 1948 Il progresso tecnico ha avuto due conseguenze per il lavoratore: da un lato ha modificato la divisione delle prestazioni tra l’uomo e la macchina, dando sempre più importanza alla macchina a danno del lavoratore; d’altro lato esso ha trasformato l’attività umana che, inizialmente muscolare, è diventata soprattutto percettiva e mentale. P. Cazamian Dicono che la donna nel mondo del lavoro è ancora discriminata e tuttora meno occupata. Io comunque guardandomi in giro osservo che tra i lavoratori ve ne sono molti del gentil sesso, per esempio le suore , le infermiere, e ancora le domestiche, le insegnanti, le commesse, le impiegate di banca, le cassiere dei supermercati, le parrucchiere, le maestre d'asilo, le massaggiatrici, le prostitute, le ballerine, le ragazze immagine e così via. Carl William Brown La soddisfazione di ammazzare il tempo e di trovare uno sbocco, sia pure modesto, all'ambizione, viene offerta da ogni lavoro, e basta, nella media, a rendere più felice di un uomo che non fa nulla persino un uomo che fa un lavoro monotono. Ma quando il lavoro è interessante, esso è capace di dare soddisfazioni di ordine molto più elevato del mero sollievo dal tedio. Bertrand Russell Il ricercatore conoscerà a fondo il gergo del suo capo, e ne conoscerà tutta la letteratura e le sue ramificazioni, ma molto spesso sarà portato a considerare l’argomento più prossimo come qualcosa che riguarda il suo collega (tre porte più in là nel corridoio) e a ritenere un eventuale interessamento da parte sua come una deprecabile indiscrezione. N. Wiener Non vedo nulla di più preoccupante, politicamente, di questi nuovi sistemi industriali. Quando un artigiano si dedica sempre e unicamente alla fabbricazione di un solo oggetto, finisce col rifinire questo lavoro con perizia particolare. Però, al tempo stesso, perde la capacità generale di applicarsi alla direzione del lavoro; ogni giorno egli diventerà più abile e meno industrioso, e si può affermare che in lui l’uomo si avvilisce a misura che l’operaio si specializza. A. de Tocqueville Il lavoro, come tutte le altre cose che si comprano e che si vendono ha il suo prezzo naturale e il suo prezzo di mercato. Il prezzo naturale del lavoro è il prezzo necessario per mettere i lavoratori nel loro complesso in condizione di sussistere e perpetuare la loro specie senza né aumenti né diminuzioni. David Ricardo Uno dei sintomi dell'arrivo di un esaurimento nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente importante. Se fossi un medico, prescriverei una vacanza a tutti i pazienti che considerano importante il loro lavoro. Bertrand Russell Non è solo un ammortizzatore sociale, un’umiliazione operaia, è qualcosa che assomiglia nei suoi effetti alla nube atomica di Cernobil, una minaccia che non sai come combattere, un limbo da cui non sai se uscirai, un sacrificio che non sai a chi attribuire, se al padrone o alle nuove macchine o alle minacciose vicende di un mondo preso dalle convulsioni. Giorgio Bocca
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Riflessioni sul lavoro I missionari cattolici sono sempre andati nelle zone più primitive e lontane non solo per diffondere la propria religione e la propria morale, ma anche per sottomettere gli indigeni del luogo alla propria autorità. Oggigiorno si assiste ancora allo stesso tipi di fenomeno da parte dei ricchi paesi arabi, che per spargere il seme dell'islamismo, donano moschee alle zone più povere del mondo, è il caso per esempio dell'Albania. Mi si obietterà che tutto ciò crea lavoro ed in paesi poveri questa è una buona cosa; al che non posso che apprezzare tali riflessioni, ma al tempo stesso vorrei pure ricordare che anche buttare giù delle chiese o delle moschee o qualsiasi altra edificazione religiosa crea ugualmente del magnifico lavoro, magari per il futuro. Pensateci, quando avrete delle crisi di occupazione. Carl William Brown La sapienza dello scriba cresce nella quiete del riposo, e chi è libero da faccende diventa savio. Come può acquistare la sapienza chi regge l’aratro ed è intento a tracciare solchi? E il fabbro ferraio che lotta col calore della fucina O il vasaio? Tutti costoro sperano nell’opera delle proprie mani e ciascuno è saggio nel suo mestiere. Senza di loro nessuna città può essere costruita, né abitata, né frequentata. Ma essi non sono accolti nel consiglio del popolo, e nell’assemblea non hanno un posto. La Bibbia, Ecclesiaste Vi sono due specie di lavoro: la prima consiste nell’alterare la posizione di una cosa su o presso la superficie della terra, relativamente a un’altra cosa; la seconda consiste nel dire ad altri di farlo. La prima specie di lavoro è sgradevole e mal retribuita, la seconda è gradevole e ben retribuita. Bertrand Russell La mia religione, la mia fede? Sperare di trovare una ricca donna che mi mantenga e che sovvenzioni i miei studi e le mie ricerche. Il mio lavoro? Andare a caccia di ereditiere; si lo so, non è facile, a volte si spreca tutta la vita alla ricerca di una facoltosa preda e ahimè, niente, non se ne trova neanche una! Ma ciò è pur sempre la mia attività, il mio credo, la mia dottrina, la mia filosofia, la mia terapia; è l'unica cosa che mi conforta e che mi da la forza di continuare, di sopportare questa triste e monotona esistenza, e poi, e questo è il motivo fondamentale, è l'unica cosa che so fare. E non ditemi che è una stupida illusione, perché vi risponderei che non c'è nulla di più serio e di più veritiero di questa mia semplice ed efficace religione. Carl William Brown Ogni uomo sarà ricco o povero secondo la quantità di lavoro di cui può disporre, o che può permettersi di comperare. Adam Smith Certamente il lavoro produce meraviglie per i ricchi, ma produce lo spogliamento dell'operaio. Produce palazzi, ma caverne per l'operaio. Produce bellezza, ma deformità per l'operaio. Esso sostituisce il lavoro con le macchine, ma respinge una parte dei lavoratori ad un lavoro barbarico, e riduce a macchine l'altra parte. Produce spiritualità, e produce l'imbecillità, il cretinismo dell'operaio. K. Marx Signori, noi, bambini occupati presso fabbriche di Manchester, ci permettiamo presentare alle Loro Signorie questa umile e rispettosa memoria. Imploriamo la Loro pietà e compassione per le nostre sofferenze, per il gran carico di lavoro gettato sulle nostre spalle infantili, per la lunga durata di questo lavoro quotidiano, eseguito in gran parte nell’aria chiusa di un locale surriscaldato, per la debolezza che provoca in noi piccoli, e per le infermità e deformazioni che colpiscono molti di noi, per la soverchiante fatica che debilita i nostri sensi e per l’esclusione di qualunque opportunità di imparare a scrivere e a leggere ; vogliamo un po’ di tempo per un po’ di riposo, per un po’ di gioco e per imparare a leggere e a scrivere. Petizione inglese a favore dei minori che lavorano nei filatoi, 1833 Una volta rispondendo ad un'offerta di lavoro mi è capitato che il direttore di un giornaletto di annunci economici di provincia mi ha persino chiesto se sapessi scrivere degli articoli, come se per scrivere quelle stupide fesserie servisse pure una particolare abilità, al che gli risposi di no, infatti le mie capacità sono scarse in materia di imbecillità. Carl William Brown "Il lavoro non deve essere sfruttamento d'un uomo ad opera di un altro uomo, che detiene nelle sue mani il capitale e il potere politico" disse il Socialismo. Va bene, ma quando si è dato il capitale in mano allo Stato e lo Stato in mano a capi "proletari", cessa il lavoro di essere sfruttamento di uomini da parte di altri uomini? Luigi Grande Il lavoratore diviene un rivoluzionario quando si libera del proprio 'operaismo', quando giunge a detestare il proprio ruolo di classe senza mezzi termini, qui e ora, e quando comincia a scrollarsi di dosso quei caratteri che i marxisti più gli ammirano – l'etica del lavoro, la struttura caratteriale derivante dalla disciplina industriale, il rispetto per la gerarchia, l'obbedienza ai capi, il consumismo, le scorie del puritanesimo. Murray Bookchin
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Sfruttamento del lavoro Se oggi il lavoratore non è più un proletario, se il prototipo di questo lavoratore, il ‘povero che lavora’ della prima generazione degli operai inglesi, non è più riconoscibile nell’operaio dei nostri giorni, questo è per massima parte merito del sindacato. E si tratta di un’azione che non poteva essere attesa dall’esterno: non dallo Stato, non dall’imprenditore paternalistico, non dalle tanto lodate istituzioni sociali; doveva scaturire invece dallo spirito e dalla volontà della classe lavoratrice. L’unica forma sociale che essa ha creato è il sindacato. G. Briefs Freud nell'Avvenire di un'illusione scriveva che è probabile che gli oppressi sviluppino una certa ostilità nei confronti di una civiltà che il loro lavoro ha reso possibile, ma di cui non ne condividono le ricchezze, ma probabilmente era piuttosto ottimista, ed è perciò che c'è bisogno che qualcuno fomenti questa ostilità, magari trasformandola in aggressività. Carl William Brown Ciò che muove il lavoratore a dichiararsi malcontento è la speranza del meglio; egli spera di lavorare sempre meno e di godere sempre più: è questa la formula della profezia socialista: il massimo dei beni col minimo dello sforzo; formula contro la quale protestano la ragione, la logica, le leggi del mondo organico e fisico dove gli effetti sono sempre rigorosamente proporzionati alle cause. Federico De Roberto La gente vuole vivere e deve vendersi; ma disprezza chi sfrutta le sue necessità e compra i lavoratori. È curioso che la soggezione ai potenti, agli individui che ispirano paura e perfino terrore, ai tiranni e ai condottieri d’eserciti, non sia sentita in modo tanto doloroso come la soggezione a persone anonime e poco interessanti quali sono i capitani d’industria. Nel datore di lavoro l’operaio vede di solito un astuto figlio di cane che gli succhia il sangue e che specula sulle sue necessità, il cui nome, aspetto e carattere gli sono del tutto indifferenti. F. Nietzsche La maggior parte dei lavori penosi, monotoni erano ritmati al suono della musica. Il flauto, il piffero e lo zufolo regolavano i movimenti e davano gli ordini nei cantieri di costruzioni marittime. In tutti i mestieri si erano conservate vecchie canzoni per ciascuna occupazione Come la ginnastica e la danza, il lavoro manuale si ritmava e si ricreava. G. Klotz Vi è stato sempre detto che il lavoro è una maledizione e la fatica una sventura. Ma io vi dico che quando lavorate compite una parte del sogno più avanzato della terra, che fu assegnata a voi quando quel sogno nacque. E che sostenendo voi stessi col lavoro amate in verità la vita, e che amare la vita nel lavoro è vivere intimamente con il più intimo segreto della vita. Kahlil Gibran In genere quando lavoro in luoghi pubblici prefersico vestirmi bene. In primo luogo perché viceversa sembrerei uno appena scappato di prigione, così facendo non è che cambi poi molto, però almeno do l'impressione di uno che ha avuto il tempo di cambiarsi. Una seconda ragione è che in questo modo offro l'occasione di pensare a chi mi guarda di essere sul punto di andare ad un matrimonio, ed in effetti è così, infatti la stupidità si sposa tutti i giorni. Infine, poiché, da buon samurai, cammino sempre con lo spirito della morte al mio fianco, se dovesse succedere l'irreparabile, almeno sono già pronto e bell'addobato per entrare nella bara. Carl William Brown Le manifatture (inizio XIX sec.) (...) erano luoghi dell’orrore. Se il più delle volte erano collegati con orfanotrofi, manicomi e ospedali, ciò non significa affatto che i luoghi di lavoro fossero una sorta di ospizio, ma piuttosto che l’ospizio stesso era un luogo di lavoro, e gli uomini morivano di lavoro come di un’infermità. M. Horkheimer Nessuno allora parlava inglese, le donne cucinavano e allattavano i loro bambini in strada, sbucciavano i piselli, lavavano i loro panni nelle tinozze. Erano le faccende quotidiane dei loro paesi d’origine, solo che qui strappate dal loro ambiente, dal sole del Sud, dalla loro lingua, quelle povere donne apparivano sperdute e avvilite in tutta la loro miseria e tristezza Le donne che allattavano i bambini esponevano con fierezza seni abbondanti e rigogliosi. P. Di Donato In un migliore ordinamento della società il lavoro e le necessità pesanti della vita saranno affidati a chi ne soffre di meno, cioè al più insensibile, e così gradualmente su su, fino a colui che è sensibile al massimo alle specie più alte e sublimate di sofferenza e che perciò continua a soffrire anche quando la vita gli viene alleviata al massimo. Friedrich Nietzsche Quando più individui funzionano insieme in vista di un obiettivo comune nello stesso processo di produzione o in processi diversi ma collegati, il loro lavoro assume allora la forma cooperativa A parte la nuova potenza che risulta dalla fusione di numerose forze in una forza comune, il solo contatto sociale produce una emulazione ed un eccitamento degli spiriti animali (animals spirits) che aumentano la capacità industriale di esecuzione Ciò proviene dal fatto che l’uomo è per natura, se non un animale politico secondo l’opinione di Aristotele, almeno in ogni caso un animale sociale. K. Marx Il lavoro è innanzitutto un atto tra l’uomo e la natura. L’uomo vi gioca, di fronte alla natura, il ruolo di una potenza naturale. Le forze di cui il suo corpo è dotato, braccia e gambe, testa e mani, egli le mette in movimento al fine di impadronirsi della materia dandole una forma utile alla sua vita. Contemporaneamente, mentre con questo movimento egli agisce sulla natura esteriore e la modifica, egli modifica la sua stessa natura e sviluppa le facoltà che vi erano in potenza. K. Marx Tutti a risparmiare tempo, a pungolare il rendimento, a stigmatizzare l’assenteismo, ma soltanto nell’industria mentre altrove il tempo si butta Una maggiore produttività e un migliore utilizzo del tempo non dobbiamo cercarli sempre e soltanto nel lavoro di fabbrica. A. Accornero Se uno è costretto per nascita e malasorte a lavorare, meglio che lavori di continuo finché non muore, e se ne stia fermo sul posto di lavoro. Io non capisco tanta gente che sgobba per farsi la casa bella nella città dove lavora, e quando se l'è fatta sgobba ancora per comprarsi l'automobile e andare via dalla casa bella. Luciano Bianciardi Durante la campagna elettorale di Berlusconi c'è stato un momento in cui ho iniziato veramente a preoccuparmi, infatti il demiurgo aveva promesso un milione di nuovi posti di lavoro, al che mi sono detto: "Sta a vedere, che ora dovrò iniziare anch'io a lavorare". Per fortuna però era un falso allarme e così sono tuttora felicemente disoccupato; e i soldi, direte voi, beh, per quelli non c’è problema, a lui non mancano, e poi non li mangiano neanche le galline. Carl William Brown Sulla tematica del lavoro potete anche leggere: Aforismi e citazioni sul lavoro Umorismo nero e lavoro Scuola, ozio e lavoro Labor Day explained Aforismi sulle pensioni Aforismi sulle pensioni di C.W. Brown Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi e aforismi Read the full article
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gregor-samsung · 1 year
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“ Nell’anno 2030 la federazione asiatica comprendeva la maggior parte di quel continente dalla Siria alle Indie ed alla China. Le maggiori varietà di stirpi e di lingue e di razze vi si incontravano per l’eguale ricchezza di agricoltura, di industria e di scienza pratica. La strada ferrata corse quell’anno la prima volta da Stoccolma a Pechino e da Pietroburgo a Calcutta. Allora si pensò ad un congresso di tutti i popoli del mondo, cioè delle tre gran federazioni: l’europea, l’americana e l’asiatica. Quel congresso si raccolse a Costantinopoli sotto la presidenza di Adolf Kurr e trattò tutte le quistioni che interessavano il bene dell’umanità. Prima di ogn’altro si discusse quella della scienza. E il presidente stesso, sorto con una lunga orazione a provare che la moltitudine e malvagità dei libri aveva prodotto infin allora la diversità delle classi e le più perniciose rivoluzioni, propose la distruzione universale di essi libri; dopoché una società di dotti ne avrebbero ricavato un indice enciclopedico. Il che fu fatto a gran vantaggio degli uomini. E poi dopo molte altre deliberazioni di senno altissimo, il congresso si sciolse proclamando Adolfo Kurr gran patriarca del mondo e benefattore del genere umano. Questi contava allora ottant’anni di età, e morì tre anni dopo, e gli successe per libera elezione Samuele Dalnegro di Pisa, economista celebratissimo. “
Ippolito Nievo, Storia filosofica dei secoli futuri, Carlo Mancosu editore (collana Lo Scrigno n° 6), Roma, 1993; pp. 71-72.
[1ª Edizione originale: 1860]
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ross68 · 11 days
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Come usi i social media? Li uso spessissimo ma per la maggior parte del tempo per acquisire delle notizie , mentre per il rimanente tempo li uso per guardare reels dove mi diverto moltissimo sopratutto con quelli umoristici !!! 💙💙💙
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edizioni-omnibus · 2 months
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Mastro-don Gesualdo, la cui versione definitiva, qui proposta, uscì nel 1889, è un romanzo che appartiene all’incompiuto ciclo dei Vinti, con il quale Verga intendeva raccontare le vite travolte dalla «fiumana» del progresso. La vicenda, che si svolge in un borgo della provincia siciliana, mentre il regno borbonico è ormai al tramonto, in una società che si sta lasciando alle spalle il feudalesimo e in cui comincia a penetrare il capitalismo, ruota intorno alla sconfitta finanziaria e affettiva di un ricco borghese, Gesualdo Motta, il quale dalla sua ricchezza non ricava nient’altro che infelicità. Vi si alternano episodi tragici, che tuttavia restano lontani da qualsiasi sentimentalismo, ed episodi umoristici, dove ad agire sulla scena sono macchiette, personaggi caricaturali, talora ritratti in chiave grottesca. Ne risulta un affresco ampio e variegato, composto da grandi scene corali. Verga, scrittore verista, si attiene a un naturalismo crudo, impietoso, che si avvale di uno sguardo lucido e acuto, e che ha il merito di porre l’accento sui fattori economici che muovono le azioni umane. In ossequio al principio verista secondo cui la narrazione deve essere improntata all’obiettività e all’impersonalità, Verga si occulta e lascia che siano le azioni dei personaggi a parlare da sé: il punto di vista della narrazione è quello del personaggio che di volta in volta è al centro della scena, e il registro si adegua a esso, oscillando tra una scrittura più scabra e una più lirica e romanticheggiante, tra una mimesi del parlato popolare densa di colorite espressioni idiomatiche e una fine letterarietà. D’altra parte, quando la narrazione si fa mordace e assume un tono acre, si manifesta la visione dell’autore, il suo pessimismo cupo e amaro, per cui gli esseri umani non sono che monadi dominate dall’egoismo, volte al perseguimento del proprio esclusivo tornaconto.
Mastro-don Gesualdo di Giovanni Verga è disponibile in edizione digitale o cartacea. Tutte le info a questo indirizzo: https://edizioni-omnibus.it/catalogo/giovanni-verga/mastro-don-gesualdo/info.php
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reginadeinisseni · 6 months
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Malombra 1/4
Miranda si compone di tre parti: La lettera, Il libro di Miranda e Il libro di Enrico svolgendo la vicenda di un amore irrealizzato: in Enrico, Fogazzaro avrebbe voluto rappresentare la figura di un giovane poeta estetizzante e troppo egoista per amare altri fuori di sé stesso, un figlio del suo tempo visto nel lato più negativo, mentre in Miranda è raffigurata una ragazza – come scrive il Gallarati Scotti (Vita di A. F.) - «nata tutta dal sogno, anima e corpo, e dei sogni ha perciò il pallore e l'inconsistenza. I suoi piedi non toccano terra e il suo cuore, in fondo, non batte con violenza, come chi ami in questo mondo reale un uomo reale [...] essa ci commuove per quel tanto del mondo interiore che del suo poeta che si accende in lei. Ma non appena essa si muove come un personaggio che è centro di un piccolo intreccio di avvenimenti [...] noi sentiamo che essa non ha mai avuto vita vera».
Se non ai critici e ai letterati, quella poesia piacque però al pubblico dei lettori dei quali solleticava l'allora dominante spirito sentimentale e Fogazzaro ne trasse incoraggiamento per proseguire nella via intrapresa della scrittura letteraria.
Malombra. Protagonista è Marina di Malombra, bella e psicotica nipote del conte Cesare d'Ormengo, nel cui palazzo vive dopo la morte dei genitori. Qui trova casualmente un biglietto scritto nei primi anni dell'Ottocento da un'antenata – moglie infelice del padre del conte d'Ormengo e amante di un certo Renato – Cecilia Varrega, che invitava chi avesse trovato il suo messaggio a vendicarla contro i discendenti del marito.
Il lago del Segrino, dove s'immagina ambientata la vicenda del romanzo Malombra
Puntualmente Marina, che si considera una reincarnazione della disgraziata Cecilia, consumerà la vendetta, facendo morire lo zio Cesare e uccidendo lo scrittore Corrado Silla, a sua volta considerato come la reincarnazione dell'amante di Cecilia. In una notte tempestosa, Marina scomparirà nelle oscure acque del lago.
I protagonisti del romanzo, Marina e Corrado, sono figure che Fogazzaro riprenderà pressoché in tutti i suoi romanzi successivi: Marina è la donna bella, aristocratica, sensuale ma inafferrabile, inquieta e nevrotica; Corrado Silla è l'intellettuale ispirato da importanti ideali che vorrebbe realizzare, ma ne è impedito dalle lusinghe del mondo e dall'inettitudine che lui stesso sente come fondamento del proprio essere.
Nel romanzo, percorso da un'atmosfera morbosa di occultismo, sensualità e morte, Fogazzaro introduce personaggi umoristici e generosi (il segretario del conte e sua figlia Edith, di casta purezza) o macchiettistici, come la contessa Fosca e il figlio Nepo. L'utilizzo del dialetto nei dialoghi di alcuni personaggi e il cogliere l'umana cordialità della provincia lombarda attenua la tensione di mistero e d'imminente tragedia che agita la vicenda.
Il libro, che mostra anche gli interessi spiritisti dello scrittore, suscitò reazioni contrastanti. Criticato da Salvatore Farina e da Enrico Panzacchi, fu parzialmente lodato da Giovanni Verga, che lo definì «una delle più alte e delle più artistiche concezioni romantiche che siano comparse ai nostri giorni in Italia». Anche Giuseppe Giacosa lo descrisse come «il più bel libro che siasi pubblicato in Italia dopo I promessi sposi», ma le maggiori riviste letterarie non lo citarono nemmeno.[1]
La vicenda è ambientata sulle rive del lago del Segrino, un piccolo lago della Brianza comasca. Il palazzo, invece, è l'antica villa Pliniana sul Lago di Como, che Fogazzaro visitò e che con la sua lugubre atmosfera costituì una delle principali fonti di ispirazione del romanzo. La versione cinematografica di Mario Soldati (1942), uno dei capolavori del cinema italiano, venne girata nella stessa villa Pliniana.
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cinquecolonnemagazine · 7 months
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Playmen: la rivista che ha divertito e provocato l'Italia con stile
Poche riviste hanno lasciato un'impronta tanto audace quanto la rivista italiana "Playmen". Nata negli anni '70, Playmen ha sfidato le convenzioni dell'epoca e osato parlare di temi che facevano arrossire la società italiana. La rivista ha incarnato uno stile di vita spensierato e disinibito che ha catturato l'immaginazione di molti; ha promosso una visione della vita che metteva in primo piano il divertimento, l'avventura e il piacere; ha contribuito a definire cosa significasse essere un uomo moderno nell'Italia a partire dagli anni '60 e '70, in un periodo in cui la società stava attraversando profondi cambiamenti. Con un mix di audacia e ironia, questa rivista ha lasciato un segno indelebile nella storia della comunicazione e del divertimento. 30 anni e più di copertine patinate Playmen vide la luce nel 1967 grazie a un'idea di Adelina Tattilo. Ispirata all'omologo Playboy americano, ben presto ne superò la fama. Sulle copertine apparivano sempre belle donne nude ma in pose meno esposte rispetto all'omologo statunitense. Era un cocktail di articoli, fotografia glamour, fumetti umoristici e reportage leggermente scandalosi. La rivista era audace, divertente e sfacciata, e rapidamente si guadagnò una base di fan affezionati. Affezionati ben lieti di acquistare la loro copia a poche ore dall'uscita, prima che la magistratura ne ordinasse il ritiro. Nei primi anni di uscita, infatti, Playmen fu letteralmente inseguita dalla censura. Tuttavia "Playmen" non si limitava a immagini di donne attraenti. Presentava anche articoli ironici e irriverenti su temi sociali e politici. I suoi editoriali satirici e le vignette umoristiche affrontavano questioni scottanti con un pizzico di sarcasmo. Era un approccio unico che spesso faceva infuriare alcuni e divertiva molti altri. Il ruolo sociale della rivista Playmen Sebbene "Playmen" fosse principalmente una rivista di intrattenimento, ha svolto un ruolo importante nel contesto sociale italiano dell'epoca. Mentre alcuni critici consideravano la rivista volgare e sessista, altri la vedevano come uno specchio della società in rapida evoluzione. La rivista ha affrontato apertamente temi come la sessualità, la politica e la cultura pop, offrendo una prospettiva alternativa ai canoni sociali dell'epoca. Era una voce pericolosa e provocatoria in un'Italia che stava cercando di capire chi voleva essere. La rivista ha avuto un'importante influenza sulla cultura italiana, dimostrando che l'ironia e la provocazione potevano coesistere con la critica sociale. "Playmen" ha aperto la strada per molte altre pubblicazioni satiriche in Italia, contribuendo a cambiare il modo in cui i media trattavano i temi controversi. Le donne di Playmen Mentre molte riviste maschili dell'epoca ritraevano le donne come oggetti sessuali, "Playmen" ha scelto una strada diversa. Le donne erano spesso raffigurate come figure assertive e indipendenti, e la rivista ha trattato argomenti legati all'emancipazione femminile. Questo approccio pionieristico ha contribuito a sfidare gli stereotipi di genere e a spingere avanti il ​​dibattito sulla sessualità e l'uguaglianza. Non a caso le sue copertine divennero il trampolino di lancio per molte giovani artiste, da Patty Pravo a Ornella Muti, da Brigitte Bardot ad Amanda Lear. Aiutò anche molte artiste messe all'angolo a tornare sulla cresta dell'onda. In copertina foto di Pexels da Pixabay Read the full article
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