Tumgik
#è averne cura
fuoridalcloro · 1 year
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“Capisco che ci sono cose che mi stanno sfuggendo di mano e altre che minacciano di farlo, il mio problema è distinguere fra quelle per cui vale la pena lottare e quelle che bisogna lasciar andare senza pena, o con pena. La pena maggiore, figlia mia, non è quella che si sente al momento, è quella che si sentirà dopo, quando non c'è più rimedio. Si dice che il tempo cura tutto. Non viviamo abbastanza per averne la prova.”
José Saramago - La caverna
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kon-igi · 9 months
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Ogni anno mi sforzo sempre di più per fare degli auguri originali, non tanto per farvi esclamare 'Oh! Wow! Groovy!' ma più che altro per condividere con voi in modo non scontato la gioia del ritrovarsi, scevra - almeno per me - da qualsiasi connotato religioso.
Potrei dirvi che è stato un anno faticoso e difficile ma se da un lato mi parte subito il coro greco di baccanti che intonano 'ESTICAZZI!' dall'altra mi rendo conto che invece è proprio così... e per così intendo
ESTICAZZI
Evidentemente possiedo molta di quella dote psichica che durante la pandemia era molto inflazionata come termine (quella che fa rima con delinquenza) e in più un innato senso di stoico martirio che mi chiude la bocca nell'attimo in cui mi sto per lamentare e poi vedo che puntualmente l'interlocutore sta messo peggio di me.
Questo è un grosso errore o perlomeno, se portato agli estremi ti strippa emotivamente come una pentola a pressione saldata ma riconosco i miei limito e - mi dico - perlomeno non faccio a gara di sciagure per essere citato nel remake dei Miserabili.
Sto rivalutando il concetto di salute mentale perché dopo averne parlato parecchi ad altri mi sono reso conto che, nel mio caso, la salute mentale non necessita di cure ma di salvaguardia.
Devo scegliere con cura le mie battaglie.
E sebbene battaglie evochi una presunta contrapposizione tra me e chi si frappone davanti a ciò che voglio ottenere, in realtà lo scontro avviene sempre e solo nel mio cuore ed è per questo che in un prorompente scoppio della succitata originalità voglio, come l'anno scorso, ringraziare ancora @autolesionistra che sempre in modo involontario mi ha restituito il senso di quello che provo, parlandomi di una canzone che mi ha fatto fare pace con una parte di me che mi accompagna da più di 50 anni.
Ve la voglio riproporre, scegliendo la versione sottotitolata (ha un testo molto denso e fitto) ma credetemi se vi dico che per quanto dolorosa, molti potrebbero riconoscercisi e proprio perché dolorosa potrebbe sembrare strano che io ve la faccia vedere (non ascoltare... vedere) per augurarvi buon natale e serene feste.
Poi vi dirò il perché...
Il motivo è che siamo tutti piccoli e persi nella continua ricerca di calore e conforto, quotidianamente tormentati dal ricordo di ciò che non è più e nella flebile speranza che il domani abbia meno nubi.
Eppure si va avanti lo stesso, con l'enorme peso dei nostri vuoti e la fragile leggerezza di inutili bagagli, perciò vi dico di volervi bene, di voler bene anche a quella parte di voi che disprezzate perché se siete qua a leggere ciò che scrivo è anche per il desiderio di fuggire da un qualcosa che invece vi seguirà per sempre.
Siamo esseri umani... e se questo a volte può sembrare una dolorosa dannazione io credo che invece sia un degno tributo a chi non è più e un meraviglioso lascito a chi sarà dopo di noi.
Ok... tutta 'sta roba omerica per augurarvi Buon Natale (!) ma prima di andare a filtrare il brodo per i cappelletti vi lascio un'ultima cosa
E se vi debbo dire ancora una cosa, è questa: non crediate che colui che tenta di confortarvi viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene. La sua vita reca molta fatica e tristezza e resta lontana dietro a loro. Ma, fosse altrimenti, egli non avrebbe potuto trovare queste parole.
Rainer Maria Rilke
<3
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L’amore non si dimentica di te anche quando tu lo ignori. Torna, bussa. Se non rispondi ti porta a fondo. Devi averne un po’ paura, ma più di tutto devi mostrargli il tuo coraggio. Devi esserci, quando chiama. Devi essere lì e prenderti cura di lui. Solo se lo lasci libero di andare puoi vederlo tornare.
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Concita De Gregorio - "Mi sa che fuori è primavera"
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crisalide-imperfetta · 5 months
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Quando entriamo nella vita di una persona dovremmo ricordarci che non è una conquista ma un’opportunità. Quando qualcuno ci apre il suo cuore, la sua mente e la sua anima dovremmo averne cura, non sappiamo cosa si porta dentro. Dovremmo accarezzarle l’anima anziché abbattergliela.
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Ci vuole tanto coraggio per le cose nuove e tempo come se non ci fosse tempo, per mano ad un senso di arrendevolezza capace di trapelare solo dopo una giusta quantità di indignazione e di desolazione. Ciò che è nuovo può farci visita solo dopo aver vuotato il vecchio, solo dopo aver compreso che tutto passa inesorabilmente e che è averne cura che è davvero importante.
tizianacerra.com
(Foto Neom, unsplash)
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ilgiardinodivagante · 15 days
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Scorrendo tra i post patinati e luccicanti dei social, mi sono imbattuta in una di quelle frasi che si attaccano alla mente come una melodia ossessionante: 'Tu prima di tutto!'. All'inizio sembrava un inno all'autostima, un invito a prendersi cura di sé. Poi, sul finale, ho iniziato a percepire un retrogusto amaro. Perché quel 'prima di tutto' non è un invito all'introspezione, alla scoperta di sé, ma piuttosto un imperativo categorico a mettersi al centro della scena, a brillare più di tutti gli altri.
'Affinché gli altri non abbiano altra scelta che prendere parte alla tua felicità o guardarti splendere'. Ecco la formula magica che ci propongono. Un'idea di felicità egoistica, che si nutre dell'ammirazione altrui come una pianta carnivora. Ma la felicità, quella vera, non è un gioiello da esibire, è un giardino segreto che condividiamo con chi amiamo.
Questo 'io' che ci viene proposto è un castello di sabbia, che ha bisogno di continue tempeste di applausi per non sgretolarsi. Un castello che, per sentirsi importante, deve necessariamente oscurare gli altri. È come un bambino che piange più forte degli altri per attirare l'attenzione, senza rendersi conto che le sue urla finiscono per annegare la sua voce.
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Ma l'amore per sé stessi non è egoismo, è consapevolezza. È come coltivare un bonsai, un piccolo albero che, con cura e attenzione, diventa un capolavoro di natura, portando serenità e bellezza a chi lo ammira.
Pensa a una casa: per invitare qualcuno a casa tua, devi prima averla costruita, arredata, averne cura. Non puoi certo invitarlo a vivere in un cantiere. Allo stesso modo, per offrire qualcosa agli altri, devi prima averlo sperimentato tu stesso. Come potresti consigliare un libro che non hai letto? Come potresti parlare di amore se non lo hai mai sentito sulla tua pelle?
L'amore per sé stessi e l'amore per gli altri sono profondamente interconnessi. Crescere nell'amore verso sé stessi ci permette di amare gli altri in modo più autentico e completo, e viceversa. Questa interconnessione è fondamentale per una vita appagante e significativa.
Quindi, la prossima volta che sentirai qualcuno ripetere 'tu prima di tutto', ricordati che la vera felicità non si trova isolandosi dal mondo, ma connettendosi con gli altri. E che l'amore, per essere autentico, deve essere condiviso.
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Con questo non sto dicendo che dobbiamo imporre i nostri valori agli altri, ma che i nostri valori sono come una lente attraverso la quale percepiamo il mondo. È come indossare un paio di occhiali colorati: tutto ciò che vediamo sarà tinto di quella particolare sfumatura. Aver chiari i nostri desideri e le nostre necessità, ci permette di capire chi siamo davvero e di scegliere, consapevolmente, le persone con cui vogliamo condividere la nostra vita. Non è una questione di essere migliori o peggiori, ma di essere compatibili.
Purtroppo, spesso cerchiamo l'approvazione di chiunque incontriamo sul nostro cammino, senza renderci conto che questo ci rende dipendenti e insicuri. È come chiedere a un gruppo di estranei di dipingere il nostro ritratto. Ma la nostra identità non può essere definita dagli altri. Creare relazioni stabili e sincere significa prima di tutto conoscersi profondamente.
L'amore per sé stessi e l'amore per il prossimo non sono due binari paralleli, ma due radici dello stesso albero. Quando ci prendiamo cura di noi stessi, stiamo automaticamente costruendo le fondamenta per amare gli altri. È un errore pensare di poter amare gli altri se prima non abbiamo imparato ad amarci. È come voler costruire una casa senza avere i mattoni. E più a lungo continueremo a praticare un amore per sé stessi egoistico e narcisistico, più sarà difficile cambiare rotta. Questo atteggiamento è pericoloso perché rischia di consolidare abitudini negative che saranno difficili da sradicare, non solo in noi ma in chiunque ci circonda.
L'amore per sé stessi è sia la soglia d'ingresso in noi che l’uscita per incontrare il mondo. Siamo pronti ad attraversarla con la nostra vera essenza?
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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thesoulmustbebreath · 2 months
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L'importanza di lavorare su se stessi
Lavorate su voi stessi
Non fermatevi mai su questo
e non prendete o perdete tempo..
Se avete situazioni irrisolte
(e fidatevi che ve ne accorgete se le avete..
ed è inutile che vi raccontate o raccontate storie per trovare scusanti.. è sbagliato
a prescindere..)
Fare introspezione è la migliore cura,
anche se è scomodo, pesante e faticoso,
(lo so bene, ma il risultato vi salva la vita
e di conseguenza quella delle persone
che vi sono vicine, dei vostri affetti)
e solo voi potete farlo, deve partire da voi,
è un dovere verso voi stessi, prima di tutto,
e poi verso gli altri, perché ciò che siete
e riflettete, rifiutandovi di affrontare le cose,
si ripercuote sul vostro comportamento
e di conseguenza sugli altri,
e questo è deleterio in qualsiasi rapporto
che state vivendo.
Non risolvere, non mettersi in discussione,
non riconoscere di avere bisogno di cambiare,
significa vivere, vedere ed affrontare
la quotidianità e i rapporti umani in modo distorto, inconsapevole, offuscato e stupido.
Ci vuole responsabilità, verso noi stessi
e verso gli altri, la vita non è un gioco,
come non sono un gioco i rapporti umani
che avete costruito e che pensate di costruire.
Non esiste consapevolezza
senza un sano anche se doloroso e duro
lavoro d'introspezione..
Non ci sono scuse, ci vuole forza, determinazione, il coraggio di guardarsi
allo specchio e mettersi a nudo..
E conviene farlo, fidatevi,
perché se continuate ad ostinarvi
di permanere in uno stato tossico
per voi stessi e per gli altri..creando dinamiche tossiche e negative fuori e dentro di voi,
la vita prima o poi vi presenterà il conto..
E non sarà piacevole..
C'è una bella differenza tra decidere
di seguire una lezione per tua volontà
e subirla perché non hai avuto amore
per te stesso.
Il prezzo di quest'ultima sarà alto,
la vita non fa sconti.
E non dimentica.
La vita è un dono, ed è una,
non ne abbiamo un'altra,
dobbiamo averne rispetto.
Lucia Pelosi
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seoul-italybts · 6 months
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[✎ ITA] Hope On The Street Vol.1 : Intervista dall'Album Speciale di j-hope (INTERLUDE) | 29.03.24⠸
HOPE ON THE STREET VOL.1
__ Parte 2 : INTERLUDE __
PARTE 1
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3. PLAYGROUND / OSAKA con Gucchon
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j-hope : Intervista 6
- I wonder... (with JUNGKOOK of BTS) -
"Ce l'avevo nel sangue"
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Ti ricordi che, prima del debutto,eri solito postare le analisi"j-hope's Street Dance Overview (Resoconti sulla Street Dance by j-hope)" sul Bangtan Blog?
Certo! Come potrei dimenticarmene? Periodicamente, postavo i miei video di street dance. Era un segmento nato di mia personale iniziativa e per un desiderio genuino. Col senno di poi, è proprio da quella serie di post che è partito tutto. Già allora, ne ero un grande appassionato. Più che appassionato – ce l'avevo nel sangue.
E, come in passato, anche qui inizi dal popping
Non c'è un motivo particolare. Quando stavo pensando a chi coinvolgere, ho pensato il popping si sarebbe ben sposato con Osaka, ed Osaka è dove balla Gucchon. È fin da quando ero ragazzino che, insieme a Boogaloo Kin, facevo ricerche sul suo conto, quindi ho pensato sarebbe stato fantastico poterci lavorare insieme.
Le nostre riprese sono iniziate ad Osaka, quando era ancora tutto piuttosto confuso. "Com'è meglio iniziare?", "Quale approccio dovrei adottare?", "Dovrei iniziare semplicemente ballando?", "No, non credo vada bene.." Quindi alla fine ho deciso di buttarmi e prendere il progetto di petto. È ciò che amo– qualcosa che faccio fin da quando ero ragazzino – andrà tutto bene...no? Ma non appena abbiamo iniziato, mi sono subito reso conto di quanto effettivamente fosse difficile. Però, conoscete il detto, no? "Chi ben comincia, è a metà dell'opera". L'importante è iniziare.
Il tema (musicale) del capitolo dedicato ad Osaka è "i wonder..." Come mai? Cosa significa?
Ho iniziato a chiedermi cosa mi aspetterà in futuro. Chissà se mi piaceranno ancora le stesse cose, se continuerò a coltivare questa passione? Insomma, ho sviluppato una certa curiosità rispetto al futuro in generale – al mio futuro, per come me lo sono sempre prefigurato, e a quello dei miei colleghi ballerini e di gruppo. Ho pensato unire elementi di vita vera e musica col ballo avrebbe dato ottimi risultati – creato una certa sinergia. Dunque "i wonder..." mi sembrava un buon punto d'inizio.
E ora che le riprese sono finite, pensi di aver soddisfatto quella tua curiosità?
In fin dei conti, tutto mi ha ricondotto, ancora una volta, alla musica e al ballo. Ho capito che continuando ad amare ciò che facciamo, a trarne gioia e a divertirci nel processo, il futuro non può essere poi così diverso dal presente. Ovviamente, non posso averne la certezza. Ma fin tanto che continuerò a divertirmi e ad amare il ballo, credo non ci sia motivo di guardare al futuro con ansia. O almeno, questa è la spiegazione che mi son dato.
INTERVISTA con GUCCHON
Popper giapponese, Gucchon è un maestro del popping, abilissimo nel controllo dei movimenti. Ha un suo stile del tutto personale. Il suo è il genere di ballo cui j-hope è particolarmente appassionato.
Il popping è un tipo di ballo che si concentra sul ritmo e sull'isolamento* dei movimenti.
(nota a cura di Boogaloo Kin)
[isolamento: quando si muove solo una parte del corpo indipendentemente dalle altre – sia che il resto del corpo sia fermo o che esegua movimenti completamente differenti.]
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Potresti presentarti brevemente?
Salve, mi chiamo Gucchon e sono di Osaka, in Giappone.
Rappresento lo studio di ballo Co-thkoo, Fab5Boogz
Da dove trai ispirazione per il ballo?
La cosa fondamentale sono i cypher (battaglie di ballo freestyle). I cypher accendono la mia immaginazione, sono una fonte d'ispirazione e mi danno sempre nuove idee creative.
Il tema dell'episodio dedicato ad Osaka è "i wonder...", quindi sarei curiosə qual è il futuro che vorresti?
Il futuro dei miei sogni è una società in cui quando camminando per strada senti una musica, il tuo corpo risponde automaticamente ed è possibile e normale ballare tutti insieme.
In conclusione, cosa significa il ballo per te?
Il ballo è tutta la mia vita. Il ballo è vita e la vita è ballo. Inoltre, il ballo fa parte del mio lavoro, ma non ho mai smesso di amarlo. La danza è il cuore pulsante del modo in cui vivo.
4. MOTIVATION / NEW YORK con Link
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j-hope : Intervista 7
- What if... (dance mix with JINBO the SuperFreak) -
"L'unico modo per sopravvivere"
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A New York hai ballato l'hip-hop, pensi sia lo stile con cui ti trovi più a tuo agio?
Sì, credo il popping e l'hip hop siano i due stili maggiormente radicati nel mio sangue. Ero sicuro non avrei avuto problemi, almeno su questo. Ma il tutto ha preso una piega totalmente inaspettata. Lo vedrete nell'episodio di New York. Guardando, capirete quanto fossi agitato. Non aggiungo altro (ride).
Link è uno dei pionieri dello stile hip hop. Com'è stato vederlo ballare?
Come ho già menzionato, il mio modello è Boogaloo Kin, ma il suo modello è Link. Wow! È un pezzo di storia. È davvero incredibile. È come trovarsi di fronte ad un pezzo di storia della street dance in carne ed ossa. Sono sicuro gli/le appassionatə di ballo ameranno quest'episodio, mentre coloro che non hanno tanta esperienza col ballo, ne rimarranno incuriositə, credo.
Ho saputo che Link ti ha mandato un video, prima che tu partissi per New York. Cos'hai provato quando l'hai visto?
Mi ha buttato parecchio giù, a dire il vero. Conoscevo molte delle cosiddette mosse da dance party, ma in diversi segmenti il ritmo era talmente strano che mi son chiesto se veramente avessi già provato quella routine, beat o stile in precedenza. Quindi, anche se mi ero preparato al meglio mentalmente prima di partire per New York, non appena ho visto le movenze di Link, mi sono sentito come se fino a quel momento io non avessi realmente ballato. Continuavo a chiedermi "Cos'è? Come si fa?" e non riuscivo a stare al passo. Era la prima volta nella mia vita che mi sentivo così, una sensazione del tutto inedita – sì, è stata un'esperienza davvero nuova, per me.
Dunque Link è stato il tuo tutor per il ballo hip hop, ma hai forse imparato anche altro da lui?
Ogni minuto trascorso insieme a lui è stato fonte di nuove conoscenze. Credo sia proprio questione di energia ed aura, quando si è in sua presenza, perché è letteralmente una parte di storia del ballo. È stato una grandissima ispirazione, per me, e credo di averne approfittato per chiedergli tutto ciò che avevo sempre voluto sapere. E non si è trattato solo di imparare cose sul ballo, ma anche sulla vita. L'unica cosa che mi è dispiaciuta è che non abbiamo potuto trascorrere molto tempo insieme. C'erano talmente tante cose che avrei voluto chiedergli! Gli ho chiesto che cosa pensava avrebbe fatto, se non fosse stato un ballerino, ed è stata come una domanda posta a me stesso.
E come credi sarebbe la tua vita senza il ballo?
Non credo sarei la persona che sono oggi, se non fosse stato per il ballo. Non riesco neanche a concepire l'idea di non avere il ballo nella mia vita. È impossibile. Credo né j-hope e neppure il vero Hoseok sarebbero gli stessi. Il ballo, ormai, è tutta la mia vita. È da lì che è iniziato tutto.
INTERVISTA con LINK
Il ballerino americano Link, maestro di ballo hip hop, non ha bisogno di presentazioni. È il primo ballerino cui pensiamo quando si parla di hip hop freestyle ed è sempre stato una grandissima fonte di ispirazione per me, j-hope, ed innumerevoli altrə ballerinə in tuttto il mondo.
(nota a cura di Boogaloo Kin)
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Com'è andata? Come ti è parso j-hope?
Quando provavamo dei passi e coreografie complesse, j-hope non si è mai lamentato, non ha mai detto "Non voglio farlo" o "cambiamo quella mossa", era sempre pronto a mettersi alla prova. È evidente quanto ami il ballo. Credo il suo nome [d'arte, Hope / speranza] la dica lunga sul suo conto. E io "spero" continuerà a coltivare quella passione e che quella sua scintilla non sbiadisca mai. Quello è l'unico modo per continuare e sopravvivere, in ogni aspetto della vita.
La street dance incorpora diversi generi e stili di ballo, come potremmo definire lo stile hip hop, secondo te?
Se spezziamo ed analizziamo la parola, "hip" significa "sapere", tipo.. sapere quali sono i posti e i beat giusti, ma è una consapevolezza che si può applicare a tutto. E "hop" significa "muoversi". Quindi si è "hip" (consapevoli) rispetto alla musica e la si segue, hopping dove ci conduce, per esser parte del divertimento insieme. Quello è l'hip hop.
In conclusione, che cosa significa il ballo per te?
Bisogna farsi alcune domande, tipo 'e se il ballo non mi trasmettesse nulla?', 'Il motivo per cui ballo è davvero perché amo la danza?', 'È fonte di ispirazione, per me?' Se il ballo non conduce a ciò che ci eravamo prefiguratə, è inevitabile rimanere delusə. E poi si finisce per sentirsi inadeguatə. Ma se davvero ti piace ballare, non sarai mai delusə, e tanto basta.
5. ART / PARIGI con Yugson
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j-hope : Intervista 8
- I don't know (with HUH YUNJIN of LE SSERAFIM) -
"Messo di fronte a quelle incertezze,
ho potuto accettarle ed affrontarle"
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Il tema dell'episodio dedicato a Parigi è "I don't know". C'è forse un qualche motivo particolare per questa scelta?
Credo ognunə di noi abbia momenti di insicurezza. Può essere incertezza riguardo la nostra vita o i nostri sentimenti. Di fatto, può essere per qualsiasi cosa, ma io ho affrontato questo tema pensando al ballo e alla mia vita. Può capitare di andare in crisi o sviluppare delle cattive abitudini, senza neppure sapere perché. Nell'episodio dedicato a Parigi, ho cercato di lavorare su quel tipo di sensazioni e risolverle.
Lo stile house ti è poco familiare, dico bene?
È una totale novità, per me. È l'unico che non avevo ancora imparato. Ma credo di aver sempre avuto un po' di house in corpo, sottilmente inscritto nel mio ritmo. Quando ballo la house, mi sento come attraversare da una scossa di entusiasmo. È uno dei miei stili preferiti– non solo per quanto riguarda il ballo, ma anche come genere musicale. Credo sia proprio quell'entusiasmo, quell'ebrezza ed emozione a definire la house e renderla ciò che è. Quindi imparare lo stile house è un must. È un'occasione da non perdere assolutamente.
Qual è stato l'aspetto più memorabile riguardo Parigi?
Non dimenticherò mai le scale. C'era questa scalinata tappezzata di scritte "Paris"– incarnav la vera essenza di Parigi. La musica, l'atmosfera–era tutto fantastico. Ed io ho potuto ballare proprio in quel luogo, non potevo desiderare di meglio. Ballare su quelle scale è il ricordo più memorabile che ho.
L'episodio è iniziato con delle domande riguardo il tuo blocco artistico. Credi di aver risolto quelle emozioni, ora?
Subito dopo il debutto, c'è stato un momento in cui ho iniziato ad avere dubbi riguardo la mia esperienza e gli stili di ballo imparati fino a quel momento. Ero estremamente insicuro e continuavo a rimproverarmi a riguardo. Continuavo a mettere in dubbio le mie capacità, non riuscivo a smettere, e non sapevo neanche il perché. Volevo migliorare nel ballo, ma non è sempre così semplice. Credo quell'esperienza mi abbia davvero aiutato molto quando si è trattato di lavorare ed esplorare il tema di "I don't know". Sicuramente non sono il solo, sono certo tuttə quantə, almeno una volta, abbiano affrontato insicurezze simili riguardo la propria vita o il proprio lavoro.
Quando poi ho riguardato l'episodio di Parigi, a fine riprese, mi son detto che forse ho potuto approcciarmi al genere house proprio grazie a quell'esperienza, al fatto che ho continuato a ballare ed insistere, nonostante i miei dubbi. Messo di fronte a quelle incertezze, ho potuto accettarle ed affrontarle. Cioè, se non si riesce ad accettare qualcosa, si finisce per svilupparne un rifiuto ad un livello emotivo ancor più profondo. Io sono riuscito a lavorarci su, ad accettare ed affrontare quei dubbi, anche a lavorare su me stesso, e penso quello mi abbia portato una maggiore consapevolezza e conoscenza di me stesso.
INTERVISTA con YUGSON
Yugson è un ballerino francese abile non solo nell'house, ma anche, tra gli altri generi, nell'hip hop freestyle. L'house europeo, in particolare, ha un'aura ed unicità diverse rispetto a quello americano o asiatico. Yugson ha vinto diverse edizioni di Juste Debout, un evento internazionale dedicato al ballo, spesso considerato come le olimpiadi della street dance
(nota a cura di Boogaloo Kin)
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La street dance comprende diversi stili di ballo. Tra questi, che tipo di ballo è il genere house, secondo te?
L'house è cultura, è libertà. È l'opportunità per persone appartenenti a culture diverse di condividere idee. È come se il tuo corpo fosse pervaso da una qualche forma d'energia.
Io sono originario del Congo e, grazie alla house, riesco ancora a godere di quella carica. Credo lo si possa chiamare "potere": c'è questo scambio, ricevi questa scarica di energia e ti senti subito a casa (*house), ecco perché si chiama così.
E che cos'è il ballo, per te?
Il ballo è passato, presente e futuro. In altre parole, il ballo è tempo. Prendiamo il passato, vi riflettiamo nel presente e così facendo ci muoviamo verso il futuro– ecco cos'è il ballo per me. È qualcosa d'eterno.
Rimpiangi mai d'essere un ballerino?
Neanche per sogno. Ballo col cuore, quindi non ho rimpianti. Ogni volta che ballo lo faccio come se fosse l'ultima volta. Oggi ballo, ma chissà dove sarò domani. Ecco perché ogni volta do il 100%
Epilogo : Crudo e puro
- Conversazione tra J-Hope e Boogaloo Kin -
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J-HOPE: Boogaloo Kin! Grazie mille per aver fatto quest'esperienza insieme a me. Mi hai davvero aiutato un sacco a far sì che 'HOPE ON THE STREET' filasse per il verso giusto. E, ancora una volta, grazie per tutto l'impegno che hai dimostrato. Cosa hai pensato? Cosa ti ha convinto ad accettare? La mia è stata una richiesta piuttosto improvvisa.
BOOGALOO KIN: Ero in un tumulto da ultima ora, non c'è dubbio. Non c'era nulla di chiaramente pianificato, quindi inizialmente ero un po' preoccupato. Allo stesso tempo, però, non vedevo l'ora. Ci sono tanti documentari dedicati al ballo, ma nessuno passa in rassegna tutti i generi di street dance che conosciamo e pratichiamo noi – popping, locking, hip hop e house. Sul serio, di fatto non ce n'è nessuno così preciso ed approfondito. Ho sempre desiderato, un giorno, poter creare un documentario simile e mostrare al mondo questo nostro bellissimo stile di ballo. E poi, all'improvviso, ecco che mi si è presentata l'occasione di fare di questo sogno una realtà. E, alla fin fine, mi sono preoccupato per nulla perché tu hai deciso di rimanere sul semplice – sul ballo crudo e puro. Sono felice che siamo riusciti a catturare l'essenza della danza per quella che è.
JH: Ma non è semplice catturare e rappresentare al meglio quell'aspetto grezzo. Non ce l'avrei mai fatta da solo. Se non fosse stato per te e per il tuo costante amore per il ballo, non sarei mai riuscito a tenere il progetto in carreggiata. Credo siano state la tua esperienza e la tua guida a rendere il documentario ancor più bello. E la cosa migliore è che tornare a ballare con te, dopo tanto, mi ha dato l'opportunità di riflettere su me stesso. Ti sembra sia cambiato qualcosa, dopo quest'esperienza? Se sì, cosa?
BK: La cosa migliore è stata poter lavorare a questo progetto insieme a te. Per un periodo, non abbiamo potuto lasciare la Corea a causa della pandemia, ma prima di quello, la nostra vita era un costante viaggio. Ogni luogo in cui arrivavamo, trovavamo sempre un qualche ballerino, come Gucchon, Link o Yugson. Ero solito incontrare persone come loro almeno una volta all'anno. È stato davvero fantastico poterli rincontrare dopo tanto, ma di fatto, appunto, non era la prima volta (ride). Però è stato bello poterli incontrare insieme a te e vedere come sono cambiati e che cosa hanno a cuore e quali sono i loro interessi ultimamente. Abbiamo proprio parlato un sacco durante questo viaggio, vero?
JH: Sì, avremo condiviso qualcosa come 30 anni di aneddoti e storie. Cioè, io ora ho 30 anni e mi sembra di aver coperto tutta la mia vita nelle nostre chiacchierate (ride).
BK: È stato bello conoscere questo tuo lato ancor più autentico e ho constatato con piacere che sei proprio cresciuto al meglio. Se c'è qualcosa che è cambiato da dopo il documentario, è che sento un senso di responsabilità ancor più grande nonché una certa pressione perché, con il rilascio di un progetto così bello, credo molte più persone inizieranno a prestare attenzione a ciò che faccio. Quindi, d'ora in poi, farò meglio a riflettere bene prima di parlare. Inoltre, mi sento in dovere di approfondire ancora la conoscenza degli stili di ballo che pratico da oltre 20 anni, imparare per bene tutti i dettagli storici del caso, così da poter passare questa mia conoscenza alle generazioni future.
JH: Credo quello sia un sentimento che abbiamo in comune. Penso di aver lavorato ancor più duramente proprio perché non volevo essere di peso al progetto, e ovviamente questo implica un senso di responsabilità ed una certa pressione. Inoltre, al di là del ballo, credo di aver imparato molto. Col senno di poi, c'è forse qualcosa avresti voluto fosse andato meglio? Adoro tutto ciò che abbiamo fatto, ma mi spiace anche un po' perché sapevo fin dall'inizio del tuo infortunio al ginocchio.
BK: Metterci in gioco ed in mostra per il pubblico è l'essenza del nostro lavoro, è l'unica cosa che possiamo provare a noi stessi, ciò che sappiamo fare e presentiamo a chi ci segue. Non credo il pubblico sia completamente consapevole di quanto sta dietro, ma va bene così. La cosa importante è dare sempre il 120%, ma io non ho potuto dare neppure il mio 100% e mi è dispiaciuto. Immagino ci siano persone perplesse riguardo la nostra collaborazione e, in passato, quel tipo di opinioni mi avrebbe infastidito e ferito, ma ora non me ne curo assolutamente. Chi se ne frega. Ho comunque intenzione di continuare a ballare fino all'ultimo giorno, abbiamo tuttə qualcosa in cui siamo bravə e qualcos'altro meno. Siamo tuttə diversə. Semplicemente, io ballo perché mi piace ballare. Se un giorno il mio ginocchio tornerà al 100%, potremo sempre ripetere l'esperienza. Di questo non mi preoccupo, quindi non importa. E tu?
JH: Grazie a queste riprese ho realizzato che quanto ho fatto finora non è semplice. Ho capito quanto importante sia anche il processo e ora so che ci sono ancora tante cose da imparare. Il mio scopo, in fondo, era proprio quello di imparare. Proprio per questo, ho voluto approcciarmi a questo progetto con serietà ed impegno. Ad ogni modo, è proprio vero che il tempo vola. Sembra solo ieri che abbiamo iniziato le riprese, e ora sono già finite. Grazie infinite per tutto l'aiuto che mi hai dato durante questo progetto.
BK: Grazie a te per aver pensato a me e per avermi proposto di partecipare. È stata l'opportunità di riflettere sulla mia passione per il ballo e su cosa farò ora. Facciamo un brindisi finale.
JH: Brindiamo alla 2a stagione, ad una vita pervasa dal ballo, alla buona guarigione del tuo ginocchio e all'importanza di dare sempre il 120%! (fanno un brindisi).
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lunamagicablu · 2 months
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Tenetevi stretti i ricordi, tipo le foto fatte d’estate, le telefonate di notte e tutti i biglietti scritti con la penna. Tenetevi stretti i dettagli e le persone che sanno ancora amare le cose invisibili. La felicità è una cosa piccola, bisogna sempre averne cura. Alessandro Di Domizio *************************** Hold on to the memories, like the photos taken in the summer, the phone calls at night and all the notes written with a pen. Hold on to the details and the people who still know how to love invisible things. Happiness is a small thing, you always have to take care of it. Alessandro Di Domizio 
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alibnabitalib · 1 year
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I suoi primi anni di vita e l'accettazione dell'Islam:
Quando Ali (R.A.) aveva cinque anni, Quraish fu colpito da una siccità che influenzò lo stato economico della Mecca. Quindi, il Profeta (S.A.W.) ha fatto appello a suo zio Al-Abbas per aiutare Abu Talib durante la crisi. Hanno offerto ad Abu Talib di prendersi cura dei suoi figli, poiché Al-Abbas ha scelto di prendersi cura di Jafar e il Profeta (S.A.W.) ha preso Ali (R.A.) e gli ha dato ogni gentilezza e affetto nella sua prima infanzia, che lo hanno influenzato per il resto della sua vita. È cresciuto nella casa del Profeta (S.A.W.) e quando il Profeta ha ricevuto la sua missione, Ali (R.A.) è stato il primo a diventare musulmano fin dalla prima infanzia.
Una volta Ali ibn Abu Talib (R.A.) tornò a casa mentre il Profeta (S.A.W.) e la sua nobile moglie Khadijah (R.A.) stavano pregando. Ali (R.A.) ha chiesto della preghiera, poi il Profeta (S.A.W.) gli ha detto che è la religione giusta da Allah, che richiede di adorare nessun dio all'infuori di Allah. Ali (R.A.) ha detto di non averne mai sentito parlare prima, e deve dirlo a suo padre Abu Talib, ma il Profeta (S.A.W.) gli ha chiesto di mantenere la questione segreta. La mattina dopo Ali (R.A.) andò dal Profeta (S.A.W.) e dichiarò il suo Islam. All'inizio mantenne segreto il suo Islam, temendo da suo padre, ma quando Abu Talib lo riconobbe, approvò il suo e gli chiese di mantenerlo mentre Abu Talib si rifiutò di abbandonare la religione dei suoi defunti padri fino alla sua morte.
Il suo matrimonio con Fatimah (RA):
Ali (R.A.) sposò la figlia più amata del Profeta (S.A.W.), Fatimah (R.A.), una delle migliori donne di tutto il mondo, sua madre era Khadijah Bint Kuwailid (R.A.). Il matrimonio benedetto ebbe luogo a Medina dopo la battaglia di Ohud, poiché Fatimah (R.A.) aveva quindici anni. Pertanto, Ali (RA) ha avuto l'ulteriore onore di essere il padre della progenie del Profeta (SAW) attraverso i suoi figli di Fatimah (RA), Al-Hasan (RA), Al-Husayn (RA), Zainab (RA) e Umm Kulthoom (RA).
Il suo coraggio e la sua lotta per sostenere l'Islam:
Ali (R.A.) era ben noto per il suo coraggio. Ha partecipato a quasi tutte le battaglie contro i miscredenti durante il periodo del Profeta Muhammad (S.A.W.), ad eccezione della battaglia di Tabuk nell'anno 9 dell'Egira, poiché il Profeta (S.A.W.) aveva posto Ali (R.A.) a capo della città.
Oltre ad essere il portabandiera in quelle battaglie, Ali (RA) guidava gruppi di guerrieri in incursioni nelle terre nemiche. Nella battaglia di Badr, sconfisse il campione omayyade Walid Ibn Utba e altri venti soldati politeisti. Ali (RA) era prominente nella battaglia di Uhud, quando il portatore dello stendardo islamico fu martirizzato, fu Ali (RA) che lo sollevò, ma sfidato dal miscredente Talha Ibn Uthman, prontamente Ali (RA) Lo attaccò e cadde a terra. Fu anche Ali (R.A.) che attirò intorno al Profeta (S.A.W.) con altri Compagni, nella battaglia di Uhud, quando gli arcieri abbandonarono i loro posti in cerca di bottino, e nel caos che seguì quando quasi tutti fuggirono, Ali (R.A.) che Allah aveva protetto, rimase fermo accanto al Profeta Muhammad (S.A.W.).
Nella battaglia della trincea, Ali (R.A.) sconfisse coraggiosamente un leader di spicco dei miscredenti chiamato Amr Ibn Wudd. Nella battaglia di Khaybar, Ali (R.A.) sconfisse il grande comandante ebreo Marhab. Quando l'esercito musulmano non riuscì a conquistare la fortezza ebraica per due volte, il Profeta (S.A.W.), offrì il comando e lo stendardo ad Ali (R.A.). La fortezza si riempì dell'assalto dei musulmani e ottenne la vittoria. Inoltre, Ali (R.A.) fu uno dei Compagni che rimasero incrollabili accanto al Profeta Muhammad (S.A.W.) nella battaglia di Hunain.
Ali (RA) Durante il Califfato di Abu Bakr (RA):
Dopo la morte del Profeta (S.A.W.), tutti i Compagni (R.A.) giurarono fedeltà ad Abu Bakr (R.A.), eccetto Ali (R.A.), che lo fece in seguito perché era impegnato nell'organizzazione del funerale del Profeta (S.A.W.). Inoltre, aveva giurato sulla morte del Profeta (S.A.W.) che non si sarebbe impegnato in nulla tranne la preghiera fino a quando non avesse completato la compilazione del Corano. Ali (RA) ha dato la sua promessa di lealtà ad Abu Bakr (RA) e lo ha assistito durante tutto il suo Califfato.
Dopo aver terminato la spedizione di Usamah, Abu Bakr (RA) ha inviato Ali (RA) con un gruppo di Compagni per proteggere i confini della città in quel momento critico. Inoltre, Abu Bakr (R.A.) consultò Ali (R.A.) prima di combattere l'apostasia e i romani. Le narrazioni hanno rivelato che il giudice era delegato ad Ali (RA) durante il periodo di Abu Bakr (RA).
Ali (RA) Durante il Califfato di Umar ibn Al-Khattab (RA):
Umar Ibn Al-Khattab (RA) è stato eletto secondo califfo dopo la morte di Abu Bakr (RA). Ali (R.A.) ha promesso la sua fedeltà a Umar (R.A.) e lo ha aiutato come fidato consigliere. Durante il califfato di Umar (RA), l'esercito islamico conquistò l'imperatore romano in Siria, Egitto e Nord Africa. Inoltre, l'esercito islamico conquistò l'imperatore persiano in Iraq, Persia, Khurasan, estendendosi fino ai confini della Turchia e dell'India. Durante tutto il percorso, Umar (R.A.) consultava i saggi Compagni del Profeta (S.A.W.) come Ali (R.A.) e cercava i loro suggerimenti in questioni politiche.
È stato narrato che Ali (RA) è stato colui che ha consigliato a Umar (RA) di impostare Hijra come l'inizio del calendario islamico. Fu Ali (R.A.) a dare consiglio a Umar (R.A.) di andare a Gerusalemme per ricevere la Sacra Moschea dai Romani, mentre Umar (R.A.) mise Ali (R.A.) a capo di Medina. Ali (RA) è stato uno dei consigli elettorali a scegliere il terzo califfo nominato da Umar (RA). Uthman (RA) e Ali (RA) erano i due principali candidati.
Ali (RA) Durante il Califfato di Uthman ibn Affan (RA):
Uthman Ibn Affan (RA) è stato eletto terzo califfo. Ali (RA) ha promesso la sua fedeltà a Uthman (RA) ed è rimasto a Madinah sostenendolo. Ali (R.A.) ha rappresentato un ruolo considerevole durante l'incitamento alla ribellione contro Uthman (R.A.). Ali ha sostenuto Uthman (RA) e lo ha difeso offrendo consigli e affrontando l'opposizione provinciale proveniente dall'Egitto e dall'Iraq. Miravano a sostituire Uthman (RA) con Ali (RA), ma quest'ultimo respinse risolutamente le loro richieste. Così, hanno finto di ritirarsi, ma dopo tre giorni sono tornati a Medina per assediare Uthman (RA) e la sua famiglia. Ali (R.A.) ei suoi figli difesero Uthman (R.A.) ardentemente e avevano lo scopo di combattere i ribelli, ma Uthman (R.A.) rifiutò di uccidere le persone per il suo bene. Fu un'intricata tribolazione nella storia islamica, segnata dall'assassinio di Uthman (R.A.).
Ali Ibn Abi Talib (RA): Il quarto califfo:
Dopo l'uccisione del terzo Califfo Uthman (R.A.), i Compagni del Profeta si sono avvicinati ad Ali (R.A.) chiedendogli di essere Califfo, ha prima declinato la responsabilità di questo grande ufficio, suggerendo di essere un consigliere invece che un capo. Ma alla fine, ha deciso di sottoporre la questione al pubblico musulmano nella Moschea del Profeta, di conseguenza, la stragrande maggioranza dei Compagni a Medina considerava Ali (R.A.) la persona più adatta per essere Califfo dopo Uthman (R.A.). Pertanto, ha accettato di assumersi la responsabilità. Il 25 di Dhul-Hijjah 35H (24 giugno 656 d.C.), le promesse di lealtà furono giurate ad Ali (R.A.).
Diversi problemi dovettero affrontare il nuovo Califfo quando prese il potere. In primo luogo, deve stabilire la pace nello stato e migliorare la situazione politica in deterioramento. In secondo luogo, doveva agire contro gli assassini di Uthman (R.A.).
Lo stato politico di Medina è stato turbato dalla presenza di Abdullah ibn Saba e del suo partito illegale, sostenuto da schiavi – fuggiti dai loro capi – e abitanti dei villaggi. Ali (RA) ha chiesto a tutti i seguaci di Ibn Saba di lasciare Medina e tornare nelle loro regioni. Il partito illegale guidato da Abdullah ibn Saba non ha obbedito all'ordine del Califfo e ha finto di restare lì come suoi amici. Il loro scopo nel restare era creare guai e problemi tra i musulmani. Quando gli ordini del Califfo furono disobbediti, Ali (RA) offrì piena libertà ai Compagni, inclusi Talha e Al-Zubair, che chiedevano di vendicare la morte di Uthman (RA). Presto hanno creduto che fosse impossibile rilevare gli assassini in circostanze così critiche.
Il regno di Ali (RA) è stato notevolmente segnato dal verificarsi di prove e problemi tra i musulmani. Un'attenta lettura della storia islamica ha rivelato che la causa principale di quei disordini era il partito dei Sabiti, sostenuto da schiavi fuggiti e abitanti dei villaggi. Il loro leader Abdullah ibn Saba era ebreo ma finse di convertirsi all'Islam durante il regno di Uthman ibn Affan (RA). L'obiettivo principale di Ibn Saba era dividere i musulmani e diffondere l'anarchia nella società islamica. Ha provocato i musulmani a uccidere Uthman (RA) poiché pensava che Uthman (RA) avesse occupato il seggio di Ali (RA). Era la principale fonte di malizia e rivoluzione durante il regno di Ali (RA).
Il regno di Ali (RA) non comprendeva nuove conquiste, ma caratterizzato da realizzazioni civili e culturali come; l'organizzazione della polizia, la costruzione del tribunale arbitrale e la costruzione delle carceri. Inoltre, Ali (RA) ha trasferito la capitale del Califfato da Medina a Kufah in Iraq, a causa della sua posizione strategica al centro del paese islamico in quel momento. Kufah prosperò quando furono istituite le scuole di giurisprudenza e grammatica. Inoltre, Ali diede ordine di fornire per la prima volta le lettere del Sacro Corano con segni vocalici.
Il regno di Ali (RA) non comprendeva nuove conquiste, ma caratterizzato da realizzazioni civili e culturali come; l'organizzazione della polizia, la costruzione del tribunale arbitrale e la costruzione delle carceri. Inoltre, Ali (RA) ha trasferito la capitale del Califfato da Medina a Kufah in Iraq, a causa della sua posizione strategica al centro del paese islamico in quel momento. Kufah prosperò quando furono istituite le scuole di giurisprudenza e grammatica. Inoltre, Ali diede ordine di fornire per la prima volta le lettere del Sacro Corano con segni vocalici.
Il suo martirio:
La notte in cui Ali (R.A.), Ibn Al-Tiyah venne da lui per chiamarlo per la preghiera quando apparve l'alba. In questo momento, Ali (R.A.) era molto reclinato. Quindi è tornato la seconda volta mentre Ali (R.A.) era ancora nella stessa posizione e di nuovo è tornato la terza volta. Dopo la terza volta, Ali (R.A.) si alzò e andò alla moschea. Quando arrivò alla piccola porta, Ibn Muljam balzò fuori e lo colpì.
Ali (R.A.) morì il 17 di Ramadan, 40H (25 gennaio 661 d.C.). Il suo Califfato continuò per cinque anni.
Un anziano dei Quraishi ha riferito che quando Ali (R.A.) è stato colpito da Ibn Muljam, Ali (R.A.) ha detto:
"Sono succeduto dal Signore della Kabah."
Quando Ali (R.A.) è stato colpito, ha avvisato i suoi figli e poi non ha mai detto altre parole se non:
"Non Dio ma Allah"
finché la sua anima non fu presa. È stato lavato dai suoi figli Hasan (RA) e Hussain (RA) e Abdullah Ibn Jafar (RA). Al-Hasan (RA) ha guidato la preghiera funebre per lui.
Rapporti con lo sciismo:
Ali Ibn Abi Talib fondò lo sciismo dopo che gli altri califfi precedenti morirono e collaborò con l'ebreo convertito all'Islam, Abdullah Ibn Saba nonostante esagerava dicendo che era un Dio poi lo maledisse insieme a suoi figli e lo fece uccidere.
Dopo la morte Alì Ibn Abi Talib accettò lo sciismo soltanto perché è molto adorato per i musulmani sciiti e fa miracoli nonostante questo tuttavia Alì Ibn Abi Talib rimane molto legato alle tradizioni del profeta.
Miracoli di Alì Ibn Abi Talib:
L'Imam ali (as) anche
-controlla il vento
-controlla la crescita di ogni pianta
-controlla la pioggia
-brucia gli shiakhan all'inferno
-Controlla il tempo
L'Imam (as) è essenzialmente il guardiano di questo mondo. Lo protegge, se ne prende cura, lo custodisce, gli fornisce la pioggia, la luce, il cibo, ecc.
"Durante la battaglia di Sifeen, l'esercito al comando di Ali non riusciva a trovare acqua. Nelle vicinanze c'era una chiesa e Ali vi si recò per chiedere alle persone che vi si trovavano dove si potesse trovare l'acqua. Gli risposero che l'acqua si poteva trovare solo a diverse miglia di distanza. L'esercito chiese allora ad Ali se potevano andare a bere, Ali disse loro di non preoccuparsi. L'esercito iniziò a viaggiare verso ovest, ma a un tratto si fermò, indicò il terreno e disse all'esercito di iniziare a scavare lì. Cominciarono a scavare e trovarono una grossa pietra; Ali (as) disse loro di sollevare la pietra, ma non ci riuscirono. Ali, allora, estrasse la pietra con la mano e l'acqua fresca cominciò a sgorgare dal terreno. Un sacerdote cristiano stava assistendo all'episodio, si avvicinò ad Ali e gli chiese: "Sei un Profeta?", al che Ali rispose "No", il sacerdote allora chiese "Sei un Angelo?", Ali rispose "No". Il sacerdote allora disse: "Non sei un Profeta o un Angelo, allora cosa sei?". Ali rispose: "Sono un wasi del Sigillo di tutti i Profeti, Muhummud al Mustapha". Il sacerdote allora disse: "Tira fuori la mano, così posso abbracciare l'Islam". Ali gli disse cosa dire (cioè la Shahada) e il sacerdote disse quanto segue: "Testimonio che non c'è altro Dio all'infuori di Allah. Attesto che Muhummud è il Profeta di Allah e attesto che Ali è il wasi del Profeta Muhummud".
Muhammad dichiarò che nella notte dell'Ascensione, l'Altissimo mi ordinò di chiedere ai profeti del passato per quale motivo erano stati elevati a quel rango, ed essi testimoniarono tutti: "Siamo stati innalzati a causa del tuo Ufficio profetico, dell'Imamato di Ali Ibn Abu Talib e degli Imam della tua posterità". Una voce divina ordinò allora: "Guarda sul lato destro dell'Empireo". Guardai e vidi la somiglianza di Ali, Hasan, Husain, Ali ibn al-Husain, Muhammad Bakir, Jafar as-Sadiq, Musa Kazim, Ali ibn Musa-ar-Reza, Muhammad Taki, Ali Naqi, Hasan Askhari e Mahdi che pregavano in un mare di luce. Questi", disse l'Altissimo, "sono le mie prove, i miei vicegerenti e i miei amici, e l'ultimo di loro si vendicherà dei miei nemici".
Il Profeta dichiarò che quando compì l'Ascensione, gli angeli si informarono in modo particolare su Ali. Quando arrivai", continuò, "al quarto cielo, vidi l'angelo della morte, che disse che era suo compito prendere l'anima di ogni creatura per ordine di Dio; ma nel caso di te e di Ali, dovrò prendere il vostro consenso". Quando arrivai sotto l'Empireo, vidi Ali ibn Abu Talib in piedi e gli dissi: "O Ali, sei arrivato prima di me?" "A chi ti rivolgi", chiese Gabriele. "Mio fratello", risposi. 'Questo non è Ali', disse, 'ma un angelo del Dio Misericordioso, che Egli ha creato a somiglianza di Ali e quando quelli di noi che hanno il privilegio di avvicinarsi alla Divinità desiderano vedere Ali, si recano da questo angelo".
Così Gesù, Mosè e Abramo si informarono su Ali e si congratularono con Maometto per aver lasciato al suo posto un califfo così valido. L'Apostolo raccontò inoltre: "Nella notte di MERAJ, su tutte le tende di luce e su tutti i pilastri dell'Empireo in cui sono giunto, ho visto scritto: "Non c'è altro Dio all'infuori di Allah, Muhammad è l'Apostolo di Dio e Ali ibn Abu Talib è il comandante dei Fedeli".
Aspetto fisico:
Ali era di media altezza. Aveva una testa superba e un viso nobile come l'uomo stesso. Il suo naso era dritto e la sua bocca era splendidamente formata. I suoi occhi erano molto imponenti, pieni di luce e di lucentezza. Nella sua voce c'era una nota di musica. C'era un'aura di spiritualità e un forte magnetismo personale su di lui. In gioventù era bello e pieno di vigore. In età avanzata, divenne corpulento e ingombrante. I capelli grigi della testa lasciarono il posto alla calvizie. La barba, tuttavia, rimase folta e rigogliosa e spesso la tinse di rosso. Era robusto, geniale, caritatevole, meditativo, riservato: un uomo che svettava sulle persone che lo circondavano per le sue capacità intellettuali e spirituali.
Prestavolto per la trama:
-Chethiya Weerakoon
-Bryan Salvadore (pv attuale)
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canesenzafissadimora · 10 months
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E poi ricordati
che la gentilezza
non è mai tempo perso.
Quando incontri una persona gentile
è l’universo che ti ha fatto un regalo.
Una vita senza gentilezza
è una vita vuota
una finestra chiusa
da cui non entra luce
da cui non passa mai
nessuna voce.
Le persone gentili
hanno le tasche piene di sole
fanno strage di sogni e di bellezza
non hanno recinti
e fioriscono ovunque.
Le persone gentili
sanno che è quel dolore
che hai passato e che nascondi
a renderti ricco.
E ti insegnano a mostrarlo
ad averne cura.
ad amarlo.
Le persone gentili le riconosci.
Non violentano i tuoi spazi
non creano mai un senso di urgenza
o di oppressione.
Sanno che ogni vita è diversa
e se hanno possibilità
la accolgono
e in ogni circostanza, la rispettano.
Se tutti praticassimo gentilezza
il mondo sarebbe salvo
e noi con lui.
Le persone gentili
sono anime attente
anime antiche.
I loro occhi abbracciano
le loro voci scaldano come fuochi.
Le persone gentili
sono opere d’arte
e l’arte, purtroppo
la comprendono in pochi.
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Andrew Faber
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principessa-6 · 1 year
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La bellezza e la semplicità di una persona si vede da poco. Dono di poche persone, da non sottovalutare... 🤍
Se si ha vcino una persona così bisogna averne cura. È un dono di pochi... 🤍
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mancino · 1 year
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Essere innamorati è come prendersi cura di un giardino, bisogna averne cura. Bisogna seminare, acqua, togliere le erbacce. Virginie Zakarian Clave- (Finché ci ami)
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empreinte0 · 10 months
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L’ANIMA STUPRATA
“Mi dispiace, dottore…. Mi dispiace, mi dis...piace“ dicevo piangendo.
-“Smettila di dire che ti dispiace, è solo sangue… Fammi lavorare“ diceva facendo il punto delle lacerazioni.
Le lacerazioni della carne fanno male, ma poi la carne cicatrizza e dimentica. Le lacerazioni dell’anima non cicatrizzano e non si dimenticano.
E’ stato in quel momento che ho realizzato che ero in trappola, che il tuo modo di fare era sbagliato ma non potevo dimostrarlo, che da te sarei uscita annullata.
Le donne sono forti, hanno un grandissimo senso del dovere, una coscienza, un rigore incredibile. Ma nessuno deve supplicare per essere trattato con cura, nessuno deve implorare un riguardo doveroso, nessuno deve sentirsi uno scarto.
Mi affamavi, a chiedere ero sempre io, nonostante fosse terribile ogni volta. Non c’era in te nessunissimo segno di desiderio, solo una mera azione meccanica senz’anima e senza garbo.
“Non so che cosa devo fare. Non riesco a capire cosa si deve dire, cosa devo toccare.“
Eri ovunque tranne lì. Mostravi il tuo distacco, lo stesso distacco emotivo che avevi verso l’intera umanità.
Non ci sei mai stato per nessuno tranne te. Non hai mai amato nessuno tranne te e forse non hai mai amato neanche te, perché amare costa impegno, volontà, desiderio e di nessuna di queste tre cose hai mai conosciuto il significato.
Da quel letto sono sempre scesa piangendo. Non per la vergogna, ma per l’umiliazione.
Mi sono sentita di tutto, ma di certo mai una donna.
Perché non si è donne solo perché si nasce femmine, così come non si è uomini solo perché si nasce maschi.
Tutto si supera, se lo si vuole. Non c’è mancamento, menomazione, defaillance, impedimento fisico che tenga, se c’è il desiderio. Perché tutto parte dalla testa, l’erotismo e la voglia sono in uno sguardo prima ancora che tra le gambe: quello è solo un dettaglio, ma il corpo non sente piacere se la mente chiude.
E la mia mente chiudeva per difendersi dalla pochezza umana e ogni giorno seppellivo la Donna sotto la terra dell’aridità di cuore. Sepolta viva la dignità! Sepolta viva la femminilità! Sepolta viva la sicurezza! Sepolta viva l’autostima già abbastanza provata!
Scuse chieste senza convinzione, mentre finivo i miei pianti sentendoti russare.
Non mi hai mai chiesto “cosa pensi“, men che meno un “cosa provi”.
Perché tu non provavi nulla, credendo che fosse così per tutti, ignorando completamente che la tua era un’anomalia emotiva che distruggeva chiunque ti vivesse accanto, privandolo di ogni gioia di vivere e facendolo sentire sempre sbagliato, in colpa, non abbastanza.
Prendere qualcuno e invece di averne cura, spegnerlo ogni giorno fino a che non è più vita ma una morte ante tempore, è un crimine. Soffocare ogni bisogno emotivo è un assassinio, è uccidere impunemente: apparentemente non c’è un cadavere, mentre il cadavere è semplicemente mascherato, nascosto dentro ad una donna che fa finta di vivere, spesso per i figli.
Nessuno ha il diritto di stuprare l’anima di qualcuno.
Perché quell’anima non sarà mai più la stessa.
E in qualsiasi altre braccia si troverà ad essere, anche se fossero le più amorevoli del mondo, si sentirà sempre paurosa, a disagio e sotto sotto penserà che nessuno possa davvero amarla.
Ora mi sei lontanissimo dal cuore. Non sono capace di odiare. Non fa parte della mia natura.
Posso solo accogliere chi ha sofferto nella carne e nello spirito.
Chi conosce la malattia del corpo ed il dolore dell’anima.
Perché anche se non sono più Donna, sono sempre e comunque Caverna, dove possono trovare riparo le anime stuprate.
Carolina Turroni
#Stopviolenzasulledonne #giornatacontrolaviolenzasulledonne #Blanca #CarolinaTurroni
#25Novembre
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astra-zioni · 1 year
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Se un giorno dovessi averne la possibilità racconterei quello che succede dentro i reparti psichiatrici nell’Italia del 2023. Magari non in tutti, ma certamente tutti hanno lo stesso iter, vecchio, anacronistico e molto spesso ai limiti della dignità umana. Ho assistito a scene terribili e devo sentire ancora osannare Basaglia per aver chiuso i manicomi come grande conquista, certo, peccato che hanno continuato ad esistere, in maniera più silenziosa e subdola. Grande rispetto per la figura di Basaglia, intendiamoci.
All’ultimo ricovero una situazione in particolare mi ha lasciata senza parole, inerme. C’era questo ragazzo straniero, parlava un italiano stentato, a un certo punto, mentre fumavamo fuori, mi dice: Io vorrei tenere gli occhi aperti, ma loro me li chiudono. Io gli chiedo chi, chi glieli chiuda, e lui mi risponde e mi fa intendere gli psichiatrici, i medici. Lui vorrebbe vedere, dice. Ovviamente si riferiva alla mole di farmaci con cui vengono imbottiti i pazienti nei reparti psichiatrici, indiscriminatamente, a prescindere dalla gravità, è prassi. E non sono cure personalizzate, intendiamoci; potrei elencare i soliti tre farmaci ormai vecchi e superati (e mal tollerati) con cui vieni sistematicamente trattato a prescindere che tu sia uno schizofrenico, un sociopatico o una persona che ha avuto un momento di cedimento. Diventi uno zombie umano. Sbavi. Non ti reggi in piedi. Non riesci ad articolare le parole, e di conseguenza non riesci neanche a spiegare in maniera coerente a chicchessia né il tuo stato, né gli abusi che eventualmente subisci all’interno. Perché all’interno non ci sono telecamere, non c’è alcuna tutela, a stento riesci a vedere e parlare con i familiari. Se ti ribelli ti legano o ti imbottiscono di altri farmaci o ti fanno restare lì dentro mesi. Ho visto gente in reparto per quasi un anno. Un fottutissimo anno a sostare in un reparto microscopico senza nulla da fare, imbottito di farmaci e con un paio d’ore d’aria al giorno. Gli psichiatri? Figure mitologiche che incontri una volta a settimana se ti va bene, senza alcun tatto, alcuna umanità. Esci da lì dentro più traumatizzato di come sei entrato. Come dite, il TSO è un’eccezione, dunque ti puoi sottrarre da un trattamento sanitario volontario? Ahahah. Il TSO teoricamente non viene quasi più applicato, perché è uno sbatti a livello giuridico e sono necessarie una serie di approvazioni, quindi, sempre teoricamente, una volta che ti ritrovi in reparto dovresti poter uscire, firmando, se non sei sotto TSO. Ebbene i reparti psichiatrici se ne fregano. È capace che tu per legge non stia sotto TSO, ma non puoi uscire uguale, neppure firmando. (Vi fermo subito, vale anche per casi in cui ti ci sei ritrovato senza aver necessariamente compiuto atti “gravi”). Ti ritrovi dunque senza tutele giuridiche di cui spesso non sei nemmeno tu a conoscenza, perché chi finisce là dentro è talmente ai margini della società che non conosce nemmeno i diritti di cui gode, lontano dai propri affetti, bistrattato dal personale sanitario ed imbottito contro la sua volontà di farmaci totalmente inutili che servono a sedarti e a renderti docile. Perché le cazzo di strutture psichiatriche pubbliche non sono strutture riabilitative, di “diagnosi e cura”, come piace chiamarle alla sanità, ma delle cazzo di strutture contenitive dove viene messo 1) chi non dovrebbe trovarsi lì perché ha spesso problemi altri, 2) persone “scomode” che non si sa dove cazzo mettere, e se non hai la fortuna di mantenere un briciolo di lucidità nonostante i farmaci, come me, e di osservare in maniera critica cosa accade, di avere qualcuno al di fuori che fa il casino per te, un legame con l’esterno, sei fottuto.
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ambrenoir · 10 months
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GLI ANIMALI E IL KARMA
Sono gli animali a scegliere di entrare nella nostra vita. Essi fanno parte del nostro karma e noi del loro.
A volte si fanno trovare «abbandonati» o vaganti, in mezzo a una strada e in pericolo, nel cuore della notte; altre volte, appaiono alla porta di casa, come postini inviati dal destino; altre ancora, ci arrivano da persone amate, vicine o sconosciute. In qualsiasi caso, gli animali erano e sono già nel nostro karma. In questa come in altre vite.
Secondo Brian Weiss, è frequente che lo stesso animale s’incarni più volte nel corso della nostra vita, cambiando semplicemente pelle e facendosi riconoscere da piccoli gesti, dettagli o sottili manie.
Lo vediamo bene nei gatti.
Quando un animale «nuovo» entra nella nostra casa e sa perfettamente dove andare, è segno che il suo sia soltanto un ritorno. Molte persone, in punto di morte,
riferiscono come visione tranquillizzante
non un parente o un genitore già defunto, ma un animale. Questo significa molto. Perché per la nostra anima, non vi è differenza tra una specie e l’altra.
Gli animali sono nel nostro cammino evolutivo come noi nel loro, per questo motivo dovremmo rispettarli come creature sacre e averne la massima cura.
Sono parti e aspetti di noi,
in una diversa forma dell’universo.
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