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Andrea Picciuolo
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andreapicciuolo · 2 years ago
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andreapicciuolo · 2 years ago
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Il marketing dell’italiano
Il tema della funzione identitaria della lingua italiana è piombato sul tappeto mobile della catena onlife del passaparola, trascinato da una (non recente) polemica politica; se ne dirà in coda a questo episodio della newsletter. L’italiano, nelle sue tante declinazioni lessicali, concettuali, e tematiche, è un potente strumento di marketing, come effetto della gloriosa (e paradossalmente secolare) tradizione culturale del made in Italy. Uno strumento semiotico potente che, di conseguenza, ha un’estensione semantica molto ampia e che andrebbe perciò maneggiato con una cura che non sempre si osserva in chi, con grande frequenza, lo utilizza. Nel suo piccolo, ne è testimone anche tropic, che nella sua attività quotidiana di verifica dell’efficacia dell’advertising, incorre spesso nella constatazione degli effetti controfattuali di un uso del tema dell’italianità purtroppo non sempre attento alle possibili ricezioni. Nell’èra della saturazione dei mercati, della saturazione delle arene, della saturazione dell’attenzione, e della personalizzazione (di massa), la ricerca della distinzione rispetto ai competitor e il processo di identificazione tra brand/prodotto, pubblico e contesto (integration) fondato sul “country of origin effect” deve poggiare su una conoscenza dettagliata della struttura semiotica dei tre fattori, ancor più nel caso del potente dispositivo del “made in Italy”.
La persistenza degli attributi correlati al “made in Italy” si può facilmente apprezzare, per esempio, guardando oggi un documento storico (citato da Dellapiana in apertura del suo “Il design e l’invenzione del Made in Italy”): si tratta di un cinegiornale del 1953 dell’Istituto Luce, in cui si elencano i portenti del “fabbricato in Italia”, con citazioni dal mondo dell’industria pesante, dei trasporti, dell’abbigliamento, della nautica, delle automobili, della ceramica, dei tessuti, dell’alimentazione, della musica, del cinema, e via elencando.
Molti di questi si ritrovano tra le parole, e i temi, maggiormente menzionati in una selezione di 10.000 messaggi rilevanti, che hanno assieme generato più di 7 milioni di interazioni, selezionati da tropic in un vastissimo corpus di 681 mila messaggi (prodotti da circa 400 mila fonti), in cui compare la parola italiano (con alcune sue varianti morfologiche). Una messe con una reach stimata in 27 milioni di potenziali lettori. Sono messaggi pubblicati in una porzione molto ampia del web di lingua italiana dal 7 dicembre al 5 gennaio scorsi.
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Nella struttura del campo semantico si notano gli effetti della convocazione, nel dibattito politico, del tema del ruolo della lingua italiana, ma si rintracciano già alcuni argomenti correlati, come l’orgoglio nazionale, il confronto con l’estero, la musica, lo sport, le auto, il cinema (tutti temi non a caso declinati nel formato della politica pop nella ormai permanente campagna elettorale, con maggiore o minore perizia certo).
Il trend mostra un andamento delle menzioni piuttosto omogeneo, eccezion fatta per la pausa natalizia.
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Il sentiment generale è francamente positivo (nonostante la coincidenza potenzialmente “polarizzante” della polemica politica).
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La lingua italiana compare tra i topic maggiormente rilevanti nel corpus “maggiore”.
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Mentre tra gli hashtag #madeinitaly occupa un posto preminente.
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Lo scorso anno, la chiave “italiano” ha registrato il volume di ricerca maggiore sui motori di ricerca tra gennaio e aprile.
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E, come conseguenza del dato appena mostrato, domina il kpi del traffic share rispetto ad alcune varianti.
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2. La funzione identitaria della lingua italiana
Queste poche righe sono un piccolo addendum, sempre e solo nella prospettiva adottata da tropic: le ricerche di marketing. L’italiano è infatti uno strumento potente pure del marketing politico, e tropic ne osserva con interesse pure lì i vari esemplari.
L’eco di un certo dirigismo in materia di fatti linguistici è risuonato nella polemica politica correlata alla proposta di riconoscimento della lingua italiana come lingua ufficiale della Repubblica, e alle doglianze sull’eccesso di parole straniere in uso nella lingua dei media, del commercio, e dell’amministrazione pubblica. Proposta e doglianze che, rispetto alle sue più immediate potenzialità di marketing per chi la avanza, è correlata alla funzione identitaria della lingua.
È un tema (la “difesa dell’identità italiana delle nostre città e paesi”) esplicitato in un utile approfondimento, coevo alla polemica politica, pubblicato dal quotidiano Domani. L’articolo, a firma di un’esperta reputata, ricorda pure che “ l a legge ordinaria, in linea con l’impostazione costituzionale, riconosce espressamente l’italiano come “lingua ufficiale della Repubblica” (l. n. 482/1999)”.
Il tema del “riconoscimento giuridico” dell’italiano quale lingua ufficiale della Repubblica, e della sua “costituzionalizzazione”, non è infatti nuovo. Un illustre testimone ha di recente ricordato che nel 2006 anche l’Accademia della Crusca era stata mobilitata e che, come esito, era stata addirittura già approntata una bozza di articolo.
Se si osserva il tema della “difesa” della lingua italiana dalle influenze esterne da una prospettiva semio-linguistica, un utile supporto viene dalla lettura di un saggio che nel 1987 un illustre linguista dedicò alla faccenda, dal titolo Morbus anglicus. Oltre a varie proposte di adattamento di parole straniere in uso (tra cui vendissimo per bestseller, contributo sanitario per ticket, numerico, o cifrale, per digitale), vi si ritrovano, tra le fonti, delle lamentele sul “parlare esotico” che risalgono già all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso.
Addedum n. 2
Il lettore interessato invece agli studi non sull’italiano in Costituzione, ma sull’italiano della Costituzione, troverà invece un valido supporto nell’introduzione che De Mauro ha dedicato alla questione nell’introduzione de “La Costituzione della Repubblica del 1947” (per UTET).
Addendum n. 3
Grazie agli archivi cifrali digitali della Camera è possibile consultare la revisione del testo della Costituzione svolta tra il 1946 e il 1947 da Pietro Pancrazi. Il testo, con una nota autografa conclusiva, conserva memoria di alcune della proposte stilistiche di revisione poi accolte, come il passo “L’Italia è Repubblica democratica […]” che, grazie a Pancrazi, diviene “L’Italia è una Repubblica democratica […]”.
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andreapicciuolo · 4 years ago
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andreapicciuolo · 5 years ago
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TikTok (e le altre piattaforme) al di là di reach, engagement, sentiment, etc.: la semantica delle identità e delle interazioni
Mandelli, Arbore; “Marketing digitale”; “Ciò che guida il comportamento umano sono il valore e i valori.”
L’asserzione in esergo (una tra le molte utili annotazioni di un testo di riferimento del settore) è spesso dimenticata da chi si occupa delle molte e variegate manifestazioni della “nuova” umanità digitale.
Questa nota si colloca certo nell’àmbito dei consigli non richiesti, si tratta però di un’osservazione che deriva da qualche indagine di terreno.
Nella nuova semiosfera, accanto al dato meramente computazionale delle cosiddette “metriche”, resta centrale, seppur rifondato, il senso dei dati semio-linguistici di cui si sostanziano le conversazioni e le identità relazionali che lì (e solo lì) trovano ricetto e che costituiscono, almeno nel mondo delle interazioni quotidiane dove si producono le “esperienze”, l’unico sostegno illustrativo e interpretativo per “autori” e “lettori”. Ignorare questo elemento basilare, e non dotarsi di conseguenza degli strumenti teorici e metodologici adeguati per analizzarne e comprenderne gli effetti, vuol dire abbandonarsi inevitabilmente a derive congetturali e a decodifiche aberranti da cui scaturiscono, in ultima istanza, insights fragili, decisioni fuori fuoco, identità alienanti (perché mal strutturate e mal “calibrate”) e, per ultimo ma non per importanza come si dice, lettori alienati (perché costretti a sorbirsi, oltre al sovraccarico informativo, pure il sovraccarico cognitivo necessario per seguire le contorsioni “identitarie” dell’agente economico e politico tra i vari touchpoint e tra i vari contesti tematici).  
Pare anche questo il caso di alcune pur interessanti indagini seminali sull’uso di TikTok per la comunicazione politica.
Nelle scorse settimane, l’azienda ha diffuso alcuni dati sulle tendenze italiane e globali nel 2019, dove già emerge, in un’ottica radicalmente qualitativa, che accanto ad alcune indubbie peculiarità tematiche, molti di più sono i punti di contatto con le altre piattaforme. Adottare perciò uno sguardo particolaristico, schiacciato sulle sole caratteristiche “tecniche” del mezzo, impedisce di capire i vantaggi e gli svantaggi per la costruzione identitaria dell’agente nel più ampio contesto delle reti sociali onlife.
Dal punto di vista semiotico, infatti, le singole piattaforme non sono dei walled garden, ma partecipano, ciascuna a suo modo, alla ininterrotta catena del word-of-mouth il cui esito è, per l’appunto, l’identità relazionale di agenti (o argomenti). È perciò importante comprendere, tramite l’unica via d’accesso data dal dato semio-linguistico, il frame generale che regge le varie sceneggiature e le varie messe in scena dell’agente (per esempio).
In quest’ottica, e riguardo ai “contenuti”, una faccenda molto banale riguarda le costrizioni propriamente strutturali imposte dalle piattaforme (i.e. la norma): è a quel livello che la produzione “testuale” dell’agente deve apparire conforme (al massimo difforme), delegando poi all’utente la responsabilità di condividere quel frammento di contenuto in altri punti del processo del word-of-mouth (dove, in bocca all’agente apparirebbe invece deforme). Questa affinità “testuale” deve essere coniugata con la più generale affinità valoriale (i.e. frame) con le altre manifestazioni dell’agente. È questa doppia fedeltà che determina l’esito della costruzione identitaria dell’agente e l’ottimizzazione dell’esperienza del “lettore”. Ed entrambi sono criteri semantici.
Questa dinamica (che la catena digitale semplicemente rinnova) produce un effetto iperbolico nella dinamica detta earned media. Se si prende come esempio il caso più chiacchierato in queste settimane, quello dell’ex ministro dell’Interno, e si prova, per gioco, a fare un piccolo esperimento con un motore di ricerca (Google), si hanno i seguenti risultati. Tra le query associate a TikTok, il termine “Salvini” è al dodicesimo posto.
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Per la query “Salvini TikTok”, Google restituisce 638.000 risultati (numerose le “sue” immagini e molti i “suoi” video postati da account diversi dal suo), Google News ne restituisce invece 68.200. E si parla di un fenomeno generatosi solo nel novembre del 2019.
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andreapicciuolo · 5 years ago
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La ricezione “social” dei discorsi di fine anno (2019) dei due Presidenti
1. Si offre qui un brevissimo resoconto delle reazioni generate in singole “stanze” delle piattaforme sociali dalla conferenza d fine anno del Presidente del Consiglio e dal discorso di fine anno del Presidente della Repubblica.
2. La conferenza stampa del presidente Conte è stata trasmessa, se così si può dire, anche sul suo account Facebook ufficiale. Il post corrispondente è risultato il primo post per numero di interazioni generate nel mese di dicembre; ha sopravanzato anche il post (del 20) a tema gastronomico: un tema di successo (se si sta ai “click”) nella prassi social del presidente (è lì, sulle sponde della comunicazione politica, che riposa, per ora al sicuro, la altrove malconcia gastromania).
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Una scorsa ora ai commenti. Porre orecchio all’orecchio delle conversazioni (i.e. alle “ricezioni”) [ndr: una delle faccende che in queste righe si prova quotidianamente a sbrigare (all’ingrosso)]  è una prassi denigrata da molti commentatori. Hic sunt dragones si direbbe. Inutile ascoltare, e provare, a comprendere i Napalm51, tanto, si dice in italiano neo-standard, non impattano. Eppure, nella nuova semiosfera, dove ci s districa tra le reti sociali onlife, l’attenzione verso qualunque tipo di ricezione (con distinguo operati caso per caso secondo criteri di pertinenza) è indispensabile per indagare la formazione e la trasformazione di forme e frame. Nel nuovo mondo, ogni attività di content e audience intelligence che abbia come oggetto il dato semio-linguistico è di fatto un’attività di media intelligence.
Si diceva dei commenti alla conferenza stampa. Il carotaggio è stato effettuato su 7.000 di questi, prodotto dell’attività di circa 3.500 utenti unici. Quasi 15.000 le reazioni generate.
Se si guarda ai commenti come corpus, gli elementi lessicali più frequenti sono “grande” e “grazie”; entrambi si presentano con maggiore frequenza come collocati di “Presidente”. Tra gli elementi grammaticali, molto frequenti sia “sei” (anche in questo caso come collocato perlopiù di presidente”) che “non”. Se nel primo caso si resta nella dinamica della valutazione (perlopiù positiva) del “Presidente” (con un tono colloquiale), nel secondo, il “non”, ci si addentra in uno scenario discorsivo altro e molto interessante (se vi fosse, e non è questo il caso, l’opportunità di addentrarvisi sul serio). Il “non” compare con maggiore frequenza come collocato di “italiani”. È un piccolo accidente testuale che, come si dice, fa però segno: si tratta di increspature di superficie prodotte dalla profonda e vigorosa tempesta discorsiva e narrativa che da qualche tempo investe con crescente forza il nucleo tematico “italianità”. Un fenomeno certo non nuovo, ma che sta producendo una varietà di esiti testuali di nuovo tipo sia dentro che fuori dai confini della comunicazione politica.
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Uno sguardo ora a uno degli indici manifesti della testura “emotiva” del corpus, gli emoji. I più frequenti sono “face with tears of joy” e “clapping hands”, seguiti da “red heart”.
3. Nella “nuvola” del discorso di fine anno del PdR, “paese”, “vita”, “società”, “cultura”, e “fiducia” sono le cinque parole con maggiore frequenza d’uso.
Il video del discorso del Presidente è stato come al solito pubblicato anche sull’account YouTube ufficiale del Quirinale, ma lì i commenti sono disabilitati. Per testare le reazioni bisogna perciò rivolgersi altrove. Qui si è optato, arbitrariamente, per i video del discorso postati dagli account YouTube dei quotidiani La Stampa e La Repubblica.
Al momento dell’osservazione, il video sull’account de La Repubblica aveva generato quasi 3.500 visualizzazioni, con un numero quasi pari di like e dislike (127 e 110), e 304 commenti. Questi avevano a loro volta generato circa 700 like e 200 risposte, frutto dell’attività di un centinaio di utenti unici. La nuvola delle parole non grammaticali più frequenti vede “presidente”, “Mattarella”, “costituzione”, “governo”, “elezioni” nelle prime posizioni. La modalità di interazione prevalente che è dato osservare è il “confronto” tra gli utenti, più che il giudizio “immediato” verso il Presidente e, o, la sua performance. Il numero maggiore di like va in dote a commenti che criticano il focus del discorso del PdR: la fiducia.
Il video offerto dall’account de La Stampa, al momento dell’osservazione, contava circa 2.500 visualizzazioni, e aveva generato 28 like, 74 dislike, e 199 commenti. Questi, a loro volta, avevano generato 377 like e 150 risposte, frutto dell’attività di poco più di 60 utenti. Anche in questo caso, la modalità di interazione prevalente è il “confronto” tra gli utenti. I commenti che hanno generato più like sono tutti (molto) critici vero il Presidente e il suo discorso.
Per finire, qualche dato frutto del carotaggio effettuato su Twitter, il 31/12/2019, per mezzo della chiave “Mattarella”. L’archivio scandagliato conta 5.000 tweet (prodotti da 3.200 utenti unici), che hanno generato 170.000 like, 32.000 rt’s, e 7.000 risposte. Il picco delle interazioni si è raggiunto durante l’allocuzione del Presidente. La “conversazione” si è poi nuovamente animata, seppur in tono minore, un’ora dopo la conclusione de discorso. Poche, come si vede, le menzioni, rispetto ai tweet “originali”.
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Nella nuvola della “conversazione” (i.e. il corpus costituito dai 5.000 tweet) spiccano i seguenti elementi lessicali: “grazie” (come collocato di #mattarella e “Presidente”); “fiducia” (come collocato di “avere” e “più”); “speranza” (come collocato di “futuro”); “perdiamo” (come collocato di “diritto” e “privilegio”). In quel frangente sono molte, dunque, le citazioni tratte del discorso del Presidente e meno, almeno da quel che è possibile osservare a questo livello, i commenti e le glosse.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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Biscotti e comunicazione politica
Quando si osserva e analizza la struttura formale delle “conversazioni” generate dalle varie occasioni di comunicazione politica, andrebbero comparate le funzioni e non gli usi. 
Affiancarsi ai #NutellaBiscuits ha in quest’ottica un effetto di senso diverso sulla personalità semiotica dell’enunciatore di turno. Non si tratta quindi di individuare eventuali somiglianze nello stile comunicativo, ma di capire quali valori etici ed estetici una certa prassi, nel racconto di un certo agente, convoca. Solo in uno dei due casi di recente alla ribalta, per ragioni su cui sarà magari il caso di tornare, l’accostamento tra soggetto e oggetto è funzionale al frame che regge la loro, dei soggetti, personalità semiotica. Per chiudere, per ora, ecco l’elenco di qualche “raw fact”. 
Dall’1/11/2019 al 17/11/2019 (mattina), Renzi ha pubblicato 287 tweet. 
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Quello sui #NutellaBiscuits è del 14/12. In quella data, viene quasi raggiunto il picco delle risposte per il periodo indagato, ma non quello dei like, né quello dei rt’s (sarà lo stesso per i giorni immediatamente successivi). Il picco delle risposte è un segnale che la mossa viene letta dal pubblico (anche il “proprio”, vista l’arena osservata) come anomala, e tale difformità (manifestata nella “conversazione”) influirà poi nella qualità del processo di earned media.
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Nello stesso frangente, Salvini ha pubblicato 1.366 tweet (ndr: un “ritmo” che tiene debitamente conto delle affordance delle attuali reti sociali onlife). 
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La data che in quel periodo (e prendendo come riferimento i soli tweet dell’agente in oggetto) è maggiormente marcata dalla conversazione nutella-centrica è il 6 dicembre (con due tweet che la menzionano, in modo diretto l’uno e obliquo l’altro). In questo caso, il 6 dicembre non si raggiunge il picco per nessuna delle tre “metriche” analizzate; anzi, per like e rt’s si sfiora il record negativo. La mossa appare normale agli occhi del “proprio” pubblico, vellica al contempo, e come al solito, i lettori “alieni”, viene raccontata con il solito tono dai legacy media (i.e. fa il pieno di earned media) e resta perciò conforme alla personalità semiotica dell’agente.
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Cosa poi questo possa comportare per il brand si è provato ad accennarlo qui.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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La nuova semiosfera, dove le parole sono sempre azioni
Si è detto che la nuova semiosfera, esito della pervasiva presenza delle reti sociali, è marcata dal fenomeno della disintermediazione, con il potenziale sovraccarico informativo da questo provocato. È invece ormai attestato che le piattaforme hanno innestato un potente meccanismo di reintermediazione tra “autore” e “lettore”, finendo per rimodellare la struttura dei contenuti. Questi sono ormai l’esito di due “costrizioni”: le affordances delle piattaforme e la struttura formale degli enunciati che li esprimono.
In un simile contesto, ormai innervato anche dal potere di “scrittura”, “lettura” e “giudizio” (sic) dell’AI , gli agenti economici (e politici) rischiano di trovarsi in una situazione di costante asimmetria informativa e, di conseguenza, narrativa e “pratica”. La dimensione pratica, nel mondo della vita, coincide con la dimensione “linguistica” (in senso lato). Data questa architettura relazionale, desta sempre sorpresa ascoltare, anche da pulpiti insospettabili, degli inviti a comunicare meno (ma, inutile dirlo, meglio), in un mondo dove le parole sono sempre azioni, e dove delle associazioni tra unità lessicali e sintagmatiche non soltanto producono degli effetti perlocutori sul pubblico, ma addirittura conducono in automatico delle entità oracolari a prendere decisioni “pratiche” immediate (si veda quello che succede sui mercati azionari, ormai descritto anche in opere divulgative [tipo Orioli, Gli oracoli della moneta]).
Non presidiare (ascoltare, analizzare, produrre contenuti) in modo permanente le conversazioni (in tutte le arene rilevanti) non mette solo in pericolo il capitale reputazionale dell’agente (l’unico tema che per ora gode di un certo consenso, seppur non ancora così diffuso), ma il suo capitale semantico, narrativo e, di conseguenza, la sua stessa esistenza come agente.
Come hanno notato Boccia Artieri e Martinelli nell’introduzione a un recente numero (2018/3) di Problemi dell’informazione: ““La scommessa per tutti è quella di mettere a valore il potenziale engagement delle audience, rinunciando all’idea che il «messaggio» possa essere semplicemente distribuito e arrivare in modo incontaminato ai destinatari e accettando, allo stesso tempo, che il potere di definizione si giochi in uno spazio discorsivo conteso, a volte contraddittorio e pesantemente conflittuale.”
Ma ancora, per esempio, soprattutto quanto si discute della dimensione linguistica che presiede alle azioni dell’AI, o finanche di alcuni effetti del parlare degli agenti sulle intenzioni di ricerca degli utenti, mediate dai “motori”, la faccenda si trova ormai catalogata tra i fait divers, e invece degli effetti (e delle pratiche da dispiegare per stare nel nuovo mondo) ci si mette a discutere di intenzioni e motivazioni (con le solite derive che si generano quando si battono quelle strade, come la discussione sul caso Johnson già dimostra); oppure ci si mette a utilizzare il nuovo fait divers come diversivo (come insegnava Bourdieu, e come l’opera di per diligenti nell’affare DB testimonia).
Nella nuova semiosfera, le asimmetrie informative generano asimmetrie narrative e interpretative (nella guerra dei frame), e le asimmetrie narrative generano asimmetrie “reali”, “[…] perché gli algoritmi diventano sempre più bravi a percepire il contesto nel quale devono agire, fino a modellare l’ambiente e influenzare il comportamento dei singoli umani nelle loro reciproche interazioni.” (Chiriatti; #Humanless. L’algoritmo egoista).
Ciò comporta delle conseguenze pratiche capitali, e delle responsabilità precise, per gli agenti economici e politici che devono osservare in modo permanente le conversazioni, conoscerne la struttura formale, comprenderne gli effetti di senso, ed esprimersi di conseguenza.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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La conversazione generata dall’#ITVDebate del 19/11/2019 tra Corbyn e Johnson
Si offrono qui alcuni dati relativi alla conversazione “social” generata dal dibattito promosso dalla rete televisiva ITV News, tra Johnson e Corbyn, leader rispettivamente del partito conservatore e del partito laburista, a Salford (Greater Manchester), il 19/11/2019, in vista delle prossime elezioni generali.
Il video, con commenti disabilitati, è stato postato sul canale YouTube del canale.
Qui si dà conto di qualche risultato di una rapidissima hashtag research, fatta per osservare il tono della conversazione generata dal programma tv.
La chiave di ricerca è, appunto, #ITVdebate. L’osservazione si è svolta tra il 19/11 e il 20/11, in un lasso di circa 36 ore.
A ridosso del confronto, il canale ha pubblicato i Twitter moments, mentre YouGov ha reso pubblico un sondaggio dettagliato, con un campione di 1.646 spettatori del dibattito chiamati a valutare le performance dei due oratori.
Il campione consta di circa 85.000 tweet, prodotti da poco più di 29.000 utenti unici. Circa 1.622.000 i like generati, 538.000 i rt’s e 123.000 le risposte.
Corbyn, adiuvato da altri account ufficiali del suo “campo”, è stato il più efficace nel posizionarsi sull’hashtag che ha  canalizzato la conversazione. Johnson, e gli account ufficiali a lui correlati, paiono aver invece preferito posizionarsi sull’hashtag #LeadersDebate.
Il modo con cui i due hanno scelto di “lanciare” mediaticamente il confronto, su Twitter, presenta interessanti differenze sia figurative che formali (fatto rilevante, su cui qui non ci si può soffermare, e che dice delle due diverse personalità semiotiche in gioco). Il teaser di Corbyn è stato questo:
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Quello di Johnson è stato questo:
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Di seguito il volume delle citazioni nel tempo (i.e. durante le ore del dibattito e quelle precedenti) dei due, Johnson e Cobyn: 
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Il volume di citazioni per Johnson e Corbyn, nel complesso, è quasi identico: circa 12.500, con un lieve vantaggio per Corbyn. La situazione cambia se invece si osserva la frequenza dei nomi, Boris e Jeremy, con il primo che ottiene un volume di citazioni quasi quattro volte superiore rispetto al secondo (12.000 circa vs 4.000).
Corbyn risulta però più efficace, seppur in modo obliquo e in termini quantitativi, nel tentativo di “occupare” il livello tecnico meta della conversazione, tramite gli hashtag, come già in parte accennato. Tra quelli più usati, accanto ai “neutri” #LeadersDebate e #GE2019, vi sono infatti #winforcorbyn, #voteeducation, #schoolcuts e #buildingsocialhousing.
La parità, quantitativa, si riscontra anche nel numero di menzioni che i due account hanno collezionato, prossime alle 3.500 in entrambi i casi (un po’ più per Corbyn, e un po’ meno per Johnson).
Rispetto ai segnali lessicali (l’unico elemento sui cui qui, per non annoiare ulteriormente il gentile lettore, l’agente mobile, ci si sofferma), vi è da segnalare che “people” e “audience” fanno registrare una frequenza più alta di “party” (i tre elementi sono comunque tutti molto frequenti, nella lista delle prime 50 parole non grammaticali).
Nel dominio degli argomenti, “brexit” fa registrare la frequenza più alta (circa 7.000 occorrenze). Seguono “NHS” (circa 3.000 occorrenze) e “climate” (quasi 1.500 occorrenze).
I partiti. “Labour” conta circa 3.000 occorrenze, l’account ufficiale raccoglie meno di 1.000 menzioni. Lo stesso accade ai Conservatives, che però nel complesso raggiungono un numero di citazioni leggermente superiore, il plesso “conservatives” più “tories” raggiunge le 3.500 citazioni circa.
Escluso il rumore, “brexit” e “won” sono i primi collocati di “Corbyn”, mentre “brexit” e “trust” sono i primi collocati di “Corbyn”.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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Elezioni regionali in Emilia-Romagna: la conversazione generata dal confronto a #cartabianca (19/11/2019)
#cartabianca del 19/11/2019 ha visto il confronto tra due candidati alle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna.
Qui si dà conto di una rapidissima hashtag research fatta per osservare la conversazione generata dal programma tv.
La chiave di ricerca è, appunto, #cartabianca. L’osservazione si è svolta tra ieri (19/11) e oggi (20/11) in un lasso di circa 36 ore.
Gli account Twitter di entrambi i candidati hanno provato a occupare il second screen, twittando in contemporanea con la messa in onda. L’account dell’attuale presidente della Regione, Bonaccini, ha  esibito una più ampia varietà tematica rispetto all’account dell’avversaria, la senatrice Borgonzoni, che si è invece focalizzato su un tema forte, la sanità.
Il campione consta di 1.443 tweets, generati da 674 utenti unici. L’account di Bonaccini conta più tweet di quella di Borgonzoni, ma quest’ultimo è stato adiuvato nel processo di priming attoriale e tematico da due account principali del suo partito, aumentando così la platea potenziale.
Tra gli hashtag collocati di #cartabianca, #Bonaccini compare 218 volte. #Borgonzoni 174. #Borgonzonipresidente 99. A questo va aggiunto l’hashtag refusato #Bergonzoni, che conta 13 occorrenze. #EmiliaRomagna compare citato per 74 volte. Emilia-Romagna presenzia anche nell’hashtag #emiliaromagnanonsilega, che conta 22 occorrenze. Si ritrovano anche #26gennaiovotolega, #Lega, #Salvini, #sardine.
Rispetto al priming di cui si diceva, quello attoriale è senza dubbio egemonizzato dall’account aumentato (il suo più gli adiuvanti) di Borgonzoni. A contare sarà colui che egemonizzerà la campagna con i suoi frame, certo, ma il priming è, rispetto all’inquadramento di temi, figure e racconti, il prerequisito fondamentale.
Gli emoji più usati sono stati “thinking face” e 😂. Si è di fronte a una modalità prevalentemente canzonatoria, propria delle contese di questo tipo, polarizzate come si usa dire.
Se si guarda alla lista delle occorrenze, Bonaccini ne conta 132. Ci si accorge poi che il suo account è stato citato 103 volte. Se si guarda ai collocati di “Bonaccini” l’orizzonte è popolato da segnali lessicali tipici della spettacolarizzazione del dibattito, e dunque di quel contesto comunicativo. Emergono però, con meno forza, anche segnali che fanno riferimento ai temi e ad atteggiamenti valutativi; tra questi, dal punto di vista quantitativo, campeggiano “sanità”, “preparato”, e “serio”. Per ultimo, su questo punto, i cluster più frequenti, “Bonaccini è” e “Bonaccini ha”, se osservati nei loro contesti di inserzione, dicono di un candidato a cui vengono attribuite perlopiù qualità (accidentali o “permanenti”) positive.
Borgonzoni conta 198 occorrenze. Il suo account è stato citato 33 volte. Il nome refusato, Bergonzoni, conta 30 occorrenze. La lista dei collocati riproduce la situazione osservata con Bonaccini, sul piano tematico (con “sanità” come segnale preminente), mentre per quel che riguarda gli atteggiamenti valutativi, il segnale lessicale che predomina è “preparazione”. Se si stringe l’obiettivo  su questo punto, e ci si volge ai cluster, si osserva che il più frequente è “Borgonzoni non”; visto nei vari contesti di inserzione, restituisce un quadro perlopiù critico, seppur con eccezioni rilevanti, nei confronti della candidata (i.e. una disgiunzione, enunciata, tra il soggetto e una serie di attributi).  
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andreapicciuolo · 6 years ago
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andreapicciuolo · 6 years ago
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andreapicciuolo · 6 years ago
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andreapicciuolo · 6 years ago
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andreapicciuolo · 6 years ago
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Caro leader. Su una recente “corrispondenza” politico-istituzionale
Il 15 agosto scorso un noto social media è stato il teatro di una “corrispondenza” tra il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Interno. L’ennesimo dimostrazione che la distinzione tra comunicazione istituzionale e politica, per chi si occupa dei fenomeni espressivi e di analisi delle ricezioni (di questi fenomeni), per essere effettuale deve spostarsi dalla mera constatazione del mittente (che marcherebbe, secondo una logica autoriale, il genere del messaggio) alla descrizione puntuale dei testi (secondo una logica, stavolta, strutturale). In questo senso, istituzionale e politico sono due modalità espressive, due risorse comunicative da usare a seconda degli effetti di realtà da produrre (almeno nelle intenzioni degli autori).
Su Facebook, il proprietario della pagina fan del Presidente del Consiglio ha pubblicato, dal 1/1/2019 a metà agosto, 577 post (con un picco massimo di 10 post in un giorno). Al momento dell’osservazione, quei post avevano generato (circa) 4.416.00 like, 820.000 commenti, 5.027.000 reazioni, 1.236.000 condivisioni.
L’unico post pubblicato il 15/08 (la “lettera”, in formato fototestuale) ha generato 254.000 like, 73.239 commenti, 283.000 reazioni, e 129.000 condivisioni.  Ha l’engagement più alto dell’arco considerato. In ordine di interazioni prodotte, seguono la diretta da Palazzo Chigi dell’8 agosto, e poi, a sottolineare l’importanza corrente della dimensione pop nella comunicazione “politica”, un post a tema gastronomico (con a oggetto una pizza da lui preparata).
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Sulla pagina fan del ministro dell’Interno, si contano, nello stesso arco temporale, 854 post (con un picco massimo di 20 post pubblicati in un solo giorno [il 10 agosto]). Al momento dell’osservazione, quei post avevano generato 14.939.000 like. 18.316.000 reazioni. 6.266.000 commenti. 2.518.000 condivisioni.
Il post del 15 agosto in risposta alla “lettera” del Presidente è uno dei 16 di giornata. In quel giorno, la pagina genera 424.337 like, 496.541 reazioni, 156.821 reazioni, e 65.201 condivisioni. Quel post raccoglie 91.935 like, 36.522 commenti, 105.434 reazioni, e 19.754 condivisioni. Ha dunque il tasso di engagement più alto della giornata, e di gran lunga, e l’ottavo del periodo oggetto di osservazione.
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Se si osserva ciò che è accaduto su Twitter, si rileva che quel giorno l’account del Presidente non ha rilanciato la lettera. Il 15, l’account non ha per nulla twittato. Nell’arco considerato, si contano invece 228 tweet, che hanno generato quasi 375.000 like, più di 87.000 rt’s, e quasi 43.000 repliche. Non si nota l’uso di hashtag caratterizzanti. Il maggior numero di like (7.725) spetta a un post con un video accluso: si tratta di un minuto di partita a biliardo con l’ex primo ministro inglese. Lo stesso post ha generato anche il maggior numero di rt’s, 2.166. Fa ancora capolino la dimensione pop, dunque. Le parole non grammaticali più frequenti nei post danno (potenzialmente) conto di una modalità espressiva di tipo “istituzionale” (ma ciò andrebbe ovviamente verificato con un’analisi puntuale): governo, Italia, Paese.
L’account del ministro dell’Interno ha invece pubblicato, nel periodo oggetto di osservazione, 5.579 tweet. Quei post hanno generato 9.974.000 i like, 1.901.000 i rt’s, e 1.725.000 repliche.
Si nota qui l’uso di hashtag caratterizzanti. Nell’immagine che segue si possono adocchiare i più frequenti. L’uso costante di un hashtag auto-riferito marca un tentativo pervasivo di monitorare e dirottare la conversazione che ha se stesso come oggetto.
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Il 15, l’account pubblica 25 tweet, che generano 73.776 like, 15.711 rt’s, e 18.621 repliche. Il tweet in oggetto è il settimo in ordine di like raccolti (3.721), il terzo in quanto a rt’s (1.084), il quarto in quanto a repliche (1.531).
Le parole non grammaticali più frequenti nei post sono molto interessanti (anche in questo caso, potenzialmente), e danno conto di due aspetti che modulano la prassi espressiva del Ministro, la funzione comunicativa perlopiù fatica di molti elementi di struttura, e la modalità enunciativa “politica” (marcata anche dal costante auto-riferimento, quel farsi metro di ciò che accade, che ha anche una funzione narrativa capitale): Salvini, Italia, italiani, amici, grazie.
Palmieri, nel suo Internet e comunicazione politica, ha paragonato Facebook al gazebo in piazza e Twitter a un incrocio tra ufficio stampa, agenzia di pubbliche relazioni e ufficio studi. In queste poche righe, appare già il differente movimento di due attori ugualmente istituzionali (seppur con differenze pregnanti) di fronte a questo ambiente informativo e comunicativo che si dice disintermediato, ma che è allo stesso tempo plasmato da una conversazione permanente generata a ben vedere da una doppia reintermediazione, delle piattaforme e dei legacy media: al primo livello si collocano le costrizioni “immediate” delle piattaforme con cui gli attori devono fare i conti; il portato del primo livello agisce poi a un secondo livello, nella duplice attività di priming e di framing, verso i legacy media “responsabili” della selezione dei contenuti.
La differenza di efficacia tra i due account è, da questo punto di vista, patente, ma se visti in ottica di framing, i recenti eventi danno al Presidente un ruolo inedito. Per la prima volta da qualche tempo a questa parte, il Ministro si trova a confrontarsi con un agonista (Opponente) dialetticamente poco conforme alla sua narrazione classica. Finisce così per ritrovarsi lui nella condizione non di Eroe, ma di Opponente. È soltanto un germe, destinato probabilmente a restare tale, ma che serba per ora la sua potenza simbolica. Vista in questa prospettiva, la “lettera” dà ricetto a molte linee di attacco; certo non è al momento semplice immaginare come far germogliare quel capitale semantico, e soprattutto chi potrebbe farsene interprete. A certe condizioni, gli (ex?) alleati del Ministro potrebbero trarne vantaggio, al termine (?) di una lunga stagione in cui si sono visti ancorare narrativamente a un ruolo ancillare, privi di un Opponente credibile (o temibile), o almeno meno credibile e temibile di quelli quotidianamente, e oculatamente (in vista di un “guadagno” tangibile), “sfidati” dal Ministro. Questa nuova possibilità, tra le altre, gli si para ora dinanzi, sempre che i Nostri non vengano subitaneamente subordinati al frame dei “responsabili”.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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È apparso alla Madonna, il politico (2): tra vittimismo e salvazione
Un complemento domenicale della nota pubblicata qui. Qualche briciola di audience intelligence e frame analysis per provare a comprendere il senso delle recenti apparizioni mistiche nell’arena della politica.
Rispetto alla prima nota, qui si osservano i soli tweet del ministro e si prende come arco temporale di riferimento il periodo che va dal 1 gennaio 2019 alla metà di agosto. In questo arco, si tengono in conto, rispetto alla prima nota, anche i tweet in cui la menzione mistica (nelle sue diverse manifestazioni linguistiche e iconiche) non è diretta (il che avviene in rari casi, come si è visto), ma obliqua (i.e. il focus è un altro e quell’elemento compare nel messaggio come elemento accessorio). Il fatto desta qualche interesse, in quanto si è osservata una accelerazione di questa dinamica negli ultimi giorni, con la comparsa di un nuovo Opponente.
Il fenomeno è ben esemplificato da due tweet. Il primo è del 6 agosto, la menzione è obliqua al quadrato se possibile, manifestata in forma iconica. Il testo del messaggio recita: Per fortuna ogni
cattolico, come ogni italiano, ragiona con la sua testa. Buonanotte Amici e grazie per tutti i vostri messaggi di affetto ❤️
Al momento dell’osservazione, il tweet aveva generato 3.001 like, 474 rt’s, e (soprattutto) 1032 risposte.
L’altro tweet è del giorno seguente, il 7 agosto. È in realtà un mini-thread, questo:
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I numeri generati si possono apprezzare nell’immagine. Questo thread si colloca già in un altro dominio, o meglio è a cavaliere tra due domini, le menzioni mistiche (dirette o oblique) e le dichiarazioni palesi dirette al mondo cattolico e in particolare alle sue gerarchie.
Su quest’ultimo punto, infatti, se si dà una scorsa seppur rapida all’archivio di cui si diceva, appaiono alcuni tweet (pochi ma pertinenti) in cui la dialettica con quel mondo è ben esemplificata, e in cui compaiono alcuni elementi capitali del frame che regge, in parte, quella dialettica (nelle intenzioni del ministro almeno [qui si discute ovviamente dell’intentio operis].
Se si usa “cattolici” come parola-chiave, l’archivio restituisce 6 tweet, tutti datati da maggio (2019) in poi. La prassi discorsiva del ministro è incentrata su un elemento narrativo nodale: si prova a costituire un distinguo tra cattolici (nominati) e gerarchie (a volte taciute, a volte convocate metonimicamente con la selezione di un solo “esemplare”). La sequenza chiave qui è [i cattolici pensano] “con la loro testa”. Anche qui vige la solita contrapposizione tra opinion leader e italiani. Serve però una contrapposizione “attuale” per dare la stura alla conversazione. Se l’opponente non c’è (o è latente) e la contrapposizione resta sul solo piano tematico, l’engagement resta sotto la media annuale. Quando invece l’Opponente è attuale, il discorso cambia; lo si è visto negli ultimi tempi con l’apparizione del “vescovo”.
Si noti, nel periodo considerato si contano 5.580 tweet, che generano 9.774.674 like (1.752 per post), 1.901.142 rt’s (circa 341 per post), 1.725.208 risposte (circa 309 per post). La contrapposizione “attuale” paga in termini di like e repliche, ma è soprattutto la sua funzione nel processo di framing (e dunque della costituzione della personalità semiotica dell’agente e dei suoi “opponenti” e del programma narrativo degli uni e degli altri) che riposa la sua “efficacia” nella costruzione del viaggio dell’“eroe” (almeno fino a che gli opponenti non en papier terranno la condotta che tengono).
Come si accennava nella prima nota, quegli elementi (mistici) si inquadrano, con altri, in un frame della salvazione che regge, come si dice, alcuni programmi narrativi, appunto, subordinati. Tra questi un racconto vittimista, ben adiuvato dalla prassi discorsiva di alcuni  Opponenti, su cui il Nostro fa ben leva. Il racconto è modulato con uno stile a tratti canzonatorio e a tratti auto-ironico.
Se si tenta un esperimento e si usa la chiave “colpa”, l’archivio restituisce 44 tweet. In 16 di questi, compare l’hashtag #colpadisalvini. Si tratta di una sorta di mini-rassegna stampa, con protagonisti che vanno dai soliti artisti (d’altronde il cinema ha bisogno dei suoi interpreti), a temi legati alla sicurezza, a dichiarazioni “contro” la stampa e gli avversari rei di avanzare critiche pretestuose o (nella versione iperbolica) di dispiegare atteggiamenti”persecutori”.
Il “colpa di” diventa addirittura un gioco (o, almeno, si è tentato di farlo diventare un gioco), con la creazione di uno stock di meme.
Quei 16 tweet hanno generato 21.691 like (1.355 per post), 4.427 rt’s (276 per post), 5.659 repliche (353 per post). Si è quindi sotto la media “annuale” per post; il gioco pare essere stato infatti accantonato, ma la narrazione, tattica, vittimista persiste e persistono con essa i tratti figurativi dell’auto-ironia con cui è attualmente perlopiù modulata.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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Comunicazione liquida. Ancora su politica pop e diversione
Ieri, in una breve nota, si è dato conto all’ingrosso, nella prospettiva della frame analysis e dell’audience intelligence, di un caso recente di comunicazione politica che ha avuto una qualche eco. Tra le altre cose, si sottolineavano gli effetti di fatto diversivi di determinati comportamenti dei politici più attenti, per dir così, alle dinamiche della politica mediatizzata e alle “costrizioni” delle nuove piattaforme sociali. In queste poche righe, ci si limita a segnalare, a mo’ di prolungamento, un altro caso di attualità, diverso da quello indagato ieri, ma comunque degno di nota nell’orizzonte appena descritto. Si tratta di un’invettiva lanciata verso l’attuale ministro dell’Interno (l’indiscusso protagonista della saga di cui qui si narra). Il Nostro, come spesso gli capita, ha menzionato il fatto sulla sua pagina Facebook, “offrendolo”, commentato con la classica didascalia (importantissima nello schema di cui è qui il caso), ai suoi lettori. Al momento dell’osservazione, questi erano i risultati in termini di interazioni: il 12/08 il proprietario della pagina pubblica 11 post che generano 199.312 like, 259.728 reazioni, 152.454 commenti, 32.999 condivisioni. Il post che ci interessa è quello che genera più commenti, 34.140, ed è quello con l’engagement più alto della giornata. Si badi: la media di commenti per post degli ultimi 12 mesi circa sulla pagina del ministro è di 6.200. Si può così apprezzare l’interesse generato da simili operazioni. Dato il target, il pubblico si diletta a esercitare su di esso la sua attività ludico-cognitiva, aderendo alla struttura formale del messaggio del proprietario della pagina. “Chi è?”, “chi è questo”, “x [ndr: l’artista] sei y/z”, alcune dei micro-sintagmi più frequenti nei commenti.
Tra i 25 commenti che hanno ricevuto più like, però, si insinua anche qualcuno che prova a fare un po’ di guerriglia semiologica (i.e. agire comunicativamente lì dove il “messaggio” viene interpretato, per dirottarne il “senso”), spostando innanzitutto il bersaglio dall’artista al ministro, e manifestando un frame della delusione (potenzialmente propedeutico al frame del tradimento). Poca roba certo, ma degna di nota, perché evidenzia un tipo di incursione sulla pagina fan del ministro espressivamente (e tatticamente) diversa rispetto a quelle comuni, che si smarca cioè dall’urlato “confronto” partigiano (un agire che invece rinsalderebbe l’efficacia degli effetti diversivi di cui si diceva e che, in maniera sorprendente, ma non così tanto come si vedrà, era stato azzoppato dallo stesso gestore della pagina con la procedura descritta qui.
Accanto al già lodevole (dal punto di vista strategico) effetto diversivo, si accennava ieri anche alla funzione narrativa che, con sfumature non di poco conto che differenziano i “messaggi” di questo genere, marca questo tipo di realizzazioni testuali: fanno strutturalmente da perno a una narrazione vittimista che è a sua volta incardinata, a un livello superiore di astrazione, in un frame della salvazione. L’eroe del racconto ha poi in casi come questo l’enorme vantaggio di scegliersi i propri “nemici” e vedere così accresciute le sue “competenze” da eroe o, per dirla in modo ancora più dozzinale, i suoi “poteri”. Che questo eroe sia poi percepito come eroe negativo nulla cambia, resta l’eroe.
Chi scrive ha più volte confessato all’agente mobile che legge queste dichiarazioni diaristiche di trovare oltre modo esagerata l’attribuzione di iperbolici epiteti faunistici a meri sistemi meccanici di rilevazione di items “lessicali” o di riconoscimento di tracce foniche e, o, grafiche. Sono dotazioni necessarie, ma propedeutiche all’analisi strategica (in questo caso “semantica”), e non vanno confuse con l’altrettanto necessario, e dirimente, lavoro interpretativo di osservazione e analisi. In questa prospettiva, quei sistemi, se messi alla prova, risultano delle tigri di carta.
Si ponga infine attenzione a un ultimo indizio, orientato al dato, per appezzare gli effetti diversivi del semplice quanto efficace meccanismo qui descritto. Su Twitter, dal 5 all’11 agosto (quindi fino al giorno che precede il post in oggetto), sono 123 i tweet in cui compare la stessa invettiva usata dall’artista. Questi tweet generano complessivamente 1.740 like e 379 rt’s. La stessa sequenza dell’invettiva è usata anche come hashtag; questo, sempre nell’arco di tempo considerato, compare in 214 tweet, che generano 592 like e 182 rt’s. L’arrivo, però, dell’user da (al momento) 495 mila e passa follower, spinge a cospargere le deiezioni con qualche lettera e il meccanismo descritto in parte qui fa sì che ci si inizi a ballare sopra la ridda (molto pericolosamente, data la consistenza della “base”) generando condivisioni,  menzioni nei blog, grida delle news online, e l’engagement che abbiamo visto. Questo post di Pier Luca Santoro (che ha ispirato queste righe) riassume la vicenda; la virality map acclusa dà supporto empirico a quanto appena descritto.
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andreapicciuolo · 6 years ago
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