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PERROS SUELTOS
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Giacomo Bruno is a self-taught, Italian photographer. He was born in Reggio Emilia, Italy on 5th January 1991. After finishing his scientific studies in high school, and later dropping university, he decided to dedicate himself to photography, in particular to industrial still life and commercial photography. He so became a professional photographer in 2010. It was clear, though, that his true vocation was traveling, deepening social issues and telling stories. He has traveled in many different countries such as Central and South America, North and South Africa, and Asia with India, Sri Lanka and China. His personal interests focus on Human beings, on their cultures, working traditions and religious vocations. He chooses to shoot posed portrait, yet spontaneous, aiming to enlighten the subject as well as his background and environment, as an equally important element to enhance the character and better tell a story.
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perrosuelto-blog · 7 years ago
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Penso non ci sia niente di più rappresentativo di un periodo storico e di un paese che un treno. Ecco perché amo moltissimo aspettarli nelle stazioni e salirci a bordo. Specialmente a Cuba dove gli incontri umani sono innumerevoli e autentici. Dove i posti a sedere non soddisfano mai l'affluenza di nessun mezzo pubblico. Dove gli orari di partenza e arrivo sono indicativi, da considerare con un'ora +o- di approssimazione. Tutti ammassati si cerca il proprio spazio nella carrozza, su un brandello di gommapiuma di una panca arrugginita per i più fortunati, altrimenti in piedi o seduti per terra davanti alle porte aperte tra una carrozza e l'altra. Una moltitudine unica che perde ogni carattere distintivo, e diventa immediatamente la gente, il popolo. Certo ognuno ha le sue caratteristiche, i suoi segni sul viso, il suo bracciale di questo o quel santo Yoruba, la sua nudità, la sua scollatura, il suo pantalone macchiato e una canottiera lisa e piena di buchi, ma su questi treni si perde il senso del tempo e dello spazio. Sì è tutti lì, allo stesso momento, nello stesso calore soffocante e i suoi odori pungenti, diretti verso la stessa destinazione. Tutti ugualmente frustrati per le ore di ritardo, tutti ugualmente consapevoli che una distanza di 27km diventerà un interminabile viaggio di 3ore. Tutti rassegnati alle risposte seccate e disinteressate del compañero statale di turno, che risponderà sempre alla tua domanda, che la risposta non è di sua competenza. Tutti rassegnati a viaggiare in una carrozza buia senza una sola lampadina, illuminata solamente e di quando in quando da qualche sporadico lampione sulla strada vicino ai binari. Tutto ciò si dipinge sui volti. Qualcuno impassibile guarda scorrere il panorama dal finestrino aperto della carrozza, in silenzio, affaticato dal calore della giornata, forse rimuginando, rassegnato alla certezza che ogni viaggio, giorno dopo giorno, non cambi mai. Qualcuno sdrammatizza in chiacchiere con il vicino recitando ormai come versi a memoria l'elenco di tutte le cose che non funzionano e non funzioneranno mai. Qualcuno ammazza il tempo fumando cigarillos criollos, col loro indistinguibile odore di fumo intenso di sigaretta economica e pregiudicante per la salute. Qualcuno cede alla tentazione dello strillone che passa per le carrozze vendendo maní, 1peso per una manciata di noccioline nel loro cono di carta bianca arrotolata. Cosí, di fermata in fermata, il treno va svuotandosi. Fino all'agognato arrivo a destinazione, ormai di sera inoltrata. Tutti ci si riversa caoticamente sulla banchina, pronti a fronteggiare la folla di taxisti agguerriti nella lotta ad accaparrarsi un cliente, prima di raggiungere finalmente casa.
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perrosuelto-blog · 7 years ago
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Continua la mia serie di fotografie e ritratti nei campi. Dopo tè e cannella in Sri Lanka, Dopo l'agave di Tequila in Messico, eccomi a Cuba, nella rossa terra della campagna di Pinar del Rio, dove è il tabacco il protagonista indiscusso. Qui però una piccola parentesi è valsa un momento di attenzione. Lui è Tomás, contadino. Lavora nella sua finca da tutta la vita. Mi esibisce con passione tutti gli strumenti di lavoro, ereditati da suo padre che a sua volta ereditò da genitori e nonni. Lamenta sorridente la mancanza di "recursos" cioé le risorse, venute a mancare dopo il crollo del socialismo in Russia nei primi anni 90. Da allora, dall'inizio del cosidetto periodo especial, senza più la Russia a provvedere per Cuba, sono iniziati i problemi e da quel momento in poi ci si è sempre dovuti arrangiare. "Basterebbe così poco per farci vivere molto meglio". Parla naturalmente dell'embargo che gli Stati Uniti ancora portano avanti con spietato accanimento. Arrangiarsi qui nei campi significa dunque soprattutto recuperare e aggiustare mille e infinite volte ogni strumento perché sopravviva senza bisogno di sostituirlo. È proprio qui il colpo di scena. Mi esibisce orgoglioso il suo motore per estrarre l'acqua dal pozzo d'irrigazione: "funziona ancora,è Italiano"! Eh sì, in quel pezzo di terra soleggiata circondata da foglie di tabacco a migliaia di km, c'è un vero pezzo di antiquariato e di vera reggianità. Il suo motore Lombardini è lì, nel suo campo,ancora capace di provvedere alle esigenze della sua terra.
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perrosuelto-blog · 7 years ago
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HOTEL Y RESTAURANTE ROMA. Ogni angolo della città rigurgita vita: maleodorante, sotto forma di spazzatura e calcinacci. La vita per le strade de La Habana è così. Ti fagocita. Ti urta, con le sue oscenità, le sue sboccataggini, i suoi eccessi. Ti casca addosso, travolge. Come i sottili vetri in frantumi delle finestre e certi soffitti sgretolati. Si vivacchia, e tra un domino e un rum ci si arrangia e ci si reinventa nei modi più sorprendenti per scucire un paio di pesos a qualche turista. Intanto, tempo, pioggia e sole si portano via l’intonaco dalle facciate. Le mattonelle che rivestono le ripide scalinate in marmo tutte sbeccate vanno in frantumi, e brandelli di legno marcito sdrucciolano da pesanti portoni intarsiati, sempre semi aperti sulla strada. Ma quello stesso tempo ingrato, in certi angoli di strada, sembra non essere mai passato. Palazzi in stile liberty, barocco, art Deco, ormai decadenti, trasudano ancora la maestosità del loro passato. I loro ingressi, animati dal rumoroso via vai di persone in continuo brulichio, sono finestre su un mondo senza e fuori dal tempo. É così, su calle Aguacate, che l’anima dell’antico splendore de l’Hotel Restaurante Roma, sopravvive al tempo, dal 1926. La gabbia aperta in ferro battuto del suo ascensore originale, continua implacabile a scalare i suoi 5 piani. Da oltre cinquant’anni però, il portiere non veste più completo e cravatta e non sono più facoltosi e selezionati clienti a salire verso le proprie camere. Gente comune abita ora il palazzo, che è stato ripartito e suddiviso in viviendas (abitazioni), per diventare a tutti gli effetti un altro condominio popular in uno dei tanti barrios de La Habana. Una laconica signora dall’aria affabile siede sempre all’ingresso. Bigodini in testa e infradito. Che siano nuovi avventori o consueti visitatori, basta un cenno per scrollarla dalla seggiola. Entra dopo di loro, trascinandosi, nel cigolante ascensore. Chiude la gabbia arrugginita e con sicuri e sapienti gesti automatici aziona il motore. Le funi iniziano a scorrere e insieme ai suoi passeggeri scompare dal piano terra. Dopo qualche minuto riappare la gabbia in discesa, e di nuovo, con aria annoiata, riprende posizione sulla sua seggiola nell’androne. Fino al prossimo avventore. Qualcuno entra e sale le scale senza rivolgerle nemmeno uno sguardo, e lei, impassibile, ricambia l’indifferenza. La lanterna adiacente, sempre accesa, crea un’atmosfera magnetica. Sotto la tettoia in ferro battuto e una piccola vetrata liberty, la pittoresca insegna cita ancora ROMA. Le bugìe in ferro che ancora sporgono fanno immaginare quando erano, chissà, i lumi a farla risplendere, insieme al mosaico sul pavimento d’ingresso in graniglia. Sembrano questi gli ultimi fregi rimasti a ricordare il passato di questo raffinato e suggestivo Hotel nel cuore de La Habana Vieja. Ma qualcosa di altrettanto magico è neonato ai piani alti del Roma. Il Capitolio si staglia su un panorama di tetti fatiscenti e fa da cornice a un’ampia terrazza che svetta sulla città. Un lungo bancone e una consolle improvvisata, diventano i nuovi protagonisti del Roma. É in questo solar, che un altro capitolo di storia senza precedenti ha inizio. Il panorama musicale di Cuba per ragioni prima politiche, poi soprattutto di risorse economiche e tecnologiche, non ha offerto terreno fertile per la musica alternativa. Tutt’ora ascoltare generi musicali diversi da quelli tradizionali è impresa ardua. Alain Medina Naranjo, alias DJ Alain Dark, nato e cresciuto nel Roma, è l’ideatore e proprietario di quello che ha battezzato Bar Roma, nonché primo e più in auge locale di musica elettronica de La Habana, che ospita a rotazione dj di fama internazionale. Il sole tramonta sulla città, e a suon di musica elettronica il panorama e le luci del Roma si fondono in una atmosfera unica. I fantasmi e le tracce di un passato nobile e illustre come quello che fu dell’Hotel Roma, convivono ora con il presente ambienti così intrisi di storia e nostalgia.
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perrosuelto-blog · 7 years ago
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Questo fine di settimana sono ospite di Dedé, nella sua Fazenda nella comunità di Beira do Río, nel pieno della foresta amazzonica. Un posto surreale, lontano da tutto e da tutti. Qui la mia presenza è l'attrattiva di oggi, mi osservano e probabilmente si chiedono come un italiano sia finito proprio qui. In effetti è una combinazione più unica che rara. Qui nella comunità si vive del fiume, ma soprattutto dell'Açaì. L'açaì è una bellissima palma che nasce e cresce solamente in Amazzonia. La leggenda narra di una comunità indigena che, prima dell'arrivo dei colonizzatori, vivendo una grave carestia, sì vedette costretta a sacrificare neonati e bambini per contenere l'aumento della popolazione. A Iaça, figlia del capo tribù Iataki, mandante dell'ordine di sacrificare i bambini, sarebbe toccata la stessa sorte. Itaki, disperato, pregava che la carestia finisse in tempo per risparmiare sua figlia. Una notte Iaça scomparve nel nulla. Fu ritrovata senza vita nella foresta il giorno dopo, sotto una palma, ad occhi aperti, rivolti al cielo e sorridente. In direzione dei suoi occhi brillavano le bacche violacee della palma. Il padre ordinò che quelle bacche fossero immediatamente raccolte. Si rivelarono da subito un sostento miracoloso, prelibato e ricco di nutrienti. La morte della figlia Iaça, il cui nome invertito battezzò la pianta Açaì, portò nella comunità una nuova fonte di vita e da quel momento l'ordine di sacrificare i bambini fu sospeso. Oggi l'açaì è noto a tutti come il tesoro dell'Amazzonia e il suo succo è vendutissimo in tutto il Brasile e in moltissimi altri paesi. Non esistono mezzi automatizzati per raccogliere le bacche. Bisogna salire sulla pianta, arrampicandosi con un legaccio ai piedi e un machete in bocca per ridiscendere con i caschi pieni di frutti. Qui nella comunità circondate da palme vivono le famiglie in modeste ma affascinanti cabañas. La vita scorre lenta, senza fronzoli e nella massima essenzialità. Appena arrivato a casa di Dedé, mi hanno accolto, insieme a una moltitudine di cani e galline, anche la moglie e i figli, Gabriel e Luisa. Per me, cittadino e schiavo della modernità, oggi è inimmaginabile vivere così. E ai cittadini schiavi della modernità viene un po' fatto di dire, ragazzi, ma chi ve lo fa fare? Magari con quel tocco di presunzione che discute la dignità di una vita così. Invece Gabriel e Luisa oggi mi hanno aperto gli occhi con la loro sincera gioiosità, simpatia ma soprattutto con la loro "sgaggezza". Li ho visti aiutare la madre in cucina, pulire il pesce e sistemare la tavola. Luisa, un frugoletto di 4 anni, sì arrampicava nel frigo, trovando e portando in tavola tutto quel che serviva. Mangiavano seduti composti ed educati il loro piatto, servito ognuno da sé. Una volta finito hanno portato via i piatti da lavare. Oltre al loro, il mio. Ho voluto fare loro una foto dalla rustica finestra della cucina da cui sbucavano. Entrambi curiosi e insoddisfatti della mia scarsa comprensione alle loro domande, sì sforzavano a occhiate e gesti per farmi capire, e alla fine son riusciti a farmi intendere che ero pure un po' sciocco io a non capirli. Ho appoggiato la macchina fotografica sul tavolo mentre passavo le foto al computer perché si rivedessero. Luisa seduta fianco a me, era molto interessata alla prospettiva nell'oculare della macchina fotografica, molto più che alla sua foto sullo schermo. Tutta adagiata sul tavolo, non ha messo una mano su nessuno dei miei oggetti,non il computer, non la macchina fotografica che pur osservava nel mirino come un scatola magica, senza però sfiorarla. L'ho richiamata perché si vedesse in foto. Sì è messa una mano sulla bocca in un misto tenerissimo di stupore e pudore. Rientrato molto dopo da una giornata di foto nei campi con loro padre Dedé, li ho trovati che giocavano a terra con le biglie di vetro colorate. Tirandole di rimbalzo contro il muro, con qualche strana regola che non sono riuscito a capire, nonostante abbiano tentato di spiegarmi. Sì divertivano davvero. Sono andato a fare una doccia, acqua gelata di pozzo. Niente shampoo e la saponetta è stato un altro tuffo nel passato. Una di quelle saponette dalla formula chimica e il profumo inconfondibile, che sostituisce anche il detersivo, uguale a quella che quando ero bambino, a casa di mia nonna, stava nella tinozza di cemento in garage. Quella obbligatoria prima di entrare in casa dopo aver giocato coi cani. Entrano dopo di me, si lavano insieme le mani. Luisa sullo sgabello. Tutti a tavola e appena finito, tutti a letto. Nessun videogioco, nessun telefonino, nessun capriccio. Scrivo queste parole sotto la zanzariera della mia amaca appesa nel loro portico e penso che parte della mia infanzia in realtà l'ho vissuta così, chissà se potrò darne un pochino di questa qualità anche ai miei figli.
2 Giugno 2018
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perrosuelto-blog · 8 years ago
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Il mio viaggiare è esporsi alla varietà e alle sfaccettature delle persone, dei loro stili di vita, delle loro attitudini, dei loro principi e delle loro idee. Mi interessano gli esseri umani veri e la mia passione è investigarli fino ad assaporare il gusto di una vita distinta e lontana dalla mia, fino all’impressione di averne condiviso una parte. Lo scorso inverno, prima di partire per il Messico ho fatto una delle esperienze più interessanti e commoventi degli ultimi anni, a due passi da casa, a Boretto. Oggi, dopo mesi, decido di condividere questo piccolo documentario che ho tradotto in immagini e suoni da un progetto universitario di Licia Piancastelli, Clara Ranieri ed Elisa Zobbi. Totalmente improvvisato sul campo, realizzato in una sola giornata. Ho incontrato persone straordinarie che come fiumi in piena si sono raccontate e regalate davanti alla mia telecamera. Dura 30 minuti, mi rendo conto, ma vale la pena arrivare alla fine per le parole di Luigi Saccani, nonché ex sindaco di Boretto.
I CAVALIERI DEL GRANDE FIUME
ENG
My idea of travelling is to expose myself to the variety and facets of people, their lifestyles, their attitudes, their principles and their ideas. I am interested in real human beings and my passion is to investigate them until I savour the taste of a life so distinct and distant from mine, up to the impression of having shared a part of it. Last winter, before leaving for Mexico I made one of the most interesting and emotional experiences of the last few years, a stone's throw from home, in Boretto. Today, after months, I’ve decided to share this little documentary that I translated into images and sounds from a university project by Licia Piancastelli, Clara Ranieri and Elisa Zobbi. Totally improvised on the field, made in one day. I met extraordinary people who have told and donated themselves in front of my camera. It's a 30 minutes documentary, but it is worth getting to the end for the words of Luigi Saccani, ex mayor of Boretto. 
The Knights of the Great River
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perrosuelto-blog · 8 years ago
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18/08/2016
Oggi si è tentato l’impossibile, dove l’impossibile significa percorrere 18 ore in autobus negli altipiani tibetani del Sichuan a 4000 metri,nascondersi nel retrosedile di un camion merci per superare i controlli di polizia, solo per raggiungere Larung Gar, la più grande città buddista nel mondo che da poco meno di un mese è stata interdetta ai visitatori per una drammatica decisione del governo di demolirne una grande parte(http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-china-36863888). Evasi i controlli grazie alla collaborazione infinitamente generosa di alcuni monaci tibetani, comunicando unicamente a gesti, sono riuscito ad arrivare vicinissimo al Seda Larung Wuming Tibetan Buddhist Institute. Purtroppo i tratti occidentali del mio viso questa volta mi hanno giocato il peggiore degli scherzi. Fermato dalla polizia a un passo dal vedere il motivo principale di questo viaggio. Riportato a bordo di una jeep con 4 ufficiali, sono stato schedato e alloggiato in una struttura del governo dove rimarrò fino a domattina prima di essere rispedito a Garze. Me ne vado con la morte nel cuore e una sola immagine scattata appena prima che mi bloccassero.
ENG
I have attempted the impossible, where the impossible is traveling 18 hours by bus in the Tibetan highlands of Sichuan at 4000 meters, hiding under yak sheets in the backseat of a truck to pass and skip police checks, only to reach Larung Gar, the largest Buddhist city in the world that since a little less than a month is off limits to visitors for a dramatic decision of the Chinese government to demolish a large part of it. (http://www.bbc.co.uk/news/world-asia-china-36863888) . Skipped police checks thanks to the infinitely generous collaboration of some Tibetan monks, communicating only with gestures, I managed to get close to the Wuming Seda Larung Tibetan Buddhist Institute. Unfortunately,my western look this time played me the worst joke. Stopped by police one step away from seeing the main reason of my trip. Brought away aboard a jeep with four officers, I have been filed and stayed in a government structure where I remained until morning before being sent back to Garze. I left with my heart full of sadness and a single image taken just before they got me.
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perrosuelto-blog · 8 years ago
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Gli ultimi tre mesi in viaggio sono stati un concentrato straordinario di esperienze uniche e incontri indimenticabili. Questa ultima settimana in Messico non poteva essere da meno, così ho deciso di trascorrerla diversamente. Un ultimo viaggio estenuante da Guadalajara a Cordoba, Veracruz, per raggiungere la meta finale nel mezzo della sierra messicana, Amatlan de los Reyes. I racconti raccapriccianti, le storie e le avvertenze mi hanno tolto il sonno e l’appetito per due giorni. Fino all’ultimo ho considerato l’ipotesi di rinunciare, tornare indietro e non azzardare tanto. Un miscuglio di sensazioni e timori hanno pervaso il mio corpo senza lasciar trasparire uno spiraglio di serenità per affrontare il viaggio. In poche parole, paura. Ad aspettarmi però, qui ad Amatlan de los Reyes,ho trovato il calore e l’accoglienza di queste incredibili donne che in centro e sud america sono famose col nome de Las Patronas. è proprio qui, in questo pueblito sperduto nella natura selvaggia, che ogni giorno fa transito la Bestia, il treno merci che attraversa il paese da Sud a Nord. Il treno della morte, come lo chiamano i migranti che ogni giorno sfidano la sorte viaggiando su di esso senza la minima sicurezza, nelle più disparate condizioni atmosferiche, fronteggiando fame, sete, assalti delle pandillas (bande criminali), polizia migratoria, ma soprattutto stanchezza e sonno. Il sogno, la speranza e il desiderio di un futuro migliore negli USA sono così grandi da spingere questi migranti a sfidare oltre ogni ragionevolezza la sorte. Lasciare il proprio paese, la propria casa, i propri cari per intraprendere un cammino che ha più probabilità di concludersi con il rimpatrio, con gravi mutilazioni o come più spesso succede con la morte, che con l’arrivo alla meta. Sulla bestia i migranti viaggiano per giorni interi, e il terrore di perdere il proprio posto fa si che tentino l’impossibile per rimanere sui vagoni e non scendere mai, se non quando costretti per i controlli migratori o gli assalti delle bande, per le quali sono prede facili a cui sottrarre tutti i risparmi racimolati per la traversata. l’unico sollievo per questi esseri umani in fuga disperata è incontrare lungo il viaggio persone di cuore e umanità come Las Patronas. Ogni giorno dell’anno, dal 1995 ad oggi, qui ad Amatlan de los Reyes, questo gruppo volontario di 12 donne prepara bottiglie d’acqua fresca, cucina riso, fagioli e tortillas per centinaia di volti e anime disperate che una media di 4 volte al giorno si sporgono dai vagoni della bestia, sulle rotaie che portano a nord. Il destino di ognuna di queste persone è incerto, nessuno di quei volti sarà riconosciuto domani e non si sa che ne sarà di loro. Ma un pasto appena cucinato è quanto di più prezioso si possa regalare per alleviare un po’ di sofferenza e dare una chance in più a questi uomini e donne di arrivare salvi alla tanto agognata meta. Un “gracias madre” e un “Dios las bendiga” sono la ricompensa e il motore di tutto questo dal primo giorno in cui per la prima volta Norma e Bernarda Romero cedettero il loro pane e latte a un migrante affamato che attraversava il paese sui binari. Da quel giorno in avanti stare all’ascolto per sentire l’arrivo del treno è un appuntamento fisso quotidiano, così il disporsi a lato della via e lanciare ai migranti in corsa cibo e acqua. Oggi sono qui con questi esempi di umanità e mi sento piccolo piccolo. Mi danno da mangiare e dormire, si preoccupano se ho mangiato a sufficienza e vogliono sapere come si comportano gli Italiani di fronte alla migrazione nel mediterraneo. Si preoccupano della sensibilità delle istituzioni e delle persone del mio paese che è a migliaia di km da qui. Fanno domande in continuazione, vogliono sapere tutto di come le persone aiutano queste anime in fuga. Non ho molte buone notizie da darle, anche se per fortuna Reggio Emilia, la mia città, ha la aurea reputazione di essere un passo avanti a tutte le altre sul tema accoglienza. In questi giorni dormo con ragazzi in fuga da miseria e guerriglia in Honduras, Nicaragua, San Salvador, Guatemala.. Mangio con loro, lavo i piatti con loro, condivido i sanitari con loro, ma soprattutto li guardo negli occhi. La parola migrante non ha nessun significato. é fastidiosa. Vedo persone identiche a me, la maggior parte coetanei. Ma è impossibile mettersi nei loro panni. Ci provo, in questi giorni voglio fingermi loro, con 3 minuti per chiamare casa aspettando il proprio turno col telefono della casa, digitando un numero imparato a memoria a forza di ripeterlo a mente,lontano da tutti,senza niente, ma ringraziando per un tetto, un materasso e due pasti caldi al giorno. Farò il pieno di questa esperienza con la promessa di imparare il più possibile.
Los sueños también viajan.
ENG:
The last three months travelling were an extraordinary concentrate of unique experiences and unforgettable encounters.This last month in Mexico could not be outdone, so I decided to spend it differently. A final exhausting trip from Guadalajara to Córdoba, Veracruz, to reach the final destination, in the middle of the Mexican sierra, Amatlan de los Reyes. Gruesome tales, stories and warnings took away my sleep and appetite for few days. Until the last moment I considered giving up, go back and do not dare so much. A mixture of sensations and apprehensions have pervaded my body, not a glimpse of serenity to face the journey. FEAR, simple as that. Waiting for me though, here in Amatlan de los Reyes, I found the warmest welcome from these incredible women that in Central and South america are known as Las Patronas. It is here, in this pueblito lost in the wilderness, which makes daily transit the beast, the freight train that crosses the country from South to North. The train of death, as they call it the migrants that every day defy fate, traveling on it without precautions, in the most varied weather conditions, facing hunger, thirst, assaults of pandillas (criminal gangs), migratory police, but above all tiredness and sleep. The dream, the hope and the desire for a better future in the US are so big to push these migrants to take risks beyond all reasonableness. They leave their country, their homes, their loved ones to embark on a journey that is more likely to lead to repatriation, with severe mutilations or as more often happens with death, that with the arrival at the destination. On the beast migrants are traveling for days, and the fear of losing their spot on board pushes them to attempt the impossible to stay on wagons and never go down, except when forced by migratory controls or gang assaults, to whom are easy prey to subtract all savings scraped together for the crossing. The only relief for these human beings in desperate escape is to meet along the way hearted people which such send of humanity as Las Patronas. Every day of the year, from 1995 to the present, here in Amatlan de los Reyes, this volunteer group of 12 women prepares fresh water bottles, cook rice, beans and tortillas for hundreds of faces and desperate souls that an average of 4 times per day are leaning from the wagons of the beast, on the railway leading to the North.The fate of each of these people is uncertain, none of those faces will be recognized tomorrow and it is unknown what will happen to them. But a freshly cooked meal is the most precious thing you can give to alleviate some suffering and give a chance to these men and women to arrive safely to their destination. A "gracias madre" and a "Dios las bendiga" are the reward and the engine of all this from the first day that for the first time Norma and Bernarda Romero gave their bread and milk to some hungry migrants that crossing their village on the rails. From that day, stand to listen to hear the arrival of the train is a daily habit, so is reaching the side of the railway and throw food and water to the migrants running on the train. Today I'm here with these examples of humanity and I feel very small. They give me to eat and sleep, they care if I ate enough and want to know what the Italians act in front of the migration issue in the Mediterranean. They worry about the sensibility of the institutions and the people of my country that is thousands of kilometres from here. They ask questions, they want to know everything about how people help these souls on the run . I don't have a lot of good news for them, though thankfully Reggio Emilia, my hometown, has the golden reputation of being one step ahead of all the others on the subject. These days I sleep with boys fleeing from misery and guerrillas in Honduras, Nicaragua, El Salvador, Guatemala ... I eat with them, wash the dishes with them, i share sanitaries with them, but above all I look at them in the eyes. The word immigrant has no meaning, is annoying. I see people exactly like me, most my same age. But it is impossible to put myself in their shoes. I'm trying, these days I will pretend to be one of them, with 3 minutes to call home waiting for their turn with the house phone, typing a number memorized by repeating it in mind a thousand times, away from everyone, no nothing, but thanking for a roof, a mattress and two hot meals a day. I'll do the full of this experience with a promise to learn as much as possible.
Los sueños también viajan.
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perrosuelto-blog · 8 years ago
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El día que conocí a Pedro Juan Gutiérrez. Dopo anni di tentativi e un lavoro di intelligence spietato ho realizzato il mio sogno di incontrare lo scrittore che per oltre dieci anni mi ha tenuto incollato alle pagine dei suoi libri. L'ho aspettato un giorno e mezzo in strada, davanti alla sua casa all'Havana,un quartiere di prostitute e travestiti, immerso nello scenario che così bene descrive nei suoi racconti. Poi eccolo arrivare, l'incontro folgorante e l'invito a salire nella sua azotea. Una casa ricavata sul tetto di un vecchio palazzo coloniale in centro Habana. La salita in ascensore, faccia a faccia con il mio idolo assoluto in quella gabbia di ferro buia e cigolante, a incorniciare perfettamente l'attimo. Mi presenta la vista sotto di noi,affacciato, indicando la città,i palazzi e le case scolorite e ormai distrutte da vento, salsedine e incuria: "Questa è la materia prima di tutti i miei racconti". Momenti indelebili di questa vita.
ENG:
The day I met Pedro Juan Gutiérrez. After years of trying and a ruthless intelligence work I realized my dream to meet the writer who for more than a decade kept me glued to the pages of his books. I waited a day and a half on the road, in front of his house in Havana, a neighborhood of prostitutes and transvestites, fully immersed in the scenario that so well is described in his stories. Then here he is comes, the dazzling meeting and his invitation to join him into his azotea. A house built on the roof of an old colonial mansion in Centro Habana. The climb in the lift, face to face with my absolute idol in that cage of iron, dark and squeaky, perfectly framing the moment. Presents me the view below us, overlooking the city, the palaces and houses discoloured and almost destroyed by wind, salt and carelessness: "This is the raw material of all my stories". Indelible moments of this life.
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perrosuelto-blog · 8 years ago
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Amo l'Havana perché in ogni angolo di strada succede qualcosa. Vecchi annoiati che sbraitano mentre giocano a domino e bevono rum popolare in brick di cartone , la signora che esce borbottando dal supermercato del quartiere lamentando tra sé e sé che anche quel giorno non ci sono latte e patate. C’è sempre una mulatta sboccata con la bandana in testa, short e infradito che dal marciapiede strilla a qualcuno per farsi buttare le chiavi di casa dal balcone o dalla finestra. Il travestito e la prostituta che ti accarezzano dalla soglia di una porta o richiamano la tua attenzione a suon di “discreti” e ripetuti pzpzpz pzpzpz. Un tassista sporto da un vecchio almendron Chevrolet coi finestrini abbassati che ti offre una corsa, prima di ripartire stracarico di gente ammassata, lasciandosi dietro una nuvola di fumo nera che rimane densa nell’aria per minuti, col suo inconfondibile odore di petrolio greggio. Ogni sguardo verso l’alto è uno scorcio pittoresco, una folata nostalgica di un’epoca maestosa di cui non rimane che qualche calcinaccio scolorito su una facciata sgretolata e piena di finestre aperte attraverso le quali si vede l’azzurro vivido e intenso del cielo dei caraibi.   Amo l’Havana perché nell'indifferenza delle persone puoi essere un perro callejero, un cane di strada, e vagando puoi intrufolarti indisturbato in qualche vicolo o nell'ingresso semibuio di qualche palazzo coloniale, certo di trovare cortili, case, pareti, scale e ringhiere che trasudano storie e racconti di vita.
ENG:
I love Havana because something is happening on every street corner. Some old bored men that rant while playing domino, drinking popular rum in brick. The Lady coming out of the market muttering, complaining that even that day there are no milk and potatoes. There's always a black young girl with a bandana on her head, shorts and flipflop that screams from the sidewalk for someone to throw her the house keys from the balcony. The transvestite and the prostitute caress you from the threshold of a door or call your attention with some "discreet" and repeated pzpzpz pzpzpz. A taxi driver leaning from an old almendron Chevrolet with the windows down offers you a ride, before leaving overloaded with people, leaving behind a cloud of dense black smoke that remains in the air for minutes, with its unmistakable smell of crude oil. Every look upwards is a picturesque glimpse, a wave of nostalgia from a majestic era of which all that remains is some rubbles from a crumbling and discolored façade, full of open windows through which you see the vivid and intense blue of the Caribbean sky. I love Havana because people's indifference allows you to be a perro callejero, a street dog, and wandering you can sneak undisturbed into some alley or in the dark hallway of some colonial mansion, sure that you will find courtyards, houses, walls, stairs and railings overflowing of life.
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