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#Baron von Reichmerl
zombiequeenblog · 1 year
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Jason Isaacs Appreciation Post
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drheinreichvolmer · 7 months
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AMORE IN AFFITTO CAPITOLO 1
Nordlingen, un regno abitato da 19.268 abitanti, situato in uno dei sette distretti dell'impero germanico, era nota per le sue fortificazioni ben conservate nel tempo. Il centro storico era conosciuto per le enormi mura che lo recintavano, percorribili a piedi. Il regno era situato nel distretto numero cinque, chiamato Svevia. All'interno della fortezza di Nordlingen si trovava il castello di Von Reichmerl, maniero dallo stile medievale, proprietà del barone Heinreich Von Reichmerl. Il bisnonno del barone aveva fatto costruire il castello dopo aver ricevuto in dono quelle terre dal kaiser in persona, al termine di una lunga guerra che coinvolse l'impero tedesco. Il barone Heinreich Lothar Von Reichmerl venne quindi messo a capo di Nordlingen, e da quel momento la sua discendenza non avrebbe mai lasciato quelle terre. Alla morte del barone Albrecht Von Reichmerl, il nipote di Heinreich Lothar, il castello e tutti gli impegni ufficiali passarono automaticamente al primogenito. Questi era Heinreich, figlio maggiore di Albrecht e di sua moglie, la baronessa Kunigunde, una nobildonna proveniente da un altro distretto. La coppia aveva avuto anche una figlia femmina: Elisabeth, soprannominata Lise.
Quel giorno, appena il sole era sorto sul regno, al castello era cominciato un frenetico via vai dei domestici all'interno del grande corridoio del maniero. Tutti si stavano dando un gran da fare perché a breve un'importante ospite sarebbe giunta al castello.
Corinne Lefebvre era una bella giovane donna di trent'anni proveniente da Dubois, città della Francia del nord. I suoi capelli erano lunghi, lisci e di colore blu indaco, mentre i suoi occhi ricordavano uno zaffiro. Come ogni mattina la signorina Corinne si stava preparando per iniziare la sua manzione di maid presso il “Neko Café Bistrot”. Quel posto era sorto in una delle numerose sale del castello ed era stato arredato con ogni comfort che si ricerca in un caffetteria. La fama di quel luogo nasceva dalla possibilità di gustare squisiti dolci o appetitosi salati, trascorrendo il tempo coccolando tanti bellissimi gatti e chiacchierando con le ragazze del Neko Café Bistrot. Lei, come le sue colleghe, viveva lì da diverso tempo e trascorreva la sua intera giornata lavorando alla caffetteria del castello. I capelli indaco riflettevano la sua divisa nera con sopra il grembiule bianco.
Al tocco finale ci pensava un grazioso fiocco indaco sotto il colletto della divisa. Era finalmente pronta, una nuova giornata al Neko Café Bistrot era appena iniziata e Corinne si sentiva carica. Uscita dalla sua stanza, percorse il corridoio che l'avrebbe poi condotta alla sala, tra pochi minuti il Neko Café Bistrot avrebbe aperto le sue porte ai clienti. Mentre accoglieva gli arrivati assieme alle sue college, si accorse della sua compagna di lavoro Francesca che stava correndo verso la sua direzione, come sempre la sua collega italiana era in ritardo. Corinne trasse un sospiro sconsolato pensando tra sé e sé che era un miracolo se ancora il barone non si era accorto dei suoi continui arrivi in ritardo.
<< Francesca, sei in ritardo anche stamattina?! Lo sai bene quanto me che alle 9:30 dobbiamo essere pronte per accogliere i nostri clienti. >> partì Corinne con il suo monologo da madre disperata.
<< Oh, mamma mia! Non è colpa mia se la sveglia non ha suonato, arrabbiati con lei invece che con me! >> replicò la bionda sistemando il suo grembiule.
<< A te non suona mai la sveglia, è diverso! Davvero, dovresti considerarti miracolata se ancora sua altezza non si è accorto dei tuoi continui ritardi. >> controbatté scocciata Corinne.
<< Non si è accorto perché non faccio tardi, io arrivo un minuto prima che i clienti si accorgano che non sono ancora arrivata. >> precisò Francesca ridacchiando. Corinne rivolse lo sguardo al soffitto, discutere con la ragazza era una battaglia persa, era meglio lasciar perdere. La maid dai capelli indaco si mise quindi alla sua postazione a preparare caffè, ed intanto osservava una gioviale bambina che stava facendo colazione mentre scherzava con i genitori. Scene come questa la rendevano sempre un po' malinconica, questo poiché le rammentavano che non aveva mai effettivamente trascorso del tempo spensierato con i propri genitori. Corinne era nata in una ricca famiglia, suo padre sempre via per viaggi d'affari, mentre la madre era purtroppo venuta a mancare presto. Fin da bambina aveva sempre trascorso le sue giornata circondata dalle cure della sua tata e del resto dei domestici. Perfino nelle occasioni speciali come compleanni, la giovane aveva sempre e solo festeggiato con tutti tranne che con suo padre. Nonostante la vita agiata le era mancato qualcosa di più importante, qualcosa che non lo si può comprare nemmeno con tutto l'oro del mondo: la presenza dei genitori. Col tempo aveva imparato a rassegnarsi e a concentrarsi principalmente su se stessa, il suo obiettivo era quello di diventare una famosa violinista come era stata la sua defunta madre. Per questa ragione aveva passato gran parte del suo tempo ad esercitarsi nella sua camera da letto, riuscendo anche ad ottenere un discreto successo. La sua carriera si interruppe tuttavia quando decise di iniziare a lavorare presso il castello di Von Reichmerl.
<< Corinne, sei richiesta al tavolo cinque. >> udì ad un tratto. Era la voce di Francesca, che fece tornare la donna con i piedi per terra – Corinne annuì alla collega per poi dirigersi verso il tavolo numero cinque. Si sedette in compagnia di un impacciato ragazzo con gli occhiali, sorridendo mentre intratteneva una conversazione col giovane cliente.
Intanto Francesca stava preparando una serie di cappuccini, che una volta pronti sistemò su un vassoio, in attesa che una delle colleghe lo portasse al tavolo numero otto. In quel momento, un gatto tigrato salì sul bancone osservando la maid dai capelli biondi, si trattava di Mokaccino. La ragazza sorrise al gatto per poi fargli qualche carezza sulla testa, mentre il micio faceva le fusa in segno di apprezzamento. I gatti del Neko Café Bistrot erano sei, e tutti, prima di diventare la principale fonte di attrazione della caffetteria, erano stati dei randagi. Francesca, come le altre, apprezzava molto che il barone avesse preferito adottare dei mici di strada piuttosto che rivolgersi a qualche allevamento. Mokaccino era il teppista del gruppo, non perdeva mai l’occasione per combinare qualche monelleria, come ad esempio buttare giù dal tavolo qualche bicchiere quando non riceveva le attenzioni richieste.
<< Adesso però devo riprendere il servizio, a differenza tua se io combino qualcosa non mi dicono che sono adorabile. >> disse sarcasticamente Francesca. Mokaccino proferì un miagolio quasi come a concordare con la bionda; ed un attimo dopo, girò il muso verso dei passi familiari che si avvicinavano. Si trattava di una cameriera dai capelli verdi, Maris Eliades, ragazza ventiquattrenne proveniente dalla Grecia. Maris sorrise al monello Mokaccino, e poi prese il vassoio di cappuccini per portarlo ad un tavolo di ragazze che stava spettegolando. Camminando, osservava la bella giornata di sole da una delle finestre della sala, impaziente di terminare il turno mattutino per potersi finalmente dedicare ad un po' di giardinaggio.
Intanto, seduta su uno sgabello a gambe accavallate c'era Ilona Kuznetsov, una donna affasciante di trentanove anni. Ilona era la più grande in quel gruppo di maid e proveniva da Zaytsev, un paese dell'Europa dell'est. A causa dei suoi modi di fare un po' snob era sempre vista in maniera piuttosto negativa dalle altre maid. Si vantava spesso del suo fascino perché prima di lavorare al castello di Von Reichmerl, era stata una famosa modella nel suo paese.
<< Sei ancora lì seduta?! Guarda che i piatti non escono da soli dalla cucina, eh. >> proferì con tono contrariato una voce femminile. Ilona rivolse lo sguardo verso la voce, per vedere una ragazza dalla chioma rossa che la fissava male, le sue braccia incrociate.
<< Invece di farmi la morale, perché non lo fai tu, Judith? >> ribatté la donna dai capelli viola.
<< Io lo sto già facendo, ma come sai anche tu, non lavoro solo io in questo posto! >> Judith stava cominciando ad innervosirsi, e la sua faccia divenne rossa per la rabbia. Notando una certa tensione, Maris si fece avanti dando una leggera pacca sulla spalla di Judith Bennet. Sorrise poi alla collega irlandese, quasi come a invitarla a non fare scenate in presenza dei clienti. La ragazza fece un respiro profondo, e dopo essersi calmata, prese uno dei vassoi e riprese il suo servizio; mentre Maris lanciava uno sguardo ad Ilona.
<< In ogni caso Judith ha ragione, non puoi sempre fare come se fossi la reginetta della caffetteria, eh? O inizierò a prendere in considerazione l'idea di fare rapporto a sua altezza. >> disse la giovane dai capelli verdi. A quelle parole Ilona tornò al lavoro sbuffando, e fu in quel momento che dalla cucina si udì un “Suka Blyat”, seguito da musica di propaganda comunista sovietica in una variante remix. Era opera di Svetlana, una donna russa di ormai ottant'anni che lavorava come cuoca al castello fin da quando il barone era ancora adolescente. Maris osservò la porta della cucina con un sopracciglio alzato, lei come tutti si domandava come mai l'anziana donna dicesse sempre e solo quelle due parole. Un attimo dopo, al fianco di Maris giunse Evelyn Mclean, la sua compagna di lavoro inglese dai capelli azzurri. Evelyn era la più piccola del gruppo e non proferiva mai parola, al punto che molti la credono muta. Si esprimeva scrivendo su una lavagnetta bianca di plastica, e in quel caso aveva scritto che il barone non sarebbe stato felice di sentire quella musica se fosse stato presente.
<< Hai ragione Evelyn, già me lo immagino esordire con il suo solito “Se il mio povero nonno potesse sentire, si rivolterebbe nella tomba.” o sbaglio? >> rispose Maris ridendo leggermente.
L'orologio del castello rintoccò le 14:00, ciò significava che il turno mattutino era terminato, la caffetteria avrebbe riaperto alla clientela alle 16:30. Finalmente anche le maid potevano godere di qualche ora di riposo, e mentre il trambusto nel castello proseguiva, si domandavano chi mai sarebbe giunto al castello.
<< Visto tutto il chiasso da questa mattina, deve trattarsi di un ospite molto importante, sarà sicuramente un politico. >> dichiarò ad un tratto Judith mentre sorseggiava una tazza di caffè.
<< Oppure un bel nobile in cerca di moglie. >> controbatté Francesca già con gli occhi sognanti a tale pensiero.
<< Ma tu non volevi sposare sua altezza? >> le chiese di conseguenza Corinne.
<< Lo voglio ancora, che domande. >> rispose Francesca coprendosi il viso con i lunghi capelli biondi.
<< Secondo me non lo sa nemmeno lei cosa vuole. >> aggiunse Ilona guardando l'italiana.
<< Suvvia, lo sappiamo che la nostra Francesca è una romantica sognatrice, vero? >> disse Maris orientando lo sguardo sulla bionda. Corinne, nel mentre, se ne stava in silenzio persa nei suoi pensieri, anche lei si domandava chi sarebbe arrivato da un momento all'altro. Improvvisamente un pensiero avvolse la sua mente: e se fosse una nobile donna venuta per un matrimonio combinato? Un po' strano considerando che ormai il barone aveva sessant'anni, ciò però non escludeva la possibilità di un eventuale matrimonio per ragioni politiche. L'idea che il barone fosse o potesse diventare innamorato di un'altra donna, fece venire un forte turbamento alla povera Corinne.
<< Corinne? Tutto bene? >> chiese d’un tratto Judith.
<< Eh? Sì, sì, certo. >> diede risposta la donna dai capelli indaco.
<< Sicura? Non sembra, sai. >> obbiettò la rossa con preoccupazione. Ma Corinne insisteva che tutto era sotto controllo, e che la sua collega irlandese si stava preoccupando inutilmente.
<< D'accordo se lo dici tu, mi fido. >> espresse la rossa. In verità Judith Bennet non credeva affatto che tutto fosse apposto come insisteva Corinne, ma essendo evidente che la donna non voleva confidare i suoi problemi, preferì non insistere ulteriormente.
<< Evelyn, secondo te chi è quest'ospite importante? >> interrogò curiosa Francesca. La giovane con i capelli azzurri prese la sua lavagnetta per poi disegnare un punto di domanda, segno che non aveva nessuna idea sulla persona in questione.
<< Magari è una donna venuta per conoscere sua altezza. >> pronunciò di colpo Maris. A quelle parole Corinne sentì nuovamente una pugnalata al petto, stavolta ancora più decisiva.
<< Anche fosse non potrebbe certo competere con la sottoscritta! >> obiettò istantaneamente Ilona. La realtà era che tutte le presenti erano turbate da questa eventualità, in fondo tutte avevano lo stesso obiettivo: conquistare il cuore del loro titolare. Ad un tratto, il portone della caffetteria si aprì; era Gerry, l'anziano maggiordomo di casa Von Reichmerl.
<< Perdonate il disturbo ragazze, ma il padrone vuole vedervi immediatamente nella sala del trono. >> disse l'uomo. Le sei maid si alzarono subito dalle sedie e uscirono dalla stanza per giungere alla sala. Camminando lungo il corridoio insieme alle altre, Maris pensava tra sé e sé, convinta che riguardasse l'arrivo del misterioso ospite. Sapeva bene che quando il barone convocava nella sala del trono era per questioni importanti. Le fanciulle camminavano in gruppo senza fiatare, fino a quando arrivarono al portone che le separava dalla stanza. Quando entrarono nel grande salone, vennero annunciate al barone dal maggiordomo Gerry, che le aveva precedute. Le donne si misero in fila una di fianco all'altra, chinando il busto in segno di rispetto al loro titolare. Quando Corinne rivolse lo sguardo al barone, si accorse della presenza di una giovane ragazza dai capelli rosa e di bassa statura, che indossava un grazioso vestito blu con dei pizzi. Rimase alla sua vista spiazzata, un misto di ansia e confusione. Chi era quella ragazzina? Non poteva certo essere una pretendente, e nemmeno la figlia dell'uomo. Che Corinne sapesse il barone non era mai stato sposato, né tantomeno aveva alcun erede. Restava quindi da attendere spiegazioni direttamente dal padrone di casa, spiegazioni che fortunatamente non tardarono ad arrivare.
<< Immagino che vi state domandando come mai vi ho fatte venire tutte qui. >> annunciò il nobile, seduto sul trono con la gamba sinistra accavallata sulla destra. Le maid annuirono contemporaneamente senza proferire parola.
<< Lei è Gloriosa Von Richtofen, figlia della mia defunta sorella e di conseguenza mia nipote.>> proseguì il barone. A quelle parole tutte trassero silenziosamente un sospiro di sollievo.
<< Purtroppo i suoi genitori sono venuti recentemente a mancare, e visto che sono stato nominato suo tutore, verrà a vivere qui con noi. >> concluse l'uomo guardando le sue dipendenti. Gloriosa guardava intanto con indifferenza le donne, per poi controbattere allo zio.
<< Non capisco perché devo venire a vivere qui! Ho 18 anni, potevo tranquillamente rimanere al mio castello in pace! >> replicò infastidita la fanciulla dai capelli rosa. Le cameriere si guardarono tra loro, pensando che la nuova arrivata avesse un gran brutto carattere.
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tawneybel · 5 years
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Imagine not finding out Dr. Volmer is the baron until after he’s checked your vital signs (amongst other parts) and decided your genes would be a good addition to the Reichmerl bloodline.
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tennant · 3 years
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Jason Isaacs as Heinreich Volmer/Baron von Reichmerl A CURE FOR WELLNESS (2016), dir. Gore Verbinski
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fromtheboundlesssea · 4 years
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Do you think Jacob Isaacs would make a great fancast for Aerys II (the Mad King)?
I mean... I've watched him on Harry Potter films as Lucius Malfoy, and in 2016 there's a psychological movie titled, A Cure for Wellness, where 200 years ago prior to the film, Baron von Reichmerl (played by Isaacs) is trying to create a “pure” bloodline by procreating with his sister, and later with his own daughter when she matured enough. 🤮🤮
Listen. He’s my fancast unless I need a gif of him and then I go to LotR. But Isaacs is perfect!
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drheinreichvolmer · 8 months
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Barone Heinreich Volmer Von Reichmerl , ha 60 anni ed è lo zio materno di Gloria in quanto fratello maggiore della madre defunta di quest'ultima. Si vanta spesso del suo passato da militare e delle varie onorificenze ottenuto nel corso della sua vita. E' molto abile con la spada ed è un eccellente ballerino quando si tratta di ballare un waltz. Nonostante sembri apparentemente taciturno in verità ha un gran senso dell'umorismo. Prova fin da subito sentimenti per Gloria anche se inizialmente cercherà di reprimerli. Il suo hobby è assemblare e/o dipingere modellini di carri armati.
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drheinreichvolmer · 8 months
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Evelyn Mclean ha 23 anni e proviene dal Brownie ( attuale Gran Bretagna) è una ragazza introversa che comunica scrivendo su una lavagnetta , molti la credono muta a causa di questo. In verità ha una voce incredibile anche se in pochi lo sanno , solo il barone è riuscito a sentirla cantare. Prima di diventare una maid al castello di Von Reichmerl , era una cantante ma dopo un esperienza traumatica non è più riuscita a cantare per nessuno.
Il suo hobby è la mimica.
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drheinreichvolmer · 1 year
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Capitolo 5
Preso dalla rabbia mista a follia scaturita da quei ricordi, Heinreich iniziò a colpire ripetutamente l'uomo con la sua ascia. Ormai, il corpo di Hoffmann era ridotto a pezzi.
<< Adesso basta, ormai non c'è più niente da colpire, non vedi? >> disse Hans alzandosi in piedi.
Il biondo aveva assistito passivamente a tutta la scena, tutto era andato come si immaginava, e adesso era il suo momento. Caricò il cadavere sulla carriola, per poi coprirlo con foglie e rami. Fece poi cenno con lo sguardo al barone, prima di dirigersi verso i sotterranei dove si trovavano le falde acquifere. Ovviamente, aveva preso una stradina secondaria per evitare che qualcuno al castello potesse vedere. Giunto sul posto si sbarazzò di quel cadavere, le anguille fecero il resto.
Heinreich intanto si avviò verso il castello, dopo essersi sbarazzato del suo camice insanguinato. Sul suo volto comparve un sorriso benigno, era molto soddisfatto del suo lavoro, raggiunse il proprio studio e tracciò una linea sul nome di Hoffmann. Un altro passo verso la realizzazione della sua tanto bramata vendetta. Il medico poi passò davanti alla stanza della nipote, per assicurarsi che andasse tutto bene con sua figlia. Restò piacevolmente colpito dalla vista delle due dormire abbracciate. Spense il televisore, rimboccò loro le coperte e baciò la fronte di entrambe le ragazze.
Olga era alla finestra della sua camera, ormai era notte fonda quando vide passare Hans con la sua carriola. Stava andando verso la rimessa per gli attrezzi da lavoro, segno che già aveva svolto lo sgradevole compito. La signorina Keller si mise poi sulla porta della sua stanza, vide il barone ritirarsi nella sua camera da letto e trasse un sospiro.
Al castello di Von Reichmerl era oramai trascorsa la mezzanotte, il castello era piombato nel silenzio e tutti erano nelle loro camere da letto a dormire. Tutti, naturalmente, tranne Heinreich. Il dottor Volmer, come ogni sera, si trovava ancora sveglio, davanti al suo PC, preso dalle sue consulenze su Seven Cups. Caratteristica particolare di questo sito era l’anonimato, che permetteva alle persone in cerca di supporto di sentirsi più sicure, più libere di condividere i propri problemi – senza il timore di essere giudicati o criticati. Erano molti coloro che ogni sera si rivolgevano all'illustre medico svizzero: dalle situazioni più comuni, come rifiuti in amore; a casi più complessi, traumi o disturbi post traumatici. Col tempo, Heinreich si era accorto che la fascia di età dei suoi pazienti oscillava tra i ventidue e i trent'anni. Il medico passava diverse ore delle sue nottate a infondere sicurezza e dispensare consigli paterni, come avrebbe fatto con sua figlia Hanna o con sua nipote Edith. Tra un paziente e l'altro, si facevano le tre di notte; il dottore non trovava facile addormentarsi subito, e la notte era il momento del giorno in cui i suoi pensieri lo turbavano di più. Heinreich ascoltava le loro storie, e spesso, in quelle vicende di sconosciuti, trovava piccoli estratti delle sua esistenza. Si sentiva in qualche modo legato a loro. Percepiva il dovere morale di essere sempre lì per quelle persone, nonostante di loro spesso non sapesse nemmeno il nome, era come se conoscesse da una vita ognuno di loro. Quando la stanchezza iniziava a farsi sentire e il medico non riusciva più a restare lucido, solo a quel punto si disconnetteva dalla piattaforma. Spegneva poi il PC e finalmente si coricava nel suo letto, non prima però di aver detto le sue umili preghiere. Il barone era molto credente, e nonostante il suo passato tragico, era convinto che Dio sarebbe sempre stato al suo fianco. Anche l’aver trovato persone meravigliose come Hans, Olga, Edith e Klaus, era sicuramente un dono divino, secondo lui. Si inginocchiava ai piedi del letto e chiedeva a Dio la forza di non arrendersi mai, anche nei giorni più duri, ma soprattutto pregava per la salute e la felicità delle persone che amava.
<< Benedici la mia famiglia, così sia. >> disse sottovoce il medico. Finita la sua preghiera quotidiana, si coricò nel suo letto e chiuse gli occhi. Un'altra giornata era ufficialmente trascorsa.
Al mattino seguente, alle sei in punto si udì in lontananza il canto mattutino di un gallo, e poco dopo Heinreich uscì dal portone del castello per andare a correre. Mancavano solo tre giorni al compleanno di sua figlia, e lui non aveva ancora un regalo da presentarle. Conosceva bene i gusti di Hanna, ma voleva farle qualcosa di assolutamente inaspettato. Decise che durante quella giornata avrebbe assolutamente dovuto rimediare il regalo perfetto. Poco dopo l'uscita di Heinreich, anche Olga uscì dalla sua camera da letto, dirigendosi in cucina. Restò scioccata quando, attraversando il salone, vide Hans dormire sul divano.
<< Hans?! Che misericordia fai sul divano? Non hai un letto tuo?! >> disse la bionda scuotendolo delicatamente. Hans si svegliò di scatto e istintivamente tirò un pugno, evitato senza problemi dalla donna.
<< Oh Olga, sei tu. Certo che ho un letto, peccato che qualcuno stanotte abbia deciso di fare rumore tutta la notte! >> replicò Hans un po' stizzito. Stava facendo riferimento a Nuvolino, che aveva miagolato tutta la notte. La caposala si trattenne dal ridere, per un attimo era stata ciecamente convinta che il collega stesse parlando di una delle solite prestazioni sessuali del loro titolare.
Intanto, Heinreich era ormai arrivato nei pressi del bosco che fiancheggiava il castello; come ogni mattino, il medico si sarebbe fermato a far visita alla tomba della sua defunta sorella. Ogni volta che si fermava lì, le raccontava ciò che accadeva sulla terra e le poneva domande esistenziali. Sapeva che non sarebbe giunta alcuna risposta, ma lo faceva lo stesso perchè era sicuro che lei lo stesse ascoltando. Preso dalla nostalgia, l'uomo iniziò a rammentare. Il funerale di Emma si era svolto in una giornata di pioggia, come se il cielo stesso si fosse unito al dolore dei partecipanti. Per circa un mese, aveva continuato ad andare lì ogni giorno, si sedeva accanto alla tomba e trascorreva la giornata a parlare con lei. Non ci volle molto prima che cadde in una depressione immensa, immensa al punto dal contemplare la morte. Per fortuna, vi furono tre cose che gli impedirono di togliersi la vita: la promessa di prendersi cura della figlia, la presenza costante di Hans e Olga, ed infine il suo desiderio di vendetta. Perso nei suoi pensieri, si rese conto da quanto tempo non tornava lì insieme ad Hanna, e promise all’amata che la prossima volta avrebbe portato con sé anche la figlia.
Al rientro al castello, il dottor Volmer passò davanti alla reception e si rivolse alla nipote, intenta alla registrazione di alcune fatture.
<< Edith, per il convegno è tutto apposto? >> domandò il medico appoggiandosi al bancone.
<< Certo, zio! Come da richiesta, ho effettuato la prenotazione dell’hotel in centro Roma, per quattro giorni. >> rispose Edith mostrando l'email di conferma da parte dell'albergo.
<< Ottimo, e per gli spostamenti come siamo messi? >> domandò lui.
<< Per quanto riguarda il centro dove si svolgerà il convegno, ti ho inviato una mail con l'autobus da prendere e gli orari di andata e ritorno. Mi sono permessa anche di preparare un itinerario turistico da fare nel corso del vostro soggiorno. >> replicò la giovane infermiera.
<< Magnifico, hai pensato anche a quella mia richiesta speciale? >> chiese lui sorridendo cordialmente.
<< Certamente! Ho prenotato un campo da tennis per due ore al circolo Belle Arti. Anche in questo caso, nella mail trovi il percorso più rapido e tutti i dettagli importanti. >> ribatté la ragazza. Il medico le diede il cinque e tornò nel suo studio; aveva ancora molto da scrivere, e soprattutto doveva decidere cosa regalare ad Hanna per il suo imminente compleanno. Chiamò la signorina Keller nel suo studio, la donna conosceva bene i gusti di Hanna quanto lui, e forse sarebbe riuscita a dare un valido consiglio. Olga elencò diverse idee; da una crociera per due, ad un viaggio in Irlanda per tre settimane. Tuttavia, nessun suggerimento soddisfaceva completamente il medico. Continuarono a discutere varie proposte, fino a quando Heinreich non ebbe una vera e propria illuminazione: avrebbe chiesto la mano ad Hanna durante la loro mini vacanza in Italia.
Hanna, intanto, era uscita nel giardino del castello per dipingere. Era dotata di un grande talento nella pittura e nel disegno, entrambi ereditati da sua madre. La giovane non sapeva quasi niente della defunta madre, soltanto che era venuta a mancare subito dopo la sua nascita. Suo padre non le raccontava mai niente su di lei e, di conseguenza, nemmeno gli altri. Conscia del fatto che per il padre era un tasto dolente, si era rassegnata a fare domande sulla donna; aveva deciso piuttosto di aspettare, sperando che prima o poi il dottore ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà. Mentre stava dipingendo un paesaggio di montagna, rammentò come zia Olga, più volte, avesse paragonato la sua dote artistica a quella della madre. Peccato che in tutto il castello non avesse mai trovato alcuna traccia di opere realizzate dalla baronessa. In un primo momento, Hanna ipotizzò che il padre li avesse fatti distruggere per il troppo dolore, ma scartò subito questa opzione. Né lui, né gli altri, sarebbero mai stati capaci di tale gesto. Dovevano essere certamente nascosti da qualche parte, sì. Ma dove? Di colpo, la ragazza si ricordò di una stanza di una delle torri del castello. Da quando aveva memoria, quella stanza era sempre stata chiusa, non aveva mai visto nessuno recarsi al suo interno. Se il padre era così tanto interessato a custodirla, sicuramente conteneva qualcosa di grande valore. Doveva trovare il modo di accedervi, ma come? L'unica persona che disponeva della chiave era proprio il dottore, e Hanna sapeva già quale sarebbe stata la risposta se avesse provato a chiederla in prestito. Continuò a dipingere, senza però distogliere il pensiero dal volere a tutti i costi accedere a quella stanza.
Ad un tratto, notò Klaus, il quale si stava preparando per le sessioni di pilates in giardino. Fece così cenno al giovane di avvicinarsi.
<< Che succede, Hanna? Al momento sarei occupato, e se tuo padre mi vede a gingillarmi sono guai per me. >> dichiarò lui sospirando.
<< Non ti ruberò molto tempo, ho bisogno che tu mi aiuti ad entrare nella stanza segreta ad est del castello. >> replicò lei.
<< Stai scherzando? Sai benissimo che nessuno può entrare lì!>> ribatté Klaus sbiancando. Hanna continuò a insistere, aveva disperatamente bisogno di risposte e soltanto lui l’avrebbe potuta aiutare. Il giovane infermiere sembrava irremovibile, fino a quando Hanna non toccò il suo cuore.
<< Ascoltami. Se non avessi mai conosciuto tua madre, non faresti di tutto per sapere anche solo una minima cosa? >> replicò afferrando Klaus al braccio. Il giovane sospirò sconsolato, ormai aveva perso quella battaglia.
<< D'accordo! Ti aiuterò ad entrare stanotte, ma resteremo lì massimo venti minuti, chiaro? >> disse lui esasperato. Hanna lo abbracciò forte saltellando, era sicurissima che con le giuste parole sarebbe riuscita a convincerlo. Con Edith non avrebbe mai funzionato, lei era troppo devota a suo zio.
Nel mentre, Hans osservava i due. Per loro fortuna, era troppo lontano e non aveva sentito nulla della loro conversazione. Era impegnato a potare alcune siepi; anche se oramai non era più compito suo, nessuno poteva accontentare le esigenze del barone se non il suo fidato collega. Ad un tratto il cellulare di Hans squillò, si frugò nella tasca dei pantaloni, prese il dispositivo e rispose. Era Tunja, la sua fidanzata. Dopo la fine della sua convivenza, alcune settimane prima di conoscere il suo datore di lavoro, il signor Schmidt aveva avuto alcune brevi relazioni. Nessuna di quelle storie però era durata più di un paio di anni. Questo fino a quando non conobbe la donna della sua vita. Tunja era la proprietaria di un locale drag a Zurigo, chiamato “DIVA”, lo aveva aperto nel 2016. Da sempre appassionata di drag show e ferrea sostenitrice della comunità LGBTQ, voleva creare un locale dove le persone potessero divertirsi, sentendosi liberi di essere completamente sé stessi. Tunja aveva cinquant’anni, portava i capelli lunghi, lisci e ogni mese cambiava colore alla sua tinta. Aveva diversi tatuaggi tribali e celtici sul suo corpo, e ignorava beatamente tutti quei bigotti che le dicevano di non avere più l'età per uno stile simile. La donna aveva conosciuto Hans nell'ormai lontano 2000, in un gay night club chiamato Black Hole. Quella sera, Hans e Heinreich avevano deciso di andare in un night club vestiti da donne, a causa di una scommessa persa tra Hans ed Olga. Heinreich, semplicemente curioso di provare esperienze innovative, aveva deciso di sostenerlo in quella folle uscita. Hans indossava un vestito di paillettes azzurro, vertiginosi tacchi nero lucido e borsetta a mano dello stesso colore. Per rendere tutto più credibile aveva indossato una lunga parrucca riccia di color nero corvino. Il Dottor Volmer, invece, aveva scelto un tubino verde smeraldo lungo fino al ginocchio, tutto pieno di frange e tulle. Incapace di camminare sui tacchi come il suo amico, aveva optato per un paio di stivaletti neri di pelle, e come accessorio una pochette dello stesso colore del vestito. Il tutto era completato da una parrucca castano chiaro, a caschetto con frangetta.
Era sabato sera e al Black Hole era stato organizzato uno spettacolo di pole dancing, tra le cui ballerine spiccava Tunja. I due amici guardavano lo spettacolo, fino a quando un grosso individuo con enormi baffi palpeggiò il sedere di Hans.
<< Ciao bambolona, vuoi compagnia? >> domandò l'invadente adulatore.
<< Se non togli quella mano potrei rompertela. >> rispose Hans sottovoce, cercando di restare calmo. L'amico del baffone si fece avanti con Heinreich, che non possedeva la calma interiore del suo collega; infatti sferrò al tipo molesto un destro in pieno volto, rompendogli il setto nasale. Risolto il problema, andarono poi a sedersi agli sgabelli del bancone a bere un drink. Hans si era preso un Negroni sbagliato, mentre Heinreich aveva optato per un Moscow Mule. Tunja, la quale aveva assistito alla scena, si avvicinò divertita, ordinando a sua volta un Negroni. Guardando i due, fece presente quanto aveva trovato divertente il sipario comico di prima. A fine serata, Heinreich aveva fatto ritorno al castello, felice di potersi finalmente togliere quel vestito che pizzicava. Hans, invece, rimase a lungo a parlare con Tunja. Parlarono per ore, era come se si fosse creato un legame istante.
Difatti, di lì a poco i due cominciarono ad uscire, e tutt'ora continuavano a vedersi regolarmente, diverse volte a settimana. Tunja era costantemente ospite delle cene di famiglia e degli eventi al castello, Heinreich la trovava molto simpatica, ed era stato ben felice di dare la sua benedizione al fidanzamento tra lei e il suo collega. Olga, invece, non vedeva di grand’occhio la situazione. Non tanto perchè avesse problemi con Tunja, anzi, la rispettava molto. Semplicemente, i suoi sentimenti per Hans la portavano a guardar male chiunque frequentasse il biondo collega. Sarebbe stato più semplice se la signorina Keller si fosse dichiarata, ma convinta di non interessare al collega, aveva preferito tenere i suoi sentimenti per sé. Soltanto Heinreich era a conoscenza del fatto che Olga fosse innamorata del signor Schmidt.
<< Pronto? Oh, cara sei te. No, non mi disturbi mai. Come dici? Ah sì, la cena per il compleanno di Hanna! Per il regalo fai te, sei più brava di me in certe cose. Adesso ti devo salutare, ho una siepe che mi attende. >> disse Hans al telefono con la donna. Heinreich nel mentre aveva finalmente terminato di lavorare alla sua presentazione, e ora poteva dedicarsi completamente all'organizzazione della festa per il compleanno di sua figlia. Aveva grandi idee in mente, per fortuna deteneva un distinto team pronto ad aiutarlo in questa gloriosa organizzazione. Per questo motivo era stata creata una chat di gruppo su Whatsapp, in modo da lasciare comunicazioni riguardo alla festa, senza che Hanna potesse scoprire nulla. Ad ognuno dei membri era stato affidato un compito: Heinreich e Olga si sarebbero occupati della preparazione della cena, Hans e Tunja dell'allestimento, mentre Edith e Klaus dovevano tenere Hanna lontana da casa per tutto il giorno.
Hanna intanto aveva smesso di dipingere ed era tornata nella sua stanza per leggere. Era molto impaziente, non per il suo imminente compleanno, bensì all'idea di andare quattro giorni in Italia con suo padre. Quelli col padre erano stati gli unici viaggi della sua vita, ma solo dopo i suoi quindici anni aveva iniziato a portarla con sé durante i suoi viaggi di lavoro. Prima di allora, Hanna non aveva mai lasciato le mura del suo castello. Fremeva dalla voglia di partire al più presto, finalmente avrebbe potuto trascorrere del tempo con suo padre, senza che quest'ultimo fosse preso dalla sua carriera o dai suoi impegni sociali. Tuttavia, più ancora era emozionata all'idea di entrare nella stanza “segreta”. Nella sua mente fantasticava sul contenuto di quella sala del castello, fortunatamente nessuno avrebbe potuto immaginare che quella notte lei e Klaus sarebbero entrarti a curiosare. Hanna sapeva che per evitare problemi era fondamentale aspettare notte tarda, quando ormai era trascorsa la mezzanotte, in modo che i giri di ricognizione di Hans ed Olga fossero già terminati.
<< È ora di pranzo! >> la voce della signorina Keller richiamò all'appello tutti i colleghi. Heinreich si sedette al suo posto, circondato dai familiari. Come sempre, domandò a loro come avessero trascorso le loro mattinate.
<< Sono stata coperta di lavoro, però la buona notizia è che sono riuscita finalmente a fare quell'ordine su Aliexpress! Mi serviva proprio una rinnovata al guardaroba. >> rispose la giovane Edith. L'infermiera faceva i suoi acquisti online esclusivamente su quel sito online cinese, e da qualche anno aveva contagiato anche gli altri familiari, in particolar modo suo zio Heinreich. Edith tirò fuori il suo cellulare e si mise a mostrare i vari articoli ordinati.
<< Non capisco il senso di comprare vestiti, se poi non esci mai. >> replicò Klaus.
<< Possono sempre servire, testone! Non posso certo andare in giro costantemente con la divisa da lavoro, scusa eh. >>
Heinreich ridacchiò, anche se non era sangue del suo sangue, Edith alle volte aveva il suo stesso temperamento. Veder battibeccare quei due lo faceva pensare ai giovani Hans ed Olga, anche loro erano sempre a punzecchiarsi. Per molto tempo, il barone era stato ciecamente convinto che i suoi due più cari amici sarebbero divenuti marito e moglie. Le sue convinzioni però erano sparite nel momento in cui Hans gli aveva presentato Tunja.
<< In ogni caso, io sono stato preso dal lavoro. Non capirò mai gli anziani che vogliono fare i giovani a tutti i costi! È la terza volta questa settimana che qualche nonnetto mi rimane bloccato con la schiena durante pilates. >> ribatté il giovane Klaus. Alla battuta di Klaus i membri seduti al tavolo scoppiarono a ridere , immaginandosi la scena.
<< La mia è stata una mattinata tranquilla, i nuovi sali da bagno sono stati molto apprezzati. >> dichiarò Olga rivolgendo lo sguardo al suo titolare.
<< Bene, ne sono molto lieto.. Hans, tu invece che mi dici? >> replicò il Dottor Volmer.
<< Ho quasi terminato di estirpare tutte le erbacce dal giardino, devo ammettere che sono state nemiche tenaci e agguerrite. Quel sudicio branco di contadini ventidue anni fa non me ne diede così tanti! >> rispose il biondo, facendo l'occhiolino ad Heinreich. La giovane Hanna rise all'affermazione, ignara di tutto, credeva fosse uno dei tanti racconti di gioventù di suo zio Hans.
<< Hanna, tu invece? >> domandò Edith rivolgendosi alla cugina.
<< Questa mattina mi sono messa in giardino per dipingere, purtroppo ho fatto solo una bozza al momento, ero un po' a corto di ispirazione. >> disse la ragazza sospirando.
<< Vedrai che la troverai. Klaus, perchè non le fai da modello? Così può fare un quadro horror! >> dichiarò Edith ridendo e punzecchiando l'infermiere col gomito. Klaus era tentato di mandarla a quel paese, però le sue faccie buffe contagiarono anche la sua di risata.
<< Parlando seriamente, nella tua stanza custodisci diverse tele, pensavo che sarebbe bello prima o poi organizzare una mostra qui nel castello. >> dichiarò Heinreich guardando sua figlia. Hanna sorrise, i suoi occhi ad un tratto avevano cominciato a brillare. Per lei era davvero importante quanto suo padre credesse nel suo talento e come la incoraggiasse sempre. Peccato che fosse una ragazza troppo timida e introversa per pensare seriamente di mostrare al mondo le sue capacità.
Dopo il pranzo, Heinreich si tolse il camice, avvisando che si sarebbe recato in paese per fare spesa. In verità, stava uscendo per andare a comprare due regali di compleanno per Hanna. Il primo era quello di copertura, quello che le avrebbe dato alla festa di sabato sera; mentre il secondo sarebbe stato la vera sorpresa. Per questo motivo si stava recando in una oreficeria di Zurigo. Era un laboratorio orafo artigianale, e ogni pezzo esposto era realizzato dalle loro mani in ogni più piccolo dettaglio. Durante il viaggio a bordo della sua Mercedes nera, di modello classe E cabrio, rifletteva sul fatto che fossero ormai trascorsi più di vent'anni dall'ultima volta che era stato in quel negozio. In quell’occasione, era stato per le fedi nuziali per il suo matrimonio con Emma. Era stato il suo collega Hans a consigliargli quel posto, e il barone ne era rimasto piacevolmente colpito. Per questa ragione, aveva deciso di far nuovamente realizzare a loro l'anello per la proposta di matrimonio e le eventuali fedi nuziali in seguito. Il medico entrò nel piccolo laboratorio artigianale, e si guardò attorno pensando a quanti anni fossero trascorsi dall’ultima sua visita. Notò che l'uomo anziano che aveva realizzato le fedi per il matrimonio tra lui e la sorella non c'era più, al suo posto c'era un giovane dai capelli lunghi castani e la barba un po' folta. Heinreich pensò che si trattasse del figlio, o del nipote del precedente proprietario, ma per evitare situazioni imbarazzanti evitò ogni domanda riguardante il caso.
<< Buon pomeriggio, come posso aiutarla? >> domandò cortesemente il proprietario del laboratorio artigianale. Il medico spiegò la sua richiesta: voleva far realizzare un anello di fidanzamento per la sua dolce metà, doveva essere semplice perchè alla ragazza in questione non piacevano gioielli troppo vistosi, ma allo stesso tempo doveva essere all'altezza della circostanza. L'uomo mostrò al medico una serie di modelli che potevano avvicinarsi al suo immaginario, elencando anche tutte le varie pietre tra cui era possibile scegliere. Heinreich guardò ogni singolo modello ed ogni singola pietra, ma sembrava proprio non riuscire a decidersi. Come sempre, era maledettamente indeciso. Ad un tratto la sua attenzione venne catturata da un modello, era un solitario in argento con tre diamanti azzurri incastonati. Era perfetto. Semplice, ma di bella presenza; e soprattutto, i diamanti erano lo stesso colore degli occhi del medico. Decise quindi di commissionare quel modello – la misura doveva essere un 17, ormai conosceva a perfezione le misure di Hanna. Richiese poi che all'interno venissero incisi i nomi Heinreich e Hanna. Fortunatamente per lui, il proprietario non poteva immaginare che il medico facesse riferimento alla sua stessa figlia. Il medico lasciò un acconto, sarebbe tornato la settimana successiva a ritirare il prodotto finito e confezionato. A quel punto doveva solo rimediare un regalo fittizio da presentare alla festa di sabato sera. Decise così di recarsi in un negozio di usato e acquistare un libro che la figlia cercava invano da tempo. Era un libro di favole gitane, Hanna sarebbe stata felicissima di riceverlo in dono. Avrebbe poi chiesto alla signorina Keller di confezionarlo al suo posto, essendo consapevole della sua nefasta negligenza nel confezionare regali. Sapeva che se avesse provveduto da sé al confezionamento, quel regalo sarebbe risultato più simile ad un pacco equivoco, mostrato in una qualunque puntata di Airport security.
Giunto nuovamente al paese di Hartmann, sulla strada di ritorno, Heinreich decise di sostare un attimo nel bar del paese per disdettarsi e acquistare un pacchetto di sigarette. La sua opinione del paese e di alcuni abitanti non era certo una delle più rosee, ma l'uomo era consapevole che non tutto il paese fosse causa dei suoi mali; e soprattutto che i figli non dovevano mai scontare le colpe dei genitori. Questo era il caso di Gilbert, il giovane barista che gestiva il bar locanda del paese. Il padre era tra i membri che avevano assaltato il castello quella fatidica notte, il medico lo aveva infatti ucciso sei anni prima. Chissà se Gilbert sospettava che dietro la misteriosa scomparsa del padre ci fosse proprio il barone. Forse il giovane stesso sapeva cosa fosse accaduto ventidue anni prima. Nessuno poteva sapere la risposta effettiva, stava di fatto però che tutti nel paese guardavano biecamente il medico e la sua famiglia. Era disprezzato a tal punto che fuori dal locale era esposto un cartello che vietava l'ingresso ai cani e al barone. Il medico non aveva mai capito cosa avesse portato il paese intero a muoversi contro di lui, che fossero venuti a conoscenza dei suoi esperimenti? O dell'impiccagione del prete? La scoperta della relazione incestuosa con la sorella non poteva certo aver scatenato una tale ferocia, non poteva essere soltanto quello. Ma in fondo, la motivazione non avrebbe cambiato la situazione. Non lo avrebbe distolto dalla sua sete di vendetta. La gente di Hartmann responsabile di tanta disumanità avrebbe pagato, e a caro prezzo. Heinreich, come sempre, ignorò il cartello di divieto, e come sempre Gilbert si rifiutò di servirlo, intimorendolo a lasciare di corsa il locale. Assurdo, pensò tra sé e sé il medico. A quel punto, non restava che rientrare al castello. Rincasato, salutò la nipote alla reception e indossò il suo camice bianco. Affidò poi il libro che aveva acquistato ad Olga, incaricandola di confezionarlo e di tenerlo nascosto dagli occhi di Hanna fino a sabato sera. La bionda annuì prendendo il libro tra le mani e sorridendo al medico.
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drheinreichvolmer · 1 year
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Capitolo 3
Olga si recò in sala, trovando Hans seduto su una delle poltrone. L'uomo dai capelli biondi stava sorseggiando un bicchierino di Wiensbaden, un alcolico tedesco simile al cognac.
<< È un po' presto per farsi un cicchetto, non ti pare Hans? >> domandò quasi polemica lei.
<< Oh, non iniziare! È stata una mattinata pesante, e poi un bicchierino prima di pranzo non uccide nessuno. >> rispose Hans, facendo girare il ghiaccio all'interno del bicchierino.
<< Beh, sì immagino.. d'accordo, per questa volta ti do ragione e mi unisco a te addirittura. >> ribatte Olga versandosi un po' di Wiensbaden a sua volta.
<< Olga? Da quando ti bevi alcolici prima di pranzo?! >> chiese l'uomo quasi sconvolto.
<< Non sei certo l'unico ad aver avuto un mattino frenetico. A proposito, non mi hai ancora raccontato dell'incontro col signor Werner. >> ribatté Olga continuando a bere, assaporando bene il gusto del suo Wiensbaden. Hans cominciò a narrare, partendo con l'incontro fra il Dottor Volmer e il signor Werner, come il medico aveva torturato il paziente, e infine di come lo aveva tolto di mezzo. Durante il racconto, Olga ascoltava, e man mano nel suo sguardo iniziò a notarsi una certa preoccupazione.
<< Olga, mi stai ascoltando? Ti vedo un po' assente, stai bene? >> domandò l'uomo cominciando a preoccuparsi.
<< Sì, certo. Scusami, stavo solo pensando tra me e me al futuro non facile che ci attende. >> rispose Olga.
<< A cosa ti riferisci, scusa? >> ribatté Hans confuso.
Olga spiegò al biondo le sue paure. Secondo lei, fino a quel momento era stato semplice coordinare tutto, questo perchè Hanna era piccola. Tenerla all'oscuro della questione e assicurarsi che non le accadesse nulla non era particolarmente difficoltoso. Ciò che adesso iniziava a farla preoccupare, era che Hanna era ormai diventata una donna. E sicuramente, presto, la gabbia dorata dove il padre l’aveva custodita per anni, avrebbe iniziato a starle stretta.
Hans finì di bere il suo bicchierino di Wiensbaden, rassicurando la donna che ciò fosse molto improbabile. Questo perchè Hanna viveva per suo padre: senza di lui, lei non esisteva. Di conseguenza, era impossibile che da un giorno all'altro potesse scegliere di andarsene.
Olga però non era troppo convinta della teoria del suo collega. Prima o poi la ragazza non si sarebbe più accontentata di guardare il mondo da una finestra; e quando ciò sarebbe accaduto, la vita di tutti sarebbe cambiata drasticamente.
La donna terminò a sua volta di bere il suo cicchetto, senza
però smettere di rimuginare sulla sua preoccupazione.
Hanna non aveva avuto né un infanzia, né una adolescenza normale. Da bambina non le fu permesso frequentare la scuola, poiché suo padre non si fidava ad affidarla a persone estranee. Ovviamente, la bambina avrebbe comunque dovuto avere una buona formazione.
All'epoca dei fatti Hanna aveva sei anni, l'età nella quale ciascun bambino impara le basi della propria istruzione. Fu questo il compito assegnato al signor Schuster, un maestro privato assunto appositamente per lei. L'uomo proveniva da Zurigo, e si vantava molto dalla sua straordinaria capacità del poter insegnare praticamente a chiunque. Quella mattina il maestro arrivò al castello, e venne accompagnato dalla signorina Keller nella stanza da letto di Hanna. La bambina dai capelli biondi sedeva timorosa alla sua scrivania, quando l'uomo di una cinquantina d'anni entrò nella sua camera assieme ad Olga.
<< Lei è Hanna Chiara Volmer Von Reichmerl. Come sua tutrice, qualora ci fossero domande o necessità di qualunque genere non esiti a chiamarmi. >> disse la bionda, per poi lasciare la stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Nel corridoio c'era la camerista Frea, la donna aveva appena terminato di sistemare la camera del barone, e rivolse un sorriso alla caposala salutandola cortesemente.
<< Buona giornata Olga! >> disse la camerista, mentre stava per allontanarsi.
<< Frea, aspetta! >> scattò la caposala afferrando il braccio sinistro della donna.
<< Cosa succede? >> domandò Frea preoccupata per l'improvviso scatto.
<< Voglio che tu resti qui fuori, è arrivato il maestro privato di Hanna e io non sono troppo tranquilla a lasciarla insorvegliata. Ma la mia presenza è richiesta alla clinica. >> rispose la bionda.
Frea fece un cenno con la testa, a prova che aveva compreso il compito assegnatole. La camerista salutò in modo definitivo la caposala e si piazzò fuori dalla porta di Hanna, spiando la bambina e il maestro dal buco della serratura.
<< Allora, ti vuoi presentare o no come si deve? Non ti hanno insegnato nemmeno a parlare? D'accordo, non importa. Cominceremo subito con l'alfabeto! >> annunciò il maestro puntando l'indice contro Hanna.
La bambina ripeteva, quasi sussurrando, le lettere insieme al suo insegnante, ma ogni tanto l'ansia le faceva perdere il filo, confondendola.
Il signor Schuster era un uomo molto severo, e non esitò a colpire con una riga la mano della bambina. Hanna strinse la sua manina, trattenendo le lacrime.
<< Mi ha fatto male! >> piagnucolò guardando il dorso della sua mano.
<< Osi anche rispondere?! >> esclamò il maestro alzando il tono e colpendo nuovamente la bambina, questa volta sulla testa.
Hanna si nascose sotto alla scrivania, coprendosi la testa con le sue mani e iniziando a tremare in preda al panico. Frea, nel mentre, sgranò gli occhi e corse a chiamare la signorina Keller, raccontandole la scena a cui aveva appena assistito. Olga non aspettò un secondo e corse verso la stanza di Hanna. Spalancata la porta, notò immediatamente la piccola nascosta sotto alla scrivania, e domandò al maestro cosa fosse successo.
<< Signora mia, questa bambina è una causa persa…non mi meraviglio se è così indietro. Sicuramente la colpa è del padre che non le ha dato la giusta educazione >> rispose l'uomo sollevando le spalle.
<< Si riferisce al mio titolare? >> domandò un po' irritata la donna.
<< Sì, esatto! >> ribatté il maestro.
<< Le proibisco di parlare di mio padre in questo modo..! >> pianse Hanna, senza uscire dal tavolo.
<< Silenzio! Non parlarmi con quel tono, sai. >> replicò l'uomo sempre più arrabbiato.
Nel frattempo la signorina Keller non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi alla finestra e ad aprirla. Il maestro persistette a gettare commenti inopportuni sul medico e sulla figlia, fin quando la donna non lo afferrò per la camicia e lo scaraventò fuori dalla finestra.
<< Adesso basta, se ne vada subito! >> urlò la donna furiosa mentre lo defenestrava.
Fortunatamente per lui, l’uomo atterrò illeso su una delle grandi siepi del giardino all'interno del castello.
<< Comincio a pensare che se la bambina è in questo modo, è anche colpa sua, signora mia! >> le urlò il maestro coperto di foglie ed erba.
<< Che cosa ha detto?! >> replicò la bionda saltando giù dalla finestra armata di scopa, per poi darsi all'inseguimento dell'uomo per tutto il giardino del maniero.
La signora Frea che aveva assistito alla scena era senza parole, non si aspettava un simile temperamento dalla capo sala. Questo perchè la signora Frea, così come molti altri membri dello staff, ignoravano che Olga in passato era stata una formidabile campionessa di judo.
<< Il pranzo è in tavola! >> la voce di Klaus fece tornare Olga tra loro.
La donna scosse la testa, cercando di non pensare più alle sue preoccupazioni e raggiunse gli altri nella sala da pranzo.
Nel grande salone erano presenti numerosi ampi tavoli, in ogni tavolo erano seduti quattro ospiti dell'istituto Volmer. Al centro del salone c'era una grande tavola rotonda, e lì sedeva il medico assieme alla sua famiglia: Heinreich era seduto a capo tavola, e alla sua destra e sinistra sedevano rispettivamente Hanna e Olga. Di fianco ad Olga si trovava Edith, e accanto a lei c'era Klaus. Hans era dall'altro lato del tavolo, faccia a faccia con il barone. Sedersi a tavola tutti insieme era il momento della giornata che Heinreich preferiva. Tutti i membri della famiglia erano costantemente impegnati nel loro quotidiano, quindi l'ora di pranzo e di cena permettevano di passare un po' di tempo tra di loro.
Poco dopo i camerieri uscirono dalla cucina, iniziando prima a servire gli ospiti dell'istituto Volmer, questo perchè il barone voleva che i suoi invitati fossero privilegiati. Mentre aspettava che i camerieri servissero lui e la sua famiglia, il medico si rivolse ai presenti seduti al tavolo.
<< Allora.. non avete nulla da dire alla nostra Olga? >> disse con un sorriso di autocompiacimento. Gli sguardi di tutti si posarono sulla donna, dalle loro espressioni era chiaro un momento di confusione.
<< Questa mattina Heinreich mi ha tagliato i capelli. >> spiegò la donna scuotendo la testa, ci teneva che l'uomo si sentisse apprezzato.
Hanna, Edith e Klaus cominciarono subito a riempire di complimenti Olga, che sorrise cortesemente ringraziandoli di cuore. Heinreich, invece, stava per vantarsi del suo operato, quando Hans si pronunciò al riguardo.
<< A me sembra identica a prima. >> dichiarò l'uomo sistemandosi gli occhiali.
<< Scherzi?! >> replicò all'istante il barone salendo sulla sedia, attirando l'attenzione di tutti i suoi ospiti.
<< Ma se sono ben 0,3 centimetri più corti ai lati! >> aggiunse afferrando una delle ciocche di Olga. Quest’ultima provò imbarazzo a sentirsi gli occhi di tutti addosso, mentre Klaus invece se la rideva tra sé e sé, domandandosi se suo zio si sarebbe o meno steso davanti a tutti.
Edith si trattenne dal ridere, le reazioni esagerate dello zio erano sempre memorabili. Poi però si alzò, facendolo tornare seduto composto.
<< Certo che tu sai sempre cosa dire eh, vero zio Hans? >> disse Edith dando una pacca sulla spalla al biondo, prima di tornare al suo posto, giusto in tempo per l'arrivo del cameriere. Quel giorno il menù del pranzo prevedeva: carbonara, roast-beef con patate arrosto, insalata mista e cheesecake con ricotta e cioccolato per dessert. Dato che Hanna era vegana dai suoi quindici anni, per lei veniva preparato un menù a parte. Al contrario, suo padre odiava con tutto il cuore la carbonara, si trovò quindi a fissare il piatto con disgusto. Il cameriere, notando la sua espressione, si avvicinò chiedendo quale fosse il problema.
<< Il problema è che sono ventidue anni che vi dico che mi fa schifo questa cosa qui. Ti prego, portami qualcos’altro, anche solo olio e formaggio va bene. Basta che non sia carbonara! >> incalzò l'uomo allontanando il piatto da sé. Hans allungò le mani e prese il piatto di Heinreich, rovesciando il contenuto nel proprio piatto.
<< Non c'è problema, la mangio io. Come fa a non piacerti la carbonara, diamine! >> disse Hans quasi sconvolto.
Heinreich incrociò le braccia sbuffando, poco dopo il cameriere tornò con un piatto di spaghetti cacio e pepe.
<< Oh, adesso si ragiona. >> dichiarò il barone iniziando finalmente a mangiare a sua volta.
<< Sei sempre il solito.. >> replicò Olga mettendosi una mano sulla faccia.
La famiglia stava pranzando in armonia, la signorina Keller però celava il più possibile la sua preoccupazione. Sapeva che il medico si sarebbe potuto facilmente accorgere della situazione e non voleva far preoccupare nessuno.
Durante il turno dei secondi, Heinreich si rivolse ai suoi familiari.
<< Vorrei un secondo la vostra attenzione. Come sapete tutti, tra due giorni sarà il compleanno di Hanna e conto su voi quattro per renderlo il giorno meraviglioso che si merita. >> disse il medico incontrando uno ad uno lo sguardo dei suoi stretti collaboratori.
<< Ma.. papà non serve, una semplice festa in famiglia è più che sufficiente. >> ribatté la giovane figlia imbarazzata.
<< Niente ma, ogni anno abbiamo sempre dato il massimo e continueremo a farlo. E poi.. voglio che tu abbia tutti i meravigliosi compleanni che io non ho avuto la fortuna di ricevere. >> replicò il padre della ragazza.
Hanna rimase muta e al tavolo calò un silenzio quasi imbarazzante. Ognuno dei presenti era a conoscenza della triste e insoddisfacente infanzia del medico. Heinreich però sollevò il bicchiere di vino rosso che aveva in mano, e rivolse uno sguardo ai presenti seduti con lui.
<< ..almeno fino al vostro arrivo. Vi amo immensamente. >> aggiunse con un sorriso cordiale.
Gli altri, compresa Hanna ripresero a mangiare le loro portate.
<< Beh, vorrà dire che venerdì io e Klaus ci prenderemo la giornata libera!>> dichiarò Edith con un mega sorriso.
<< Giornata libera? Che storia sarebbe? >> obiettò Hans, mentre sorseggiava a sua volta del vino rosso.
<< Ci sarà bisogno di fare acquisti per la festa, ci vorrà un team giovane e dinamico. >> replicò Edith girandosi per dare il cinque a Klaus.
<< Certo, perchè noi tre qui siamo delle salme eh.. >> disse Hans guardando Heinreich e Olga. La bionda ridacchiò, quella battuta di orgoglio ferito era riuscita a farle tornare il buon umore.
<< Scherzi a parte, sono d'accordo. Vorrà dire che resteremo noi povere salme polverose a lavorare. >> incalzò Olga ridendo in faccia ad Hans.
<< Splendido, ne potremo approfittare per fare un po' di shopping, cugina. >> disse Hanna battendo le mani entusiasta.
<< Ovvio, ti pare che non ti porto a cercare un bel vestito per il tuo mega party! Sarei una brutta persona, eh. >> rispose Edith mettendosi la mano sul petto.
<< Signore, ti prego abbi pietà della mia anima! >> replicò Klaus battendo la testa sul tavolo. Il pensiero di ore interminabili per i negozi di moda femminile stavano già facendo venire malessere al povero infermiere.
<< Ma non eri ateo, Klaus? >> ribatté confuso il barone.
Hanna, Edith, Hans ed Olga scoppiarono a ridere per l'affermazione di Heinreich, mentre il povero Klaus non si era ancora psicologicamente ripreso.
Al termine del pranzo ognuno di loro tornò alle proprie attività. Hans si mise ad occuparsi della contabilità per le spese del castello e della clinica, Heinreich si fidava più di lui che del suo stesso commercialista. Olga stava controllando i pazienti che entravano ed uscivano dalla sauna, Edith era tornata al bancone della reception e stava già rispondendo a numerose prenotazioni per il prossimo mese. Il giovane Klaus invece si trovava in giardino, a fare yoga con un gruppo di anziani di una casa di riposo. Uno di loro, a seguito di un movimento era rimasto bloccato e l'infermiere doveva intervenire. Con un colpo secco riuscì a sbloccare il povero anziano, fortunatamente senza romperlo del tutto.
Nel frattempo, il dottor Volmer era nel suo studio. Seduto alla scrivania, stava osservando i cassetti in basso ad essa. Aprì il secondo cassetto e prese il block notes dove teneva segnati i nomi delle sue prossime vittime. Con la dipartita del signor Werner, restavano ancora sessantacinque persone da sistemare. Al contrario di Olga, il medico era ciecamente convinto che sarebbe riuscito a tenere Hanna nella sua gabbia dorata per sempre. Fissò quella lista di nomi, rievocando davanti ai suoi occhi l'immagine di sua sorella che bruciava; e nella sua mente udiva quelle strazianti urla. Stava rammentando il senso di impotenza che lo aveva travolto quella notte, quando sentì crescere un dolore al petto e il suo respiro iniziò a diventare affannato.
<< Heinreich! Heinreich, guardami!! >> le grida di Hans si sentivano persino da fuori dello studio del medico. Heinreich tornò lucido e vide il biondo che lo stava scuotendo forte.
<< Hans, amico mio, sei tu.. >> il medico si appoggiò alla spalliera della sedia girevole, riprendendo fiato.
<< Stavi nuovamente pensando a quella notte, vero? Eri in preda al panico e sei ancora sudato. >> rispose l'uomo sospirando. Vedere il barone in quello stato e ripensare al passato era una coltellata al petto, ogni volta.
<< Hans.. >> disse il medico riponendo il block notes nuovamente nel cassetto della scrivania.
<< Sì, dimmi Heinreich. >> rispose Hans osservando la scena.
<< Stasera usciamo, amico mio. >> aggiunse il medico.
Hans osservò il medico, era confuso dalla sua improvvisa proposta.
<< Andiamo a caccia. >> dichiarò Heinreich mentre sul suo viso comparve un sorriso perverso. Il collega tornò serio, fece un cenno con la testa in segno di totale comprensione. Hans sapeva perfettamente di che tipo di caccia parlava il suo datore di lavoro e amico.
Hanna nel contempo si trovava in giardino, seduta sulla sua altalena di legno, e si dondolava tenendosi saldamente alle corde ricoperte di glicine viola.
Quell'altalena l'aveva costruita suo zio Hans ed era lì da molto prima di lei, la baronessa infatti passava intere giornate seduta su di essa a disegnare. Ogni tanto guardava Klaus lavorare e pensava al fatto che sia lui che Edith erano sempre lontani dai loro genitori, mentre lei non si era mai staccata un singolo giorno da suo padre. Hanna infatti detestava anche solo il pensiero di essere lontana dall'uomo, tollerava giusto i momenti in cui lui era preso dal suo lavoro. Anche soltanto dormire separata dal padre la spaventava, figuriamoci dormire da sola fuori e lontana da casa. Questi comportamenti che molti avrebbero giudicato come problematici, a lei non davano alcuna preoccupazione. L'unica cosa importante era avere suo padre accanto; era sicura che i due sarebbero stati per sempre insieme. Poco dopo scese dalla sua altalena e andò a sedersi ai piedi di un salice a leggere un buon libro. Sedeva cercando di non sporcare il suo abito corto di colore bianco, con le gambe incrociate, con il libro appoggiato su di esse. In quel periodo aveva da poco iniziato a leggere il terzo libro della saga di “Shadowhunters”, in assoluto la sua saga fantasy preferita insieme ad Harry Potter. Nonostante avesse iniziato a leggerlo da pochi giorni, era ormai quasi a metà; non c'era da stupirsi dato che la lettura era una delle sue più grandi passioni. Le altre due erano la cucina e la scrittura. Scrivere, come leggere, la rilassava molto; e ogni tanto le piaceva annotarsi qualche racconto breve nel suo quadernino in pelle marrone. Tra sé e sé fantasticava di riuscire un giorno a diventare una scrittrice famosa in tutto il mondo. Era completamente perduta nelle sue fantasie, quando la sua attenzione venne richiamata da uno strano lamento.
<< Cos'è stato? Klaus, lo senti anche tu questo lamento? >> domandò la ragazza.
Klaus fece cenno di sì col capo, ma la sua espressione caotica lasciava intendere che non avesse idea di che cosa, o sopratutto di chi fosse. Hanna e Klaus si avvicinarono alla siepe, e man mano i due sentirono aumentare il suono di quel lamento. La ragazza dai capelli biondi cominciò a spostare i rami della siepe, rivelando al suo interno un gatto. Quasi certamente il povero animale si era nascosto lì perchè era ferito. Hanna cercò di sfiorare il dorso del gatto, ma il piccolo iniziò a soffiare cercando di intimorirla.
<< Non toccarlo, sicuramente verrai graffiata. >> disse il giovane infermiere osservando la reazione poco amichevole del felino.
<< Lo so, ma non vedi che è ferito? Non possiamo certo lasciarlo qui a lamentarsi. >> replicò la giovane.
Subito dopo, Hanna si alzò in piedi e corse verso il castello. Se c'era qualcuno che poteva aiutare quel gatto, era sicuramente suo padre. La ragazza entrò di corsa nel suo studio, raccontandogli del gatto ferito. Heinreich non perse tempo, abbandonò lo studio e seguì la figlia fino alla siepe. Arrivato, l'uomo si inginocchiò per osservare meglio il gatto.
<< Che sia ferito non c'è dubbio. Muoviamoci, dobbiamo intervenire immediatamente! >> dichiarò mentre si toglieva il camice medico. Lo usò poi per avvolgere il felino impedendogli di agitarsi. Heinreich entrò nel castello, posò il gatto sul tavolo del salone all'ingresso e iniziò ad esaminarlo, sotto gli occhi di Edith.
<< Ma che bello che sei, micio! Oh, ti sei fatto la bua? Tranquillo, mio zio è il miglior medico di tutta la Svizzera, sei in ottime zampe! >> disse la giovane infermiera con gli occhi a cuoricino. Edith Berger aveva una passione incredibile per i gli animali, i gatti però erano da sempre il suo più grande amore.
<< Fortunatamente non è nulla di grave, ha riportato solo una ferita alla zampa posteriore sinistra. Probabilmente uno scontro con un cane o un gatto più grosso di lui. >> dichiarò il medico. Heinreich scese nei sotterranei col gatto tra le braccia, Edith lo seguì portandogli la valigia con gli strumenti.
Il dottor Volmer appoggiò il gatto sul tavolo d'acciaio davanti a sé, e iniettò una dose di anestetico al gatto. Indossò i suoi spessi guanti neri di lattice e iniziò a medicare il povero animale. La giovane infermiera esaminava intanto l'operato dello zio, e pensava tra sé e sé quanto fosse strana a volte la vita.
Quegli strumenti che servivano spesso a togliere la vita delle persone in quel luogo orrendo, erano adesso diventati un mezzo per salvare una vita. In quel momento, suo zio non era il sadico medico che provava piacere nel torturare i suoi prigionieri; era soltanto un medico che portava fede al giuramento di aiutare una qualunque vita.
Appena il micio fu totalmente sedato, l'uomo inizò a ricucire la ferita della sua zampa. Lasciava scorrere il filo del suo ago, e con cautela metteva i punti alla ferita. Ogni tanto alzava lo sguardo verso Edith, la quale osservava attentamente ogni movimento del medico. Guardare quella scena le fece venire in mente un episodio che le aveva narrato molto tempo fa la caposala Olga.
Era un episodio alquanto passato, avvenuto mentre Edith stava sistemando la mansarda assieme ad Olga. La giovane infermiera stava controllando alcuni scatoloni, per verificare se le cose al loro interno fossero da tenere o meno. Durante “l'ispezione” l'attenzione di Edith venne catturata da un vecchio orsetto di pezza. La ragazza lo tolse dallo scatolone, esaminandolo incuriosita. Al tatto si rese conto che si trattava di uno di quei peluche con dentro le batterie. Tuttavia, il particolare che l'aveva più colpita erano i buffi occhiali di quell'orsetto. In un primo momento, Edith scherzò commentando come fossero uguali a quelli di Hans, poi però si soffermò su un altro dettaglio: il piccolo libro che l'orso stringeva tra le zampe. Sembrava come intento a leggere qualcosa.
<< Olga, guarda questo, secondo te funziona ancora? >> domandò Edith cercando di far partire inutilmente il meccanismo.
<< Temo di no tesoro, è da molto tempo che è quassù. Vedi, quello era il giocattolo preferito della signorina Hanna. >> rispose Olga sorridendole.
Lo sguardo di Olga si addolcì, probabilmente nella sua mente era riaffiorato qualche ricordo legato a quell'oggetto, pensava tra sé e sé Edith.
<< Il suo giocattolo preferito? Dimmi di più, sono curiosa! >> replicò la giovane sedendosi a terra con l'orso tra le mani.
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drheinreichvolmer · 1 year
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Capitolo 1
Era una fredda e nebbiosa giornata di metà Aprile, la meridiana del paese di Hartmann batteva mezzogiorno in punto. Hans Schmidt tentava di evitare le raffiche di vento col mento nascosto dentro la sciarpa grigia di cotone, varcò di fretta il gigantesco portone del castello: non così in fretta, tuttavia, da impedire che una folata di vento entrasse con lui.
Si tolse il cappotto lungo nero e lo appese, assieme alla sciarpa, all'attaccapanni vicino all'entrata. Sostituì poi il cappotto con un camice medico bianco, dalla cui tasca sinistra tirò fuori un piccolo panno beige per lucidare i suoi occhiali da vista. In quel momento, pensò che la sua giornata fosse già iniziata male.
Di primo mattino era uscito per sbrigare alcune “faccende importanti”, così il suo titolare chiamava la pratica che gli aveva commissionato la sera prima. Per questo, già alle cinque del mattino, quando ancora tutto il paese di Hartmann dormiva profondamente, egli era uscito.
Poco dopo era partito un leggero temporale, tipico di quel periodo dell'anno, tipico quanto gli automobilisti che sfrecciano di proposito a tutta velocità sulle pozzanghere, vicino ai poveri individui che viaggiano a piedi. Quella mattina Hans aveva fatto una doccia non richiesta.
Fortunatamente, l'ombrello era riuscito a ripararlo abbastanza e adesso si stava sistemando i capelli davanti allo specchio dell'ingresso principale.
Col suo pettine di legno spostò a sinistra della riga in parte i capelli biondissimi, caratteristici di ogni persona nordica.
Hans Schmidt era un uomo di quasi cinquantanove anni – li avrebbe compiuti fra un mese – e da ormai ventidue anni viveva e lavorava nel castello di Reichmerl.
Era un castello non lontano dalla città di Hartmann, sulle Alpi svizzere, ad una altitudine di 855 metri, al di sopra del centro abitato.
In passato era stato proprietà di una nobile famiglia prussiana, che visse lì dall'alto Medioevo fino alla prima guerra mondiale.
Alla fine del 1945 venne acquistato e rimesso a nuovo dalla casata dei Von Reichmerl, dopo che la guerra lo aveva in parte danneggiato.
Ad oggi, è tutt'ora proprietà della famiglia; e dal 1992 il castello, come i molti ricordi della casa Reale, vengono gestiti dal barone Heinreich Aloysius Volmer Von Reichmerl, il titolare di Hans.
Il signor Schmidt aveva conosciuto il barone alla fine degli anni Ottanta, quando dopo anni di onesto lavoro, presso una fabbrica orafa di Zurigo, era stato licenziato senza troppe spiegazioni.
Quello stesso giorno perse non soltanto il lavoro, ma anche l'amore della sua ormai ex fidanzata Agnes, la quale ritenendolo un inetto, non esitò tre secondi a piantarlo in asso. Abbandonato a sé stesso, Hans si ritrovò a vivere per strada da mendicante, aveva perso tutto, compresa la speranza che le cose si sarebbero mai potute sistemare.
Avvenne allora il provvidenziale incontro con Heinreich Volmer. Il barone non era molto amato dalla gente che viveva nel paese sotto al suo maniero. Il motivo all'epoca dei fatti era ignaro pure a lui stesso, tutto ciò che sapeva era che la gente del borgo lo faceva da sempre sentire come un reietto.
Quel giorno di oltre trent’anni prima, Heinreich era sceso in paese per alcuni acquisti, quando di colpo si trovò davanti una particolare scena. Un gruppo di persone che umiliava e pestava un povero uomo, la cui vita era già di suo abbastanza dura. Quel povero uomo era proprio Hans Schmidt.
Alla vista del barone, i tre delinquenti si diedero alla fuga.
Hans si era sentito immensamente riconoscente, ma il suo benefattore non aveva ancora finito di aiutarlo, poiché quando il barone venne a sapere tutto quello che gli era successo, gli fece una proposta impensabile.
Lavorare per lui in cambio di vitto e alloggio. Hans, in principio, rimase stranito dall'offerta, essendo anche lui a conoscenza di come Heinreich Volmer era descritto dal popolo.
Lo stesso popolo che però lo aveva umiliato per mesi. Quindi, alla fine chi era il vero mostro? Un popolo becero e ignorante, oppure un uomo che ti ha salvato la vita? Questo pensiero portò Hans Schmidt ad accettare l'offerta fatta.
Il suono del timer del forno fece riemergere l'uomo dai suoi pensieri. Si diresse verso l’enorme cucina, e attraversandola, osservava i cuochi alle prese con le varie preparazioni. Tutto filava liscio, così raggiunse il piano cottura dove stava bollendo un bricco in coccio contenente del latte.
Spense il fornello prima che il latte fuoriuscisse, prese un termometro e lo mise all'interno del bricco per verificare la temperatura.
Il latte era perfettamente tiepido, né troppo caldo da dover attendere a lungo per bere, né troppo freddo, per poter apprezzare la sensazione di tepore mentre stringi la tazza fra le mani.
Hans faceva questa verifica ogni mattina che veniva preparata la colazione per Heinreich, sapeva quanto fosse esigente sulla temperatura del suo latte macchiato.
Ricevuta l'approvazione di Schmidt, una degli aiuto cuochi iniziò a versare il latte in una tazza di ceramica bianca, aggiungendo successivamente una piccola quantità di caffè d'orzo.
Hans osservò la scena e un piccolo sorriso divertito comparve sul suo viso. Sapeva quanto il barone odiasse il suo continuo sostituire il caffè espresso con quello d'orzo, e sicuramente anche quella mattina ne sarebbe nata una divertente discussione.
Hans mise la tazza su un piattino e al fianco di essa un cucchiaio di acciaio, lasciando la cucina. Attraversò il lungo corridoio che lo avrebbe condotto alla camera da letto, preparandosi psicologicamente ad andare a svegliare Heinreich.
Teoricamente quel compito apparteneva alle cameriste, ma serviva molto coraggio ad entrare nella camera da letto del barone, specialmente se a tarda mattina non si era ancora svegliato.
Heinreich Volmer era un tipo mattiniero, ogni giorno alle sei in punto di mattina lasciava il castello per andare a correre e molti del suo personale invidiavano la sua volontà, perché per loro personalmente già fare avanti e indietro per l'ampia discesa che conduceva al cancello infondo alla strada, era da considerare sport olimpico.
L'uomo dai capelli biondi bussò sei colpì con le nocche sulla porta di legno, dalla parte opposta non giunse alcuna risposta. A quel punto, Hans sapeva che c'erano tre ipotetici scenari ad attenderlo.
Il primo: quello più banale, il barone stava ancora dormendo, ciò era possibile solo se aveva trascorso la notte in bianco.
Secondo: era alle prese con una sessione di sesso mattiniero; oppure terzo e peggiore dei casi: un esaurimento nervoso di quelli che perfino Heidi e suo nonno in cima alle Alpi svizzere avrebbero sentito.
Decise di fare un secondo tentativo, e nuovamente bussò alla porta della camera per sei volte, ancora una volta non arrivò alcun responso.
Hans prese un respiro e infilò la chiave del suo passepartout nella serratura, la fece girare e spinse lentamente la porta in avanti.
Al castello di Reichmerl solo quattro persone disponevano del passepartout per entrare ovunque nella dimora. La prima era senza dubbio Hanna, la figlia quasi ventiduenne del barone. C’era poi Olga Keller, la quale come Hans, viveva e lavorava lì da prima della nascita di Hanna. Infine Edith Berger, che insieme ad Hanna era il membro più giovane a vivere al castello.
Edith aveva ventitre anni e abitava lì da quando ne aveva sedici. I genitori della ragazza erano molto bigotti e conservatori, così quando lei aveva dichiarato al padre e alla madre madre di essere lesbica successe il peggio.
Non si era certo aspettata il massimo dell'incoraggiamento, ma non di certo di essere sbattuta fuori di casa. Aveva poi conosciuto per caso Hanna in un giorno qualunque di dicembre. Le due si erano trovate in una caffetteria a Zurigo, mentre Hanna aspettava che il padre facesse benzina alla pompa dall'altra parte della strada. Tra le ragazze nacque una conversazione, e quando l'uomo dai capelli neri fece ritorno nella caffetteria, la figlia gli raccontò quanto era capitato alla povera Edith.
Heinreich ne rimase profondamente disgustato. Come poteva un genitore macchiarsi di una colpa così grave? Edith Berger venne di seguito assunta come camerista, e col passare dei mesi il barone si era profondamente affezionato alla ragazza, ormai da considerala come una seconda figlia. Dal canto suo, Edith aveva finalmente trovato quel calore familiare e quel supporto paterno che le era sempre mancato. Col tempo iniziò a chiamare il barone affettuosamente “zio Heinz” o semplicemente “zio”.
Hans Schmidt spinse in avanti la porta di legno di fronte a sé, e lentamente entrò nella camera da letto, domandandosi quale dei tre scenari lo stava attendendo. Camminò gradualmente verso il letto a baldacchino e alzò lo sguardo sulla scena di fronte ai suoi occhi.
Heinreich Volmer dormiva in un stato di beatitudine col capo rivolto verso l'entrata e, a giudicare dal corpo lucido per il sudore, coperto solo leggermente dal lenzuolo azzurro chiaro di lino, l'uomo aveva da poco fatto “il suo dovere”. Se l’essere sudato e semi nudo non bastasse a rendere chiaro il contesto, la figura di Hanna coricata nuda sul petto di Heinreich, col viso nascosto sotto al mento dell'uomo, le loro mani intrecciate, lo rendevano sicuramente palese. Un altro essere umano sarebbe probabilmente rimasto turbato dalla visione, non tanto dovuta alla notevole differenza di età, essendo Heinreich ormai vicino ai sessanta anni.
La sensazione di disagio poteva nascere dalla consapevolezza che un padre avesse appena soddisfatto sessualmente la giovane figlia, e a giudicare dal sorriso della ragazza, ella era stata decisamente appagata dalla prestazione. Hans ci aveva fatto da tempo l'abitudine, in fondo era ormai dal diciottesimo anno della ragazza che i due avevano iniziato a intrattenere regolarmente rapporti sessuali, e a stimarsi come una qualunque coppia di comuni fidanzati.
Per i due era una situazione assolutamente normale, talmente normale che non si erano mai fatti problemi a dichiararlo pubblicamente in giro e nel mondo.
Heinreich Volmer era infatti un illustre dottore e considerato nel mondo un medico lungimirante, grazie alla sua cura rivoluzionaria.
Da quasi ventidue anni aveva infatti trasformato metà del castello di Reichmerl in un centro benessere con spa, e da ormai ventidue anni ricchi e facoltosi uomini venivano regolarmente lì per ricevere la sua cura.
Il centro benessere disponeva di ogni tipo di comfort: una sauna, una vasca con acqua termale, una piscina, ecc..
Per non parlare dei vari servizi dedicati alla cura della propria bellezza, come un salone parrucchiere, oppure il centro estetico per farsi fare la manicure e pedicure all'ultima moda del momento. Il dottor Volmer aveva però una specifica filosofia: diceva sempre ai suoi dipendenti e ai suoi pazienti “Mens sana in corpore sano”, tradotto dal latino “mente sana in un corpo sano”.
Per questa ragione, oltre a garantire il massimo dei servizi riguardo il benessere del corpo, ci teneva che i suoi pazienti potessero usufruire anche di un servizio di supporto psicologico. Heinreich Volmer era infatti un uomo molto empatico e sensibile ai problemi del prossimo, ciò lo portava a dedicare
gran parte della sua giornata a migliorare l'esistenza dei suoi ospiti. Inoltre, quando non era impegnato in qualche seduta in presenza, lo si poteva trovare di fronte al suo computer, con le sue cuffie, pronto ad ascoltare ogni richiesta di supporto emotivo su una piattaforma online chiamata Seven Cups.
Si trattava di un sito che permetteva la possibilità di cercare supporto emotivo e psicologico,
ma anche fornirlo. Heinreich era iscritto da diversi anni come ascoltatore, e ogni volta, le persone da lui aiutate esprimevano quanto fossero rimaste colpite dalla sua forte empatia e capacità di mettersi nei panni altrui.
Hanna era sempre stata fiera dell'uomo che era suo padre. Era molto stimato in Svizzera, come in altri paesi, e recentemente aveva persino tenuto un seminario sulla sua cura a Toronto.
Questo l'aveva portata costantemente a domandarsi, per quale motivo suo padre era stimato e rispettato ovunque tranne che ad Hartmann? Per quale motivo dovunque era visto quasi come un dio capace di curare e capire tutti, mentre nel borgo sotto al suo castello come un mostro da bandire?
Una minima spiegazione che si era data era sicuramente il fatto che la gente del paese non vedesse di buon occhio la loro relazione. Da sempre era vista infatti come una povera ragazza plagiata, manipolata dal perfido e perverso padre. Nessuno fuori da quelle mura credeva che lei volesse davvero vivere in quel modo, segregata dalla nascita in quell'enorme castello, per uscire solo ed esclusivamente per accompagnare il padre nelle sue uscite.
Hanna non ci aveva mai trovato nulla di strano. Suo padre l'aveva costantemente messa in guardia dal mondo esterno, in particolar modo dalla gente del paese. Semplicemente, pensava che stesse solo cercando di proteggerla.
Hans suonò leggermente un campanellino per richiamare l'attenzione del barone su di sé; e l'uomo aprì lentamente gli occhi azzurri, quasi di ghiaccio, osservando il suo uomo di fiducia e migliore amico in assoluto.
Hanna si alzò su col busto, imbarazzata, coprendosi d'istinto il seno e scappando poi a rivestirsi nella propria camera da letto. Heinreich osservò la figlia darsi alla fuga e sorrise divertito dalla scena, poi allungò la mano per afferrare la tazza bianca di ceramica.
Esaminò il latte macchiato al suo interno e lentamente portò il bordo della tazza verso le sue labbra. Di colpo tuttavia si fermò, e tornò con lo sguardo su Hans.
<< Mi auguro fortemente per te che questa volta tu non abbia fatto usare di nuovo il caffè d'orzo. >> disse Heinreich seriamente mentre socchiuse gli occhi, avvicinando nuovamente il bordo della tazza alle proprie labbra.
<< Sa perfettamente, signore, che il caffè espresso non è consigliato visto la notevole quantità di pillole che manda giù ogni giorno. >> rispose con un sospiro di amarezza Hans.
<< Beh, scusami tanto dottore se sono nato schizofrenico, pensi che l'abbia voluto io? >> ribatté subito il suo titolare, quasi infastidito dalle sue continue ramanzine. Hans Schmidt non si scompose, e come da copione iniziò anche quella mattina ad elencare i motivi per cui il suo datore di lavoro doveva pensare di più alla sua salute, e sopratutto abbandonare quelle cattive abitudini in suo possesso, come fumare un pacchetto di sigarette al giorno.
Come da sceneggiatura, la risposta alla predica non richiesta, era quella di buttare giù il suo latte macchiato, guardare Hans con evidente disgusto per la sua insoddisfazione causata dal caffè d'orzo, per poi abbandonare il letto a baldacchino per iniziare a vestirsi.
<< Quali sono i miei impegni giornalieri, Hans? >> domandò Heinreich mentre si abbottonava la camicia azzurrino chiaro che aveva addosso.
<< Dunque.. Secondo la sua agenda personale, oggi sarebbe dovuto andare a correre alle sei del mattino. >> Hans si fermò per alcuni secondi ad osservare il suo titolare. << Guardando però quanto le lenzuola siano bagnate e suoi capelli siano scompigliati , credo che abbia lo stesso fatto sufficiente attività fisica mattutina. >> Hans si trattenne a stento dal ridere della sua stessa battuta, mentre l'altro si trattenne probabilmente dallo strangolarlo.
<< Tornando seri.. ha una consulenza di supporto col signor Werner tra mezz'ora, a seguire la sua presenza è richiesta in sala per pranzare insieme ai suoi illustri pazienti oligarchi. Infine, alle ore 15:00 ha promesso alla signorina Olga di farle la tinta. >> Hans accennò un leggero sorriso. << Anche parrucchiere? C'è qualcosa che quest'uomo non sappia fare? >> domandò con reale curiosità il biondo.
<< Si. Perdonare, Hans. >> rispose quasi suonando come una minaccia Heinreich, per poi indossare il suo camice medico, prendere la cartella clinica e lasciare la propria stanza da letto.
Heinreich a volte aveva la sensazione che quel corridoio non terminasse mai. Sostò davanti all'ingresso del proprio studio, la porta semichiusa lasciava un leggero spazio, che permetteva al medico di vedere che il proprio paziente era già lì ad aspettarlo.
Heinreich oltrepassò la soglia della porta. Il signor Werner era un uomo di corporatura robusta, sui settanta anni. Alla vista del dottore, diventò di colpo quasi pallido.
Heinreich fece finta di non essersi accorto del cambio improvviso d'umore del suo ospite, e si mise immediatamente ad analizzare il quadro clinico del suo paziente. Il dottore indossò un paio di occhiali da vista e attentamente osservò ogni documento presente nella cartella clinica del signor Werner.
<< La situazione è più complicata di quanto pensassi, signor Werner. >> cominciò il discorso Heinreich, con la sua contraddistinta calma e pacatezza.
<< Cosa non va dottore?.. Mi dica. >> rispose l'uomo passandosi una mano fra i capelli bianchi non molto curati.
<< Vedo problemi alle articolazioni, alle spalle.. lei che lavoro ha svolto nella sua vita? Se posso chiedere. >>
Werner raccontò che fino a quando non era andato in pensione, aveva svolto la professione di commerciante in una piccola bottega del paese.
Il medico apparve quasi sorpreso: solitamente nessuno, o quasi nessuno, del borgo ricorreva alle sue cure.
<< Oh, certo. Credo di aver capito di quale bottega mi sta parlando, adesso è gestita da suo figlio, vero? Com'è che si chiama? Sa, sono un suo cliente abituale. >> aggiunse il medico senza scomporsi minimamente.
<< Arthur... Arthur Werner. >> rispose con un po' di esitazione l'uomo. << Davvero? Non lo sapevo, mi fa piacere sapere che è un cliente affezionato del mio caro ragazzo. >> aggiunse subito dopo il signor Werner.
<< Sì, in verità sono un cliente storico, la mia famiglia fa i suoi acquisti di carne e salumi da quando era ancora lei il proprietario. >> ribatté Heinreich, accennando un sorriso.
<< In ogni caso, mi permetta di consigliarle uno dei nostri trattamenti. Credo che dopo una sessione di fisioterapia si sentirà molto meglio. >> aggiunse mentre si alzò dalla sedia e accompagnò il signor Werner all'uscita.
Fuori dallo studio ad attendere c'era Hans, il quale fece sistemare l'uomo sul lettino e lo trasportò fino all'uscita d'emergenza del castello. Arrivati alla porta, Hans iniettò una dose di anestetico all'ospite, che poco dopo perse conoscenza.
Una volta risvegliato, il signor Werner, si guardò attorno, confuso, non riconoscendo il luogo in cui si trovava.
Al posto del soffitto pieno di affreschi di arte sacra e delle finestre decorate da mosaici, c'era soltanto un ambiente sinistro che sembrava abbandonato da tempo, e un soffitto che perdeva calcinacci.
Werner non poteva immaginare di trovarsi nei sotterranei del castello di Reichmerl, come non poteva ideare la causa che lo avesse portato lì.
Werner aprì lentamente gli occhi, la testa gli girava, e probabilmente l'aveva anche sbattuta. Di fronte a sé, vide l'immagine leggermente sfocata di un medico, e si sforzò per mettere a fuoco la figura. Riconobbe poco dopo che quella sagoma apparteneva al signor Schmidt. Il medico si mobilitò per immobilizzare il paziente, legandone braccia e gambe al lettino.
Il signor Werner era confuso, ma sopratutto terrorizzato, cercava di agitarsi mentre Hans gli tappò la bocca con un vecchio straccio. Successivamente, comparve anche Heinreich con uno strano e sinistro sorriso sul volto pallido.
<< Lo credo che è sbiancato al mio arrivo in studio, signor Werner, mi ha riconosciuto subito, non è vero? >> domandò Heinreich mentre indossava dei guanti bianchi di lattice.
<< Non pensava che avrei ricordato il suo volto a distanza di più di ventidue anni, non ho forse ragione signor Werner? >> dichiarò finendo di indossare i suoi guanti da chirurgo.
Il paziente farfugliò qualcosa, ma lo straccio in bocca non permetteva una chiara comunicazione fra lui e il medico.
<< Come? Mi sta forse dicendo che si era dimenticato di me? Beh, io no, non potrei mai. >> ribattette all'istante il dottore. << Così come non ho dimenticato quello che avete fatto alla mia adorata sorella. >> La mano di Heinreich accarezzava lentamente la guancia del suo degente, che cominciò a tremare
nell'immediato. Il medico dagli occhi di ghiaccio intanto osservava l'uomo immobilizzato, e nella sua mente riaffiorò il ricordo di quella notte maledetta.
Trent'anni prima la sorella di tre anni più piccola, Emma Ingrid, era solita prendersi cura di lui, amorevolmente; e lo era da sempre, come ogni sorella farebbe per il proprio fratello. Un giorno tuttavia Emma confessò all'uomo di non provare per lui un semplice affetto fraterno, ma di esserne profondamente innamorata, ormai da diverso tempo.
Inizialmente Heinreich gli aveva resistito, ripetendo a sé stesso che un fratello non dovrebbe provare assolutamente certe cose per la propria sorella.
Dopo essere stato tradito dalla sua fidanzata italiana Ambra, il barone andò in una profonda crisi di depressione, e la sorella gli restò accanto fino a quando non si riprese totalmente.
Il barone capì allora che l'unica donna degna di sposarlo e dargli un erede era proprio Emma. I due ben presto diventarono amanti, all'oscuro dei genitori e del fratello maggiore Frederik.
Questo fino al giorno in cui Heinreich, stanco di non poter vivere quel rapporto alla luce del sole, dichiarò ai genitori e al fratello la sua relazione con la sorella Emma. Alla notizia il fratello Frederik rinunciò al titolo, ai suoi privilegi e si trasferì negli Stati Uniti, non volendo più sapere nulla di Heinreich e di Emma. Determinati a sposarsi nonostante il disappunto genitoriale, Heinreich ordinò al prete del paese di celebrare le loro nozze, nella cappella presente all'interno del castello di Reichmerl. Il sacerdote condannò categoricamente quell'unione, così il barone lo impiccò nel giardino del maniero, per poi bandire il padre e la madre dalla loro stessa dimora. Per diversi anni tentarono di concepire “qualcosa di puro”, come lo definiva Heinreich, ma dopo sei aborti spontanei, il barone si rese conto che il corpo della sorella rifiutava il feto deforme.
Ma non si fermò lì. Attraverso i suoi studi, scoprì che l'acqua della falda acquifera sotto al castello, tossica per l'uomo, aveva delle proprietà uniche di rigenerazione della vita per le anguille che la abitavano. Essendo da sempre contrario alla sperimentazione sugli animali, fece rapire da Hans diversi contadini che lavoravano nella sua terra, ed iniziò ad eseguire su di loro esperimenti infernali distillando l'acqua e filtrandola attraverso i loro corpi.
Creò in questo modo un’acqua miracolosa in grado di curare l'infertilità della baronessa, che finalmente rimase incinta e riuscì a portare a termine la gravidanza.
Hans Schmidt all'epoca dei fatti viveva e lavorava al castello come giardiniere e uomo tutto fare. In quel periodo, poco prima che la baronessa restasse incinta, al castello di Reichmerl venne assunta anche la signorina Olga Keller. Olga aveva conosciuto il barone quando questo prestava servizio di supporto psicologico presso l'ospedale di Zurigo.
La donna si era rivolta allo sportello gratuito di ascolto, perchè vittima di un compagno violento. L'uomo da tempo abusava di lei fisicamente e psicologicamente, Olga era ormai allo stremo e non sapeva più come vivere con una tale croce.
Anche per lei, come per Hans, l'incontro con Heinreich si rivelò provvidenziale. Il terapista di Olga si era preso qualche giorno di malattia, così era stato sostituito proprio dal barone. Venuto a conoscenza dello stato in cui la donna viveva, le propose la possibilità di iniziare una nuova vita.
Lui le avrebbe dato una casa e un lavoro, dandole finalmente quella esistenza serena che tanto aveva cercato. Olga Keller, in cuor suo, avrebbe anche accettato ad occhi chiusi, ma temeva troppo per la sua vita. Sapeva di non potersi permettere un simile azzardo.
Heinreich Volmer immaginava perfettamente quali fossero le paure della donna. Il compagno avrebbe potuto farle pagare il torto subito, addirittura con la vita.
Il suo eccentrico terapista però la rassicurò che non aveva assolutamente nulla da temere, garantendole protezione. Heinreich non scherzava quando le diceva che l'avrebbe resa una donna libera. Il cadavere dell’ex compago della signorina Keller non venne mai ritrovato. Infatti, poco dopo l'omicidio, il barone aveva dato in pasto il corpo alle sue voraci anguille.
Olga da allora principiò a occuparsi delle pulizie del castello. Quando però la baronessa rimase incinta, si prese cura di lei giorno e notte, come anche del nascituro.
Olga ed Hans erano vicini alla coppia da otto mesi, circa un mese dopo Emma avrebbe finalmente dato alla luce il suo bambino. Paranoico per la salute della sorella e del figlio, il barone l'aveva segregata nella sua stanza per mesi. Gli unici contatti con l'esterno erano le visite di suo fratello e quelle di Hans e Olga.
Heinreich non poteva permettersi che potesse succedere qualcosa a Emma o al loro bambino, questo lei lo sapeva bene. Perciò non si era mai opposta alle cure o ai metodi usati dal fratello.
Ogni sera, nella camera da letto della baronessa, Hans suonava il suo ukulele mentre Olga intonava una ninna nanna tedesca. La soave e materna voce di Olga aveva la capacità di calmare Emma dalle sue crisi di panico. La donna infatti aveva fin dalla più tenera età un disturbo che la rendeva irrequieta, agitata e incapace di stare perfino seduta composta quando era strettamente necessario.
I suoi genitori non si erano mai preoccupati di trattare la sua situazione, secondo loro erano solo sciocchi capricci.
Olga era l'unica persona, oltre ovviamente ad Heinreich, che riusciva a tenere a freno quel suo disturbo.
Così, mentre Olga principiava un canto e Hans pizzicava le corde del suo ukulele, i due futuri genitori si coccolavano nel loro letto matrimoniale. Heinreich era sdraiato di fianco a Emma, la testa era leggermente posata sul grembo della sorella e ogni tanto smetteva di osservare Olga e Hans,
per baciare il ventre di Emma. La donna sorrideva dolcemente alla scena, accarezzando amorevolmente i capelli del fratello.
Heinreich era in un stato di beatitudine, al pensiero che a breve si sarebbe celebrato il matrimonio fra lui e la sua amata sorella.
Infatti, da giorni Hans e Olga, assieme al resto del personale che lavorava al castello di Reichmerl, si stavano occupando dell'organizzazione delle nozze dei due. Tutto scorreva bene, al castello c'era aria di festa e di impazienza per la nascita del futuro erede. Quella felicità però era destinata a durare poco. La notte in cui Hans stava celebrando l'unione fra il barone e la sorella, un gruppo di paesani fece irruzione al maniero, catturando i due novelli sposi, vano ogni tentativo di Hans di aiutare la coppia di amici.
La baronessa incinta di otto mesi venne data alle fiamme assieme al castello, mentre il fratello picchiato a sangue costretto a godersi il macabro spettacolo. Le fiamme misero in fuga anche i vigliacchi paesani, permettendo ad Hans e Olga di portare i due in ospedale, viste le gravi condizioni della donna.
Emma aveva riportato gravi ustioni, il suo corpo era terribilmente sfigurato; e i cuori di Hans e Olga erano colmi di dolore nel vedere la povera donna soffrire in quel modo, mentre si dannava per dare alla luce la sua creatura.
Quella maledetta notte di Aprile avvenne una disgrazia enorme, seguita dal più meraviglioso dei miracoli.
Olga Keller posò sul petto della donna morente quella piccola creatura, mentre lacrime amare scorrevano sul viso di Emma, lacrime di preoccupazioni per la sopravvivenza della sua bambina.
Poco dopo Olga fece entrare Heinreich nella stanza della clinica. Avvicinatosi alla sorella, l'uomo era colmo di rabbia, ma nonostante ciò sorrideva dolcemente alla sua sposa e alla loro creatura.
Emma sapeva che non si sarebbe salvata, che le restavano ormai pochi istanti di vita, per questo con le sue ultime forze strinse la mano del marito.
<< Promettimi che la terrai sempre al sicuro.. >> sospirò la donna chiudendo lentamente gli occhi, mentre una lacrime cadde sulla testolina della sua neonata, che cominciò a piangere.
Il barone sollevò delicatamente la piccola, stringendola al suo petto e baciandole la testa.
Udendo la voce del padre la bambina lentamente si calmò, addormentandosi. L'uomo osservò la neonata e i suoi di ghiaccio si abbandonarono ad un pianto liberatorio.
Quella maledetta notte in cui la baronessa perse la vita, nacque Hanna Chiara Volmer Von Reichmerl, la figlia di Heinreich.
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