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#Socìetas Raffaello Sanzio
lamilanomagazine · 8 months
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Savona, Al Teatro Chiabrera Buchettino di Perrault con la regia di Chiara Guidi.
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Savona, Al Teatro Chiabrera Buchettino di Perrault con la regia di Chiara Guidi. "Buchettino non è solo uno spettacolo, è un'esperienza iniziatica e intima creato dallo storico trio Chiara Guidi, Romeo Castellucci e Claudia Castellucci fondatori della Socìetas Raffaello Sanzio. Un classico rappresentato anche in Francia, Danimarca, Spagna, Taiwan, Giappone, Cile e Corea del Sud, dichiara il Direttore del teatro Chiabrera, Rajeev Badhan-." Buchettino, un fortunato spettacolo per bambini che continua a girare i palchi dal lontano '95 (nella foto). Intabarrati fra le lenzuola di veri e propri letti sistemati sul palco (le scene sono state curate da Romeo Castellucci) i piccoli spettatori ascolteranno la storia del Pollicino di Perrault narrata da attrici di vaglia come Chiara Guidi, Silvia Pasello e Monica Demuru. Tratta dello storico spettacolo di repertorio della compagnia Socìetas Raffaello Sanzio che, dall'ormai lontano debutto il 2 maggio del 1995 al Teatro Comandini di Cesena, sede della compagnia, da 17 anni continua ad incontrare bambini di tutti i continenti. Il 30 gennaio alle ore 18.30, presso il foyer del Chiabrera, l'incontro con Chiara Guidi a cura del Direttore del teatro, Rajeev Badhan. INGRESSO LIBERO Ingresso libero. Cofondatrice della Compagnia SOCIETAS, Chiara Guidi sviluppa una personale ricerca tra voce - come chiave drammaturgica nel dischiudere suono e senso di un testo, distinguendosi fra gli artisti più influenti nel panorama della pratica vocale – e infanzia con una specifica concezione di teatro d'arte infantile, che vanta spettacoli storici quali Buchettino, da Charles Perrault che dal 1995 percorre tutto il mondo con la sua idea di coinvolgimento ambientale dei bambini (anche istruendo allestimenti in Giappone, Corea, Cina, Cile). Gli osservatòri Màntica, Puerilia al Teatro Comandini di Cesena, sede della Compagnia, dedicati alla voce e al teatro infantile le sono valsi un Premio Garrone e un Ubu nel 2013. A questi progetti si è aggiunto di recente Circolo, dedicato alla trasversalità dei piani di conoscenza. Intensa la sua attività di autrice. Tra i suoi libri: La voce in una foresta di immagini invisibili (Nottetempo 2017); con Lucia Amara, Teatro infantile. L'arte scenica davanti agli occhi di un bambino (luca sossella editore 2019); Interrogare e leggere. La domanda e la lettura come forme irrisolvibili di conoscenza (Sete edizioni 2021). Negli anni Novanta ha lavorato alla creazione di una Scuola Sperimentale di Teatro Infantile che ha ottenuto un Ubu; nel 2009 è stata direttrice artistica del Festival Internazionale di Santarcangelo; nel 2010 ha condotto una produzione presso il Campbelltown Arts Center in Australia, rappresentata anche al Festival di Adelaide e alla Sidney Opera House; e tra il 2015 e il '18 è stata 'Artiste Associée' del Théâtre Nouvelle Génération di Lione. A Chiara Guidi sono andati, tra gli altri, il Premio Lo straniero nel 2016, l'Eolo Award Riconoscenza nel '20 e il Premio Ivo Chiesa_La Scuola nel '21. Ha sei figli e sei nipoti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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niconote · 8 months
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NicoNote • bio info •
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NicoNote (It/A) artistic alias created in 1996 by Nicoletta Magalotti: Sound poetry artist, performer and singer, moving liquidly among genres and formats. SHE acts in the domains of music, theater, installations, clubbing, radio, with artistic productions and curatorial work. From the Italian new-wave with Violet Eves, Pier Vittorio Tondelli’s much-loved band, to the theater of Romeo Castellucci and Socìetas Raffaello Sanzio passing through the Morphine Club at Cocoricò with DJ David Love Calò, from Francesco Micheli’s musical theater to Storytelling with Luca Scarlini, NicoNote has dedicated herself side by side, realizing dramaturgies and sound performances. Her vocal research synthesizes a peculiar path in musical and theatrical practice, through the ‘encounter with masters such as Gabriella Bartolomei, Yoshi Oida, Roy Hart Theatre, Akademia Ruchu, Tiziana Ghiglioni, Francois Tanguy, among others. She has an intriguing discography since 1985 until today and music and theater tours throughout Europe, Canada, Israel, Argentina, Brazil. Her latest album entitled Limbo Session Vol I with producer Wang Inc. (Rizosfera, Rough Trade 2021) among the 10 best albums of the year for Blow Up magazine, is a journey between voice, poetry and improvisation. She has released among others, on: Music from Memory (NL), Mille Plateaux (D), DSPPR records (UK), Cinedelic (It), New Interplanetary Melodies (It) and others. She regularly gives masterclasses on vocality and collaborates with Tempo Reale Florence, Scuola Holden Turin. Syntonic is her monthly ahow on Radio Raheem.
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excolatur · 3 years
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Socìetas Raffaello Sanzio
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marzipandildo · 7 years
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Sul concetto di volto nel figlio di Dio [Romeo Castellucci -  Socìetas Raffaello Sanzio]
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apokrify · 5 years
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Romeo Castellucci, Socìetas Raffaello Sanzio, from the Cycle of Tragedia Endogonidia - M#10 Marseille ( 3/4 pt ). original music: Scott Gibbons
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koma7su · 5 years
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Tragedia Endognidia - a cycle in a series of plays by Romeo Castellucci for the experimental Italian theater company, Socìetas Raffaello Sanzio (1981). Photograph by Luca Del Pia.
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pangeanews · 5 years
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“Cultura è ciò che si sceglie e che ha un costo, che comporta una fatica. Riguarda uno stato di attenzione, di veglia”. Un dialogo con Romeo Castellucci
Desiderai il dialogo per una ragione portante – l’uomo che ha disastrato le forme, con spettacolare audacia teatrale, reso alla fama. Cosa fa? Adempie il rito degli applausi o ne fa scempio, estraniandosi in un monastero interiore? Così, cercai Romeo Castellucci, da alieno al teatro, affascinato dalla giunzione del genio. Sapevo ciò che sanno tutti: la “Socìetas Raffaello Sanzio”, fondata nel 1981 a Cesena da Romeo e dalla sorella, Claudia Castellucci, con Chiara Guidi e Paolo Guidi, i lavori che infuocano, ora travi di marmo della storia recente del teatro – da Gilgamesh ad Amleto. La veemente esteriorità della morte di un mollusco, da Orestea (Una commedia organica?) a Giulio Cesare, al ciclo della Tragedia Endogonidia. Affrontai l’apice di quell’uomo, Romeo Castellucci, una autentica presenza, detto tra i massimi registi teatrali in Europa, una vera intelligenza. Dal sottosuolo cesenate all’apertura dell’Opéra national de Paris con la messa in scena del Moses und Aron di Schönberg, nel 2015. Prima c’era stato il Leone d’oro alla carriera dalla Biennale di Venezia, nel 2013, l’anno dopo la laurea honoris causa in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo da parte dell’Università di Bologna.
Una foto di scena da “Salome” (2018), spettacolo con la regia di Romeo Castellucci, allestito per il Festival di Salisburgo e pluripremiato; photo Ruth Walz
Ora, leggo in un comunicato, Castellucci ha ricevuto un “triplo premio per Salome (allestita nel 2018 al Festival di Salisburgo sotto direzione musicale di Franz Welser-Möst per la Wiener Philharmoniker) dagli “Oscar” della lirica europea, un sondaggio della rivista tedesca Opernwelt tra cinquanta critici musicali internazionali: l’allestimento dell’opera di Richard Strauss, basata sull’atto unico di Oscar Wilde, ha ricevuto il premio come “Miglior spettacolo” decretando Castellucci come “Miglior regista” e “Miglior scenografo” della stagione 2018-19”. Il 5 ottobre, a Bruxelles, Castellucci si appicca un’altra medaglia: “l’onorificenza di membro dell’Accadémie Royale de Belgique, storica accademia scientifica e artistica della Comunità francese del Belgio, fondata nel 1772”. D’altronde, nel 2020, a Salisburgo, sarà impegnato per la regia del Don Giovanni e “nel 2021 a Parigi per L’Apres midi d’un Faune, il poema sinfonico di Debussy ispirato a Mallarmé, al Théâtre du Châtelet”. Il tema è sempre quello: porre l’artista sul trono, censirlo in uno sfarfallio di medaglie: si rischia l’accecamento? Come conciliare la platea gremita con la necessità dell’eremo? Su questo, cinque anni fa, cominciammo a intenderci, a interloquire, con Castellucci. Intitolai quel dialogo “La caduta verticale della bellezza”, fu pubblico su La Voce di Romagna. I passaggi che replico non sono maceria, ma materia di pensiero, ora. (d.b.)
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Ma la fama non fa paura, non giunge a corrompere l’opera?
«Un riconoscimento è un peso. Che influenza sia chi lo riceve che chi osserva chi è stato insignito del premio. Chiaramente, il premio ci dispone in una maniera diversa di fronte all’opera. Il mio problema è non ascoltare la voce che blandisce, continuare a lavorare in modo indifferente».
Quanto è necessaria la solitudine nel lavoro artistico?
«La solitudine è senza dubbio la condizione dell’artista perché è la stessa dello spettatore. L’era dell’informazione satura la solitudine, la scongiura. Eppure, siamo insieme ma siamo soli. E l’unica cosa da fare è condividere questa solitudine».
Tra i tuoi lavori, ‘maneggi’ Wagner e Hölderlin: perché loro?
«C’è stata una attrazione, ma anche un destino. O il caso. Wagner ha inventato il teatro moderno come esperienza unica, collocando lo spettatore al centro del problema. Musicalmente, poi, Wagner è un morbo, la sua opera, con l’utilizzo della mitologia, è oceanica, pronta a infinite interpretazioni, molto diversa dal melodramma italiano, che ha narrazioni più circoscritte alla realtà borghese. Insomma, è un incontro ineluttabile. Come quello con Hölderlin, che ha giocato tutto sulla poesia e per cui la parola è azione».
Esistono affinità tra Parsifal ed Empedocle?
«Entrambi si sono posti a guida di un gruppo umano, aprendo una strada dall’esoterismo all’essoterismo, alla comunità. Parsifal entra in un cerchio di adepti, i cavalieri del Graal, e spezza il cerchio spalancando la via alla società».
Cosa c’è dentro la carne di Castellucci? Quale è stato l’evento, l’incontro determinante per la sua vita?
«Intanto, mia sorella Claudia, di due anni più grande di me. Rapinavo immagini e sensazioni dai suoi libri di scuola ed è grazie a lei se ho lasciato l’Istituto tecnico agrario per iscrivermi al Liceo artistico. Poi, ci sono stati i giganti, che ho ammirato pur con un senso di antagonismo. Ricordo Carmelo Bene, che aveva scelto il “Bonci” di Cesena per una serie di spettacoli in anteprima. Per un ragazzo di 15 anni era un privilegio incredibile vederlo, e anche il fatto di non capire, di osservare la rottura dei vincoli della mimesi è stata una occasione importante».
Nella sua opera spinge spesso sul concetto di “disciplina”.
«Per me disciplina non è un metodo o uno stile, ma una tecnica, per lo più intangibile, invisibile. La mia disciplina è trovare una strategia ogni volta diversa per avere un contatto con lo spettatore. Che è materia vivente e nella cui intelligenza ho fede».
In ogni suo lavoro si tocca la dimensione religiosa.
«La dimensione religiosa non è un argomento, ci siamo dentro. Tutto ciò per il quale abbiamo bisogno di genufletterci ha un carattere religioso: può essere lo schermo di una televisione o i colori freddi di un supermercato, non mi interessa. Dove abbiamo bisogno di venerare è già religione. Per il teatro, poi, questo rapporto è inevitabile, fin dalle sue origini».
Ma come si può nominare Dio a teatro, affrontarlo pur con gli escrementi?
«Il rapporto può essere anche negativo. Ci si può rivolgere all’assenza di Dio. Riguardo al lavoro a cui lei allude, “Sul concetto di volto nel figlio di Dio”, si parla della caduta verticale di ogni bellezza, che è poi la vera condizione umana, neppure degna di essere nominata. Da qui, gli escrementi. Perché solo dalla dimensione più profonda, solo dal “De profundis” è possibile formulare domande al Creatore».
Molti politici si sciacquano le labbra parlando di “cultura”: ma cosa intendiamo per fatto culturale?
«La cultura, come forma di intelligenza che rispettiamo, non è quella che passa dal dominio dell’informazione e dell’immagine, la cui gestione è un esercizio di potere. Cultura è ciò che si sceglie e che ha un costo, che comporta una fatica. Riguarda uno stato di attenzione, di veglia».
Ritiene necessario un luogo che ospiti la drammaturgia contemporanea, magari affidato a lei?
«In Italia dovrebbe esserci un luogo oppure un momento di confronto alto sul teatro contemporaneo inteso come arte vivente e non museale. Questo non c’è o è osteggiato. In Italia gli enti culturali sono gestiti dai politici, dunque sono materia di scambio, sono inerti. Per il resto, ho dei dubbi sul fatto che un artista abbia la lucidità intellettuale necessaria per gestire un luogo di questo genere».
*In copertina: Romeo Castellucci in un ritratto fotografico di Yuriy Chichkov
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persinsala · 5 years
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Kilowatt Festival 2019
Sansepolcro torna al centro della scena teatrale contemporanea con il Festival diretto da Luca Ricci e Lucia Franchi
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gianlucadandrea · 6 years
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SEGNI – DESTINO DELLA POESIA SEGNI - DESTINO DELLA POESIA Anche il destino, come il carattere, può essere osservato solo in segni…
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demoura · 3 years
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.GIOVANNI SALZBURGO 2021: A MÚSICA DE MOZART E O PATHOS IMAGETICO DE CASTELUCCI :depois do êxito da Salomé de Richard Strauss em 2018 Romeo Castellucci regressou a Salzburgo para encenar um novo D. Giovanni tendo como parceiro o maestro Teodor Currentzis coqueluche iconoclasta do público do Festival .Assisti ao streaming no canal Arte com gosto embora não lhe dê 5 estrelas como a muito credenciada crítica do Financial Times Shirley Apthorp . A encenação de Castellucci também autor dos cenários , figurinos e iluminação, da sentido à arquitectura vazia do espaço de uma igreja dessacralizada : “através de uma dramaturgia precisa de objectos adequados e inadequados que caem, aparecem e se dissolvem”. Chovem bolas de basquetebol que são apunhaladas por Ottavio; Um piano cai com estrondo e Giovanni toca ; Um carro topo de gama cai do céu com impacto brutal ; no duelo erótico entre Giovanni e Zerlina, uma carruagem desce para sua viagem imaginária ao castelo; Leporello usa uma fotocopiadora durante a ária do catálogo.”Gosto dessa ideia de que uma imagem tem o poder de nos fazer parar, de nos fazer pensar e reconfigurar a nossa atenção, o nosso olhar, o nosso ouvido”.Diz Castelucci “O teatro é a única linguagem artística a que podemos chamar ‘arte de contacto’. Sem contacto não há teatro e o espectador não é só o destino do teatro, mas o seu reflexo, o outro lado do próprio teatro. Por isso é muito importante que o corpo de todos os espectadores seja alvo do que alguns chamariam provocação, de que não gosto, ou de escândalo, de que gosto porque vem do grego ‘skandalon’, que significa uma pedra no caminho que tem de se ultrapassar. Um obstáculo.Mas na verdade não quero saber dos rótulos no meu trabalho.” . O outrora espaço sagrado de uma igreja velado por uma ténue cortina e atravessado por um bode, símbolo da virilidade e a partir daí torna-se o campo de batalha do dissoluto …Giovanni e Leporello entram em cena como doppelgangers, e o servo como “natureza excremental” é o alter ego de seu patrão .Donna Anna é dominada por Don Giovanni - não violada porque tenta segurá-lo. Isso demonstra-se pela atitude da dupla no colchão na cena em que Anna relata a Ottavio o que sucedeu . Tudo isto em imagens de enorme beleza plástica . ..Helga Rabl-Stadler correu riscos com este Don Giovanni de Castelucci como aliás- se espera num festival com esta história e este orçamento : 60 milhões de euros ( 15 de subvenção do estado austríaco !) Foi grande o sucesso . Não houve apupos na noite de estreia .O iconoclasta director italiano durante quase quatro horas desfilou um catálogo de imagens fascinantes . Leporello é um clone do sedutor . As mulheres de Don Giovanni tem várias versões - primeiro o grupo de criadas espanholas acompanhando Donna Anna vestidas de negro, depois bailarinas e, finalmente, um "coro de movimento" de tirar o fôlego de 150 mulheres de Salzburgo numa coreografia de Cindy Van Acke impressionante na gestão de” multidão” em palco. Este símbolo das vítimas do
do sedutor ninclui crianças, idosas e mulheres com deficiência, abrangendo aqueles que muitas vezes ficam sem voz em face do abuso. As Salzbuger Freuden destacam-se no 2o Acto fechando-se figurativamente sobre D. Giovanni. O todo, é meticulosamente elaborado e ensaiado. e uma reflexão visual sobre a música de Mozart, não uma realização dramática do libreto de Da Ponte . Mas as imagens são tão requintadas .as sequências tão conseguidas , a beleza tão aguda, que ultrapassam tudo . Castelucci cria um mundo abstracto , numa luz nebulosa onde toda a ação ocorre atrás de uma cortina de gaze. Os homens estão vestidos com fatos brancos , excepto Don Ottavio, que surge na fantasia bizarra, de um explorador polar sueco com um cão poodle - um dos de animais vivos que aparecem incluindo o rato que foge do esconderijo de Leporello . As mulheres têm um pouco mais de cor. No primeiro Acto, a sensação predominante de vazio é aguda, refletindo “the hole in the heart “ de D. Giovanni, apenas interrompida de forma abrupta pela queda de objectos e pela chegada da festa de casamento de Masetto e Zerlina, acompanhada por centenas de maçãs, .Masetto e um boneco de trapos e descodifico a carruagem como o fiacre de Emma Bovary.A nova produção do “Don Giovanni” de Mozart no Grosses Festspielhaus atinge tensão máxima nas cenas finais .A encenação de Castellucci assume o conceito deleuziano da imagem, como matéria sinalética que causa um choque um encontro que pode forçar o pensamento. No clímax da cena da ceia,, Giovanni é deixado sozinho enquanto mergulha no seu próprio inferno , despindo-se e se contorcendo cobrindo-se de tinta branca símbolo de um inferno de gelo para onde a mão do Comendador o arrasta. É um tour de force do barítono italiano David Luciano de grande impacto dramático . Quanto a música -embora não goste do estilo do maestro Current reconheço que tem vindo a melhorar a estatura musical .Que diferente o músico grego em Salzburgo deste ano daquele que vimos na Gulbenkian com longa cabeleira. O seu Mozart, aparte alguns momentos de” histeria “ teve virtudes. O conjunto musicAeterna, conhece o repertório a fundo com destaque para Sabashova que liderou o contínuo com inteligência e originalidade.O jovem elenco teve excelentes actuações.Muito bem o D.Giovanni de Luciano e o Leporello de Vito Priante .Esplêndido o Ottavio de Michael Spyres que cantou de forma refinada. A D.Anna de Pavlova foi o destaque nas mulheres e Federica Lombardi foi uma intensa Donna Elvira. Anna Lucia Richter brilhou como Zerlina ao lado do vigoroso Masetto de David Steffens. O baixo finlandês Mika Kares foi um excelente Comendador.(tal como tinha sido um excelente Rei Marke no Tristao de AIX 2021 ).E saudável existirem diferentes opiniões sobre o trabalho de Castelucci mas o que é difícil para mim aceitar e a crítica cega de alguns “ omniscientes do FB” e de outras redes sociais. A esses aconselho a leitura de J.P.Figueira “Laissez-vous toucher... A portrait by Romeo Castellucci, Lisbon, KKYM, 2017, e de Semenowicz, The Theatre of Romeo Castellucci and Socìetas Raffaello Sanzio, trans. P. Cichon-Zielinska, New York, Palgrave Macmillan, 2016,
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niconote · 8 months
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NicoNote bio info
NicoNote (It/A) alias artistico creato nel 1996 da Nicoletta Magalotti: sound poetry, performer, cantante, che si muove liquida tra generi e formati. Agisce nei territori di musica, teatro, installazioni, clubbing, radio,  con produzioni artistiche e curatele.  Dalla new-wave italiana con i Violet Eves, band molto amata da Pier Vittorio Tondelli, al teatro di Romeo Castellucci e della Socìetas Raffaello Sanzio passando per il Morphine Club del Cocoricò con il DJ David Love Calò, dal teatro musicale di Francesco Micheli allo Storytelling con Luca Scarlini, NicoNote si è dedicata in parallelo alla realizzazione di drammaturgie e performance sonore. La sua ricerca vocale sintetizza un percorso peculiare nella pratica musicale e teatrale, attraverso l' incontro con maestri quali  tra gli altri Gabriella Bartolomei, Yoshi Oida, Roy Hart Theatre, Akademia Ruchu, Tiziana Ghiglioni, Francois Tanguy. Ha all'attivo un'intrigante discografia dal 1985 a oggi con tournée musicali e teatrali in tutta Europa, Canada, Israele, Argentina, Brasile. Il suo ultimo album intitolato Limbo Session Vol I con il produttore Wang Inc. (Rizosfera, Rough Trade 2021) tra i 10 migliori album dell'anno per la rivista Blow Up, è un progetto tra voce, poesia e improvvisazione. Ha pubblicato anche su Music from Memory (NL), Mille Plateaux (D), DSPPR records (UK), Cinedelic (It), New Interplanetary Melodies (It) e altre. Conduce regolarmente masterclass sulla vocalità e collabora con Tempo Reale Firenze, Scuola Holden Torino. Syntonic è il suo programma mensile su Radio Raheem.
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Cominciamo a introdurre i finalisti del 𝗣𝗿𝗲𝗺𝗶𝗼 𝗥𝗼𝗯𝗲𝗿𝘁𝗼 𝗦𝗮𝗻𝗲𝘀𝗶 di poesia e musica che si sfideranno l'11 settembre a La scimmia in tasca
Gaia Ginevra Giorgi (1992) è autrice e performer. Laureata in Filosofia presso l'Università di Torino, attualmente studia Teatro e Arti Performative presso l'Università Iuav di Venezia. Nel 2016 pubblica "Sisifo" (Alter Ego Edizioni). Partecipa a diversi Festival Internazionali, come quello di Istanbul, Sibiu, Madrid e Lubiana. Tradotta in turco, romeno, spagnolo e sloveno, nel 2017 pubblica "Manovre segrete" (Interno Poesia) - edito in Spagna da La Bella Varsovia, con una traduzione di María Martínez Bautista - e realizza il suo primo progetto di videopoesia. Del 2019 è "Proprio come per le formule magiche" (progetto selezionato per Asolo Art Film Festival), una performance/dispositivo di messa in crisi del testo poetico, che mette in relazione corpo, parola e macchina. Nel 2019 pubblica il saggio biografico "Sylvia Plath. L'altare scuro del sole".
Riccardo Santalucia (1994) laureato in Design del Suono presso lo IED di Milano nel 2017, sviluppa processi e drammaturgie del suono all’interno di collaborazioni con realtà performative, installative, per danza e teatro; spesso confrontandosi con tecnologie interattive e programmazione generativa di contenuti audio/visivi. Accosta la ricerca elettronica e multimediale alla pratica di performer ponendo particolare attenzione al corpo della voce, collaborando tra gli altri con Radice Timbrica Teatro, Valdoca, Teatro Magro, Socìetas Raffaello Sanzio, partecipando ai workshop di Chiara Guidi e seguendo il corso triennale di tecnica della rappresentazione diretto da Claudia Castellucci, Madison Bycroft.
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lucagrillo · 7 years
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SOCÌETAS RAFFAELLO SANZIO - OMAGGIO #societasraffaellosanzio #romeocastellucci #cluadiacastellucci #theatre #passion
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poplifeplus · 7 years
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luigipresicce:
La gloria del mondo    
Performance per un solo spettatore alla volta, accompagnato Teatro Valdoca, Cesena (FC) 3 dicembre 2011 Prodotto da Socìetas Raffaello Sanzio per Màntica Festival 2011 Foto: Veronica D’Altri  
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Performance for one spectator at a time, accompanied Teatro Valdoca, Cesena (Forlì-Cesena) December 3, 2011 Production by Socìetas Raffaello Sanzio per Màntica Festival 2011 Photo by Veronica D’Altri
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apokrify · 5 years
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Socìetas Raffaello Sanzio 
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pangeanews · 6 years
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La disciplina militare della Socìetas: gli attori combattono, pregano, falciano (e conoscono il verbo di Aion). Appunti su “Verso la specie”
La parola “padre” – leit motiv del Festival “Ipercorpo 2018” organizzato a Forlì all’interno dell’Ex ATR, una struttura di archeologia industriale riconvertita sapientemente a luogo “altro” – mi ha sempre affascinato: scomponendola, appare (anche) il vocabolo “preda”. Una figura che sta in sospeso, lieve e ferma, assolutamente “soggettiva” ma soprattutto mutevole come il tempo: da monolite per i figli piccoli, quando invecchia tende a scappare dall’età che avanza, rifugiandosi in escamotage per fermare Kronos. Perché, e questo è il punto: non siamo greci e non siamo antichi, e abbiamo in mano solamente “quel tempo” nella sua dimensione di passato presente e futuro, lo scorrere delle ore mentre la “tensione ideale e ambita” è tutta rivolta alle altre due divinità, Aion (l’eternità, l’intera durata della vita, l’evo; è il divino principio creatore, eterno, immoto e inesauribile) e Kairos (il tempo opportuno, la buona occasione).
“Ipercorpo” mette al centro la figura paterna nella sua assenza poetica: la sublima, rinnegandola, per elevarla a elemento totemistico davanti al quale pregare una litania pagana, forse apocrifa, di certo sincera come un bisogno primordiale. La testimonianza più limpida ha una durata di mezzora e un nome preciso: “Verso la specie”, il ballo della scuola di movimento ritmico di “Mòra” (dal nome della pausa più piccola, utile a distinguere due suoni) diretto da Claudia Castellucci (Socìetas Raffaello Sanzio) e che pone al centro il gesto. Privo di ogni orpello scenografico – la sala è nuda e vuota -, lo spettacolo inizia dal foyer: è da lì che un corteo in fila indiana muove i passi verso la scena. Un lungo cordone opaco, composti da “figuri” vestiti di nero e incappucciati che, con passo dondolante, riempiono lo spazio. Una danza che insegue e riproduce l’affiorare consecutivo di immagini mentali lì dove il bisogno di ritualità si concretizza nella figura ricorrente del cerchio, nelle azioni propiziatorie che i gesti riproducono nelle processioni. La partitura musicale campionata produce un effetto di rottura di quel tempo greco che è uno e trino: davanti agli occhi si stagliano ombre antiche, forse suorine di clausura che con grazia e armonia disegnano un linguaggio ancestrale fatto di aste, cerchi e fonemi silenziosi.
Il rigore che attraversa la pièce, quasi una disciplina militare, è uno degli elementi cardine della poetica della Socìetas (ricorda il bellissimo “Cryonic Chants” ospitato anche al Velvet di Rimini tanti anni fa), un segno marcato di riconoscimento: la geometria drammaturgica è, de facto, teatro puro, e dà seguito al percorso in fieri della “Mòra” (rispetto allo spettacolo portato a Cesena a fine 2016 poco è cambiato, quasi che “Verso la specie” fosse in realtà una versione teatrale delle “Variazioni Goldberg” di Glenn Gould). Gli elementi che contraddistinguono la ricerca del “Ballo” ci sono tutti: le tonache nere, la bandiera con una croce al centro che viene girata e piegata, la reiterazione dei movimenti, la consumazione del tempo, il ritmo.
Ma è soprattutto il gesto a farsi racconto. Gli attori combattono, pregano, falciano, si inginocchiano, ri-pregano per poi uscire di scena e replicare lo spettacolo in qualche altro spazio. Perché loro conoscono Aion, a differenza del pubblico.
Alessandro Carli
  L'articolo La disciplina militare della Socìetas: gli attori combattono, pregano, falciano (e conoscono il verbo di Aion). Appunti su “Verso la specie” proviene da Pangea.
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