Tumgik
#Primo vero post!
goblinosophy · 6 months
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Non solo semplici Cartoni! - Animazione
In un tranquillo pomeriggio di qualche giorno fa mentre preparavo un caffè risanante, mi è capitato di avere un' insolita chiacchierata con uno dei miei parenti su un mediometraggio di animazione trasmesso in televisione proprio in quel momento: "Saludos Amigos", classico Disney del 1943!
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Inutile dire che ero in estasi! Dopotutto io adoro l'animazione, e non ho potuto fare a meno di intromettermi per sapere cosa ne pensasse. Insieme alla voglia sfrenata di raccontare alcuni piccoli dettagli su questa pellicola con un po' di fierezza personale. L' entusiasmo era eccessivo e per quanto la persona in questione amasse davvero i personaggi di Walt Disney, lo scambio di battute fra di noi fu breve e venni congedato abbastanza in fretta da una classica frase di chi non vuole saperne di subire delle info-dumping "Io so solo che sono cartoni animati di quando ero piccolo e mi basta solo questo" e andava bene così.
Ma io non demordo e ne parlo qui al meglio delle mie possibilità!
Con l'inizio della seconda guerra mondiale l'attenzione del mondo si concentrava in larga parte sugli eventi salienti degli scontri in Europa. Come è facile immaginare l'animazione della Disney non potette godere appieno dell'attenzione del mondo, rimanendo con pochissimi finanziatori disposti a investire nelle produzioni degli artisti di casa Disney di cui si interesso solamente il governo statunitense a preservare attraverso alcuni finanziamenti federali, destinati però a essere utilizzati alla produzione di corti di propaganda con soldati, armi o persino alcune guide su come il popolo americano poteva contribuire alla causa bellica.
Qui si ritorna al nostro topic iniziale. Con la produzione di Saludos Amigos (1943) si stava tentando di sfruttare appieno la popolarità dei personaggi dello studio di Hollywood in Sudamerica, decidendo così di impiegare la fama mondiale di Disney trasformandolo nell'ambasciatore ideale con cui era possibile saldare dei buoni rapporti diplomatici con i vicini degli statunitensi. Difatti quest'opera era anch'essa un progetto nato dal sostegno diretto del governo statunitense, seguendo così fedelmente l'idea politica del "buon vicinato" intrapresa in quegli anni dal presidente Delano Roosevelt (Good Neighboor policy) sosteneva l'idea che mantenere dei buoni rapporti con i paesi limitrofi potesse favorire il governo Americano riducendo al minimo le influenze esterne della Germania Nazista.
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La produzione dei 4 corti del mediometraggio furono il risultato di una vacanza di circa 2 mesi a cui partecipò lo stesso Walt Disney assieme ai suoi animatori. Viaggiando per l'America meridionale i dipendenti della Disney col tempo confezionarono un prodotto animato frutto diretto delle loro esperienze con la cultura locale trasmessa dalla gente del posto. Lo staff di artisti ha rappresentato i in modo personale i colori dei paesi visitati accompagnando lo spettatore attraverso un secondo viaggio riproposto per il pubblico, con un misto di sequenze dal vivo da una parte e dall'animazione dall'altra. Offrendoci interessanti incontri di culture con un Pippo che scopre il gaucho argentino o un Paperino in visita in Perù o quest'ultimo in visita a Rio de Janeiro per fare la conoscenza di un novello personaggio brasiliano conosciuto come il futuro amico José Carioca!
La storia di questi grandi lavori non smetterà mai di affascinarmi.
(Primo vero articolo çwç, accetto critiche costruttive volentieri!)
Fonti utilizzate
Articoli:
Dale Adams, Saludos Amigos: Hollywood and FDR's
Good Neighbor Policy, University of Texas, Austin, 2007.
Siti Web:
https://www.ilsollazzo.com/c/disney/scheda/SaludosAmigos
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libero-de-mente · 7 months
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4 ottobre 2023
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Scrivo sempre post leggeri, quasi sempre, a volte con pensieri cupi quando non sto bene, mi sono ripromesso di non entrare mai più nel bailamme dei commenti che riguardano politica, fatti di cronaca o altre questioni. Lo feci con il mio primo account, risultato? Bannato con ignominia.
Però...
Però a un certo punto qualcosa non riesci più a trattenerlo, come la goccia che un po' alla volta riempe un vaso e poi lo fa traboccare.
I social sono stati accolti come un mezzo di comunicazione tra la gente. Ci hanno sicuramente cambiato la vita e la stanno condizionando come nessuno si poteva immaginare.
Un piccolo potere tra le mani di chiunque di dire, fare e poi pubblicare qualsiasi cosa. Con device sempre più potenti e di conseguenza immagini e video più nitidi.
I social aiutano a denunciare fatti brutti o pericolosi per la gente, o mostrare posti e meraviglie del mondo.
Il difetto più evidente di questa connessione di massa resta, a mio avviso, il cervello delle persone. In particolare le opinioni che si partoriscono per ogni vicenda.
Un esempio, ieri sera poco dopo le 21:00 un autobus è precipitato da un tratto sopraelevato a Mestre. Subito il tam-tam delle notizie con persone che si sono precipitate sul posto filmando, anche dall'alto le scene strazianti di un autobus distrutto e delle urla della gente.
Non sono riuscito a guardarle, in tutta franchezza, ho sempre una sorta di riguardo e rispetto per queste cose. Non mi piace curiosare sulla sofferenza altrui. O sono lì sul posto che aiuto, oppure fare da umarell delle disgrazie altrui anche no.
Il difetto delle opinioni della gente dicevo, questa mattina dando una rapida occhiata sui social, in merito alla tragedia di Mestre leggo che
- Onore ai Vigili del Fuoco ITALIANI che hanno salvato vite umane
- Ringraziare i grande cuore degli EXTRACOMUNITARI intervenuti a soccorrere e salvare vite
- Le strutture, i guardrail, erano arrugginiti e vecchi. Indovinate chi amministra?
- Però i soldi per il ponte sullo stretto ci sono vero?
- Ah ah ah, poi dicono che da noi al Sud le strade fanno pena
- Malore per l'autista, era v4ccinat0?
- C'erano degli ucraini a bordo, c'è lo zampino di Putin
- Malore... dico solo questo non c'è correlazione. Pagliacci!
- Guardate i mio video fatto dopo pochi minuti, sentite la gente urlare? Mettete "Mi piace" e condividete!!!
- Dov'è il Governo?
- Bisogna tornare alla Lira, così si che abbiamo potere economico per sistemare le infrastrutture
Evito di andare oltre, ho già il mal di stomaco.
Capite che si strumentalizza tutto ai fini politici, ideologici? Di eterna guerra contro i nemici che esistono dall'altra parte delle barricate. quelle non fisiche a ideologiche e di opinioni che l'uomo in massa si è creato.
Per le vittime? Nessun pensiero?
Certo che ci sono, la stragrande maggioranza sono di politici e capi di stato italiani o europei, persino Ursula von der Leyen.
Poi ci sono utenti che postano il segno di lutto, o di una candela accesa ne buio, con scritto "Una preghiera per le vittime di Mestre". E fino a qui nulla di male, se non per il fatto che poi spesso aggiungono "scrivi Amen e fai girare".
Perché oggi uno degli sport preferiti è fare girare:
- Girare la testa dall'altra parte per non vedere
- Far girare le palle alla gente
- Far girare i propri post per aumentare a visibilità perché in molti di noi, nel profondo dell'anima, esiste un piccolo influencer che vuole farcela.
Ora mi fermo, non vi preoccupate tornerò quanto prima a scrivere scemenze come sempre e con leggerezza. Che la vita è pesante di per sé, almeno sui social sentiamoci leggeri.
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elperegrinodedios · 9 months
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Hai letto il messaggio nel messaggio. Hai capito e ben interpretato le pause tra le parole, i sospiri tra le righe e le emozioni tra le dita. Sei riuscita a capire il celato ma vero significato di sentimenti e pensieri nascosti fin dal primo istante. Ricordi: "Ho messo il mio primo like su quel tuo post, ma in realtà io volevo baciarti". Si, so che lo ricordi.
lan ✍️
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tulipanico · 8 months
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Il primo vero post scritto su questo blog penso fosse proprio dedicato al mese di settembre. Ora, è il 31 agosto, e io lo sento quel friccicore, quel vuoto allo stomaco che provocano gli inizi. Da persona che procastina, gli inizi che combaciano con date o eventi mi piacciono sempre molto. Voglio fare, magari inizio il. Ci provo dal. Non lo so, so solo che ora mi aspettano due viaggi, un evento con gente sconosciuta, un'operazione, un lavoro nuovo. Ho paura, perchè mi fa paura tutto ciò che è nuovo. Però, magari, è la volta buona per provare ad iniziare seno qualcosa di quello che vorrei.
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flavio-milani00 · 9 months
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Quando stiamo attraversando una fase di dolore, qualunque sia la causa, andiamo a scoprire nuovi tratti di noi stessi. Allo stesso tempo però comprendiamo anche qualcosa degli altri.
Noi siamo nel dolore, in difficoltà. Chi ci offre un sostegno? Chi invece se ne approfitta di questi nostro momento di debolezza per andare a colpirci? La sofferenza fa male, é vero, ma permette di fare mente chiara sull'effettivo valore di chi abbiamo a fianco e su quanto gli altri tengono a noi.
Fonte immagine: Amore (pagina FB)
Link all'interno del post in evidenza nel profilo per seguirmi sugli altri social e per acquistare il mio primo libro "Relazioni e interiorità".
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deathshallbenomore · 6 months
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ti prego facci un post-sfogo sul premierato. avrai la mia infinita gratitudine
ALLORA ECCOCI. ve lo buco davvero questo premierato?
intanto capiamo super brevemente il contesto: si parla di modificare la costituzione (per la procedura, art. 138) intervenendo sulla forma di governo, in particolare modificando gli articoli 92 e 94. la forma di governo è, in soldoni, il modo in cui il potere è suddiviso e organizzato all'interno dello stato; per intenderci, ché forse si fa prima: tra le forme di governo più intramontabili ci sono quella parlamentare (la nostra, quella britannica, nonché di moltissimi paesi europei e non solo), presidenziale (usa, molti paesi dell'america latina), semi-presidenziale (francia) [chiaramente si tratta solo di esempi, ce ne sarebbero molti altri e mi limito a quelli più emblematici, letteralmente "da manuale"]. ma ce ne sono altre varietà. il fil rouge che le collega è che tutti questi concetti esprimono in maniera molto diretta quale sia il "traino" dell'organizzazione del potere: nella fdg parlamentare c'è al centro l'organo rappresentativo. da noi attualmente il parlamento dà o meno la fiducia al governo, mentre nella forma di governo presidenziale il capo dello stato è molto più forte e non dipende dal parlamento, ma questo rapporto di forza apparentemente sbilanciato ritorna in pari con dei dovuti contrappesi, come l'impeachment. inoltre, e questo va detto per un po' di chiarezza in più, ciascuna forma di governo assume caratteristiche differenti: il parlamentarismo italiano, quello inglese, quello spagnolo e quello tedesco presentano delle differenze sostanziali tra di loro, e questo dipende da ragioni di evoluzione storica della forma di governo, dal fatto di essere monarchie/repubbliche, stati unitari/regionali/federali, scelte dei costituenti etc.
il punto è che non importa la forma di governo scelta, ma conta che il potere sia diviso in modo tale da essere esercitato senza pericolo di derive arbitrarie e autoritarie, e che questi limiti consistano in un sistema di pesi e contrappesi che garantiscano che ogni organo "controlli" (non arbitrariamente, ma secondo l’architettura costituzionale) l'altro, in modo da assicurare, globalmente, il corretto funzionamento delle istituzioni nel rispetto della costituzione. PERÒ è anche vero che la regola numero uno della comparazione giuridica ci insegna che, per una serie di fattori oltre il giuridico: sociali, storici, culturali..., i "trapianti giuridici" fatti a sproposito non vanno quasi mai a buon fine. pertanto, nella mia onesta e modesta opinione, il "premierato non fa per noi", perché concentra il potere e la legittimazione nelle mani non (solo) del governo, ma proprio del capo del governo, sminuendo il ruolo di garanzia del presidente della repubblica e, soprattutto, depotenziando il parlamento. da quello che abbiamo detto nel paragrafo precedente, infatti, evinciamo che "premierato" è quella forma di governo dove è il primo ministro/capo del governo/premier/presidente del consiglio (anche se ciascuno di questi termini ha accezioni un po' diverse) a rappresentare il centro nevralgico dell'organizzazione del potere.
torniamo quindi alla proposta di riforma costituzionale
L’articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente: (...) Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. (...) La legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri. (...) Il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio dei Ministri eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i Ministri.”
All’articolo 94 della Costituzione sono apportate le seguenti modifiche: A) Il terzo comma è sostituito dal seguente: “(...) il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche quest’ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere.”; B) dopo l’ultimo comma è aggiunto il seguente: “In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all'indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia. Qualora il Governo così nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio subentrante, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere.”
elezione diretta del presidente del consiglio: non solo costituzionalmente, ma anche simbolicamente, si concentra l'influenza su una sola persona
premio di maggioranza: si spera che in una eventuale nuova legge elettorale venga espressa una soglia minima, una percentuale di voti da raggiungere per ottenere un così significativo premio di maggioranza. altrimenti, se bastasse aver ottenuto anche un solo voto in più rispetto agli avversari, saremmo in odore di incostituzionalità
governabilità-rappresentatività: sono i due princìpi cardine quando si parla di forme di governo e democrazia. un certo livello di governabilità è necessario, ma è indispensabile, a monte, garantire la rappresentatività del sistema (sia intesa come rappresentazione dei partiti politici che ottengono seggi in parlamento, e questo lo si vede nel dibattito sui sistemi elettorali: maggioritario o proporzionale? proporzionale puro o con dei correttivi? ecc., sia come ruolo e centralità del parlamento a legislatura avviata). altrimenti che democrazia è, quasi letteralmente?
ruolo "notarile" del PdR, che si trova semplicemente a ratificare l'avvenuta elezione del PdC. ma questo sbilancia il rapporto tra poteri: oggi il capo dello stato nomina il presidente del consiglio a seguito di consultazioni, poi il PdC e il suo governo debbono ottenere la fiducia del parlamento. qui il rapporto si ribalta perché il presidente del consiglio si trova ad avere una maggiore legittimazione, popolare, rispetto al presidente della repubblica, che quindi deve nominare per forza il presidente del consiglio eletto
l'istituto della fiducia è centrale nel parlamentarismo, ma quasi paradossale in questo premierato: se il Parlamento non dà la fiducia al governo, c'è un cortocircuito: come può un parlamento non approvare la fiducia al governo il cui capo è eletto direttamente dal popolo? considerando anche che in caso di mancata fiducia anche al secondo tentativo, si attiva il meccanismo simul stabunt, simul cadent, e cioè che alla caduta (o mancata fiducia iniziale) del governo corrisponde anche lo scioglimento delle camere e il ritorno a elezioni (oggi non è così, e infatti abbiamo solitamente più governi per legislatura. in occasione di una crisi di governo, le camere vengono sciolte e si torna a votare solo se proprio non si riesce a formare un nuovo esecutivo)
e in generale il parlamento è come "in ostaggio", per certi versi, perché sa che per tutta la durata della legislatura una sfiducia al governo equivale allo scioglimento delle camere, e quindi sarà motivato a prestare sempre fiducia all'esecutivo, che, forte di questo e non necessariamente di particolari meriti politici, tenderà a durare di più, avendo in mano questa carta pronta a ricattare il parlamento
anche qui, attenzione al potere di scioglimento delle camere, che diventa più "funzionale" rispetto alla sua natura di prerogativa del capo dello stato mirata a garantire la costituzione e l'unità nazionale
cercherò di essere breve perché già da quanto ho detto si evincono il mio punto di vista e le mie preoccupazioni (così come quelle di tanti tecnici, quello che dico io non me lo invento di sana pianta, ma è il frutto di riflessioni che partono dal sentire gente più esperta di me). secondo me non è "il premierato" ad essere malvagio (anche se comunque non rientrerebbe mai nella mia top 3 forme di governo). piuttosto, è problematico questo modo di intenderlo, ed è preoccupante l'idea di adottarlo in italia, visti i precedenti storici e vista la tendenza costante alla personalizzazione della politica prima e del potere poi, promossa non solo dalla classe politica stessa, ma anche da una fetta assolutamente non irrilevante della popolazione.
chi sostiene una revisione costituzionale che vada in questa direzione, oltre ad apprezzare il boost di governabilità che ne deriverebbe, afferma anche che verrebbe dato molto più spazio alla sovranità popolare, per via della selezione diretta del capo del governo, ma io, personalmente, concordo con chi invece fa notare che, okay la scelta del presidente del consiglio, ma votare oggi e 1) non poter contare su una solida rappresentanza politica (il parlamento) per i successivi cinque anni, poiché quest'ultimo, per i meccanismi che abbiamo visto, sarebbe a) popolato da una maggioranza potenzialmente "gonfiata" (il problema è quanto) da un premio di maggioranza, e soprattutto b) sotto il ricatto dello scioglimento anticipato qualora mai osasse sfiduciare il governo, 2) trovarsi in un sistema in cui anche le altre garanzie, come quella rappresentata dal capo dello stato, sono messe a margine della scena politica, 3) avere a che fare con un esecutivo così potente, che quindi potrebbe promuovere chissà che politiche con molta più facilità (e già da anni, comunque, assistiamo a una iper-centralità dell'esecutivo, a danno del parlamento, che alle volte si esautora da sé lasciando l'iniziativa al governo) - ecco concordo con chi dice che tutto questo e molto altro non sono esattamente il massimo per una democrazia costituzionale che si rispetti
varie ed eventuali: l'attuale disegno di legge cost. promosso dal governo propone altresì 1) l'abrogazione della parte dell'articolo 59 relativa ai senatori a vita, impedendo di nominarne altri: rimarrebbero, a vita, quelli che ci sono già, ma poi la carica cesserebbe di esistere. salvo gli ex presidenti della repubblica che diventano di diritto senatori a vita, ma questo ha anche una funzione - indirettamente - di garanzia della "messa a riposo", se vogliamo, di chi ha già ricoperto la più alta carica dello stato; 2) la modifica dell'art. 88, in modo tale che non sia più possibile sciogliere una sola delle camere
precisazione grande come una casa: il discorso è molto molto ampio e non solo si potrebbe dire molto di più sul tema specifico, ma tutto quello che ho detto vale per i regimi democratici e vincolati da una costituzione efficace ed effettiva. le forme di governo esistono dappertutto, ma nei regimi NON democratici non è contemplato alcun sistema di pesi e contrappesi tra poteri e organi, così come viene negata la supremazia della costituzione (quindi la necessità che quest'ultima stabilisca precisi vincoli all'esercizio del potere). ad esempio l'attuale costituzione tunisina del 2022 delinea un iper-(semi, perchè un primo ministro c'è, ma 'nzomma)-presidenzialismo privo di garanzie costituzionali: un parlamento molto molto limitato, un governo assoggettato al presidente, una corte costituzionale (non ancora operativa) con pochissimi poteri e i cui membri, comunque, verrebbero scelti pescando dalle sfere più alte della magistratura - ma lì il presidente ci ha già piazzato altra gente scelta da lui, quindi di che garanzia costituzionale si tratterebbe?, e niente impeachment. quindi insomma, è già complicato quando si parla di democrazie costituzionali "solide" e basta, figuriamoci quando si esce dal seminato e si affrontano ordinamenti assai diversi ([…] nota metodologia che però non faccio perchè mi addormenterei da sola)
spero di essere stata utilmente esaustiva <3
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moonyvali · 1 year
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Il World Economic Forum lo ha detto chiaramente:
"Non POSSIEDERAI nulla e SARAI felice".
Bisogna quantomeno dargli atto dell'onestà intellettuale; non hanno detto infatti:
"Non POSSIEDEREMO nulla e SAREMO felici".
Per apprezzare fino in fondo lo straordinario pezzo che segue consiglio di tenere bene a mente due ambienti: da un lato le meravigliose case degli anziani di paese, che straripano di oggetti, foto di famiglia, ninnoli e cianfrusaglie; dall'altro le asettiche residenze minimali che tanto vanno di moda oggi, che somigliano più a Bed&Breakfast che ad abitazioni e che straripano di tecnologia ma sono prive di qualsiasi riferimento al passato o alla storia della famiglia.
Quando tutta la memoria sarà digitale, bastera un click per cancellare il passato e riscrivere la storia a piacimento.
Giorgio Bianchi
TUTTA COLPA DI FIGHT CLUB.
Di Lorenzo Vitelli.
La musica su Spotify. I film su Netflix. I documenti su Cloud. I libri su Kindle. L’enciclopedia su Wikipedia. Le foto su Instagram. Il lavoro su Drive. Il cibo su Glovo. Siamo nullatenenti. Affittuari di esperienze. E se vi dicessimo che la colpa è di Fight Club, un’apologia del post-capitalismo?
Fight Club, il film diretto da David Fincher e tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, ha segnato profondamente l’immaginario dei Millennials, la generazione che comprende i nati tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta. Interpretato dal riuscito binomio Norton-Pitt, il primo un impiegato mediocre, frustrato e insonne, e il secondo (in verità il suo doppelgänger) un carismatico e imprevedibile giovane kerouachiano a capo di un’organizzazione eco-terrorista, questo lungometraggio è uscito nelle sale statunitensi nel 1999, sul finire del secolo, quando qualcuno credeva che la storia fosse giunta al termine. Negli anni si è affermato come un vero e proprio cult movie, un contenitore simbolico da cui i Millennials hanno attinto citazioni e riferimenti anti-capitalisti, pose e stili di vita, poster e magliette, tanto che taluni hanno eletto il film a manifesto generazionale. Affresco schizofrenico della società tardocapitalistica il film offre una critica ridondante e fuori tempo massimo alla società dei consumi.
Si tratta di una critica all’americana della società americana, un’esplicita condanna all’accumulazione di oggetti, alla mercificazione del mondo, alla corsa ai consumi emulativi che caratterizza la classe media, in particolare i colletti bianchi, le masse impiegatizie e salariate incastrate nella gabbia trigonometrica casa-starbucks-ufficio e ritorno. A questa vita si contrappone il fight club, zona franca dell’escapismo selvaggio all’interno della metropoli. Un luogo dove si combatte a mani nude, senza regole, e che permette ai suoi adepti, quelli che si sono risvegliati dall’american dream – un risveglio che assomiglia all’effetto della red-pill di Matrix (film uscito nello stesso anno) – di riscoprire la cattività del loro essere interiore attraverso una violenza che diventa ricreativa e terapeutica, violenza redentrice che desta l’individuo dalla sua disforia esistenziale, rendendogli evidente l’asimmetria tra ciò che crede di essere e ciò che realmente è. In modo superficialmente nietzschiano, il film trasmette messaggi di questo tipo: “Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo!”. Stampata sulle magliette, tatuata sugli avambracci, utilizzata per citazioni fuori luogo sui propri profili Facebook è una frase che per assurdo oggi suona come un claim pubblicitario: “le cose che possiedi alla fine ti possiedono”. Una lezione, questa, che noi Millennial a quanto pare abbiamo introiettato alla perfezione, finendo poi per vederci costretti a metterla in pratica. Infatti non siamo più posseduti dalle cose che possediamo, perché non le possediamo più! Macchine, case, vestiti di marca, conti in banca in positivo sono prerogative che la nostra generazione non contempla. Nullatenenti, al massimo possiamo affittare esperienze: ascoltiamo musica e vediamo film in streaming, leggiamo libri su supporti virtuali, non acquistiamo più riviste né giornali, abitiamo case dormitorio per tempi sempre più ridotti, guidiamo macchine non nostre, lo smartworking ci ha privato persino di un ufficio in cui lavorare stabilmente. Le città testimoniano di questo mutamento: niente più negozi di dischi, biblioteche, cinema, teatri, niente più uffici e forse, a breve, neanche più scuole. Pur rimanendo professionalmente frustrati come il protagonista, stavolta non per colpa della vita impiegatizia ma della precarietà, ci atteggiamo a Tayler Durden quando accediamo al nostro fight club customizzato inserendo un nome utente e una password su una qualsiasi piattaforma digitale, dove non ci sono più oggetti a possederci (ma i contenuti cattura-attenzione prodotti da un algoritmo).
Fight Club perciò ci ha venduto come una forma ribellistica di liberazione dalla merce, l’esproprio che in realtà il post-capitalismo stava già mettendo in atto con il nostro tacito assenso. Interiorizzata tra i Millennials l’idea secondo cui “i beni che possiedi alla fine ti possiedono”, la nostra generazione si è rivelata un parterre perfetto, ideologicamente e antropologicamente restio all’accumulazione di oggetti, alla stabilità e alla vita borghese, a cui si potevano disinvoltamente vendere i nuovi prodotti fatti di byte, la cui immaterialità assicurava di non partecipare alla società dei consumi (come la si conosceva prima dell’avvento di internet), lasciando accedere i suoi membri al nascente mercato digitale privi di sensi di colpa ma con spirito da pionieri anti-sistema. Fight Club ha raccontato implicitamente un passaggio di consegne da un’architettura capitalistica a un’altra: il vecchio mondo fordista e industrializzato muore – come nell’epilogo del film in cui esplode la città – ma perché nulla cambi davvero. Fincher e Palahniuk hanno fornito ai Millennials un libretto di istruzioni per farla finita con il vecchio capitalismo dell’accumulazione, e una cartina per orientarsi nella geografia del nuovo mondo, hanno dato vita a una delle più riuscite apologie della società post-capitalista, insospettabilmente complice dello stile di vita anti-materico che nel frattempo la Apple aveva cominciato a pubblicizzare con il suo design buddhista e il suo comunismo light dello sharing. La Apple era già promotrice dell’abolizione degli oggetti, delle case vuote e minimaliste, di un certo nomadismo esistenziale, delle vite precarie ma customizzate. Come dice Ian Svenonius in Censura subito!!!: “Apple sprona alacremente la popolazione a liberarsi dei propri beni. La musica? Salvatela sul Cloud. I libri? Sul Cloud. I film, le riviste, i giornali, e la televisione devono essere tutti stoccati nell’etere, non per terra o in un armadio. È come vivere in un monastero modernista il cui culto è la Apple stessa”. E aggiunge: “Apple ha operato un rovesciamento del mondo che ha trasformato il possesso materiale in un simbolo di povertà, e l’assenza di beni in un indice di ricchezza e potere”.
Siamo dei nullatenenti, in definitiva, e ce ne vantiamo. Le cose intorno a noi stanno scomparendo. L’accumulazione di oggetti è diventata una pratica volgare e retrograda nonostante gli oggetti raccontino una storia, costellino i nostri ricordi. Gli oggetti erano, come dice sempre Svenonius, “dei ricettacoli di conoscenza, avevano un senso, erano totem di significato”, custodivano un sapere tramandato rispetto a quello sempre rinnovato, in costante aggiornamento virtuale, che troviamo online. Il fenomeno vintage testimonia la nostalgia per gli scaffali pieni di libri polverosi, i dischi accatastati, le videoteche e le dispense piene. Ma si tratta proprio di una posa in voga tra pochi privilegiati che conferma la tendenza della società a liberarsi degli oggetti, o comunque a dargli un’importanza sempre minore, a favore invece dell’esperienza connessa all’acquisto. Alla proprietà di qualcosa infatti, si preferisce fare l’esperienza di qualcosa: questo è diventato un mantra ormai banale tra gli startupper e gli esperti di marketing di tutto il mondo. La gente vuole fare cose, vuole condividere momenti, avventure, sensazioni, peripezie. È una rincorsa al consumo emulativo di attività esperienziali da rilanciare sui propri profili social. Siamo ancora la canticchiante e danzante merda del mondo, ma adesso non abbiamo neanche più degli oggetti dietro cui nasconderci. Vogliamo farlo sapere a tutti.
https://www.lintellettualedissidente.it/inattuali/tutta-colpa-di-fight-club/?fbclid=IwAR0x5vl4FC8oEg9lZV1UVoGoMc1CggtL7E-9IPBmDFksI_o1rASrFNUTA-4
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francyfan-bukowsky · 4 months
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JOHN MARTIN , l’editore che scopri e lancio Buk🖤wski……
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Cento dollari al mese per il resto della vita, per mollare il lavoro alle Poste e fare lo scrittore a tempo pieno. Nessuna noia, bega e seccatura con uffici stampa, reading e conferenze, o quasi. Alla distribuzione avrebbe pensato lui, la moglie Barbara avrebbe disegnato le copertine. Non ci volle molto a convincere Charles Bukowski, nel 1969, a partecipare all'impresa semifamiliare di John Martin: un atto temerario, un salto nel buio per entrambi. John si stava giocando un quarto delle sue entrate per mantenerlo e tentare una sfida dal cui esito sarebbe dipeso il loro futuro, ormai in condivisione. Per Charles non sarebbe stato facile rimettersi a bussare a 50 anni alle porte di magazzini, macelli e ditte di facchinaggio. Si dice che dietro ogni uomo di successo ci sia una grande donna (e viceversa). E questo è senz'altro vero per Bukowski, che s'accasò la sua Linda Lee dopo una lunga raccolta di Donne riassunte nel '78. Ma se oggi le frasi con cui lo scrittore americano semplicemente inframmezzava i dialoghi sono diventate aforismi stracondivisi in Rete, e se le case editrici continuano a raschiare il fondo dei cassetti delle stamberghe in cui ha soggiornato per pubblicare l'impubblicato, bisogna ringraziare un mite, sobrio, discreto ingegnere - perfino un po' bacchettone - che la sera, tornato a casa da lavoro, dopo aver cenato con moglie e figlia, si rilassava sul divano leggendo su riviste underground racconti border line che non riuscivano a vedere la luce della rilegatura. «Questo tizio è troppo bravo, non può continuare a uscire su questi giornalini amatoriali» pensava John. Finché una sera, 50 anni fa, la decisione: lasciare tutto e fondare la Black Sparrow Edition, solo per pubblicarlo. A consentirgli di realizzare il sogno, il ricavato del business messo in piedi a Los Angeles nel settore degli uffici e una maxi raccolta di prime edizioni di D.H. Lawrence, vendute alla UC Santa Barbara per 50mila dollari (era un appassionato collezionista di libri originali fin da quando aveva 20 anni). Prima di tutto però, toccava contattare il postino poeta.
«Non l'ho mai visto ubriaco» è il titolo choc di un’intervista di Jonathan Smith, l'unica mai tradotta in italiano, pubblicata online da Vice nel 2014. Per forza: i due si sono incontrati di persona una manciata di volte in tutta la loro carriera, sentendosi principalmente al telefono o scrivendosi. E in quelle occasioni, in cui bisognava parlare d'affari, Bukowski si faceva trovare evidentemente meno sbronzo del solito. L'amico ideale per il misantropo Charles, secondo cui il miglior dono che potesse fargli un fan era quello della sua assenza. Niente di più semplice, per cominciare, che prendere un po' di scritti sparsi e riordinarli in un diario. «Mi mandava il manoscritto man mano che lo scriveva, e dopo aver letto ogni capitolo dovevo sedermi, ricompormi e sperare che non fosse tutto vero - racconta in quell’intervista -. Credevo in lui quanto credevo in me stesso: una fede quasi religiosa, una cosa a cui non si può smettere di credere». Nacque così Taccuino di un vecchio porco (o sporcaccione, secondo le traduzioni), il primo vero libro di Bukowski. Fu preceduto da un piccolo opuscolo nel 66, True Story, pubblicato in appena 30 copie: una sorta di prova generale per amici e parenti. Convinto che avrebbe attirato più dei racconti, Martin si fece scrivere anche un romanzo da tenere di scorta: Post Office, in realtà un "concept" di disperate istantanee biografiche sul mortificante mestiere appena abbandonato. Potrà pubblicarlo con comodo due anni dopo: il successo del Taccuino sarà folgorante, almeno per le aspettative da cui erano partiti. Sarà sempre la moglie di Martin a escogitare anche l'originale impaginazione: il formato da 10x24 cm, più grande delle misure standard e adatto allo scaffale, divenne una nota distintiva della casa. Anche questo contribuì alla vittoria, immediata, della scommessa: quasi da subito il personaggio di Henry "Hank" Chinaski, detto "Gambe d'elefante", divenne il fenomeno letterario e culturale di livello mondiale, che ancora conosciamo. E il compenso passerà a 10mila dollari ogni due settimane.
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soldan56 · 9 months
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Mirko Campari
Sono Mirko Campari, il fratello di Azzurra Campari, la ragazza di 28 anni deceduta nel carcere di Torino venerdì scorso.
Purtroppo molti giornali stanno scrivendo parecchie cose non vere in alcuni dei loro articoli.
Ho provato a mandare delle email ad alcune testate per chiarire quali punti fossero imprecisi o totalmente errati, ma senza risultato: né rettifica, né risposta. Anzi, gli errori sono stati "copia/incollati" da una testata giornalistica all'altra e alcune menzogne stanno piano piano diventando "verità" (nel senso che si continua a divulgare il falso e sempre più gente lo scambia per vero).
Ritengo importante chiarire alcuni punti:
- Mia sorella Azzurra non era tossicodipendente. Mi sono chiesto come questa cosa fosse potuta saltare in mente a chi l'ha scritta, poi ho pensato che probabilmente lo hanno collegato al fatto che andasse al SERT. Bene, per chi non lo sapesse al Sert va anche chi ha alcune problematiche psicologiche non collegate all'utilizzo di droga/alcool et similia, ed era il caso di mia sorella. Inoltre, se davvero fosse stata tossicodipendente avrebbe potuto scontare la sua pena in una comunità di recupero e quindi non si sarebbe trovata in carcere
-Mia sorella non ha abbandonato l'istruzione, si era iscritta all'Ipc di Sanremo e ha lasciato al primo anno, ma in seguito ha ottenuto una qualifica di terza superiore presso Aesseffe a Sanremo
- Nostra madre Monica non fa la colf ma un altro lavoro
- Alcuni giornali dicono che nostra madre ha visto per l'ultima volta Azzurra in videochiamata, in realtà mia madre era stata in visita (di presenza quindi) nel carcere di Torino il 5 agosto
- Nostra madre, allo stato attuale delle cose, non ha parlato con nessun giornalista. Eppure, molti articoli menzionano addirittura dei virgolettati di frasi che nostra madre "avrebbe" pronunciato (...)
Ci sarebbero altri errori e imprecisioni da segnalare, ma per il momento mi vorrei fermare qua. Qualora dovessi cambiare idea o dovessero uscire fuori altre falsità aggiornerò il post
Grazie per chi vorrà condividere
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chez-mimich · 4 months
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WILL HERMES: “LOU REED RE DI NEW YORK” (parte I)
Cominciamo da un dubbio: le 771 pagine del possente libro di Wille Hermes, ci restituiscono un Lou Reed visto al microscopio. Un lavoro immane di ricostruzione, quasi maniacale, della vita di Reed, della sua sfera privata, dei rapporti con i Velvet Undergound e con Andy Warhol che può lasciare anche qualche dubbio. E' pur vero che Will Hermes, collaboratore della rivista "Rolling Stones" e del "New York Times", ha potuto lavorare sui materiali che la famiglia di Reed ha reso disponibili e che sono attualmente conservati presso la New York Public Library, ma nonostante questo è difficile credere ad una ricostruzione fedele al reale di dialoghi, confessioni, serate, atteggiamenti, persino rapporti intimi, come se la vita di Lou Reed si fosse svolta in una sorta di faraonico "Grande Fratello" che copra quasi settant'anni della sua vita.
Al di là di questa considerazione preliminare e del tutto personale, il libro di Hermes è oltremodo interessante e rivelatore di fatti e cirocostanze, atteggiamenti e convinzioni di questo gigante della controcultura Underground e della sua musica. Molto complesso anche sintetizzare in un post (di lunghezza accettabile), il succo dell'intero lavoro di Hermes. Certamente, dalla lettura, emerge un affascinante parallelismo tra la convulsa e maledetta vita di Lou Reed e il profilo di una città, New York City, che hanno riempito la scena della musica d'avanguardia, dell'arte, del cinema e del costume dalla metà degli anni Sessanta fino al Duemila e oltre. Del resto anche il titolo allude ad un regnante e al suo regno in maniera piuttosto inequivocabile. Ma ci sono anche altre storie che scorrono come fiumi carsici in questo volume e nella vita di Lou Reed e molti artisti della sua generazione: la storia della dipendenza dalla droghe e qualche volte dall'alcol di Reed e di moltissimi musicisti e addetti ai lavori della sua generazione e le rivendicazioni nascenti della “Queer Culture” che si affacciava massicciamente in quegli anni, soprattutto negli ambienti legati all’arte e alla musica. Lou Reed incontrò gli stupefacenti molto presto e non se ne liberò mai e Will Hermnes ne rende conto puntualmente, anzi con una precisione quasi maniacale a partire dagli anni della Syracuse University, dove Reed studiava giornalismo e dove ebbe il fondamentale incontro con lo scrittore Delmore Scwartz, anch’egli dipendente dall'alcol. Gli anni dell'università videro anche la nascita del suo primo gruppo musicale, "The Shades"; il secondo gruppo non ha bisogno di nessuna presentazione perchè si chiamava, come tutti sanno, "Velvet Undergorund", gruppo che paradossalmente, come sottolinea Hermes, non aveva alcuna possibilità di avere un pubblico di massa, benché figli della propria epoca e facenti parte di un panorama musicale dominato dal rock e dal pop in tutte le loro multiformi sfaccettature,perché erano troppo sofisticati per piacere a tutti, troppo cerebrali, troppo incuranti del pubblico. Un gruppo che già nel 1966 aveva una batterista donna, Maureen Tucker, non poteva andare lontano nel mondo maschilista della musica. Il libro indaga e descrive fin troppo dettagliatamente, come si diceva i rapporti di Reed con Sterling Morrison, Nico, John Cale. (Continua)
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lisia81 · 5 months
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Quiz 2023
Primo quiz per me: 55 drama più 3 droppati. All'attivo 1 Taiwanese, 2 thailandesi, 4 giapponesi, 10 koreani, 38 cinesi.
1) Il drama più bello che hai visto.
Faccio una premessa. Penso che la mia insana passione per Lighter&Princess sia oramai conosciuta in tutti i luoghi e in tutti i laghi. L'ho visto per la prima volta a Novembre - Dicembre 2022. Quest'anno l'ho rewatchato 3 volte. Ma prenderlo in considerazione mi sballerebbe il quiz. Per cui ho deciso di non considerare i drammi che ho rivisto.
La risposta a questa domanda è, a questo punto, scontata e facilissima. The Untamed. Credo che lo sconvolgimento, il malessere e il senso di abbandono che mi ha creato questa serie sia unico. Ha dei difetti innegabili alcune scenografie interne fanno rabbrividire e ancora mi chiedo perchè si siano inventati sta storia del metallo Yin CHE NELLA NOVEL NON ESISTE, ma, sostenuto anche da una trama complessa e intrigante, ci si può passare sopra con un carro armato. Il sorriso di Wei Wuxian quando si guarda con Lan Wangji è qualcosa di unico. E' bellezza. E' amore. Quello vero. Vieni catturato in un mondo. Il mondo della novel, il mondo dell'anime, il mondo di Xiao Zhan e Wang Yibo. E' un enorme calderone che risucchia dal 2019, continua ad essere alimentato e che continuerà a risucchiare e a far sognare. Mi chiedo ancora perchè Netflix si sia fatta il terribile autogol di non trasmetterlo in ogni paese in cui ha una piattaforma. Sono folli.
2) La storia d'amore che ti ha conquistato di più
Meet Yourself. La storia d'amore tra Hong Dou e Zhi Yao non è l'elemento centrale del drama. Il punto focale di questo storia è il vivere una vita felice, rilassata, godersela e cercare di realizzarsi anche cadendo. E' l'ammirare un paesaggio, un cibo, un momento tutto per se. Insomma respirare e fermarsi per essere felice di chi e di ciò che ci circonda. In questa comprensione del senso della vita i due protagonisti coltivano letteralmente il loro rapporto per 36 puntate su 40 totali, della serie te la fanno sudare. E ne nasce una storia vera fra due persone consapevoli. La dichiarazione di Zhi Yao in riva al lago è di una dolcezza unica. Sa che lei andrà via, non le chiede di rimanere, ma fa spezzare il cuore allo spettatore. Come finirà non ve lo dico, guardatevi il drama perchè merita.
3) Il drama che ti è piaciuto di meno
Fra quelli non droppati? Arrivano al fotofinish in 2. F4 Thailand e The Forbidden Flower. Ma alla fine vince il secondo. Il grosso problema di F4 Thailand è l'urlatrice pazza, ovvero la lead. E se mi rovini la lead di Hana Yori Dango, mi rovini mezzo drama. Però per il resto della storia e dei personaggi non è stata stravolta ed è stata ben contestualizzata. Forbidden Flower invece è un drama che veramente non so come faccia a piacere. Non lo consiglierei al mio peggior nemico. Se qualcuno vuole approfondire qua c'è il post, ma consiglio caldamente di non consideralo e basta.
4) una serie che meriterebbe un sequel
Ever Night. E non mi venite a dire che esiste. Lo so. Ma quello per me non è il seguito di Ever night. Voglio Ever night con Chen Feyu nei panni di Ning Quen e Meng Zi Yi nei panni della maniaca del Daonismo. L'urlatore dagli occhi a palla non è Ning Quen. Punto.
Il mio è un desiderio irrealizzabile e prima o poi cercherò il libro per soddisfare la mia curiosità.
5) Il personaggio preferito
Wei Wuxian in the Untamed. Come fai a non amare la sua simpatia, solarità, il suo amore per il giusto, accostata alle sue debolezze? è un personaggio a tutto tondo, pieno di sfacettature e complessità. Ma adorabile.
6) Il personaggio più odiato.
Gu Jian lo Shifu di Xiaofeng in Goodbye my princess. Ho visto personaggi uccidere, essere spietati, essere il male. Ho visto personaggi essere subdoli e intriganti, ergersi superiori a tutto e a tutti. Ma nessuno ha raggiunto il senso di irritazione o, per essere più esplicita, mi è stato sulle bxlle come lui. Credo che, quando il lead lo ha fatto trucidare da quella valanga di frecce, mi sia alzata dal divano a
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Rappresenta l'egocentrismo, il tradimento, la scorrettezza travestita da buonismo.
Pessimo, pessimo, pessimo.
7) L'ambientazione più brutta
Perchè non parliamo dell'ambientazione più bella, così Meet Yourself vince a mani basse? In quel villaggio nello Yumeng mi ci rinchiuderei anche domani.
Se parlo di ambientazioni brutte a parte la Tartaruga Xuan Wu in The Untamed che sembra un mix tra una balera e una stanza degli orrori di carta pesta nel parco dei divertimenti cittadino, altre ambientazioni al limite del brutto non ne vedo. Anche perchè nei drami moderni, e io vedo principalmente cinesi, tendono a farti vedere più il bello che il brutto.
8) Il finale più bello
Sarà che l'ho visto da poco, ma i due lead di Semantic error che si coccolano sul divano.La semplicià di quell'intreccio di mani. Finale semplice, dolcissimo naturale.
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9) Un attore e un attrice che ti sono piaciuti tantissimo
Dico la verità in alcuni drammi ho assistito a delle interpretazioni magistrali. Ma ho deciso alla fine di premiare, Soso grazie a quelle fenomenali pubblicità degli antiparassitari! Sono divertenti, geniali e uniche!
A parte gli scherzi, in She and her perfect Husband è stato grande. Mai mi sarei aspettato da lui un tale personaggio e una tale interpretazione. Xu Kai piace per quel suo sguardo che è un mix tra il cucciolotto e il bel guascone di paese a cui tutto si perdona. Lo metti a far quello e vinci facile. In questo drama interpreta un ragazzo che potrebbe essere un re della finanza, ma che ha vissuto un trauma e per questo si è chiuso lettarmente al di fuori della società. Vedi e vivi la sua angoscia attraverso il suo occhi. Il suo sguardo, quelle poche volte che fissa, sembra perso nel vuoto. La posatezza della voce e della gestualità, il dare sicurezza alla lead senza gesti eclatanti ma essendoci sempre con pacatezza sono quelli che il personaggio richiedeva e lui li fa benissimo. Il drama merita di essere visto anche solo per quel motivo m a in realtà ce ne sono molti altri.
Per quanto riguarda l'attrice Yu Shuxin. In Love Between fairy and devil regge lei 3/4 del drama. Mette in campo un personaggio, sfacettato, che attraversa tantissimi stati d'animo. E la sua interpretazione è sempre convincente. Che debba interpretare la dolce fata Orchidea, l'immortale che deve salvare il mondo o il demone supremo, lei c'è senza se e senza ma.
10) la morte di un personaggio che ancora non hai superato
Arsenal military Accademy. Ok il personaggio di Li wen Zhong è stato abbastanza stronzetto in alcune occasioni. Ma, bene o male si era redento. Essendo un film militare mi sta benissimo che venga ucciso il capitano Song Xi Chen, mi sta benissimo che venga ucciso il buon Huang Song. La Rowling e la sua mannaia hanno fatto scuola del resto. Ma che senso ha fargli conoscere la fioraia, farli innamorare per dopo 2 puntate farlo morire???? Mi spiace ma non lo digerisco.
11) La OST che ti è piaciuta di più
Long day di Chen Xueran tratta dal drama Our secret. Il drama è veramente bellino, il classico drama coccola di quando hai bisogno di impigiamarti, copertina e cioccolata calda. E' dolcissimo. Cmq nel bel mezzo è partita questa canzone e mi è venuto un restringimento allo stomaco, ho riconosciuto la voce e ho capito che era sua.. oltrettutto è in inglese per cui capibilissima. E niente la ho nella play list e ogni volta che l'ascolto mi fa lo stesso effetto. Se qualcuno è curioso gli metto il link.
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12) L'attore e attrice peggiori
Gina Jin. Rende pesante ogni personaggio che le ho visto interpretare. Dalla ex fidanzata di Yu Tu in You are my Glory, alla protagonista di Why Women Love. Questo è infatti uno dei tre drammi che ho droppato.
Jerry Chan nell’interpretare Xiao Han in Forbidden Flower. Wang Yibo ha insegnato che si può trasmette sentimento e stati d’animo anche senza parlare. Lui in questo dramma non parla ma mi ha fatto cadere anche quello che non ho.
13) Una serie che merita più conoscenza
Meet Yourself. Per come è strutturata, per la trama e la tipologia di drama diverso dal solito. Per il luoghi e i personaggi non banali. per la dolcezza della nonnina che tutti noi vorremo fosse la nostra nonnina.
14) Il momento che ti ha fatto saltare sulla sedia
Più che saltare, rotolare!!! Non sono una persona di facile sconvolgimento. Ma i due lead di Chijo no Kiss ti fanno morire con le loro interazioni, fantasie, comportamenti e doppi sensi. A ogni puntata sobbalzi perchè pensi: ma non può averlo detto o pensato veramente. E poi scoppi a ridere per l'assurdità del tutto.
15) Il protagonista maschile preferito.
Senza dubbio Vincenzo. Avere un Vincenzo, anche con un italiano stentato, ti risolverebbe ogni problema della vita. A parte gli scherzi, Vincenzo non è un bel personaggio. E' fosco, è crudele e spietato. Dovresti averne paura. Eppure non puoi non amarlo.
16) La storia d'amore che non ti è piaciuta
Moon Lovers: Scarlet heart Ryeo Me lo avevavano dipinto come un capolavoro capace di far scorrere litri di lacrime, ma a me personalmente non è piaciuto per nulla. Considero la relazione tra Wang So e Go Ha Jin ossessiva, egoistica e tossica. Per me è un no pieno.
17) Miglior bacio
In questa categoria the winner is: bacio su scrivania tra i due lead di The Lethal Man . La chimica tra i due è parecchio agguerrita. Ricordo che Fan Zhixhi ha 23 anni. Ha la presenza scenica di attori di 7-8 anni più grandi. Speriamo che nel 2024 gli diano un drama decente. Per quanto riguarda il drama.. ci fa conoscere la Nuova Prato e poi si affloscia come l’uomo letale.
18) Il drama che hai fatto fatica a finire
Non amo droppare i drami e se posso li porto a termine. King the Land ha delle parti carine, a volte divertenti ma come tanti prodotti Netflix dell'ultimo anno è parecchio banale. L'ho guardato mentre veniva messo in onda e sinceramente non ho mai avuto il desiderio ardente di sapere cosa sarebbe successo nella puntata dopo. C'è tanto di meglio in circolazione.
19) Scena d'azione migliore
Vincenzo è al 90% una scena d'azione. Ma quando torna a difendere il palazzo e i suo abitanti è boom!
20) Miglior Villain
Il manwhua della serie W. Durante la visione @dilebe06 lo abbiamo criticato come la peggior serie di volumi che potrebbe essere mai stata scritta. Per come ha caratterizzato i personaggi, per gli eventi sconnessi ecc.. Abbiamo cercato un cattivo della storia "sparando" un po sull'assissino che ogni tanto appariva e scompariva, il padre della lead, il politico corrotto. Ma alla fine il vero villain di tutta la storia è il manwhua stesso. Che ci fa vorticare per tutta la visione del drama gettando gli spettatori in confusione ed ansia e creando i veri ostacoli ai protagonisti. E per capirlo ci ho messo un bel po, visto quanto è subdolo e ben nascosto.
21) Il finale peggiore
Il premio se lo contendono in 3. Being a Hero, You are Desire e All That We Loved. Ma mentre per i primi due i registi avevano pensato a delle scene conclusive ed è solo Viki Rakuten che inspiegabilmente non ha voluto farcele vedere, All That We Loved ha un finale che lascia così. Si intuisce quello che il regista e lo sceneggiatore volevano dire, ma non si comprende il perchè. Sono sbagliati sia i rapporti che i tempi. Due amici così non possono passare tutti quegli anni prima che si rivedano. Specialmente con quello che è successo. Il drama a me è piaciuto parecchio.. poi gli ultimi 10 minuti..mi hanno lasciato parecchio amaro in bocca.
22) La protagonista femminile preferita
Qui Shin di She and her perfect husband. Qui Shin è una donna in carriera che ama tantissimo il suo lavoro. Che deve inventarsi un marito per poter avanzare nella professione, in un mondo, dove sono i maschi gli avvantaggiati. Perchè non importa quanto sia brava, le serve un marito. E allora non si arrende a questa situazione e la aggira inventandoselo. E' un personaggio che ha delle fragilità dovute alla situazione familiare dei genitori, ma che è forte, furba, astuta e non si fa scoraggiare da nulla. Ha dei valori morali alti quando si tratta di averli, li mette da parte quando è il contesto sbagliato perchè siano rispettati. E' ironica, spiritosa e a suo modo dolcissima.
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23) La scena o frase che ti è rimasta impressa
Mi è successo solo una volta con un drama che una frase mi colpisse così tanto da rimanere indelebile nella mia testa. Fa parte del mio modo di pensare e agire. La sento mia. Ma è di un drama che ho visto nel 2022. E che è un drama carino, ma non un pezzo da 90.
The Untamed è pieno di scene struggenti. La caduta di Wei Wuxian dal dirupo, il semi addio fra i due sotto quel diluvio da arca di Noè, all'ultima scena del drama. Una non saprei sceglierla.
Però questa domanda mi porta a fare una piccola riflessione: di tutto questo po pof di drama che ho visto, quelli che vi direi assolutamente di non perdervi, si contano forse sulle dita di una mano. E che mai come quest'anno le recensioni dei vari forum mi hanno dato delle cantonate bestiali.
24) Il villain peggiore
Il Principe Long Quin di Ever night, Si crede un eletto e crolla la prima volta che trova un avversario degno di questo nome. E' innamorato della maniaca dei fiori, ma la molla appena si vede imperfetto. Non fa un minimo di autoanalisi su se stesso, mai! si commisera e basta. Fetecchione a livello totale.
25) Una bromance spettacolare
Vabbè ho eletto the Untamed miglior drama, quale sarà mai la bromance più spettacolare?!
25 BIS) L'anno scorso la sfida era vedere:
Un cdrama storico o wuxia
Un drama tratto da un libro/novel/manga/webcomic
Un drama che ha vinto almeno un premio
Riuscita riuscita! Se avete letto le domande sopra sapete già che è così. Per quanto riguarda i premi.. sinceramente non sto a guardare cosa una drama ha vinto e cosa no. Però qualche giorno fa mi è comparso in bacheca che The Youth Memories ha vinto il premio come miglior dramma popolare dell'anno. E sarebbe anche un bel drama, peccato per giusto quel filino di propaganda di troppo ........ .......................................................
Comunque porto a casa anche questa risposta!
La sfida di quest'anno è di vedersi un drama/film co-prodotto o con attori (principali) di due o più paesi, entro la fine del 2024. Dite che è fattibile? XD
Non esce la seconda staguione di One Piece????
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fridagentileschi · 9 months
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IL VERO '68: JAN PALACH, QUELLA TORCIA UMANA CHE 50 ANNI FA BRUCIO' NEL CUORE DI PRAGA
Jan Palach, lo studente di Praga che 50 anni fa si immolò in piazza per protestare contro la brutale invasione sovietica della Cecoslovacchia (21 agosto 1968), è senza dubbio uno dei personaggi che più è entrato nella coscienza dell’Europa post bellica, colpendo l’immaginario soprattutto dei giovani, in quegli anni impegnati nelle contestazioni globali contro una società che consideravano vecchia e sorpassata. Mentre Jan Palach manifestava per la liberta' dall'Unione Sovietica. Oggi a piazza San Venceslao, luogo del suo martirio, una lapide sempre adorna di fiori lo ricorda, e in tutta Europa ci sono migliaia di strade e piazze dedicate alla sua memoria. A Roma, ad esempio, la “sua” piazza è al Villaggio Olimpico, al Flaminio, e ogni anno molti giovani vanno a deporre una corona di fiori per ricordarne il gesto estremo di protesta per la libertà, gesto a cui seguì nei mesi successivi, quello analogo di altri sei giovani, purtroppo non passati alla storia come lui. Quello che colpì fu la sua maniera di uccidersi, dandosi fuoco pubblicamente come facevano – e fanno – certi monaci orientali. Oggi in Tibet sono centinaia i monaci che si sono bruciati per attirare l’attenzione del mondo sulla repressione comunista cinese, così come ieri i giovani cecoslovacchi intendevano denunciare il comunismo sovietico. Dopo la morte di Jan Palach, si tentò di nasconderne il significato in due modi: da una parte, quella della cosiddetta Europa libera, i giornali indagarono sulla personalità un po’ triste e malinconica di uno studente di filosofia che si intendeva far passare per uno squilibrato. Ma il tentativo fallì. Sul fronte interno, quello dei Paesi prigionieri nell’area Comecon, ossia quelli del Patto di Varsavia, soggetti all’Urss, addirittura la notizia non venne data e in Cecoslovacchia il corpo di Palach fu sepolto sotto falso nome in un angolo del cimitero praghese. Dovranno passare vent’anni, ossia fino al 1989, prima che Jan Palach possa avere una tomba “vera” e ufficiale. Adesso, passata la dittatura, le autorità ceche stanno anche pensando di fare della sua casa un museo: il Parlamento ceco ha di recente approvato lo stanziamento di 240.000 euro per restaurare la casa del padre a Vsetaty, nord di Praga. Si ipotizza anche di ristrutturare la pasticceria del padre, ubicata nello stesso immobile, che gli fu espropriata dal regime comunista negli anni ’50. «L’obbiettivo è conservare la memoria di Palach, cresciuto in questa casa, onorare il suo sacrificio, mostrare l’alto senso morale e il patriottismo di questo giovane e incoraggiare la gente a non essere indifferente dinanzi a ciò che accade nella società», spiega Jan Poukar, fondatore dell’associazione “Nazione Estinta” che si adopera da due anni per il museo nella casa vuota e malridotta dei Palach. Dentro dovrebbe essere sistemata la camera di Palach e allestita in altre stanze una mostra audiovisiva per documentare il clima opprimente dell’epoca. Jan Palach era nato l’11 agosto 1948 – anno dell’arrivo al potere del regime comunista con un colpo di stato – a Vsetaty, dove trascorse l’infanzia e la gioventù, fino a quando, a 19 anni, iniziò gli studi di lettere all’ Università Carlo a Praga. Oggi molti lo ricordano, ma nel 1970 il primo artista a cantarlo fu Francesco Guccini, nella sua “Primavera di Praga”. Il gruppo musicale alternativo La Compagnia dell’Anello gli ha dedicato negli anni Settanta la canzone “Jan Palach” e più recentemente il cantautore milanese Skoll ha scritto sulla Primavera cecoslovacca la bellissima “Le fate di Praga”.
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kneedeepincynade · 6 months
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Iran strategic role in the region is neded for the axis of resistance and to fight the Zionist monster
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
🥰 真正的多边主义 | RAFFORZARE IL PARTENARIATO STRATEGICO TRA CINA E IRAN, PER PROMUOVERE UN MAGGIORE COORDINAMENTO NEGLI AFFARI REGIONALI ED INTERNAZIONALI 😘
☑️ A margine della 22ª Riunione del Consiglio dei Capi di Governo dei Paesi dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, si è tenuto un Incontro tra il Compagno Li Qiang - Primo Ministro della Repubblica Popolare Cinese, e Mohammad Mokhber - Vice-Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran 🇮🇷
🇨🇳 Negli ultimi cinquant'anni, ha dichiarato Li Qiang, i Rapporti tra Cina e Iran hanno resistito a tempeste e nubi, e si sono sviluppati con costanza 🌱
🇮🇷 A febbraio di quest'anno, Ebrahim Raisi - Presidente della Repubblica Islamica dell'Iran, si è recato a Pechino, e qui i due Capi di Stato hanno rafforzato le Relazioni Sino-Iraniane, rilasciando un'importante Dichiarazione Congiunta, trattata da Collettivo Shaoshan in cinque parti:
一 Questioni Politiche 🤝
二 Sicurezza, Difesa e Cooperazione Militare 🤝
三 Economia e Commercio 📊
四 Istruzione e Cultura 📚
五 Questioni Regionali e Internazionali 🌐
🇨🇳 La Cina, ha ricordato Li Qiang, continuerà - come in passato, a sostenere fermamente la Repubblica Islamica dell'Iran nella salvaguardia della propria Sovranità, Integrità Territoriale e Dignità Nazionale, e si opporrà risolutamente a qualsiasi forza esterna che tenterà di interferire negli Affari Interni dell'Iran 🤝
🐲 Cina e Iran sono nazioni antiche, la cui Amicizia è forgiata dall'Antica Via della Seta. Legandosi al Glorioso Passato dell'Antica Via della Seta, i due Paesi dovrebbero promuovere la costruzione della 一带一路 - Nuova Via della Seta, rafforzando la Cooperazione a Mutuo Vantaggio (合作共赢) 🤝
🇨🇳 La Cina, inoltre, è disposta a rafforzare la Comunicazione e il Coordinamento con l'Iran nei meccanismi multilaterali, tra cui 上海合作组织 - l'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, BRICS e Nazioni Unite, per promuovere la costruzione di un Vero Multilateralismo (真正的多边主义) e salvaguardare gli Interessi Comuni dei Paesi in Via di Sviluppo 🤝
🌳 獨木不成林單弦不成音 | Più alberi creano una foresta, Futuro Condiviso per i Paesi in Via di Sviluppo 🥰
💬 I due Paesi, ad esempio, sono in stretto coordinamento nell'ambito della Questione della Palestina, e - nonostante alcune differenze di visione che l'Iran ha rispetto a Cina e Russia, i tre Paesi continuano a rafforzare il Dialogo e a promuovere l'Istituzione di uno Stato di Palestina, che sia indipendente e sovrano 🇵🇸
🇮�� Il Vice-Presidente Mokhber ha dichiarato che la Cina è un partner strategico dell'Iran, e che l'Amicizia tra i due Paesi ha una storia lunga 💕
🤝 I due Paesi sono legati dall'Accordo di Cooperazione Strategica di 25 Anni, e il Vice-Presidente Iraniano ha affermato che vi sono numerose aree per la Cooperazione Sino-Iraniana 📊
📊 Attualmente, il Volume degli Scambi tra Cina e Iran ammonta a ~ 30 Miliardi USD all'anno, e i due Paesi continueranno a promuovere l'utilizzo delle proprie valute, evitando il dollaro, per facilitare le relazioni commerciali 🤝
🇮🇷 L'Iran è grato per l'aiuto che la Cina ha fornito alla Repubblica Islamica nell'ambito dello Sviluppo Economico e Sociale, desidera costruire la Nuova Via della Seta con la Cina, rafforzare la connettività e la Cooperazione a Mutuo Vantaggio con la Cina e approfondire la collaborazione nei meccanismi multilaterali 🤝
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🥰 真正的多边主义 | STRENGTHEN THE STRATEGIC PARTNERSHIP BETWEEN CHINA AND IRAN, TO PROMOTE GREATER COORDINATION IN REGIONAL AND INTERNATIONAL AFFAIRS 😘
☑️ On the sidelines of the 22nd Meeting of the Council of Heads of Government of the Countries of the Shanghai Cooperation Organization, a Meeting was held between Comrade Li Qiang - Prime Minister of the People's Republic of China, and Mohammad Mokhber - Vice-President of the Republic Islamic of Iran 🇮🇷
🇨🇳 Over the last fifty years, declared Li Qiang, relations between China and Iran have withstood storms and clouds, and have developed steadily 🌱
🇮🇷In February this year, Ebrahim Raisi - President of the Islamic Republic of Iran, went to Beijing, and here the two Heads of State strengthened Sino-Iranian Relations, releasing an important Joint Declaration, addressed by Five-part Shaoshan Collective:
一 Political Issues 🤝
二 Security, Defense and Military Cooperation 🤝
三 Economy and Commerce 📊
四 Education and Culture 📚
五 Regional and International Issues 🌐
🇨🇳 China, Li Qiang reminded will continue - as in the past, to firmly support the Islamic Republic of Iran in safeguarding its Sovereignty, Territorial Integrity and National Dignity, and will resolutely oppose any external force that attempts to interfere in Internal Affairs of Iran 🤝
🐲 China and Iran are ancient nations, whose Friendship is forged by the Ancient Silk Road. By binding themselves to the Glorious Past of the Ancient Silk Road, the two countries should promote the construction of the 一带一路 - New Silk Road, strengthening Mutual Benefit Cooperation (合作共赢) 🤝
🇨🇳 China is also willing to strengthen communication and coordination with Iran in multilateral mechanisms, including 上海合作组织 - the Shanghai Cooperation Organization, BRICS and the United Nations, to promote the construction of a True Multilateralism (真正的多边主义) and safeguarding the common interests of developing countries 🤝
🌳 獨木不成林單弦不成音 | More trees create a forest, Shared Future for Developing Countries 🥰
💬 The two countries, for example, are in close coordination in the context of the Palestine issue, and - despite some differences in vision that Iran has compared to China and Russia, the three countries continue to strengthen the dialogue and promote Establishment of a State of Palestine, which is independent and sovereign 🇵🇸
🇮🇷Vice-President Mokhber declared that China is a strategic partner of Iran, and that the friendship between the two countries has a long history 💕
🤝 The two countries are linked by the 25-Year Strategic Cooperation Agreement, and the Iranian Vice-President said that there are numerous areas for Sino-Iranian Cooperation 📊
📊 Currently, the Trade Volume between China and Iran amounts to ~30 Billion USD per year, and the two countries will continue to promote the use of their own currencies, avoiding the dollar, to facilitate trade relations 🤝
🇮🇷 Iran is grateful for the help China has provided to the Islamic Republic in the field of Economic and Social Development, wishes to build the New Silk Road with China, strengthen connectivity and mutual benefit cooperation with China and deepen collaboration in multilateral mechanisms 🤝
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itisanage · 7 months
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Perché non viene esercitata la misericordia? Eppure è un attributo importante di Dio. Lo stesso Dio pantocratore, vale a dire Colui che possiede non tanto tutta la forza del mondo, e la esercita, bensì la superiorità e ogni preminenza possibile, più volte nella Bibbia si ferma di fronte alla possibilità di colpire e distruggere il popolo che lo ha tradito o che non l’ha ascoltato. Per i Greci era Zeus a conferire, come e quando voleva, il krátos a una delle armate in lotta. Una superiorità che mutava secondo gli umori del dio. Ma lungi dall’essere confinata alla guerra la superiorità è anche una manifestazione del potere esercitato dal re, dal capo, dall’eroe. Il trionfo, il vantaggio che si trasforma in vero esercizio del potere deve sapersi fermare, deve sapersi arrestare. Certo l’esercizio del potere è caratterizzato da un certo progressivo indurimento, un rapprendersi della violenza nel dominio temporalmente più lungo possibile. L’uso che la cultura greca-omerica fa di queste due accezioni – in realtà molto più di due – del krátos, almeno come le spiega Emile Benveniste, è molteplice e si allunga in epoca post-omerica a fornire lemmi a profusione al vocabolario politico occidentale. Il Dio di misericordia rompe con il Dio degli eserciti, anche quando appare nelle “mandorle” bizantine come il Pantocratore. Perché non si riesce più a tener conto di questa rottura? Perché si è regrediti a Omero? Forse addirittura a prima, perché neppure si prende in considerazione la differenza che già la grecità manteneva circa l’uso del krátos! Scrive Benveniste citando la Costituzione di Sparta: “mentre gli altri Greci ammorbidiscono i piedi dei loro bambini calzandoli, gli Spartiati induriscono (kratúnousi) i piedi dei loro, facendoli camminare a piedi nudi”. O rivestiti di acciaio, come i carri armati Merkavah? Nel primo capitolo del profeta Ezechiele, Merkavah è il carro di Dio, dalla cui visione sono nate infinite speculazioni esoteriche, Ma‘aśeh Merkavah e nella tradizione talmudica l’Hekalot. Lo dico da lettore, e solo da lettore quale sono, ma la polarità Atene Gerusalemme rischia di trasformarsi in una ben più terribile Gerusalemme Sparta.
P.S. Misericordia e perdono non stanno perfettamente insieme, ma entrambi possono essere esercitati solo da chi ha forza d’animo. Il perdono di chi vince e quindi perdona chi l’ha costretto a vincere, vale a dire a usare la forza e a conservarla; la misericordia di chi avendo vinto riconosce la sconfitta dell’altro un po’ come la propria, perché ogni vittoria ottenuta con la violenza testimonia non solo della forza ma anche del cedimento alla malvagità altrui.
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automatismascrive · 1 year
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Appunti di genere I: Wraeththu
(Sì, il blog vive ancora. Il ritmo è calato molto per un mix di mancanza di cose da segnalare e vicende nella vita vera.)
Come ho già segnalato in altri post, sono una grande appassionata di New Weird. È stata in effetti questa passione piuttosto precoce che mi ha convinto a dare una chance alla lettura in inglese durante i primi anni delle superiori, visto che la probabilità di trovare qualche libro appartenente ad un sottogenere del fantasy diverso dagli high fantasy di stampo tolkeniano (stampo di qualità perlomeno altalenante, mi tocca aggiungere) in una qualunque libreria in Italia era molto bassa: il primo libro che lessi così fu The Year of Our War di Swainston, che cementò la sicurezza che questo genere fosse stato pensato proprio per chi come me era ossessionata dal leggere di cose che non avrebbe mai potuto immaginare da sola e vederle prendere vita con una minuzia e una precisione straordinarie. Poi Swainston scrisse, ahimè, anche altri libri, ma ormai lanciatissima iniziai a leggere quasi tutta la narrativa fantastica che mi interessava in inglese.
Vabbè, momento nostalgia a parte, anche se tra la Trilogia dell’Area X e qualche libro del Bas-Lag di Miéville qualcosa si è mosso, ci sono ancora tantissimi autori recenti che rimangono lontani dal fare il loro debutto sugli scaffali delle librerie nostrane, ma per il consiglio di oggi ci tenevo a segnalare la serie di un’autrice che è a tutti gli effetti una delle madrine (se non LA madrina) di questo sottogenere e che ha ancora meno chance di altri di arrivare anche qua in Italia: la trilogia Wraeththu di Storm Constantine, pubblicata tra il 1987 e il 1989 e tutt’ora inedita in Italia. Nonostante non mi informi spesso sul background di un autore prima di dargli una chance, qualche notizia su Storm Constantine mi ha convinto che si trattava di un tipo interessante: intanto perché quello è il suo vero nome, cambiato all’anagrafe dopo anni di pubblicazioni sotto pseudonimo, e poi perché da tutto quello che ha fatto in vita, dal sostegno alle fanfiction delle sue opere alla gestione di siti e wiki dedicati ai suoi mondi fantastici, traspare un genuino amore per i fan e un’idea della scrittura come atto comunitario che è relativamente peculiare tra gli autori che leggo. La stessa premessa della serie di cui volevo scrivere oggi – che una razza priva di genere, bellissima e letale, rimpiazzi a poco a poco gli umani – deriva dai look androgini delle band che frequentava in gioventù; senza ulteriori indugi, dunque, le mie impressioni su una serie che fa tante cose in modo mediocre o addirittura pessimo, ma che ne fa almeno altrettante in maniera interessante.
Come specificavo appena sopra, la trilogia di Wraeththu parte dall’idea che alle periferie di una civiltà umana ormai in lento declino si sviluppi una mutazione, inizialmente circoscritta a pochi individui, che ne modifichi il corpo e i sensi in maniera talmente radicale da creare una nuova specie: i Wraeththu, persone dotate di organi femminili e maschili, androgini d’aspetto e incredibilmente forti e resistenti, con abilità magiche e occulte che permettono loro di utilizzare telepatia, piromanzia e altri incantesimi molto più oscuri; l’intera trilogia è incentrata sul lento percorso che i Wraeththu compiono per ereditare la Terra – dai rapimenti di adolescenti dalle famiglie nelle periferie per trasformarli, alle guerre brutali condotte sotto il segno della conquista, fino ai tentativi di convivenza con quegli umani che si ostinano a non voler cedere il passo a questa razza che è chiaramente migliore di loro sotto tutti gli aspetti. Giusto?
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La copertina della raccolta di tutti e tre i libri. L’influenza punk è piuttosto evidente.
È rimarchevole il fatto che tutti e tre i libri si svolgano in momenti dell’avanzata molto diversi tra loro, e che lascino impressioni assai differenti sui Wraeththu coinvolti nelle vicende raccontate: il primo libro, The Enchantments of Flesh and Spirit, segue i viaggi di Pellaz, ragazzo fuggito assieme al Wraeththu Cal e iniziato rapidamente in un mondo fatto di piccole tribù sparse, che sono tutte più o meno apertamente ostili agli uomini ma che raramente hanno la forza di opporsi alle città più grandi e ben organizzate; sopravvivono grazie a fragili reti commerciali, furti e saccheggi e l’occasionale zuffa con gli abitanti delle zone isolate in cui gli uomini stanno iniziando a temere questa massa di guerrieri che hanno al loro fianco sciamani con strani poteri e una resistenza sovrumana. L’ultimo libro, che ha per protagonista Cal e il suo compagno di viaggi Panthera, dettaglia invece grandi insediamenti con culti, tradizioni e strutture sociali proprie e una società largamente abituata a considerare normalità tutte quelle caratteristiche Wraeththu che erano aliene o disturbanti ai Wraeththu stessi durante i primi anni delle loro trasformazioni; il risultato è effettivamente una cronaca dell’ascesa al potere di una nuova specie, che si trova a confrontarsi con due quesiti fondamentali che ne segnano l’intero percorso: che cosa dobbiamo fare dei nostri corpi ora che non esiste più alcuna differenza tra uomini e donne? E se siamo davvero così superiori agli uomini, saremo in grado di costruire qualcosa di meglio di quello che hanno fatto loro?
La risposta – anzi, le risposte – alla prima domanda è sicuramente uno dei motivi per cui ho deciso di parlare sul blog di questa trilogia, nonostante i suoi numerosi difetti. I Wraeththu sono a tutti gli effetti descritti come una razza che nasce dall’unione di aspetti maschili e femminili: senza peli, privi di seno e con genitali sia maschili che femminili (espressione imprecisa ma comprensibile, data l’età del testo), sono il ritratto di una bellezza androgina, a tratti anche un po’ patinata e occasionalmente perfino un filo ridicola, considerando quanto tempo i personaggi indugiano ad ammirarsi allo specchio e reciprocamente. Ma se si scrosta un po’ la patina da belli maledetti che evoca il minaccioso spettro di Twilight è evidente che l’interesse di Constantine è ben distante da quello di creare una nuova specie di Gary Stu (si dice ancora Gary Stu? Mi sento anziana) su cui far beare inesistenti schiere di fangirl, ma è piuttosto un modo di esplorare la psiche di un mucchio di giovani adolescenti che si trovano di punto in bianco in un corpo che è molto lontano dalla mascolinità che avrebbero dovuto raggiungere con la fine della pubertà.
Sì, perché la particolarità della mutazione che tramuta gli umani in Wraeththu è che sembra essere una mutazione esclusivamente maschile: i tentativi di trasmutare le donne falliscono tutti, e non incontriamo un solo Wraeththu che dichiari di essere stata una ragazza; il risultato è che, sebbene i Wraeththu siano a tutti gli effetti “l’unione di principi maschili e femminili”, il risultato della trasformazione che inizia a infettare le periferie è quello di un branco di giovani confusi che ragionano esattamente come ragionavano da ragazzi e faticano a lasciar andare quelle dinamiche di genere che caratterizzavano tutti i loro rapporti, compresi quelli sessuali. L’esempio più evidente fin dal primo libro è quello di Cal: un ragazzo gay spaventato dalle donne che da Wraeththu non riesce a scrollarsi di dosso quei rigidi ruoli che avevano caratterizzato le sue relazioni fino al momento della trasformazione e che ripropone in tutte le sue relazioni le stesse dinamiche di sottomissione e dominazione che aveva vissuto durante la sua vita umana.
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C’è anche un ttrpg! Non l’ho provato, anche perché credo sia quasi impossibile da reperire, ma giocare con quest’ambientazione dev’essere molto divertente.
Alcune delle pagine più belle sono dedicate ai rapporti tra i Wraeththu e le donne. Alcune di loro, affascinate dai Wraeththu e spesso un po’ invidiose di quella trasformazione che ha cambiato gli uomini da loro signori e padroni nella società maschilista in cui avevano vissuto fino a quel momento a entità a cui riconoscono una sorellanza precaria, vivono affiancando i Wraeththu aspettando che l’umanità sparisca lentamente dalla terra, convinte di rinascere nel principio femminile che costituisce la metà della nuova specie; altre però sperimentano subito la brutalità di alcune tribù Wraeththu, che non appare affatto diversa da quella umana: le donne nelle zone raggiunte dalla tribù dei Varr vengono uccise o schiavizzate, considerate poco più che animali incapaci di ascendere allo stadio successivo dell’evoluzione dell’umanità, e trattate con modalità per nulla diverse, se non peggiori, da quelle della società patriarcale in cui avevano vissuto fino a quel momento. È anche e soprattutto da questi scorci di inaspettata violenza e crudeltà che l’immagine perfetta dei Wraeththu inizia ad incrinarsi e qualche crepa inizia ad insinuare il sospetto che per essere una razza perfetta, al di sopra di ogni meschinità umana, molti Wraeththu si stiano comportando come tutti i conquistatori umani prima di loro.
L’incapacità Wraeththu di lasciar andare le emozioni, le passioni e i temperamenti umani ancora e ancora produce società, costumi e dinamiche identiche a quelle che avevano giurato di lasciarsi alle spalle: queste ipocrisie sono descritte molto bene da Constantine, ed è dunque sorprendente che non sia capace di risolverle in maniera soddisfacente. Il terzo libro della trilogia è sicuramente il più debole per tanti motivi (vedi i paragrafi successivi), ma uno di essi è la mancanza di una costruzione coerente che leghi assieme tutti questi momenti molto belli in cui il percorso dei Wraeththu per diventare qualcosa di più degli umani viene sfidato dalla loro incapacità di far funzionare in armonia quel loro nuovo corpo intriso di magia e nuove potenzialità e la loro mente ancora saldamente ancorata agli schemi del vecchio mondo. Forse uno degli esempi più lampanti in questo senso è l’utilizzo dei pronomi in questa serie: tutti i Wraeththu parlano di sé al maschile, ma pionieristicamente una donna di nome Kate suggerisce a Pellaz che non sembra il modo giusto di parlare di una creatura che non è né uomo né donna; questa idea viene ripresa ancora un paio di volte e avrebbe potuto avere conseguenze interessanti all’interno delle dinamiche di genere della storia, ma viene poi persa definitivamente con il passare delle pagine e nel terzo libro non viene mai più menzionata.
Insomma, la trilogia è al suo meglio quando i suoi personaggi si immergono a fondo nelle contraddizioni di una specie che dovrebbe esistere al di là di tutto ciò che è umano ma che continua a vivere come se fosse tale –  anzi, a ben vedere, spesso e volentieri (ma non sempre) come se fosse ancora maschio. Non c’è dubbio, dunque, che i personaggi migliori siano quelli in cui tali contraddizioni brillano particolarmente: la maggior parte del secondo libro, cioè The Bewitchments of Love and Hate, è dedicata alla famiglia della nobiltà Varr da cui Pellaz e Cal avevano soggiornato brevemente durante il libro precedente; è composta da Terzian, il capo della tribù, il suo compagno Cobweb, salvato da Pellaz e Cal da una ferita mortale e riportato alla corte dei Varr, e il figlio Swift, uno dei primi Wraeththu di seconda generazione. Ma la relazione tra i primi due personaggi, che dovrebbe essere uno dei fulgidi esempi di perfezione Wraeththu, immune da gelosie, dinamiche di potere patriarcali o debolezze umane che privano i rapporti della loro bellezza e li trasformano in catene con cui legarsi a vicenda, sono invece l’esempio perfetto di come questi ex-uomini fatichino a lasciar andare la binarietà che ha caratterizzato tutta la loro vita precedente: Cobweb, dai capelli fluenti alla “maternità” imposta, è in una posizione sociale e politica che fatichiamo a distinguere da quella di tutte le donne del “vecchio mondo” e nel momento in cui cerca di ricavare a corte un potere e una posizione al di là del proprio ruolo i sussurri dei Varr lo bollano come un mistico – anzi, come una strega. In maniera del tutto speculare, Terzian è l’archetipo perfetto del barbaro conquistatore: virile al massimo grado, con capelli corti e fisico scolpito, incapace anche solo di considerare la gravidanza o anche solo il ruolo di soume (chi utilizza le parti “femminili” durante il sesso), si comporta esattamente come farebbe un qualsiasi signore di un feudo con sudditi da da sfamare, terre da conquistare e popoli da sottomettere. Il lento ma inesorabile disfacimento di queste dinamiche di potere, grazie alle scelte di Swift e agli influssi destabilizzanti di Cal, di cui Terzian si innamora perdutamente, costituisce forse le pagine più belle dell’intera trilogia e un altro motivo per cui, se non tutti e tre i libri, almeno i primi due meritano l’attenzione di chiunque sia interessato alle tematiche appena descritte.
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Storm Constantine in the flesh. Specifico che questa è una delle sue foto più sobrie, ma purtroppo le altre avevano una pessima risoluzione.
Purtroppo, come ripetutamente accennato, la trilogia è ben lontana dall’essere perfetta. Non mi soffermerò troppo sullo stile di scrittura, che pur cadendo troppo spesso in un lirismo fine a sé stesso e a tratti anche un po’ patetico, mostra quello che deve mostrare e non ostacola attivamente la lettura – non un gran complimento, me ne rendo conto, ma non mi sento di dire nulla di più positivo; tuttavia, i veri problemi che squalificano questa trilogia dall’essere godibile per una fetta non indifferente degli appassionati di fantasy sono quelli di worldbuilding e di scelte narrative della seconda metà dell’ultimo libro, The Fulfilments of Fate and Desire. È evidente che Storm Constantine ha scritto delle vicende dei Wraeththu per parlare di sesso, di relazioni e d’amore, non certo per dettagliare con cura minuziosa una mappa di una civiltà perfettamente coerente, e sono dunque disposta a perdonare una certa quantità di vaghezza e di imprecisione relativamente alle modalità con cui avviene la conquista Wraeththu. Tuttavia, questa quantità viene ampiamente superata in molte parti della trilogia, in cui non è affatto chiaro a che livello di avanzamento tecnologico siano gli esseri umani per non resistere all’avanzata Wraeththu, quanto della tecnologia del vecchio mondo venga perso con la loro presa di potere (e soprattutto perché), o anche solo in che modo funzioni la magia Wraeththu in modalità più specifiche di “perché la trama vuole così”, che spesso conduce ad apparenti incoerenze circa quello che i personaggi sono in grado di fare in qualsiasi momento della storia. Oltretutto, quando Constantine entra più nello specifico circa i dettagli dell’ambientazione fornisce elementi spesso poco coerenti con quello che abbiamo visto fino a quel momento (vedi: le armi nucleari), problema che stride molto con la minuzia con cui è invece in grado di creare religioni, mitologie e usanze, nelle poche occasioni in cui sceglie di focalizzarsi su di esse.
A questi problemi si aggiunge un terzo libro – incentrato sul viaggio di Cal verso un destino mistico che sembra chiaramente fondamentale per l’ascesa dell’intera specie ad un livello superiore di esistenza – che si conclude con una risoluzione anticlimatica e colma di una spiritualità vuota di contenuto che viene invece spacciata come una trasformazione epocale, come se fosse cambiato tutto quando a conti fatti non è cambiato proprio un bel niente; nemmeno le interessanti (seppur limitate nello spazio che occupano) descrizioni delle tribù dello Jaddayoth formatesi a seguito della caduta dei vecchi insediamenti Wraeththu, che alludono a nuove modalità di comprendere l’unione Wraeththu dei principi maschili e femminili, o la ripresa di punti di vista femminili in una chiave assai promettente bastano a salvare quest’ultimo libro dalla mediocrità.
La conclusione inevitabile di questo mio consiglio è quella che ormai accompagna buona parte dei miei post: se il New Weird vi appassiona e volete scoprire uno tra i libri fondanti di questo genere, o se vi affascina l’idea di leggere una delle prime storie fantasy che racconta di genere e di sesso in maniera meno binaria rispetto alla norma del tempo (peggio di LeGuin, d’accordo, ma il confronto è crudele) buttatevi! Magari vi interesseranno solo i primi due libri, che sono comunque abbastanza completi da non lasciare l’amaro in bocca anche se deciderete di fermarvi lì: anche così, buona lettura.
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tuttosullamusica2023 · 8 months
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Tuttosullamusica
Tuttosullamusica è un progetto volto alla valorizzazione della musica e della danza a 360°, ma non solo. Tuttosullamusica vuole diventare nel tempo un'associazione culturale con degli obiettivi molto precisi tra cui appunto la sensibilizzazione sulla musica e della danza, anche nel territorio, sensibilizzazione della loro storia e delle loro origini, valorizzazione e approfondimenti sugli stili e sui generi della musica e della danza, ma anche con l'obiettivo di trattare di temi di attualità attraverso un forte mezzo di comunicazione ed espressione come quello della musica e delle discipline.
Tuttosullamusica porterà contenuti di vario genere, ma nel caso di Tumblr penso che lo renderò un vero e proprio blog, del progetto, dove esprimere pensieri, raccontare storie, commentare notizie, ecc., ecc., volti però al tema della musica e delle discipline
Questo vuole essere un primo contenuto di presentazione, ma l'attività partirà all'in circa nella metà di settembre. In un seguente post inserirò un paio di link sugli altri due social che fanno parte del progetto di cui il principale è attualmente Instagram. con il medesimo nome.
Spero che i contenuti che porterò su Tumblr possano piacervi e spero che possiate apprezzare questa nuova iniziativa.
Ci vediamo presto e stay tuned.
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