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#Gianfranco Martinelli
queerographies · 5 months
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[Lettere d'amore e non di gay][Gianfranco Martinelli]
"Lettere d'amore e non di gay" di Gianfranco Martinelli è un testo epistolare pieno di amore e dolcezza verso un uomo. Le lettere esprimono tenerezza e desiderio di vicinanza, offrendo anche spunti per comprendere e accettare se stessi. Un'opera toccante
“Lettere d’amore e non di Gay”: Un Viaggio Emotivo tra Parole e Cuori Titolo: Lettere d’amore e non di gayScritto da: Gianfranco MartinelliEdito da: BooksprintAnno: 2024Pagine: 118ISBN: 9788824997232 La trama di Lettere d’amore e non di gay di Gianfranco Martinelli “Lettere d’amore e non di Gay” è un testo epistolare scritto in modo molto emotivo. In ogni lettera viene espresso l’amore…
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giallofever2 · 2 years
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micro961 · 5 months
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Ricky Martinelli “Picture of two”
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Il brano d’esordio del cantautore bresciano è una canzone d’amore disco-pop dal sapore retrò
«Andando a scuola tutte le mattine col treno capita di vedere qualche coppia che si abbraccia e si coccola e sostanzialmente la stesura della canzone è partita da quello: l’idea di potermi trovare per sempre abbracciato alla ragazza dei miei sogni, proprio come in una fotografia.» Ricky Martinelli
“Picture of two” è il primo singolo pubblicato dal giovane cantautore Ricky Martinelli, una canzone con un testo sognante accompagnato da ritmi e suoni pop con forti influenze disco anni settanta. Il brano nella sua versione demo è stato registrato a Brescia da Gianfranco Riva e poi rifinita nell’arrangiamento e produzione da Gabriele Fersini presso il Good Recording Studio di Milano. Il ritmo incalzante del brano è stato tradotto in immagini nel videoclip che uscirà insieme alla canzone su tutte le piattaforme, ideato e diretto da Marco Elba per TALISMANO PROD.
Riccardo Martinelli è nato a Brescia il 9 aprile del 2006. Studia chitarra con Marco Tiraboschi e Gabriele Fersini dal 2012, sitar col maestro Ashanka Sen, impara a suonare basso e pianoforte da autodidatta e si dedica allo studio del canto con Luigina Bertuzzi. Partecipa come cantautore al Tour Music Fest e Tour Music Camp 2023. Nel 2023 comincia a registrare i suoi brani nello studio di Paolo Costola a Brescia. Il 12 aprile esce il singolo “Picture of two”, il suo esordio discografico per l’etichetta G Records.
Etichetta: G Records
CONTATTI E SOCIAL
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sounds-right · 11 months
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La Rai per il sociale con Women for Women against Violence Camomilla Award il 27 ottobre ’23 su Rai3
Il 27 ottobre su Rai3 alle 23:15 andrà in onda “Il Women for Women” con la conduzione di Beppe Convertini e Arianna Ciampoli.
Il “Women for Women against Violence Camomilla Award”, per la regia di Antonio Centomani, sarà dedicato alla rinascita delle donne ferite da una violenza o da un tumore al seno che non smettono mai di combattere.
Convertini è uno dei conduttori di UnoMattina in Famiglia su Rai1 ed è reduce questo fine settimana da ascolti record, con il 22.9 di share; è da sempre attento  alle tematiche sociali, come quelle a tutela delle donne. Ha accolto con entusiasmo e la sua proverbiale eleganza la conduzione di questo programma, che andrà in onda il 27 ottobre alle 23.15 su RAI TRE, dall’Auditorium del Massimo di Roma, una kermesse tv pensata dalle donne per le donne organizzato dall’Associazione Consorzio Umanitas per promuovere il contrasto alla violenza di genere e il benessere delle donne che lottano contro il tumore al seno. L’evento ha la triplice finalità di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle criticità, valorizzare le iniziative sui due temi e raccogliere fondi per le associazioni impegnate  nelle attività di sostegno.
Saranno tanti i racconti toccanti, presentati dai due conduttori, che porteranno in tv, con delicatezza e attenzione, tante testimonianze, come quella della “mamma” di Miss Italia, Patrizia Mirigliani, nel suo monologo “Io quell’intruso lo conosco bene”, Nicolò Maja, giovane orfano del femminicidio, con la lettera alla mamma Giulia e alla sorella Stefania, affidata e letta dall’autore e cantante Niccolò Agliardi.
E poi ancora la storia di Antonietta Tuccillo, una combattente che ha trasformato la malattia in creatività diventando una stilista e per l’occasione ha affidato la sua storia all’attrice Giorgia Trasselli, Carolina Marconi, che ha lanciato il tema dell’oblio oncologico, Filomena Lamberti, sfregiata con l’acido dal marito e tanti altri guest e ospiti musicali, che hanno accettato l’invito a questo programma che ha come obiettivo la sensibilizzazione di problematiche che affliggono la nostra società.
Tanti i nomi che riceveranno il “Camomilla Award”, come il giornalista Massimo Bernardini, la giornalista sportiva Greta Beccaglia, Samantha De Grenet, Daniele Angelo Giarratano e Gianfranco Natelli dell’Arma dei Carabinieri, il direttore del Messaggero Massimo Martinelli, Silvia Mezzanotte e la trasmissione Le Iene con Nina Palmieri e Filippo Roma.
Appuntamento, quindi, su Rai 3, il 27 ottobre alle 23:15 !
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tarditardi · 11 months
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La Rai per il sociale con Women for Women against Violence Camomilla Award il 27 ottobre ’23 su Rai3
Il 27 ottobre su Rai3 alle 23:15 andrà in onda “Il Women for Women” con la conduzione di Beppe Convertini e Arianna Ciampoli.
Il “Women for Women against Violence Camomilla Award”, per la regia di Antonio Centomani, sarà dedicato alla rinascita delle donne ferite da una violenza o da un tumore al seno che non smettono mai di combattere.
Convertini è uno dei conduttori di UnoMattina in Famiglia su Rai1 ed è reduce questo fine settimana da ascolti record, con il 22.9 di share; è da sempre attento  alle tematiche sociali, come quelle a tutela delle donne. Ha accolto con entusiasmo e la sua proverbiale eleganza la conduzione di questo programma, che andrà in onda il 27 ottobre alle 23.15 su RAI TRE, dall’Auditorium del Massimo di Roma, una kermesse tv pensata dalle donne per le donne organizzato dall’Associazione Consorzio Umanitas per promuovere il contrasto alla violenza di genere e il benessere delle donne che lottano contro il tumore al seno. L’evento ha la triplice finalità di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle criticità, valorizzare le iniziative sui due temi e raccogliere fondi per le associazioni impegnate  nelle attività di sostegno.
Saranno tanti i racconti toccanti, presentati dai due conduttori, che porteranno in tv, con delicatezza e attenzione, tante testimonianze, come quella della “mamma” di Miss Italia, Patrizia Mirigliani, nel suo monologo “Io quell’intruso lo conosco bene”, Nicolò Maja, giovane orfano del femminicidio, con la lettera alla mamma Giulia e alla sorella Stefania, affidata e letta dall’autore e cantante Niccolò Agliardi.
E poi ancora la storia di Antonietta Tuccillo, una combattente che ha trasformato la malattia in creatività diventando una stilista e per l’occasione ha affidato la sua storia all’attrice Giorgia Trasselli, Carolina Marconi, che ha lanciato il tema dell’oblio oncologico, Filomena Lamberti, sfregiata con l’acido dal marito e tanti altri guest e ospiti musicali, che hanno accettato l’invito a questo programma che ha come obiettivo la sensibilizzazione di problematiche che affliggono la nostra società.
Tanti i nomi che riceveranno il “Camomilla Award”, come il giornalista Massimo Bernardini, la giornalista sportiva Greta Beccaglia, Samantha De Grenet, Daniele Angelo Giarratano e Gianfranco Natelli dell’Arma dei Carabinieri, il direttore del Messaggero Massimo Martinelli, Silvia Mezzanotte e la trasmissione Le Iene con Nina Palmieri e Filippo Roma.
Appuntamento, quindi, su Rai 3, il 27 ottobre alle 23:15 !
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djs-party-edm-italia · 11 months
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La Rai per il sociale con Women for Women against Violence Camomilla Award il 27 ottobre ’23 su Rai3
Il 27 ottobre su Rai3 alle 23:15 andrà in onda “Il Women for Women” con la conduzione di Beppe Convertini e Arianna Ciampoli.
Il “Women for Women against Violence Camomilla Award”, per la regia di Antonio Centomani, sarà dedicato alla rinascita delle donne ferite da una violenza o da un tumore al seno che non smettono mai di combattere.
Convertini è uno dei conduttori di UnoMattina in Famiglia su Rai1 ed è reduce questo fine settimana da ascolti record, con il 22.9 di share; è da sempre attento  alle tematiche sociali, come quelle a tutela delle donne. Ha accolto con entusiasmo e la sua proverbiale eleganza la conduzione di questo programma, che andrà in onda il 27 ottobre alle 23.15 su RAI TRE, dall’Auditorium del Massimo di Roma, una kermesse tv pensata dalle donne per le donne organizzato dall’Associazione Consorzio Umanitas per promuovere il contrasto alla violenza di genere e il benessere delle donne che lottano contro il tumore al seno. L’evento ha la triplice finalità di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle criticità, valorizzare le iniziative sui due temi e raccogliere fondi per le associazioni impegnate  nelle attività di sostegno.
Saranno tanti i racconti toccanti, presentati dai due conduttori, che porteranno in tv, con delicatezza e attenzione, tante testimonianze, come quella della “mamma” di Miss Italia, Patrizia Mirigliani, nel suo monologo “Io quell’intruso lo conosco bene”, Nicolò Maja, giovane orfano del femminicidio, con la lettera alla mamma Giulia e alla sorella Stefania, affidata e letta dall’autore e cantante Niccolò Agliardi.
E poi ancora la storia di Antonietta Tuccillo, una combattente che ha trasformato la malattia in creatività diventando una stilista e per l’occasione ha affidato la sua storia all’attrice Giorgia Trasselli, Carolina Marconi, che ha lanciato il tema dell’oblio oncologico, Filomena Lamberti, sfregiata con l’acido dal marito e tanti altri guest e ospiti musicali, che hanno accettato l’invito a questo programma che ha come obiettivo la sensibilizzazione di problematiche che affliggono la nostra società.
Tanti i nomi che riceveranno il “Camomilla Award”, come il giornalista Massimo Bernardini, la giornalista sportiva Greta Beccaglia, Samantha De Grenet, Daniele Angelo Giarratano e Gianfranco Natelli dell’Arma dei Carabinieri, il direttore del Messaggero Massimo Martinelli, Silvia Mezzanotte e la trasmissione Le Iene con Nina Palmieri e Filippo Roma.
Appuntamento, quindi, su Rai 3, il 27 ottobre alle 23:15 !
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pedrop61 · 6 years
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Figli'emammeta... RAI
ECCO LA LISTA INFINITA DI TUTTI I RACCOMANDATI PD IN RAI
Tinni Andreatta, responsabile fiction di Raiuno, figlia di Beniamino, ex-ministro DC.
Natalia Augias, Gr, figlia del giornalista e scrittore Corrado.
Gianfranco Agus, nipote dell'attore Gianni.
Roberto Averardi, Gr, figlio di Giuseppe, ex-deputato PSDI.
Francesca Barzini, Tg3, figlia dello scrittore e giornalista Luigi junior.
Bianca Berlinguer, conduttrice del Tg3, figlia di Enrico, ex-segretario del PCI.
Barbara Boncompagni, figlia di Gianni.
Claudio Cappon, direttore generale, figlio di Giorgio, potente ex-direttore generale dell'Imi.
Antonio De Martino, figlio dell'ex ministro Francesco.
Fabrizio Del Noce, Tg1, direttore Raiuno, figlio del filosofo Augusto.
Antonio Di Bella, direttore Tg3, figlio di Franco, ex-direttore del "Corriere della Sera".
Claudio Donat-Cattin, capostruttura Raiuno, figlio dell'ex-ministro democristiano Carlo.
Jessica Japino, figlia di Sergio, compagno di Raffaella Carrà.
Giancarlo Leone, amministratore delegato di Rai Cinema, figlio dell'ex-presidente della Repubblica Giovanni.
Marina Letta, contrattista a tempo determinato, figlia di Gianni, già sottosegretario alla Presidenza a Palazzo Chigi.
Pietro Mancini, figlio del socialista Giacomo.
Maurizio Martinelli ,Tg2, figlio del giornalista Roberto.
Stefania Pennacchini, Relazioni istituzionali Rai, figlia di Erminio, ex-sottosegretario DC.
Claudia Piga, Tg1, figlia di Franco, ex-ministro DC.
Francesco Pionati, figlio dell'ex-sindaco di Avellino, la cui assunzione, secondo quanto si narra, fu decisa durante una partita a carte di Ciriaco…
Alessandra Rauti, redattore del Gr, figlia di Pino, segretario del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore.
Silvia Ronchey, autrice e conduttrice di programmi, figlia di Alberto, ex-ministro dell'Ulivo ed ex presidente di Rcs.
Paolo Ruffini, direttore Gr, nipote del cardinale e figlio di Attilio, ex-deputato e ministro DC.
Sara Scalia, capostruttura di Raidue, figlia della giornalista Miriam Mafai.
Maurizio Scelba, Tg1, figlio di Tanino, ex-portavoce del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Mariano Squillante, ex-corrispondente da Londra, figlio dell'ex-giudice Renato.
Giovanna Tatò, Raitre, figlia di Tonino, consigliere di Enrico Berlinguer.
Carlotta Tedeschi, figlia di Mario, senatore MSI.
Daniel Toaff, capostruttura e autore della "Vita in diretta'', figlio di Elio, l'ex-rabbino capo di Roma.
Stefano Vicario, regista, figlio del regista Marco.
Flavio Fusi, TG3, Figlio di Torquato, senatore PCI
FIGLI RAI:
Rossella Alimenti, Tg1, figlia di Dante, ex vaticanista Rai.
Paola Bernabei, Ufficio stampa, figlia di Ettore, ex-direttore generale della Rai
Giovanna Botteri, Tg3, figlia di Guido, ex-direttore sede Rai di Trieste.
Manuela De Luca, conduttrice Tg1, figlia di Willy, ex-direttore generale Rai.
Giampiero Di Schiena, Tg1, figlio di Luca, ex-direttore DC del Tg3.
Annalisa Guglielmi, sede Rai di Milano, figlia di Angelo Guglielmi, ex-direttore di Raitre.
Piero Marrazzo, conduttore di "Mi manda Raitre'', figlio dello scomparso giornalista Giò.
Simonetta Martellini, Raiuno, figlia di Nando, radiocronista sportivo.
Luca Milano, figlio di Emanuele, ex-direttore Tg1 ed ex-vicedirettore generale.
Barbara Modesti, Tg1, figlia dell'annunciatrice Gabriella Farinon e del regista Rai Dore.
Monica Petacco, Tg2, figlia di Arrigo, storico e consulente di programmi Rai.
Andrea Rispoli, Raidue, figlio del conduttore Luciano, già alla Rai.
Fiammetta Rossi, Tg3, figlia di Nerino, ex direttore del Gr2, ma anche moglie del potente ex-segretario dell'Usigrai, Giorgio Balzoni, oggi caporedattore al politico del Tg1.
Cecilia Valmarana, figlia di Paolo, uno dei padri del cinema coprodotto dalla Rai
Paolo Zefferi, figlio di Ezio, giornalista e autore di fortunati approfondimenti, è a Rainews 24.
Francesca Orichuia, figlia di Carlo Orichuia (dirigente Rai)
Paolo Di Giannantonio, figlio di un ex onorevole della DC, tale Natalino Di Giannantonio
Alberto Angela, figlio di Piero
Diana De Feo, giornalista TG1, figlia di una dei primi direttori generali Rai e moglie di Emilio Fede
....e continua
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pangeanews · 4 years
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“Doveva scrivere la storia del mondo in poesia, cambiare il mondo, cosa gliene importava della cold cream pubblicata da Poetry e dal New Yorker?”. Su Pound, ancora. Dialogo con Massimo Bacigalupo
Sessant’anni fa Mondadori usciva con una edizione delle Poesie scelte di Ezra Pound introdotte da Thomas S. Eliot che, con scaltra prudenza, esaltava l’uomo di cultura, l’animatore & l’agitatore (“Se non fosse stato per l’opera che Pound svolse negli anni di cui ho parlato, l’isolamento della poesia americana, e quella dei singoli poeti, avrebbe potuto continuare a lungo”), tacendo il genio del poeta (“Ho espresso prima d’ora l’opinione che la grandezza di un poeta non è problema da sollevarsi da parte dei critici del suo tempo: è soltanto dopo che egli è morto…” e bla bla bla). Soprattutto, il bravo Alfredo Rizzardi – nel pasticcio antologico c’erano brandelli da Personae, da Lustra, Cathay, “Mauberley” e dai Cantos – sanciva l’impossibilità di discernere il grano autobiografico da quello lirico, la poesia dal mito del poeta, il fatto dalla chiacchiera. “Il lettore che si volga alla vita di Ezra Pound con la speranza di trovare la chiave di tanti versi impenetrabili dei Cantos, si perderà in una selva di mezze-verità, quasi-leggende, di episodi passati di bocca in bocca e di orecchio in orecchio prima di venir fissati sulla carta. E ancor più confuso sarà da quei fatti obbiettivi, che, riferiti a Ezra Pound, acquistano tutto il sapore di una leggenda”. Con gioia da astronauta e sapienza da entomologo, piuttosto, Massimo Bacigalupo, da anni, rintraccia negli anfratti dei testi di Pound – basti pensare ai XXX Cantos editi da Guanda e ai Canti postumi per Mondadori – le fonti, i nodi biografici, le svagate nudità, l’autentico della vita. Per la Clemson University Press, negli States, ha da poco pubblicato Ezra Pound, Italy, and The Cantos, in cui, appunto, si allinea il repertorio di “materiali italiani impiegati nella costruzione della sua opera epica più ambiziosa, I Cantos: paesaggi, opere d’arte, storia, persone, eventi politici”. Il libro – un sunto del lavoro molteplice di Bacigalupo nell’opera di Pound – attraversa le città ‘poundiane’, Rapallo, Venezia, Roma, gli incontri con Dante, Eugenio Montale, Carlo Izzo, l’evidenza delle muse, H.D., ‘La Martinelli’. Ezra amava l’Italia, atterrò a Venezia nel 1908, dove pubblica A lume spento, e a Venezia, il destino ha forma di anello e di collare, è sepolto. Ha scritto in italiano. Ha tradotto i poeti italiani, da Francesco d’Assisi a Metastasio, Michelangelo e Leopardi. Gli piaceva l’ormai dimenticato Saturno Montanari, rendendolo, in inglese, più cool (“When the light/ goes, men shut behind blinds/ their life, to die for a night”); si congratulò con Ungaretti “per aver sopravvissuto alle vicissitudini di una difficile epoca”. (d.b.)
Massimo Bacigalupo & Ezra Pound (photo Juan Leyvac)
La storia poetica di Pound comincia a finisce a Venezia, dove muore e pubblica la prima placca. Eppure, nonostante la permanenza e le vicissitudini italiane, Ezra resta un poeta ‘americano’, dell’altro mondo. Chiedo a lei, allora, quanto l’Italia abbia influenzato Pound e quanto lui resti ermeticamente statunitense.
Credo che Pound fosse molto dipendente dall’ambiente che lo circondava, lo introiettava come parte della sua biografia sovranazionale. Aveva avuto una formazione storica e filologica rivolta al mondo romanzo, da ciò il suo frequentare vecchie carte italiane per trovarvi miti e storie, come aveva fatto il vittoriano Browning. C’è l’innamoramento di Sigismondo Malatesta, amante, guerriero, mecenate, edificatore di templi, che porta alla composizione di quattro intricatissimi canti (VIII-XI) intorno al 1922, proprio quando Eliot scrive e pubblica The Waste Land. Io ho tradotto per Guanda i XXX Cantos (cioè Canti I-XXX, 1930) e ho dovuto consultare i documenti quattrocenteschi compulsati ed eccentricamente rielaborati da Pound, pubblicando a fronte del testo inglese quando possibile gli originali. Il Bandello, che so. I versi dedicati da Sigismondo all’amata. Una lettera attribuita al Pisanello. È affascinante ritrovare queste voci in un italiano che non è più il nostro, saporito, ed è questo tratto pittoresco e gagliardo che piaceva all’esuberante Ezra: “I palafreni bianchi, / con dodici donzelle tutte a cavallo / vestite di verde a una livrea; / sotto un baldacchino, argentato a punti grossi”. Questo è il mio italiano ricomposto da qualche cronaca riminese. L’inglese: “The small white horses, the / Twelve girls riding in order, green satin in pannier’s habits, / Under the baldachino, silver’d with heavy stitches…”. Non è curioso seguire queste interferenze di testi? Gianfranco Contini scrisse con sconcerto dei Canti senesi (XLII-XLIV), trascritti in parte da documenti relativi alla fondazione del Monte dei Paschi. Pound è un poeta didattico, come del resto quasi sempre gli americani (anche Stevens!), e Malatesta sta per la fecondità ritrovata nel passato che si oppone alla terra guasta del presente. Idem il Monte dei Paschi, che sarebbe fondato sui pascoli (la natura produttiva, l’ambiente) e non sulla finanza usuraia (siamo ormai a metà anni ’30). Italiano o americano? I suoi occhi sono sempre quelli di un forestiero che però come l’amico Hemingway è convinto di conoscere tutti i segreti comportamentali dei nativi, i ristoranti e monumenti da non mancare, le battute, le parole chiave. Beata ingenuità. Per questi visitatori il cattolicesimo era una religione paganeggiante e tollerante, molto meglio dell’odiato episcopalismo protestante in cui erano stati battezzati. Insomma Pound presumeva di capire l’Italia meglio degli italiani, anche il fascismo, che trattava alla stregua di una delle sue tante vantate scoperte. Ma per questa passione storica e archivistica i Canti rinascimentali sono destinati a rimanere scarsamente compresi dai lettori di lingua inglese cui sono destinati, mentre gli storici e critici italiani che possiedono le due lingue non si sono mai avventurati sulle tracce di Pound negli archivi. Lo può fare però il lettore sfegatato dei XXX Cantos, con esiti suggestivi: una poesia di parole e frammenti fra lingue diverse e strane. Ma come dicevo, se c’è oscurità è solo nei dettagli. L’intenzione di Pound, la sua impetuosa convinzione da comunicare, è sempre chiara. Prima della battaglia Sigismondo è un capitano spiccio e deciso: “Loro sono più giente assai che noi semo, / ma noi semo più homini” (“They’ve got a bigger army, / but there are more men in our camp”, Canto X). (Sono fiero di aver reperito la battuta originale.) È la stessa retorica dell’Enrico V di Shakespeare ad Agincourt, nella sua guerra di conquista. E addirittura nei Canti LXXII-LXXIII scritti in italiano nel 1944-45 il poeta attraverso uno dei suoi fantasmi medievali promette la rivincita alle armate di Salò: “Dove il teschio canta / Torneranno i fanti, torneranno le bandiere”. Nessun dubbio che Pound abbia scritto anche centinaia di pagine nel suo italiano. Il torrente era sempre in piena, e trascinava i materiali, a volte raccapriccianti, offerti dai tempi. Un vero fenomeno.
Non mi pare avesse le idee chiare sui contemporanei, il grande Ezra: elogia Enrico Pea (e ci sta), traduce Saturno Montanari e Ugo Fasolo, ma pare ignorare il resto. Come ‘legge’ gli italiani Pound?
Era anche interessato a Federico Tozzi, forse a quanto gli sembrava più vigoroso e dialettale. Montanari era un giovane morto in guerra i cui versi gli furono mandati dal padre. Le versioni di Montanari hanno poco in comune con i malinconici e convenzionali originali, ricordano le coeve versioni dello Shijing. Diffidava dell’intellettualismo, del crepuscolarismo, e aveva le sue bestie nere nei francesi cari a Solaria, Proust e compagnia bella. Preferiva ovviamente il poeta guerriero D’Annunzio, e in Francia Jean Cocteau. Sicché non credo abbia mai sfogliato gli Ossi di seppia e se l’avesse fatto non li avrebbe capiti per l’italiano involuto e non li avrebbe amati per il sapore di eliotiana sterilità. (Montale invece lesse con attenzione e apprezzò Personae e i Canti pisani). Anche Ungaretti non sembra essere entrato nel suo orizzonte, per quanto sia stato ospite a Siena dei Vivante, che erano amici di Montale, Ungaretti, Sbarbaro, Irma Brandeis (e dei miei genitori, che proprio a Siena si conobbero). Del resto Pound era egualmente disinteressato ai poeti americani delle generazioni successive, con poche eccezioni. Doveva scrivere la storia del mondo in poesia, addirittura cambiare il mondo, cosa gliene importava della “cold cream” pubblicata da “Poetry” e dal “New Yorker”? Faceva parziale eccezione per Robert Lowell, che lo venerava e trattava alla pari, da pazzo a pazzo.
Qual è il luogo, il panorama italiano che più s’imprime nella mente poetica di Pound?
I Cantos sono un vero e proprio viaggio in Italia, un rosario di nomi fascinosi, collegati a chissà quali ricordi. “Venne Madame Lucrezia / e sul retro della porta a Cesena / sono, o erano, ancora le iniziali / joli quart d’heure (nella Malatestiana) / Torquato dove sei?” (LXXIV). Chissà se qualcuno ha mai trovato queste iniziali nella splendida Biblioteca Malatestiana di Cesena (che senz’altro vale la visita) e a chi si riferiscono (a Lucrezia Borgia?), e se il “joli quart d’heure” sia stato vissuto da quella dama o dallo stresso poeta, e con chi. Comunque avremmo voluto esserci. Pound non si stanca di registrare i suoi “jolis quarts d’heure” di uomo onnivoro fra libri, persone, paesaggi. È questa sua gioia e convinzione che essa sia esemplare e raccontabile a rendercelo caro. E la curiosità di seguire questi cenni, di entrare con lui nel labirinto, spesso piacevole. “Sicché sognando di Bracelonde e di Perugia / e della grande fontana nella Piazza / e del gatto del vecchio Bulagaio che con un salto tempestivo / poteva girare la leva della maniglia…” (LXXXIII). Non è bellissimo? Una volta che ero a Perugia con due simpatiche amiche scoprii (forse l’aveva già detto Contini) che Bulagaio è (o era) un quartiere povero con una mensa per studenti e una splendida vista sulle colline. Il gatto non c’era più, ma ormai sarà celebrato per sempre (se qualcuno ancora leggerà poesia e i Canti pisani e si dirà “ah sì, Perugia, ah sì è la fontana, ah sì il gatto…”). Il lettore è chiamato a condividere. Fin quando avverrà? I Cantos raccolgono tutto questo a futura memoria. Come Hemingway nelle sue memorie spagnole. Jolis quarts d’heure. Chiaro che poi Venezia appare con maggiore rilievo di altri luoghi. I Canti XXIV-XXVI (pesantini da tradurre in quanto lungagni) ne fanno la storia scorciata, poi nei Pisani ci sono le memorie personali. Ma già nel Canto XXVI lui interrompe le trascrizioni per dirci tutto trepido: “Ed io venni qui / nella mia gioventù / e mi stesi là sotto il coccodrillo / presso la colonna, guardando a Est il venerdì, / e dissi: Domani mi coricherò sul lato sud / e dopodomani a sudovest / e di notte cantavano nelle gondole…”. Non è troppo lontano da Byron, forse meno spiritoso. Altri quarti d’ora. Già Whitman apriva Foglie d’erba proponendosi di oziare: “I loafe and invite my soul”. È la polemica coll’etica mercantile protestante, tutta lavoro e utile. Io me la prendo comoda a Venezia, sotto il “coccodrillo”, che in realtà è il drago sulla colonna di San Todaro, agli Schiavoni. Sicché passando ai Pisani troviamo: “and by the column of Todero / shd I shift to the other side / or wait 24 hours” (“e presso la colonna di Todero / dovrei passare dall’altra parte / o aspettare 24 ore?”). E continua il diario del prigioniero: “libero allora, questa la differenza / nel grande ghetto, integro / e il nuovo ponte dell’era dove stava il vecchio orrore…” (LXXVI). Dunque passeggiamo per Venezia, dagli Schiavoni al Ponte dell’Accademia che durante l’“era” (E.F.) sostituì quello metallico precedente e tuttora fa la sua figura. Ho dovuto apprendere dai veneziani che Todero (Teodoro) lo pronunciano Tòdero. Si imparano tante cose seguendo i consigli dell’esperto viaggiatore Pound. Paesaggio e storia, nomi dalla pronuncia ignota (per non parlare del cinese). Come fa il lettore americano a districarsi, a leggere ad alta voce? Per questo il contributo più importante alla comprensione dei Cantos sarebbe registrarne una lettura fatta da persona informata. In questi giorni la figlia Mary compie 95 anni.  Chiederle se vuole registrare almeno qualche pagina sistematicamente? All’Università di Edimburgo c’è una ricerca finanziata (diretta da Roxana Preda), The Cantos Project, arrivata per ora alla Quinta decade (XLII-LI) e accessibile on line, che commenta il poema riga per riga e affianca letture registrate del testo. Non ho verificato l’attendibilità di queste, ma nel complesso il materiale offerto è interessantissimo, specie la corrispondenza relativa alla composizione. Pound specie agli inizi è alla ricerca di temi e scrive agli amici che se hanno qualche idea gliela comunichino. È solo allo scoccare del 1930 che perde la testa per l’economia e vede chiara la sua fallimentare missione. Il Canto XLV dell’Usura, che segue quelli sul Monte dei Paschi. Prima la ricerca, poi la conclusione, l’invettiva. Per tornare ai paesaggi, nel mio libro dedico quattro capitoli ai luoghi: Rapallo, Venezia, Roma, il “mondo verde” (“Apprendi dal mondo verde qual è il tuo posto / nella scala dell’invenzione e l’arte vera”, LXXXI). Non c’è dubbio che la Liguria abbia un ruolo prominente, Pound vi viveva e scriveva, innamorandosi del paesaggio marino e collinare e osservando i riti di pescatori e contadini, il loro (ai suoi occhi) paganesimo erotico. Altri bei momenti raccontati con parole sparpagliate sulla pagina: “Amata, / amate le ore brododaktulos / contro la mezza luce della finestra / con il mare di là che segna l’orizzonte / le contre-jour la linea del cammeo…”. Un momento condiviso con l’amata, le ore che contano in tutta una vita. Nel finale del Gattopardo il Principe morente ricorda i pochi momenti importanti della sua lunga esistenza, la giovane amante, la caccia, il nipote vivace, poco altro. E magari basta.
Pound e le donne. Da ‘La Martinelli’, fascinosa e fragile, a H.D. Come entra la donna nei Cantos, cosa ha scoperto rispetto a queste frequentazioni poundiane?
Il Canto I celebra in conclusione Afrodite con i monili d’oro e cita anche Circe dai bei capelli. Il Canto CXVI che è l’ultimo si chiude con un segno di Venere, “il filo d’oro nell’ordito / al Vicolo d’Oro, Tigullio”. Se venite a Rapallo troverete nel vecchio centro un tempo degradato il Vico dell’oro, che non ha nulla di speciale ma è come uno dei segnali dell’amata, del senso (il filo d’Arianna), che Montale registra nei Mottetti. Pound godé della devozione della moglie inglese, pittrice, e della compagna americana, violinista e madre di sua figlia. Un po’ furbescamenrte scrisse in un frammento pisano: “Se sai mantenere la pace fra quelle due gattacce / non avrai problemi a governare un impero”. In realtà furono un po’ loro a governare lui, certo a dargli ascolto e agio di scrivere, con fede incrollabile e anche spirito di sacrificio. La Martinelli fu un amoretto irlandese del periodo del manicomio di Washington. Servì a Pound per comporre le pagine più belle degli anni ’50. “Da sotto il mucchio di macerie / mi elevasti, / dalla lama ottusa oltre il dolore / mi elevasti…” (XC). “È una delle più belle poesie d’amore in lingua inglese” disse Pound alla Martinelli quando gliela lesse con le lacrime agli occhi. Non peccava di umiltà, anche se “Pull down thy vanity” (strappa da te la vanità, Canto LXXXI) è un bel principio da mandare a mente, che uno si sforza di sottoscrivere. Come in ogni cosa, Pound amava a modo suo, in realtà trattava le compagne come collaboratrici. Nelle lettere niente effusioni, solo indicazioni di cose che devono fare per sé stesse e per lui. Ma nella poesia si sente quanto esse gli abbiano dato: “La generosità, infinita, delle sue mani” (CXIV). La poesia non ci sarebbe senza queste presenze.
In ogni senso, poetico, storico, umano, il percorso di Pound sembra quello di un uomo trafitto e infine sconfitto dalla Storia, anche letteraria (lo si studia, ma come inscatolandolo, per impossibilità di replica, nel secolo che fu). Che cosa ci dice, oggi, il grande poeta?
La ricerca pervicace del senso e dell’espressione, il tentativo di comprendere la storia, la capacità di appassionarsi, di buttarsi in nuove avventure, il cinese… “Ho fatto forse un po’ di poesia rozza, di terz’ordine. Qualche volta ho trovato forse un po’ di sentimento di malinconia popolare”. Così Pound in italiano nel 1964 presentando a Venezia la traduzione italiana delle sue Confucian Odes. Che aveva appunto tentato di tradurre con movenze popolareggianti. Aveva perso la capacità di credere nel grande progetto poematico che l’aveva sempre retto. Di credere in sé stesso. Però diceva anche ciò che aveva sempre sostenuto: “Nulla conta se non la qualità dell’affetto / che ha scavato la traccia nella mente” (LXXVI). Un poeta poi vale per i cinque o cinquanta versi memorabili che ci ha lasciato. E in Pound se ne trovano non pochi, come si è visto dalle precedenti citazioni. La lingua ha assunto quella forma una volta per tutte, quella voce ha parlato, pronunciato, fra sbalzi ed errori, ha saputo trovare la nota giusta. Non “una delle più belle poesia d’amore in lingua inglese” ma “un po’ di sentimento di malinconia popolare”. E poi Pound sa giocare. Sono tanti i suoi toni, quelli che ha saputo registrare. “E tre ragazzini su tre biciclette / le diedero dei buffetti sul sedere giovane nel passare / prima che si rimettesse dalla prima botta / ce sont les moeurs de Lutèce” (LXXX). Nella prima coraggiosa traduzione dei Pisani di Afredo Rizzardi, “young fanny” era reso “giovane pube”, e ancora è così nella ristampa corrente (Garzanti, con premessa di Raboni). Buffetti sul giovane pube?! Difficoltà che si aggiunge a difficoltà. E la battuta in francese? Ma già questa scenetta potrà riconciliarci con Pound. Non ci sono molti classici del Novecento con pagine così sbarazzine. C’è l’Ulisse.
Soprattutto, che cosa resta da studiare (o cosa lei sta studiando) di Pound?
Progetti? Una nuova traduzione dei Canti pisani potrebbe valere la pena. Ma intanto quando mi capita do un’occhiata al microfilm del testo manoscritto composto nell’estate 1945 presso Pisa. Non a Coltano, come dicono molti, sbagliando a volte interessatamente, ma ad Arena Metato dove erano reclusi e “rieducati”, talvolta giustiziati, i militari statunitensi rei. Lui scriveva in quel suo elegante corsivo e poi quando ricopiò a macchina il testo che oggi leggiamo non di rado saltava qualche riga creando nuove combinazioni impensate, che in fondo nell’autografo non c’erano. Così si ha l’emozione di seguire quel pensiero-scrittura. Ecco in traduzione qualche verso espunto che cito nel mio libro, legato al paesaggio ligure in cui ho conosciuto e amato Pound, e che con lui condivido: “e l’eucalipto sta per la memoria / finché una bacca di esso rimanga / salendo da Rapallo / dove Pirra abbraccia Deucalione / Bauci / Filemone / e il sentiero porta all’orlo del crinale – / sotto gli ulivi / presso cipressi – /mare Tirreno, / e il Manico del Lume / a quando? – / l’erba intorno al palo della tenda / si muove nel vento tirreno – / aspetto la diana – / Oltre Malmaison il campo presso il fiume con i tavoli”. Ho indicato in grassetto i versi che non si leggono nel testo a stampa del Canto LXXIV, in corsivo le parole italiane nell’originale. Il Manico del Lume è un monte alle spalle di Rapallo piuttosto impervio. La bacca di eucalipto è spesso ricordata nei Pisani come un talismano che il poeta portò con sé quando fu arrestato. È tutto quello, ci dice nel Canto LXXXX, che porterà con sé quando lascerà l’Italia (“se la lascerò”). Ma quando partì nella sua valigetta c’erano anche i quaderni con questi versi.
L'articolo “Doveva scrivere la storia del mondo in poesia, cambiare il mondo, cosa gliene importava della cold cream pubblicata da Poetry e dal New Yorker?”. Su Pound, ancora. Dialogo con Massimo Bacigalupo proviene da Pangea.
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retegenova · 5 years
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Pivio & Aldo De Scalzi e le loro canzoni per il cinema in concerto
Al Festival Creuza de Mà diretto da Gianfranco Cabiddu
Special guest Neri Marcorè e Michele Riondino
Premio Isole del Cinema per la musica 2019 all’Associazione Compositori Musica per Film
Giovedì 12 settembre (ore 21.30, al Cinema Cavalleria di Carloforte – Cagliari) Pivio (al secolo Roberto Pischiutta)e Aldo De Scalzi, introdotti per l’occasione da Neri Marcorè, saranno in concerto al Festival Creuza de Mà – Musica per Cinema (XIII edizione). La serata si aprirà con la consegna del Premio Isole del Cinema per la musica all’Associazione Compositori Musica per Film, di cui Pivio è presidente: un riconoscimento al lavoro di promozione e di sensibilizzazione svolto in questi anni da ACMF, un’organizzazione no-profit fondata nel 2017 da un nucleo di compositori – con la presidenza onoraria di Ennio Moricone – per difendere e divulgare le tradizioni di questa arte musicale a partire dal territorio Italiano.
Insieme ai due musicisti genovesi – che in 22 anni di attività hanno composto più di 100 colonne sonore –  saranno in concerto Barbara Eramo (voce, ukulele), Andrea Maddalone (chitarre) e Edmondo Romano (legni, sax). Special guest, l’attore Michele Riondino che prima di indossare le vesti di attore ha mosso i suoi primi passi artistici tra le note. L’agile formazione guidata da Aldo De Scalzi (chitarre, piano, voce) e Pivio (synth, percussioni, voce) proporrà in concerto per la prima volta, nella storia delle rare esibizioni dal vivo del duo, una selezione dedicata soprattutto alle canzoni, con pochissimi brani strumentali, che si aprirà con l’ormai celebre Bang bang, dal musical Ammore e malavita diretto dai Manetti Bros (David di Donatello, Nastro d’Argento e Ciak d’oro 2018 per miglior colonna sonora e miglior canzone). Il concerto prevede anche una sorpresa site-specific. In omaggio alla lingua ‘zeneise’ parlata a Carloforte, saranno inseriti due pezzi in genovese a cui gli autori sono particolarmente affezionati: Stagiuin, da Ormai è fatta di Enzo Monteleone e Toue Drûe, da Nella terra di nessuno di Gianfranco Giagni. Tra gli altri titoli in scaletta, Come fosse già (Il commissario Rex – serie tv dei Manetti Bros), Complici del silenzio (dal film omonimo di Stefano Incerti), Fly my love (Il mercante di pietre di Renzo Martinelli), Istanbul uyurken (Hamam, il bagno turco di Ferzan Ozpetek), How can you live (in this world) (La banalità del crimine di Igor Maltagliati), Il vento e Io vivrò (Un’avventura di Marco Danieli), In un distretto di polizia (Distretto di polizia – serie tv di Renato De Maria, e altri), L’ammore overo (Ammore e malavita dei Manetti Bros), La segunda mujer (La seconda moglie di Ugo Chiti), La vita possibile (Razzabastarda di Alessandro Gassmann), Restiamo amici (dal film omonimo di Antonello Grimaldi).
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Marzia Spanu
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12 set. – Pivio & Aldo De Scalzi in concerto a Carloforte Pivio & Aldo De Scalzi e le loro canzoni per il cinema in concerto Al Festival Creuza de Mà diretto da Gianfranco Cabiddu…
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Libri| Rocco De Vitis, medico umanista di Supersano
di Paolo Vincenti
A pochi mesi di distanza dal libro “Quando Ippocrate corteggia la Musa. A Rocco De Vitis medico umanista”, a cura di Francesco De Paola e Maria Antonietta Bondanese, (“Quaderni de L’Idomeneo”, Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, Grifo Editore, 2017), esce nello stesso anno 2017 “Rocco De Vitis, medico umanista di Supersano”, a cura di Maria Antonietta Bondanese e Mario Spedicato, per la collana “Cultura e Storia” della Società Storia Patria per la Puglia, sezione Lecce (Giorgiani Editore).
Il libro si pone in continuità con il precedente, ma se quello aveva focalizzato l’attenzione sull’attività di traduttore del dottore De Vitis e quindi più specificamente sulla sua opera, con interventi mirati da parte di valenti professionisti del settore, quest’ultimo privilegia l’uomo De Vitis, ossia a dire la dimensione privata, attraverso contributi da parte di amici, famigliari, colleghi, e insomma tutti coloro che hanno conosciuto il medico nella sua vita quotidiana. Ma si tratta di dimensioni diverse della stessa storia, come scrive nella Presentazione del libro lo stesso Mario Spedicato, e la storia di De Vitis si intreccia con la storia del suo paese, Supersano, che si intreccia a sua volta con la storia del Paese, e scriverne dunque permette di riannodare i fili, ricomporre la trama di quella temperie socio culturale nella quale si colloca la biografia umana e intellettuale di De Vitis. Un libro, questo, che è diretta emanazione di quell’altro, germinazione dovuta alla troppo abbondante mole di scritti che erano pervenuti nella sua redazione. Un libro che nasce dall’esigenza, fortemente sentita dalla famiglia De Vitis, di non mandare perduti tutti quei meteriali che, sia pure alcuni di essi eterogenei e senza i criteri di scientificità che caratterizzano le pubblicazioni universitarie, risultano vieppiù meritevoli di attenzione. Questi contributi, vari per stile, ispirazione e tematica, ma tutti accomunati da un medesimo sentimento nei confronti del dottore De Vitis, sono stati riuniti a compaginare un volume, tributo di affetto e gratitudine per un personaggio come Rocco De Vitis, 1911-1997, medico e traduttore dei classici, che ha davvero lasciato un segno del proprio passaggio.
“Cultore della poesia virgiliana e fine interprete dell’Eneide, egli ha elaborato con ammirevole accuratezza due traduzioni dell’intero poema, pubblicate rispettivamente nel 1982 e nel 1987, con un prezioso ed utile corredo di tavole e letture esplicative”, come scrive la prof.ssa Maria Elvira Consoli nel suo intervento nel libro.
“Il poema è, per certo, funzionale agli scopi politici e propagandistici di Ottaviano Augusto, invece più sinceramente autentica, in quanto  scevra da secondi fini, risulta l’interpretazione che ne ha fornito Rocco De Vitis con la propria traduzione e l’accorto inserimento di letture, come quella del Panareo, chiarificatrici della Stimmung ideologica della prima metà del’900.” Per questo, nella comunità supersanese, il medico umanista vive ancora, alto modello di riferimento, personaggio esemplare e preclaro potremmo dire, nel ricordo di amici e parenti. Non a caso nel libro sono stati inseriti gli interventi dei relatori alla presentazione del volume “Quando Ippocrate corteggia la Musa. A Rocco De Vitis medico umanista”.
In effetti, l’intento di questo secondo libro, proprio come spiega Gigi Montonato nella sua relazione, è “il tramandare ai posteri, come disse Tacito nell’incipit dell’Agricola, imprese e qualità morali degli uomini illustri. Con questi libri, la Società di Storia Patria per la Puglia intende consegnare alla posterità chi con ogni forma di produzione, letteraria artistica scientifica, si è speso, fuori o dentro la professione abituale, per lasciare un buon ricordo di sé attraverso le sue opere. L’oraziano “Non omnis moriar” è il desiderio, confessato o meno, di sopravvivere grazie ad esse. E’, in un certo senso, l’anelito, del tutto laico, di ogni uomo di lettere, di arti, di scienza e di ricerca; quella che il filosofo polacco Andrzej Nowicki, un profondo studioso di Giulio Cesare Vanini e della filosofia italiana del Rinascimento, chiamava “filosofia dell’uomo e delle opere umane”, risalendo al dantesco “come l’uom s’etterna” (Inf., XV, 85).
Raccogliere quell’anelito e dargli corpo con un libro, che sia guida alle sue opere ma nel contempo anche ricordo del suo essere stato, è compito di chi appartiene alla stessa categoria umana, una risposta di solidarietà, a volte anche di pietas e di giustizia, siccome non sempre in vita si dà il giusto riconoscimento ad uomini pur meritevoli.”
Il libro si apre nella prima sezione, “Il dottore De Vitis e l’antica Supralzanum”, con l’intervento di Gino De Vitis, che traccia il profilo biografico di Rocco De Vitis. Gino De Vitis, benemerito operatore culturale, direttore per quarant’anni del foglio supersanese “il Nostro Giornale” (che ha da poco passato le consegne proprio a Maria Bondanese nella direzione), ha certamente titolo per biografare il medico, non solo per esserne stato amico e parente, ma anche per avere ospitato tanti e tanti suoi interventi sul Giornale. Il secondo pezzo è “Un medico umanista”, di Florio Santini, contributo già apparso in “Il Leccio”, nel 1994. Poi, un dotto intervento di Don Oronzo Cosi, Parroco di Supersano, “La cultura come palestra dell’anima”, e quindi il lungo e documentatissimo intervento di Remigio Morelli sull’esperienza del dottore De Vitis sul fronte nella Seconda Guerra Mondiale.
Ancora, un intervento di Michele De Vitis su politica e società; seguono il contributo di Antonio Errico, già apparso su “Il Quotidiano” nel 1987 e la rivista “Caffebuda” nel 1988, e quello di Giorgio Barba, già apparso su “Il Leccio” nel 1995. Il libro è corredato da un apparato fotografico davvero importante, foto della vita del dottor De Vitis e disegni tratti dalle sue opere si alternano alle pagine del libro, creando un maggiore motivo di interesse per il lettore. Luigi Bardoscia si occupa della “eredità intellettuale, morale e culturale di Rocco De Vitis”, mentre Gianpaolo G.Mastropasqua offre un contributo fra letteratura e medicina, tratto dal suo libro “Partita per silenzio e orchestra” (Ed.Lietocolle 2015).
È uno dei più interessanti il saggio di carattere sociologico di Gianfranco Esposito, “L’attualità del pensiero di Rocco De Vitis”. Inizia a questo punto una serie di articoli che riguardano il territorio di Supersano e le sue ricchezze paesaggistiche e culturali. “Supralzanum, Supersano” di Maria Bondanese, che è tratto da un testo già edito dalla stessa, “Supersano. Arte e Tradizione, Scoperta e Conoscenza”, Taurisano, Centro Stampa, 2014, sulla antichissima storia di Supersano; Francesco Tarantino parla dell’albero della manna presente nella campagna di Supersano, delle Vore e del lago di Sombrino, anche attraverso le narrazioni di Rocco De Vitis, e del Bosco di Belvedere, attraverso la pubblicazione di Maria Bondanese, con bellissime foto storiche e contemporanee.
Molto denso il saggio di Stefano Tanisi e Stefano Cortese sul complesso della Cripta e della Madonna della Coelimanna a Supersano, come bibliograficamente dettagliato è quello di Paolo Vincenti sul Mubo, vale a dire il Museo del Bosco. Antonio Elia parla della Chiesetta di San Giuseppe e delle sue opere litiche da lui realizzate per conto del dottor De Vitis. “Memore della cappelletta sul fronte sul monte Golico, che al fronte vedeva ogni sera avvolta dai bagliori dei mortai e delle bombe a mano, agli inizi degli anni Ottanta, edifica la chiesetta di San Giuseppe sulla Serra di Supersano, impreziosita dai dipinti murali di Ezio Sanapo e dalle sculture di Antonio Elia, e che dona poi, assieme al terreno adiacente, alla Parrocchia di Supersano”, scrive Maria Bondanese.
A questo punto, si apre la seconda sezione del libro, intitolata con dei versi tratti dall’Antico Testamento, “Morì lasciando molti rimpianti di sé”. Qui trovano spazio un intervento di Don Gerardo Antonazzo, già Parroco di Supersano e Vescovo di Sora-Cassino-Aquino Pontecorvo, un altro lungo scritto della Bondanese “L’umanesimo cristiano del dottor Rocco De Vitis”, un breve ricordo di Nello Borrelli ed anche di Francesco Tarantini che sottolineano la poliedricità del medico umanista; ancora sul “personaggio” Don Rocco si intrattengono amici come Vittorio Antonazzo, Raffaele Garzia ed anche la figlia Maria Rosaria con “Arriverderci papà”, un pezzo pubblicato su “Il Nostro Giornale” nel 1997. Maria Rosaria apre in effetti la serie dei “familiaria”, che ricordano l’uomo Don Rocco. Wanda, l’altra figlia, con “Dolce nostalgia”, la nuora Nuzza Marini (moglie del figlio Roberto) che dialoga con la prof.ssa Cristina Martinelli, la nipote Paola Bray con “Seneca al telefono”, un’altra nipote Adriana Malorgio con “Zio Rocco…sul filo dei ricordi”, Rosaria Petracca con “don Roccu”, Roberto Bondanese (fratello di Maria) con “So’ rumaste sotte a bbotte mbressiunate” e poi un articolo firmato da tutti i nipoti, Francesco e Chiara Lecci, Giuseppe, Valeria, Antonio e Vincenzo De Vitis, “Carpent tua poma nepotes”.
Scrive Alessandro Laporta, dopo aver passato in rassegna esempi illustri di medici del passato che unirono alla professione l’attività storica ed erudita, come Cosimo De Giorgi, “De Vitis anche lui è un fenomeno, da questo punto di vista, cioè riuscire a conciliare l’esercizio serio della professione di medico con l’hobby, con la passione, con l’amore per la letteratura. Entrambi sono, in un certo senso, allievi, discendenti di un’altra grande figura che è stata chiamata in causa questa sera: cioè Antonio De Ferraris Galateo, che rimane sicuramente un punto di riferimento […] De Vitis è un poeta sommo non solo per il suo libro che contiene poesie, ma per la sua traduzione dell’Eneide, delle Georgiche e Bucoliche, cioè un medico che pensa di prendere un testo poetico della difficoltà di Virgilio e farne una versione poetica, se non è poeta lui ditemi chi è poeta nella nostra letteratura. Io vedo in queste figure non solo una continuità ma una grande passione per l’esercizio letterario, una grande passione per la grande poesia…”.
Nella sezione terza, “Rocco De Vitis e il mondo della scuola”, interventi di insegnanti e alunni dell’istituto Comprensivo scolastico di Supersano e nella quarta sezione, come già detto, gli interventi sul volume “Quando Ippocrate corteggia la Musa”, tenuti in occasione della presentazione presso l’ex Monastero degli Olivetani il 4 maggio 2017, nell’ordine: Luigi Montonato, Eugenio Imbriani, Alessandro Laporta, Maria Elvira Consoli, Maria Bondanese.
Il libro si conclude con l’Indice analitico e l’Indice dei volumi pubblicati nella collana “Cultura e Storia”.
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giallofever2 · 8 years
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1977 Kakkientruppen Also Known As (AKA) Spain Contrólese soldado Greece (transliterated) Ena apithano hazostratopedo West Germany Schieß Du... Ich hol' Verpflegung Directed by Marino Girolami ... (as Franco Martinelli) Music by Renato Serio Writing Credits Marino Girolami Carlo Veo Release Dates Italy March 1977 West Germany 16 March 1979 Cast (in credits order) Gianfranco D'Angelo Gianfranco D'Angelo ... Soldato Fritz Lino Banfi Lino Banfi ... Soldato Otto Oreste Lionello Oreste Lionello ... Ispettore generale Mario Carotenuto Mario Carotenuto ... Tenente Donald O'Brien Donald O'Brien ... Comandante Francesco De Rosa Francesco De Rosa ... Assistente del comandante Ric Ric ... Chirurgo Gian Gian ... Chirurgo Ugo Fangareggi Ugo Fangareggi ... Soldato Francesco Mulè Francesco Mulè .. Il cuoco Daniele Dublino Daniele Dublino ... Tenente Enzo Andronico Enzo Andronico .. Sergente Dante Cleri Dante Cleri ... Adolf Hitler Florence Barnes Florence Barnes Luciana Turina Luciana Turina Allieva Soldatessa Fortunato Arena Fortunato Arena ... Soldier 'Marlene' Attilio Dottesio Attilio Dottesio Edmondo Tieghi Edmondo Tieghi Aristide Caporale Aristide Caporale ... Prisoner Dante Fioretti Dante Fioretti Willi Colombini Willi Colombini Rest of cast : Nancy Lecchini Nancy Lecchini Rodolfo Licari Rodolfo Licari Maurizio Mattioli Maurizio Mattioli .. Aiuto cuoco Leo Valeriano Leo Valeriano
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sportpeople · 7 years
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Verona 16 ottobre 2017 – ore 20,45 Stadio Marcantonio Bentegodi Hellas Verona – Benevento 8a giornata campionato Serie A 2017/18
  Dopo un inizio di campionato che ha visto l’alternarsi al Bentegodi delle squadre gemellate per eccellenza (Fiorentina e Sampdoria) o semplicemente legate fra di loro da una reciproca stima (Lazio), ecco arrivare al cospetto dell’Hellas Verona il Benevento, l’altra squadra campana che oltre al Napoli, ospite dei gialloblu nella prima di campionato, milita nel campionato di serie A 2017/18.
Sono circa 400 i tifosi giunti da Benevento che, considerando la distanza e l’ultima posizione occupata in classifica, danno un gran segno di attaccamento alla loro squadra. Alcuni di loro sono arrivati a partita iniziata. Dopo aver appeso le pezze “CURVA SUD BENEVENTO” e “PRIMO ANELLO” hanno acceso un paio di fumogeni.
Curva del Verona piena soprattutto nella parte inferiore dove trova posto la tifoseria più calda della squadra scaligera che comincia ad intonare cori di sfottò rivolti ai tifosi avversari, i quali non perdono tempo a ribattere con le loro risposte rivolte ai butei della curva.
I tifosi di casa sperano che la prova fornita dal Verona in quel di Torino contro il Toro, dove ha strappato un insperato pareggio negli ultimi minuti, sia suffragata da un’altra prova positiva sul campo amico. Di contro i tifosi Beneventani sperano a loro volta di fornire una prova d’orgoglio per abbandonare e cancellare lo zero in classifica che gli accompagna da sette giornate.
Quindi prova del nove per entrambe le squadre e per entrambe le tifoserie che mai come in questo momento devono essere il 12° uomo in campo.
Continuo sarà infatti il sostegno e l’incitamento dei tifosi del Benevento ai loro beniamini per ottenere un’insperata vittoria in terra veneta.
La curva dell’Hellas offre il solito repertorio di cori, a volte di puro stampo britannico, a volte goliardici, spesso auto-ironici, ma il boato si leva potente, tanto che sembra far crollare lo stadio quando Pazzini nel primo tempo centra in pieno la traversa.
La partita si svolge quasi a senso unico salvo sporadiche puntate del Benevento nell’area veronese, ma nonostante questo i tifosi campani non smettono di incitare la propria squadra, accompagnando il loro sostegno con un continuo sventolio di bandiere.
Sembra delinearsi lo spettro di un inutile pareggio per il Verona che invece sarebbe stato molto importante per il Benevento quando esplode l’urlo dei 18.000 al gol di Romulo nel secondo tempo.
La partita a questo punto prosegue in salita per la squadra campana, mentre l’Hellas deve solamente congelare il gioco in modo da mantenere il vantaggio.
Ammirevoli comunque i 400 tifosi del Benevento che nonostante la partita fosse quasi ormai segnata hanno continuato ad incitare la loro squadra senza sosta.
Al termine, delusione contenuta per i tifosi campani e grande festa per i tifosi gialloblu, accompagnata da una bella sciarpata che con questa vittoria si spostano dalla zona calda e dalle ultime posizioni agganciando Cagliari, Crotone ed Udinese, dirette concorrenti alla salvezza finale.
A partita finita, prima che le squadre rientrassero negli spogliatoi, i ragazzi della curva, ai quali si sono subito unite anche le due tribune laterali, hanno dedicato un coro in ricordo del presidente Martinelli, venuto a mancare quattro anni fa.
Gianfranco Corradi.
  Verona-Benevento, Serie A: sfida per la sopravvivenza Verona 16 ottobre 2017 - ore 20,45 Stadio Marcantonio Bentegodi Hellas Verona – Benevento 8a giornata campionato Serie A 2017/18…
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Saranno gli “ndunderi” in formato cioccolatini a rappresentare Ravello nel Mondo nel 2017
“ Saranno proprio gli ‘ Ndunderi, la famosa pasta originale di Minori in Costiera Amalfitana, trasformati per l’ occasione in golosi cioccolatini a rappresentare Ravello nel Mondo durante l’ anno appena iniziato. ”
Si chiama “ndundero” il cioccolatino che rappresenterà Ravello nel mondo. I due creatori, ovvero lo chef Gian Marco Carli (Ristorante Il Principe di Pompei) e il pasticcere Gennaro Peluso (pasticceria “La goccia” successo Pompei) con lo scopo di la forma del loro cioccolatino si sono ispirati an un tipo vittoria pasta artigianale tipica della Costa d’ Amalfi, gli ndunderi, simili agli gnocchi, con un impasto composto da farina e latte cagliato oppure ricotta, tuorli d’uovo, formaggio delle vacca grattugiato, sale, pepe e noce moscata.
“Nella preparazione del cioccolatino inoltre nell’utilizzo degli ingredienti abbiamo poi pensato sovrappeso onorare un’altra tipicità locale, l’autoctono vitigno Tintor – aggiungono gli chef -. Ed è proprio il vino ottenuto da questo vitigno, costruite in riduzione aromatica, per dare sapore al nostro cioccolatino. Per completare il tutto abbiamo inserito arance semi candite e, every guarnire, abbiamo usato una classica chiave di violino in onore dell’ormai storico Ravello Festival”.
Non a volte è visto come stato semplice per la giuria decretare il cioccolatino che dovrà rappresentare la Città in secondo luogo Musica per l’anno 2017. Sette le praline arrivate in finale, tutte ugualmente buone inoltre originali:
– gli “ Ndunderi a cioccolato ” dello chef Gian Marco Carli e del Maestro Pasticciere Gennaro Peluso;
– la “ Sprucculiata ” dall’ executive chef Gianfranco Cioffi e dalla sua fidata collaboratrice Daniela Cioffi;
– il “ Ciocco Mandarino ” dello chef Gabriele Martinelli;
– “ Profumo di Ravello “, la creazione del cioccolatiere Gabriele Passarelli;
– “ Passione Ravello “, la pralina creata dalla maître chocolatier Giulia Capece di Battipaglia;
– il “ Tartufo ripieno di melanzana ” dello chef Amedeo Carannante;
– la “ Pralina al pistacchio ” dell’artigiano perugino Fausto Ercolani.
Il cioccolatino vincitore è stato individuato durante l’ultima serata del Ravello Chocolate Festival , svoltasi l’ 8 gennaio 2017, presso l’albergo Bonadies. Erano presenti in giuria – oltre al sindaco di Ravello, l’avv. Salvatore Di Martino , alla giornalista Simona Buonaura inoltre al presidente dell’associazione “ Notte Ravellese ” (organizzatrice del Festival), Suita Carrano – tre grandissimi protagonisti del universo della pasticceria italiana: i Maestri Giuseppe Daddio e Aniello Di Caprio (entrambi della scuola Dolce & Salato successo Maddaloni) inoltre il Maestro Paolo Fulgente .
Saranno gli “ndunderi” nella formato cioccolatini a rappresentare Ravello nel Mondo nel 2017
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Libri| Quando Ippocrate corteggia la Musa. A Rocco De Vitis medico umanista
di Paolo Vincenti
Un titolo molto suggestivo, che coniuga in prodigiosa sintesi, i due interessi della vita di Rocco De Vitis: la medicina e la poesia, ovverosia la cura del corpo e la cura della mente. “QUANDO IPPOCRATE CORTEGGIA LA MUSA. A ROCCO DE VITIS MEDICO UMANISTA”, a cura di Francesco De Paola e Maria Antonietta Bondanese, segna il n.31 della collana “Quaderni de L’Idomeneo”, della Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, ed è edito da Grifo (2017). Il volume è stato realizzato con il contributo della Banca Popolare Pugliese, ed infatti, dopo la Presentazione di Mario Spedicato, troviamo un bell’intervento di Vito Primiceri, “Semper honor, nomenque tuum, laudesque manebunt” ( versi tratti dall”Eneide”), carico di umanità nei confronti del medico, celebrato nell’opera, nell’affettuoso ricordo del Presidente della BPP. Quando Ippocrate, nume tutelare della medicina, incontra Calliope, la musa della poesia, ecco che riemergono dal passato e si impongono alla nostra attenzione certe figure, vagamente romantiche, come De Vitis, che coniugano la pratica medica con l’amore per i classici, retaggio della loro formazione umanistica. E infatti, scrive il prof. Spedicato: “tutte le numerose testimonianze qui raccolte concordano nell’attestare come questi suoi interessi vitali siano da considerarsi come le due facce della stessa medaglia”. Rocco De Vitis, “Don Rocco”, come lo chiamavano tutti, era nato nel 1911 a Supersano. Aveva frequentato il Liceo Pietro Colonna di Galatina e poi la facoltà di Medicina a Bologna, dove si era laureato, a pieni voti, nel 1937. Esercitò per una vita la professione di medico condotto nella piccola Supersano, sua patria dell’anima prima che luogo di residenza. Pubblicò, in prima battuta, una traduzione in versi liberi dell’ “Eneide” di Virgilio, nel 1982, con l’aiuto di vari collaboratori che curarono il commento ai dodici libri del poema. Successivamente, anche su suggerimento di Mario Marti, che era stato un suo caro amico nella giovinezza, quando frequentavano entrambi il Liceo Colonna di Galatina, pubblicò una seconda edizione dell’opera virgiliana, nel 1987, in endecasillabi puri. Pubblicò poi un nuovo volume contenente altri due capolavori virgiliani: le “Bucoliche” e le “Georgiche”, con testo latino a fronte, tradotte e commentate dallo stesso autore. L’altro suo grande amore era quello per la campagna; amava rimanere ore e ore a coltivare la terra, ad accudire i suoi animali, a meditare sul mondo e sulla vita, nel silenzio e nella pace che offriva la collinetta di Supersano, che egli aveva eletto a proprio rifugio, locus amoenus. Sucessivamente pubblicò “Soste lungo il cammino”, nel 1991, e “Naufragio a Milano”, nel 1994. Morì nel 1997, ad 86 anni. Di lui, prima della presente opera, si sono interessati, solo per citarne alcuni, Enzo Panareo, che ha scritto la Prefazione della traduzione dell’ “Eneide, Antonio Errico, Giorgio Barba, prefatore del romanzo “Naufragio a Milano”, Florio Santini, Paolo Vincenti, Gino De Vitis, Direttore de “Il Nostro Giornale” (rivista culturale supersanese), il quale, insieme a Maria Bondanese, si è speso moltissimo in questi anni per tramandare la memoria del medico umanista.
Il libro che qui si presenta si apre con una citazione che viene dalla letteratura latina: Homo sum, nihil humani mihi alienum puto, tratto da una commedia di Terenzio. Il primo contributo è di Paolo Vincenti, “Il medico dalla scorza dura. Profilo bio bibliografico di Rocco De Vitis”, che riporta appunto la Bibliografia degli scritti del medico umanista. Segue il contributo di Aldo de Bernart, storico e scrittore parabitano ruffanese, scomparso nel 2013, che fu molto amico del dottor De Vitis. Il contributo di de Bernart è tratto da una manifestazione tenutasi a Supersano nel 2007 in occasione del decennale della scomparsa del medico. Lo scritto di Maria Bondanese, “Il dottore: una vita, una storia che parla di noi”, è il più carico di sentimento e non potrebbe essere altrimenti, essendo la Bondanese, non soltanto nuora di De Vitis, ma la più fervente ammiratrice del medico umanista, la più gelosa custode delle sue memorie. In effetti, se in questi anni è stata tenuta viva la memoria del medico umanista, ciò si ascrive principalmente a merito della dinamica Bondanese. Lo scritto di Maria, con un diverso titolo, era già apparso in “Apulia. Rassegna trimestrale della Banca Popolare Pugliese” (Martano editrice), nel dicembre 2007, così come da “Apulia”, stesso numero, proviene l’accorato scritto di Aldo Bello (“Il tarlo dell’umanesimo”), che della rivista matinese era Direttore e la cui prematura scomparsa costituisce un’altra dolorosa perdita per la cultura salentina. Bondanese ricostruisce le drammatiche tappe dell’esperienza fatta al fronte dal dottor De Vitis, rileggendo il suo diario di guerra. Questa testimonianza della Seconda Guerra Mondiale, vissuta in diretta dal protagonista, servì poi da spunto al medico per l’opera “Soste lungo il cammino”. Bondanese si sofferma anche sulle opere maggiori di De Vitis, l’Eneide, le Georgiche e le Bucoliche, e sono riportate belle foto in bianco e nero con gli autografi di De Vitis, gli scenari di guerra che egli toccò nella sua esperienza di soldato, e dei manoscritti della traduzione dell’Eneide. Alla fine del pezzo, troviamo delle foto del Dottore in occasioni pubbliche quali l’inaugurazione della chiesetta di San Giuseppe, nel 1984, sulla Serra supersanese.
Molto significativo, anche per l’alta carica ricoperta dal suo autore, è il testo di Don Gerardo Antonazzo, originario di Supersano e Vescovo di Sora-Cassino-Aquino Pontecorvo: “Nella sapienza del cuore la vera saggezza”. Ma c’è un altro prelato che contribuisce al volume, ed è Don Oronzo Cosi ( con “Una specie in via di estinzione”), non meno caro ai supersanesi, in quanto Parroco del paese. Viene poi ripubblicato un testo di Mario Marti, “Io e Il Nostro Giornale”, indirizzato alla rivista supersanese, appunto “Il Nostro Giornale” (una delle più longeve esperienze editoriali del Salento), nel maggio 1997.
Interessante, il contributo di Carla Addolorata Longo, “Un mirabile lascito di pensiero e di vita”, che si sofferma sulle pubblicazioni di De Vitis trovando spunto nelle tematiche da esse affrontate, per occuparsi anche della nostra attualità più stringente. Matteo Greco, nel suo “Sprofondamenti metropolitani e orizzonti meridionali”, analizza in particolare l’opera “Naufragio a Milano”. “Un’esperienza indimenticabile”, definisce lo scultore Antonio Elia la realizzazione, per conto del Dottor De Vitis, di alcune opere nella Chiesa di San Giuseppe, adornata anche dalle pitture di Ezio Sanapo. Elia illustra le varie fasi di lavorazione, fino alla perfetta conclusione del tutto.
Nella seconda sezione del libro, “L’humus dell’humanitas”, troviamo alcuni contributi che legano l’omaggio a Rocco De Vitis con la conoscenza del territorio, Supersano e il basso Salento. Il primo contributo è “Breve profilo socio-economico del Salento negli anni ’50”, di Gianfranco Esposito; poi “La decorazione nella cripta della Madonna Coelimanna”, di Stefano Cortese, e “Il Santuario della Vergine di Coelimanna in Supersano”, di Stefano Tanisi; seguono “Supersano Torrepaduli Ruffano”, di Vincenzo Vetruccio e “Il dialetto di Supersano”, di Antonio Romano.
I contributi di Cortese, Tanisi e Vetruccio vengono ripresi da una pubblicazione apparsa qualche tempo fa, vertente sul Museo del Bosco, la struttura museale che riproduce le meravigliose caratteristiche del Bosco di Supersano, che viene anche ricordato da Cristina Martinelli nel suo contributo “Tra documento identitario e poesia, Tu Supersano”, in cui analizza una poesia del De Vitis, tratta dal libro “Soste lungo il cammino”. Ben documentato, l’intervento di Giuseppe Caramuscio, “La memoria della Scuola come scuola della memoria: Galatina e il suo Liceo Classico”: una storia del prestigioso Liceo Colonna di Galatina, frequentato da Rocco De Vitis e da Mario Marti, fin dai suoi albori nell’Ottocento, con l’arrivo a Galatina dei Padri Scolopi i quali fondarono nel 1854 la prestigiosa istituzione scolastica a lungo vanto della città.
Il denso e articolato saggio, che si pone a metà via fra storia e pedagogia, è ricco, come tutti gli altri contributi, di un poderoso apparato critico e bibliografico. Parimenti interessante, lo scritto di Alessandro Laporta, “Se è lecito al medico esser poeta (Galateo, Meninni, De Giorgi, De Vitis)”, il quale fa una carrellata di dotti ed eruditi del passato che alla medicina erano legati per interesse o professione, dimostrando magistralmente come l’arte ippocratica e quella poetica, scienza e humanitas, come dicevamo all’inizio, rappresentino un forte connubio, di cui è emblematico l’amore riversato dal De Vitis verso entrambe le discipline. Remigio Morelli si occupa della dolorosa esperienza della Seconda Guerra Mondiale, “Un anno sul fronte greco-albanese”, che vide impegnato Rocco De Vitis, come già ricordato.
Quello di De Vitis va ad unirsi a tanti altri ritratti di salentini illustri che in questi anni la Società di Storia Patria sezione di Lecce ha tracciato nelle sue tre collane. Emerge un amore incondizionato nei confronti della piccola patria da parte di questi suoi figli devoti, non solo studiosi e specialisti delle humanae litterae, ma anche esponenti delle professioni che a vario titolo si sono confrontati con la letteratura, la poesia, il romanzo, i racconti, la memorialistica. Sembra quasi di vederlo, De Vitis, che, spogliatosi dei panni sporchi di ritorno dalla campagna, e indossato l’abito buono, novello Machiavelli de “Le lettere familiari”, penetra “nelle antique corti delli antiqui uomini”, interrogando filosofi, storici e poeti del passato, e “da loro amorevolmente ricevuto”, gli domanda le ragioni delle loro azioni e quelli gli rispondono.
Con la terza sezione del libro, “Vergiliana”, si entra nel vivo dell’opera maggiore di De Vitis, la traduzione dell’Eneide. Questa sezione è una antologia di saggi critici a cura di latinisti che esaminano l’opera devitisiana entrando nel merito di contenuto, stile, traduzione, metodologia. Gli studiosi, che danno a questa sezione del libro un taglio tecnico scientifico, sono: Giovanni Laudizi, con “La traduzione dell’Eneide, delle Bucoliche e delle Georgiche”; Maria Elvira Consoli, con “Dell’Eneide di Rocco De Vitis”; Paola Bray, con “ Quali doni, quali a te mai darò per tale carme?”; Antonio Errico, con “Il traduttore, il suo poema, i segreti del verso”, Maria Francesca Giordano, con “Un segmento di lettura didattica sfogliando le pagine dell’Eneide”; Angela Maria Silvestre, con “La missione di Enea e la traduzione di Rocco De Vitis”; Paolo Agostino Vetrugno, con “Le traduzioni devitisiane di Virgilio tra espressività ed armonia”; Giuseppina Patrizia Morciano, con “L’epicità di Virgilio. Tradizione e traduzione nella lettura di un classico”. La quarta sezione, “Tra storia e letteratura”, riserva spazio a contributi di storia e conoscenza del territorio, in linea con la vocazione della collana editoriale.
Troviamo allora Alessandra Maglie, con “Conflitti e narrazioni nella Terra del Rimorso. Tarantismo ed esperienza mitica secondo Ernesto De Martino”; Maria Antonietta Epifani, con “Maria Manca: la santa di Squinzano”; Sergio Fracasso, con “Il progetto ‘fallito’ dell’Orfanotrofio San Francesco (poi Istituto ‘Margherita di Savoia’) e il problema dell’infanzia abbandonata alle soglie del decennio francese”; Antonio Cataldi, con “ Contributo per una storia dei missionari lazzaristi italiani in Etiopia ed in Eritrea nel periodo coloniale”; Michele Mainardi, con “L’Istituto tecnico di Lecce e l’Orto Agrario”; Arcangelo Salinaro, con “Il letterato Alfredo Mori in Puglia: una caso”; Luigi Scorrano, con “ Con un vescovo di fronte alla guerra e nell’Inferno di Dante”. Dopo l’Indice dei volumi pubblicati, il libro si chiude.
Un’opera imponente, per qualità e mole dei contributi presenti, per la quale dobbiamo essere grati a chi l’ha voluta.
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Libri| Quando Ippocrate corteggia la Musa
di Paolo Vincenti
Il 4 maggio 2017, nella Sala Chirico degli Olivetani dell’Università del Salento, è stato presentato il volume “QUANDO IPPOCRATE CORTEGGIA LA MUSA” dedicato al Dott. Rocco DE VITIS, medico e umanista, per i vent’anni della sua scomparsa. Ha coordinato il Prof. Mario Spedicato, Presidente della sezione di Lecce della Società di Storia Patria; sono intervenuti i proff. Luigi Montonato, Alessandro Laporta, Eugenio Imbriani; ha concluso la prof.ssa Maria Antonietta Bondanese.
  Un titolo molto suggestivo, che coniuga in prodigiosa sintesi, i due interessi della vita di Rocco De Vitis: la medicina e la poesia, ovverosia la cura del corpo e la cura della mente. “QUANDO IPPOCRATE CORTEGGIA LA MUSA. A ROCCO DE VITIS MEDICO UMANISTA”, a cura di Francesco De Paola e Maria Antonietta Bondanese, segna il n.31 della collana “Quaderni de L’Idomeneo”, della Società di Storia Patria-Sezione di Lecce, ed è edito da Grifo (2017).
Il volume è stato realizzato con il contributo della Banca Popolare Pugliese, ed infatti, dopo la Presentazione di Mario Spedicato, troviamo un bel contributo di Vito Primiceri, “Semper honor, nomenque tuum, laudesque manebunt” ( versi tratti dall”Eneide”), carico di umanità nei confronti del medico, celebrato nell’opera, nell’affettuoso ricordo del Presidente della BPP. Quando Ippocrate, nume tutelare della medicina, incontra Calliope, la musa della poesia, ecco che riemergono dal passato e si impongono alla nostra attenzione certe figure, vagamente romantiche, come De Vitis, che coniugano la pratica medica con l’amore per i classici, retaggio della loro formazione umanistica. E infatti, scrive il prof. Spedicato: “tutte le numerose testimonianze qui raccolte concordano nell’attestare come questi suoi interessi vitali siano da considerarsi come le due facce della stessa medaglia”.
Rocco De Vitis, “Don Rocco”, come lo chiamavano tutti, era nato nel 1911 a Supersano. Aveva frequentato il Liceo Pietro Colonna di Galatina e poi la facoltà di Medicina a Bologna, dove si era laureato, a pieni voti, nel 1937. Esercitò per una vita la professione di medico condotto nella piccola Supersano, sua patria dell’anima prima che luogo di residenza. Pubblicò, in prima battuta, una traduzione in versi liberi dell’ “Eneide” di Virgilio, nel 1982, con l’aiuto di vari collaboratori che curarono il commento ai dodici libri del poema. Successivamente, anche su suggerimento di Mario Marti, che era stato un suo caro amico nella giovinezza, quando frequentavano entrambi il Liceo Colonna di Galatina, pubblicò una seconda edizione dell’opera virgiliana, nel 1987, in endecasillabi puri. Pubblicò poi un nuovo volume contenente altri due capolavori virgiliani: le “Bucoliche” e le “Georgiche”, con testo latino a fronte, tradotte e commentate dallo stesso autore. L’altro suo grande amore era quello per la campagna; amava rimanere ore e ore a coltivare la terra, ad accudire i suoi animali, a meditare sul mondo e sulla vita, nel silenzio e nella pace che offriva la collinetta di Supersano, che egli aveva eletto a proprio rifugio, locus amoenus.
Successivamente pubblicò “Soste lungo il cammino”, nel 1991, e “Naufragio a Milano”, nel 1994. Morì nel 1997, ad 86 anni. Di lui, prima della presente opera, si sono interessati, solo per citarne alcuni, Enzo Panareo, che ha scritto la Prefazione della traduzione dell’ “Eneide, Antonio Errico, Giorgio Barba, prefatore del romanzo “Naufragio a Milano”, Florio Santini, Paolo Vincenti, Gino De Vitis, Direttore de “Il Nostro Giornale” (rivista culturale supersanese), il quale, insieme a Maria Bondanese, si è speso moltissimo in questi anni per tramandare la memoria del medico umanista.
Il libro che qui si presenta si apre con una citazione che viene dalla letteratura latina: Homo sum, nihil humani mihi alienum puto, tratto da una commedia di Terenzio. Il primo contributo è di Paolo Vincenti, “Il medico dalla scorza dura. Profilo bio bibliografico di Rocco De Vitis”, che riporta appunto la Bibliografia degli scritti del medico umanista. Segue il contributo di Aldo de Bernart, storico e scrittore parabitano ruffanese, scomparso nel 2013, che fu molto amico del dottor De Vitis. Il contributo di de Bernart è tratto da una manifestazione tenutasi a Supersano nel 2007 in occasione del decennale della scomparsa del medico.
Lo scritto di Maria Bondanese, “Il dottore: una vita, una storia che parla di noi”, è il più carico di sentimento e non potrebbe essere, altrimenti essendo la Bondanese, non soltanto nuora di De Vitis, ma la più fervente ammiratrice del medico umanista, la più gelosa custode delle sue memorie. In effetti, se in questi anni è stata tenuta viva la memoria del medico umanista, ciò si ascrive principalmente a merito della dinamica Bondanese. Lo scritto di Maria, con un diverso titolo, era già apparso in “Apulia. Rassegna trimestrale della Banca Popolare Pugliese” (Martano editrice), nel dicembre 2007, così come da “Apulia”, stesso numero, proviene l’accorato scritto di Aldo Bello (“Il tarlo dell’umanesimo”), che della rivista matinese era Direttore e la cui prematura scomparsa costituisce un’altra dolorosa perdita per la cultura salentina. Bondanese ricostruisce le drammatiche tappe dell’esperienza fatta al fronte dal dottor De Vitis, rileggendo il suo diario di guerra.
Questa testimonianza della Seconda Guerra Mondiale, vissuta in diretta dal protagonista, servì poi da spunto al medico per l’opera “Soste lungo il cammino”. Bondanese si sofferma anche sulle opere maggiori di De Vitis, l’Eneide, le Georgiche e le Bucoliche, e sono riportate belle foto in bianco e nero con gli autografi di De Vitis, gli scenari di guerra che egli toccò nella sua esperienza di soldato, e dei manoscritti della traduzione dell’Eneide. Alla fine del pezzo, troviamo delle foto del Dottore in occasioni pubbliche quali l’ inaugurazione della chiesetta di San Giuseppe, nel 1984, sulla Serra supersanese. Molto significativo, anche per l’alta carica ricoperta dal suo autore, è il testo di Don Gerardo Antonazzo, originario di Supersano e Vescovo di Sora-Cassino-Aquino Pontecorvo: “Nella sapienza del cuore la vera saggezza”. Ma c’è un altro prelato che contribuisce al volume, ed è Don Oronzo Cosi ( con “Una specie in via di estinzione”), non meno caro ai supersanesi, in quanto Parroco del paese. Viene poi ripubblicato un testo di Mario Marti, “Io e Il Nostro Giornale”, indirizzato alla rivista supersanese, appunto “Il Nostro Giornale” (una delle più longeve esperienze editoriali del Salento), datato maggio 1997. Interessante, il contributo di Carla Addolorata Longo, “Un mirabile lascito di pensiero e di vita”, che si sofferma sulle pubblicazioni di De Vitis trovando spunto nelle tematiche da esse affrontate, per occuparsi anche della nostra attualità più stringente.
Matteo Greco, nel suo “Sprofondamenti metropolitani e orizzonti meridionali”, analizza in particolare l’opera “Naufragio a Milano”. “Un’esperienza indimenticabile”, definisce lo scultore Antonio Elia la realizzazione, per conto del Dottor De Vitis, di alcune opere nella Chiesa di San Giuseppe, adornata anche dalle pitture di Ezio Sanapo. Elia illustra le varie fasi di lavorazione, fino alla perfetta conclusione del tutto. Nella seconda sezione del libro, “L’humus dell’humanitas”, troviamo alcuni contributi che legano l’omaggio a Rocco De Vitis con la conoscenza del suo territorio, Supersano e il basso Salento.
Il primo contributo è “Breve profilo socio-economico del Salento negli anni ’50”, di Gianfranco Esposito; poi “La decorazione nella cripta della Madonna Coelimanna”, di Stefano Cortese, e “Il Santuario della Vergine di Coelimanna in Supersano”, di Stefano Tanisi; seguono “Supersano Torrepaduli Ruffano”, di Vincenzo Vetruccio e “Il dialetto di Supersano”, di Antonio Romano. In particolare, i contributi di Cortese, Tanisi e Vetruccio vengono ripresi da una pubblicazione apparsa qualche tempo fa, vertente sul Museo del Bosco, la struttura museale che riproduce le meravigliose caratteristiche del Bosco di Supersano, che viene anche ricordato da Cristina Martinelli nel suo contributo “Tra documento identitario e poesia, Tu Supersano”, in cui analizza una poesia del De Vitis, tratta dal libro “Soste lungo il cammino”. Ben documentato, l’intervento di Giuseppe Caramuscio, “La memoria della Scuola come scuola della memoria: Galatina e il suo Liceo Classico”: una storia del prestigioso Liceo Colonna di Galatina, frequentato da Rocco De Vitis e da Mario Marti, fin dai suoi albori nell’Ottocento, con l’arrivo a Galatina dei Padri Scolopi i quali fondarono nel 1854 la prestigiosa istituzione scolastica a lungo vanto della città. Il denso e articolato saggio, che si pone a metà via fra storia e pedagogia, è ricco, come tutti gli altri contributi, di un poderoso apparato critico e bibliografico. Parimenti interessante, lo scritto di Alessandro Laporta, “Se è lecito al medico esser poeta (Galateo, Meninni, De Giorgi, De Vitis)”, il quale fa una carrellata di dotti ed eruditi del passato che alla medicina erano legati per interesse o professione, dimostrando magistralmente come l’arte ippocratica e quella poetica, scienza e humanitas, come dicevamo all’inizio, rappresentino un forte connubio, di cui è emblematico l’amore riversato dal De Vitis verso entrambe le discipline.
Remigio Morelli si occupa della dolorosa esperienza della Seconda Guerra Mondiale, “Un anno sul fronte greco-albanese”, che vide impegnato Rocco De Vitis, come già ricordato.
Quello di De Vitis va ad unirsi a tanti altri ritratti di salentini illustri che in questi anni la Società di Storia Patria sezione di Lecce ha tracciato nelle sue tre collane. Emerge un amore incondizionato nei confronti della piccola patria da parte di questi suoi figli devoti, non solo studiosi e specialisti delle humanae litterae, ma anche esponenti delle professioni più disparate che a vario titolo si sono confrontati con la letteratura, la poesia, il romanzo, i racconti, la memorialistica. Sembra quasi di vederlo, De Vitis, che, spogliatosi dei panni sporchi di ritorno dalla campagna, e indossato l’abito buono, novello Machiavelli de “Le lettere familiari”, penetra “nelle antique corti delli antiqui uomini”, interrogando filosofi, storici e poeti del passato, e “da loro amorevolmente ricevuto”, gli domanda le ragioni delle loro azioni e quelli gli rispondono.
Con la terza sezione del libro, “Vergiliana”, si entra nel vivo dell’opera maggiore di De Vitis, la traduzione dell’Eneide. Questa sezione è una antologia di saggi critici a cura di latinisti che esaminano l’opera devitisiana entrando nel merito di contenuto, stile, traduzione, metodologia. Gli studiosi, che danno a questa sezione del libro un taglio tecnico scientifico, sono: Giovanni Laudizi, con “La traduzione dell’Eneide, delle Bucoliche e delle Georgiche”; Maria Elvira Consoli, con “Dell’Eneide di Rocco De Vitis”; Paola Bray, con “ Quali doni, quali a te mai darò per tale carme?”; Antonio Errico, con “Il traduttore, il suo poema, i segreti del verso”, Maria Francesca Giordano, con “Un segmento di lettura didattica sfogliando le pagine dell’Eneide”; Angela Maria Silvestre, con “La missione di Enea e la traduzione di Rocco De Vitis”; Paolo Agostino Vetrugno, con “Le traduzioni devitisiane di Virgilio tra espressività ed armonia”; Giuseppina Patrizia Morciano, con “L’epicità di Virgilio.
Tradizione e traduzione nella lettura di un classico”. La quarta sezione, “Tra storia e letteratura”, riserva spazio a contributi di storia e conoscenza del territorio, in linea con la vocazione della collana editoriale. Troviamo allora Alessandra Maglie, con “Conflitti e narrazioni nella Terra del Rimorso. Tarantismo ed esperienza mitica secondo Ernesto De Martino”; Maria Antonietta Epifani, con “Maria Manca: la santa di Squinzano”; Sergio Fracasso, con “Il progetto ‘fallito’ dell’Orfanotrofio San Francesco (poi Istituto ‘Margherita di Savoia’) e il problema dell’infanzia abbandonata alle soglie del decennio francese”; Antonio Cataldi, con “ Contributo per una storia dei missionari lazzaristi italiani in Etiopia ed in Eritrea nel periodo coloniale”; Michele Mainardi, con “L’Istituto tecnico di Lecce e l’Orto Agrario”; Arcangelo Salinaro, con “Il letterato Alfredo Mori in Puglia: una caso”; Luigi Scorrano, con “ Con un vescovo di fronte alla guerra e nell’Inferno di Dante”. Dopo l’Indice dei volumi pubblicati, il libro si chiude. Un’opera imponente, per qualità e mole dei contributi presenti, per la quale dobbiamo essere grati a chi l’ha voluta.
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retegenova · 6 years
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Teatro della Tosse
Stagione 2018
PRESENTE
settembre – dicembre
  VIDEO AXTO
Axto https://vimeo.com/290239997
    Dopo un’intensa  stagione estiva in Liguria,  tra la Villa Duchessa di Galliera di Voltri, il Castello di Noli e la 29esima edizione de “Le Stelle Stanno a Guardare” ad Apricale,  la Tosse  ritorna in “centro” e il 21 settembre, a partire dalle 19.30, apre le porte dei Teatri di Sant’Agostino con la tradizionale serata di presentazione agli spettatori in cui  Emanuele Conte, Presidente e regista della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse,  il direttore artistico Amedeo Romeo e tutto lo staff presenteranno il cartellone a chiusura del 2018 e daranno le prime anticipazioni del 2019.
  Un cartellone che fino al 31 dicembre presenta:
cinque prime nazionali (AXTO, REVERSIBLE,  IL CANE SENZA CODA, SONG FROM THE UPROAR, MADRE), il Festival della Scienza, una riflessione sulla Bellezza, la quarta edizione de la rassegna di danza RESISTERE E CREARE, l’eccellenza della nuova drammaturgia italiana,  i nuovi corsi e laboratori della Falegnameria del Teatro della Tosse curati da Pietro Fabbri, oltre ad alcuni eventi speciali, la stagione 2018/2019 di Teatro Ragazzi e le proposte de La Claque.
  Tra i molti artisti:
Emanuele Conte, Les 7 doigts de la main, Chiara Guidi, Michela Lucenti e Balletto Civile, Les artistes du Groupe Acrobatique de Tanger, Corrado Accordino e Binario 7, Michalis Theophanous, Gian Piero Alloisio, Simone Perinelli, Renzo Martinelli, Irene Lamponi, Fattoria Vittadini, Teatro della Contraddizione e Compagnia Sanpapié, Amedeo Romeo, Matteo Manzitti ed Eutopia Ensemble, Lab 121 e Davide Carnevali, Paolo Bonfiglio, Gianfranco Berardi, Gabriella Casolari, e molti altri.
  La programmazione del 2018 è stata resa possibile grazie al Ministero per i beni e le attività culturali, al Comune di Genova e alla Regione Liguria ed è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo.
La stagione si apre il 25 settembre con la Prima Nazionale di Axto  – Oratorio per corpi e voci dal labirinto regia di Emanuele Conte e Michela Lucenti.
Axto, è il nuovo tassello del percorso artistico intrapreso da Conte e Lucenti tre anni fa con la messa in scena di ORFEO RAVE, che ha dato vita a un lavoro potente e visionario continuato nelle successive collaborazioni: INFERNO#5 presentato al Festival di Cividale del Friuli e Il MAESTRO E MARGHERITA, che ha debuttato lo scorso inverno  sul palcoscenico della sala Trionfo.
Il legame tra Conte e Lucenti è andato oltre la messa in scena degli spettacoli, nel corso del tempo è diventato qualcosa di più articolato e ambizioso. La creazione di un linguaggio artistico totale che mette al centro l’attore-performer, per un teatro sia fisico che di parola, dove i testi originali – spesso legati al mito – e le coreografie sono in costante dialogo con allestimenti scenografici potenti ed evocativi.
  Il lavoro di Conte e Lucenti non si ferma alla rappresentazione in palcoscenico ma proseguirà con una serie di Corsi/Laboratori finalizzati alla formazione di artisti performer, figure interdisciplinari, che vanno nella direzione di un teatro totale.
  Affrontiamo questo ultimo quadrimestre 2018 continuando la nostra ricerca nel campo di un  linguaggio artistico che, travalicando  i confini della prosa tradizionale, esplora tutti i campi dell’arte dal vivo,  mantenendo centrale il dialogo con gli spettatori e con gli artisti.
    Cartellone
  dal 25 al 30 settembre tutte le sale AXTO Oratorio per corpi e voci dal labirinto
testo Emanuele Conte
 regia Emanuele Conte e Michela Lucenti coreografie Michela Lucenti
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, Balletto Civile, Ass. Cult. Ultimo Punto -Artisti in Piazza Festival
dal 12 al 14 ottobre sala Agorà RITRATTO DI DONNA ARABA CHE GUARDA IL MARE di Davide Carnevali regia Claudio Autelli produzione LAB121 in collaborazione con Teatro San Teodoro Cantù
  dal 19 al 21 ottobre sala Aldo Trionfo RÉVERSIBILE regia Gipsy Snider
produzione Les 7 doigts de la main
    dal 23 ottobre al 4 novembre sala Dino Campana IL CANE SENZA CODA un’opera teatrale di Paolo Bonfiglio drammaturgia Antonio Tancredi
regia Emanuele Conte
produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
    6 novembre ore 20.30 e 7 novembre ore 10.00 e ore 20.30 sala Dino Campana Amleto take away uno spettacolo di Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari produzione Compagnia Berardi Casolari / Teatro dell’Elfo
  Così tanta bellezza
8 novembre sala Aldo Trionfo ESERCIZI PER VOCE E VIOLONCELLO SULLA DIVINA COMMEDIA DI DANTE voce Chiara Guidi produzione Societas
    9 novembre sala Aldo Trionfo SONGS FROM THE UPROAR musica e libretto Missy Mazzoli regia Amedeo Romeo direzione Matteo Manzitti con Eutopia Ensemble e Genoa Vocal Ensemble in Co-produzione con la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
  10 novembre sala Dino Campana Così tanta bellezza scritto, diretto e interpretato da Corrado Accordino produzione Compagnia Teatro Binario 7
  dal 15 al 17 novembre sala Dino Campana HERETICO dopo questo apparente nulla drammaturgia e Regia Simone Perinelli Produzione Gli Scarti / FuoriLuogo in coproduzione con Fabbrica Europa, Armunia, Triangolo Scaleno Teatro / Teatri di Vetro
dal 18 novembre al 2 dicembre tutte le sale RESISTERE E CREARE
23 e 24 novembre HALCA Groupe Acrobaqtique de Tanger
  27 novembre TIRESIAS the double life of the mantis coreografia, spazio scenico e performance Michalis Theophanous in collaborazione con University of Roehampton London co-prodotto da Change Performing Arts
29 e 30 novembre BALERHAUS Teatro della Contraddizione e 
Compagnia Sanpapié
  30 novembre  e 1 dicembre MADRE/LES ALLUMES prima nazionale ideazione, coreografia e regia Michela Lucenti creato e danzato con Balletto Civile produzione Balletto Civile e Fondazione Luzzati- Teatro della Tosse
  Dal 13 al 16 dicembre TU ES LIBRE di Francesca Garolla regia di Renzo Martinelli Produzione Teatro i
  22 e 23 dicembre sala Dino Campana TROPICANA di Irene Lamponi regia Andrea Collavino produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse
31 dicembre sala Aldo Trionfo LA PRIMA LUNA
CAPODANNO ALLA TOSSE regia Emanuele Conte
Musiche GIUA
produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse
    EXTRA TOSSE
  28 settembre ore 22.00 Luzzati Lab (vico Amandorla 3c) La voce in una foresta di immagini invisibili Chiara Guidi / Societas
  29 settembre a La Claque in Agorà
Fermo al semaforo in attesa di trovare un titolo,
vidi passare la donna più bella della storia dell’umanità
di Andrew Faber. Reading a cura di Miraggi Edizioni
in collaborazione con Bookpride e Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse.
  12 e 13 ottobre cantieri Mariotti LINEA New York Amsterdam Concept Karim Jampem
Ingresso libero
  7 e 8 dicembre sala Aldo Trionfo IL MAESTRONE
15 e 16 dicembre Luzzat Lab MIZAR boutique libraria pop-up, seconda edizione
    Anticipazioni 2019
  Dal 18 al 22 gennaio il Maestro e Margherita, lo spettacolo di Emanuele Conte e Michela Lucenti ritorna al Teatro della Tosse dopo il fortunato debutto dello scorso anno. I due artisti si confrontano con un capolavoro della letteratura mondiale. L’amore tra IL MAESTRO E MARGHERITA, la storia di Pilato e la storia del Diavolo a Mosca per raccontare l’eterna lotta tra bene/male, colpa/innocenza, illusione/verità attraverso la danza, il teatro, la musica. “Uno spettacolo di teatro totale” così lo descrive Michele Sciancalepore sulle pagine di Avvenire.
  Dal 1 al 3 febbraio ancora  Michela Lucenti in palco con SHAKESPEARE/SONETTI regia di Valter Malosti. Uno spettacolo trasversale, giocato su combinazioni imprevedibili di movimento e parola, in perenne dialogo con la musica e il suono
  Dal 7 al 9 febbraio in arrivo LES IRRéELS di Cie Creature. Fantastici personaggi con sembianze di animali accoglieranno il pubblico all’interno delle loro divertenti e suggestive casupole.  Ibrido tra un’installazione plastica e una performance poetica, Les Irréels è uno spettacolo senza parole che si installa nel cuore della città e della vita quotidiana. Un popolo parallelo agli umani, esseri fantastici che hanno un potere magico e consolatorio per chiunque li incontri, ci accompagnerà in un percorso immaginifico.
  Il 28 febbraio la Tosse si sposta in Piazza Sarzano con TEATRI MOBILI di Manoviva e Antipodi. I Teatri Mobili sono un bus e un camion teatro che ospitano al loro interno spettacoli unici e senza parole per un massimo di 35 spettatori alla volta. I due mezzi delimitano un’area foyer all’aperto, uno spazio conviviale con un palco per la musica dal vivo, i teatrini emozionali (scatole elettromeccaniche per uno spettatore) e una biblioteca sulle arti dello spettacolo. A esibirsi, in spettacoli magici adatti a tutti, è un’intera famiglia, i capostipiti Girovago e Rondella e i figli Compagnia Dromosofista. Fino al 2 marzo.
  Dal 28 al 30 marzo LEBENSRAUM , regia Jakop Ahlbom. Presentato per la prima volta in Italia alla Biennale di Venezia 2018 Lebensraum è teatro fisico con una punta di magia. Il regista Jakop Ahlbom ,anche attore e acrobata, ha una grande passione per gli horror anni ’60 e le commedie anni ‘20. Lebensraum è un divertente omaggio al grande Buster Keaton. Due inventori vivono in una piccola stanza dove l’arredamento ha molteplici funzioni: il letto è un pianoforte e la libreria un frigorifero, ma quando creano una donna- robot che si occupi delle faccende domestiche, la loro  vita viene spassosamente sconvolta.
          Davide Bressanin
Ufficio stampa
Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse ONLUS
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Teatro della Tosse stagione 2018 Teatro della Tosse Stagione 2018 PRESENTE settembre - dicembre   VIDEO AXTO Axto     Dopo un’intensa  stagione estiva in Liguria,  tra la Villa Duchessa di Galliera di Voltri, il Castello di Noli e la 29esima edizione de “Le Stelle Stanno a Guardare” ad Apricale,  la Tosse  ritorna in “centro” e il 21 settembre, a partire dalle 19.30, apre le porte dei Teatri di Sant’Agostino con la tradizionale serata di presentazione agli spettatori in cui  Emanuele Conte, Presidente e regista della Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse,  il direttore artistico Amedeo Romeo e tutto lo staff presenteranno il cartellone a chiusura del 2018 e daranno le prime anticipazioni del 2019.
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