wutternach · 2 months ago
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Programmi.
Allora siamo d’accordo, sì, ci vedremo solo per scopare. Come se non ci conoscessimo, come se non ci interessasse niente l’uno dell’altra. Ci incontreremo, ci saluteremo, senza perdere troppo tempo in convenevoli. Come stai, come è andato il viaggio, ti trovo bellissima. Faremo il tragitto fino a dove ci potremo prendere senza pudore e senza rimpianti. Né rimorsi. Dove i nostri pensieri diventeranno realtà. Ti farò entrare, chiuderò la porta. Ti prenderò per un braccio per girarti e metterti di fronte a me, con i tuoi occhi nei miei. Leccherò le tue labbra prima di baciarti. Toccherò il tuo seno prima di spogliarti. Sfiorerò il tuo culo prima di stringerlo.
Poi ti farò girare.
E solo allora comincerò a parlare. Solo quando potrò avvicinare la mia bocca al tuo collo, solo in quel momento ti dirò della voglia che ho di te. Di quanto riesci ad eccitarmi, della passione che mi trasmetti, delle idee che mi fai venire. Di quello che succede al mio cazzo ogni volta che ti penso. Lo sai. Ti infilerò nei condotti uditivi le mie porche parole, sussurrate e dirette. Mi appoggerò alla tua schiena, al tuo culo. Per farti capire di cosa sto parlando. Sentirò la tua voce che mi chiede di continuare a parlare, mentre con le mani aprirò lento i tuoi pantaloni. Li abbasserò tenendoti sempre con la schiena rivolta a me. Alzerò la tua maglia, infilerò le mani sotto e slaccerò il reggiseno. Per toccarti i capezzoli, per stringerli tra le dita. Per sentirli cambiare. Per sentirli godere. 
Ti farò cadere i pantaloni alle caviglie e ti abbasserò le mutandine. Le tue mutandine. Lo sai. Sarai con il culo nudo davanti a me. E allora sì, lo guarderò, lo desidererò, te ne parlerò e te lo dirò ancora; ti dirò che voglio metterci le mani.
Così, proprio come lo stai sentendo adesso che te lo scrivo.
E le mani saranno lì.
Sentirò quanto sei bagnata; come dal primo momento e avrai addosso tutta la voglia cresciuta nel viaggio per venire a scoparmi. Ad essere scopata da me, senza perdite di tempo. Diretti, espliciti, veri. Noi.
Ti farò piegare, ti farò sfilare i pantaloni solo da una caviglia, per poterti allargare un po’ le gambe. Per poterci mettere la mano in mezzo. Per passarci la lingua e le labbra. Per poterci mettere dentro il cazzo. Spingerò, tenendoti le mani sulla schiena per poi spostarle sui capezzoli, poi sui fianchi, te le farò sentire forti, sul culo. Ti farò appoggiare sulla scrivania e sulla finestra, mentre ti scoperò da dietro. Mi guarderai, voltando la testa verso di me. Mi incrocerai con gli occhi. Sentirai quello che voglio farti, la forza della mia voglia. 
Continuerò, forte, fino a che non ti sentirò tutta con la testa e il corpo presa dal piacere, sfiancata dall’orgasmo, senza fiato, senza forze.
Allora ti farò girare, ti farò sedere, quasi delicatamente. Quasi delicatamente ti dirò di prenderlo nella tua bocca, con il tuo sapore sul mio cazzo, per te. Ti dirò quanto sei brava.
Quanto mi fai godere.
Lo sentirai.
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volumesilenzioso · 2 months ago
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c’è brutto tempo da due giorni, a me piace il brutto tempo, amo ascoltare il rumore della pioggia dalla finestra, ha un non so che di rilassante e mi fa venir voglia di uscire, di essere libera, lasciare i pensieri sul comodino e fare una passeggiata sotto l’acqua gelida con il vento che mi accarezza
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ma-pi-ma · 1 year ago
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Tumblr media
Siamo fatti di solitudini
pensieri affollati,
se,
ma,
piccoli sogni,
desideri,
bugie di pace,
intime passioni.
Siamo cartoline nel cassetto,
origami appesi ad una finestra,
acchiappasogni consumati dal tempo.
Siamo ragnatele di memoria
senza fissa dimora,
impauriti dal dolore
e dai giudizi altrui.
Siamo carta,
inchiostro, fuoco.
Poco, tanto,
niente, qualcosa.
Ci accontentiamo,
stiamo comodi in scarpe troppo
strette per paura dell' inverno.
Segretamente amiamo,
disperatamente,
inutilmente,
vigliaccamente.
Siamo infelici,
ma ridiamo.
Ci ignoriamo
ma vorremmo baciarci.
Siamo vivi,
ma non viviamo.
Noi, piccole isole
in mari di inquietudini,
inermi, soli, tremuli.
Carla Casolari
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un-mei-no-akai-ito · 3 months ago
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Un insoddisfacente mondo.
Vivo nel mio mondo perché questo in cui siamo non mi soddisfa.
Preferisco essere definita emarginata socialmente, al posto di essere omologata con gli altri, in un mondo dove ormai l'apparenza e l'aspetto di una persona, contano di più del suo animo, del suo io interiore.
Sento che non faccio nemmeno parte di questa generazione.
Odio le fotografie, seppur la maggior parte di esse raccolgano i ricordi più belli di una persona, ma non riesco a restare "ben in posa" per la foto. Mi sento a disagio.
Non ho mai amato uscire la sera, ho sempre preferito quei momenti tranquilli sul divano "Netflix & Chill" come dicono gli americani, O magari leggendo un buon libro.
Non mai piaciuto questo "ostentare ciò che si ha" che è un po' la base dei social media.
L'idea di diventare famosa tramite social, non mi è mai passata per l'anticamera del cervello e, sinceramente, anche, come avevo io, un profilo dove pur non mettendoci la faccia, ma ne facevo comunque parte, mi sentivo dipendente a tal punto di passare il tempo a fare home/profilo tantissime volte in pochissimi minuti.
Questo mondo allontana, ma non unisce, fa sentire più soli che mai, perché fa sentire diversi, anche inconsciamente.
Smisi definitivamente di avere social all'età di sedici anni, durante la mia permanenza in vacanza a casa di mia cugina.
Restai da lei per quasi due mesi, e all'epoca lei si era appena trasferita in un nuovo appartamento e ci hanno messo qualche giorno i signori della compagnia a metterle la linea telefonica.
Ricordo che inizialmente per me era impensabile non avere social e soprattutto non vedere quello che pubblicavano le mie influencer preferite, così i primi giorni furono bruttissimi emotivamente (guardate che schifo la dipendenza).
Intanto i giorni passavano e avevo preso il giro di uscire (perché lei è sempre riuscita a farmi uscire dalla mia tana) 🐻 spesso la sera, e durante il giorno lei lavorava e io restavo con mia zia e dormivo.
Ormai avevo preso questo "giro" di usare i miei gb solo per WhatsApp e mandare qualche messaggio di risposta, a quei 4 gatti che mi scrivevano, tra cui mia mamma. E iniziava a piacermi un sacco questa cosa.
Avevo un sacco di tempo libero, potevo dormire e fare poi, colazione con calma, senza avere la "frenesia" di vedere quello che faceva la gente, la sera prima.
Potevo passare il tempo a guardare il mare fuori dalla finestra con le cuffiette alle orecchie. E "scattare foto con gli occhi" che è poi, il ricordo più bello.
Leggere in attesa della cena, con in sottofondo le onde del mare, senza avere lo stress delle notifiche da dover leggere o i messaggi da dover rispondere immediatamente.
A seguito del mio rientro a casa, qualche giorno dopo, cancellai i profili social, ad eccezione di Pinterest, che è una applicazione che mi ha sempre accompagnata, fin dal giorno, o poco più della fondazione.
In assenza dei social ci ho guadagnato molto in fatto di tempo libero, ma soprattutto anche di ansie e preoccupazioni mentali.
Certo purtroppo, il giudizio di altre persone su di me è ancora attivo e spesso mi ferisce, ma almeno non ho la tentazione di andare a controllare tale profilo x e vedere se ha pubblicato qualcosa su di me, eventualmente, anche se io non conosco tale persona.
Seppur purtroppo, resto ansiosa di carattere, i pensieri intrusivi spesso e volentieri, mi fanno visita e mi fanno stare male, mandandomi letteralmente in paranoia per ogni minima cosa vista o ricordata o che era stata pubblicata, o che magari avevo l'intuizione che fosse stata pubblicata su di me.
Nonostante questo ripeto, resto debole, ma sicuramente ora sono più forte di prima. O almeno, lo sono in parte.
Tutto questo mi serve per dire che, non sto criticando le persone che hanno i social e che li usano abitualmente, ma dico semplicemente che è una abitudine mia, che a me non è più piaciuta e che a me personalmente ha fatto bene mentalmente.
Ad eccezione però, di Tumblr. Tumblr è un social che non ce l'ho mai fatta ad abbandonarlo totalmente. Questo social mi permette di esprimermi attraverso la scrittura, che è il mezzo che preferisco in assoluto, e nel quale, sicuramente, riesco meglio.
E nel quale si sta bene "nascosti nell'ombra."
Qui non serve l'esporsi, serve il tuo vero io, serve chi sei dentro tu, e nient'altro. Solo tu, la scrittura e il tuo nuovo diario virtuale.
@un-mei-no-akai-ito // @un-mei-no-akai-ito (Dom 21.07.24 h02:43)
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missrainworld · 1 year ago
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Per una piccola parte di me <3 0.2
L'altro giorno parlavo con una mia amica, e mi ha fatto una domanda banale, innocente, mi ha semplicemente chiesto " come è lui?" e su due piedi non ho saputo rispondere.
Non credo di aver mai davvero scritto di lui. Ho scritto pensando a lui notando quanto fosse importante per me. Ma io non ho mai parlato di lui.
Lui è difficile da definire, è difficile dire cosa rappresenta per me. Facciamo così, più che un figurativo di Warhol è un astratto di Kandinsky.
Lui è letteralmente la persona con cui guardi la pioggia fuori dalla finestra. Lui è il silenzio che ti calma. Lui è sorriso "nonostante tutto". Lui è la certezza che tutto andrà bene, anche quando il peggio sembra inevitabile ed io ho perso le speranze. È il bacio sui capelli mentre si è abbracciati.
Lui non è convenzionale, come non lo sono io, come non lo è il nostro rapporto. Ma d'altronde chi definisce cosa è convenzionale?
Lui parla tranquillamente di tutto, da cosa gli piace mangiare, dei suoi progetti per il futuro, dalle cose che ha fatto e a tutto ciò che di buffo trova in me: " Harry tu sei un mago ".
Lui è " vieni qua dammi un bacino" per poi spostarsi.
Lui è il " vieni giochiamo a hearts of Iron "
Lui è il " buongiorno amore mio, come stai " che mi fa sorridere la mattina. È il messaggio con scritto " ti amo" non appena ci salutiamo per tornare a casa, è il " mi manchi " subito dopo che ci siamo visti.
Ma cos'è lui alla fine, se non la persona a cui voglio più bene al mondo? È difficile spiegarlo agli altri, forse è difficile spiegarlo anche a me stessa. Non ho mai conosciuto nessuno che fosse equamente bello sia fuori che dentro
L’unico con cui non mi arrabbio come una bestia, l'unico che mi fa ridere in due secondi e che mi calma con un sorriso. L'unico che si interessa davvero nel vedermi felice, l'unico con cui riesco a parlare di tutto, dalle cose serie a quelle stupide. Forse l'unica persona con cui non devo fingere di stare bene.
Lui è l'unica persona che mi fa ancora sperare nell'amore, in quello vero, quello che ti fa volare oltre la linea delle nuvole e ti fa sentire che va vissuto ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Uno dei motivi per cui la mattina sono felice di svegliarmi. Uno dei motivi per cui sto vivendo e non sopravvivendo. Uno dei motivi per cui non sono in modalità "autopilot".
Io invece? Non so cosa ci trova Lui in me, Non mi piace parlare di me ma mi sono sempre definita un casino.
Mi capita sempre in un certo momento di perdere la voglia di comunicare e di zittirmi, un po’ come quando si esaurisce una batteria. Mi spengo. Mi isolo. Ho bisogno di stare da sola.
Ma adesso starei da sola con te, ha senso? per me lo ha.
È facile notare quando sto bene con qualcuno, non sento il bisogno di parlare in continuazione e con te, anche stare nella stessa stanza, senza dire nulla, in silenzio, mi tranquillizza, quando normalmente mi metterebbe solo pressione.
Ho desiderato tantissime volte essere di essere un' altra persona ma con te voglio solo essere me stessa.
Certe volte però vorrei che la mia mente facesse silenzio, che non pensasse così tanto, che non avessi determinati pensieri.
Quando ti dico che " sono presa male "non mi sento triste. Mi sento vuota. Mi sento spenta. Mi sento senza scopo. Questa non è tristezza.
Sei il mio partner, non il mio terapeuta, e giuro che mi sto sforzando un sacco a dirti cosa c'è nella mia testa, quante volte a " come stai " vorrei rispondere " bene" solo per non farti preoccupare e non nego che a volte lo faccio ma io non cerco qualcuno che mi curi, mi so curare da sola.
Voglio qualcuno che non mi ferisca più.
Ho finito per non parlare con nessuno dei miei problemi: alla fine confidarsi significa spiegare dove e come colpirti.
Sono stanca del male che mi viene fatto dalle altre persone, di dover dare tutto per ricevere nulla. Dover essere forti ti esaurisce ogni energia, il non piangere perché " ti rende debole " ti consuma dentro.
Non mi hai mai visto piangere come una bimba con i lacrimoni che strisciano sulle guance ma hai visto qualche lacrima lasciare i miei occhi e giuro che le persone che mi hanno vista anche solo versare una lacrima si possono contare sulle dita di una mano.
Vorrei sgretolarmi tra le tue braccia solo per poter essere ricomposta da te nell’immagine che tu hai di me, quando mi stringi.
A essere sincera non sono mai guarita dal passato, ho solo smesso di parlarne. Ed ho sempre paura di risultare pesante se ne dovessi parlare.
Ho passato la mia intera esistenza a sentirmi in colpa, a non sentirmi abbastanza e ad avere paura di non essere amata. Per cui ogni minimo cambiamento, che per te può sembrare insignificante triggera i miei problemi d'abbandono. Scusa se ti dico troppo " ti amo", se sono appiccicosa,se ho costantemente bisogno delle tue mani su di me, spammo messaggi, se ti chiedo se sei effettivamente sicura di amarmi.
È difficile capirmi se non comprendi la mia sensibilità. Quando tu mi dici "usciamo?" ed io ti rispondo " se vuoi" non è perché non ti amo o sto mettendo in dubbio qualcosa ( a parte non te lo sto dicendo piú * pat pat* per me), ma perché sono estremamente logorata da come mi hanno trattato le persone. Ho la paura costante di essere un fastidio nella vita di chiunque. Cerca di capire il mio stato mentale, mi hanno tradita ogni volta che ero stata leale.
La testa si deve perdere in due, altrimenti è un’esecuzione.
Per cui ti prego, se mai dovessi stancarti di me, per qualsiasi motivo, dimmelo subito. Se qualcosa ti da fastidio, se non ti piace qualcosa che faccio, se non sei d'accordo con me. Dimmelo. Parlami.
le relazioni sarebbero tutte più sane se romanticizzassimo la comunicazione di coppia, invece di idealizzare l'idea del partner che intuisce ogni tua esigenza: prima di trovare qualcuno che ci legga nel pensiero, accontentiamoci di qualcuno disposto ad ascoltarci quando parliamo, ed è per questo che cerco sempre il dialogo con te.
Una delle cose che amo di te è che sei una persona diretta, una di quelle che ti dicono che ci tengono, che gli manchi, che vogliono vederti, senza dover farti decifrare segnali e parole in codice.
Cosa che sono stata abituata a fare fin da piccola. Da bambina era la tipica bimba timida che sta in disparte ed osserva tutti.
E con gli anni ho imparato ad analizzare certi comportamenti, sia sugli altri che su me stessa, per questo tendo molto a razionalizzare tutto ciò che provo, ed è uno dei tanti motivi per cui mi dissocio.
Ma d'altronde anche io sono così, nulla di quello che faccio o dico, è " casuale ". Quando ti dico " hai ascoltato questa canzone " o cambio leggermente modo di fare c'è sempre una motivazione dietro.
Ho un debole per le cose reciproche, le cose che non devi chiedere, le cose che arrivano e ti strappano un sorriso, quando mi mandi gli audio dove mi dici che " mi ami più di ogni altra cosa " o mi mandi le foto dei gattini. Senza che io debba elemosinare nulla. Anche perché perdo interesse per tutto ciò che si deve forzare. L'amore è un dialogo, non un monologo.
Forse è proprio vero che di fatto non esistiamo finchè non c’è qualcuno che ci vede esistere, che non parliamo finchè qualcuno non è in grado di comprendere ciò che diciamo; in sintesi, che non siamo del tutto vivi finchè non siamo amati
Io credo fermamente nell’amore ed è questo che a volte anzi molte volte mi frega, perché sono un’eterna romantica e si sa gli eterni romantici sono così increduli che l’amore vero esiste e probabilmente esiste davvero in certi versi, no? Ho provato tante volte a scrivere perché è l’unica cosa che mi riesce bene, perché a parole non so spiegare cioè che ho dentro.
E dentro ho tante cose che non riuscirò mai a dire, probabilmente un giorno magari molto lontano riuscirò a scrivere davvero ciò che mi tormenta. Ma non sono qui per questo adesso, so che magari potrebbe annoiarti il mio essere così “logorroica” lo capisco, lo comprendo annoia anche a me moltissime volte. Ma vedi, l’amore che sento per te penso non sia paragonabile a quello che provato prima di te. Ti amo, ti amo davvero e non ti amo perché tu mi debba completare no, ti amo perché sai far uscire la parte migliore di me.
Mille parole non bastano, non bastano nemmeno mille lettere per dirti ciò che sento ma spero che tu capirai queste mie parole.
Sono quella persona che ti mostrerà che non tutti ti fanno del male. Non tutti ti spezzeranno il cuore. Perché amo Incondizionatamente e so cosa significa stare male.
Ti amerò quando piove fuori, anche quando mi piove dentro.
Ti amerò anche quando non potrò piú dirtelo.
Ti amo <3
Tua, A.
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immensoamore · 10 months ago
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SHÙ è una parola cinese, che significa “ mettere l’altro nel cuore”.
L’ho letto da qualche parte ed ho iniziato a pensarti.
Ho pensato che, da quando ti conosco,ho scavato un posto sicuro nel mio cuore,dove proteggerti dai brutti pensieri, dalle avversità,una finestra sul mare anche se fuori è inverno,se ci sono pochi gradi e fa subito notte.Ma in quel piccolo posto c’è sempre una luce che illumina le giornate spente. Che disegna sorrisi nuovi,la tranquillità nelle tempeste, il riparo dalla pioggia, il vento e la malinconia,dove ci ricordiamo che non può essere tutto perfetto, che la vita ce la metterà tutta per farci sentire insicuri e sbagliati.
Allora toccherà a noi tirare quel filo che ci tiene uniti, nonostante il tempo e lo spazio perché sentirsi, non è un fatto di parole.
Ed io ti sento.
Non sarò il tuo prossimo bacio, passerai la notte con qualcun'altra ma sarai felice.
Ma io ti ho messo nel mio cuore e non te ne sei andato più..
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rideretremando · 1 year ago
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"Che paese incivile la Francia. Non sopportano che un bravo poliziotto, che la mattina si era fatta la barba e preso il caffè senza nessuna intenzione di fare del male a chicchessia, spari per sbaglio (per un riflesso automatico) a una canaglia banlieusarde, disarmata e già controllata (dettagli) e allora mettono a ferro e fuoco tutte le città francesi per tre giorni. Che Imparassero dall'Italia, dove quattro poliziotti hanno buttato un disabile rom giù dalla finestra a Primavalle e nessuno ha mosso un dito. Dove vari migranti sono stati ammazzati perché pretendevano il salario arretrato ( ma siamo matti?) o rubavano lamiere in cantieri dismessi per costruirsi una baracca dove dormire dopo il lavoro nei campi (bella pretesa!),suscitando qualche ore di sciopero e accorate interrogazioni parlamentari. Dove c'è un deputato nero (che bizzarria, un ex-bracciante che si permette di parlare un italiano forbito in un consesso dove i colleghi parlano come mangiano), ma quando prende la parola è subissato da lazzi e ululati belluini. Mica espellono gli urlatori, come fanno in Francia (paese incivile e repressivo), qui siamo liberi, è il paese delle curve razziste, degli omicidi impuniti di ambulanti, barboni e mendicatnti molesti, sensa sciocchi riguardi alla fama e alla ricchezza (sì, facciamo il verso della scimmia pure a Lukaku, vedete come siano egualitari). In Francia per queste cose si incazzano, sanzionano eletti del popolo , allenatori di successo, incriminano perfino il poliziotto di cui sopra quando la fa troppo grossa. Saccheggiano i negozi Nike e i supermercati, appiccano fuoco dappertutto, come se si trattasse delle loro pensioni o di fondamentali diritti democratici violati. Un paese di teppisti, insomma, che hanno un dignitoso salario minimo, vanno in pensione, finalmente!, a 64 anni, fanno figli perché le coppie godono di congrue facilitazioni, ma teppisti restano, rivoltosi.
E se invece quel relativo benessere se lo sono meritati perché fanno casino? Se la lotta contro l'ingiustizia dei settori sfavoriti– che ha tanti aspetti scomodi e violenti, signora mia non ci piove – fosse un segno di civiltà e prima ancora di vitalità rispetto all'assordante silenzio italiano? Se si delineasse una convergenza fra poveri e sfruttati al di là della struttura razziale e coloniale?
Ma che brutti pensieri vengono con il caldo estivo, meno male che resiste la pax meloniana."
Augusto Illuminati
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yellowinter · 2 months ago
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Anche stanotte ho dormito senza prendere niente, mi sono svegliata alle 6 e ho fatto la mia solita routine, poi sono andata a lavoro. Sono arrivata prima e ho fatto tutto quello che c'era da fare, sono stata insieme agli animali, ho sorriso e aiutato chi aveva bisogno, ho girato per il rifugio fissando cartelli con l'avvitatore elettrico e mangiato taralli e patatine al burro di arachidi, ho parlato con una ragazza di salute mentale e mi ha confidato di avere il disturbo borderline, la responsabile del turno mi ha detto delle cose bellissime che mi hanno illuminato la giornata. Poi due ragazzi mi hanno accompagnata in macchina fino a casa e abbiamo chiaccherato, mi hanno invitata a cena e nel loro studio di registrazione per suonare la batteria. Ho pranzato, mi sono sdraiata un po' e ho ascoltato la musica, poi ho lavato il bagno e la cucina, ho passato l'aspirapolvere, sono andata avanti a leggere il libro, ho fatto meditazione e cambiato sia il catetere che il sensore, ho cenato e adesso sono sul divano. Entra l'aria fresca dalla finestra. Va bene tutto ciò che provo e io non sono i miei pensieri. Non sono qualcuno o qualcosa, io scelgo chi e come essere. E scelgo l'amore.
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libero-de-mente · 8 months ago
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Mi sento padre
Credo di essere diventato padre prima, intendo prima di diventarlo biologicamente.
Ho vissuto un prologo o, per usare un neologismo moderno, un prequel.
Sono convinto che divenni padre di me stesso il giorno in cui, sempre biologicamente, non fui più figlio di un uomo.
Quando mio padre morì rimasi orfano di una figura paterna che, nonostante i suoi umani limiti, era nel mio immaginario qualcosa di più grande e rassicurante. Ne avevo maledettamente bisogno, ma il destino me lo portò via.
Così dopo un percorso con uno davvero bravo divenni "papà" di me stesso. Non avevo alternative, meglio dire non avevo nessuno.
Nonni morti da tempo e zii, quelli a portata di mano e in vita, ostici ed egoisti da sempre.
Poi divenni padre. Non solo biologicamente, ma qualcosa si squarciò in me. Mille motivi per sentirsi padre.
Quando divenni padre per la seconda volta lo squarcio con i "mille" motivi raddoppiarono
Mi sento padre ogni volta che sento ridere i miei figli,
quando percepisco la loro forza d'animo,
quando mi abbracciano per rassicurarmi,
quando li abbraccio per dare loro forza,
quando mi rendo conto di come i miei figli siano migliori di me,
quando ripenso al fatto che appena nati mi vennero affidati, tra le mie mani che inaspettatamente divennero ferme e solide. Io che credevo che avrei tremato per tutto il tempo.
Mi sento padre quando mi raccontano i loro pensieri, i loro desideri,
quando uscendo di casa, dalla strada, si girano per vedere se sono alla finestra per salutarli ancora. E io ci sono.
Mi sento padre ogni volta che li sprono a lottare per i loro obiettivi,
lo sono di più quando mi scopro a nascondere le lacrime per i loro traguardi raggiunti.
Mi sento padre quando discutiamo,
quando li ascolto e do loro ragione,
quando gli esprimo il mio punto di vista e loro annuiscono,
quando mi spiegano e io capisco che quello in errore sono io.
Mi sento padre ogni volta che loro si sentono miei figli,
quando mi permettono di lenire i graffi metaforici che la vita gli lascia sulla pelle,
ogni volta che predico il rispetto per il prossimo,
a non fare mai del male a nessuno.
Così capita spesso che loro, abbracciandomi con le lunghe braccia, mi fanno sentire figlio a mia volta. Per qualche istante.
Mi sono sentito orgogliosamente padre, in passato, quando durante le competizioni sportive a cui i miei figli partecipavano, dagli spalti, non ero tra i padri che istigavano i figli a "colpire duro" per vincere sull'avversario.
Oppure quando ho rinunciato ai miei desideri, alle mie passioni, per proteggerli per stare loro vicino. Concedendo il mio cuore solo a loro.
Mi sento padre ogni giorno che mi appare una nuova ruga, un capello bianco, un fardello in più sulle spalle che la vita mi lascia "generosamente". Per ogni livido sulla pelle, per ogni ferita nell'anima, per ogni sussulto del cuore strozzato sul nascere.
Sono un padre nel momento che lotto per il benessere della mia famiglia,
quando cado miseramente per un mio errore,
quando mi rialzo stoicamente, con la determinazione di chi non vuole deludere i propri figli.
Mi sarei già lasciato andare da tanto se non fossi padre.
Sono un padre perché soffro, gioisco, li sento, li ascolto e cerco di essere un punto di riferimento per loro,
per poi accorgermi che essi sono per me un punto di riferimento.
Mi sento padre quando mi prendo cura di una madre anziana e ammalata, come se fosse mia figlia. Lei che mi cerca e mi chiede sicurezza. Come una bimba.
Sono un padre fragile, quando ogni sera goccia dopo goccia cerco di chiudere la giornata.
Quest'anno mi faccio gli auguri, per il padre che sono e per come sopravvivo in questo importante ruolo.
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amati--sempre · 2 months ago
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Mi trascino stanca sull'orlo di una crisi,
avrei solo voglia delle tue labbra sulle mie, ma in questa sera di fine estate mi resta solo un profumo addosso, il tuo.
A farmi compagnia è la malinconia.
Provo confusione e stanchezza, sento le gambe cedere, il cuore batte all'impazzata, le mani mi tremano e sono ancora sola.
Sola con le mie paure e i miei pensieri;
d'improvviso calde e accoglienti vibrazioni adolescenziali risuonano alla mia finestra,
brindo al tempo perduto a perdermi,
incatenata alla follia di una vita che non sento più mia.
-chiara
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francesca-70 · 1 year ago
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...❤️...
Mamma, negli anni ho potuto vedere in quanti modi meravigliosi hai reso speciale la vita della nostra famiglia. I momenti d'amore, l'allegria, le ricorrenze, ricordi che porteremo con noi per tutta la vita.
Ma soprattutto, ho potuto vedere come con ogni tuo gesto tu ci abbia insegnato il vero significato dell'amore.
Se riuscissi a rubare al cielo una fetta di felicità, la donerei a te mamma, perché la mia felicità è vederti sorridere
Grazie mamma perché mi hai dato la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buonanotte, il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi da sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime, hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori, hai protetto il mio cammino,
hai educato il mio spirito, con saggezza e con amore,
mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me, trovavi il tempo per i mille lavori di casa.
Tu non hai mai pensato di chiedere un grazie.
Grazie mamma.
...❤️...
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A MIA MADRE❣
Lei guarda fuori dalla finestra senza sapere quello che vede realizzando gli anni passati, senza sentire il calore del sole accarezzare la sua pelle, Lei riposa, sente la fragranza dolce dei ricordi che gli anni crudelmente hanno dato fine. Ricordi amari tormentano i suoi pensieri, avvolgendola in una tristezza che distrugge l'anima. Scappa da questa prigione in un istante di lucida memoria, rifugiandosi in un sonno colmo di tranquillità e pace.
La sua eleganza e la sua grandezza rimarrà per sempre chiusa in un incubo di confusione e paura, anni di sofferenza e guerra sono freschi nella sua memoria, non si ricorda il presente, il suo cuore cerca le persone da lei tanto amate nel passato, soffrendo per loro ogni giorno, la tristezza è l'incapacità di ritenerli nella sua memoria. É tutto quello che ci rimane... trovare la pace è il suo desiderio... accettare la realtà è l'unica possibilità. Dedico questa alla mia più cara amica, alla donna che mi ha dato la vita, alla donna che oggi non mi conosce più, ma so che nel suo cuore sa che io la amo, madre grazie di esistere.
...❤️...
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canesenzafissadimora · 3 months ago
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Siamo fatti di solitudini pensieri affollati, se, ma, piccoli sogni, desideri, bugie di pace, intime passioni. Siamo cartoline nel cassetto, origami appesi ad una finestra, acchiappasogni consumati dal tempo. Siamo ragnatele di memoria senza fissa dimora, impauriti dal dolore e dai giudizi altrui. Siamo carta, inchiostro, fuoco. Poco, tanto, niente, qualcosa. Ci accontentiamo, stiamo comodi in scarpe troppo strette per paura dell’ inverno. Segretamente amiamo, disperatamente, inutilmente, vigliaccamente. Siamo infelici, ma ridiamo. Ci ignoriamo ma vorremmo baciarci. Siamo vivi, ma non viviamo. Noi, piccole isole in mari di inquietudini, inermi, soli, tremuli.
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Carla Casolari
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asteriscoverde · 15 days ago
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XO (only if you say yes!)
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mondo si gentile con me questa è la prima storia che scrivo e decido di pubblicare.
“Se non apri questa porta ti uccido” la voce ovattata ed annoiata di Ethan risuonava al di là del portone, Lea rise di gusto “Va bene, va bene, arrivo” disse prima di aprire la porta facendo entrare il ragazzo zuppo dalla testa ai piedi che la guardò con uno sguardo bellamente arrabbiato ed infastidito.
“Grazie eh” mormorò Ethan entrando in casa, sfilandosi prima le scarpe per poi togliersi il giacchetto, rimanendo solo in abiti comodi, fradici, l'aria calda gli accarezzò il volto, dandogli delle sfumature rosee sulle guance.
“Quando vuoi” scherzò Lea, correndo a prendere una felpa dall’armadio di suo fratello Jasper che appena la vide piombare nella sua stanza le urlò contro di bussare. “Tieni metti questa e dammi pure la giacca e la tua felpa, la metto ad asciugare in bagno sul termosifone riscaldato, almeno non devi uscire zuppo”
“Ma che gentile che sei” scherzò Ethan sfilandosi la felpa che assieme si portò su anche la maglia nera che indossava sotto facendolo rimanere a petto nudo, Lea arrossì osservando il fisico del capitano di basketball della sua scuola ed il suo fisico marmoreo, aveva tutti i muscoli al posto giusto e non troppo marcati, il giusto per renderlo disgustosamente attraente.
Lea sentì il cuore accelerare mentre lo osservava. Il vapore che si alzava dalla sua pelle umida creava un'aura quasi mistica attorno a lui. Non aveva mai notato quanto fosse definito il suo addome, quanto fossero forti le sue braccia.
“Non…non posso lasciare che il capitano si ammali” disse balbettando Lea, abbassando lo sguardo, cercando di nascondere il rossore che le ardeva sulle guance.
Ethan sorrise, divertito dalla reazione di Lea. "Non preoccuparti, non mi ammalerò. Sono fatto di ferro, io." Si avvicinò a lei, prendendo la felpa dalle sue mani prima di infilarla.
scosse la testa passandosi una mano tra i capelli rossastri ancora un po’ bagnati.
Ethan fece un passo avanti, stringendola in un abbraccio umido che la avvolse come una coperta calda. Lea si irrigidì, sentendo il suo corpo caldo contro il suo. Il profumo di Ethan, un mix di shampoo e colonia, la inebriava, il suo cuore batteva come un tamburo. Gli strinse le mani in vita, reciprocando l'abbraccio, "Mi sei mancato," mormorò, la voce tremante. Strofinò il viso nell'incavo del suo collo, assaporando il calore della sua pelle. 
"Sono stato fuori solo cinque giorni per una partita, non sono mica andato in guerra," esclamò ridendo, ma il suo tono era più dolce del solito.
 La sua risata, profonda e melodiosa, riempì il soggiorno, creando un'atmosfera intima e intensa.
Ma la magia fu interrotta dai passi pesanti di Jasper che risuonarono lungo il corridoio. Lea si staccò da Ethan, il suo viso arrossato. I suoi occhi cercarono quelli di Ethan, ma lui aveva già girato lo sguardo sorridendo non appena Jasper entrò nel suo campo visivo.
“Ethan! Amico, che partitona Domenica! quel canestro proprio sul finire del tempo!” esclamò scansando Lea che indietreggiò prese i vestiti bagnati di Ethan e si diresse verso il bagno, sentendosi come se le avessero strappato il cuore. Appoggiò gli abiti sul termosifone, guardando il vuoto per qualche secondo. Il cuore le batteva ancora all'impazzata. 
Lea appoggiò la schiena al muro freddo, il respiro corto. Il rumore della pioggia che batteva contro la finestra la travolse, come i suoi pensieri confusi. Si strinse nel suo maglione, cercando un po' di calore. Ricordava la loro prima grande litigata, quando erano ancora alle superiori. Ethan si era rotto il crociato durante una partita di basket e si era presentato alla sua festa di compleanno la sera stessa con le stampelle. Lei lo aveva apprezzato moltissimo, ma si era sentita in colpa, quasi soffocata dal suo altruismo.
Ora, anni dopo, si ritrovava di nuovo a provare le stesse emozioni. Ethan la faceva impazzire, con la sua gentilezza, il suo sorriso contagioso. Ma era così lontano, così irraggiungibile. Si sentiva come una bambina che ammirava un supereroe, in grado solo di guardarlo da lontano.
Lea si voltò verso la porta, esitando un attimo. Sentiva la voce di Ethan mescolarsi a quella di suo fratello, creando una melodia familiare che la faceva sorridere e piangere allo stesso tempo. Con un profondo sospiro, si allontanò dalla porta, dirigendosi verso la sua camera.
Accese la lampada da scrivania, illuminando un piccolo angolo della stanza. Si mise a sfogliare i suoi appunti, cercando di concentrarsi sui concetti che aveva difficoltà a capire. Ma i suoi pensieri continuavano a vagare verso la presenza di Ethan nel soggiorno.
Infilò le cuffie e avviò la playlist condivisa, era un’accozzaglia di generi e di canzoni sconclusionate che però avevano un significato ben preciso. Le note familiari riempirono la stanza, riportandola indietro nel tempo. Ricordava quando avevano creato quella playlist, trascorrendo ore a cercare nuove canzoni, a condividerle e a commentare. Era stata una delle loro prime uscite da soli, dopo essersi conosciuti meglio.
Senza rendersi conto, si era addormentata sulla scrivania, la testa appoggiata ai libri. Al suo risveglio, vide Ethan disteso addormentato sul suo letto, il telefono in mano con un video sul basket ormai dimenticato. I raggi del sole non filtravano più dalla finestra. l’unica fonte di illuminazione era rimasta la sua lampada. 
Lea si alzò stirandosi arrivando vicino la finestra vedendo le gocce di pioggia battere incessantemente contro il vetro, il vento che spostava i rami del vecchio pino che era nel giardinetto condominiale, il meteo era peggiorato rispetto a quando era arrivato Ethan qualche ora fa. 
Lea guardò il suo letto occupato dalla figura familiare di Ethan, la luce soffusa illuminava il suo viso rilassato. Lea sorrise, ammirandolo. Sentiva il suo cuore batterle forte nel petto. Si mosse lentamente, cercando di non fare rumore. Uscì dalla stanza attenta a non disturbarlo, camminò verso il salotto dove Jasper era impegnato a guardare una qualche serie tv.
Percependo la sua presenza, suo fratello si mise seduto sul divano guardandola con un sopracciglio alzato.
“Perchè sembri un'anima in pena? Che è successo? Non vi ho sentiti parlare, non puoi dirmi che non prova la stessa cosa che provi tu”, disse Jasper, la voce tremante di un'emozione trattenuta a fatica.
Lea lo guardò storto come ogni volta che Jasper tirava fuori l'argomento Ethan Lee. Respirò profondamente e raggiunse il fratello sedendosi accanto a lui con il broncio sul volto.
“Ehy, parlaci, vedi che non te ne pentirai, parola di fratello ma sopratutto parola di scout!”, esclamò alzando il mignolo della sua mano, la sua voce più alta del solito, quasi strillata.
Lea sorrise lievemente 'non sei nemmeno mai stato uno scout', disse continuando a guardarlo male.
“Ascolta, conosci Ethan meglio di me, Dio, me lo hai presentato tu come il tuo migliore amico e già avevo i miei dubbi, lo vedevi a scuola come si comportava? I compiti li passava solo a te, le cheerleaders le ignorava tutte, al massimo ci parlava solo quando era costretto, suvvia Lea, non puoi dirmi che quel ragazzo non è innamorato di te! Stai soffrendo, Lea, e lui pure! Metti fine a tutto ciò e parlaci!” esclamò Jasper, schizzando in piedi, il volto contorto dalla frustrazione. Le mani le strinse a pugno, le nocche bianche.
"Jasper, non credo sia la scelta giusta, con quale coraggio posso dire ad Ethan che..."
"Dirmi cosa?" La interruppe proprio Ethan con ancora gli occhi lucidi e stiracchiando le braccia fino a sopra la sua testa, facendo alzare la felpa di Jasper e mostrando la parte inferiore dell'addome.
Lea arrossì violentemente, sentendo il calore salire alle guance fino alle radici dei capelli. I suoi occhi cercarono disperatamente un punto su cui fissarsi, ma ogni oggetto nella stanza sembrava brillare di una luce più intensa, sottolineando il suo imbarazzo. 
Ethan rimase fermo, a metà del suo stiramento, lo sguardo fisso su Lea. La sua espressione era un misto di curiosità e di un'amichevole attesa. Sembrava quasi divertito dalla reazione della ragazza, ma allo stesso tempo ansioso di sapere cosa stesse cercando di dirgli. 
Lea avrebbe voluto sprofondare nel pavimento. Ogni secondo che passava sembrava un'eternità, e la sua mente correva a mille all'ora cercando una via d'uscita da quella situazione imbarazzante. Il suo cuore batteva forte nel petto, quasi soffocandola.
"Ehm... niente, dimenticavo," balbettò infine, cercando di riprendere il controllo della situazione. Ma la sua voce tremante la tradì, e la sua faccia era ancora più rossa di prima.
Ethan la osservò per un attimo, un sorriso appena accennato sulle labbra. "Sicura? Sembravi sul punto di dirmi qualcosa di importante."
Lea abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il suo imbarazzo. "No, davvero, niente di importante."
Ethan annuì, ma il suo sguardo indagatore la fece sentire a disagio. Aveva la netta sensazione che lui avesse capito che stava nascondendo qualcosa, e l'idea la terrorizzava. 
"Eh no, non ci sto, ora basta, Ethan, Lea ti deve parlare, perciò parlate e Lea piantala di scappare!" Esclamò con la disperazione chiara nella sua voce Jasper, camminando dritto verso lo stesso corridoio da cui il primo era arrivato e chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Ethan e Lea da soli in salotto con sottofondo solo la scadente serie che Jasper stava guardando.
"Ok, che diavolo sta succedendo?" Chiese Ethan avvicinandosi a Lea, peggiorando l'imbarazzo della ragazza. Lea sentì il calore salire alle guance e il cuore batterle come un tamburo. 
"O la va o la spacca," mormorò, "Ethan io..." Cominciò, bloccandosi. Le parole sembravano intrappolate in una bolla di ovatta, impossibili da pronunciare. Rimase incantata dagli occhioni dolci di Ethan, che la fissavano con un'intensità che la faceva tremare. "Tu?" La incalzò dolcemente il ragazzo, sedendosi di fianco a lei.
"Ethan tu mi piaci," sbottò, la voce tremante. "Tanto," aggiunse prima di coprirsi il viso con le mani. Sentì Ethan muoversi di fianco a lei, pronta a vederlo alzarsi ed andare via. Lea strinse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere.
Ethan le prese i polsi delicatamente, scoprendole la faccia. Lea lo lasciò fare ed incrociò il suo sguardo. Ethan aveva sul volto uno dei sorrisi più belli del globo, un sorriso che le scaldò il cuore. "Sono felice che i miei sentimenti siano reciprocati," spiegò, sorpreso ma anche sollevato. "Anche se pensavo fosse ovvio dalle superiori che provassi qualcosa per te."
Lea sorrise timidamente, cercando di abituarsi all'idea che tutto quello che aveva sempre sognato stava finalmente accadendo. In quel momento, il mondo intorno a loro svanì, ridotto a un vago rumore di fondo. C'era solo lei, lui e il battito accelerato dei loro cuori, un ritmo sincopato che sembrava pulsare in ogni vena. Con un gesto lento, Ethan si avvicinò a lei, gli occhi scintillanti di un'emozione che lei non aveva mai visto prima. "Posso baciarti?" domandò il ragazzo, la voce rauca e tremante, accarezzandole uno zigomo con la punta delle dita. Il tocco leggero lo fece rabbrividire piacevolmente e un brivido le percorse la schiena. "Sì," sussurrò lei, la voce appena udibile.
I loro respiri si mescolarono, caldi e umidi, creando una nuvola tra le loro labbra. Ethan si avvicinò ancora, fino a sentire il calore del suo respiro sul viso di Lea. I loro occhi si incontrarono, pieni di un'intensità che la lasciò senza fiato. Poi, le loro labbra si sfiorarono in un bacio leggero, come una carezza, un'esplorazione timida e dolce. Era un bacio che prometteva mondi, un bacio che diceva ‘ci sono io, e ci sarò sempre’.
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Buon compleanno Heeseung, from an Italian Engene!
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clo-rofilla · 4 months ago
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Un'ape mi ha punto sotto la pianta del piede - fa un male indicibile. Lei però è morta, poverina.
Sotto casa tagliano l'erba; il cielo preannuncia pioggia.
La mia pancia si strizza in una morsa di angoscia immotivata, e più mi sforzo meno riesco a capire perché. Va tutto bene. Amo come e più di sempre, sono amata in un modo totalizzante e profondo, l'ernia è dormiente da mesi, il burnout a lavoro è - per fortuna - un ricordo ormai lontano. Va tutto bene. Fuori gli uccellini cinguettano alla stagione che arriva.
E allora cosa c'è? Cosa c'è, Claudia, cosa ti agita veramente? Cos'hai? Cos'ho? Me lo chiedo ogni giorno.
E' frustrante quando il tuo corpo da alleato e compagno diventa tuo rivale, un nemico algido e corazzato che non ti permette di goderti la placidità della vita e delle giornate che accadono intorno e all'infuori di te. Mi sento tradita da un corpo a me straniero che mi intrappola in questo perenne stato di ansietà, calando una patina sul colore accecante delle cose e delle emozioni. Le guardo da dietro una finestra di vetro, e anelo una boccata d'aria fresca, che mi riempia i polmoni fino a scoppiare.
Passerà - mi ripeto - come è passato altre volte. Tornerò a vedere lucidamente, a progettare le mie giornate senza ansie né imprevisti, a lasciare le medicine a casa partendo per un viaggio, a provare pura gioia, ad avere il petto e la mente - la pancia - sgombri da questo sottile peso strisciante. Passerà e sarò di nuovo completamente felice, totalmente io. Libera dal mostro.
E' fine giugno e sa di promesse tradite, di una primavera mancata, di un'estate sbadata.
Respiro - in, es, in, es - lo sento dalla stanchezza delle mie fibre che sto lottando ormai da mesi, dalla mascella serrata, dalla malinconia dei pensieri. Non mi arrendo, lotterò anche stavolta.
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ma-pi-ma · 1 year ago
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Certo, addormentarsi. Scacciare la luna dalla finestra. Mettere in contumacia le zanzare. Stabilire per i gatti lo spazio notturno. Zittire i malinconici cani dei vicini. Chiudere l’udito a tutti i rumori tranne a quello della pioggia. Relegare tutti i pensieri angosciosi nel posto che gli spetta, nel tempo passato o futuro. sistemare i sentimenti nei reconditi meandri del cuore, in astucci chiusi a chiave fino all’alba. Reprimere i dolori. Controllare i desideri e superare le offese. Non comporre poesie. Afferrare il filo di una storia e inventare una favola. Fungere da mamma a se stessi. Essere la propria amata. Coprire di baci il cuore insoddisfatto. Coprire con una coperta le membra infreddolite. Entrare nell’enclave monastica del buio e del silenzio. Andare lontano. In capo al mondo. Al confine dei sogni e dei non sogni. E magari ancora più lontano.
Kajetan Kovič, Istruzioni per dormire, da Estate, 1990
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oltreleparole · 5 months ago
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Sono anni che non dormo in un letto che non è il mio. Strano dire solo mio, una piazza piena e una vuota. Come quando da bambina mi facevano il gioco con i pugni chiusi, gira gira e indovina dov'è la caramella. Indovina dov'è il veleno. Non ho mai indovinato e infatti l'ho mangiato tutto insieme, anni dopo.
Questo letto estraneo non mi fa dormire, non conosco queste pareti, queste fotografie, la finestra è un buco nero. Troppo chiusa, troppo buia. Per fortuna ho portato la mia lucciola blu, la luce d'emergenza come nelle sale d'attesa, come negli ospedali. Aspetto anch'io, ormai non faccio altro, pronto soccorso per i mali mentali che tanto prima o poi arrivano, tornano. Aspetto l'alba, aspetto il sonno, aspetto il riposo. La pace. Che parola bellissima, che parola assurda.
Respira. Respira. Respira.
Le lenzuola scricchiolano, sono state usate poco, pulite come terre rare, appena profumate. Mi dovrei sentire fortunata e invece mi sento una poveraccia, ancora randagia in questa età di mezzo, né vecchia né giovane, né intera né sbriciolata. Pezzi di me che galleggiano su onde appena più alte del dovuto, del controllabile. Una corrente senza senso che porta da nessuna parte, la bellezza persa nella sete.
Intorno la città sì lamenta appena, ma io non sono abituata al traffico e ai rumori del piano di sopra. Casa mia è in mezzo al nulla, lontana abbastanza dal centro per essere dimenticati, vicina abbastanza per potere essere produttivi in tempi decenti. Facciamo del nostro meglio, la speranza è che sia tutto sopportabile. Decente, appunto. Né più né meno.
Respira.
Il tempo è colla di notte. Si appiccica alla mia maglietta vecchia di vent'anni, alla musica che ascolto per distrarmi dalla desolazione totale. Voglio solo un caffè, il tempo giusto per la sveglia, sentirmi adeguata. Pronti via, correre e spegnere la testa, essere utile, sensata, usurata. Essere compressa, eliminare gli spazi vuoti. Illudermi di essere giusta.
Devo smettere di rigirarmi, mi alzo.
Devo smettere di rigirare i pensieri, mi rimetto giù.
Respira. Respira. Respira.
Avrei dovuto portarmi dietro un sonnifero, o almeno una sigaretta che non fumo più da un secolo. La salvezza di darsi un tono, come a vent'anni. Anche il libro è inutile, muto come se fosse scritto in sanscrito, la mente ci affonda dentro come nella melma. Avessi almeno un portiere da chiamare per fare due chiacchiere. "Pronto, vorrei una camomilla, ci aggiunga un calmante". Tutta la calma che mi sono persa per strada, risucchiata giorno dopo giorno dalla fatica immensa di andare avanti. Tutta la calma che non ho mai avuto, mangiata dall'ansia di stare in pari. E invece sono un numero dispari.
Respira. Cazzo, respira.
Ce la faccio. Fra poco ce la faccio.
Buongiorno notte.
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