Pochi giorni e conosceremo i vincitori dei premi Nobel del 2021. A partire da lunedì 4 ottobre per una settimana, infatti, l'Accademia Reale Svedese delle Scienze farà gli annunci ufficiali. I nomi dei candidati ai premi Nobel sono come sempre top secret, motivo per il quale a oggi dobbiamo affidarci solo a previsioni.
Candidati ai premo Nobel: le previsioni
Secondo Clarivate, la società statunitense nata dalla Thomson Reuters Corporation che gestisce dati e informazioni sul mondo scientifico, i nomi più papabili per l'ambizioso premio per la Fisica sono:
- Giorgio Parisi, professore emerito presso l'Università La Sapienza e già presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei per le sue scoperte nel campo della cromodinamica quantistica. Se il premio fosse assegnato a lui, sarebbe il primo fisico italiano a vincerlo.
- Mark E. J. Newman, professore di fisica alla University of Michigan, noto per le sue ricerche sui sistemi di rete che trovano applicazione in molti campi, dalla psicologia alla biologia e all'economia.
- Alexei I. Kitaev, docente presso il California Institute of Technology e lo Institute of Quantum Information and Matter di Pasadena, in California. Gli studi che gli guadagnerebbero il riconoscimento riguardano l'informatica quantistica che permetterebbe la creazione di un nuovo tipo di computer quantistico.
I nomi in gara per i Nobel per la Medicina, sempre secondo Clarivate, sono:
- Jean-Pierre Changeaux, professore emerito al Collège de France e all’Institute Pasteur di Parigi apprezzato per i suoi studi sui neurorecettori.
- Toshio Hirano e Tadamitsu Kishimoto rispettivamente presidente dei National Institutes for Quantum and Radiological Science and Technology nonché professore emerito alla Osaka University e professore allo Immunology Frontier Resaearch Center. I loro studi si concentrano sul sistema immunitario.
- Karl M. Johnson e Ho Wang Lee, rispettivamente professore emerito alla University of New Mexico, ed ex presidente della National Academy of Sciences sudcoreana. Sono i virologi che hanno identificato e isolato il virus Hantaan che causa la febbre emorragica con sindrome renale.
I pronostici sul Nobel per la Chimica vedono candidati:
- Barry Halliwell, docente alla Yong Loo Lin School of Medicine. Potrebbe aggiudicarsi il prestigioso premio per i suoi studi sul ruolo dei radicali liberi nelle malattie dell'uomo.
- William L. Jorgensen, docente di chimica alla Yale University. I suoi studi sulla chimica computazionale hanno consentito lo sviluppo di nuovi farmaci.
- Mitsuo Sawamoto, ricercatore presso la Kyoto University. Ha scoperto una tecnica che consente di ridurre la concentrazione di radicali liberi.
Letteratura e Pace
Haruki Murakami Foto di wakarimasita
Per i pronostici sui probabili vincitori del Nobel per la Letteratura bisogna affidarsi ad altre fonti meno scientifiche. Diversi bookmakers annoverano tra i nomi papabili quelli di Haruki Murakami, Margaret Atwood, autrice de "Il racconto dell'ancella", la poetessa Anne Carson, la russa Ludmila Ulitskaya e alla scrittrice francese proveniente dalla Guadalupa Maryse Condé. La lista prosegue con Annie Ernaux, autrice de 'L'evento'. Dal suo romanzo è stato tratto il film 'L'evenement', premiato con il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2021. Tra gli autori italiani, il nome più ricorrente è quello di Claudio Magris. Grande attesa anche per l'annuncio del Nobel per la Pace che quest'anno vede l'Italia in prima fila con il suo personale sanitario italiano, candidato dall'Associazione Gorbachev, per essere stato "il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria".
Premi Nobel: il calendario
Medaglia del Premio Nobel per la Pace. Foto di ProtoplasmaKid
Come funzionano candidature al Nobel? I nomi possono essere suggeriti, oltre che dall'Accademia svedese delle scienze e dal Comitato norvegese dei Nobel, anche da chi ha ricevuto il premio negli anni precedenti o da importanti istituzioni riconosciute a livello internazionale. I nomi dei candidati sono riservati, si conoscono direttamente i vincitori. Gli annunci ufficiali, dunque, inizieranno lunedì 4 ottobre quando sarà reso noto il vincitore del premio per la Fisiologia o la Medicina. Si proseguirà martedì 5 con l'annuncio per la Fisica, mercoledì 6 quello per la Chimica, giovedì 7 per la Letteratura, Venerdì 8 per la Pace. Chiuderà Economia con l'annuncio di lunedì 11 ottobre. Per il secondo anno consecutivo, causa Covid, non si svolgerà alcuna cerimonia di premiazione. I Premi Nobel saranno spediti a casa, così come accaduto già lo scorso anno.
In copertina foto di Utente:Kalle1~commonswiki
Read the full article
Il brontolìo del confronto in atto da tempo si trasforma in aperta tempesta quando, il 21 aprile del 1925, a conclusione di un «Convegno per le istituzioni fasciste di cultura» che si è svolto a Bologna, viene redatto un "Manifesto degli intellettuali del fascismo" pubblicato da buona parte della stampa italiana.
Il testo, scritto da Gentile e corretto personalmente da Mussolini, riassume le motivazioni che sono state alla base dell’adesione del filosofo al fascismo.
Un fascismo del quale si dirà pochi mesi più tardi che «non è un’ideologia, non è un sistema chiuso e non è neanche veramente un programma se per programma s’intende un disegno preconcepito e proiettato nell’avvenire» e dunque viene presentato come azione («la dottrina del fascismo è nella sua azione») e, al tempo stesso, «atteggiamento spirituale».
Riecheggia in tutto il Manifesto l’idea gentiliana del fascismo come superamento delle due Italie che convivono da secoli.
Due Italie che - secondo Gentile - vanno ben al di là dello speculare rifrangersi tra produttivismo e parassitismo, buono o cattivo governo, ma si contrappongono come due inconciliabili categorie spirituali, frutto di eventi secolari.
Riprendendo la lezione del De Sanctis, Gentile vede nel fascismo la risposta all’Italia decadente, quella plasmata dal Rinascimento, dal dilagare dell’individualismo, dell’asservimento della vita pubblica al «particulare».
Non ci si soffermerà ulteriormente su questo testo né sugli aspetti ideologici del dibattito, poiché, come è stato autorevolmente osservato, «se al Convegno per le istituzioni fasciste di cultura fu una vera corsa ai piazzamenti per centinaia di intellettuali, i risultati teorici dell’adunata furono però ben più magri».
Giorgio Boatti, Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini, Einaudi (Collana ET Saggi n° 527), 2002; pp. 32-33.
Groupe fondé en 1966 à Florence et dissous en 1978. Le Groupe est rejoint par Alessandro Poli de 1970 à 1972. liste des membres : Adolfo Natalini (Pistoia (Italie), 1941 - ) Cristiano Toraldo di Francia (Florence (Italie), 1941 - ) Roberto Magris (Florence (Italie), 1935 - ?, 2003) Alessandro Magris (Florence (Italie), 1941 - Florence (Italie), 2010) Gian Piero Frassinelli (Porto San Giorgio (Italie), 1939 - ) Alessandro Poli (Florence (Italie), 1941 - )
Table
1969 - 1971
Série Misura Collage tirage et tirages offset sur papier
CULTURA E TURISMO - Assessore Gulinelli: "Il cinema può essere un grande volano per il turismo. Momento adatto per aprire nuove opportunità all'immagine di Ferrara"
"Ferrara e i luoghi del cinema" un progetto di Ferrara Film Commission e Touring Club per far crescere il 'cineturismo' nel nostro territorio
18-02-2022 / Giorno per giorno
Ferrara e il suo territorio sono stati nel tempo protagonisti e location amate e ammirate di tantissmi film, ma finora questo aspetto, comunque importantissimo dal punto di vista culturale ed economico, è stato sottoutilizzato. Di qui l'impegno di Ferrara Film Commission in collaborazione con Touring Club Italiano - Club di Territorio di Ferrara a dare vita a "Ferrara e i luoghi del cinema®", vero e proprio progetto di 'cine-turismo' per realizzare un'interazione culturale e turistica tra cinema e territorio. L'iniziativa, presentata venerdì 18 febbraio 2022 nella residenza municipale di Ferrara, è stata illustrata dall'assessore comunale alla Cultura Marco Gulinelli insieme ai rappresentanti del Ferrara Film Commission Alberto Squarcia (presidente), Stefano Duo (vicepresidente), al socio onorario e storico del cinema ferrarese Carlo Magri e a Valeria Periotto console del Touring Club Italiano - Club di Territorio Ferrara.
"Ringrazio tutti i protagonisti del progetto tra i quali, poichè stiamo parlando di ‘cine-turismo', va certo inserito anche l'assessore al Turismo Matteo Fornasini. - ha affermato l'assessore Marco Gulinelli - Sappiamo che il cinema fin dai suoi esordi si è rivelato sia un'occasione per conoscere il mondo sia un grande volano per il turismo. Ricordo a tal proposito che secondo le statistiche oltre il 31% dei viaggiatori internazionali almeno una volta ha scelto una meta solo perché legata ad un film importante. Per questo - ha poi aggiunto l'assessore - è il momento che anche Ferrara si faccia riconoscere per il suo essere protagonista al cinema, oltre che per la sua bellezza. E' insomma il momento più adatto per mettere in campo nuove opportunità per una valorizzazione assoluta del nostro territorio, ma senza essere sospettati di localismo perché quando parliamo di arte e di cinema parliamo di un valore che Ferrara ha a livello universale"
-------------------------------------
(comunicazione a cura degli organizzatori)
"Ferrara e i luoghi del cinema®" Un ampio progetto di comunicazione culturale e turistica tra cinema e territori
Il Progetto, ideato dalla Ferrara Film Commission in collaborazione con il Touring Club Italiano - Club di Territorio di Ferrara, trova spunto dallo straordinario dinamismo che pervade Ferrara e che vede nel cinema, nelle sue storie e nei suoi autori, nei suoi interpreti di oggi un affascinante ed originale strumento per svelare in un modo unico il territorio e la sua identità grazie alla forza del richiamo cinematografico nel guidare i percorsi del turismo.
Il cinema a Ferrara ha una storia lunga e importante che risale addirittura alle sue origini per poi svilupparsi nel corso del XX secolo con produzioni e film importanti che sono rimasti nell'immaginario degli italiani.
Ferrara è città amata dagli attori, dai registi e dagli amanti del cineturismo ma, passeggiando per le strade di Ferrara, non è facile identificare con efficacia i luoghi del cinema, scenario di tante pellicole importanti che hanno fatto la storia del cinema. Dove può essere "Il giardino dei Finzi Contini", dal romanzo omonimo di Giorgio Bassani immortalato nel film di Vittorio De Sica, oppure tra le tante, dove si trova la farmacia del film la "Lunga notte del '43" di Florestano Vancini, tratto dalla raccolta Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani, e ancora, la casa in Piazza Ariostea dove si sviluppò l'amore tra Renata (Lisa Gastoni) e il giovane Antonio (Leonard Mann) nel film "Amore amaro", sempre di Vancini, o lo studio dell'oculista Dott. Fadigati (Philippe Noiret) ne " Gli occhiali d'oro" di Giuliano Montaldo, che dobbiamo ancora una volta alla penna di Giorgio Bassani?
La valorizzazione del territorio e la promozione del cineturismo culturale della nostra città sono tra gli obiettivi che ci prefiggiamo e che desideriamo attivare in collaborazione con altre realtà ferraresi che si occupano già intensamente di cinema.
I promotori confidano si possa dar vita a un sistema integrato che valorizzi le possibili affinità tra mondi che non sempre dialogano facilmente tra di loro, con progettualità condivise grazie al sostegno pubblico degli assessorati alla Cultura e Turismo, alla collaborazione delle associazioni di categoria, alla partecipazione delle associazioni culturali, alla professionalità delle guide turistiche alle quali è affidato in buona parte il successo dell'iniziativa, con la certezza che tutto ciò possa tradursi in una nuova opportunità per la diffusione dell'immagine di Ferrara. Ne potranno beneficiare il comparto economico della ristorazione, del sistema alberghiero, dell'accoglienza in genere fino al commercio che in questo momento stanno preparandosi al ritorno alla normalità.
***
La struttura del progetto
Il progetto "Ferrara e i Luoghi del Cinema", che definiamo un "progetto aperto", si articola in dieci punti, alcuni realizzabili nell'immediato con accurata pianificazione, altri molto ambiziosi e innovativi che comporteranno un impegno successivo più articolato.
Tempi di realizzazione: Triennio 2022 - 2024
AZIONI A BREVE - MEDIO TERMINE
1. Studio del territorio cittadino e della provincia, con un'accurata ricerca degli angoli più segreti, delle piazze, delle vie, degli edifici e degli interni utilizzati nel tempo come teatro delle riprese per la creazione di un archivio cinematografico permanente e continuamente aggiornato, con il coinvolgimento degli istituti scolastici cittadini.
2. Ideazione di percorsi turistici tematizzati per Ferrara e provincia alla scoperta de "I luoghi del cinema di Ferrara ®" che possano integrare e arricchire la già interessante offerta storico-culturale, destinati non soltanto ai potenziali turisti, ma anche alla popolazione residente, diffusi tramite stampa, sito web, pagine social e brochure dedicate, che potranno essere distribuite in occasione di Fiere del turismo e Festival, anche a cura dei Consorzio degli operatori turistici
3. Organizzazione di visite guidate e tour tematici per gruppi e/o turisti individuali in collaborazione con le Guide Professionali Turistiche di Ferrara e Provincia e Agenzie di promozione per far vivere l'esperienza dei "I Luoghi del Cinema ®" di Ferrara.
4. Realizzazione di innovativa segnaletica turistica con il logo "Luoghi del Cinema" per far sì che siano facilmente individuati i luoghi rappresentati nelle pellicole. I punti strategici dei vari itinerari avranno cartellonistica dotata di QR code tramite il quale, con uno smartphone, sarà possibile la lettura e codifica della storia del film, degli autori, del regista, dei protagonisti, con la visione di un breve trailer del film
5. Programmazione di serate-evento con proiezione di film che hanno fatto la storia del cinema del territorio, precedute da interventi tesi a approfondire il tema trattato.
AZIONI A MEDIO - LUNGO TERMINE
6. Proiezioni in loop, dei film più famosi, o di loro trailer, in alcuni punti della città con monitor fissi (Corte del Castello, Giardino Palazzo Diamanti, Giardino delle Duchesse, ecc)
7. Organizzazione di Convegni con inviti ad attori e registi, critici cinematografici legati a Ferrara con conferimento della cittadinanza onoraria ai più prestigiosi (Pupi Avati, Giuliano Montaldo, ecc)
8. Istituzione del Festival Biennale del Cinema Storico che ha dato lustro a Ferrara con proiezioni e premi.
9. Lancio del Bando Nazionale per la realizzazione di un monumento pubblico dedicato a "Ferrara e il Cinema" da inserire in una piazza o parco pubblico.
10. Individuazione di una "Casa del Cinema ferrarese" che possa ospitare appuntamenti culturali, mostre inerenti i film girati in città o in fase di produzione, un archivio permanente di manifesti, locandine, brochure, libri, dvd, pellicole, ecc.
Per info: Ferrara Film Commission Associazione Culturale di Promozione Sociale www.ferrarafilmcommission.it - presidente:Alberto Squarcia: +39 335 1363928 [email protected]
Ferrara e i Luoghi del cinema ® FB:ferraraeiluoghidelcinema; [email protected]
La storia abbonda di sovrani sovrappeso: nel Regno Unito Enrico VIII, Giorgio IV e la regina Vittoria, in Russia Caterina la Grande e in Spagna Sancho “el gordo” (il grasso), che governò il piccolo regno di León poco prima dell’anno Mille: pesava 240 kg e per la sua mole non poté mai montare a cavallo né brandire un’arma; spodestato dal cugino, fu costretto dalla nonna Toda, regina di Navarra, ad affidarsi a un medico ebreo, che gli impose una dieta drastica e lo presentò al suo amico califfo di Cordoba; con l’aiuto dei musulmani Sancho poté riprendersi il trono e regnò trentun anni.
Dieci anni di più durò il regno di Tupou IV sull’arcipelago polinesiano delle isole Tonga. Suo, nel 1976, il primato di sovrano vivente più grasso della Terra: 204 kg. Non fu mai deriso per la sua mole, né lo furono i suoi successori di qualche decina di chili più... magri: George Tupou V e il fratello Tupou VI, incoronato nel 2015. Non a caso, le isole Tonga sono lo stato che in rapporto agli abitanti (poco più di 100.000) ha più obesi al mondo: oltre il 50% della popolazione maschile e quasi il 70% di quella femminile. Più del 35% degli abitanti è affetta da diabete di tipo 2. Un tempo i tongani avevano un fisico normolineo e asciutto, anche per la dieta tradizionale a base di cocco, tuberi e pesce. Ma dagli inizi del secolo scorso la “civilizzazione” è stata pagata a caro prezzo; Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti invasero il mercato alimentare con carne, spesso in scatola, di pessima qualità, di cui i nativi sono ghiotti. Prima di morire Tupou IV lanciò una campagna per una dieta collettiva, mettendo in guardia i sudditi sui pericoli per la salute. Con scarso successo. Lui comunque riuscì a calare fino a 140 kg.
Franco Berrino, Daniel Lumera, La via della leggerezza. Perdere peso nel corpo e nell'anima, Mondadori (Collana Vivere meglio), 2019; pp. 267-68.
LEGGI, BEVI E GODI CON CRISTIANA LAURO - ANGELO GAJA, GURU DEL VINO ITALIANO NEL MONDO HA COMPIUTO 80 ANNI E PIÙ MATURA, MEGLIO È. UNA DELLE INTERVISTE PIÙ CENTRATE E INTERESSANTI CHE ABBIA MAI LETTO SULL’ENOLOGIA E SULLE FIGURE PIÙ STIMOLANTI È QUELLA DI ALDO CAZZULLO. LA MENTE DI GAJA VIAGGIA IN ANTICIPO SU TUTTO, CON UNA CAPACITÀ DI PREVISIONE DEGLI EVENTI FUTURI INDISPENSABILE PER L’INTERO SETTORE
- -
Pavese e Fenoglio, Ferrero e Miroglio, Slowfood e Eataly, il vino e il tartufo bianco: qual è il segreto delle Langhe?
«La politica. Abbiamo avuto i due padri del liberalismo. Camillo Cavour, che a ventidue anni era già sindaco di Grinzane, ed è il padre del barolo oltre che dell’Italia. E Luigi Einaudi, che a Dogliani dopo la messa teneva una lezione di agraria ai contadini, un’omelia laica sul sagrato, fino a quando donna Ida non lo trascinava via. Ci hanno insegnato che il denaro pubblico è più importante del nostro. Che i doveri vengono prima dei diritti. Che non puoi solo chiedere, ma prima di tutto dare».
1. ANGELO GAJA, ILGURU DEL VINO ITALIANO, INTERVISTATO DA ALDO CAZZULLO
Cristiana Lauro per Dagospia
Angelo Gaja, il punto di riferimento dell’enologia - il guru del vino italiano nel mondo - ha compiuto ottant’anni e più matura, meglio è. Un po’ come i vini buoni. Ma quelli buoni per davvero, però. Perché se parti male non c’è verso. Vale tanto per i vini, quanto per le persone.
Una delle interviste più centrate e interessanti che abbia mai letto sull’enologia e sulle figure storiche più stimolanti che la rappresentano, è quella di Aldo Cazzullo ad Angelo Gaja. Visto che ci troviamo tutti quanti in isolamento a casa, se vogliamo impiegare una porzione di questo tempo nuovo, leggiamola! Può contribuire a evitare di trasformare un tempo nuovo in tempo vuoto.
Angelo Gaja, produttore nelle Langhe e distributore di vino, ha fatto da apripista alla produzione vitivinicola italiana e alla sua commercializzazione nel mondo attraverso una visione avanti anni luce rispetto al resto. La mente di Gaja viaggia in anticipo su tutto, con una capacità di previsione degli eventi futuri indispensabile per l’intero settore. I suoi ingredienti base sono da sempre: la capacità di analisi, l’esperienza e la carità divulgativa.
Angelo Gaja non guarda la TV, trova ansiogeni i talk show, ma legge e si informa quotidianamente su tutti i giornali. Sul fatto di essere costretto in casa per questo flagello di pandemia da corona virus, non si scompone e accetta le restrizioni senza tanti giri di parole: “resto a casa e basta. Baci se ne davano anche troppi!” E racconta di come un tempo l’uomo salutasse levandosi il cappello e senza sbaciucchiare come in uso ovunque, fino a pochi giorni fa. Addirittura l’enologo storico della cantina - ricorda Angelo - parlava al vino in dialetto locale, dandogli del lei.
Gaja parla del segreto del successo produttivo - e del conseguente, fortunato richiamo turistico - delle Langhe. Ma anche del concetto di artigianalità, di cui sentiamo spesso parlare. “ L’artigiano è uno specializzato in niente che sa fare un po’ di tutto...sa governare l’imperfezione perché la perfezione non esiste. Un vino troppo lavorato perde l’anima”. Parole sante di Angelo Gaja che potete leggere per esteso nell’intervista di Aldo Cazzullo.
Aldo Cazzullo per il ''Corriere della Sera''
Angelo Gaja, lei ha compiuto ottant’anni in giorni drammatici per l’Italia.
«È vero. Ma non ci fermeremo. La mia famiglia e io prendiamo questo impegno: non licenzieremo nessuno dei nostri 160 dipendenti. Anzi, ne assumeremo altri».
Non teme ripercussioni per il made in Italy?
«Non credo ce ne saranno. Certo, per il turismo è una prova durissima. Sa quando ho realizzato che la situazione era davvero seria?».
Quando?
«Quando, per la prima volta nella mia vita, ho sentito Oscar Farinetti preoccupato. Io sono meno portato di lui all’entusiasmo».
Ha paura?
«Ho commesso un errore: ho visto qualche talk-show. Sono ansiogeni, soprattutto per me, che non guardo la tv e non vado su Internet. Leggo solo i giornali».
Quanti?
«Nove, dal Fatto quotidiano a Libero. La domenica dieci, con il Sole 24 Ore».
Com’è cambiata la sua vita?
«Sto più a casa, come tutti. Cerco di cogliere i lati positivi”.
Ad esempio?
«Basta baci. Se ne davano troppi. Due quando ti incontri, due quando ti saluti, e gli svizzeri se ne aspettano tre... Quand’ero ragazzo, in Langa, gli uomini non si baciavano. Si salutavano togliendo il cappello. E si davano del lei. Luigi Rama, il nostro storico enologo, parlava con il vino e gli dava del lei: chiel, monsù...».
Altri cambiamenti?
«È il momento di aspettare, non di correre. Abbiamo rinviato i viaggi all’estero. Gaia, la primogenita, ne approfitterà per fare un corso di lingue».
Di inglese?
«Di piemontese. L’inglese lo sa come l’italiano. In azienda una volta si parlava solo dialetto. Uno dei nostri lavoranti si chiamava Fiurin, che sarebbe Fiorellino: nessuno ha mai saputo il suo vero nome. Fumava come un turco ed è campato 95 anni. Con i nostri figli — dopo Gaia sono arrivati Rossana e Giovanni — non abbiamo mai parlato piemontese. Questi giorni sono l’occasione per recuperare».
Qual è il suo primo ricordo?
«I partigiani che vengono a chiedere il vino a mio padre Giovanni. E mia nonna Clotilde, francese della Savoia, che mi manda al forno a cuocere il pane ma poi mi vieta di toccarlo; ne avrei mangiato troppo; il pane finiva in tavola solo quando era raffermo. La nonna era saggia e non rideva mai. Guai a scartare le croste della fontina».
In Langa non ci sono gli Antinori e i Frescobaldi, il vino lo fanno i contadini.
«Anche qui la terra apparteneva alle grandi famiglie aristocratiche. Sull’etichetta delle loro bottiglie avevano lo stemma nobiliare, mentre noi “principi della sterminata famiglia dei Della Zolla”, come diceva Brera, avevamo una foglia o un grappolo d’uva. Poi i nobili hanno venduto i terreni per investire nell’industria a Torino. E hanno lasciato spazio a noi artigiani. Avvezzi al lavoro ben fatto, anche a quello fatto con le mani».
Chi è un artigiano?
«Uno specializzato in niente che sa fare un po’ di tutto: il coltivatore, l’enologo, l’amministratore, l’esperto di marketing. E sa governare l’imperfezione; perché la perfezione non esiste. Un vino troppo lavorato perde l’anima».
Ha conosciuto Brera?
«Me lo fece incontrare mio padre, con Gino Veronelli, al ristorante della Certosa di Pavia. Mi rimproverò perché sputavo le ossa delle rane: bisognava mangiare anche quelle, infatti il suo piatto era vuoto. A mio figlio ho fatto conoscere Giorgio Bocca, che era un accanito consumatore dei nostri vini».
Pavese e Fenoglio, Ferrero e Miroglio, Slowfood e Eataly, il vino e il tartufo bianco: qual è il segreto delle Langhe?
«La politica. Abbiamo avuto i due padri del liberalismo. Camillo Cavour, che a ventidue anni era già sindaco di Grinzane, ed è il padre del barolo oltre che dell’Italia. E Luigi Einaudi, che a Dogliani dopo la messa teneva una lezione di agraria ai contadini, un’omelia laica sul sagrato, fino a quando donna Ida non lo trascinava via. Ci hanno insegnato che il denaro pubblico è più importante del nostro. Che i doveri vengono prima dei diritti. Che non puoi solo chiedere, ma prima di tutto dare».
Però i langaroli sono diversi dai torinesi. I torinesi sono, o meglio erano, inquadrati: militari, preti sociali, operai, comunisti. I langaroli sono irregolari: vignaioli, trifulau, scrittori, suicidi...
«E giocatori d’azzardo. Sia Pavese sia Fenoglio hanno scritto pagine rivelatrici sui “giugarela”, gli scommettitori che si giocavano tutto; e quando avevano perduto la cascina puntavano pure la moglie e la figlia. Dopo la guerra, questo desiderio di rischio, questa energia un po’ disperata l’abbiamo messa nel lavoro. E abbiamo imparato a tenere sempre un po’ di fieno in cascina, per i tempi magri. Come questi che si annunciano».
Fenoglio se lo ricorda?
«Veniva a giocare a biliardo all’hotel Savona, e noi ragazzi dovevamo cedere il tavolo agli adulti. Sigaretta sempre in bocca, gran naso, molto rispettato. Parlava sottovoce, e gli amici pendevano dalle sue labbra».
Tra gli amici di Fenoglio c’era Pinot Gallizio, il pittore che fondò l’Internazionale situazionista.
«Era il mio insegnante di erboristeria all’enologica. Inventò la pittura a metro. Andò da Franco Miroglio a chiedergli quintali di colore per affrescare la Torino-Savona; dovette accontentarsi di dipingere le stoffe Miroglio. Ora è nei grandi musei di arte contemporanea».
Era una Langa che parlava piemontese ma pensava in termini globali. I tartufi migliori non venivano regalati a De Gasperi e Togliatti, ma a Eisenhower e Krusciov.
«E si chiamavano tartufi d’Alba solo quelli del basso Piemonte, l’arco che va da Mondovì a Tortona. Dovremmo essere più rigorosi su questo. Proprio per tutelare i nostri prodotti, la nostra identità. E dovremmo evitare effetti speciali, tipo Collisioni, il festival che porta centomila persone a Barolo. In Borgogna non lo farebbero mai, perché tutelano ferocemente il loro territorio».
In quanti Paesi lei esporta il suo barbaresco?
«Centodue. L’85 per cento della produzione finisce all’estero: Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Giappone, Russia, Cina... In America sono stato per la prima volta nel 1974: mi spiegarono che il vino italiano doveva costare meno del vino francese più economico. Non potevo accettarlo».
Si racconta che Sylvester Stallone al ristorante abbia mandato indietro tre bottiglie Gaja perché sapevano di tappo.
«Voleva far colpo su una signora. Preferisco Robert De Niro, che un mattino è arrivato qui in cantina per una rapida visita ed è rimasto tutto il giorno».
Il cambio climatico ha inciso anche sul suo lavoro?
«Si vendemmia venti giorni prima, talora un mese. D’estate il suolo tende a diventare duro come il cemento, e dobbiamo prenderci cura del lombrico, che è l’architetto della terra: la smuove, la ossigena, la rende viva. Le aree del barolo e del barbaresco restano limitate; ma si piantano vigneti meno pregiati in alta Langa, dove prima attecchiva solo il nocciolo. La terra cambia. Ci parla. E anche noi dobbiamo cambiare».
Come?
«Abbiamo un geologo, due botanici, due entomologi».
Cosa fa tutto il giorno l’entomologo?
«Nelle vigne ci sono parassiti nuovi: alcuni non li abbiamo mai avuti, altri non sopravvivevano agli inverni, che erano più rigidi. Siccome non vogliamo usare pesticidi, fitofarmaci, antiparassitari, agrofarmaci, insomma veleni, li combattiamo creando parassiti dei parassiti. Si chiama lotta biologica: contro la cimice asiatica c’è la vespa giapponese. Ci sono aziende che fanno insetti, come la Biolab di Cesena, che ci fornisce l’anagyrus e il cryptolaemus, i due antagonisti naturali della cocciniglia, che buca le foglie e sporca l’uva. Il professor Andrea Lucchi dell’università di Pisa ci ha insegnato la confusione sessuale».
Come funziona?
«Il peggior nemico del nebbiolo, con cui si fanno sia il barolo sia il barbaresco, è la tignola dell’uva: una farfallina che deposita sulla buccia le uova, da cui esce un piccolo verme voracissimo che svuota l’acino. Con la pioggia, l’acino si riempie d’acqua, e si crea una muffa che si trasmette all’intero grappolo».
Il rimedio?
«I giapponesi hanno scoperto che quando la femmina è pronta per essere fecondata libera feromone. Così abbiamo messo nelle vigne diffusori di feromone, che fanno impazzire il maschio e bloccano la proliferazione».
Una volta si dava il verderame.
«O l’arseniato di piombo. Era una delle mie mansioni, nei sette anni che mio padre mi fece passare tra i filari, prima di darmi un ruolo in azienda».
Sette anni. Pare una punizione biblica.
«Fu bellissimo. Studiavo economia e commercio all’università, all’inizio non sapevo fare niente. Papà mi affidò al nostro capo-uomo, Gino Cavallo, che per spronarmi mi diceva: “Se il pane avesse due dita di gambe, moriresti di fame”. Mi insegnò a innestare, concimare, zappare. Zappare bene è difficilissimo».
Davvero?
«Gino Cavallo pretendeva che si eliminassero tutte le erbacce senza strapparle con le mani e senza sfiorare la pianta. Allora dicevano: se non vai a scuola ti mando a zappare. Oggi, se vuoi zappare, devi andare a scuola».
Cosa votava nella Prima Repubblica?
«Pannella».
E adesso?
«Conte non mi dispiace. Mattarella è straordinario. Renzi non ha avuto solo demeriti».
E Salvini?
«I pieni poteri in Italia non portano bene».
Lei crede in Dio?
«Chi lavora sotto il cielo, e ha come socio il clima, non può non credere a qualcosa di soprannaturale che ci protegge. Sono cresciuto ai tempi delle processioni: per la pioggia, contro la grandine...».
E l’aldilà?
«Anche qui: chi è a contatto con la natura sa che la vita è un ciclo: scompare e riappare. Credo che ci possa essere un domani. Non so come sia. Ma non mi spaventa».
Per colpire a segno bisogna che
regni verosimilmente il silenzio:
la parola può allarmare il bersaglio,
renderlo vibratile, quindi mobile.
Benvenuti allora gli artefici di suoni,
anche se assassini della quiete.
Gorilla Pulp ‘Heavy Lips!’ Review & Streams (By David 'Sunshine' LaMay, Staff Writer, RiffRelevant.com) Italy's Gorilla Pulp is one of those bands that I managed to grasp onto from the near-beginning of their journey, as it was happening.
Continuing its reflection upon locations dedicated to leisure activities – following on from last year’s exhibition Landskating, les lieux du skate à travers le monde –, in 2017 the villa Noailles will devote its annual architecture exhibition to discos.
Through a selection of projects from the 1960s to today, the exhibition aims to apprehend the architectural tools put into play in the conception of these emancipating spaces. Discos are a testing ground for architects: through technological and formal devices, they develop an artificial world with a controlled atmosphere that is isolated from the outside.
Alongside a collection of projects from France and abroad, a commission was placed with an architect to design a disco at the heart of the villa Noailles itself. Open for the duration of the exhibition, this pop up “nightclub” highlights and offers to experience in vivo the exhibition’s intent.
The exhibition presents rare documents, some are unseen (plans, models, photographs, sculptures, graphic works, videos), photographic series and texts by guests contributors.
PHOTOGRAPHES
BEN BAUCHANAN
Area Club, 1983-1987
BILL BERNSTEIN
Disco, 1977-1979
ANDRÉ GIESEMANN
ET DANIEL SCHULZ
Vom Bleiben, 2009-2017
FRANÇOIS PROST
After Party, 2011-2017
ARCHITECTS and projects
ANDREAS ANGELIDAKIS
X Club, Athènes, 1990
GIANNI ARNAUDO, STUDIO 65
Flash Back, Cuneo (Italy), 1979
ABINAL & ROPARS
(EDOUARD ROPARS, JULIEN ABINAL)
Bar, Chez Régine, 2008
PATRICK BERGER ET VINCENT BARRÉ
Le Palace, Paris, 1978
BUREAU A
(LÉOPOLD BANCHINI, DANIEL
ZAMARBIDE)
The Club, 2015
The Shelter, Lisbonne, 2016
COLLECTIF)
Area Club, New York, 1983-1987
FRANÇOIS DALLEGRET ET
JOSEPH BAKER
Palais Métro, Montréal, 1968
PIETRO DEROSSI, GIORGIO CERETTI
ET RICCARDO ROSSO
Piper Club, Turin, 1966
L’Altro Mondo, Rimini, 1967
E.A.T. - EXPERIMENTS IN ART
AND TECHNOLOGY
Pepsi Pavillon, Osaka, 1970
DIDIER FIUZA FAUSTINO
In girum imus nocte et concumimur
igni, Plougonver (Côte d’Armor), 2006
DANIEL GRATALOUP
La Coquille, Bouzedjar (Algérie), 1998
RABIH GEHA
Uberhaus, Beyrouth, 2015
GRUPPO 9999
(CARLO CALDINI, FABRIZIO FIUMI,
PAOLO GALLI ET GIORGIO BIRELLI)
Space Electronic, Florence, 1969
BEN KELLY
Hacienda, Manchester, 1982
OMA/AMO
Ministry of Sound II, Londres, 2015
ÉDOUARD ROPARS
Le Grand jour, installation, 2003-2004
LEONARDO SAVIOLI
Ipotesi di spazio, Florence, 1972
NICOLAS SCHÖFFER
en collaboration avec Paul Bertrand
Voom Voom, Saint-Tropez, 1966
Voom Voom, Juan-les-Pins, 1968
SUPERSTUDIO
(ADOLFO NATALINI, CRISTIANO
TORALDO DI FRANCIA, PIERO
FRASSINELLI, ROBERTO MAGRIS)
Mach II, Florence, 1967
LA VILLE RAYÉE
(DAVID APHECEIX,
BENJAMIN LAFORE, SÉBASTIEN
MARTINEZ-BARAT)
Les communautés de l’instant, Paris, 2009
In fondo, i premi sono tutti uguali. Sul nuovo torneo letterario bandito da “Repubblica”, di canonica inutilità
Siccome i maggiori premi letterari, Strega e Campiello, finiscono da sempre nei trofei delle maggiori case editrici, il quotidiano “la Repubblica” si è mosso a interesse verso le piccole sigle e di conseguenza i piccoli autori, giustamente sollevando l’obiezione che l’equazione secondo cui “grande è uguale a migliore” non è matematica né dev’esserlo. Ben detto. Ma non ben fatto, perché (bandendo il premio sul “romanzo popolare del 2019”, nel chiaro intento di promuovere una logica mass-cult) il giornale nato comunista e diventato capitalista ha creato sedici teste di serie, ammesse alle fasi finali, e selezionato 192 titoli di autori “più noti” distinguendoli dagli altri 640 partiti dal basso perché “meno noti”: stabilendo un criterio del tutto soggettivo, il quotidiano degli Agnelli ha così reiterato lo stesso modello che voleva superare e scelto tra le teste di serie gli editori principali operando anzichenò una discriminazione indebita e ingiustificata tra nomi noti e ignoti che tradisce lo stesso spirito del premio.
Scrittori con esperienza ultradecennale come Raul Montanari e Claudia Durastanti sono stati infatti confinati tra gli sconosciuti mentre un’autrice arrivata ieri come Stefania Auci, collaboratrice non a caso di “Repubblica”, si è ritrovata addirittura tra le teste di serie. Dove figurano inopinatamente anche Roberto Calasso con Il libro di tutti i libri, che però è un saggio anche per l’Adelphi, e Claudio Magris, autore di Tempo curvo a Krems che è una raccolta di racconti e non un romanzo, men che meno “popolare”. Particolarità? Ma no, diciamo superficialità: la stessa che ha portato a scartare per qualche ragione romanzi pur usciti nel 2019, a sconfessione dunque del precetto originario di fare partecipare tutti i titoli.
Senza rossore alcuno il patron Giorgio dell’Arti così ha risposto a uno scrittore del quale è stato ammesso uno solo dei due romanzi pubblicati l’anno scorso: “Abbiamo tentato di far la lista di tutti i titoli e il suo, purtroppo, non l’abbiamo individuato: colpa dell’editore? colpa nostra? Non so rispondere”. Come dire: trattandosi di una piccola casa editrice, non ci siamo messi a perdere tempo, quando era proprio sui piccoli editori che era stato promesso di impiegare il maggior tempo possibile. Ma perché poi rivolgersi agli editori per avere segnalati i titoli del 2019 quando sarebbe bastato scorrere qualsiasi storebook, da Ibs ad Amazon, per avere certezza di iscrivere realmente tutti i titoli usciti? Nondimeno è successo che del concorrente di una piccola casa editrice, Gesuino Némus, anche lui considerato uno sconosciuto, non solo sono stati trovati due titoli (come pure è capitato per Di Giovanni, Vitali, Moresco ed altri) ma entrambi, benché iscritti nello stesso turno di qualificazione, sono stati promossi alla fase successiva, con grande giubilo pubblico di Dell’Arti. Particolarità? Ma no, diciamo che è il regolamento a volere così. Già, il regolamento. Che non manca davvero di singolarità.
Prendiamo proprio Némus: si è qualificato avendo con un romanzo vinto tutt’e cinque le sfide e con un altro quattro perché la quinta l’ha persa… contro se stesso. Incredibile ma vero. Sennonché con quattro punti molti altri titoli sono stati esclusi, perché il “regolamento” ha voluto che il cosiddetto “quattropuntista” potesse andare avanti solo se il suo punteggio, determinato da quello dell’avversario che l’ha battuto, fosse il più alto, con la clausola che a parità di punti prevalesse il romanzo… più breve.
Dunque la filosofia del premio è stata di avvantaggiare chi avesse scritto romanzi brevi (per modo che un romanzone come Infinite Jest avrebbe inesorabilmente perso) e di sfavorire titoli che, pur vincendo quattro partite su cinque, venissero esclusi dal romanzo meno quotato e perciò meno piaciuto, cosa che vuol dire elevare gli ultimi a primi e dare potere a chi non ce l’ha. Per cui si è avuto che chi ha vinto quattro gare è stato escluso perché battuto da chi quattro gare le ha invece perse. Quando ciò è accaduto nella quinta gara, è ovviamente sorto il sospetto che il “quattropuntista” sia stato destinato già prima all’esclusione: altrimenti occorrerebbe comprendere come sia stato possibile che il titolo vincitore di una sola gara sulle precedenti tre sia riuscito a prevalere su quello arrivato imbattuto all’ultima. Può capitare, certo: soprattutto quando vengono fissati criteri scriteriati (nemmeno previsti dal regolamento) come quello di escludere quanti siano deceduti non solo nel 2020 ma pure nel 2019, come è successo al vincitore designato Andrea Camilleri. Forse il “romanzo popolare 2019” avrebbe allora dovuto essere meglio intitolato ai non sfigati, nella gara a chi riesce a sopravvivere, come però non è successo a Franca Valeri.
Ma in fatto di criteri alla “famolo strano” non sono da meno due altri premi “aperti a tutti i narratori”: quello bandito dalla Gems e il Dea Planeta dell’omonima editrice. Nel primo giudici sono gli stessi concorrenti, sicché ciascuno (peraltro valutando solo poche centinaia di righe incipitarie) aguzza l’ingegno e assegna punti alti ai romanzi inediti che capisce che non andranno lontano. Il secondo (noto per aver impalmato l’anno scorso la moglie di Gramellini) è assegnato da una ristretta giuria di esperti sulla base di una lista predisposta dalla stessa casa editrice, sicché il vincitore è per metà stato indicato dal soggetto che dovrebbe bandire e non anche benedire.
Gianni Bonina
*In copertina: Jean Auguste Dominique Ingres, “Apoteosi di Omero”, 1827
L'articolo In fondo, i premi sono tutti uguali. Sul nuovo torneo letterario bandito da “Repubblica”, di canonica inutilità proviene da Pangea.