Tumgik
#Duomo of San Giorgio
kafkasdiariies · 2 years
Photo
Tumblr media
Duomo di San Giorgio, Modica, Sicilia, Italia | Gianluca Fazio
227 notes · View notes
newmosbiusdesigns · 2 years
Photo
Tumblr media
Duomo San Giorgio - Modica, Sicilia
2 notes · View notes
soloinsicily · 7 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Modica, Modica, Modica. The church where my grandmother was baptized. The elderly man who happily posed for a photo. The Duomo of San Giorgio. Stunning.
7 notes · View notes
valentina-lauricella · 9 months
Text
Ferragosto, di Achille Campanile (1953)
Tumblr media
(Giorgio de Chirico, L'enigma di una giornata, 1914)
Nell'aria immobile della città rimasta quasi vuota per il Ferragosto, tuonò il comando: "Tutto quello che è finto, diventi vero! Beninteso, quanto a statuaria". Immediatamente, dalla base del monumento a Cavour si alzò il leone di bronzo, diventò all'improvviso di carne e d'ossa e, dopo essersi stiracchiato e aver fatto uno sbadiglio accompagnato da un quasi impercettibile guaito, con un balzo leggero fu a terra e si voltò ad aspettare che Cavour lo raggiungesse. Cavour intanto, un po' impacciato dalla redingotta, cercava a fatica di venir giù dall'alto basamento, badando dove metteva i piedi e borbottando: "Piano, figliolo, io non sono un leone come te, e poi sto molto più in alto; avrebbero fatto meglio a metter te qua in cima e me laggiù". L'Italia, la formosa matrona in costume succinto, che sedeva sul basamento, l'aiutò a metter piede a terra e dié una spolveratina e una rassettatina alla redingotta dello statista, che nella discesa s'era un po' gualcita; poi la brigatella s'avviò verso il centro, Cavour con gli occhiali, il leone scodinzolante, la matrona solenne. Qualche raro passante già fissava la donna prosperosa, incerto se mettersi dietro. "Piano," diceva Cavour" venite dietro me. Cerchiamo di non perderci. Ormai la mia famiglia siete voi."
Il punto di ritrovo dei monumenti cittadini era stato fissato, naturalmente, in Piazza Duomo. Dove già scorrazzava e ruzzava una moltitudine di lupi e lupacchiotti latranti, cani e strane bestie, che fino a un momento prima servivano a sostenere i pluviali del Duomo. Erano stati i primi ad arrivare, per la buona ragione ch'erano già sul posto. Intanto si staccava dalle mensole, e con uno svolazzio leggero scendeva sul sagrato, una folla di santi, santoni e santerelli, con barba e senza, uomini e donne, grandi e piccoli. Vittorio Emanuele II a cavallo galoppava in lungo e in largo intorno alla piazza con la sciabola sguainata divertendosi a mettere in fuga i lupi e i santerelli, seguito a passo di corsa da una doppia fila di piccoli bersaglieri scesi dal bassorilievo del basamento, e in atto di andare a un attacco alla baionetta. Nella lunga palandrana, veniva in fretta da via Orefici l'abate Parini, mentre, fiancheggiato da quattro valletti, Leonardo da Vinci in accappatoio e cuffia da bagno, traversava la Galleria, tra le scappellate dei tre o quattro perdigiorno presenti. Con un rumore zoppo di zoccoli sul selciato, arrivò al piccolo trotto stracco da via Mazzini il generale Missori sul suo cavalluccio a penzoloni. Intanto da Monforte arrivava San Francesco d'Assisi a braccia aperte. Dall'altissimo piedistallo, sempre a braccia aperte, aveva fatto un vol plané di trenta o quaranta metri. Roba da Santi. Da un'altra parte arrivava l'asso Baracca. S'udì avvicinarsi un coro di voci argentine: dal Monumentale arrivava dietro il Duomo una fila di vetture tranviarie piene zeppe d'Angeli che cantavano, di sconosciuti e di mezzi busti, i quali ultimi pagavano mezzo biglietto. Intanto, alla Stazione Centrale succedeva un parapiglia. Al comando iniziale, s'era visto un brulichio, un formicolio sulla facciata, sui fianchi e sul tetto, come se l'edifizio s'animasse tutto. C'era uno starnazzar d'ali, uno scrollarsi. In men che non si dica, vennero giù con fracasso certi strani e massicci cavalli alati, condotti per la cavezza da uomini nudi, o quasi. Roba da alzar l'idea. Fortuna che non c'erano vigili in giro. Scesero strani grifi e mostri, chimere, sfingi. Aquile come piovessero. Già s'allontanava verso il centro scodinzolando la lupa, seguita da Romolo e Remo. I due frugolini stentavano a tener dietro alla bestia, correndo a piedi nudi sull'asfalto rovente, nudi essi stessi come mamma li aveva fatti, e ridendo e giocando, ruzzando e facendo mille monellerie. In cima a una colonna dell'edifizio ferroviario, il toro che rappresentava Torino, scalpitava e sbuffava inferocito, non osando fare il gran salto. Qua e là per la città avvenivano altri episodi. In piazza Scala spuntarono gli Omenoni, col torcicollo per l'incomoda posizione in cui stavano da circa cent'anni. Nel cortile della Casa di riposo per i vecchi musicisti, Verdi s'alzò dalla poltrona di pietra, come si fosse seduto un momento prima. Non parliamo poi di Beccaria e di Manzoni: naturalissimi. Un certo contingente fu fornito anche dall'Arco del Sempione. Ma erano mezze figure, altorilievi. Il Napoleone nudo di Brera arrivava disinvolto, pavoneggiandosi, seguito da Gabrio Piola, Pietro Verri, Luigi Cagnola, Tommaso Grossi e certi Ottavio Castiglione e Bonaventura Cavalieri; i quali tutti esterrefatti, dicevano all'uomo del destino: "Non si può girare in costume adamitico". "Nel mio vocabolario" ribatté il fatal còrso, senza voltarsi "non esiste la parola impossibile."
Il pittore Hayez, con la papalina in testa e la tavolozza in mano, s'unì alla brigatella e per prima cosa buttò via la tavolozza. "Sono cent'anni che volevo liberarmene!" esclamò. "Mi hanno fatto il monumento con la tavolozza in mano. Credendo di farmi piacere. Come se non avessi abbastanza tenuto in pugno, nella vita, questo strumento di tortura." Per avere notizie circa il grande movimento che si sapeva essersi manifestato contemporaneamente in tutto il mondo, si cercò il monumento di un giornalista. Allora le statue fecero una curiosa scoperta: fra i monumenti non ce n'era nessuno di giornalista. Nessun giornalista era stato mai ritenuto degno d'un monumento. Fu giocoforza ascoltare la radio. Le notizie cominciavano ad arrivare, e venivano diffuse di momento in momento: a Firenze s'erano mossi il Biancone, Ercole e Caco, il Perseo, Proserpina in combutta coi suoi rapitori, Savonarola, il Porcellino. A Bologna, il Nettuno s'era messo alla testa d'una sollevazione. A Roma, i primi a scendere in piazza erano stati Mosè, le sfingi, le tartarughe. Il piedone di via Piè di Marmo s'avanzava da solo come un'immensa sogliola verso il Collegio Romano, per accodarsi al corteo diretto in Piazza Venezia e del quale facevano parte Madama Lucrezia, Pasquino, Marforio, il Tritone, i tritoncelli, le Naiadi e le Sirene di Piazza Esedra, che ebbero un successo strepitoso, Vittorio Emanuele II, grossissimo e dorato, il bersagliere di Porta Pia, il ferroviere, Goethe, Toti, alcuni imperatori romani. Chiudeva il corteo il muletto di Villa Borghese con le salmerie. Gioacchino Belli scese tra il popolino di Trastevere e cominciò a molestare le ragazze con la punta del bastone, rispondendo a tono ai loro insulti. Sull'Appia Antica si videro avviarsi intere famiglie avvolte nei sudari, scese dai monumenti sepolcrali.
A Recanati, il gobbino Leopardi s'avviò tutto fiero: "Sono l'unico monumento del mondo che abbia la gobba" ripeteva.
Un senso di panico si diffuse quando si seppe che dal colle di Arona stava scendendo a passi di gigante il San Carlone alto cento metri. A Venezia, i cavalli di San Marco, Tommaseo, Manin col leone, Paleocapa, tutti con un piccione sulla testa. A Torino, gente a cavallo da tutte le parti, con le spade sguainate. Giungevano dispacci dall'estero. A Parigi, poco. I monumenti in bronzo erano stati portati via durante la guerra. C'erano la Repubblica, De Musset. Nel foyer del Théâtre Français c'era un po' di confusione. Quel seccatore di Voltaire pretendeva assumere il comando. Napoleone in cima alla colonna Vendôme aspettava che lo facessero scendere. A Londra, l'Eros di Piccadilly scese nella piazza eseguendo sulle punte la Danza delle Ore. Nelson in cima alla colonna altissima, impossibilitato a scendere da quell'altezza, strillava: "Tiratemi giù!". A New York, la statua della Libertà s'imbarcò subito per l'Europa, ma a mezza strada ci ripensò e tornò indietro.
Ritornando a Milano, s'incontrava un signore che girava spaesato tenendo in mano l'epigrafe del proprio monumento: "A Agostino Bertani gli Italiani riconoscenti" e mormorando: "Ma chi ero?". La piccola sfinge o chimera di pietra che sta dalla parte interna della stazione di Milano e si vede solo dal treno, fra le locomotive e gli scambi. Come deve soffrire in quell'ambiente! Scese anche lei e andò al raduno. Mancava il Sant'Antonio della fontana di piazza Sant'Angelo.
"O dov'è andato?" si domandavano tutti. Con la sciabola trinciando l'aria, Vittorio Emanuele II galoppò a cercarlo in piazza Sant'Angelo. La statua era lì, nella consueta posizione. Come? Il Santo non era diventato vero? Sì, era diventato vero. Ma, appena diventato vero, invece di andarsene, era rimasto nella stessa identica posizione del monumento, a guardare incantato i pesci rossi nella fontana. E non si muoveva.
7 notes · View notes
diceriadelluntore · 1 year
Text
Gita #2 Como
Il treno stavolta l’ho preso in orario, ma un passaggio a livello, a Lugo, danneggiato da qualcuno, mi stava facendo perdere la coincidenza, di incontri con amiche speciali e inimitabili, di formaggi, di fiori e di livelli dell’acqua inusuali e di pasticciere che fanno cornetti al pistacchio sublimi ma non sanno fare i conti.
Tumblr media Tumblr media
Il Duomo di Como è la terza Chiesa più grande della Lombardia, dopo il Duomo di Milano e la Certosa di Pavia. Iniziato nel 1396, e terminato quasi 350 anni dopo, nel 1740, la cattedrale di Santa Maria Assunta, questa è la sua denominazione corretta, nella sua porta settentrionale, ha delle decorazioni meravigliose, una particolarmente consunta, perchè si dice che il toccarla porti fortuna: si dice infatti che la rana del portale sia il livello eccezionale a cui arrivò l’acqua del vicino lago in una esondazione. Altri che sia il simbolo del rinnovamento, in quanto animale che subisce una metamorfosi. Sia come sia, non si capisce affatto che è una rana, e manca anche della testa, martellata da un anonimo uomo nel 1912, e mai riparata.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Villa Carlotta a Tremezzo: uno dei tanti esempi di ville aristocratiche che si affacciano sulle rive del lago, costruita dai Clerici, ricca famiglia di imprenditori e banchieri, a cavallo tra 1600 e 1700, poi passò ai Sommariva nel 1801, infine nel1843 alla principessa Marianna di Orange-Nassau, moglie del principe Alberto di Prussia che la donò alla figlia Carlotta di Prussia  in occasione delle nozze con il duca Giorgio II, principe ereditario di Sassonia-Meiningen, celebrate nel 1850, che le diedero il nome che ancora oggi ha. Dalla vista spettacolare, è famosa per i suoi giardini, con oltre 500 specie di piante. 
Tumblr media Tumblr media
Villa Olmo, la più  rilevante tra le ville del comasco, oggi parco cittadino
Tumblr media Tumblr media
Cose buone assaggiate: gli sciatt, cubetti di bitto fritti in pastella di grano saraceno, il taroz, un piatto valtellinese con patate, fagiolini, formaggio e burro, e un vino spettacolare, questo:
Tumblr media
un nebbiolo vinificato in bianco
Tumblr media
Affreschi dell’abside della Chiesa di San Abbondio, patrono di Como (XIII secolo).
Tumblr media Tumblr media
Quel ramo del lago di Como... è il ramo verso Lecco, che fino al 1992 era non provincia autonoma, ma provincia di Como.
Tumblr media
Per una volta metto anche una mia foto
17 notes · View notes
sabinerondissime · 1 year
Text
Tumblr media
duomo di san giorgio, Modica
8 notes · View notes
Photo
Tumblr media
Duomo of San Giorgio, Ragusa Ibla, Sicily - Italy,  beautiful-contrast
19 notes · View notes
carmenvicinanza · 1 year
Text
Carol Rama
https://www.unadonnalgiorno.it/carol-rama/
Tumblr media
La rabbia è la mia condizione di vita da sempre. Sono l’ira e la violenza a spingermi a dipingere.
Carol Rama, artista visionaria, tormentata e trasgressiva, che ha conquistato il plauso della critica mondiale grazie al suo inedito punto di vista. Una donna che ha cambiato il modo di fare arte.
Le sue opere sono protagoniste nelle mostre di arte contemporanea in molti paesi del mondo.
Nata a Torino il 17 aprile 1918 col nome di Olga Carolina Rama, ha avuto un’infanzia difficile dovuta alla prematura e tragica scomparsa del padre e della conseguente malattia psichiatrica che aveva colpito sua madre.Si è avvicinata all’arte da autodidatta, negli anni Trenta, rievocando il suo tormentato vissuto in acquerelli che raffigurano donne nude, amputate, in sedia a rotelle, cariche di un erotismo spinto e perverso. Soggetti accompagnati da animali, protesi e parti anatomiche del corpo come falli, piedi e lingue, rappresentazioni scabrose e inaccettabili per i suoi tempi. La sua prima personale del 1945, infatti, venne bloccata e le opere sequestrate.
Si è poi rivolta all’astrattismo e ha fatto parte del MAC – Movimento Arte Concreta. Ha partecipato alla Biennale di Venezia del 1948 e del 1950.
Le sue opere più conosciute, che l’amico Edoardo Sanguineti aveva definito Bricolage sono progetti polimaterici in cui macchie informali si combinano a denti, unghie e occhi di vetro. Utilizzando camere d’aria di bicicletta ha realizzato tele in apparenza astratte in cui compaiono riferimenti all’anatomia umana e alla sessualità (pelle, carne, budella, falli).
La sua sensibilità provocatoria ha vantato estimatori come Italo Calvino, Andy Warhol, Orson Welles e Man Ray.
Un’importante evoluzione della sua carriera è avvenuta grazie all’incontro con la critica e curatrice Lea Vergine, nel 1980, che l’ha invitata a esporre i suoi lavori nella mostra itinerante sulle più grandi artiste del Novecento, intitolata L’altra metà dell’avanguardia.
Nel 1985, sempre con la cura di Lea Vergine, ha allestito la sua prima antologica nel sagrato del Duomo di Milano.
Oltre a figure e personaggi ispirati alla sua storia personale, che raccontano anche di desideri e fantasie inespresse, tra gli anni Ottanta e Novanta il suo immaginario si è popolato di nuovi soggetti, come la Mucca Pazza, dipinti o disegnati sopra mappe catastali e disegni tecnici prescritti.
Nel 1993 ha avuto una sala personale alla Biennale di Venezia.
La sua prima personale negli Stati Uniti è stata a New York, nel 1997. Ha poi esposto nel Regno Unito, Germania, Austria, Australia, Paesi Bassi e in numerosi luoghi cardine dell’arte contemporanea del nostro paese e non solo.
Nel 2003 la Biennale di Venezia le ha conferito il Leone d’oro alla carriera.
Il 14 gennaio 2010 ha ricevuto il Premio del Presidente della Repubblica da Giorgio Napolitano, su segnalazione degli Accademici Nazionali di San Luca.
Ha lasciato la terra il 24 settembre 2015 a Torino. La sua casa studio è diventata un museo.
Carol Rama ha imposto nuovi punti di vista alla contemporaneità. Attratta da ciò che normalmente disgusta l’opinione pubblica, il suo stile trasgressivo è stato conseguenza delle sue esperienze profonde e traumatiche che ne hanno segnato l’estetica e la poetica.
Nelle sue opere ha ricercato l’inusuale e giocato con materiali poco convenzionali dando loro nuova forma e significato. Ha usato l’assemblage in maniera nuova e con esiti mai visti, in un periodo storico in cui provocazione faceva rima con volgarità e in un contesto sociale in cui una donna non poteva permettersi di essere poco elegante.
È stata trasgressiva, libera e dissacrante, ho osato come nessuna prima, cambiando inesorabilmente il corso dell’arte contemporanea.
2 notes · View notes
artesplorando · 1 year
Text
Tumblr media
Il Duomo di San Giorgio di Modica è uno dei massimi capolavori del Barocco Siciliano. Patrimonio dell’Umanità, fu costruito all’inizio del XII secolo anche se la fisionomia attuale è il risultato finale della ricostruzione sei-settecentesca.
2 notes · View notes
mysbetti · 12 hours
Text
Il Papa a Venezia
Piazza San Marco Io me lo ricordo quell’anno in cui vidi per la prima volta il Papa. Era il 30 dicembre 1988. Avevo 4 anni. E il Papa era Giovanni Paolo II e andò a Fermo e a Porto San Giorgio. Nelle Marche. Fece una visita al duomo. E poi andò a far visita ai figli di Jahvè.I miei mi ci portarono a vedere il Papa e io ricordo questa enorme grande folla che si muoveva come una grossa nuvola e…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lamilanomagazine · 3 months
Text
Modena, Nuovo Diurno, sono 3400 i visitatori al Duomo di Lego
Tumblr media
Modena, nuovo diurno, sono 3400 i visitatori al Duomo di Lego C'è chi non riesce a staccarsi e quasi si commuove nel vedere tutto intero il "suo" Duomo, che scopre particolari che non aveva mai notato e anche chi decide di aprire una discussione, perdendola, perché quella porta lì sul lato nord che c'è nel modellino nel Duomo vero, in pietra, proprio non ci sarebbe. Ma, soprattutto tra i 3.400 modenesi e non che dal 6 gennaio hanno visitato il modello del Duomo in lego esposto al Nuovo Diurno di piazza Mazzini, sono tantissimi quelli che si stupiscono del fatto che i mattoncini siano tutti originali, non realizzati appositamente, e che siano stati incastrati, e non incollati, tutti e centomila uno per uno. L'occasione per visitare l'opera realizzata da Giorgio Ruffo ci sarà anche mercoledì 31 gennaio, a orario prolungato e continuato, dalle 9.30 alle 19, in occasione della festa di San Geminiano. Per tutta la giornata sarà presente, per rispondere alle domande dei visitatori, anche lo stesso Ruffo. L'iniziativa, che ha il patrocinio del Comune di Modena, è realizzata da Aseop (Associazione sostegno ematologia oncologia pediatrica) per raccogliere fondi da destinare alla costruzione della seconda Casa di Fausta che ospiterà pazienti giovani e adulti in cura al Policlinico di Modena. Chi vorrà contribuire al progetto potrà farlo "accendendo" le luci del Duomo di Lego con un'offerta da 1 euro. E, sempre al Nuovo Diurno, chiunque lo desideri può portare vecchi mattoncini di lego bianchi che non usa più per aiutare l'artista a completare il sito Unesco in miniatura anche con la costruzione della Torre Ghirlandina. Il Duomo di Modena in Lego misura due metri e mezzo di lunghezza e poco più di uno in altezza, per circa 110 chili di peso, ed è costruito con mattoncini vecchi, materiale di scarto per i collezionisti, che erano invece perfetti per rendere le diverse gradazioni di colore del marmo della Cattedrale come ha spiegato lo stesso artista. La composizione è stata realizzata in scala 1:30, sulla base di tantissimi sopralluoghi, rilievi fotografici e misurazioni a cui è seguita una grande quantità di calcoli matematici per stabilire le proporzioni corrette. Ruffo ha solo "incastrato" alla perfezione i suoi materiali, seguendo la regola fondamentale di non modificare i mattoncini, non incollarli e non colorarli. L'iniziativa di Aesop è realizzata con il contributo di Brick imagination, Alai elettronica, Sai illuminazione, Tieffe lo spazzacamino, Frame at work. Il Duomo di Lego sarà visitabile fino a domenica 11 febbraio, negli orari di apertura del Nuovo Diurno: dal martedì al venerdì, dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 19; sabato, domenica e festivi con orario continuato dalle 9.30 alle 19. La seconda Casa di Fausta sarà realizzata ristrutturando villa Mirella Freni a Baggiovara: si prevede di realizzare 12 unità abitative dedicate a pazienti in cura al Policlinico, si stima circa un centinaio all'anno, in particolare di età compresa tra i 14 e i venti anni, accompagnati da un familiare. L'obiettivo è lo stesso della prima Casa di Fausta, operativa già dal 2016: offrire ai pazienti del centro specializzato e ai loro familiari che provengono da fuori regione e sono lontani da casa un luogo dove possano ricevere gratuitamente accoglienza in una vera casa per affrontare al meglio un periodo delicato.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
letteratitudine · 6 months
Text
33° NOIR IN FESTIVAL - il manifesto di MANUELE FIOR e l'invito alla CONFERENZA STAMPA - martedì 21 novembre, ore 10 - Palazzo Marino, MILANO
Fuggevole Milano
Tumblr media Tumblr media
Manuele Fior tinge di notte il manifesto del 33° Noir in Festival
Il Noir in Festival torna a Milano dal 1 al 7 dicembre 2023 con un programma poliedrico che attraversa secoli e generi, autori e visioni, finendo per specchiarsi nel cinema e nella letteratura contemporanei. Un’inquietudine di fondo risuona tra le pieghe della 33a edizione del festival, che trova il suo ideale baricentro a metà strada tra l’agitazione di un autore milanese doc come Andrea G. Pinketts, storico frequentatore del Noir scomparso esattamente cinque anni fa, e il manifesto malinconico e allo stesso tempo proiettato verso il futuro firmato da un maestro del fumetto nostrano, Manuele Fior.
Tra i più apprezzati artisti di graphic novel e illustratori, recentemente uscito in libreria con le graphic novel Celestia (Oblomov edizioni, 2019-2020) e Hypericon (Coconino Press, 2022), Fior ha all’attivo collaborazioni con i più importanti nomi dell’editoria italiana e internazionale: Coconino Press, Oblomov, La Repubblica, La Stampa, Internazionale, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, La nave di Teseo, Dargaud, Futuropolis, L’école des loisirs, Gallimard, Le Monde, The New Yorker, Dark Horse, etc. Negli anni la sua opera è stata premiata con alcuni tra i massimi riconoscimenti del settore: il Fauve d’or al festival di Angoulême, il Micheluzzi Award del Napoli Comicon, il Gran Guinigi e il Yellow Kid di Lucca Comics & Games e l’Inkpot award al San Diego Comic-Con. Il Noir in Festival l’ha scelto per firmare l’immagine della 33° edizione, unendosi alla galleria di artisti eccellenti che ha visto sfilare, dal 1991 ad oggi, nomi come Paolo Bacilieri, Gigi Cavenago, Lorenzo De Felici, Mario Alberti, Hugo Pratt, Lorenzo Mattotti, Bill Plympton, Charles Schultz, Mojmir Jezek e molti altri.
Una collaborazione, quella tra Manuele Fior e il Noir in Festival, che ha il sapore della predestinazione. Sue, infatti, sono le recenti copertine dei romanzi editi da La Nave di Teseo di Giorgio Scerbanenco, autore al quale il festival intesta dal 1997 il premio per la miglior opera di narrativa italiana dell’anno di genere noir. Il segno magico e onirico di Fior, sospeso tra il blu notte di Eyes Wide Shut e le fascinazioni cyberpunk di Ghost in the Shell, ci trasporta nello scenario misterioso di una Piazza Duomo insolita e immersa nel silenzio, dove si aggira una figura enigmatica: un detective ? Un assassino? O il riflesso delle angosce di cui è portatore sano l’uomo contemporaneo?
“L’essenza del genere noir”, dichiarano i direttori Giorgio Gosetti e Marina Fabbri, “è quella di rimescolare le carte in tavola, rifuggire lo status quo, evadere dalle consuetudini. E quale modo migliore di rappresentare la sua anima più moderna se non giocare sul contrasto che Manuele Fior, potentemente, rappresenta nell’immagine di quest’anno: la Milano del Duomo, quella da cartolina che tutti conosciamo, si scontra con la Milano del futuro, un groviglio di grattacieli luminescenti che rappresenta la finanza, il virtuale, le intelligenze artificiali. Da questo attrito tra vecchio e nuovo nascono non rovine ma dubbio, curiosità, dibattito e conoscenza. Questo è esattamente lo spirito che anima l’edizione 2023 e ringraziamo Manuele per averlo affrescato in modo così preciso e appassionato.”
Manuele Fior è uno dei più noti e apprezzati fumettisti e illustratori contemporanei. Con le sue graphic novel, tradotte in più di 10 lingue, si è aggiudicato i più importanti premi internazionali e prestigiose mostre. Quotidiani, riviste e case editrici gli commissionano regolarmente illustrazioni di articoli e copertine, in Italia e all'estero. Le sue indimenticabili gouache e la crescente notorietà gli hanno portato lavori come manifesti per il cinema e importanti manifestazioni culturali, uniform edition per le opere di Pavese, Scerbanenco, Ballard e Louise Penny.
Il Noir in Festival è diretto da: Giorgio Gosetti, Marina Fabbri e Gianni Canova (Delegato IULM). Una realizzazione: Studio Coop. Con il patrocinio di: Comune di Milano. Promosso da: DGCA - MiC. In collaborazione e con il sostegno di: IULM.
0 notes
jacopocioni · 6 months
Text
Gonfaloni di Compagnia: Quartiere Santo Spirito
Tumblr media
PARTE PRIMA Suddivisione degli antichi Quartieri fiorentini
Tumblr media
Nel Medio Evo, le città erano divise sia per effetti amministrativi sia per quelli militari: in Sestieri, Quartieri, Terzieri e in suddivisioni minori. Queste in Toscana, avevano nomi diversi. A Siena, Montepulciano e in altri luoghi si chiamavano Contrade, nella città di Pisa avevano il nome di Cappelle, a Prato si riconoscevano dal nome delle porte cittadine ad esempio: Porta al Serraglio. In Firenze si chiamavano Gonfaloni. Al tempo della Contessa Matilde di Canossa, nel 1078, essendo la città cresciuta enormemente di popolazione, fu deciso la nuova costruzione di mura al posto delle preesistenti costruite dai Bizantini, per inglobare i nuovi insediamenti. Vennero chiamate “Matildine” o “Antica Cerchia di Cacciaguida”. Si procedette alla divisione in Sestieri assumendo il nome di: Oltrarno, San Piero Scheraggio, Borgo, San Pancrazio, Duomo, San Piero, divisi in seguito in venti Gonfaloni. Quando tra gli anni 1282 e il 1333, venne una nuova cerchia muraria con il nome di “Arnolfiana” dal nome del costruttore Arnolfo di Cambio, la città venne divisa in Quartieri, prendendo il nome delle quattro porte principali: Porta al Vescovo o del Duomo, Porta Santa Maria, Porta San Piero e Porta San Pancrazio o Brancazio. Dopo la cacciata del Duca di Atene, nell’anno 1343 fu deciso di tornare alla vecchia divisione della città; in quattro Quartieri: Santo Spirito, Santa Croce, Santa Maria Novella, San Giovanni dal nome delle quattro chiese principali. Ognuno venne a sua volta diviso in quattro Gonfaloni, ciascuno possedeva un suo territorio, in determinate parti della città, separato dagli altri da un muro, dal fiume Arno e da strade principali. Ogni divisione, aveva carattere amministrativo e militare. Erano tenute ad eleggere un Gonfaloniere o Capitano assumente il titolo di “Compagnia”. La nomina durava quattro mesi. Ad esempio: dal I° di aprile al 31 luglio. Inoltre, aveva il compito di radunare una compagnia di Milizia cittadina, formata dai residenti nel Gonfalone destinati alla difesa del Palazzo dei Signori e della libertà popolare. Tutti e sedici erano una specie di Consiglio, insieme al Gonfaloniere di Giustizia e i Priori di Libertà discutevano gli interessi della Repubblica. In ogni Quartiere i quattro Gonfaloni possedevano un nome di emblema o segni araldici che apparivano nella loro bandiera. Quartiere Santo Spirito
Tumblr media Tumblr media
1) Gonfalone Scala – Era confinato: dall’Arno, dalle mura cittadine fra Porta San Niccolò e la Porta San Giorgio, dalla quale per il Poggio dei Magnoli scendeva fino a Santa Felicita e per un tratto di Via dei Guicciardini arrivava fino al Ponte Vecchio. Vi facevano parte le seguenti parrocchie: San Niccolò, Santa Lucia dei Magnoli, Santa Maria Soprarno (soppressa), San Giorgio e una porzione di Santa Felicita;
Tumblr media
2) Gonfalone Nicchio – Dal Ponte Vecchio al Ponte Santa Trinita, il confine era con il fiume Arno: dalla Piazza dei Frescobaldi entrava in Via del Presto di San Martino, allora facente parte di Borgo Tegolaio, giungeva fino alla Via de’ Michelozzi. Traversava via Maggio e lo Sdrucciolo dei Pitti passava dietro Palazzo Pitti e risalendo il Poggio, giungeva alla Porta San Giorgio. Vi si trovavano le seguenti parrocchie: San Iacopo Soprarno (soppressa) e parte di quelle di Santa Felicita e San Frediano:
Tumblr media
3) Gonfalone Sferza – Dal Poggio di Boboli andava alla Porta Romana, comprendeva la parte orientale di Via de’ Serragli e verso Via Sitorno (oggi Via della Chiesa), si infilava fra le case sboccando in Via Sant’Agostino all’entrata di Piazza Santo Spirito, comprendeva un lato della Piazza fino a trovare il confine del Gonfalone Nicchio in Via de’ Michelozzi. Comprendeva le parrocchie di: San Felice in Piazza e San Pier Gattolini;
Tumblr media
4) Gonfalone Drago Santo Spirito – Comprendeva il rimanente territorio del Quartiere di Oltrarno fino alle mura fra Porta Romana e l’Arno, con le parrocchie di San Frediano e parte di quelle di San Felice in Piazza e di San Iacopo Soprarno. Nel Corteo della Repubblica Fiorentina, sfilano con il Quartiere di Santo Spirito, dopo il nobile Commissario il Bandieraio con la bandiera con l’insegna del Quartiere: Colomba bianca raggiata in campo azzurro. Sono presenti i quattro Gonfalonieri di Compagnia, con i quattro bandierai che portano l’insegna del Gonfalone.
Tumblr media
Alberto Chiarugi Read the full article
0 notes
personal-reporter · 9 months
Text
Il Duomo di San Donato
Tumblr media
Il Duomo di San Donato è uno dei monumenti più importanti di Arezzo e un simbolo della città. Questo splendido edificio si trova nel cuore del centro storico di Arezzo e rappresenta uno dei più imponenti edifici religiosi della Toscana. La costruzione del Duomo di San Donato risale al XIII secolo, quando venne realizzata una grande cattedrale romanico-gotica. Nel corso dei secoli, il duomo è stato oggetto di numerosi interventi di restauro e di ampliamento, che ne hanno preservato la sua bellezza e la sua grandiosità. La facciata del duomo, in marmo bianco e verde, è caratterizzata da splendidi decori scolpiti e da una serie di guglie, che conferiscono all'edificio una grande imponenza. L'interno del duomo, a pianta basilicale, è caratterizzato da tre navate, separate da grandi colonne in marmo bianco e dal transetto, che si estende con le sue quattro braccia verso l'altare maggiore. Alcune delle opere d'arte di maggior importanza presenti all'interno del duomo sono il ciclo di affreschi di Piero della Francesca, che raffigura la Leggenda della Vera Croce, la Madonna del Parto di Piero della Francesca, la tomba di Guido Tarlati e la cappella della Madonna del Conforto, che contiene una Statua lignea della Vergine risalente al XIV secolo. Tra le altre opere d'arte presenti all'interno del duomo si possono citare anche la preziosa fonte battesimale in marmo bianco e nero, realizzata da Andrea Orcagna nel XIV secolo, la cappella dei Pucci, che contiene numerosi affreschi di Francesco di Giorgio Martini, e la cappella di San Giovanni Battista, con affreschi del XIV secolo. Il Duomo di San Donato è anche l'edificio più alto di Arezzo, grazie alla grande torre campanaria, alta ben 52 metri. Questa torre, accessibile dai visitatori, offre una vista panoramica sulla città di Arezzo e sui suoi punti di interesse turistico. Rappresenta non solo un importante sito di interesse storico e artistico, ma anche un luogo di culto molto frequentato dai fedeli. La cattedrale, infatti, è ancora oggi officiata in molte occasioni importanti, come il Natale e la Pasqua, ma anche in occasione di importanti cerimonie religiose e culturali. Il Duomo di San Donato è raggiungibile con facilità dal centro storico di Arezzo, grazie alla sua posizione centrale. Inoltre, la città di Arezzo è ben collegata con il resto della Toscana e dell'Italia, grazie alla presenza di una stazione ferroviaria e di un'ampia rete di collegamenti stradali. Grazie alla sua architettura imponente e alla ricchezza delle opere d'arte presenti al suo interno, il duomo attira ogni anno numerosi visitatori da tutto il mondo. La città di Arezzo, inoltre, è il luogo ideale per trascorrere una piacevole vacanza alla scoperta della cultura, della storia e della bellezza dell'Italia. Read the full article
0 notes
thetraveler2023 · 11 months
Text
Goodbye Rome Hello Florence!
Day 6 we finally left Rome and took a train to Florence for the next part of our Study Abroad adventure. We all woke up early to have breakfast at the hotel before leaving for the station. After about a two hour train ride we arrived in Florence and dropped our things off at the Lilium hotel and freshened up. First thing on the list was the San Lorenzo Market where they sell tons of authentic Italian leather items. From handbags, to jackets, purses and wallets, you name it! Lots of fabric and leather trade here. Next was the famous Duomo! This building was a spectacular site to witness and as old as it is has maintained most of its vibrancy and color. Our tour guide Francecso informed us that is because the outside of the Duomo was never just painted. Instead, they used stones that were the exact natural color that they needed to design and build the structure. Since the stones and marbles already hold that color naturally it never really fades. It’s brilliant really. So we got in line to get inside. That's when our wonderful teachers and tour guide informed us that we were about to climb up 400 and something stairs just to get up and then back down again. As there were no elevators in this time they have kept everything authentically the same in order to get to the top. Some of these stairs inside were so steep it was like climbing a ladder! Very small and narrow walk spaces with limited air ways and tiny tiny windows barred from the outside throughout the pathway up to light the way. After much huffing and puffing my section of the group arrived at the top. The top was a beautiful full view of the city of Florence putting us back in that sweater weather environment on the outside until it was time to descend again. Inside the building the top of the ceiling is surrounded with Giorgio Vasari’s fresco of the Last judgment. It features demons and scary out-of-hell like creatures ready to terrorize the people around them. It was much like the experience of climbing up and down those almost 500 steep and narrow stairs.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
1 note · View note
pizza-ra-bizza · 1 year
Text
San Barnaba in San Giorgio al Palazzo.
Tumblr media
Tema San Barnaba in San Giorgio al Palazzo
Thomo: Bo Ra Bo na Ba' :Da adesso questa e' la sede del Vescovato. Ubicazione: piazza San Giorgio, 2 Prima pietra: viii secolo Stili attuali: manierismo, barocco, neoclassico San Giorgio al Palazzo, come altre chiese milanesi, possiede una storia antica documentale e tradizionale che precede di molto quella che il suo aspetto artistico e architettonico parrebbero rivelare. Tralasciamo per un attimo le leggende, secondo le quali San Giorgio sarebbe stata fondata dal primo (o secondo se prendiamo per buono san Barnaba) vescovo di Milano Anatalone, nel luogo dove precedentemente sorgeva un tempio di Mercurio. Sembra invece che, secondo più robuste testimonianze, fu fondata nell’viii secolo da san Natale, vescovo di Milano, grazie a un cospicuo finanziamento del duca longobardo Rachis e addirittura del re Liutprando. Già dal principio sarebbe stata dedicata a San Giorgio, particolarmente venerato in ambito longobardo, forse anche per le sue caratteristiche di santo guerriero. Di questa chiesa non rimane nulla, anche perché fu completamente ricostruita e ampliata in epoca romanica e venne riconsacrata nel 1129. A questa seconda ricostruzione appartengono la facciata originaria (ancora presente, dal momento che quella attuale vi fu soltanto appoggiata), i pilastri in pietra, alcuni dei quali presentano decorazioni simili a quelle di Sant’Ambrogio) e la pianta. Restaurata, ampliata e rimaneggiata anche nei secoli successivi, vide un rifacimento a opera di Richini in stile barocco e uno da parte di Luigi Cagnola, il progettista dell’Arco della Pace. Non manca nemmeno un tocco di neoclassico, la cupola dell’architetto Parrocchetti. La facciata, in realtà, non appartiene a nessuno degli architetti precedentemente citati ma è opera tardobarocca di Francesco Croce, noto a Milano soprattutto per la progettazione della guglia maggiore del duomo ed è elegante e armoniosa, con richiami classicheggianti. All’interno, molti sono i punti di interesse offerti dalla chiesa, che ne fanno un piccolo scrigno con diversi tesori nascosti e molte le epoche ancora visibili della sua ricca e stratificata storia.
0 notes