il lunghissimo tragitto da dietro una quinta a davanti al sipario
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C'è na battuta famosa che recita:
Due attori si incontrano e l'uno dice all'altro "ma pure tu fai l'attore! Ma dai anche io!.. E tu in che ristorante lavori?"
John Belushi diceva "se sei veramente bravo a fare qualcosa i soldi ti vengono a cercare"
E niente, si possono citare migliaia di aneddoti sulla questione ma il cardine è che in sto lavoro ce stanno pochi soldi (anzi briciole) e una marea di persone.
Ma vi dirò la verità... È un pò un riflesso della realtà, un incomprensione sul mondo artistico da parte del mondo hobbistico.
Si perché le arti chiaramente non sono esclusiva dei professionisti del settore (per fortuna) e sono ampiamente praticate per piacere o svago.
Il problema sta nella bravura.
Da qualche parte in questo ci si è convinti di cose che a parer mie non sono vere.
1-che per diventare veramente bravo ne devi fare la tua professione
2-che più sei bravo più lavori
3-che più sei bravo più sei utile
Ora non mi perderò in discorsi dispersi sull'importanza delle arti nella società o di "quanti artisti c'è veramente bisogno", o ancora se c'è spazio e soldi per tutti.
Prossimi post.
Oggi voglio solo dire che il mondo del lavoro è legato a fornire un prodotto o servizio.
E che anche il più astratto e indipendente anticonformista degli artisti lo fa, rende un servizio (che sia esso etico, morale, terapeutico, politico, ecc ecc.)
E il concetto di bravura è estremamente soggettivo in questo ambiente.
Si può essere bravi tecnicamente, avere un buon trasporto, essere convincenti, efficenti nel passare un messaggio, originali, comprensibili... Insomma un mare di modi diversi e campi diversi in cui essere bravo nella stessa cosa.
Diciamo che la caratteristica principale che bisogna possedere per riuscire a lavorare in questo ambiente e saper rispondere e coprire una necessità.
Così si trova una strada, così si capisce in cosa si è bravi.
Esiste un modo, un posto e un metodo nella quale ad ogni livello si è sempre competenti.
Da li il difficile diventa poi comunicare questi aspetti, farsi scegliere e trovarele possibilità.
Ma per quello bisogna solo tenere duro.
Nel frattempo non si lavora male al ristorante.
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Il concetto di ispirazione è probabilmente esasperato; ma con il senno del poi è la base del nostro mestiere.
Senza entrare nel merito delle arti è la base di quasi tutti i mestieri, se non hai una tua visione o un tuo motivo, anche le azioni più semplici alla lunga necessitano di un significato.
Nelle carriere artistiche o artigianali però è una tematica più sentita, probabilmente perché il significato e una buona fetta del prodotto finale.
Non ci deve essere a priori, magari non deve essere per forza chiaro a chi lo produce;ma un significato prima o poi salterà fuori.
Quindi al fine do avere dei sognificati produttivi e positivi, vi è solo un modo di coltivarli.
Vivere molto
Che sia leggendo, studiando, viaggiando, facendo esperienze o in altresì maniera, per essere ispirati bisogna vivere molto a fondo quello che si fà.
Bisogna respirare i momenti per capirli abbastanza a fondo da riceverne un intuizione.

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Tra i miei amori più strani e antichi c'è il Balisong.
Per chi non sapesse cos'è, si tratta di una estensione artistica del Kali Filippino, nata all'inizio del 20 esimo secolo.
Il coltello a farfalla invece, parrebe essere un' invenzione franco/genovese del 1700.
Il Balisong, nato arte marziale, diventa poi nel tempo un arte di abilità, dove il coltello non si adopera più come tale, ma bensì si sfrutta la particolare forma e peso dell'oggeto per eseguire evoluzioni.
E oggi scrivo questo post perchè dopo 3 tentativi di caricamento su un social, continuavo ad essere bloccato per atti pericolosi.
Tralasciando l'assurdità che mi vengano imputati "atti pericolosi" per un coltello visibilmente finto e senza lama, penso che questo evento sia anche frutto di una cattiva digestione della società delle arti marziali.
Pratico arti marziali fin da molto giovane, e nel corso degli anni mi sono trovato a ricevere domande tipo: "ma allora spacchi i mattoni a pugni?" o "quante persone riesci a sconfiggere a pugni contemporaneamente?" o ancora come "riusciresti a disarmare uno con una pistola o un coltello?"
Nessuno che chieda mai come ci si sente, se è divertente, se ti fa stare bene, o che effetti abbia sul corpo e sulla mente.
In oltre è lapalissiano che sia stato l'aspetto artistico a rendere così "famose" le arti marziali in occidente e in italia, poichè tutti conoscono i film di Bruce Lee, Karatè Kid e Jakie Chan, mentre sono una minoranza i nomi di Atleti marziali che conosciamo.
Per l'aspetto atletico la nostra cultura tende a fare più facilmente riferimento a campioni di arti occidentali o nate in occidente, come la Box, la lotta libera, l'MMA.
Quindi, perchè continuare a demonizzare culturalmente l'arte marziale come "atto violento" quando è ormai palese che di violento è rimasto solo il retaggio.
Da praticante lascio una perla che mi porto dietro da anni di pratica, amatoriale poichè non sono un atleta.
"Dopo anni in palestre a fare proiezioni, schivare, tirare pugni e utilizzare armi bianche sono quasi certo di non sapermi difendere se non in particolari specifiche condizioni, e accompagnato da un pò di fortuna.
Ma più pratico meno mi arrabbio per le cose stupide, più trovo gioa nello scherzare con gli amici e la mia cameretta non è mai stata così in ordine."
Al prossimo capitolo.
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Tra i giocolieri la parola "autistico" è un complimento.
Non mi soffermerò sulle possibili implicazioni etiche o se sia giusto utilizzare il nome di una sindrome per dello Slang o dell'umorismo.
Non sono aspetti della questione che trovo particolamente interessanti in questo preciso momento.
Piuttosto trovo interessante pensare che in altresì luoghi verrebbe preso come insulto (e magari usarlo come insultò sì, quello non è proprio carino)
In questo ambiente invece, tra i praticanti, è comunemente usato come apprezzamento di altissimo livello.
Il riferimento, la connessione, probabilmente deriva dall'immagine post "Rain man" che con le sue doti incredibili portate dalla sindrome, ha portato un' immagine del tutto nuova nella società delle persone affette da essa.
Il complimento tendenzialmente si rivolge alla bravura della persona, sopra la media, ma non solo.
Si rifà alla capacità dell'individuo di astrarsi totalmente dalla realtà circostante, in una sorta di parziale dissociazione, a beneficio della pratica, portando il massimo dell'attenzione sulle peculiarità più piccole.
Tendenzialmente si da dell'"autistico" a chi sviluppa minuzie o dettagli particolamente specifici all'interno di una azione di per sè già complessa; e glie lo si dà facendo riferimento all'ipotetico tempo passato per evolvere tali abilità e allo status di dissociazione dalla realtà probabilmente raggiunto durante la pratica.
Quasi sicuramente quello che ho scritto infastidirà qualcuno, parrà ovvio a qualcun altro, e non desterà alcun interesse in altre persone.
Ma a me piace pensare che ciò che facciamo condiziona il nostro linguaggio, ci porta alla ricerca di nuovi vocaboli o metafore, e in qual certo senso dà valori diversi a parole che già abbiamo.
Personalmente sono contento che in certi settori della società, alcune sindromi siano accostate a nuovi significati positivi; tanto da diventare complimenti.
ah, e nella foto sono piccolo ed ho i brufoli.
al prossimo capito.
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Dato che mo è finito il festival di Sanremo, mi trattengo ancora un capitolo sulla musica.
Così per dare l'idea di stare al passo con l'attualità.
Ma anche per dare una lettura diversa e meno amara della mia breve fase "musicista".
Si, perchè a dire il vero, quel sogno durato una vita intera, dai 5 ai 18 anni circa, non ha solo sbattuto contro l'inpossibilità e l'incapacità di fare successo.
Si è trasformato.
Perchè quando sei piccolo e sogni di fare qualcosa, tendenzialmente lo accosti ad una sensazione positiva che hai mentre pratichi o immagini di praticare quel mestiere.
Ergo a me piaceva suonare, non tanto tutto il resto.
Mi piaceva studiare, esercitarmi, fare le prove e andare a lezione.
Crescendo poi, spesso nasce quell'orrida pulce generata dal nostro mondo capitalistico che è la necessità di essere bravi.
Entro poco diventa più "bravi di qualcun altro" e in men che non si dica esiste un'ipotetica linea, un livello, sotto alla quale non merita neanche provarci.
Quindi o sei un talento, o devi dedicarci tantissimo tempo, e se quel tempo non ce l'hai, devi fare il musicista di lavoro, così non ti devi dedicare a nient'altro.
Ma se lo fai di lavoro devi competere e quindi devi dedicare anche il tempo fuori dal lavoro in modo da poter lavorare di più.
In quest'ottica, la musica, ma in generale l'arte, si sottopone ad una selezione "malsana" dal mio punto di vista.
O ne sei ossessionato, o non meriti il tuo posto.
Chiaramente un pò estremizzo, ma la verità è che su i giovani si fa questo tipo di pressione estremizzata; anche involontariamente.
Molto semplice: al piccolo Giacomino gli fai sentire il brano del vistuosista, gli chiedi se gli piace, se sogna di diventare cosi... e poi lo stronchi dicendogli "eh ma per suonare così ti devi esercitare 8 ore al giorno tutti i giorni, weekend inclusi" e se giacomino ti dice "altrimenti?" invece di sottoporlo ad altra arte, magari amatoriale, o non basata sulla complessità virtuosistica, gli dici "altrimenti niente".
Quindi nella mente del piccolo Giacomino nel passare degli anni si consolida l'idea che per i prossimi 75 anni (perchè da musicista non vai praticamente mai in pensione) suonerà 8 h al giorno e non si farà mai un weekend perchè gli piace suonare.
O quello o niente.
Con il passare degli anni l'idea si consolida per partito preso, perchè lo devi pure fare da giovane perchè "da giovani è più facile" e "sennò non lo fai più".
Ma grazie a dio esiste la crisi adolescenziale, che in quel tripudio di brufoli, pulsioni sessuali e cose che diventano pelose cambia anche la tua mentalità.
E a me piaceva suonare, piaceva avere un gruppo e dedicargli 30 ore alla settimana dopo la scuola dell'obbligo più le lezioni di musica.
Quello che non mi piaceva erano i concerti. tanta preparazione per poi correre, montare, smontare, fare i pezzi della scaletta, essere degli esecutori e basta.
Se devo dare la mia vita intera a qualcosa voglio almeno poter dire la mia, anche perchè per chi sta leggendo in questo momento sarà chiarissimo: Io amo dire la mia.
Fosse per me non smetterei mai di dire la mia
Logorrea nel midollo a parte, mi piaceva tutto tranne il risultato finale.
Divertente, 2 ore di adrenalina, poi una birretta e tutti a casa, ma non mi dava in dietro ciò che sentivo di spendere.
Ora suono ancora, per piacere, e qualche volta sul palcoscenico, ma le cose sono cambiate.
La complessità e la bravura non sono più tra le mie preoccupazioni, il centro è il risultato.
Divertire, dare un'emozione... e si, dire la mia!
Suono di meno, mi divertò di più e mi piace il risultato finale.
Visto Giacomino? c'è un altra strada.
Non devi essere per forza bravo, devi essere felice.
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Dato che in questi giorni dal piano di sotto di casa mia sale un sottofondo di Sanremo vitanaturaldurante, facciamoci prendere dalla nostalgia un'altra volta.
Sta sera vi parlo di quella meravigliosa parentesi adolescenziale che colpisce ogni millenials abitante in un paese della Nato tra i 12 e i 18 anni; la RockBand
Si perchè io, come tanti altri ragazzi della mia epoca, verso i 12anni ho cominciato a suonare uno strumento da band, ascoltare Classic Rock e Metal, ed ho cominciato a comportarmi e atteggiarmi come se fossero movimenti culturali attuali.
Il classico hippie degli anni 2010, frutto della nostalgia anni 70'/80' della generazione che ci ha cresciuto.
Poco male: festival, motorini, concerti, capelli lunghi, vestiti strani, manifestazioni, centri sociali e tutto il pacchetto premium.
Il centro di tutto ciò tuttavia era sempre la musica, l'idea di una carriera strepitosa, l'idea di riuscire a racchiudere tutto il proprio talento e la propria espressività, le proprie idee sul mondo in una canzone o al limite in un album.
Riconnesso probabilmente alla voglia di riscatto sociale e soddisfazione, accettazione e appartenenza... e perchè no, successo.
"Io sono fatto così, noi siamo fatti così, non ci vogliamo uniformare, ed è tutto così figo che ci facciamo le canzoni sopra e viviamo di quello grazie ad altra gente che è d'accordo con noi"
Poi però, paga affitto,lezioni, trasferte, studio di registrazione e quant'altro e non ti rimangono i soldi per comprarti i dischi, quindi quelli che la pensano come te e dovrebbero sovvenzionarti comprandoli, stanno nella tua stessa situazione ed il sistema ha fallito.
Non è più l'epoca delle rock star, poco a poco lo si capiva, ed uno ad uno i tuoi 200 amici coetanei musicisti,li vedevi mollare.
i primi 50 ti sembravano traditori, i secondi pensavi che avevano fatto una scelta diversa, nei terzi c'eri tu, e i quarti li pensi dei convintoni che continueranno a sbattere la testa contro al muro del suono senza romperlo mai.
Poi quel meraviglioso periodo in cui ogni ragazzino sotto i 20anni con problemi sociali, nessuna voglia di risolverli ed un Autotune in mano faceva dei soldi che tu non ti eri mai neanche immaginato con canzoni dalle proprietà linguistiche pari a quelle della voce dei primi gps degli anni 90, e la musicalità di un campanello d'igresso dei supermercati.
Ma disillusioni a parte, suonare era fantastico, le amicizie sono rimaste, ed ora la sera al posto di candy crush ho l'opzione di passare il mio tempo a giocare con un oggetto più soddisfacente.
Ma tornando a Sanremo penso che mi sono sbagliato. Si le Rock Star hanno ancora il loro posto nella società.
L'anno scorso dei ragazzi di 20anni, ancora coinvolti da quel movimento pre adolescienziale, sia per bravura, per fortuna o chissà che altro ce l'hanno fatta.
E mi viene da pensare " e bravi ragazzi, che non eravate nei primi 50, ne nei secondi, ne nei terzi... siete rimasti fino all'ultimo e quel muro lo avete spaccato" Ma non invidioso, contento e soddisfato di potermi sbagliare.
Grandi Maneskin, fate le RockStar ventenni anche per noi
Al prossimo capitolo.
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Se vi immaginate le vecchie carovane di attori che si muovono in calesse tra un palcoscenico e l'altro potete scendere verso la realtà dalle nuvolette.
Tempo trascorso in accademia a parte, la maggior parte del mio lavoro è così; tra riunioni, telefonate, video e compilazioni di moduli.
Non è che la sala manchi, tra prove, costruzione e allenamento, ma immaginarsi quante ore volino in organizzazione e burocrazia è difficile.
La cosa più comoda è delegare, ma per quello ci vogliono i dindi.
Oggi riunione per la scelta della Cooperative artisti, per info a riguardo potete chiedere liberamente.
Al prossimo capitolo.
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Salto avanti e in dietro nella storia, perchè l'ordine cronologio l'ho sempre trovato noioso.
e improvvisamente siamo nel 2022, sul baratro della disperazione di ogni emergente.
Che si parli di ristorazione, apertura di negozio, o qualsiasi attività del settore terziario... Welcome in to the Jungle.
Ma prima di imbracciare le armi e avviare una rivoluzione armata post pandemica, rilassiamo la nostra mente con la fastidiosa consapevolezza che l'equilibrio è un concetto dinamico.
Si perchè è ovvio quando cammini sul filo o fai giochi di equilibrismo, ma poi quando camminiamo nel mondo trasferendo il nostro peso da un piede all'altro, facciamo finta di dimenticarcelo.
Facciamo i "fighi" e facciamo finta di non sentire quanti piccoli vuoti di percezione, quanti cedimenti, quante micro perdite di equilibrio, e quante volte inciampiamo.
Stare eretti, è già di persè un miracolo Darwiniano, non c'è bisogno di farlo sembrare semplice.
Quindi metafore a parte, ho investito la mia intera esistenza e quasi tutti i miei risparmi alla formazione per un settore lavorativo per la quale non ci sono più posti, tutele e speranze.
Poco male, ma dal disegno di tutte queste cicatrici, deve uscirne una cartina utile e comprensibile, le lezioni sono state molte, ignorarle sarebbe controproducente.
Da qui si comincia una nuova era per me, ho terminato il mio primo quarto di secolo. da ora camminare dritto e spedito, ma togliendo il paraocchi. Parola d'ordine, DIFFERENZIARE.
Perchè nella vita si sbaglia e si perde, ma sbagli e perdite non devono essere fatali, non ce lo si può permettere.
In ogni ambiente lavorativo o di formazione troverai qualcuno che cercherà di convincerti che solo con il 100% di te stesso, concentrato come un fascio laser verso un unico obbiettivo, riuscirai nei tuoi intenti. In molti ambienti c'è il mito che quelli forti sono quelli che "fanno solo quello", e perseguono quell'obbiettivo con cieca fede e dedizione.
Questa è un ottima macchina di pensiero che crea talenti e accademismi, ma schiaccia le persone che non sono in grado (o non gli interessa) di competere.
E quindi niente, discorso di inizio anno melenso e lezioni di vita a parte, quest'anno non solo teatro, preparatevi al peggio.
sarò meno criptico nei prossimi capitoli, lo prometto.
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Ogni storia o racconto ha un incipit. il mio "tanto tempo fa" lo farei partire dai 14 anni, quando necessità economice e ammirazione per il mondo degli artisti di strada mi hanno portato sulla Giocoleria.
Già da prima "suonicchiavo" e avevo preso parte a recite scolastiche e saggi.
Ma il mio primo pubblico me lo presentò uno sfortunato ragazzo che per un pò fu ospite da noi.
Mi introdusse al mio primo palcoscenico pagato; il semaforo della gran madre a Torino.
Non passò molto che cominciai ad osarmi ad andare da solo, a cercare un gruppo di persone con cui allenarmi e migliorarmi, e da li a poco, feste di compleanno, palloncini e festività patronali.
Nella foto ne ho 17, dove assieme a qualche "compagno d'avventure" si festeggiava il compleanno di una bambina e si celebrava una delle nostre primissime uscite.
e da quel parcheggio di un pluriuso a Cuorgnè io, appena entrato nel giro, già mi stufavo di quel mondo; certo di aver trovato "un modo" ma non "il mio modo" di vivere.
Oggi prendo le palline in mano solo per gioco, quando capita, ma i dubbi che volteggiavano insieme a loro sono rimasti gli stessi.
avrò fatto na cazzata? erano comunque soldi!!!.. vabbè, è fatta, ci si vede al prossimo capitolo
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Diamo adito a questo risvolto nerd della mia ricerca di rivalsa sullo snervate e stressante mondo del teatro in italia; un blog di successi e insuccessi muovendo i primi passi per diventare un artista indipendente ed autosufficente!
Ce la farò? se si bene, altrimenti questo blog diventerà una splendida documentazione di un disastro espressivo-finanziaro, e quindi ci sarà comunque dell'arte drammatica.
21/01/2022, saliamo a bordo del Titanic in direzione Artide!
#speriamocheiomelacavo
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