ventodoro12
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J_VentoAureo_J
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Scrivo oneshot su jojo perché non c'è abbastanza amore nel mondo. Tanto meno in italiano.
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ventodoro12 · 6 years ago
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ITA - Giorno Giovanna x Reader
Varcai con il solito fare annoiato l'ingresso del ristorante e fortunatamente Antonio, il titolare, non fece caso a me e al mio solito ritardo. Andai subito nello spogliatoio per indossare la divisa e venni raggiunta dalla mia collega Elena che, al contrario mio, alle dieci di mattina riusciva ad essere allegra come non mai.
"Buongiorno, T/N! Come andiamo oggi?" domandò armandosi dello spruzzino di disinfettante pronta ad iniziare le pulizie.
"Stanca. Come al solito, insomma." risposi sbadigliando.
"Ahah!" rise. "Oggi Antonio mi ha detto che avremo un ospite speciale! Sono super curiosa!"
"E chi sarebbe?"
"Non ne ho idea! Ma dice che è una persona molto stimata da queste parti!"
"Fantastico...Cercherò di evitare di fare figuracce oggi." sbuffai finendo di abbottonarmi la camicia.
"Sarai fantastica come sempre! Non preoccuparti!" concluse la ragazza uscendo dallo spogliatoio.
Sospirai per l'ennesima volta di quella mattina, mi legai i capelli e dopo essermi data un ultima occhiata allo specchio uscii dallo spogliatoio.
Il servizio iniziò nel più normale dei modi. Parecchi lavoratori in pausa pranzo frequentavano quel ristorante ma noi ragazze dello staff eravamo più che abituate e riuscivamo a rispondere con ironia alle loro battute poco piacevoli. Passarono le ore senza che ce ne accorgessimo correndo per la sala e destreggiandoci tra i piatti sporchi e la cucina sotto l'occhio vigile del titolare che, come suo solito, non aveva intenzione di spostarsi dalla cassa per darci una mano nemmeno nei momenti critici.
Quando i primi commensali arrivati si alzarono per andarsene la sala iniziò a svuotarsi, così presi lo spruzzino e la pezza per andare a pulire i tavoli dopo che la mia collega li aveva prontamente sparecchiati.
Iniziai a lavare la superficie di due tavoli uniti vicino all'ingresso del ristorante quando udii il suono della campanella che annunciava l'ingresso di altri clienti e sospirai osservando l'orologio. Io volevo solo andarmene a casa.
"Oh salve, signor Giorno!" sentii parlare il titolare. "E benvenuto! Ho tenuto la sala libera tutta per lei."
"Mi chiami solo Giorno, la prego. Non c'era bisogno di tenere occupata la sala, mi dispiace se vi ho causato disagio." fu la pronta risposta del nuovo arrivato.
"Affatto, affatto!" rise Antonio.
Ero intenta a strofinare una macchia di qualcosa di indefinito collocata esattamente tra i due tavoli che si ostinava a non andare via quando lentamente voltai lo sguardo verso l'ingresso presa dalla curiosità; non avevo mai sentito quel nome nell'elenco dei clienti abituali e probabilmente era proprio lui l'ospite importante di quella giornata.
Mi aspettavo un uomo sulla trentina tremendamente elegante e invece scoprì che si trattava di un ragazzo, probabilmente della mia stessa età con lunghi capelli biondi legati in una specie di treccia.
Bloccai ogni mio movimento quando lo vidi, rapita dall'incredibile bellezza che trasudava e più lo osservavo parlare con il titolare e più facevo caso ai suoi lineamenti assurdamente perfetti. Cosa ci faceva un ragazzo come lui in un ristorante per lavoratori in pausa? Non riuscivo a spiegarmelo. Persa come ero nei miei pensieri non mi accorsi che con la mano che ancora stringeva la pezza stavo facendo peso nello spazio tra i due tavoli e persi l'equilibrio quando si aprirono allontanandosi tra loro facendomi cadere a terra rovinosamente.
"T/N!" mi chiamò il titolare.
Io mi alzai di scatto forzandomi di ignorare il forte dolore al ginocchio che aveva toccato per primo a terra assorbendo tutta la caduta.
"S-SI!" sbottai completamente rossa in viso ed iniziando a mettere a posto i tavoli. "M-Mi scusi tanto! Metto tutto a posto!"
Lanciai un'occhiata veloce verso il ragazzo e vidi che era pronto a fare un passo verso di me probabilmente per aiutarmi, ma il titolare lo bloccò.
"Prego, prego! Mi segua!" disse trascinando il ragazzo verso la saletta.
Com'era prevedibile, anche durante quella giornata mi ero fatta la mia tipica dose di pessime figure e non riuscii a fare a meno di sbuffare contrariata da me stessa.
Ormai pochi commensali sedevano nella sala principale e, dopo aver sistemato i tavoli, andai a controllare se avessero bisogno di qualcosa.  Raccolsi i piatti sporchi e mentre mi dirigevo verso il lavapiatti venni bloccata da Antonio.
"Il signor Giorno lo servo io. Tu e la tua collega non osate entrare nella saletta." disse seccato per poi andarsene e tornare dal fantomatico ospite speciale con un finto sorriso sulle labbra.
Posai i piatti nel lavandino e tornai in sala quando venni bloccata nuovamente da Elena.
"Miseria, ma hai visto quanto è figo?!" sussurrò emozionata indicando la saletta.
"B-Beh..." biascicai sforzando un sorriso.
"Io purtroppo sono fidanzata, ma tu potresti farci un pensierino! Che ne dici?"
"EH?! Ma stai scherzando?" sbottai arrossendo completamente.
"Eddai! Io tengo impegnato Antonio con una qualche scusa e appena la cucina chiama tu porta al figone quello che ha ordinato!"
"N-Non so se..."
"Niente scuse!" disse spingendomi verso la sala per poi scendere le scale verso il magazzino. "Ci penso io!"
Sentivo che da lì a poco mi sarei esibita in un'altra discutibile figuraccia e sperai con tutto il cuore che Elena cambiasse idea o non riuscisse a trovare una buona motivazione per tenere lontano il titolare dalla sala.
Ripresi il mio lavoro come se nulla fosse e mentre gli ultimi commensali pagavano il conto, la mia collega si avvicinò al titolare sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
"Di nuovo quei maledetti topi?!" sbottò a voce contenuta Antonio dopo che i clienti furono usciti.
"Credo sia un emergenza! Hanno anche rosicchiato i sacchi della pasta!" continuò Elena interpretando la sua parte.
"Dannazione..." grugnì il titolare lanciandomi un'occhiata torva per poi rivolgersi a me. "Non fare idiozie, chiaro?"
"C-Certo!" asserii come un perfetto soldatino.
Sia Elena che Antonio scesero nel magazzino lasciando il locale praticamente vuoto dove la musica di sottofondo ne faceva da padrona. Pochi secondi dopo udii il campanello della cucina suonare e una forte ansia da prestazione mi rapì dal profondo.
Mi mossi a passi svelti e raccolsi il piatto dal pass stupendomi di quello che aveva ordinato il commensale speciale: una normalissima pasta all'amatriciana.
Presi un profondo respiro prima di varcare la saletta in cui sedeva il ragazzo intento a sfogliare un giornale per ingannare l'attesa ed alzò lo sguardo quando mi sentì entrare. Posò il quotidiano e mi osservò con un leggero sorriso sulle labbra mentre posavo il piatto davanti a lui.
"H-Ha bisogno di qualcos'altro?" domandai intimorita dalla sua perfezione.
"Dammi del tu, ti prego. Tranquilla comunque, sono a posto così." disse.
"V-Va bene..."
Detto ciò, mi voltai per tornare verso la cucina ma con mia sorpresa venni chiamata dal ragazzo facendomi posare nuovamente gli occhi su di lui.
"Si?" domandai con un sorriso sperando che il rossore delle mie guance si fosse attenuato in un qualche modo.
"Ti fa ancora male il ginocchio?"
Se il mio viso aveva assunto un colorito normale negli ultimi secondi, in quell'istante sentii il sangue affluire nuovamente nelle mie guance come un fiume in piena.
"N-No!" risi imbarazzata. "V-Va tutto bene, ti ringrazio per l'interessamento!"
"Nessun problema. Fammi sapere se ti fa ancora male." sorrise impugnando la forchetta.
"Certo!"
Uscii dalla sala e avrei voluto prendermi a schiaffi da sola: non mi era mai successo nulla del genere. Non riuscivo a capire perchè quel ragazzo mi colpisse così nel profondo e mi infastidiva quella sensazione. Allo stesso tempo, non riuscivo a smettere di domandarmi perchè fosse considerato tanto speciale. Mi chiedevo cosa avrebbe potuto fare un ragazzo così giovane per essere talmente ben visto dalla società al punto di far comportare il mio titolare come se avesse a che fare con un personaggio famoso.
Mi incuriosiva parecchio e passai più volte davanti alla saletta buttando l'occhio sul suo piatto e soprattutto su di lui, non riuscivo a farne a meno.
Quando concluse il pasto mi avvicinai timidamente per prendere il piatto ed i suoi bellissimi occhi si incrociarono nuovamente con i miei.
"Ti porto qualcos'altro?" domandai ricordandomi la sua richiesta di dargli del 'tu'.
"Uhm..." sospirò pensieroso. "Due caffè, grazie."
"Intendi un caffè doppio?" chiesi togliendo anche il pane dal tavolo.
"No, no." sorrise mostrandomi il numero due con le dita di una mano. "Proprio due caffè."
"Va bene! Arrivo subito."
Dopo aver posato il piatto sporco mi diressi verso la macchina del caffè iniziando a preparare la sua ordinazione quando sentii dei passi alle mie spalle.
"Allora, allora?!" domandò euforica Elena.
"Direi tutto bene. Non gli sono ancora caduta addosso, quindi direi che è un buon inizio." sospirai posando le tazzine di caffè sui piattini ed in seguito sul vassoio.
"Uhm? Due caffè?" chiese la ragazza.
"Lo so, è strano."
"In effetti...Ah, Antonio sarà impegnato ancora per un pò, ho dovuto mettere a soqquadro il magazzino per tenerlo impegnato, ma se riuscirai ad ottenere almeno il suo numero ne sarà valsa la pena!"
"Mi dispiace Elena. Non succederà." conclusi avviandomi verso la saletta con il vassoio tra le mani.
"Ma come...?!" la sentì sbottare in lontananza ma cercai di non darci peso.
Entrai nella stanza e quando Giorno mi vide sorrise nuovamente procurandomi l'ennesima fitta al cuore. Posai i due caffè sul tavolo insieme alla zuccheriera, ma prima che potessi allontanarmi, il ragazzo attirò la mia attenzione.
"Ehm, Ehm." disse schiarendosi la voce e tamburellando più volte le dita sul ripiano del tavolo davanti alle tazzine. "Prego, si sieda con me."
"Eh?! S-Sta scherzando...? N-Non credo di poter..." cercai di parlare arrossendo violentemente.
"Insisto." sorrise alzandosi e spostando la sedia libera per invitarmi a sedere. "Ci penserò io a risolvere ogni tipo di problema che ne conseguirà."
Rimasi interdetta per quella proposta e nella mia mente si susseguirono svariate conseguenze a quella scelta e nessuna di esse aveva un risvolto positivo.
"La prego." insistette con un leggero inchino.
Deglutii a vuoto e, come se le mie gambe fossero controllate da qualcun'altro, presi posto al tavolo davanti al ragazzo che si sedette nuovamente mostrandomi l'ennesimo sorriso ed incrociando le dita sotto al mento.
"Posso sapere il tuo nome?" domandò.
"T-T/N..."
"Bellissimo nome." disse facendomi un veloce occhiolino. "Quanto zucchero metti nel caffè, T/N?"
"D-Due bustine."
"Ahah, sei da cose dolci eh?" disse prendendo due bustine dalla zuccheriera e versandomele nel caffè.
Ero convinta di essere sul punto di morire dall'assurdità di quella scena troppo bella per essere vera. Non riuscivo a parlare nè tanto meno avevo idea di quanto avrei potuto spingermi in quella conversazione surreale. Cercai di rimanere calma e, dopo aver girato il caffè un paio di volte, mi portai la tazzina alle labbra tentando di convincermi che andasse tutto bene. Anche i nostri abiti, come tutta la situazione d'altronde, cozzavano sonoramente: io in una semplice divisa ormai sporca dal lungo servizio e lui splendido nel suo completo su misura.
"Ti metto a disagio?" domandò sorseggiando il caffè.
"N-No, è che...E' molto strano, tutto qui." risi imbarazzata. "Insomma, non mi succede spesso che un cliente mi inviti a bere un caffè durante il servizio nel ristorante in cui lavoro."
"Lo capisco e ti chiedo scusa per questo. Non volevo mancare di rispetto a te o ai tuoi impegni lavorativi."
"A-Affatto, anzi! M-Mi fa piacere..."
"Sul serio?" domandò alzando un sopracciglio e lanciandomi uno sguardo profondo come non ne avevo mai visti.
"S-Si..."
Il mio cuore era ormai sul punto di esplodere e non riuscivo a sbloccare la mia mente. Non avevo mai parlato così poco in una conversazione e mi stupii di me stessa, neanche mi riconoscevo. Il ragazzo parve accorgersi della mia insicurezza e si guardò intorno studiando l'ambiente.
"Le propongo un gioco." disse Giorno indicando la saliera. "Se le dicessi che posso trasformarla in qualunque cosa che lei desidera, ci crederebbe?"
Rimasi stranita da quella domanda e feci scorrere gli occhi più volte tra lui e la saliera che aveva appena preso tra le dita.
"Sei...Sei un prestigiatore o qualcosa di simile?" domandai con tutta l'ingenuità possibile.
Il ragazzo si lasciò sfuggire una lieve risata per poi posare gli occhi su di me continuando però a deliziarmi con quel suo angelico sorriso.
"Mi sfidi." disse. "Mi dica qualunque cosa di vivo le venga in mente ed io la farò apparire. Le chiedo però di non esagerare, quindi non mi chieda animali particolarmente grossi o alberi."
"Di vivo?" chiesi stranita dalla sua specificazione.
"Esattamente. E aggiungerei una piccola scommessa se a lei va bene."
"C-Cioè?"
"Se riuscirò a soddisfare la sua richiesta accetterà di uscire cena con me questa sera." annunciò con un lieve sorriso.
Il mio cuore mancò un battito.
Avrei accettato all'istante con o senza scommessa se non ci fosse stato il rischio di apparire strana o peggio, quindi rimasi interdetta ed immobile ad osservarlo.
"Sto scherzando, T/N." disse Giorno risvegliandomi dalla mia trance. "Non otterrò un appuntamento con te in questo modo, non credo sia corretto. Quindi nessuna scommessa, sfidami e basta."
In parte ne rimasi delusa, ma mi resi conto che in fondo era stato onesto da parte sua. Dire certe cose ad una sconosciuta sarebbe potuto apparire da malati.
"Qualunque cosa?" domandai.
"Qualunque cosa che abbia delle dimensioni ragionevoli." precisò Giorno accarezzando la saliera con un dito mentre era impegnato ad osservarmi.
Ci pensai su parecchio. Se dovevo metterlo in difficoltà doveva essere un qualcosa di particolare, non reperibile in una città tanto meno in un ristorante. Nel frattempo i suoi occhi non mi abbandonarono un istante studiando ogni angolo del mio viso come se fossi un'opera da contemplare, nessuno mi aveva mai guardato in quel modo.
"Ce l'ho." annunciai certa che non sarebbe riuscito a soddisfare la mia richiesta. "Un gerboa del deserto."
Il ragazzo sorrise nascondendo la saliera tra le mani.
"Oh, il topo delle piramidi. Che scelta singolare." disse riaprendo le mani poco dopo non accennando a spegnere quel suo dannato e bellissimo sorriso.
Rimasi di sasso. Tra le sue dita si trovava davvero un gerboa intento a sonnecchiare tranquillo come cullato dal calore delle sue mani. Scattai in piedi incredula e, non distogliendo gli occhi dall'animale, mi posizionai di fianco a Giorno. Quel topo sembrava tremendamente vero.
Nel frattempo lo sguardo del ragazzo si posò su di me mentre sorrideva soddisfatto della sua impresa.
"Sono animali prevalentemente notturni. E' normale che a quest'ora preferisca dormire." spiegò.
"C-Come hai fatto?" chiesi allibita. "C-Come facevi a sapere che..."
"Un prestigiatore non svela mai i suoi segreti."
Mi fece nuovamente l'occhiolino ed i miei occhi si incrociarono ai suoi dandomi modo di osservarlo ancora meglio da quella distanza ravvicinata. Ci guardammo per infiniti secondi e mi accorsi definitivamente di quanto quel ragazzo rasentasse davvero la perfezione.
"T/N, vieni qui per favore." mi chiamò il titolare con aria furiosa comparendo all'ingresso della sala.
"I-Io..."  tentai di giustificarmi voltandomi verso di lui.
"E' colpa mia." disse Giorno alzandosi. "T/N ha svolto egregiamente il suo lavoro, non se la prenda con lei."
Antonio rimase interdetto e si portò una mano alla nuca mostrando imbarazzo mentre il ragazzo mi superò muovendosi verso l'uscita.
"C-Certo, certo signor Giorno. Non era per quello che..."
"Era tutto buonissimo." disse il ragazzo posandogli una mano sulla spalla per poi lanciarmi un'occhiata complice. "Soprattutto il caffè, a dir poco perfetto. Ne è valsa la pena di venire fino a qui per il meraviglioso servizio."
Giorno sparì oltre la porta seguito dal titolare che continuava a cercare di scusarsi per il suo atteggiamento ed io li seguii con il desiderio di salutare quel ragazzo così particolare che insistette per pagare il pranzo nonostante Antonio avesse tutte le intenzioni di offrirglielo.
Infine il ragazzo uscì dalla porta a vetro e lo vidi passare davanti ad uno dei finestroni. Solo allora si voltò vedendomi nascosta dietro all'angolo della cassa e, dopo avermi mostrato un altro sorriso, mi salutò con un lieve gesto della mano prima di andarsene definitivamente.
Mi sembrava di aver appena preso parte ad un sogno, ad un qualcosa di talmente assurdo che era impossibile qualificare come reale. In cuor mio speravo che l'avrei rivisto prima o poi, ma mi sarei anche stupita del contrario; sembravamo appartenere a due mondi diversi.
Sospirai provando uno strano tipo di malinconia, come se sentissi la mancanza di qualcosa che non era mai accaduto e tornai nella saletta a testa bassa per sparecchiare il tavolo di Giorno, l'ultimo della giornata.
Appena mi avvicinai notai qualcosa che prima non c'era. Sul tavolo, poggiata tra le due tazzine di caffè ormai vuote, si trovava una rosa bianca. Nel locale non avevamo mai avuto fiori del genere e la presi in mano osservandola con attenzione. Poco dopo notai che su alcuni petali spiccavano delle piccole righe scure che più studiavo e più avevano un senso, scoprendo infine che si trattavano di piccole parole incise.
Quando riuscii a comprenderne il senso mi ritrovai a sorridere come una ragazzina alle prese con la sua prima cotta e sentii il cuore stringersi in una piacevole stretta.
Era segnato il nome di un ristorante con indicata un'ora precisa, probabilmente riferita alla sera stessa come aveva annunciato nella sua finta scommessa. Mi domandai come avesse fatto a scrivere in maniera così precisa sui petali di una rosa ma mi limitai alla convinzione che quel ragazzo era davvero pieno di sorprese.
Trovai incredibile come in poche ore fossero successe delle cose così assurde, ma non riuscii a smettere di sorridere all'idea che la sera stessa avrei potuto rivedere quel ragazzo tanto bello quanto affascinante sorridermi davanti agli occhi.
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