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#Passaggio al Bosco
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The Italian book "Alessandro il Grande. L'infanzia di un conquistatore" by Nicolas Lubin and Maureen Minervois will be out soon
Good day everyone, I’m Elena and thank you very much to be here on Alessandro III di Macedonia- Alexander the Great and Hellenism! Happy Liberation Day to my Italian readers to whom I’d like to point out this new publication of a children’s book: Alessandro il Grande. L’infanzia di un conquistatore by Nicolas Lubin (Curator) and Maureen Minervois (Illustrator) Publisher: Passaggio al…
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crazy-so-na-sega · 2 months
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Il passaggio al bosco si pratica in ogni momento e in ogni luogo, anche in presenza di una forza numericamente schiacciante. In tal caso, anzi, è l'unica possibilità che rimane di opporre resistenza.
-Ernst Jünger (Trattato del ribelle)
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abr · 3 months
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Al posto dell’abusato “restiamo umani”, “torniamo uomini”. È l’esortazione ripetuta nell’ultimo libro di Emanuele Ricucci, “Indecenti” (Passaggio al Bosco), pagine in cui aleggiano Nietzsche, Jünger, Veneziani. Leggendolo, accuso Ricucci di starsene sulle generali, di fare della filosofia, di non fornire esempi. Mi riprometto di farli io gli esempi pratici di uno scandaloso ritorno alla virilità. Ma adesso che sto scrivendo mi ricordo che esprimersi, manifestarsi, è quasi impossibile. Molti esempi che ho sulla punta delle dita sono illegali, e quelli non illegali sono intollerabili. Proprio indecenti. 
C.Langone, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/03/12/news/cosa-significa-tornare-uomini-al-ristorante-6316661/
Resistere resistere resistere: disubbidienza civile ai margini della "legalità", senza isterie, senza malanimi, in sostanza senza diventar passivi aggressivi popolazzari ululanti come loro, altrimenti avrebbero vinto.
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superfuji · 1 year
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Del resto, Fratelli d’Italia nasce esattamente per sfruttare questa finestra di opportunità. Prendiamo i suoi tre fondatori ufficiali: Ignazio La Russa, Guido Crosetto e Giorgia Meloni. Il primo rappresenta (in modo perfino caricaturale) la fedeltà al fascismo storico, e la militanza nel torbido e sanguinario neofascismo del dopoguerra. Il secondo rappresenta la garanzia di totale organicità ai dogmi del liberismo economico e alle esigenze del sistema militare-industriale e dunque della guerra. La terza rappresenta l’apertura all’ideologia dell’estrema destra internazionale (da Orban a Bolsonaro a Trump). Quest’ultimo punto merita qualche parola in più. Nonostante l’affettuosa deferenza per Giorgio Almirante e alcune giovanili dichiarazioni di entusiasmo per Mussolini, Meloni è attenta a smarcarsi dal fascismo nostalgico alla La Russa. La ragione è la volontà di essere, e apparire, in sintonia con un nuovo fascismo che – pur nella sostanziale continuità ideologica con le idee di Hitler o di Evola – non ha bisogno di un apparato simbolico storico, e costruisce nuovi simboli e nuovi miti. In questo 25 aprile, prendetevi un momento per guardare un terribile video del 2013 (in francese, con sottotitoli in inglese: https://www.youtube.com/watch?v=XA5S5Qrg6CU). È la ‘dichiarazione di guerra’ alle democrazie lanciata da Génération Identitaire, un movimento politico nato in Francia (e lì sciolto dal governo nel 2017) che fa della ‘questione etnica’ il fulcro di una politica fondata sulla paura e sull’odio. La linea è quella del suprematismo bianco: e in concreto quel movimento ha organizzato una serie di attacchi anche fisici contro le Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. I simboli non sono le svastiche: ma, come si spiega nell video, i ‘lambda’, cioè le lettere greche che figuravano tra gli emblemi degli Spartani (‘lambda’ è la lettera iniziale di Lacedemoni, altro nome degli Spartani). La scelta cade sulla grande antagonista della democratica Atene: una città governata da una minoranza (gli Spartiati) che dominava attraverso la violenza e il terrore su una maggioranza (gli Iloti) etnicamente diversa. Un modello atroce, fatto proprio dall’organizzazione studentesca di Fratelli d’Italia. Un esempio eloquente: il percorso formativo di Azione studentesca si chiama ‘agoghé’, come quello dei giovani spartiati, che in esso si formavano alla resistenza fisica, e alla violenza (anche attraverso uccisioni rituali e impunite degli Iloti). Una ricca documentazione iconografica mostra come i ragazzi italiani che crescono all’ombra della Presidente del Consiglio non ricorrano ai fasci o alle svastiche (anche se la croce celtica rimane il simbolo ufficiale di Azione studentesca), ma ai simboli dell’antica Sparta: un mimetismo formale che mette i giovani di estrema destra italiana al riparo dalle accuse di fascismo nostalgico, e in connessione con i loro camerati di tutta Europa, consentendo una perfetta, e indisturbata, continuità con gli ‘ideali’ fascisti e nazisti. Vale la pena di ricordare che è stata proprio Azione studentesca la responsabile, nel febbraio scorso, del pestaggio dei ragazzi del Liceo Michelangiolo, a Firenze: e che nello stesso palazzo fiorentino hanno sede Fratelli d’Italia, Casaggì (nome locale di Azione studentesca) e la casa editrice “Passaggio al bosco” (etichetta esplicitamente jüngeriana che allude alla ribellione contro la democrazia), il cui catalogo è ricco di testi su Sparta, e sulla sua mistica del razzismo violento. È in questo quadro che si deve leggere l’uscita sulla ‘sostituzione etnica’ del ministro Lollobrigida, cognato di Meloni. Lungi dall’essere frutto di “ignoranza”, come penosamente asserito dall’interessato, si tratta della maldestra esibizione della parola d’ordine chiave per questa nuova-vecchia destra europea che fa della questione razziale e migratoria il centro di un intero sistema di pensiero e azione. Negli ultimi decenni si possono documentare decine e decine di uscite di Salvini, Meloni e molti altri leader della destra italiana sulla sostituzione etnica: e ora la tragedia di Cutro mostra come proprio quell’ideologia ispiri le azioni e le omissioni dell’attuale governo della Repubblica. Un nuovo fascismo, dunque: che non ha necessariamente bisogno dei labari del Ventennio. Ma che quel progetto comunque resuscita e persegue: soprattutto in una mistica della violenza e della morte che ha nei neri, nei musulmani, nei diversi i propri eterni obiettivi. Lo dimostra il fatto che la politica di questo governo fascista attacca frontalmente alcuni principi fondamentali della Costituzione antifascista
Il 25 aprile con un partito fascista al governo
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pataguja61 · 1 year
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PICCOLA STORIA DI PO
(Casa delle vacanze, luglio 2006)
La scoprimmo per caso, al limitare del bosco nascosta dall' erba, neppure tanto alta, ma abbastanza da rimanere nascosta.
Faceva caldo, era luglio inoltrato, insieme a Jadé eravamo scese dalla bicicletta per poter accedere più facilmente fra le sterpaglie. Appoggiata alla recinzione, nascosta dal verde dominante, una piccola lapide bianca, alta non più di 10 cm, riportava una data antecedente di pochi giorni e il nome del suo possessore: Po.
Chi poteva essere? Un cricetino? Un topo o una cavietta? Jadé avrebbe voluto saperlo, io dissi che sicuramente era un animaletto al quale qualcuno aveva voluto molto bene dato che si era preoccupato di mettere sulla tombina una lapide col suo nome. Forse anche la scelta del luogo, un bosco bellissimo, non era stato un caso, forse il desiderio più grande di Po sarebbe stato quello di scorazzare in libertà lì dentro e il suo proprietario aveva pensato di fargli un ultimo regalo.
Jadè mi ascoltava senza parlare, ma i giorni seguenti volle tornare a trovare il piccolo Po.
Per alcuni anni, sicuramente fino al 2012 la lapide rimase al suo posto, sempre più sommersa dall' erba e dalla sabbia trasportata dal vento. Poi un giorno non la trovammo più, qualcuno aveva ripulito il passaggio e gettato la piccola lapide.
Po invece è ancora lì e nei nostri ricordi.
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falcemartello · 2 years
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Unica soluzione, il passaggio al bosco
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IDENTITARIO 🔥
Laboratorio per la guerriglia culturale
Forgiatosi nell’esperienza di Passaggio al Bosco Edizioni e delle Comunità militanti, IDENTITARIO vuole essere centro e asse della cultura non allineata: un‘officina delle idee, uno spazio libero e un cantiere in perenne movimento, oltre la banalità della narrazione mainstream, il grigiore del “politicamente corretto” e l’ignavia del “mondo degli uguali”.
IDENTITARIO non è un palcoscenico per mitomani, un catalizzatore di like o un cenacolo per adoratori delle ceneri, ma il tamburo battente di un’avanguardia che ha scelto di vivere altrimenti, in ordine con una weltanschauung solare, organica e radicata.
IDENTITARIO è analisi della società e trasmissione della lunga memoria europea, studi tradizionali e geopolitica, storia e filosofia, economia e critica d’arte, sport e letteratura, viaggi e cinema, Formazione e impegno militante.
IDENTITARIO è la voce di una Comunità che non sarà mai community, di un’etica che non sarà mai profitto, di una stirpe che non sarà mai massa, di uno stile che non sarà mai moda, di una sacralità che non sarà mai feticcio. È l’ultima battaglia per la salvaguardia e il rilancio della nostra Civiltà millenaria, in fedeltà alla triade omerica che ha fecondato la nostra eredità: “La natura come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte”.
ON LINE DAL 15 SETTEMBRE
www.identitario.org
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susieporta · 11 months
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"È tutto “troppo” per me.
E lo dico senza timore, ammettendo la mia difficoltà a gestire una complessità schiacciante. Troppo lavoro, troppe informazioni, troppa fatica, troppi dialoghi surreali, troppe ore perse per cose che ritengo inutili.
Troppo impegno per bisogni inautentici.
E rivedo lo stesso dramma ogni giorno negli occhi delle persone che incontro, che sembrano volerti dire “basta, sono stanco. Io mi fermo qui.”
A volte sembra che ogni conversazione contemporanea sia, a qualche titolo, una conversazione sulla stanchezza. Viviamo nel perenne ultimo chilometro di una maratona senza tempi di recupero.
Se per anni la stanchezza cronica è stata un assurdo inno all’efficenza (“guarda quello, è sempre impegnatissimo, stanno andando alla grande”), oggi è lo status quo di una generazione che ha capito che oltre la fatica non c’è null’altro.
Non c’è niente di niente.
Non ci sarà un premio e forse nemmeno una condizione migliore a cui aspirare.
Siamo tutti vittime di una grande bugia: quella di tenere duro sempre e comunque, anche quando sembra senza senso, anche quando siamo stremati.
Come possiamo rivoluzionare il nostro mondo se siamo esausti?
La stanchezza è stata a lungo una dipendenza collettiva socialmente incoraggiata in cambio di ricompense che l'economia non era da tempo più in grado di promettere a nessuno. Ed è anche il risultato dell’aver infilato la nostra vita privata negli interstizi fra una giornata lavorativa e l’altra, ai margini del tempo.
Cosa rimarrà alla fine di tutto questo?
Come è stato possibile, ad un certo punto, che le nostre intere esistenze siano state fagocitate dal lavoro, dalla frenesia, dalla lotta cieca alla crescita?
Corsa che ha anche devastato l’unico pianeta abitabile che conosciamo.
Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e, se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle.
Non credo abbia nemmeno senso questa corsa a cui ci è stato chiesto di tornare dopo lo stop forzato della pandemia. Come se non fosse successo nulla; come se, in quello squarcio, non avessimo intravisto una verità limpida: che la vita è altro dal profitto, dalla conquista, dalla competizione. La vita è anche prendersi cura: degli altri, di se stessi, del luogo in cui viviamo. Non è vero che “funziona così e basta”, c’è sempre un’alternativa: quella che funziona per noi.
E se non c’è, occorre crearla.
Lo penso quando cammino nella magia del bosco dietro casa e so che quella condizione è solo momentanea, perchè poi “devo” tornare al lavoro, tornare al chiuso, nel traffico, a produrre.
Ma “devo” cosa?
Io sono qui di passaggio, come tutti gli altri.
Morirò come tutti e che io sappia non ho una seconda possibilità.
Io ci ho messo troppi anni ad arrivarci e mi sono già bruciato parte della vita.
La vera ricchezza è solo il tempo.
Il tempo che uno può spendere per sé. Cercate di avere il tempo. In questo tempo, dedicatevi alle vostre passioni, senza affondarci dentro. Leggete, scrivete, fate una passeggiata nella natura, dipingete, suonate, aiutate un amico che ha bisogno, aiutate un vecchietto a passare la strada, fate quel che volete, in allegria, senza fare corse.
Perchè poi alla fine, che senso ha correre se sei sulla strada sbagliata?"
Andrea Bariselli
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Dal 20 aprile al 15 settembre, ogni sabato e domenica e festivi. Previste tre fermate
A Villa Bardini arriva il nuovo servizio gratuito di navetta elettrica per la visita del meraviglioso giardino incastonato fra le antiche mura di Firenze. La pendenza dell’aspra collina lungo la quale si estendono i quattro ettari di bosco, orto e frutteto non sarà più dunque un problema. Un’iniziativa di Fondazione CR Firenze e Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron in collaborazione con Opera Laboratori Fiorentini.
La navetta sarà attiva dal 20 aprile al 15 settembre 2024, ogni sabato, domenica e festivi (partenza alle 11.00 da via de Bardi e ultima corsa alle 17.30 da Villa Bardini, con un intervallo dalle 13.00 alle 14.00). Saranno tre le fermate: il capolinea in via de Bardi, la fermata Scalinata Barocca e il capolinea Villa Bardini. Precedenza sarà data alle famiglie con bambini e alle persone anziane. Il Giardino racconta sette secoli di storia fiorentina e del giardinaggio, dalla sua nascita come giardino barocco nel Seicento e Settecento al passaggio anglo-cinese e vittoriano. Nell’oasi verde convivono infatti tre anime: il giardino all’italiana con la magnifica scalinata barocca, il bosco all’inglese con i suoi elementi esotici e il parco agricolo dove è possibile ammirare il celebre pergolato di glicini. All’interno sono presenti circa 200 pezzi di scultura, tredici fontane, un muro fontana e tre grotte.
Organizza la tua visita.
@villabardini
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emz26 · 10 months
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Il pensiero anteriore, la bustina del tè e la vecchia bastarda.
Dentro di me si generano tre istanti di pensiero:
il 1° è quello istantaneo, quello che si crea sentendo un suono, un profumo o un immagine, è fulmineo e infantile, è quello che si stupisce e che a volte mi fa sparare delle puttanate indicibili, lo chiamo “il mio pensiero anteriore”, proprio perché arriva prima del pensiero razionale,
il 2° è quello che esamina tutto quello che c’è intorno alla figura scatenate, quello che analizza tutte le interconnessioni tra il soggetto e l’ambiente circostante, quanto gli altri si accorgano dell’accadimento e se io sia l’unico a vedere, provo anche ad immaginare quanto l’evento influenzi le altre persone e quanto di questo gli altri si portino dentro, lo chiamo “la bustina del tè”, perché esattamente come una bustina che viene gettata dentro l’acqua calda , il soggetto interessante lo vedo espandersi e avvolgere con un’essenza profumata tutto quello che lo circonda, ed io come una molecola d’acqua mi lascio conquistare.
Il 3° momento è quello che disarma tutta la bellezza, dissacra tutto quello che gli passa davanti, è feroce e si nutre di distruzione, lo chiamo...o meglio la chiamo “la vecchia bastarda”.
Sono seduto in un dehors di un ristorante, uno spazio aperto molto ampio situato in cima ad una montagna praticamente immerso in un bosco, il muretto alla mia destra mi separa da una ampia via di pietra scura, via che porta ad una marmorea cattedrale, zero macchine, la strada più vicina è ad un chilometro, qui si arriva solamente a piedi o con una seggiovia, l’altezza e l’ombra delle piante mi regalano un po' di refrigerio in questo torrido luglio, il colore dell’ambiente è tendente al giallo ed un buon profumo di fiori freschi si spande nell’aria, nel bosco si sentono frinire dolcemente le cicale e una leggera brezza mi smuove la barba, l’occhio mi cade su un gruppetto di minuscoli animaletti raggruppati sul muretto, sembrano formiche ma non credo che lo siano, mi incuriosiscono, ne rimango ipnotizzato, la cameriera mi porge il piattino con le fragole ricoperte dal gelato, lentamente ne porto un cucchiaio alla bocca, il sapore dolce mi riempie la bocca, sento la crema sciogliersi e fondersi con me, sento il fresco sciroppo percorrermi le vene, in un momento così non si può essere cattivi, Roland di Gilead diceva “non si può essere cattivi e rabbiosi mangiando delle dolci fragole”...concordo.
Continuando lentamente a gustare le mie fragole con il gelato gli occhi mi cadono su di un’opera d’arte vivente, un vecchio di mille anni intento a leggere un libro di mille pagine, indossa dei pantaloni marroni ed una camicia azzurrina, elegantemente sportivo, legge lentamente il suo libro ed ogni tanto si ferma a riflettere sul paragrafo appena concluso, lo vuole assorbire, ti tanto in tanto alza il viso al cielo come a voler far scivolare le nozioni appena apprese dentro di se, quasi le stesse bevendo, dopo la lettura di un passaggio più complesso si alza e muove due passi lungo la via alberata, ma appena afferratone il senso torna subito a sedersi e a riprende la lettura regalandosi un sorso di cocacola, sì, beve cocacola… meraviglioso.
Pensiero anteriore “dio che bellezza,ma, ma, ma avete visto mai un cosa simile, sono paralizzato da quello che vedo”
Bustina del tè ” ma vi rendete conto che un signore di 100 anni è ancora intento ad apprendere, avete visto con quale calma e abilità continua a nutrire se stesso? Ogni volta che una persona assimila un concetto nuovo deve poi farlo entrare in circolo e farlo allineare con tutti gli altri, immagino la cosa come miliardi di galassie sparse nell’universo ognuna rappresentante un assunto ormai consolidato, ogni volta che una nuova galassia entra dentro questo spazio tutte le altre devono cambiare inclinazione, devono mutare un po', spostarsi e forse perdere una parte di loro stesse per far si che la nuova arrivata non risulti come un corpo estraneo e che si integri dentro questo spazio, spazio che compone l’uomo, vi rendete conto di quante galassie abbia un uomo della sua età? Vi rendete conto che vuol ancora cambiare il suo universo? E gli altri, quelli fuori da me, i miei commensali si rendono conto della meraviglia che hanno di fronte?
La vecchia bastarda “sì però!”
in coro “cosa?”
La vecchia bastarda “comprerei libri più brevi, ha un piede nella fossa e potrebbe morire senza finirli”
bustina del tè “Come era? Mangiando fragole non si può essere cattivi e rabbiosi”
La vecchia bastarda “ ma acidi e realisti sì”
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viviandthestars · 9 months
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Posizione letto #5
Descrizione: il baldacchino è dotato del corredo scolastico base, con lenzuola, trapunta e il resto della biancheria da letto coi colori di Tosca, più la copertina speciale che ha portato da casa; quest'ultima non è che un patchwork confusionario di diverse sezioni di stoffe, qualcuna raffigurante costellazioni colorate, altre fantasie orientali e via così ( nb è più ampia dell'anno scorso ). Ai piedi del letto si trova un baule che ha conosciuto tempi migliori, consunto ma elegante, in legno di acacia. Sul dorso sono applicate le iniziali V.St.L., in metallo ossidato, così come il lucchetto che lo chiude. Il comodino è stato colonizzato da due terrari, un porta foto rosso contenente uno scatto di coppia con la zia Robyn ( + una polaroid babbana raffigurante Genevieve & la mamma incastrata nella cornice ) e, a rotazione, libri e pergamene di compiti incompleti. Nel cassetto conserva alla rinfusa un set di cappellini a misura di anfibio, la bacchetta, eventuali dolcetti, sticks d'incenso, un'ampolla con dei fagioli, vecchie lettere e un mazzo di tarocchi. 
Abitudini del pg: rispetto all'anno scorso è diventata sfuggente. Non brucia più l'incenso, la sera si infila prestissimo dentro le tende chiuse del baldacchino, di solito per rimanere sveglia fino a tardi con un lùmos acceso, e si alza intorno alle 6am per fare una corsetta mattutina ( quando riesce ) e fiondarsi a colazione puntuale un'ora dopo. Sono degne di nota le sue occupazioni del bagno, di durata biblica. Cerca di non passare troppo tempo in dormitorio, quando non ha nulla da fare — se non è troppo rumorosa — si sposta in sala comune.
Ordine: poco. Il baldacchino rimane ingombro delle coperte sfatte dalla notte, solitamente accartocciate in fondo al materasso e abbandonate così fino al passaggio degli elfi. Il baule, in compenso, viene sempre chiuso e non ci sono mai vestiti sporchi in giro.
Odore: normalmente aleggia solo una fragranza di pulito non troppo appestante e, quando lava i capelli, la nota di fragole di bosco dello shampoo.
Animali: Godrichina, una raganella verde. La si vede spesso e volentieri in compagnia della padrona ( perché costretta, ma non si escludono disperati tentativi di fuga ) e, non di meno, agghindata con capi di vestiario home made e su misura. Quando è sera viene riposta nel suo terrario, cosicché possa abbandonarsi ad un meritatissimo sonno di bellezza. Dal 05.10.79 si è aggiunto anche un giovane camaleonte, anche lui con un terrario dedicato.
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Good day, I'm Elena, Happy Liberation Day to my Italian readers to whom I'd like to point out this new publication of a children's book:
"Alessandro il Grande. L'infanzia di un conquistatore"
by Nicolas Lubin and Maureen Minervois
Passaggio al Bosco, 2023
More infos 🔗 https://bit.ly/40DrGwW
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venetianeli · 1 year
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youtube
God rest ye merry gentleman
Come ormai da tradizione di Fuochi nella nebbia, vi ripropongo oggi una delle carole più belle, citata anche in quel capolavoro che è "Canto di Natale" di Dickens. Nel corso degli anni tantissimi artisti l'hanno interpretata, più o meno fedelmente, ma la versione che amo più di tutte è questa di Annie Lennox, e per una lunga serie di motivi 💚
Innanzitutto per l'arrangiamento musicale, che includendo tamburo e flauto dà al testo, prettamente cristiano, un'aria piuttosto arcana. Poi la voce della cantante, splendida. Ed infine - ma importantissimo- il video, che racconta una storia stracolma di simbolismi a partire dal bastone sciamanico brandito dalla Lennox per proseguire con il corteo di personaggi mascherati e sottilmente inquietanti, ed ancora con il superamento del ponte/passaggio fra i mondi che dal bosco li conduce, dopo una visione, al villaggio. Villaggio al centro del quale troneggia il Green Man mentre da una palla di neve si genera il fuoco...e questo solo per citare i principali rimandi ad un mondo Altro !!
Vi lascio qui il video, e vi auguro una lietissima giornata in compagnia dei vostri cari 🎄🌟❄️🔥
[Dalla pagina facebook di Fuochi nella nebbia.]
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loveint-diario · 1 year
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Capitolo 31 - Il sonno della coscienza genera mostri
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“… intorno a lui fu consultato il vate profetico per sapere se avrebbe visto i lunghi giorni di una matura vecchiaia: «Se non si conoscerà» egli disse. La profezia dell’augure a lungo sembrò menzognera, ma la confermarono la fine, gli avvenimenti, nonché il genere di morte e la singolarità della follia.”
Metamorfosi di Ovidio
Il lui della citazione è Narciso e come ci racconta Ovidio, era un giovane di straordinaria bellezza che dopo essersi specchiato nelle acque di un lago, s’innamora follemente della sua immagine riflessa e nel tentativo di afferrarla cade in acqua e muore annegato. La singolarità della follia è quella di amare sé stesso più di qualsiasi altro essere al mondo e come da profezia, la morte avviene nel momento in cui si conosce, si vede per la prima volta.
Il mito di Narciso è tra i più conosciuti della mitologia greca e tra i più utilizzati in psicologia come in letteratura per raccontare individui insensibili e manipolatori o descrivere società basate sull’egotismo e l’apparenza.
In Introduzione al narcisismo (1914), Sigmund Freud definisce narcisismo originario un particolare stadio dello sviluppo psichico durante il quale il bambino, o la bambina, basta a sé stesso, nel senso che il suo corpo è il punto di partenza e di arrivo delle pulsioni e del piacere. È quel momento in cui dipendiamo completamente dall’accudimento materno, il momento in cui ogni nostra necessità viene soddisfatta senza che sia necessario far nulla fuorché piangere, è il momento in cui la simbiosi con chi ci accudisce è assoluta, non siamo capaci di distinguere ciò che è io da ciò che è il corpo dell’adulto che ci accudisce. Abbiamo fame, sete, vogliamo dormire, essere coccolati oppure vogliamo giocare o essere cambiati e senza nessun altro sforzo che sia quello di agitarci scompostamente e piangere, otteniamo ciò che desideriamo, quello di cui abbiamo bisogno. Nel momento di massima dipendenza siamo quasi come degli dei, otteniamo pronta soddisfazione senza la necessità di affidare alle parole la nostra richiesta e solo con il movimento.
Crescere comporta però ripetere continuamente l’esperienza dell’essere incapaci, da soli, di soddisfare le nostre necessità, di essere fisicamente e psicologicamente inadatti a rispondere alle richieste dell’ambiente; crescendo ci scontriamo con i limiti che l’educazione pone al soddisfacimento del nostro piacere e con la frustrazione che deriva dai divieti morali e civili che la nostra società impone. Questo è il momento edipico, un momento fondamentale secondo Freud nello sviluppo psichico normale e in quello patologico dell’essere umano e per spiegarlo prende a prestito un altro mito di origine greca, quello di Edipo.
Questa volta a consultare l’indovino Tiresia sono il re Laio e sua moglie Giocasta, al quale pongono la stessa domanda che i genitori di Narciso posero all’augure: il loro primogenito vivrà sereno e abbastanza a lungo da godersi la vecchiaia? Sì, il bambino vivrà a lungo, abbastanza da invecchiare ma sarà causa di morte per il padre, è la risposta del veggente. I genitori sconvolti dalla profezia, decidono di uccidere il bambino, ma non essendo capaci di farlo affidano il neonato a un cacciatore, chiedendogli di abbandonarlo nel bosco così che muoia di fame e di freddo. Il cacciatore compassionevole non esegue però l’ordine del re, salva il bambino affidandolo alle cure di altri due genitori regali, senza figli, che lo accolgono con immensa gioia.
Una volta cresciuto, Edipo per dimostrare il suo valore di uomo e di futuro re, si mette in marcia, esercito a seguito, con l’intenzione di conquistarsi un proprio regno. Durante il cammino giunge dinnanzi ad una strettoia, all’altro capo della quale c’è Laio con il suo esercito in marcia. Nessuno dei due sa chi sia l’altro, ma entrambi sanno che il diritto di passaggio spetta a Laio in quanto re e in quanto anziano. Come sappiamo Edipo freme dalla voglia di mostrare le sue doti virili e i suoi talenti da guerriero così, invece di cedere il passo a Laio in rispetto alle leggi e agli dei, comanda al suo esercito di attaccare per imporre il suo diritto di passare per primo. Sarà proprio la sua spada ad uccidere il padre. Edipo trionfante e inconsapevole conquista il regno di Laio, sposa la madre e dall’unione dei due nascono ben quattro figli. Dei miti greci e delle leggende la cosa che più mi piace è che la verità anche se giace nascosta per anni e anni, trova sempre il modo di manifestarsi e una volta nota a tutti, la giustizia segue implacabile. Edipo venuto a conoscenza dell’orrida verità, si accecherà con le sue stesse mani e si costringerà a una vita in esilio vagando per strade sconosciute coperto di stracci.
Freud utilizza il mito di Edipo per spiegare un passaggio fondamentale della maturazione psichica durante il quale l’Io smette di trovare godimento in sé stesso e si rivolge all’ambiente, cerca di soddisfare i suoi bisogni nella relazione con i genitori, uno dei quali diventa l’oggetto del suo amore, l’altro diventa oggetto d’identificazione e d’imitazione, una sorta di ideale. Il primo atto costitutivo dell’Io come Essere in relazione con è una scelta d’amore e contemporaneamente è il desiderio di voler essere come quel modello in grado di possedere l’oggetto amato.
Il processo di identificazione è alla base del complesso edipico, il bambino s’identifica con l’oggetto amato che vuole per sé e con il quale non ammette distanza o separazione, ma s’identifica anche con il rivale in amore, l’altro genitore al quale vuole somigliare, che imita e che vorrebbe sostituire. L’identificazione è il primo legame emotivo che istauriamo con un’altra persona perché sia nell’innamoramento che nell’ammirazione tendiamo a emulare il comportamento delle persone amate e ammirate, in Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921) Freud dice che a volte l’Io copia la persona amata a volte quella non amata (quella ammirata) e che l’identificazione è immedesimazione, la stessa che utilizziamo per comprendere l’Io estraneo di altre persone, la stessa che sta alla base dell’empatia. L’Io dunque crea un legame emotivo identificandosi con il soggetto che ammira e dunque con ciò che vorrebbe essere oppure con l’oggetto e dunque con ciò che vorrebbe avere.
Il legame emotivo che si istaura mediante l’identificazione è ambivalente, tende all’avvicinamento e alla tenerezza con l’altro con cui ci si identifica ma allo stesso tempo tende all’allontanamento e a cercare di separarsi da questo. Le forme di relazione basate sull’identificazione sono forme primordiali di relazione, l’altro è vissuto come un oggetto, come qualcosa che si vuole avere interamente, o in parte appropriandosi dei suoi attributi, in questo aspetto predatorio e aggressivo risiede l’ambivalenza del legame.
Narciso vuole afferrarsi ed Edipo non vuole solo diventare re, vuole essere re come Laio, vuole il suo regno, il suo esercito e la sua regina.
“[L’identificazione] Si comporta come una propaggine della prima fase orale dell’organizzazione libidica nella quale l’oggetto bramato e apprezzato veniva incorporato durante il pasto e perciò distrutto in quanto tale. Come è noto il cannibale rimane fermo a tale stadio; egli ama i nemici che mangia e non mangia se non quelli che in qualche modo può amare.”
Tre saggi sulla teoria sessuale (1905)
È sempre Freud a parlare e sembra far eco al poeta che dal carcere di Reading canta:
“Troppo poco si ama, o troppo a lungo;
C’è chi vende l’amore e chi lo compra,
Chi commette il delitto lacrimando
E chi senza un sospiro:
Poiché ogni uomo uccide ciò che ama,
Ma non per questo ogni uomo muore.”
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Infatti a morire sono solo le donne che vengono divorate da uomini che amano solo sé stessi. I dati circolati dopo la morte di Giulia Tramontano, la giovane donna incita di sette mesi uccisa dal suo compagno, dicevano che in Italia 3 donne al giorno sono vittime di violenza e l’85% di loro muore uccisa da compagni, mariti, padri e figli, proprio da quegli uomini che le amano di quel tipo d’amore che le considera soltanto oggetti utili al loro nutrimento e al loro piacere. Ecco che tipo di amore è quello di ogni uomo che uccide ciò che ama, lo stesso tipo di amore in nome del quale chi mi stalkerizza giustificava la sua azione abusante nei miei confronti. In questi anni mi sono chiesta come potesse una persona, che mi ossessionava con la sua presenza sempre lì dov’ero io ad ascoltare ogni mio respiro, a guardare ogni mia azione, sempre pronto a sottolineare i miei gesti, gli eventi della mia vita con poesie d’amore, canzoni, articoli, sempre lì a ripetere le mie parole, i miei argomenti, a imitare i miei gesti, i miei modi di dire, che a ogni mio tentativo di liberarmi da questa sorveglianza globale rispondeva che sarebbe rimasto per sempre perché mi amava troppo, come può questo uomo non aver mai nemmeno tentato, di avere una relazione normale con me? Non aver mai cercato d’incontrarmi o di parlarmi per comunicare, non soltanto per ripetermi come un’eco infinita. In linea con Freud ritengo che la risposta stia proprio nella fame smodata e insaziabile dell’oralità, e nella violenza dell’identificazione come esporrò nel prossimo capitolo.
Adesso, dopo aver parlato di uomini, di miti e di parole ripetute, mi piacerebbe concludere con la storia di un personaggio femminile Eco, la ninfa ripetente, così come l’ho trovata nel libro di Christoph Ransmayr, Il mondo estremo.
La storia è ambientata agli estremi confini del mondo conosciuto, nella città di Tomi, sul Mar Nero, dove Ovidio fu esiliato e dove morì. Il protagonista è Cotta, amico del poeta, che aveva assistito al suo ultimo discorso pubblico a Roma prima dell’esilio. Cotta si reca nella città selvaggia perché vuole rintracciare le ultime tracce di Ovidio e delle Metamorfosi, muovendosi in un mondo in cui il mito si trasfigura in realtà. In questo romanzo Eco è una donna straniera, povera e sola, dalla pelle così chiara e delicata che se si espone al sole inizia a squamarsi e a decomporsi, per questo vive in una caverna in cima alla montagna. Eco è capace di discorrere di molte cose, sa molto e ha vissuto a servizio di Ovidio fino alla morte di quest’ultimo, ma a Tomi generalmente quando le rivolgono la parola si limita a ripetere le ultime parole di chi le ha parlato. Essendo una straniera, povera e donna, gli uomini della città ferrigna, si presentano di notte nella sua caverna e portando polli, stoffe, grano o farina pretendono di accoppiarsi con lei, lei per sopportare quei momenti, rimane in silenzio e immagina di trovarsi a passeggiare per sentieri di montagna. Cotta è l’unico a sapere che Eco non ripete soltanto parole, ma parla in modo tale da fargli venire il sospetto che Ovidio stesso possa aver scritto le  Metamorfosi ripetendo le storie ascoltate dalla donna. Nonostante questo, o forse proprio per questo, anche Cotta la violenta.
Roma, 12 giugno 2023 h 9.33 a. m. – 15 giugno 2023 h 3.05 p. m.
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🏰 Dopo una bella camminata in mezzo al bosco del monte Morrone, si può ammirare il castello Cantelmo, recentemente restaurato, dalla cui sommità è possibile ammirare un fantastico panorama ⛰️⛰️⛰️ Il castello Cantelmo si trova proprio alle pendici del monte Morrone al di sopra del centro storico di Popoli (il percorso parte proprio dal paese), in provincia di Pescara. In un'immersione tra natura e storia, merita sicuramente una visita se siete di passaggio, essendo anche piuttosto vicino alla città di Sulmona 🚗 🚅🚶 . Sony a7rII | LA-EA3 | Sony AF 70-400 F4-5.6 G SSM . #abruzzo #abruzzodascoprire #abruzzolovers #popoli #castle #castellocantelmo #panorama #forest #medieval #towers #geometries #landscape #landscapephotography #landscape_captures #paesaggio #AlphaLandscapeIT #comunedipopoli @comunedipopoli #MarioOttaviani (presso Popoli Il Castello) https://www.instagram.com/p/CpXRzv2M5If/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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casual-nonbinary · 1 year
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Neve
questo è un piccolo scritto fatto per una challenge che sto facendo con una mia amica, ma mi piaceva parecchio l'idea di pubblicarlo qui. non so se lo farò con altri testi. sono solo 682 parole, dai. consigliato mentre si ascolta "Sacro Bosco" di Anna von Hausswolff.
L’orologio batteva le 21, quando A. uscì da casa sua per prendere la legna. Era tornata al tramonto a casa dal villaggio, al confine di un grande bosco di betulle e al di là del fiume. Presa dalla preparazione della cena, non aveva avuto tempo di prendere della legna in più oltre a quella usata per accendere il fuoco del camino. La legnaia si trovata sul lato opposto della casa, di fronte agli alberi, ed un semplice tetto con sotto i ciocchi di legno già tagliati. A. caricò la carriola con quanta più legna possibile, e con fatica poi la mosse nella neve. Non aveva fatto uscire i suoi due cani, ma li sentiva abbaiare da dentro: erano entrambi alla finestra sul retro, e puntavano verso la foresta.
A. si voltò, ma non vide altro che il nero della notte che dominava tra il bianco candido dei tronchi e della neve. I cani continuavano ad abbaiare. La ragazza aguzzò la vista e, da dietro un albero, sbucò un cervo. Nonostante la luna calante e la poca luce, l’animale si vedeva benissimo, come se irradiasse luce. Era una luce bianca, fredda, simile a quella di una stella, e danzava come una fiamma nel camino. Il cervo osservava A., e si voltò poi verso il cuore del bosco. Ma dopo alcuni passi, si girò e tornò ad osservare la ragazza, come invitandola a seguirlo.
A., senza neanche riflettere, di puro istinto, lo seguì, con gli stessi occhi dei bambini quando osservano curiosi la fiamma della candela appena accesa danzare e sciogliere la cera. Camminava tra gli alberi, la neve cadeva di tanto in tanto dai rami spogli, forse mossa da qualche animale, ma per il resto regnava il silenzio. Il cervo si fermò di fronte a un piccolo ruscello, molto basso, ed anch’esso brillava ma di una luce più flebile. Ma A. non se ne accorse: era incantata dall’aspetto dell’animale, ora che era vicina. L’animale da lontano non sembrava tanto diverso, se non fosse per la pelliccia luminosa e bianca, ma sopra al collo non vi era carne, solo il cranio scarnificato e bianco come neve, e dentro alle cavità oculari vi erano due piccole fiammelle violacee. Le corna dell’animale erano anch’esse bianche come neve, la parte più luminosa del corpo, e sembravano formare due mani volte ad accogliere un dono dall’alto.
L’animale attraversò il corso d’acqua, sempre con un passo lento e regolare. La neve al suo passaggio si scioglieva e sotto i fiori crescevano in un’esplosione di colori. A. evitava di calpestarli, ma senza perdere di vista la creatura. Davanti a loro si aprì una radura, e la ragazza si chiese dove fossero, visto che conosceva quel bosco a menadito e mai aveva visto un posto così: al centro vi era un grande masso, coperto di rune e licheni, e tutt’attorno sulla neve era cosparsa della cenere a formare segni e figure. Sopra alla roccia, nuda, vi era una ragazza dai lunghi capelli biondi, la pelle di un bianco diafano, che osservava A. con gli occhi dello stesso colore delle fiamme della creatura. Come A. mise piede nella radura, la ragazza nuda scese con un balzo: nello stesso istante, il cervo scomparì, e sotto ai piedi di lei crebbero fiori. Da dietro di lei uscirono altre quattro donne nude, dai capelli rossi e la pelle pallida, con gli occhi di fiamme, e sulla testa delle corone di rami e fiori. Iniziarono a ballare, invitando A., e ad ogni passo la ragazza veniva spogliata di un indumento, ma non sentiva freddo. Prima che la sua coscienza potesse realizzarlo, stava anche lei ballando con una corona di rami attorno alla bionda nuda, mentre in cielo la luna era divenuta anch’essa violacea. Tutto attorno, migliaia di fuochi fati ruotavano e illuminavano la radura, mentre un antico canto riempiva il silenzio del bosco.
La mattina dopo, dal villaggio arrivò lo zio di A., preoccupato di non averla vista in bottega. La trovò distesa al limitare del bosco, la legna caduta a lato, e i capelli rossi sciolti e pieni di petali e rametti. Non respirava più.
Rosa Plautilla Artemisia B.
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