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#una specie di felicità
fuoridalcloro · 2 years
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“I giorni buoni, i giorni felici, le persone che sorridono e passano, la vita fatta di cose semplici, il disordine delle stanze, tutti quei libri da leggere, le luci delle navi, le domeniche dell’infanzia, e il dolore secco, senza più risposte. Ce ne stiamo seduti e non parliamo. E magari guardiamo il mare. E in quel silenzio ci confondiamo, immaginando un futuro qualsiasi. Migliore del presente e più vicino al passato. Che la memoria selettiva ci restituisce netto, pulito dalle incrostazioni della sofferenza e dell’abitudine. E dinanzi ai nostri occhi disegna una linea sottile, lunga, fino all’orizzonte.”
Francesco Carofiglio - Una specie di felicità
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myborderland · 1 year
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Oltre alla difficoltà di comunicare se stessi, esiste la difficoltà suprema di essere se stessi. Quest'anima, o vita dentro di noi, non è affatto in accordo con la vita fuori di noi. Se si ha il coraggio di chiederle cosa pensa, dice sempre l'esatto contrario di quello che dicono gli altri. [...] L'uomo consapevole di se stesso diventa indipendente; non si annoia mai, la vita è troppo breve ed è intrisa di una felicità profonda ma temperata. Egli solo vive, mentre altri uomini, schiavi della cerimonia, lasciano scorrere la vita in una specie di sogno.
Una volta si conformano, una volta fanno quello che fanno gli altri perché si fa così, e una letargia si impossessa di tutti i nervi e delle facoltà più sottili dell'anima. Tutto diventa spettacolo esteriore e vuoto interiore; la vita diventa spenta, insensibile e indifferente.
Virginia Woolf, The common reader.
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unbiviosicuro · 19 days
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E l'avere nella vita dei periodi perfetti, anche se poi necessariamente capiterà che si sfrangino nei giorni, a poco a poco, o che finiscano di colpo, spesso anche senza che uno riesca a capire il perché, è una di quelle cose che ogni due o tre anni succede, e produce il suo risultato di felicità trimestrale o semestrale. Anche se si tratta sempre di una felicità non riproducibile attraverso procedure conosciute o volontarie, in quanto mi è abbastanza chiaro che se io tornassi a vivere un periodo esattamente uguale, facendo le stesse cose che facevo, e facendole in modo uguale, non ci salterebbe più fuori una nuova fase di felicità trimestrale in quanto c'è qualcosa di incalcolabile, da qualche parte, che è già cambiato, e necessariamente c'è una specie di ruota di ogni vita singola che girando si sfasa e si rifasa di continuo con tutto il resto, beccando o non beccando gli ingranaggi di altre decine di ruote di cose e decine di ruote di altre vite singole, e tutto il movimento, da sempre, è già in mezzo ad un grande qualcosa che si era già messo in movimento molto prima, forse da sempre.
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a--piedi--nudi · 11 months
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C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Che queste sono le guerre perdute per pura cupidigia: i paesi senza più boschi e torrenti, e le città senza più bambini amati e vecchi sereni, e donne al disopra dell’utile. Io auspico un mondo innocente. So che è impossibile, perché una volta, in tempi senza tempo e fuori dalla nostra possibilità di storicizzare e ricordare, l’anima dell’uomo perse una guerra. Qui mi aiuta Milton, e tutto ciò che ho appreso dalla letteratura della visione e della severità. Vivere non significa consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi. Tutto è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere nullificato; deve avere una finalità, che si manifesta nell’obbedienza alle grandi leggi del respiro personale, e del respiro di tutti gli altri viventi. E queste leggi, che sono la solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che sono tutte le altre specie -, può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.
Anna Maria Ortese, "Corpo celeste", Adelphi, Milano 1997
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ossicodone · 3 months
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Sono di una specie rara, io. Ultimo dei matti in un ospedale di sani. Solo in mezzo a tanti, il punto in un cerchio che non ho mai chiuso. La noia in un sorriso, lacrime di gioia e sensi di colpa e crisi di felicità
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petalididonna · 10 months
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Non aspettare nessuno.
Incontra gente, viaggia, visita una città che ti incuriosisce, o riscopri la tua: girala a piedi, fotografala come se non l’avessi mai vista.
Non aspettare che arrivi qualcuno a salvarti.
Perché potrebbe non arrivare nessuno.
Quasi mai succede. Devi salvarti tu.
Devi volerti bene.
Devi guardarti dall’esterno e domandarti “Che cosa farei io per me se fossi una persona che mi ama?”
E farlo.
Far sentire la tua voce.
Imparare a chiedere aiuto.
Imparare a dire che cosa c’è che non va.
Arrabbiarti, anche.
E soprattutto imparare ad essere stupidamente felice, senza motivo.
Sai quella felicità cretina, inossidabile, quella specie di scudo luminoso su cui tutto rimbalza che ci viene fuori quando siamo innamorati?
Ecco. Non aspettare che arrivi qualcuno a dartelo.
È tuo. Sei tu che lo crei.
Impara come.
E fatti questa magia ogni volta che ne avrai bisogno.
(Catherine Black)
#amarsi#volersibene#iomiamo
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ambrenoir · 5 months
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Uno degli aforismi più significativi di Schopenhauer afferma che i primi quarant’anni della nostra vita ci forniscono il testo, mentre i successivi trenta ne offrono il commento. Questa riflessione sottolinea come la maturità arricchisca la nostra comprensione dell’esistenza, permettendoci di interpretare le esperienze giovanili con una nuova saggezza.
Schopenhauer ci invita a considerare la solitudine non come una condizione da evitare, ma come uno spazio di libertà essenziale per lo sviluppo personale. Egli sostiene che chi non ama la solitudine non ama neanche la libertà, poiché solo nell’isolamento possiamo essere veramente liberi.
L’intelligenza, secondo Schopenhauer, è una spada a doppio taglio: più ne possediamo, più siamo suscettibili al dolore. Questo perché una maggiore consapevolezza ci rende più sensibili alle imperfezioni del mondo e alle sofferenze della vita.
Inoltre, Schopenhauer critica aspramente la mondanità e il conformismo, vedendoli come ostacoli alla vera felicità. Egli ci esorta a coltivare la nostra individualità e a cercare la felicità all’interno di noi stessi, piuttosto che nelle approvazioni esterne.
La sua visione dell’amore è altrettanto cinica: lo descrive come un inganno della natura per assicurare la propagazione della specie. Tuttavia, nonostante il suo pessimismo, Schopenhauer non nega la possibilità di trovare momenti di gioia e piacere, sebbene li consideri fugaci e spesso illusori.
Gli aforismi di Schopenhauer ci offrono una lente attraverso cui esaminare la nostra esistenza con onestà e coraggio. Ci ricordano che la saggezza non risiede nell’evitare il dolore o nel cercare piaceri effimeri, ma nel riconoscere e accettare la realtà della vita, trovando la libertà nella solitudine e la pace nell’accettazione di ciò che non possiamo cambiare.
Arthur Schopenhauer, “Aforismi per una vita saggia”
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susieporta · 9 months
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Una delle difficoltà di lasciare una relazione non è tanto, alla fine, lasciare la persona stessa — perché, a quel punto, sei pronto ad andare; ciò che è difficile è lasciare i sogni che hai condiviso insieme. E sai che in qualche modo - non importa chi incontrerai nella tua vita nel futuro, e non importa quale specie di felicità condivideresti con loro - non condividerai mai più quei sogni particolari, con quella particolare tonalità e colorazione. E così c'è una bella e potente forma di lutto che è l'ultima del regalare ma fare spazio ad un'altra forma di reimmaginazione.
~David Whyte
La casa dell'appartenenza
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gregor-samsung · 1 year
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“ Mala tempora currunt, ora che tutti scrivono un po’ allo stesso modo? Nulla di nuovo sotto il sole. Non è la prima volta che capita. Basta ricordare quanto agli inizi del Novecento Renato Serra annotava: «Oggi tutti scrivono, in modi diversi, press’a poco la stessa lingua», «romanzi e novelle oramai in Italia hanno realizzato il tipo unico con una felicità da fare invidia ai produttori di vino toscano. Un tipo solo in tre o quattro confezioni». Ma Renato Serra auspicava una prosa raffinata, una prosa d’arte, che trionfò per un po’, e che poi fece il suo tempo. Abbiamo dunque a che fare con la millenaria ricorrente lamentela sul presente che è sempre apparso inferiore rispetto al passato? Apro lo Zibaldone di Leopardi in data 2 aprile 1827 e vi leggo: «disgraziatamente l’arte e lo studio son cose oramai ignote, e sbandite dalla professione di scriver libri. Lo stile non è piú oggetto di pensiero alcuno. […] Troppa è la copia dei libri o buoni o cattivi o mediocri che escono ogni giorno, e che per necessità fanno dimenticare quelli del giorno innanzi; sian pure eccellenti. […] La sorte dei libri oggi è come quella degli insetti chiamati efimeri: alcune specie vivono poche ore, alcune una notte, altre tre o quattro giorni; ma sempre si tratta di giorni». E sul tema si potrebbe raccogliere un vasto florilegio di alti lai. “
Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi (collana Vele), 2022. [Libro elettronico]
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missviolet1847 · 1 year
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*Sulla terra sia così come nel cielo,
dice la preghiera, e non è chiaro
se sia una voce lontana, profonda
e divina, o solo una specie di retorica
più vicina e consolatoria e a misura
del nostro uso, abuso e consumo,
e i Carri dell’Orsa sono due, grande
e piccolo, a indicare l’anima bipolare
di ogni materia, il bianco e il nero,
il pensiero, il logos che siamo,
la forma-parola che, forse, ci crea:
ed è realtà percepita, conseguenza
di una coscienza, o sostanza che viene
da prima, e a modo suo significante?
**In un tempo profondo di miliardi
remoti di anni il suono del mondo
e la pioggia inclinata e parallela
non erano che disarmonia di atomi,
perturbazione di particelle, essenza
inventata e generata dall’assenza,
dalla frattura, come un frammento
mancante che possiamo chiamare
bisogno, oppure imperfezione,
avvicina e separa le persone.
# Cosmologie
# Luca Vaglio
# Luca Vaglio vive a Milano dove lavora come giornalista. Ha pubblicato, tra gli altri, Il vuoto (Morellini Editore), Il mondo nel cerchio di cinque metri, Milano dalle finestre dei bar e Cercando la poesia perduta (Marco Saya Edizioni), La memoria della felicità (Zona) .
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unquadernino · 2 months
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A volte ho veramente il dubbio che io semplicemente non sia capace di provare una gioia duratura per le cose a cui tengo. Ho sempre l'impressione che la gioia che provo sia il risultato di una specie di annebbiamento momentaneo, e quando esamino nel dettaglio ogni cosa la felicità sparisce e al suo posto inizia un moto inverso, sento come il mio petto chiudersi su se stesso, mentre penso che sono stupida, inadeguata, ma fin dei conti noiosa, ecc ecc
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bicheco · 4 months
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- Voglio raccontarti una storia e spiegarti perché sto così.
- Così come?
- Triste, depresso, sfiduciato, abbacchiato, malinconico, feri....
- Basta così, ho capito, racconta.
- Alle elementari, in prima, proprio il primo giorno di scuola, subito subito in pratica, mi innamorai di una bambina di nome Petunia. Era cicciottella, brufolosa ed occhialuta, e non appena la vidi il mio cuore scoppiò di felicità.
- Cicciottella, brufolosa ed occhialuta... avevi dei gusti... vabbè, andiamo avanti
- Era anche maleodorante se è per questo, ma solo perché viveva in una specie di fattoria sempre a contatto con gli animali. In ogni caso ero innamorato perso, però ero anche un bambino timido e per cinque anni non ebbi mai il coraggio di rivolgerle la parola, nemmeno un semplice "ciao".
- E la Madonna!
- Ero timido, te l'ho detto. Andiamo avanti. In quinta elementare, l'ultimo giorno di scuola, trovai il coraggio di darle un biglietto in cui avevo scritto che l'amavo e poi in fondo il mio numero di cellulare. Ebbene, lei non mi ha mai chiamato. Per questo sto così.
- Un attimo: quando eri bambino tu i cellulari non esistevano!
- Ecco perché non mi ha mai chiamato!!!! Grazie. Mi sento già meglio.
- Mi sa che tu mi stai prendendo per il culo...
- No, che dici?! Questa è la pura ver... Ah scusa, sta squillando il cellulare, un numero sconosciuto!!! Potrebbe essere Petunia!!!! Ti saluto. Ciao
- Non farti più vedere.
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animaespirito · 6 months
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"Non aspettare nessuno. Incontra gente, viaggia, visita una città che ti incuriosisce, o riscopri la tua: girala a piedi, fotografala come se non l'avessi mai vista. Non aspettare che arrivi qualcuno a salvarti. Perché potrebbe non arrivare nessuno. Quasi mai succede. Devi salvarti tu. Devi volerti bene. Devi guardarti dall'esterno e domandarti "Che cosa farei io per me se fossi una persona che mi ama?" E farlo. Far sentire la tua voce. Imparare a dire che cosa c'è che non va. Arrabbiarti, anche. E soprattutto imparare ad essere stupidamente felice, senza motivo. Sai quella felicità cretina, inossidabile, quella specie di scudo luminoso ed ebete su cui tutto rimbalza che ci viene fuori quando siamo innamorati? Ecco. Non aspettare che arrivi qualcuno a dartelo. Mica te lo deve dare. È tuo. Sei tu che lo crei. Impara come. E fatti questa magia ogni volta che ne avrai bisogno" (Catherine Black)
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unbiviosicuro · 1 month
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Il mondo deve essere incredibilmente grande. Di sicuro esistono milioni di cose al confronto delle quali tutto ciò che mi affligge, tutto ciò che mi riguarda appare ridicolo e banale. Ci sono città chiamate Anversa, Firenze, Buenos Aires. Di tutto questo io non so nulla. Al mondo ci sono disgrazie e ci sono felicità al cui confronto qualunque cosa possa accadere a me, persino l’evento più terribile o gioioso, parrebbe insignificante quanto la morte di una mosca che sbatte contro il vetro di una finestra. Niente. Non sono nessuno. Perché allora tutto ciò che mi succede mi sembra di proporzioni così gigantesche? Un’ingiustizia enorme, disgrazie enormi ed enormi felicità. Mi stupisco di come possa trovar spazio nella mia esistenza un sentimento così smisurato. Mi sembra di una potenza tale da illuminare, muovere e riscaldare un mondo intero. Oggi ho avuto la sensazione di non essere altro che uno strumento conduttore, una specie di cavo elettrico, e che questa forza gigantesca, questa tremenda corrente capace di illuminare, muovere e riscaldare un mondo intero, mi abbia raggiunto e mi stia attraversando, ma io, che sono un cavo logoro e debole, non sono in grado di sopportarla e di trasmetterla. Non è che una minuscola scossa nel mondo. La corrente si propaga oltre al gran galoppo. Nessuno se ne accorge.
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Amare e non essere amato, essere a letto e non dormire, aspettare e non veder arrivare sono tre cose che fanno morire. E allora si ricordò anche, con stupore, di essere stata infelice... Monotonia, noia, ansia, tristezza… Povero amore grigio e malinconico come una giornata d’autunno… Perché ora, nel ricordo, quell’amore si tingeva di una specie di amara dolcezza. Ma a un tratto emerse un altro ricordo, un ricordo che lei non aveva cercato, talmente vivido e netto da strapparle un grido. Il sorriso di Yves, il suo dolce e imprevedibile sorriso, innocente e serio come quello di un bambino, che gli illuminava di colpo il viso per poi spegnersi lentamente lasciandogli agli angoli della bocca una sorta di palpito luminoso. Lo vide così vicino che tese d’impulso le braccia, come se potesse toccarlo. “Ma era quella la felicità!”. Ecco, è finita... Io non lo sapevo che era quella, la felicità... E ora è finita...
Irène Némirovsky, Tr. Marina Di Leo, Il malinteso.
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Guardare M. che programma mi ha ricordato i tempi in cui studiavo investigazione e preparavo i test di informatica e mi sono sentita assalita da una sensazione di felicità incredibile. È l'emblema del tornare indietro, ma a quando ero fiera di me stessa. Torno single, torno a cercare un lavoro, torno ad avere una casa non fissa, torno a frequentare gente a caso nel tempo libero, ma ripartendo finalmente da me stessa. Quando racconto cosa ho fatto nella vita, le esperienze che ho avuto, le cose che ho studiato, le scelte che ho fatto, vedo nei volti delle persone l'interesse. Sul tuo non c'era più niente, esistevi solo tu e la tua carriera del cazzo, che tra l'altro nemmeno hai portato avanti perché ogni volta davanti alle difficoltà hai sempre mollato. Sempre.
Eppure con te ero io che mi sentivo sempre inferiore, ogni complimento che mi facevi mi puzzava di falso e bugiardo mi sentivo in costante competizione con tutte. Negli ultimi mesi eri diventato cattivo con me, senza motivo. Forse il motivo c'era, odiavi te stesso e ti sfogavi cercando di sminuire me. E ci stavi pure riuscendo. Nella mia testa riecheggia la frase "ho ragione io perché sono un medico, cazzo!", anche se ti riferivi banalmente alla firma di un modulo o al macellaio che aveva sbagliato un taglio di carne. La dicevi sempre quando ti lamentavi del lavoro altrui con amici, amichette del cazzo, tua mamma. Tutti ridevano, perché concordavano: che stronzi i comuni mortali come me, noi falliti del cazzo che non siamo medici e e non meritiamo rispetto, perché se avessimo voluto rispetto avremmo fatto i medici anche noi. Dimenticavi che non a tutti interessa fare il medico e non per forza se uno non lo è, non ne è stato capace. Dimenticavi anche che questo discorso potesse farmi male, specie sentirlo dalla persona che amavo e sentirlo tra le mura di un posto che pensavo fosse la mia casa. O forse non lo dimenticavi ma non avevi tatto, forse eri semplicemente un presuntuoso e non ci volevo credere, perché ti sei sempre mascherato dietro alla tua insicurezza fino a che non hai ritenuto più opportuno offendere il prossimo per sentirti migliore.
Non mi manchi più, perché c'è gente a cui sto dando molto meno che mi tratta molto meglio e che mi considera interessante. Spero tu possa sempre circondarti di gente come te, per capire ciò che hai causato a chi ti voleva davvero bene.
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