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The Lost Palace; la storia nascosta nel centro di Londra
Il Palazzo di Whitehall a Londra era il più grande d’Europa; con i suoi 23 ettari superava Versailles e il Vaticano. Nel 1689 fu devastato da un incendio lasciando in piedi solo la Banqueting House (Casa dei Banchetti). Fino a quel momento era stata la dimora dei monarchi Britannici dagli anni 30 del 1500 ed è stata al centro di svolte decisive per storia del paese.
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La Banqueting House, unica componente rimasta del Palazzo di Whitehall e punto di partenza del tour The Lost Palace. (By Grahampurse - Own work, CC BY-SA 4.0) fonte: Wikimedia Commons
Oggi, 300 anni dopo la sua distruzione, il palazzo è nuovamente visitabile attraverso l’unione di tecnologie interattive, audio theatre immersivo e installazioni architettoniche, permettendo al visitatore di rivivere la storia attraverso ogni senso. 
È un progetto che cerca nuovi usi per la tecnologia, utilizzandola per portare in vita una narrazione senza che diventi essa stessa l’oggetto di ammirazione del pubblico. Infatti può sorprendere la totale assenza di schermi all’interno del percorso, scelta motivata dal desiderio di rendere l’esperienza il quanto più diretta possibile.
Al suo arrivo, al visitatore viene consegnato uno strumento di legno, al quale sono collegate delle cuffie, che lo accompagnerà nel suo viaggio. Ciò che rende unica questa esperienza è il fatto che lo strumento assume diverse funzioni in base alla location, diventando una spada, una torcia infuocata o il cuore straziato di Carlo I che compie i suoi ultimi passi prima di essere giustiziato. 
“Scannerizzando” edifici e interagendo con installazioni accuratamente progettate, il visitatore di entra nella narrazione in prima persona. Si tratta di un apparecchio dotato di sensori protetto da una custodia di legno che, utilizzando un sistema audio 3D e feedback aptico, costruisce episodi del passato attorno all’utente, rendendolo protagonista.
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Pianta del Palazzo di Whitehall risalente al 1680. fonte: Wikimedia Commons
“We’ve succeeded in creating a virtual world that’s non-visual, augmented reality but not through a screen. Instead we’ve created this in people’s imaginations by heightening their senses. The result seems to be a more powerful connection to the places and the people of the past”. (“Siamo riusciti a creare un mondo virtuale non visivo, una realtà aumentata che non dipende da schermi. Abbiamo invece creato tutto ciò nell’immaginazione delle persone acutizzando i loro sensi. Il risultato pare essere una connessione più forte con i luoghi e i personaggi del passato”.) Chomko & Rosier, a cui è stata affidata la realizzazione degli strumenti da parte della Historic Royal Palaces, descrivono così il risultato del proprio lavoro di progettazione e sperimentazione che ha riportato in vita un luogo il cui ricordo era stato sommerso dal tempo.  
L’unione dei mezzi adottati nella realizzazione del percorso The Lost Palace permettono di passare da semplice spettatore a partecipante attivo. Spero che sia d’esempio per la realizzazione di progetti simili in altri luoghi d’interesse storico per valorizzarli e per non dimenticare le persone e gli eventi che ne hanno determinato la sorte.
A presto,
Isa M. B.
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Dialogo con i soci della sezione d’Ivrea dell’ARI
Qualche giorno fa sono andata ad uno degli incontri serali della sezione d’Ivrea dell’ARI (Associazione Radioamatori Italiani) per chiedere della loro passione per la radio e del tempo passato all’Olivetti. Di seguito ho trascritto le parti più rilevanti della nostra chiacchierata accompagnate dalle registrazioni di un paio di aneddoti. 
Quando e come è nata questa vostra passione?
Bruno: “Quando facevo la prima media, andavo a scuola ad Aosta, io e il mio amico ci infilavamo di nascosto in quel bel sotterraneo dei militari tedeschi scavalcando la staccionata e andavamo li a prendere le resistenze. Con quelle ci montavamo le radio nelle scatole delle sardine e nelle scatole di plastica. Poi compravo un po’ di riviste per imparare qualcosa sui sistemi operativi e leggendole imparavo un po’ di  elettrotecnica. Quelle riviste erano belle, spiegavano tutti i circuiti, si leggevano pian piano e poi si montava tutto. Sarà stato il ’55. Andavo in bicicletta da Morgex fino a La Thuile dove c’era la scuola alpina militare dove buttavano via le pile esauste, che però funzionavano ancora un po’, e usavamo quelle per le radio. Si recuperavano pezzi dove si poteva, se ne trovavano pochi ed erano cari sul mercato. Quando avevo provato a fare una radio a galena, la galena, che è solfuro di piombo, non la trovavo in mezzo alle montagne deve abitavo, allora ricordo con un mio amico di Aosta che avevamo pensato di farla noi mescolando lo zolfo con il piombo e abbiamo fatto un casino. Alla fine avevo poi comprato una galena e aveva funzionato”.
Paolo: “Io ho iniziato nel 1958, avevo 13 anni e mi ha “rovinato” la radio di un mio amico. In quegli anni ero in collegio dai salesiani a San Benigno. Lui è venuto ad abitare vicino a casa mia e vedevo con la bc che trasmetteva e riceveva. Un giorno è venuto in bicicletta da Ivrea a San Benigno con la bc sul portapacchi per farmela vedere, era una radio militare in alluminio fuso pesante e da quella volta li mi ha attaccato la “malattia” della radio. Da li in poi prendevamo le vecchie radio per recuperare i pezzi perchè erano difficili da trovare e costavano tantissimo. Quando il mio amico mi aveva portato a vedere la bc mi aveva anche mostrato come fare un ricevitore con una patata e così riuscivo ad ascoltare più programmi contemporaneamente”.
Gianni: “Quando ero bambino mio papà aveva seguito il corso della scuola Radioelettra e poi lui per arrotondare, conoscendo i vicini dove abitavamo a Torino, ogni tanto riparava una televisione, una radio, queste cose qui…  Mi ricordo che da bambino vedevo queste cose incomprensibili come gli schemi delle televisioni e mi chiedevo come fosse possibile. Per quanto riguarda la prima occasione pratica invece, mi ricordo quando facevo le medie che c’era  il libro di testo di applicazioni tecniche che aveva molti esempi, per esempio costruire un motorino elettrico avvolgendo un filo su un tappo di sughero e gli esperimenti con le calamite per vedere il campo magnetico. C’era anche la radio a galena con tutta la spiegazione e avevo provato a farla per curiosità, ho tirato il filo in casa e, combinazione o no, ho sentito la trasmissione della Rai con le cuffie e sono rimasto “fulminato”. Un conto è la radio di casa e la televisione che sai già che quando la accendi funziona, è diverso prendere un trabicolo così, una cosa che costruisci te e mentre la costruisci sei scettico, ti chiedi se potrà mai funzionare... Però quando ho attaccato i fili (la radio a galena funziona senza fili, senza alimentazione)  ha funzionato, mi era sembrata una magia”.
Cosa mi potete dire sulla vostra esperienza con l’Olivetti? Come ha impattato la vostra attività di radioamatori?
Bruno: “Noi avevamo una grossa fortuna qui; che c’era l’Olivetti. Quando è passata all’elettronica tutte le componenti che utilizzavamo erano Olivetti, prevalentemente di recupero. Qualcosa si comprava e il resto si trovava. In quegli anni siamo andati via molte volte a trasmettere anche per contest. I manuali Olivetti erano in tutte le lingue, in modo che si potessero spedire in tutto il mondo. Noi radioamatori avevamo accesso ad un sacco di materiali belli, eravamo avanzati come sezione, si era creata una vera propria rete comunicativa via radio, come un internet molto limitato. La velocità  di questa rete era limitata perché si trattava di una connessione fisica basata sulla radio ma si riusciva comunque a inviare qualcosa. Avevamo un sistema di posta elettronica molto efficace in cui ognuno poteva visitare la propria casella e ci connettevamo tranquillamente in tutta europa. Quasi tutte le tecnologie riprendono idee che erano già state proposte molti anni prima che magari erano buone ma non potevano prendere piede per la mancanza di mezzi adeguati. L’APRS (Automatic Packet Reporting System) per esempio, si utilizza ancora oggi, ed è un’altra rete che funge come un GPS che permette di collegare via radio la posizione delle stazioni in movimento dalle auto”.
Paolo: “La prima sede che abbiamo avuto è stata in Borghetto (a Ivrea) in un vicolo, era stato costituito il gruppo radioamatori di Ivrea nel ’61 mi sembra e dopo ci sono state delle complicazioni perché dipendevamo dalla sezione di Torino e quindi nel ’64 si è costituita l’ufficiale sezione ARI di Ivrea e abbiamo iniziato a stampare col giornalino locale. In Olivetti c’erano già parecchi radioamatori e li c’era un gruppo ricreativo (sportivo e culturale) che si chiamava GSRO (Gruppo Sportivo e Ricreativo Olivetti) e parecchi spingevano perché il gruppo di radioamatori si unisse a quello. Infatti le prime cartoline QSL che avevamo, che utilizzavamo per confermare i collegamenti che facevamo con gli altri radioamatori, erano state stampate da uno stabilimento Olivetti, per ognuno con sopra il proprio nominativo. L’Olivetti ci ha dato molte opportunità di questo tipo, incluso darci una delle prime sedi, pur non facendo parte del GSRO. C’erano tanti radioamatori di passaggio all’Olivetti, nel ’75 il mio capo, quando era venuto a sapere che facevo il radioamatore, dato che anche lui ne capiva, quando c’era qualcosa da buttare me lo portava , io prendevo tutto ma poi non sapevo dove metterlo, un po’ lo usavo e un po’ lo ridistribuivo. C’è stato un periodo in cui eravamo più di 100 soci, 110, 120 e di passaggio ci sono stati degli americani e degli egiziani che lavoravano in Olivetti in Egitto. Il più bravo telegrafista che ho conosciuto era egiziano, lavorava alle poste in Egitto prima di passare all’Olivetti, mentre ti parlava scriveva alla macchina da scrivere ciò che riceveva, riusciva a trasmettere 120 caratteri al minuto. In Olivetti eravamo facilitati, c’era molto contatto con il mondo scientifico e si aveva accesso a molte informazioni. Quando è arrivato l’M24 sono arrivati anche i primi esemplari di computer della Apple e ci siamo tutti autocostruiti l’Apple II”.
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Paolo racconta di una sera in cui lui e un amico radioamatore hanno costruito un Apple II contemporaneamente comunicando via radio
Gianni: “Una volta girava molta gente anche dall’estero, nei primi anni ’80 quando sono entrato in Olivetti dove lavoravo io tutte le settimane organizzavamo la partita di calcio aziendale e ogni settimana si faceva Italia-Inghilterra, era pieno di inglesi in Olivetti negli anni ’80 per il reparto documentazione. In quegli anni li non esisteva internet e non era ancora diffuso l’uso dei computer. Per le telecomunicazioni c’erano le telescriventi, infatti lavoravo al progetto telescriventi. C’erano moltissime persone che lavoravano in documentazione per l’elaborazione dati e per tradurre testi perché si faceva ancora tutto a mano, sul luogo. Bisognava essere sul posto in quanto non si potevano trasmettere documenti. Anche la ricerca di documentazione tecnica e scientifica era fatta a mano. Tutto il mondo di conoscenze scientifiche era accessibile solo se avevi contatti ma fortunatamente con l’Olivetti si aveva accesso a numerose risorse”.
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Gianni ricorda uno sfortunato episodio in cui un collega poco preparato si ritrovò a dover programmare delle memorie EPROM
Dopo la chiacchierata mi hanno portato alla sala trasmissioni per vedere le radio in azione, mettendosi in contatto con altri radioamatori Europei.
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La sala di trasmissione
Ringrazio i soci della sezione d’Ivrea dell’ARI per la disponibilità (e la pazienza) e per avermi dato la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo! 
Siti di riferimento:
l’ARI
La sezione d’Ivrea
Con il prossimo post si torna in tema con un sorprendente tuffo nel passato tra le strade di Londra.
A presto,
Isa M. B.
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activexpo-blog · 7 years
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Immergersi nell’Arte: Visita alla Caravaggio Experience
Recentemente ho visitato la mostra Caravaggio Experience alla Reggia di Venaria . Si tratta di una video installazione di grandi dimensioni accompagnata da brani suggestivi che coinvolge tutti i sensi, anche l’olfatto.
La mostra si articola in due ambienti: un primo spazio introduttivo presenta cartelloni informativi che illustrano lo svolgimento della mostra, approfondendo aspetti sia tecnici sia tematici. Qui si trovano anche dei piccoli “set” che ricreano ambienti tratti dalle opere di Caravaggio per permettere ai visitatori di diventarne i protagonisti.
Nel secondo ambiente si trova la mostra vera e propria: uno spazio lungo circa quaranta metri occupato sui quattro lati da imponenti pannelli sui quali sono proiettati ininterrottamente circa cinquanta minuti di contenuto video in loop, parallelamente su ognuno di essi.
Le immagini sono accompagnate da musiche evocative e seguono la seguente divisione tematica: Luce, Naturalismo, Enigma del Narciso, Teatralità, Violenza, Medusa, I Luoghi di Caravaggio e L’Arte Immortale di Caravaggio. In questo modo si evidenziano i temi affrontati da Caravaggio nel corso della sua breve ma intensa vita, mettendo in luce dettagli nascosti e sorprendenti. I nomi delle opere “a parete” vengono indicati attraverso proiezioni dinamiche sul pavimento. Attraverso l’unione di più mezzi si viene a creare un ambiente immersivo a 360 gradi.
Durante la visita ho fatto alcune riprese che ho raccolto nel seguente video:
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Il coinvolgimento totale dello spettatore è garantito dal sofisticato sistema di apparecchi audiovisivi. Per la componente visiva vengono utilizzati proiettori Canon Xeed in Alta Definizione. All’interno di ogni proiettore è presente un sistema di pannelli a cristalli liquidi LCOS (Cristalli Liquidi su Silicio) che permettono di trasmettere immagini di altissima qualità caratterizzate da colori vivaci e preservando ogni minimo dettaglio.
Per quanto riguarda il sistema di diffusione acustica, la sua progettazione è stata svolta seguendo parametri che permettessero “l’immersione acustica” del visitatore, adottando specifiche soluzioni per ridurre la riverberazione e per garantire un audio di elevatissima qualità sia alle basse sia alle alte frequenze. Sono stati selezionati apparecchi poco invasivi dal punto di vista estetico come lo speaker array Bose MA12EX che permette inoltre di direzionare in modo preciso il suono in modo da minimizzare rumori di sottofondo.
L’aspetto olfattivo è forse il più inaspettato. In occasione della mostra, la Officina Profumo Farmaceutica Santa Maria Novella di Firenze ha sviluppato una profumazione esclusiva battezzata Maledetto che vuole evocare i concetti di mistero, rivelazione e vita, trasmessi dalle opere di Caravaggio e tradotti in note agrumate e speziate dai loro nasi.
Questa mostra rappresenta un nuovo modo di vivere l’arte, rendendola più attuale e avvicinandola ad un pubblico più ampio.
Nel prossimo post mi allontanerò dall’expo ma rimarrò active con la storia dei radioamatori di Ivrea.
A presto!
Isa M. B.
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Video di presentazione di Isa M. Bonino
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activexpo-blog · 7 years
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Intervista a una persona coinvolta dalla Rivoluzione Digitale
Airbnb può diventare un vero lavoro? Scopriamolo con una proprietaria di una casa a Nizza che utilizza da un po’ di anni questo servizio. Oggi mi discosterò dal tema principale del nostro blog per proporvi un confronto diretto con questa realtà molto discussa. 
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(Logo della piattaforma. Fonte: Wikimedia) 
Come ti ha colpita la rivoluzione digitale?
Mi ha colpita, come per tutti attraverso Facebook e Whatsapp, ma soprattutto con Air bnb. Utilizzo queste app esclusivamente tramite cellulare.
Come hai conosciuto Air bnb?
L’ho conosciuto tramite mio marito che aveva una collega che lo utilizzava e gliene aveva parlato tempo fa. Il nostro dispiacere è di non averlo utilizzato appena l’abbiamo scoperto, ci abbiamo pensato un po’ di tempo prima di entrare nel mondo di Air bnb.
Che vantaggi ti offre?
È una piattaforma che funziona molto bene. Sono loro a mettere in contatto proprietario e cliente, inoltre gestiscono i soldi poiché le persone pagano direttamente sul sito e il sito accredita i soldi al proprietario il giorno dopo che l’ospite è entrato in casa sua, fanno anche da garante, ovvero c’è una cauzione che gli ospiti pagano in caso di problemi che poi viene rilasciata a fine soggiorno.
Quali vantaggi/svantaggi ha rispetto ad altri sistemi di affitto casa?
Una volta le persone affittavano un alloggio e rimanevano magari per 2 settimane/un mese, si portavano dietro mezza casa poiché si dovevano portare dalle lenzuola agli asciugamani e quant’altro, adesso invece le persone utilizzano questi alloggi al posto degli hotel, quindi questi alloggi offrono tutto: dagli asciugamani alle lenzuola alle cose per cucinare. È proprio un altro tipo di vacanza rispetto una volta soprattutto perchè le persone adesso raramente stanno così tanto tempo in una stessa casa. Altre forme per affittare sono piattaforme tipo Wimdu, Homeaway e altre ma funzionano tutte come air bnb, oppure ci si può rivolgere alle classiche agenzie ma secondo me non ti danno garanzie in più e sono anche più care.
Ti senti tutelata abbastanza da parte dell’azienda?
Sì, per quanto riguarda il pagamento dell’affitto, perché come ho detto prima se ne occupano loro. Non si è molto tutelati per il problema di danni alla casa, perché è sempre difficile accorgersi del danno e purtroppo le persone difficilmente ammettono l’incidente. Noi per il momento tutti i danni che abbiamo avuto li abbiamo sempre pagati.
Come scegliete gli ospiti?
La garanzia in genere sono le recensioni degli altri host che hanno già ospitato queste persone. Adesso cerchiamo di prendere persone con già buone recensioni, a volte però succede di prendere ospiti senza recensioni poichè fanno proposte interessanti, a volte va bene a volte non va troppo bene.
Si può vivere di questo?
Air bnb si tiene il 17% dal cliente e il 3% dal proprietario , avantaggiando così noi proprietari. Purtroppo c’è sempre più concorrenza e quindi abbiamo anche dovuto abbassare un po’ i prezzi, nonostante questo, sì sono convinta che possa diventare un vero e proprio lavoro, anche abbastanza impegnativo.
A presto 
Agnese R.
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Video presentazione di Agnese Rabagliati
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activexpo-blog · 7 years
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Il futuro dello shopping
Nel precedente articolo ho esposto il tema dell’educazione affrontata con un approccio ludico-interattivo, oggi voglio parlare di come la rivoluzione tecnologica abbia notevolmente stravolto il mondo del retail, in particolare mi concentrerò sui negozi di abbigliamento.
Con l’avvento di internet, si è reso particolarmente semplice acquistare qualsiasi articolo comodamente da casa, personalmente anche io faccio parte della cerchia dei compratori online (il sito che maggiormente utilizzo è Amazon). Fatta eccezione di qualche prodotto, soprattutto il settore dei cibi freschi, il mercato online è in crescita offrendo svariati vantaggi ai consumatori, tra cui la comodità e l’organizzazione, il risparmio di tempo e di soldi e infine la vasta scelta di prodotti.
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(Foto che mostra alcuni colossi del web.  Fonte: Wikimedia.)
Dunque la domanda che mi pongo è: se aumenta il numero di persone che preferisce una spesa online rispetto a quella tradizionale, in un prossimo futuro, esisteranno ancora i classici negozi che oggi conosciamo? Con vetrine, scaffali e commessi?
Quello che sappiamo è che all’interno di molti stores è già presente un’esposizione digitale e interattiva. Il settore della moda è quello più interessato, infatti grandi brand come Prada, Macy’s e Ralph Lauren stanno investendo da anni per rendere più smart i propri stores. Proprio l’azienda americana Ralph Lauren ha lanciato per il suo punto vendita di Manhattan gli “Oak fitting rooms”, dalla startup tedesca Oak labs. All’interno del camerino è presente uno schermo touchscreen che permette di chiamare i commessi, visionare i prodotti e le taglie disponibili, oltre che cambiare le luci della stessa cabina prova. Gli specchi forniscono un feedback costante del tasso di prodotti selezionati e successivamente venduti e quelli, invece, selezionati e rimasti in camerino. Questa informazione può essere fondamentale per un cambio di strategia di marketing e per aumentare la “customer satisfaction”. 
Un altro esempio è il Diesel Planet inaugurato nel mese di marzo a Milano. Tavoli digitali, che riconoscono autonomamente il capo ad essi avvicinato grazie a una tecnologia avanzata, display interattivi e camerini smart raccontano la storia del prodotto e indirizzano il cliente. Grazie alla collaborazione con la Samsung ogni commesso avrà a disposizione uno smartphone per guidare il consumatore nell’acquisto, e con un app dedicata sarà anche possibile gestire i pagamenti in mobilità senza che il cliente sia costretto a recarsi alla cassa. Questi stores vogliono valorizzare i propri prodotti rendendo il cliente partecipe del mondo del brand attraverso una vera e propria esperienza di shopping digitale e interattiva.
I negozi nel web retail non hanno possibilità di competere con colossi come Amazon, ma hanno l’opportunità di rinnovare i punti vendita fisici con dispositivi tecnologici, fidelizzando i clienti e offrendo un giusto compromesso tra l’e-commerce e i negozi tradizionali. Sarà questo il futuro?
A presto,
Agnese R.
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Interazione motivazionale
Chi si ricorda le gite fatte da piccoli?
Personalmente, quella che più è rimasta impressa nella mia memoria è la visita a Experimenta, una mostra che propone un approccio ludico e interattivo verso il mondo che ci circonda. Un’ esperienza unica che feci in seconda elementare, dai percorsi educativi ai macchinari fantasiosi, alla “centrifuga”, il vero cuore del divertimento, ovvero una sorta di giostra dove veniva tolto il pavimento e grazie alla forza centrifuga si rimaneva inchiodati alle pareti della struttura.
Experimenta è attiva da più di 30 anni nella città di Torino per promuovere la conoscenza e la cultura attraverso questa commistione tra tecnologia e intrattenimento. Come Experimenta ci sono moltissime altre iniziative che seguono questo format vincente. Un esempio è Corporea, il nuovo museo inaugurato a Napoli nel mese di marzo, che propone un percorso di visita all’interno del corpo umano. Micro e macroinstallazioni, postazioni interattive e video immersivi contribuiscono a far comprendere ai bambini, ma anche agli adulti, le complesse relazioni che stanno alla base dell’equilibrio del nostro organismo.
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(Macchinario, presente nel museo Corporea, che amplifica il suono del battito cardiaco facendo rimbalzare le palline. Fonte: Flickr)
Cosa spinge un bambino a imparare un nuovo gioco? La stessa curiosità e motivazione potrebbe essere trasportata nell’educazione attraverso l’interattività multimediale. Forse la scuola che abbiamo sempre conosciuto, caratterizzata da un insegnamento di tipo frontale, con la mera acquisizione di verità assolute senza una reale rielaborazione da parte degli studenti, potrebbe subire un cambiamento. Si può pensare di passare da una “scuola dell’obbligo” a una “scuola del piacere” dove, aiutata dalla tecnologia, l’educazione possa diventare confronto, attività, un vero e proprio “giocare imparando”.
Personalmente non ricordo lezioni di storia o di geografia ma ho impresso molto bene esperienze della mia infanzia dove venivano coinvolti i sensi e c’era una reale interazione (come il cucinare ricette antiche o costruire vasetti di creta). I percorsi interattivi, dove il bambino è partecipe della mostra e non semplice osservatore passivo, sono esperienze di vita il cui insegnamento avrà forse più possibilità di rimanere impresso nella memoria dell’individuo adulto.
A presto,
Agnese R.
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activexpo-blog · 7 years
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Video di presentazione di Luca Giordanengo
Ecco qui di seguito il mio video di presentazione per il corso di Rivoluzione Digitale:
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activexpo-blog · 7 years
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Il secondo televisore in grado di fare qualsiasi cosa
Il computer, ricordo la prima volta che vidi questo strano dispositivo, mi chiesi: “ma perché hanno comprato un altro televisore?“ . 
L’avevano messo sopra a una scrivania da sala, di quelle alte in legno, ma proprio lì di fianco si trovava la televisione. Pensai : “che strana posizione da scegliere, perché non metterlo in un’altra stanza, in cucina o magari nella mia camera?”
Perplessa dal nuovo arrivo, chiesi spiegazioni, mia sorella scoppiò subito a ridere quando definii il computer come “secondo televisore”, mio padre, invece, cercò di spiegarmi con parole semplici che cosa fosse il nuovo acquisto : “vedi, il computer non è come la televisione, con la televisione puoi solo guardare, con il computer puoi fare qualsiasi cosa”. Cosa significasse quel qualsiasi cosa lo compresi solo più avanti.
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(Notebook con la schermata sulla homepage di Youtube. Fonte: Pixabay)
Mia sorella mi chiamava ogni volta che usciva un nuovo video di qualche rapper su Youtube che le piaceva, in effetti, penso proprio che sia stata Youtube la prima piattaforma web che imparai ad utilizzare. Poi, come per tutti gli altri bambini, iniziarono le ricerche su Wikipedia per la scuola, mi ricordo però che quelle non le amavo molto, non mi piaceva passare i pomeriggi fissa davanti a quello schermo, primo perché mi toglieva del tempo per andare a giocare al parco con i compagni, secondo perché non sapevo chi ci fosse dietro alle risposte che cercavo e questa cosa mi rendeva diffidente. Preferivo di gran lunga farmi aiutare dalle preziose testimonianze di mio nonno, che di partigiani e di guerra se ne intendeva sicuramente di più di quell’affare.
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(Signore anziano intento a scrivere su un personal computer. Fonte: Flickr)
Quando poi mio nonno per i suoi 70 anni si fece regalare un personal computer, mi rassegnai: iniziai a prendere confidenza, a navigare senza troppi problemi scoprendo un mondo di opportunità. Da MSN ai primi social, mi ritrovai immersa in un mare di condivisione e comunicazione, di cui non mi dispiaceva affatto fare parte.
È inutile negare la dipendenza che si è creata nei confronti dei dispositivi tecnologici (almeno per la maggior parte delle persone), sempre più accentuata negli ultimi anni. Dalla foga del postare qualsiasi cosa, alla disperazione di quando non c’è connessione, o ancora all’inevitabile esclusione di quei rarissimi individui, che per scelta, non sono presenti sui social. Tutti effetti collaterali di una tecnologia che vive con noi, o meglio che è diventata parte di noi e a cui non possiamo più rinunciare. Nei prossimi post affronteremo come la Rivoluzione Digitale si sia ampiamente affermata anche in ambienti espositivi, cambiando irreversibilmente il rapporto tra allestimento e osservatore.
A presto,
Agnese R.
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activexpo-blog · 7 years
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Scaffali 2.0
Ho parlato nell'articolo precedente di come la tecnologia può influire sulla visita di un museo, nel mio caso tramite uno smartphone come guida, ma avrei potuto parlare anche di semplici allestimenti con schermi annessi, touchpad, ecc. Voglio provare ora a vedere come tutto ciò può invece influire sull'allestimento nel retail, nei magazzini di vendita o in un semplice scaffale. 
Ho avuto la fortuna di fare tramite la scuola un workshop con la Lavazza, nella quale la nostra missione era quella di progettare un nuovo scaffale nel quale esporre il caffè nei grandi supermercati per facilitare la scelta e responsabilizzare il consumatore. Eravamo diversi gruppi a lavorare, ognuno ha ideato una soluzione diversa. La cosa in comune a tutti i lavori però era l'uso della tecnologia. Addio vecchio scaffale classico quindi. Le proposte prevedevano scaffali con schermi, touchscreen, suoni, luci, connessioni ai dispositivi dei consumatori e via dicendo. La strada intrapresa quindi è quella dell'interazione tra uomo e allestimento, tutti soggetti attivi quindi.
Premesso che alla base di ogni scelta in ambito commerciale ci sia come obbiettivo primario quello di incrementare la vendita, in questo contesto l'obbiettivo è quello di proporre nei negozi soluzioni che aiutino il consumatore ad un acquisto sapiente e razionale, soprattutto oggi dove sono gli sprechi e l'abbondanza di mal informazione a fare da padrone. Proprio qui entra in gioco la tecnologia che grazie alla sua immediatezza e adattabilità viene usata quindi come supporto nell'atto di acquisto.
L'uso di schermi infatti permette di mostrare molte più informazioni che un semplice cartellino di fianco al prodotto: informazioni relative alla provenienza, all'uso, allo smaltimento, tramite grafiche animate, video, aiutano nella scelta. Lo schermo, magari anche touchscreen, invita quindi il cliente, sempre più pretenzioso, ad interagirci. Lo stesso si può ottenere con suoni o effetti luminosi sui prodotti. Ancora più innovativa è la possibilità di interazione tra lo smartphone personale e lo scaffale ad esempio, per personalizzare ancora di più l'esperienza del cliente. Connessioni Bluetooth, NFC, Wi-Fi permettono un rapido scambio di informazioni. Il GPS inoltre può essere usato per fornire la posizione di scaffali o addirittura prodotti singoli.
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(Un cliente in un negozio usa lo smartphone e il GPS. Fonte: WikiMedia)
A mio parere l'uso della tecnologia in questo contesto credo che possa rivelarsi molto utile, ponendosi come intermediario tra il cliente e il negozio. Soprattutto perché è interesse primo di ogni consumatore sapere cosa si compra, senza farsi fregare dalla persuasione che certi prodotti o pubblicità possono avere su di lui, spinta solo da interessi di marketing. Finché la tecnologia in uno scaffale non avrà come intento quello di attirare attenzioni superflue solo per vendere qualcosa in più, non vedo come possa dare fastidio. Permette a chi vuole di interagirci mentre non disturba chi invece se ne frega. Come sempre i problemi che si possono creare sono quelli legati ad un abuso e un uso improprio di questi mezzi.
Buona spesa 2.0.
Alla prossima,
L.G.
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Guide multimediali e interattive nei musei
Sono stato di recente a Barcellona, Casa Batllo, la famosa casa-opera di Gaudi. Oggi l'intera architettura è adibita a Museo ed è una delle attrazioni maggiori della città che accoglie giornalmente molti turisti.
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(Una veduta della facciata principale di Casa Batllo. Fonte: WikiMedia)
Al di là del valore architettonico e artistico sul quale non intendo soffermarmi qui, la cosa che colpisce di questo museo e la guida digitale che viene fornita compresa nel biglietto, un vero e proprio smartphone. Una guida quindi interattiva e moderna, che sfrutta la tecnologia del 3D, della geo localizzazione, dell'animazione e degli effetti video/sonori per far immergere il visitatore a 360° nella visita. Con questo smartphone dotato di cuffiette ognuno può godersi la permanenza nella Casa sicuro di non perdersi nulla e anzi, scoprire persino i più piccoli particolari. Passo dopo passo ogni area del Museo prende vita virtualmente anche sul dispositivo, basta puntare la guida verso il punto in cui si sta guardando per vedere ad esempio una parte della stanza animata e ricreata come 80 anni prima. Effetti speciali, animazioni, suoni, tutto viene sfruttato per ridare anima a qualcosa che senno sarebbe solo più da guardare. L'obbiettivo e quello quindi di coinvolgere, informare e guidare il visitatore per fargli godere appieno l'esperienza tramite la tecnologia. Così un opera, un museo, una architettura assumono oggi un ruolo attivo nella visita dello spettatore, non rimanendo solo più una cosa da guardare, ma bensì con la quale interagire. Personalmente non so quanto qui la tecnologia alla fine di tutto risulti un vantaggio. Vive in me l'idea che sia più una forzatura, che un piacere, preso atto del fatto che non è un obbligo imposto da nessuno. Il rischio e che la stessa guida possa sostituirsi all'opera in se, facendo perdere quella sensazione di scoperta e emozione che il semplice confronto con un qualcosa dal forte valore simbolico e storico provocano. Sicuramente la stessa cosa vista dal punto di vista non emotivo ma culturale assume un altro valore, il fatto di avere una guida comoda, pratica e intelligente che sa tutto non può che portare la visita ad un livello superiore, per nulla superficiale: sai quello che guardi e ne impari. Si visita un museo per il semplice piacere di sapere, conoscere o per vivere un esperienza lasciandosi trasportare dalle emozioni, sensazioni e ricordi che questo può provocare? È chiaro che la verità sia nel mezzo, un giusto mix delle due cose è quello che stimola una persona a scoprire e vivere esperienze simili. Il dubbio che mi rimane è allora quello che uno uso eccessivo e non sapiente della tecnologia possa compromettere questo giusto mix annientando quel lato umano, emozionale che si possa provare. Se penso alle parole emozioni, confronto e piacere difficilmente penso a tecnologia, per questo ne metto in dubbio il vantaggio che questa possa portare in un contesto simile. Sono comunque pronto a ricredermi, si parla già di musei virtuali, seduti comodi di fronte ad un PC. Alla prossima, L.G.
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Cambiamenti e Connessioni: La mia prima esperienza con internet
Kkkrrcchhhhhbbiiiibbzzzzcchhhhhttrrrrr! Questo è il suono di un modem che si collega ad internet nel lontano 1999. Avevo tre anni e mi ero trasferita da poco in Irlanda.
La mia famiglia non è mai stata estranea ai computer in quanto mio papà ha sempre lavorato nell’ambito dell’informatica e con il trasferimento si è presentata l’occasione perfetta per introdurmi ad internet. Inizialmente mi venne presentato come un mezzo di comunicazione alternativo e ricordo con una certa chiarezza la sera in cui mia mamma mi ha coinvolta per la prima volta nella spedizione di una email ai miei zii in Italia. Di fronte alla mia confusione mi ha spiegato che era come mandare una cartolina che sarebbe passata dal nostro computer al loro, senza bisogno di carta ne di postini.
La cosa che più mi ha colpito è stata senza dubbi l’estrema velocità; i messaggi arrivavano quasi istantaneamente attraverso una rete invisibile che non potevo comprendere neanche lontanamente. La rapidità degli scambi unita alla possibilità di allegare fotografie e video permise di stringere un po’ le distanze facendoci sentire meno lontani. Nel giro di poco nacque Skype che negli anni rese possibile la condivisione di momenti più spontanei e mi viene in mente una sera in cui, durante una videochiamata, ho portato il portatile in giardino per far vedere il sole che alle dieci di sera non era ancora tramontato del tutto.
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Scie luminose lasciate dal passaggio di auto, indicative di velocità e distanza. fonte: Flickr
Per molti anni la funzione principale del computer per me è stata quella istruttiva; dai giochi interattivi per praticare l’inglese alle prime ricerche scolastiche era sempre al mio fianco quando si trattava di imparare. Il mio accesso ad internet è stato per molto tempo ristretto e sorvegliato perché, a detta di mia mamma, “non si sa mai cosa si può trovare” ed era meglio fare attenzione. Ci è voluto poco però, in compagnia degli amici, a scoprirne il lato divertente grazie ai pomeriggi passati su YouTube e agli infiniti giochi disponibili su siti come Miniclip.
Convivo con internet da quasi tutta la vita ma è da meno di dieci anni che davvero ne sento la presenza. Il tempo passato nell’ufficio dei miei genitori mi aveva mostrato come si potesse fare di tutto con un computer e come internet fosse un portale d’accesso al mondo intero. Ho potuto osservarne il passaggio dalle case alle tasche attraverso il rapido sviluppo degli smartphone e dei social media e la necessità di essere connessi in rete sempre e dovunque sembra essere diventata imperativa.
Le tecnologie digitali hanno ormai permeato ogni ambito della società, nei prossimi post vedremo come hanno influenzato il rapporto osservatore-oggetto all’interno di spazi espositivi e allestimenti, mirando ad una maggiore interattività e migliorando l’esperienza complessiva.
A presto,
Isa M. B.
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activexpo-blog · 7 years
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La mia prima esperienza su internet
Ciao a tutti, mi chiamo Luca Giordanengo e ho 24 anni.
Da almeno quindici di questi convivo con il computer. Non ho però un ricordo ben preciso del mio primo contatto con questo, il momento esatto insomma. Fin da subito però mi sono fatto attirare, grazie anche a mio padre, appassionato di tecnologia. Sia il cellulare che il computer infatti sono entrati in casa molto velocemente, cosicché io ci sia cresciuto insieme.
Ho un ricordo più dettagliato del giorno in cui scoprii internet grazie al computer. Era una sera, e sedendomi alla scrivania del computer notai in un cassetto una scatola nuova, con scritte e disegni strani; subito cercai di scoprire cosa fosse, non fu semplicissimo scoprire che si trattava di una scheda LAN. Altrettanto difficile fu capire a cosa potesse servire finché scoprii il mondo online, internet e questa scheda ne era il tramite.
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(Una tastiera per PC e diverse icone che rappresentano le possibilità che offre internet e tutto quello che gli gira attorno. Fonte: Pixabay)
Ricordo anche che papà e mamma non erano molto disposti a spiegarmi bene cosa fosse, né tanto meno a rendermelo disponibile, anzi. Da quel giorno potevo accedere al PC ma con restrizioni, ma la curiosità di vedere in prima persona che cosa realmente fosse questo internet era tanta. Da qui in poi la situazione si evolse progressivamente, i primi sporadici accessi controllati, poi gli accessi in solitaria ma con tutte le restrizioni del caso, fino a che non divenne una realtà quotidiana in totale autonomia.
Cosa realmente facessi online quelle prime volte non lo ricordo. Mi è più facile pensare a qualche tempo dopo, quando come svago passavo le ore a giocare a mini giochi online dei più svariati tipi, i miei due siti di riferimento ancora ora attivi erano FlashGame e MiniClip. Internet si è evoluto per me in un mezzo di comunicazione con altre persone e non più soltanto fine a stesso con l’avvento di Windows Messenger (poi più comunemente ribatezzato MSN) ovvero il primo client di messaggistica istantanea prodotto da Microsoft, la culla delle chat odierne ecco. Da quelle esperienze sono cambiate un sacco di cose, dal semplice vivere il mondo online come svago, distrazione, alla quasi necessità odierna.
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(Un esempio delle prime chat di MSN. Fonte: Flickr)
Credo fortunatamente che sia stato un bene crescere quasi di pari passo con la rete online (seppur quest’ultima sia cresciuta e continui a crescere esponenzialmente rispetto al tempo) e non invece nascerci nel fervore degli ultimi anni. Questo perché mi ha consentito di conoscerla con calma e interesse, senza una vera esigenza dietro, semplice scoperta. E’ stato fin da subito quindi un di più, non una cosa di cui non ne potessi fare a meno, cosa che a chi è qualche anno più giovane sembra essere inculcato nella testa per convinzione e abitudine della società attuale. Con questo non sto puntando il dito contro internet, esprimo solo il mio pensiero a riguardo, riuscendo ad avere un confronto diretto giornalmente. Sono super favorevole a internet, alla tecnologica alla rivoluzione digitale nella quale viviamo, ma tutto va ponderato senza abusi, evitando che una cosa fondamentalmente utile si riveli un problema.
Grazie per aver presto parte a questo blog, come vedi siamo tutti protagonisti di questa rivoluzione.
Alla prossima,
L.G.
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