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#La fragilità della felicità
canesenzafissadimora · 3 months
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Non consiglierei a nessuno d’essere come me: troppa sensibilità, troppo provare, troppo sentire, troppo percepire, troppo immaginare, troppo desiderio.
Non consiglierei a nessuno d’essere come me: troppo fiduciosa, ingenua, spontanea, impulsiva.
Desidererei guardare le cose secondo la loro misura, senza il bisogno di ingigantire sempre tutto. Perché, per quelle come me, è un guaio. Quelle come me, e non consiglio di esserlo,si sentono mancare l’aria ogni giorno per un’attenzione in meno, per una carezza in meno. Quelle come me sopportano e si tengono tutto l’amaro dentro. Quelle come me implodono ogni giorno e poi mostrano il loro più bel sorriso.
Quelle come me sono difficili, complesse, inseguono sogni immaginari.
Parlano da sole, nel silenzio della notte, sperano e hanno gli occhi lucidi al sorgere di una nuova alba.
Quelle come me sono così: forti nel corpo da possedere la fragilità dell’anima.
E fanno finta di credere alle bugie, alle speranze, ai sorrisi di circostanza, quelle come me . Ma più di tutto, le riconosci dagli occhi. Sono il portale della vita, sono pensieri, parola, cuore, felicità, chiarore, buio, ansia, malinconia.
Più di tutto quelle come me le riconosci perché non sono quasi mai le prime ad abbracciare, a dire parole dolci, ma sarebbero in grado di amare fino a distruggersi.
Quelle come me, quando amano, amano forte, si svelano, si spogliano, si riconoscono. Hanno un cuore troppo grande e colmo di cose amabili. E danno, danno troppo.
Hanno mani fiduciose,sguardo perso, sempre alla ricerca di qualcosa e quel pizzico di malinconica allegria che profuma l’anima…
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Tiziana Curcio
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arreton · 2 months
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Una scoperta felice che ho fatto ieri è che ancora riesco a distinguere, anche se a tratti con un po' di difficoltà, ciò che sta dentro la testa e ciò che sta fuori dalla testa quindi almeno per ora le allucinazioni sono lontane. A questo proposito, però, ho ricordato una cosa che avevo rimosso: da piccola facevo difficoltà, invece, a distinguere quello che pensavo – immagini dettate dalla paura — e quello che invece era una minaccia reale; dovevo mettermi di impegno per tranquillizzarmi e dirmi che stava tutto nella mia testa e mi calmavo dopo parecchio tempo e parecchie lacrime. Tutto nella solitudine, nel silenzio e spesso nel buio della mia stanza, non a caso quasi ogni sera mi addormentavo in lacrime. Dubito possano chiamarsi "episodi psicotici transitori" o allucinazioni, anche se in casa mia le allucinazioni erano all'ordine del giorno, però insomma evidentemente la labilità o fragilità mentale sono sempre state una mia caratteristica – inevitabilmente, visto il contesto familiare – e non escluderei in futuro un ripiegamento psicotico o depressivo nelle fasi di maggiore stress, d'altronde fino all'anno scorso pensavo di volermi buttare dal cavalcavia sopra l'autostrada o sotto al treno. Chissà se andare in un paesino di mille anime sperduto sul cocuzzolo della montagna in mezzo ai bergamaschi mi farà uscire del tutto pazza (che sarebbe un po' la mia felicità visto che il contenimento richiede energie non indifferenti e una pazienza che francamente sto pure perdendo) o darà aria a questo mio ultimo neurone sfasato che è rimasto in un cimitero di neuroni bruciati che è la mia scatola cranica (che mi piace chiamare calotta polare).
Nel dubbio ho iniziato a leggere Io parlo ai muri perché presa la frase letteralmente e banalmente: minchia, io veramente parlo ai muri. E ho bisogno della stronzaggine di Lacan.
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'900 - di Gianpiero Menniti
IL DESTINO IN NOI STESSI
Sentirsi protetta, respirare la felicità. Una ricerca che sconta la fragilità di perdersi. Nell'errore del senso. Che genera la paura della vita. Che offusca la coscienza. Rimane il sorriso. Come inutile speranza. Mentre lo sguardo è già assenza.
Marilyn Monroe, 1 giugno 1926 - 5 agosto 1962
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susieporta · 5 months
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Il cammino dell'analisi, quella vera e non di facile consumo, richiede impegno, apertura autentica di mente e cuore. Richiede da parte del terapeuta profonda umiltà, condivisione emotiva. Il mestiere di analista del profondo non si impara semplicemente con l'avere frequentato un corso di formazione. Si è terapeuti dell'anima per predisposizione naturale, affinata dalle esperienze vissute, coltivata attraverso lo studio indefesso, la sensibilità estrema a cogliere gli aspetti più inverosimili dell'esistenza. Non ci sono tecniche migliori di altre da apprendere, sono forse tutte valide, ma non bastano. L'analista è in continua cura di sé stesso poiché nessuno può definirsi completo, o che ha annullato le ferite del passato. Sono sempre lì, e lì dove furono devono restare perché sono la verità con cui l'analista può entrare nelle difficoltà dell'altro. L'analisi non è il superamento del passato in vista di un futuro senza macchia. È piuttosto la continua riesumazione di esso affinché, riportato alla luce, non sia un cadavere in putrefazione cui si è messa una pietra sopra ma un humus da rivangare affinché sia terreno fertile per nuovi frutti. Il passato non si può e non si deve in nessun modo cancellare. L'analista ci convive, consapevole che è l'unica ricchezza di cui dispone. Un'analisi che prometta facili superamenti è disumana e idiota.
L'analisi non è per tutti, è per quei pochi capaci di sostenerla. Non promette falsa felicità, promette solo verità, per quanto sia possibile arrivarvi. La verità è il più delle volte scomoda. Smonta ogni idea che ci si è fatti di sé. La verità è cruda e solo chi ha coraggio vi si espone. Non si guarisce da chissà cosa. Si impara a convivere con le proprie fragilità facendole diventare punti di partenza per diventare forti e nello stesso tempo flessibili.
Si acquisisce semplicemente la capacità di accettarsi e accettare chiunque vivendo passato, presente e la contingenza del futuro ignoto, con coraggio e la volontà di cercare di migliorare, consapevoli che siamo tutti uguali per valore, ognuno nella sua diversa e indiscussa unicità.
L'analista non salva nessuno, non è né più né meno di nessuno e, se non sa questo, è meglio che faccia un altro mestiere.
Il paziente usa l'analista come il violinista usa il violino per inventare la sua musica.
L'analista non dà consigli, non offre soluzioni. Fa domande affinché l'altro si interroghi come l'analista stesso è in continua autointerrogazione.
L'analista lavora con l'anima e si offre all'altro, si mette a disposizione dell'altro affinché l'altro faccia buon uso della sua. Non ci sono miracoli.
Attraverso il buon uso dell'analista il paziente trova la verità su sé stesso per sciogliere problemi che gli apparivano insolubili e riuscire a vivere al meglio la propria vita.
L'analisi richiede tempo, tutto il tempo necessario per giungere alla meta desiderata. Non si raggiunge di corsa la vetta di una montagna. Si va piano, attenti ai crepacci e ben equipaggiati.
Una casa si costruisce a partire dalle fondamenta, non dal tetto. A volte, per eccessivo entusiasmo, ci si illude di essere giunti subito alla meta quando invece è solo un miraggio. Ci vuole pazienza, anche da parte dell'analista che sarebbe opportuno non si vantasse di un facile successo. Pazienza, calma, prudenza affinché ciò che si è costruito resista ben solido nel tempo ai sismi della vita.
Giovanna Breccia
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perchetuttohaunsenso · 3 months
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Rinascerò dalle mie ceneri
Ogni pezzetto di me
Ormai infranto
Consumato
Ridotto in polvere
Si trova ora sull’asfalto
Sparso
Io fragile
Indifesa
Sola
Sono stata uccisa da colui che diceva di amarmi
Ma l’amore non è questo
Ne sono certa
Amare significa volere il bene dell’altra persona
Ma tu mi hai fatto del male
Hai sfiorato la mia pelle nuda
Con tocco leggero
Mi hai fatto sentire il tuo calore
Mi hai accarezzato il volto
Potevo quasi definirti casa
Ma poi
La tua espressione è cambiata
Il tuo sguardo era intenso
Bramoso
I tuoi occhi erano diventati neri
Come catrame
Guardavo all’interno di essi
E vedevo solo buio
Nero
Vuoto
Non eri più tu
Hai preso il mio viso tra le tue grandi mani
Possenti
Potenti
Ti sei approfittato della mia fragilità
Ero indefesa
Non hai ascoltato le mie parole di dissenso
I miei “no”, per te erano “si”
I miei “lasciami”, per te erano “prendimi”
Le mie lacrime, per te erano sorrisi
Io
Impotente
Di fronte a te
Egoista
Mi hai costretta a fare ciò che non volevo
Mi hai stretta a te
In un abbraccio, che era tutto fuorché rassicurante
Mi sono dimenata
Ho provato a resistere alla tua presa
Ma io
Donna
Debole
Contro te
Uomo
Forte
Non avevo scampo
Il mio tremore
La paura che mi si leggeva negli occhi
Il cuore spezzato in mille pezzi
Il mio corpo ormai profanato
Il rispetto è così andato perduto
Proprio come l’amore
Che affermavi di provare
Conoscevi le mie fragilità
E le hai usate a tuo favore
Dopo una notte d’inferno
Che la mia mente ricorda perfettamente
E mai dimenticherà
Io ho deciso di lasciarti
Perché quando ti vedevo provavo disgusto
Paura
Terrore.
Tu
Ancora oggi
Affermi di amarmi
Tu
Che mi hai chiesto scusa un miliardo di volte almeno
Ma le parole, non guariscono ferite così profonde
Le parole non eliminano quanto accaduto
Le parole non mi faranno tornare ad essere felice.
Hai strappato il sorriso dal mio volto
Mi hai portato via il sonno
E ora mi sento impotente contro il mondo
Vivo di paure
Di pianto
Di dolore.
Come potrei mai perdonarti una cosa simile?
Come potrei mai far finta di nulla?
Come potrei mai tornare ad amarti?
Lasciami in pace
Lasciami sola
Lasciami tornare a vivere
Proverò a riacquistare la mia felicità
Ma sarà complicato
E questo solo a causa tua.
Dedico a voi uomini irrispettosi
Tutto il dolore del mondo
E molto altro
Perché anche le peggiori tribolazioni
Non sarebbero paragonabili al dolore che avete causato a noi donne con i vostri attacchi di egoismo e bramosia
La vostra sofferenza e pentimento
Non cancellerà dalle nostre menti quei ricordi infernali
Voi uomini così
Non meritate di essere definiti tali
Perché un vero uomo
Sa come si ama una donna
Sa rispettarla
Sa farla sentire al sicuro
E il suo unico scopo è quello di renderla ogni giorno più felice.
A voi donne
Vittime di violenza
Voglio solo dirvi
Che non siete sole
Mi sono unita a voi
Per mia sfortuna
E riesco a comprendervi
Il vostro dolore è diventato anche il mio dolore
Le vostre ferite sono divenute le mie
Fidarci di nuovo di un uomo sarà complicato
Farci sfiorare nuovamente da uno di loro sarà complicato
Sentirci al sicuro, amate e rispettate sarà complicato
Ma sono sicura che nel mondo dei veri uomini esistano ancora
Ed è per loro, che ho deciso di non perdere la speranza
Un giorno tornerò ad amare
Presto o tardi che sia
E mi verrà restituita la felicità che ho perso
Ne sono certa.
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copihueart · 2 months
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PENSIERI DI PRIMAVERA
IL CORPO
Sere di sete e nostalgia, il corpo s’incurva dentro la sua luce e si lascia cadere dolcemente, quasi ad accendere il desiderio, che gli riesce terribilmente difficile non essere complicato, ad inseguire le sue esagerate fantasie, a cercare disperatamente di non precludersi il mondo e si abbandona per un attimo ad apprezzare le piccole cose e si scalda quando il tempo è troppo freddo e condivide lo stesso viaggio per dare un senso alle sue continue attese. Il corpo è come un labirinto, come un richiamo, il riflesso di sé stesso e agita le membra come se volesse capirsi, conoscersi in profondità, quasi ad aver paura di farsi delle domande a voler riscaldare l’anima.
Il corpo flebile e quello atletico, le esperienze lo segnano e insegnano a nascondere i suoi traumi, le sue fragilità, il percorso estremo delle sue curve, quelle rotondità e quei spigoli che si lascia dietro nel cammino, con quella melanconia che lo assale certe sere o quel tripudio di energie e felicità che sa sprigionare quando vuole e si ritrova muto a parlare senza dire niente.
Sa alzare muri con i suoi pudori e lanciarsi in selvagge e spericolate avventure o abbandonarsi alle passioni più sfrenate. E’ amico e nemico, riprende il respiro e ricomincia, a tratti fragile,a tratti indistruttibile e ogni tanto perde un pezzo che non avrà mai più indietro. Nel silenzio forse sta la riposta che cercava , quella pausa naturale che lo culla nel dormiveglia, nella sua inspiegabile condanna o nella sua meravigliosa conquista, per lasciarsi cullare dalla superficialità dei gesti, dall’inconsueto, da quelle delusioni che lasciano un segno o da quei fremiti convulsi che segneranno la sua pelle per un attimo fuggente o per sempre.
Così non sa meritarsi la distanza, deve essere toccato, annusato, lavato, strigliato, calpestato, accarezzato, adorato, dichiararsi fuggitivo, finire sui giornali, trapiantato in altri corpi il cui sudore sarà la sua memoria uditiva. Rannicchiarsi e attenersi ad una nuova routine, rispettare gli spazi e cercare nuove straordinarie opportunità. Senza fare commenti, a sostituire ogni stimolo e a cercare nuove soluzioni, Perchè il corpo si rende conto dell’orrore, delle grida e della paura, conserva ogni incubo ricorrente, nello schermo della vivida memoria del suo presente, con tutta la tenerezza e con tutta la sofferenza, ad ascoltare i rumori della mente prima che il tramonto scompaia. Il corpo conserva per anni ogni immagine, confusa, disarticolata e incomprensibile, per mettere insieme i pezzi di un puzzle e capire appieno cosa sia successo. Così senza alcuna certezza per il futuro tenta di salvarsi da ogni accadimento.
E’ pieno di presenze, di turbamenti, di recinzioni, nell’abisso della depravazione umana, con tutto quello che ha commesso, con quello stelo di vegetazione del mancato pentimento e tiene un registro ben documentato del vissuto, la lista delle vittime, delle disfatte meticolosamente conservate, nella nostalgia e nella mal celata angoscia verso i sentimenti più dirompenti. Non può sfuggire alla nebulosa fantasia dei suoi inganni, cresciuti nell’attesa e perpetrati nel fievole passato, allora sa nutrirsi di quelle vanità, ha memorizzato le colorate fotografie, convissuto con quelle memorie che ha accumulato per decenni, Per questo sa accettare il suo destino non più occasionale, sa esorcizzare i suoi demoni e impara a convivere con i suoi bisogni, abituato a separarsi e a muoversi con facilità, a spostare la fatica, ad imparare con avidità e a corrispondere. >Il corpo ha bisogno della sua memoria emotiva e della memoria del corpo, deve ricordarsi di suonare da solo, guidato dai sentimenti, arruffato come un giovane allievo senza disciplina a sviluppare la sua innata agilità. Scrive le sue note con un grande pennarello colorato, a percepire quella sua strana situazione di convivenza, con le sue assenze e le sue spartizioni, con la distanza, il disamore e l’oblio, che l’affetto bisogna meritarselo e saperlo conservare, che ogni scossone smorza la sua arroganza e lo riporta verso la compassione.
Il tuo corpo invece è frutto e delizia, impegnato in giochi misteriosi con quella sua vegetazione rigogliosa che riempie ogni angolo, che attraversa ogni spazio, memorizzando distanze, finestre aperte verso il cielo, che sale e scende con fierezza, senza appoggiarsi e corre nei corridoi dell’inseguimento e si muove con sicurezza padrone del suo tempo. Il tuo corpo si moltiplica all’infinito, risorto dalle macerie famigliari con tutta l’intenzione di soddisfare la mia curiosità.
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imponderabile · 2 months
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oggi la pioggia non riesce a consolarmi. sono preda dell’ansia e della rabbia, vorrei scappare per non farmi piu ritrovare dal mio passato che continua a inseguirmi senza sosta. a volte riesco a nascondermi da me stessa, mi faccio forza con la nuova persona che sto cercando di diventare, ma ciò che ho passato continua a ricordarmi quanto sia grande la mia fragilità, quanto le persone significative della mia vita abbiano ancora potere di farmi del male. sono stanca di correre e scappare e probabilmente tutto questo continuerà a farmi soffrire, ma spero solo che più avanti nella mia vita le cose potranno andare meglio, non chiedo la felicità, chiedo la pace.
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maurosempre · 2 months
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Siamo tutti gladiatori, sulla pelle degli altri...
Sangiovanni e Angelina Mango...agli estremi in classifica, così tanto vicini nell'anima.
Quando le nuove generazioni ci sono maestre!
...mi piace pensare che lo abbia fatto per consegnare qualcosa ai tanti coetanei che lo seguono: un messaggio, si sarebbe detto un tempo. L’idea che la fragilità non vada dissimulata per vergogna (di cosa, poi?), ma riconosciuta e dichiarata, perché solo così la coda del criceto potrà trasformarsi un giorno nell’ala di un airone”, ha concluso Gramellini.
"Spesso i momenti tristi sono il seme, il preludio a una nuova felicità, il buio prima della luce. Non si deve aver paura della noia: va accolta, è importante, così come tutti i sentimenti che ci portano giù, in fondo. C’è una risalita, sempre. La noia non va combattuta: è tempo prezioso da dedicare a noi stessi. E nei momenti difficili, bisogna ballarci sopra”,
(Angelina Mango)
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be-appy-71 · 3 months
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Non consiglierei a nessuno d’essere come me: troppa sensibilità, troppo provare, troppo sentire, troppo percepire, troppo immaginare, troppo desiderio.
Non consiglierei a nessuno d’essere come me: troppo fiducioso, ingenuo, spontaneo, impulsivo.
Desidererei guardare le cose secondo la loro misura, senza il bisogno di ingigantire sempre tutto. Perché, per quelli come me, è un guaio. Quelli come me, e non consiglio di esserlo, si sentono mancare l’aria ogni giorno per un’attenzione in meno, per una carezza in meno. Quelli come me sopportano e si tengono tutto l’amaro dentro. Quelli come me implodono ogni giorno e poi mostrano il loro più bel sorriso.
Quelli come me sono difficili, complessi, inseguono sogni immaginari. Parlano da soli nel silenzio della notte, sperano e hanno gli occhi lucidi al sorgere di una nuova alba.
Quelli come me sono così: forti nel corpo da possedere la fragilità dell’anima.
E fanno finta di credere alle bugie, alle speranze, ai sorrisi di circostanza quelli come me. Ma più di tutto, li riconosci dagli occhi. Sono il portale della vita, sono pensieri, parole, cuore, felicità, chiarore, buio, ansia, malinconia.
Più di tutto quelli come me li riconosci perché non sono quasi mai i primi ad abbracciare, a dire parole dolci, ma sarebbero in grado di amare fino a distruggersi.
Quelli come me, quando amano, amano forte, si svelano, si spogliano, si riconoscono. Hanno un cuore troppo grande e colmo di cose amabili. E danno, danno troppo.
Hanno mani fiduciose, sguardo perso, sempre alla ricerca di qualcosa e quel pizzico di malinconica allegria che profuma l’anima....♠️🔥
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annaeisuoipensieri · 1 year
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Se solo le persone innamorate
sapessero
quanto sono importanti.
Se i timidi scoprissero d’esser così belli.
Se solo la dolcezza tornasse di moda
e le persone comprendessero che odiare
è un lavoro pesante
che uccide la felicità
che richiede tempo.
E di tempo per essere felici
ce n’è talmente poco.
Se solo le persone imparassero
a non insistere
a non chiedere quando non si deve
a stare vicino come si dovrebbe.
Il dolore si accarezza, la paura si rispetta.
Se solo le persone imparassero
a parlare un po’ di meno
e ad abbracciare un po’ di più.
Se solo si accorgessero
che la fragilità è un dono
e la solitudine una promessa d’Amore.
Se solo fossimo capaci
quando arriva
a riconoscere la gentilezza.
La forza più incredibile
e spietata che esista.
Che ci rende liberi.
Abbandonarci a lei
come ci si abbandona
a chi ci Ama
regalandoci bellezza.
A chi ci bacia gli occhi.
A chi ci porta in dono, una carezza.
Sì, io sogno un mondo
in cui la gentilezza
sia considerata un miracolo
invece che una debolezza.
[13 novembre - Giornata mondiale della gentilezza]
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klimt7 · 1 year
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Hygge
Hygge è un sostantivo danese  e norvegese impiegato per definire un sentimento, un'atmosfera sociale, un'azione correlata al senso di comodità, sicurezza, accoglienza e familiarità. Esprime un concetto analogo a quello della parola svedese mys e della parola tedesca Gemütlichkeit.
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Il concetto di hygge non ha come fine la ricerca di una felicità momentanea, bensì di una felicità quotidiana, che contribuisce a generare un senso di appagamento di lungo periodo equiparabile al nostro concetto di "benessere, essere in armonia con il proprio tempo e il proprio ambiente. Ricerca di una pace e di un equilibrio da condividere socialmente"
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Secondo un sondaggio dell'Unione europea, i cittadini danesi sono i più felici del mondo, visto che passano più tempo con la famiglia e con gli amici e si sentono più rilassati degli altri.
Per essere hyggelig (aggettivo derivato da hygge) bisogna concentrarsi sulle cose semplici che fanno stare bene, ricreando un ambiente accogliente dove godere a pieno dei piaceri quotidiani che la vita offre.
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Attività tipicamente hyggelige (plurale di hyggelig) sono per esempio: esprimersi liberamente, allontanarsi dagli impegni della vita quotidiana, condividere il cibo preparando torte, biscotti, pane per ospiti e vicini. Ma anche accendere candele, cucinare, chiacchierare tranquillamente davanti ad un camino acceso.
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Tre condizioni hanno favorito la nascita e la diffusione dell'hygge.
Il clima particolarmente ostile dei Paesi nordici, con estati di breve durata e ricche di luce che contrastano con gli inverni lunghi e bui, ha fatto crescere nei danesi la necessità di ricercare calore e comodità per lo più nelle proprie abitazioni, concedendosi del tempo da trascorrere con la famiglia, gli amici e per sé stessi.
Dopo la dichiarazione di indipendenza, la Danimarca si ritrova ad essere una distesa pianeggiante, ed il popolo, una piccola comunità. Una comunità coesa e determinata "Ciò che è perso all’esterno, verrà conquistato all’interno", in questo modo è cresciuto il senso di aggregazione e di comunità che sono i principi fondamentali dell’hygge e del popolo danese.
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Una società basata sull'uguaglianza, tra le più egualitarie, con un servizio sanitario, scolastico e fiscale.
In Danimarca le tasse sono molto alte proprio perchè è diffusa la consapevolezza che in tal modo sarà possibile prendersi cura degli individui più fragili, come i bambini, gli anziani, i malati. Le tasse sono lo strumento concreto di una comunità per dar riparo e conforto ad ogni tipo di fragilità che può incontrare un individuo nel corso della propria vita.
Le imposte e un sistema fiscale equo e unanimamente accettato e condiviso, divengono così il mezzo per creare una "rete di supporto, di sostegno e d'accoglienza". Un modo per far sentire alla comunità e al singolo che anche lo Stato si prende cura del "tuo benessere personale".
Nasce così uno dei sistemi statuali tra i migliori al mondo. In una società del genere, in cui i bisogni primari vengono soddisfatti, c'è più tempo e propensione a dedicarsi all'esplorazione sociale, creativa e personale.
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Gli elementi di hygge.
1) Luce
La luce è un elemento fondamentale per chi vive nei paesi scandinavi, per via del clima che in inverno costringe a godere della luce artificiale anche in pieno giorno.
La luce è un elemento essenziale per creare un'atmosfera hyggelig, come fondamentale è anche la scelta del tipo di illuminazione, che deve essere calda, nelle sfumature del giallo e dell'arancio, è preferibile tenere accese delle lampade a pavimento, rispetto ai lampadari a soffitto, poiché aiutano a creare un'atmosfera più intima e raccolta. Anche la luce soffusa ricreata dalle candele e dalle fiamme del camino sono in pieno stile hygge.
Osservare la fiamma della candela equivale a un vero e proprio esercizio di meditazione, che arresta il flusso dei pensieri e conduce a uno stato di calma.
L'85% dei danesi afferma che per creare un'atmosfera hyggelig bisogna usare le candele; il 28 % dei danesi le accende ogni giorno, il 23% 4-6 volte alla settimana, il 23% 1-3 volte alla settimana, mentre solo il 4% non accende mai candele. Inoltre, il 31% dei danesi accende più di cinque candele in contemporanea.
Il 4 maggio, giornata in cui ricorre l'anniversario della resa della Danimarca in seguito all'occupazione delle forze tedesche, viene celebrata la festa della luce, durante la quale vengono accese 30.000 candele in tutto il paese.
2) Stare insieme
Passare il tempo con gli amici e con la famiglia in un'atmosfera simpatica e rilassante, in cui tutti sono uguali e nessuno ha bisogno di essere al centro dell'attenzione, descrive un altro punto fondamentale di una situazione di hygge: lo stare insieme.
Quando ci si riunisce è fondamentale creare un'atmosfera informale: gli ospiti devono sentirsi a proprio agio, accolti in un'atmosfera conviviale in cui tutti si sentono liberi di esprimersi e di essere sé stessi. In questo modo è possibile instaurare rapporti autentici che generano senso di appartenenza.
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3) Cibo e bevande
Lo stare insieme si associa al mangiare e al bere e alla convivialità. Secondo le regole di hygge, non si deve rinunciare alle cose buone da mangiare, anche se sono poco sane. Allora, tra i prodotti più consumati ci sono: carne, caffè, dolci, cioccolato. Molto hygge è anche il cucinare insieme tra amici e l'odore delle torte fatta in casa. Tra le bevande adatte a tale atmosfera ci sono il tè, la cioccolata, o il vin brulé (gløgg), ma quella considerata più hygge è il caffè.
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Esistono anche dieci cose che fanno la casa più hyggeligt:
- Hyggekrog - è un posto della casa, di solito nel salotto, dove si può sedere tra i cuscini con una coperta;
- caminetto;
- candele;
- oggetti in legno;
- piante;
- libri;
- oggetti in ceramica;
- rivestimenti di diversa fattura;
- arredamento vintage;
- cuscini e coperte
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Le dieci parole chiave:
Atmosfera - abbassare le luci, accendere una candela, luce calda
Presenza - essere qui e ora, spegnere i telefoni.
Piacere - concedersi caffè, cioccolato, biscotti, torta.
Eguaglianza - il "noi" deve vincere sul "me".
Gratitudine - accogliere quel che c'è.
Armonia - non c'è competizione.
Tregua - non drammatizzare; si parlerà di politica un altro giorno.
Spirito di solidarietà - condividere racconti e ricordi.
Comfort - mettiti a tuo agio, prendi una pausa, rilassarsi è tutto.
Rifugio - un posto di pace e sicurezza.
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sciatu · 1 year
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Otto templi vi sono in quel di Agrigento, ognuno nell’antichità dedicato ad un dio potente e generoso. Io li visito chiedendo il perché, i segreti e la magia di quanto chiamano amore (da un idea di @aphroditeurania22).
Υπάρχουν οκτώ ναοί στον Ακράγα, ο καθένας στην αρχαιότητα αφιερωμένος σε έναν ισχυρό και γενναιόδωρο θεό. Τους επισκέπτομαι ρωτώντας γιατί, τα μυστικά και τη μαγεία αυτού που λένε αγάπη (από μια ιδέα της @ Aphroditeurania22).
TEMPIO DI GIOVE - OLYMPIEION - Tra tutti quelli a cui questi templi sono dedicati, il tuo è il più possente, degno del padre della forza, del sacerdote della giustizia, unico signore della bellezza. Tra tutti gli dei la tua parola è l’ultima e scrive la legge, la norma a cui noi umani e gli immortali tuoi figli, dobbiamo solo obbedienza. Tra tutti i tuoi poteri, quello che ti definisce e ti rende invincibile, il potere con cui domini uomini e natura è il vivere al di là del tempo. Eppure, per noi uomini, blasfemi e corrosi dai difetti dell’ego e dalla provvisorietà della carne, vi è un Dio che della sua fragilità del suo mutare con il tempo e nel tempo morire e rinascere, cambiare e restare immutato, indebolirsi e rafforzarsi, di questa sua tangibile limitata esistenza, ha fatto il suo potere più grande. Un Dio che, più veloce della tua saetta, può rubarci i suoi doni da un attimo con l’altro, rendendoci folli a ragione di un tradimento e spingerci noi stessi a tradire senza remore e vergogna. Un Dio che ci dona una felicità grande per quanto è grande il mare, o che può renderci aridi ed arsi di vita come un fiume asciugato e imbiancato dal sole d’agosto. Un dio per cui rinunciamo a noi stessi, rinneghiamo il nostro egoismo e doniamo tutto quello che è in nostro potere pur di far vivere e crescere il suo dono all’infinito. È questo Dio che ci rende dei e schiavi, questo Dio che gli uomini chiamano amore,  che ora è piacere della carne, ed ora è un legame sottile e forte come i fili di seta, fatto di sguardi, di carezze ed attenzioni, che trasformano passioni e carnalità in un legame intenso, immenso, invisibile, fragilissimo ed eterno anche se l’eternità non è dell’amore, ma l’amore rende ogni attimo eterno, ogni assenza una voragine infinita, ogni abbraccio un innesto di fiore su fiore a dare una nuova vita, a donare quei colori e profumi che i due fiori da soli non potrebbero mai avere. Tutto questo è quanto proviamo di questo nostro essere che è fragile e delicato, che vive come alcune farfalle un solo giorno o mille infinite estati e benché siamo mortali e senza alcun potere, la bellezza dell’amore cancella ogni invidia della tua divinità, ci fa trascurare l’eternità ed ogni altro paradiso, parchè è l’unica luce che illumina le tenebre dell’anima, l’unica debole fiamma che riscalda la gelida provvisorietà della nostra carne. La fortezza sempre assediata dalle nostre debolezze e dalla seduzione del piacere, dall’arroganza del nostro ego e le cui mura sono salde quanto la forza con cui ci doniamo a chi amiamo. Così come la tua immortalità ti rende padrone di ogni dio, questa immensa fragilità, ci rende dei e provvisori perché ci dona il loro potere sovrumano, ci santifica in ogni dolore che proviamo, giustifica i silenzi della vita che non può contenere o sapere, la gioia che proviamo. È questa fragilità, l’unica forza che abbiamo, l’unica ambrosia con cui ci nutriamo, la delicata, labile, provvisoria eternità che ci permette di vivere di giorno e di accettare le notti e l’assoluto nulla di cui sono gentili messaggere.
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‘900 - di Gianpiero Menniti 
IL DESTINO IN NOI STESSI
Sentirsi protetta, respirare la felicità. Una ricerca che sconta la fragilità di perdersi. Nell'errore del senso. Che genera la paura della vita. Che offusca la coscienza. Rimane il sorriso.  Come inutile speranza.  Mentre lo sguardo è già assenza.
Marilyn Monroe, 1 giugno 1926 - 5 agosto 1962
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lamenteinnamorata · 1 year
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Certe parole bruciano quanto una sostanza alcolica versata su di un taglio.
Ho imparato relativamente presto che la vita non è un perpetuo stato di una qualsivoglia felicità.
E che spesso è proprio la tristezza, per contrasto, ad aprirci gli occhi sui momenti di felicità.
Al tramonto dei miei trent'anni posso confessare di aver cominciato - non senza momenti di rifiuto - ad accettare quel lato del mio essere che mi porta a vivere frequenti momenti di tristezza.
Ad accettare che ci sono giornate in cui la vita la si lascerebbe volentieri fuori la porta della propria stanza; che possa bastare una parola, un gesto, e tutto improvvisamente cambia colore. Con la stessa rapidità con la quale l'acqua calma si increspa al cadere di una singola goccia, cominciando ad ondeggiare, così in un niente, le emozioni oscillano e ondeggiano in un su e giù al quale non puoi opporti in alcun modo.
A Napoli la chiamerebbero "appucundria", dal greco ypochondrios che significa “da sotto il costato”, laddove tutto ha origine.
Perché forse solo accettando questa appucundria, questo equilibrio precario che abbiamo dentro, che è possibile cogliere le infinite sfumature di ciò che ci circonda; percepire le fragilità dell'essere e riconoscerle, senza averne paura; cogliere i minuscoli frammenti di bellezza che troppo spesso trascuriamo, accecati e distratti come siamo dai bagliori tecnologici e dalla velocità ai quali la quotidianità ci costringe.
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frame-of-life · 1 year
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Tutte le cose che mi dovrebbero servire da agevolazione mi stressano, mi fanno stare peggio di come vorrei, sono preoccupazioni in più e non sfoghi. Io mi detesto molto spesso, ma cerco di far vedere solo il lato bello di me perchè quello brutto già è nella coscienza di chi guarda. Ma come faccio a continuare a vivere nella non accettazione di me? Come faccio a continuare ad andare avanti con questa infelicità addosso che mi segue ogni istante anche quando gli altri in me vedono felicità? Perché trasmetto così tanta felicità e energia se dentro di me vedo solo arido deserto? E l’amore? Non l’accetto mai, come i complimenti. Perchè non credo alle parole della gente quando mi dice qualcosa di positivo? Perchè mi giudico così tanto da non avere più pensieri, forze, energie per avere degli obiettivi e raggiungerli? Perchè credo così poco in me stessa, anche se so che posso fare qualsiasi cosa, posso stravolgere il mondo, la mia vita, tutto ciò che conosco se solo mi connettessi di più a me?
Faccio tutte domande, ma le risposte? Le ho dentro di me, ma non oso riportarle, non voglio sembrare così patetica. Ma io sono fragile, sono molto fragile, ma non traspare, mi copro della forza che ho costruito per non mostrare la mia fragilità. E se venissi distrutta? Nessuno sarà al mio fianco per aiutarmi a ripararmi. Nessuno. Sono sola. Così la mia fragilità non può esistere, è rinchiusa in una cassaforte, nel tesoriere dei pirati, non può essere aperta finché qualcuno non la scopre. Ma come farà qualcuno a trovarla se non ho mai fatto una mappa? Se non dò mai degli indizi? Come farò a mostrarmi al mondo senza quella parte di me che è la mia essenza? Sarebbe un mostrarsi fasullo. Ma a chi mi devo mostrare? Io non ne ho idea. Al mondo? Ma chi è il mondo? A una persona in particolare? Ma chi è questa persona? Ma chi sono io? Cosa voglio? Il combattimento è acceso tra le necessità del mondo e la mia necessità di solitudine per ritrovarmi e poi mostrarmi al mondo. Che sono venuta a fare qui se lo scopo che pensavo di avere è svanito? Se l’unica certezza che ho da quando sono nata è svanita? Non sono un personaggio secondario che non ha né arte né parte forse.. questo è quello che ho sempre pensato. Chi sono io per parlare? Per esprimermi? Per dire ciò che penso? Con quale egocentrismo potrei mai portare me stessa nel mondo? Tirar fuori ciò che ho dentro? Il mio mondo… quel bel mondo che dentro di me è tutto una favola non può coesistere col mondo esterno fatto solo di materialità. Come faccio a far uscire qualcosa che in questo mondo sembra non aver senso? Come può uscire se non ha un contenitore, una casa, in cui essere riposto e tornare quando è stanco? Non posso lasciarlo vagare a casaccio con la possibilità che lo smarrisca e lo perda per sempre. Sono così strana… all’esterno è come se dovessi sempre fare la cosa perfetta, dentro di me c’è il caos.
Ma le mie emozioni dove sono? Dov’è quell’amore di cui tutti parlano dentro di me? Non lo so. Ho provato a cercarlo senza riuscire a trovarlo. A volte ho pensato di averlo provato, ma non è così. E soprattutto mai mi sono immaginata che potesse sovrastare la mia mente. Forse ancora ho questa convinzione, ma non ne sono sicura al 100%, la convinzione di non poter provare delle emozioni che non siano pilotate dalla mente. La mia mente mi dice: “quello è un bel ragazzo, interessante”, così provo attrazione, voglia di conoscere quella persona, esserne ossessionata interamente, ma senza mai fare un passo, dire qualcosa, far capire che mi piace o che ho bisogno di lui. Niente. E se lui si fa avanti io mi impaurisco e scappo, lo allontano, come se quello che ho provato io o che ha provato lui non sia mai esistito e che sarebbe impossibile che possa mai esistere. 
Come si fa a cambiare questa parte così mentale? Questi schemi si ripetono. Devo andare alla fonte? Ma qual è la fonte? Per me è stato un crescendo di tante piccole cose insieme. Come faccio a disattivarle tutte? Perchè la mia testa continua a borbottare? Perché arrivano di continuo pensieri che mi distruggono? Sto provando a ridimensionare il peso di quei pensieri, con molta fatica.
Come faccio a cancellare la mente se è proprio quella la mia culla, il luogo in cui mi identifico, la parte di me che mi fa sembrare come gli altri, l’unico posto in cui non mi sembro così pazza in fondo? Perché il mio ragionamento logico mi fa sembrare umana, ma io non sono così.
Io non sono logica. Io sono solo un vento che tira, una leggera brezza che ti carezza la guancia, che non è invadente o forte, sono solo una delicata parentesi, un attimo breve dell’esistenza altrui, non sono nient’altro che niente, ma mi sento parte del tutto. Il sapere di essere niente e nessuno mi fa vivere la vita come se io non esistessi, ma il mio ego fatica ad accettarlo. Anche io vorrei essere vista in realtà, ma fatico ad accettare questa cosa perché mi sembra un terribile difetto cercare la visibilità. In realtà ho scoperto che una caratteristica dell’uomo e dell’animale il voler essere considerato. Perché io non posso permetterlo, a differenza degli altri? Perché non posso permettermi di vedermi io stessa? Perché vorrei essere vista dagli altri quando faccio di tutto per nascondermi? Questa mia dualità mi fa soffrire, vorrei che fosse un gioco divertente, ma se vengo trovata scappo di nuovo in un posto che è ancora più difficile da scovare. Anche da me stessa. Anche io non mi ritrovo. Così faccio il robot, almeno ho una scusa per vivere ancora, senza sentirmi troppo in colpa per gli altri, ma avendo questo alone di senso di colpa nei confronti di me stessa che mi mangia viva dentro. È giusto vivermi così? È ingiusto nei confronti di me stessa, ma nei confronti dell’universo? Alcuni dicono che se tratti male te stesso è come se trattassi male un altro essere, anche se fai di tutto per gli altri. Io cerco di non schiacciare neanche una formica per terra in ogni istante della mia vita, ma allo stesso tempo mi flagello, mi uccido sempre di più, sento di non voler più vivere con me stessa, come se avessi una colpa originaria che non mi permette di vivere. Perché io sono meno degna di vivere di altri? Perché non accetto che agli altri sia applicata la legge del più forte e a me invece possono essere afflitte tutte le regole che in realtà sono ingiuste rispetto a quello che ho fatto? Perché mi sento sempre un bluff? Che ho fatto di male per sentirmi di meritare il peggio, quando la vita mi dà il meglio per come mi comporto con gli altri? Perché mi merito di avere il meglio, è vero visto da un occhio esterno, ma allora perché io riesco solo a sentire di non meritarmi di avere fortuna o di avere la felicità e l’abbondanza? Proprio per il non accettare quello che mi dà l’universo mi sento in colpa, ma allo stesso tempo combatto col mio non essere degna e me ne vergogno, mi sento in debito con l’universo per questo, infatti sto cercando di cambiare questa cosa dentro me, di sentirmi degna di vivere, di essere felice, di avere abbondanza e di ricevere AMORE, anche da me stessa. Voglio cambiare lo schema sociale che dice che sono felice solo se ho l’altro, ma portare nella mia vita l’altro per condividere la mia felicità interiore con lui e viceversa. Voglio condividere amore e felicità con l’altro, non voglio caricare qualcun altro del mio compito di trovare la mia felicità e la mia passione. Perché dentro di me è pieno di passione, di fuoco, ma ho chiuso tutto dentro una scatola isolata e ricoperta di ghiaccio, così da apparire fredda, cioè il contrario di ciò che sono. Di nuovo mi nascondo. Come faccio a far uscire la passione se c’è sempre la razionalità in mezzo che mi tiene attagliata a ciò che gli altri si aspettano da me o a ciò che moralmente è giusto?
Il mio problema più grande adesso penso sia proprio la razionalità che mi fa dire: “non lo faccio, non lo dico, non lo scrivo, non lo mostro”. Così chiudo tutto dentro me e si trasforma in una nube scura nel petto che mi avvolge gli organi vitali e non permettere loro di esistere in completa salute. A volte provo a dirmi: “stai zitto Bruno!” Come il film Disney “Luca”, mi viene da ridere quando lo faccio, ma a volte sembra funzionare per pochi secondi. Passati quelli, tutto torna come prima.
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gloriaculicchia · 1 year
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ho sempre percepito fragilità e tristezza nei tuoi occhi, te lo dicevo spesso.
il mio unico desiderio è sempre stato quello di vederti felice e di farti sentire apprezzato per quello che eri e facevi.
ma non volevo essere io la sola causa dei tuoi sorrisi e della tua felicità, volevo che tu ti vedessi bello, intelligente e all'altezza di tutto e tutti. desideravo che tu ti vedessi con i miei occhi per capire quanto fossi speciale, unicamente e semplicemente te.
lo non ero perfetta, nessuno lo è, anche se te mi trattavi come lo fossi.
ho capito che ogni cosa va affrontata, discussa e guarita, altrimenti diventa piu grande, dolorosa e allontana.
ci tenevo a dirti che ho apprezzato tutto quello che hai fatto per me, dalla prima volta che mi hai portato quel libro.
ho imparato tanto da te, e ammetto che a dimostrarti quello che provavo sono stata una frana.
ma ti prego, non mettere mai in dubbio il mio sentimento per te e le intenzioni che ho sempre avuto.
adesso non ci parliamo ma io ogni giorno penso a te e mi sento bene e immagino di vederti scherzare, sorridere, cantare e amare qualsiasi cosa tu voglia amare.
sappi che per te le porte sono sempre aperte. avevi ragione… eravamo giusti ma nel momento sbagliato.
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