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#alucc
pataguja61 · 1 year
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PICCOLA STORIA DI ARTIGLIO
Ogni volta che devo usare questa colla la mente torna indietro di molti anni.
Jadè era piccolina e abitavamo in una casa a pianterreno che affacciava su un parco pubblico, non molto grande, ma fornito di altissimi pini secolari. Sui pini erano stanziate colonie di pappagallini verdi, nati liberi, il cui capostipite era sicuramente fuggito dal vicino zoo.
In uno dei palazzi attorno al piccolo parco abitava una Signora dal nome importante, non ricordo esattamente perché fosse importante, ma il portiere mi parlava spesso di lei e delle sue " bizzarrie".
Un giorno, mentre facevo ritorno dalla consueta passeggiata con la piccola Jadé, sento urla strazianti.
" AVTIGLIOOOOOO, AVTIGLIOOOO!!!" e vedo la Signora bizzarra ondeggiare, barcollando sul prato a testa in su facendo spola fra un pino e l' altro e gridando il nome di Artiglio.
Chiedo al portiere del mio palazzo cosa stesse succedendo.
!!ARTIGLIO È SCAPPATO. 😱!!
Artiglio era il pappagallo di una razza rara, sfuggito dalla gabbia della Signora.
Ho subito immaginato Artiglio nascosto fra le ali dei suoi consimili pappagallini verdi fare il gesto dell' ombrello con le sue alucce pregiate mentre pensava..." e quando me ricapita?"...
Mossa a pietà, mi avvicino alla Signora e le chiedo di poterla aiutare.
Mi descrive il suo Artiglio e dice che sicuramente sarebbe tornato da lei perché era molto affezionato.
Artiglio non è mai tornato, ma in compenso molti Artiglietti hanno da quel momento allietato le cime dei pini e le nostre orecchie.
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williamnessuno · 2 months
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pulcini
Sogno di ieri notte: Ero mancato da casa alcuni giorni e avevo lasciato una fessura di finestra aperta (come faccio davvero quando vado a Napoli). Rientrando trovavo una decina o più di pulcini minuscoli, lunghi un paio di centimetri massimo, bianchi con le microscopiche alucce gialle già perfettamente formate. Si muovevano traballando lungo il bordo di un mobile bianco (che a casa mia non…
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lestreghedifenix · 1 year
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Festività Pagane
Festa delle Fate
Il 20 Aprile viene dedicato al Piccolo popolo, in questo giorno infatti cade la Festa delle Fate.Fin dai tempi più remoti si è sempre ritenuto che gli esseri fatati, quelle creature che rappresentano l'infinità contenuta nel cuore e nell’anima di ciascuno di noi, avessero origini più antiche di quelle umane e perfino di quelle animali; quindi, essendo stato creato per ultimo, l’essere umano è considerato come una forma di vita che ha ancora molto da imparare dalle altre specie.
L'origine delle fate è da sempre stata varia a secondo delle culture e per questo motivo ci vengono fornite diverse teorie che spiegano la nascita di tali creature.Aggraziate e femminili, ma turbolente come i venti che esse sollevano, libere come gli uccelli che si sorreggono in volo, passionali e mutevoli come le condizioni atmosferiche che aiutano a creare.
Sono rappresentate come creature alate che spesso prendono forma e sembianze di splendide farfalle o di coloratissimi uccelli, tutte le fate che caratterizzano questo elemento hanno ali, il loro compito è il più svariato, dal produrre dolce brezza, al più violento uragano.Ma quando sono calme e tranquille si muovono sospinte dai venti, come cristalli di neve.Se si vuole averle come vicine di casa, basta tenere in giardino o sul balcone una pianta di timo o di rose bianche ma attenzione: sono assai timide e se sorprese, scompaiono all’istante e con loro scompare anche il cespuglio nel quale si celano.
Fairy e Fate differenze:
Fondamentalmente l'assonanza ha portato ad associare la fata alla fairy inglese e celtica (presenti in alcune commedie dello stesso William Shakespeare), ovvero ad alcuni esponenti del popolo piccoli e con le alucce, malgrado che - secondo molti - con questi ultimi non abbiano assolutamente a che fare; la differenza sostanziale consisterebbe nel fatto che le fate vogliono interagire con gli umani, mentre le fairies preferiscono rimanere invisibili all'occhio umano.
Piccolo rituale per invitare le fate nelle vostre case
Alla vigilia del giorno di San Giovanni o durante la notte stessa, oppure in una qualsiasi splendida notte dell'anno, soprattutto quando c'è la luna piena, potete offrire un dono alle Fate. Se donate con cuore sincero, sicuramente conquisterete la loro fiducia ed il loro favore. Preparate un dolce di avena o mettete del miele e del vino in una tazza oppure, ancora meglio, offrite alle Fate un canto, una danza o una poesia creati da voi o che trovate piacevoli. Prima di iniziare dite ad alta voce: "Questo è per le Fate"; ditelo nuovamente dopo aver offerto il dono, cosa che andrà fatta all'aperto, in un luogo appartato, selvaggio e solitario.
Ben presto, probabilmente il giorno dopo, scoprirete che le Fate vi hanno dato qualcosa in cambio; siate vigili, ma non offrite i vostri doni pensando di ricavarne qualcosa né aspettatevi nulla. Rimanete semplicemente all'erta. Sicuramente molto presto scoprirete nella natura un qualche oggetto strano e grazioso, oppure potrete trovare delle monete d'argento. Qualunque cosa troviate, conservatela per sempre, perché si tratta di un dono sacro e vi porterà fortuna e felicità.
Nella maggior parte dei casi l'oggetto che troverete sarà una bufonite, un ciottolo rotondo e venato di disegni splendidi e misteriosi, che sembra mandare bagliori dalle tinte delicate. Tenetelo con voi e ponetelo sotto il guanciale; secondo la saggezza popolare, queste pietre sono gioielli mistici che si trovano nella testa di un rospo. Coloro che possiedono questa pietra saranno fortunati in amore, saggi nella divinazione e la loro vita sarà benedetta.
Mi raccomando...fatevi una sana risatase le fate decidono di mettervi alla prova nascondendo qualcosa a cui tenete,ve lo ridaranno presto.
#lestreghedifenixwitchtcraft #tarotschoolfenix
#lestreghedifenixtarot
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seoul-italybts · 2 years
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[✎ TESTO ♫ ITA] Jack in the Box - J-Hope⠸ ❛ Intro ❜⠸ 15.07.22
[✎ TESTO ♫ ITA]
J-HOPE ☻❒ Jack in the Box
01 ❛ Intro ❜
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Ciò che Zeus aveva rinchiuso nel vaso, era sfuggito al suo confino.
Tutto ciò che di più ripugnante v'era, ora imperversava libero nel mondo.
Pandora, la quale non sapeva come rimediare al danno commesso, cadde nella disperazione.
Mentre piangeva, avvertì un lieve fremito provenire dal vaso
Ancora una volta, ne sollevò il coperchio ed ecco uscirne, svolazzando, una piccola, luminosa creatura, la più bella lei avesse mai visto.
Batteva le sue alucce delicate, danzando intorno a Pandora e sfiorandole piano la spalla. Immediatamente, l'angoscia di Pandora scemò e lei si sentì riempire il cuore di calore.
Era la Speranza, che era rimasta nascosta nel recesso più profondo del vaso.
Quest'ultima, si mise a seguire il miasma lasciato dietro di sé dall'oscurità, attenuandone la cattiva influenza sull'umanità.
La Speranza diede agli uomini la volontà di continuare a vivere, nonostante il dolore e le tribolazioni.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
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t4merici · 7 years
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Stasera a lezione l'insegnante di classico ha detto per sbaglio a mia sorella che anche quest'anno fa la protagonista e va beh stava presa benissimo e dopo cena invece di chiudersi in camera a farsi gli affari suoi è rimasta un po' con me e ora lei studia scienze io arte.
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aradiascoven · 4 years
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Zefiro era, come me, nel club del "mai una gioia manco per ridere". Come mai? Ve lo dico io!
Zefiro viene, di solito, raffigurato come un bel donzello con le alucce ed un mazzo di fiori in mano. Una sorta di fioraio-corriere. Era già avanti, probabilmente sapeva già, chiuso nella sua grotta in Tracia, che un giorno sarebbe venuto fuori il Covid19 e le consegne gli avrebbero fruttato.
Omero, nell'Iliade, descrive Zefiro come un vento piovoso, violento. Una rottura di palle, insomma. Successivamente verrà poi considerato leggero, simile alla dolce brezza del mare, messaggero della primavera. Probabilmente Omero l'ha rivalutato. Oh, succede a tutti! Magari qualcuno a pelle ci sta sulle palle e poi conoscendolo cambiamo idea.
Ma perché anche lui è del club "mai una gioia"? Perché, poverino, perse la testa per Giacinto, un soldato spartano. Però, questo, lo voleva anche Apollo! E quando c'è Apollo di mezzo non va mai bene! Infatti un giorno Zefiro, sbroccando dalla gelosia come un demente, deviò un disco lanciato da Apollo che andò a beccare proprio Giacinto e lo uccise.
Capite, il bischero?
E anche per Zefiro, mai una gioia!
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io-pentesilea · 6 years
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Ultim'ora.
Twitter si sta sfregando le alucce.
Pentesilea
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cerentari · 3 years
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Crepitio capitale
Passano dalle paludi, dai fossati, a centrotavola con una puntualità disarmante qualsiasi cosa pur di apparire dei ricordi il nodo nel caldo umido padano tutto attorno a una fortezza espugnata oggi patrimonio dell’umanità. Gli averi, i matrimoni color cremisi terminano prima di cominciare, in una cena di alucce d’insetti e polline scosso dalle loro zampe. Infine tutto torna, dal conto…
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thekitchentube · 3 years
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🐷 Fin dall’antichità il maiale è stato sempre considerato un animale sacro agli dei, infatti l’etimologia del suo nome deriva dal latino "porcus maialis". Non è un’imprecazione😆, ma significa "porco sacro alla dea Maia", dea della fecondità e del risveglio della natura in primavera. Che è poi una delle Pleiadi, oltre a essere madre di Mercurio, quello con le alucce ai piedi 😎 che portava i messaggi degli Dei. Secondo la mitologia, il suino era anch’esso un messaggero degli dei - un aiutante di Mercurio insomma - e per questo osservando le sue viscere i sacerdoti traevano previsioni sugli eventi futuri (quando Mercurio era impegnato, mica poteva far tutto da solo 😂) Del Maiale, si sa, non si butta niente ! In particolare la testa, depilata e decerebrata, viene messa a bollire in una pentola con acqua speziata, insieme ad altre parti di carne come ritagli di pancetta, lingua e varie cotenne. Dopo ore di cottura, il tutto viene spolpato e miscelato a sale, pepe, noce moscata, cannella, alloro, scorza di agrumi grattugiati e altre spezie, a seconda della modalità di preparazione del produttore, che è molto variabile. Il prodotto viene poi riposto all’interno di una vescica di bovino o suino e appeso in un luogo fresco, asciutto e ventilato, per poi essere consumato entro pochi giorni, dato che non contiene alcun conservante 💪🏼 Ed ecco come nasce la famosa Coppa di Testa 😋, un insaccato dall’inaspettato sapore speziato e fruttato, prodotto secondo la tradizione di Norcia, che si è poi diffuso in Marche, Umbria, Toscana e anche in Emilia-Romagna, dove la sua ricetta viene realizzata con alcune piccole modifiche. Certo, l’avrete capito, non si tratta di un prodotto dietetico 😂, ma se si ha la fortuna di averla in regalo da qualcuno che la produce ancora in casa con i suoi maiali e gli antichi procedimenti...beh, una volta l’anno uno strappo alla regola non uccide nessuno 😉 Ecco allora la nostra volta l’anno (che forse, vista la quantità saranno due o tre 🤣 #machepeccato ) accompagnata da fragrante e squisito Pane al Rosmarino appena sfornato con licoli e Farina di Tipo2 @rieper.mehl.farina 💪🏻 Benvenuta Primavera (e suo messaggero) ! 🙋🏻‍♂️🙋🏼‍♀️😘 (presso Merano, Trentino Alto Adige, Südtirol) https://www.instagram.com/p/CNCE36Xl713/?igshid=mgske49f4tht
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littlevampire · 6 years
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Quando ti alzi al mattino con una chioma indomabile e ti sale il nervoso così tanto che alzeresti le alucce addosso al mondo intero! 🤣 #cinciallegra
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giancarlonicoli · 4 years
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15 giu 2020 14:27
LA VENDETTA DER BETULLA: "TRAVAGLIO È UNO DI NOI" - DOPO ESSERE STATO PER ANNI UCCELLATO COME GIORNALISTA-SPIA DI POLLARI, RENATO FARINA ADESSO GODE: "È ENTRATO NEL CLUB DEI BENEFICATI DELLO STATO DIVENTANDO UN ‘PRENDITORE’. IL SUO 'FATTO' HA APPROFITTATO DEL DECRETO SUL COVID E HA OTTENUTO DA UNICREDIT UN PRESTITO DA DUE MILIONI E MEZZO DI EURO CON GARANZIA DELLO STATO AL 90%" - AH, BEI TEMPI QUANDO "IL FATTO" RIVENDICAVA: "STIAMO A GALLA SENZA AIUTI PUBBLICI..."
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https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/39-39-fatto-39-39-finanziato-pure-giornale-travaglio-239197.htm
Renato Farina per Libero Quotidiano
Marco Travaglio è uno di noi. È entrato quatto quatto nel club dei beneficati dello Stato come un furbo gattone, fischiettando per non farsi riconoscere. Il suo Fatto quotidiano ha chiesto e ottenuto l' aiuto di Stato, per di più insaccocciato infilandosi nel novero dei bisognosi strozzati dal Covid-19.
La società di cui è azionista, la Seif, quotata in borsa, e il cui vero patrimonio è Travaglio stesso, vero capitale umano (e anche un po' disumano) del Fatto, di cui è direttore d' orchestra, primo violino e primissimo trombone, ha approfittato del decreto, ha chiesto e ottenuto un prestito da due milioni e mezzo di euro da Unicredit con garanzia dello Stato al 90 per cento.
Cioè, se dovesse andare a gambe all' aria la ditta, nessuno andrebbe a pignorare la sua macchina per scrivere e il suo computer, e neppure gli attrezzi a lui carissimi per il karaoke, ma ce li metteremmo tutti noi contribuenti.
Così va il mondo. Dopo essere diventato editore, medio imprenditore italiano, come direbbero i suoi amici e aficionados del Movimento 5 Stelle, Marcolino è diventato un "prenditore". Dicevano che era un mostro, insensibile ai morsi della fame e della sete (di denaro). Alla fine si è abbeverato.
Nessuno scandalo. Ma una lezione che possiamo riassumere con un antico slogan pubblicitario: cala Trinchetto, abbassa le alucce Travaglio che ti si spiumano. Marco e i suoi sodali hanno sempre vantato una sorta di immacolata concezione editoriale della loro creatura.
Hanno preteso il brevetto della purezza del loro prodotto, avrebbero usato inchiostro candido come la neve se appena appena si fosse potuto leggere, i loro articoli li hanno stampati sulle guance dei lettori come fossero baci di Biancaneve.
Nessun inquinamento dovuto a pubblico aiuto, trattato come un furto al popolo a scopo di prostituzione giornalistica. Ah Il Fatto, così diverso, così unico: vergine di quei costumi denunciati come corrotti e ricattatori per cui i quotidiani chiedono e ottengono "provvidenze".
LA PAROLA "Provvidenze". Questa parola a noi è sempre piaciuta, per la sua intensità etica manzoniana. Cosa c' è di più provvidenziale della libera stampa per impedire la cristallizzazione della democrazia in dittatura del pensiero unico? Ci sono beni strategici persino più dell' acciaio.
Guai se si lascia che l' unico criterio sia la brutalità del mercato. Potrebbero permettersi di aver voce solo gli imperi finanziari che se ne fregano delle perdite, perché i quotidiani per loro sono armi di guerra, e danno frutti lontano dalle edicole. In tutta Europa tutti gli Stati, in forme varie, e comunque sempre mettendo mano al borsellino, trovano la maniera di impedire che il campo del giornalismo veda l' egemonia di poche piante carnivore nutrite per servire interessi di élite.
Cercano di concimare anche le piantine, in nome di un indispensabile pluralismo. Non ho scritto "libertà" che è un concetto esagerato per descrivere il panorama dei nostri sforzi di penna e di parola. Ma siamo lì.
RIPENSAMENTO Negli anni scorsi, questo tipo di intervento era stato bollato come diabolico da Beppe Grillo. Al suo seguito Vito Crimi, sottosegretario all' editoria per conto dei grillini fino all' anno scorso, arrivò a un millimetro dal cancellare questa voce dal bilancio dello Stato. Ora stiamo assistendo a un ripensamento, grazie al sottosegretario Andrea Martella.
E Travaglio? Non si è espresso a parole ma con gli atti, che valgono più di cento dichiarazioni. Addio al respingimento di ogni aiuto, posto come valore fondativo del Fatto, di cui il primo e ottimo direttore Antonio Padellaro rivendicò il successo, passando il cappello di ammiraglio, con queste parole: «Stiamo a galla senza aiuti pubblici».
Marco si è fatto prestare il salvagente dallo Stato. Non lo accusiamo di incoerenza, la vita è complicata, e la morale specie dei moralisti è di circostanza, si adatta. Primum vivere, deinde philosophari.
Così Travaglio, dopo aver riempito ieri di fieno la cascina, siamo certi che oggi filosofeggerà che l' aiuto alla sua società è tutta un' altra storia, versando acido muriatico su tutti gli altri meno che su un angolo della propria coscienza. Ma sì, ti perdoniamo. Benvenuto nel club.
Come matricola che ha sempre respinto l' ipotesi di allungare la zampetta sull' erario, meriteresti un gavettone; ti starebbe bene un assaggio di nonnismo che è la cerimonia di iniziazione dei pivelli. Ma ci basta la constatazione nuda e cruda di questo tuo infilare pudicamente la mano nelle tasche di Pantalone. Come si chiamava quel personaggio che tu citi sempre del film "I soliti ignoti"? Ah sì: Capannelle. Viva le provvidenze e la libertà.
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il-contastorie · 5 years
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C’era una volta un re potente e saggio che ogni giorno, a pranzo, quando la tavola era sparecchiata e non c’era più nessuno, si faceva portare ancora un piatto, coperto, da uno dei suoi servi più fedeli. Solamente lui ne mangiava, poi lo richiudeva, e nessuno sapeva che cosa vi fosse dentro.
Un giorno avvenne che il servo, quando il re gli diede il piatto da portare via, non seppe resistere alla tentazione, lo portò nella propria camera, lo aprì e vi trovò dentro una serpe bianca.
Vedendola gli venne una tale voglia di mangiarne che non poté trattenersi: ne tagliò un pezzetto e se lo mangiò. Ma appena lo sfiorò con la lingua, udì con chiarezza ciò che si dicevano i passeri e gli altri uccelli davanti alla finestra e comprese così che capiva il linguaggio degli animali.
Ora avvenne che proprio quel giorno la regina smarrì uno dei suoi anelli più belli, e il sospetto cadde su quel servo. Il re lo rimproverò aspramente e minacciò di condannarlo come reo, se entro quel giorno non avesse indicato il malfattore.
Allora il servo si spaventò e non sapeva cosa fare. Inquieto, scese in cortile: là, vicino a un ruscello, le anatre riposavano tranquille e si facevano le loro confidenze.
Egli ne sentì una che diceva: «Che peso ho sullo stomaco! Nella fretta ho ingoiato un anello che era sotto la finestra della regina».
Subito il servo l’afferrò per il collo, la portò al cuoco e disse: «Ammazza prima questa, è ben pasciuta».
Il cuoco le tagliò il collo e quando fu sbuzzata le trovò nello stomaco l’anello della regina. Il servo lo portò al re che se ne rallegrò molto, e volendo riparare il proprio errore gli disse: «Chiedi ciò che vuoi, e dì quale carica desideri a corte».
Ma il servo rifiutò ogni cosa e chiese soltanto un cavallo e del denaro per il viaggio, poiché desiderava girare per il mondo.
Così se ne andò a cavallo e giunse a uno stagno dove tre pesci si erano impigliati nelle canne e boccheggiavano fuor d’acqua, lamentandosi di dover morire così miseramente. Egli capì le loro parole e ne ebbe pietà, così scese da cavallo e li rimise in acqua. Allora i pesci gridarono: «Ce ne ricorderemo e ti ricompenseremo!»
Egli proseguì e poco dopo udì, ai suoi piedi, un re delle formiche che diceva: «Se l’uomo girasse al largo con la sua bestia! Mi calpesta tante di quelle formiche!»
Egli guardò a terra e vide che il suo cavallo era entrato in un formicaio, allora deviò il cammino e il re delle formiche gridò: «Ce ne ricorderemo e ti ricompenseremo!»
Proseguì e giunse in un bosco; là due corvi, padre e madre, gettavano i loro piccoli fuori dal nido e dicevano: «Siete grandi a sufficienza per mantenervi da soli, noi non possiamo più sfamarvi».
I piccoli giacevano a terra, sbattevano le loro piccole alucce e gridavano: «Come possiamo mantenerci da soli! Non sappiamo ancora volare per procacciarci il cibo! Siamo costretti a morire di fame!»
Egli scese a terra, uccise il suo cavallo con la spada e lo diede in pasto ai piccoli corvi. Questi si avvicinarono saltellando, si saziarono e dissero: «Ce ne ricorderemo e ti ricompenseremo!»
Ora egli proseguì a piedi e, cammina cammina, giunse in una gran città. Un uomo a cavallo andava dicendo che colui che voleva diventare lo sposo della giovane principessa doveva eseguire un compito che ella gli avrebbe assegnato; ma se lo intraprendeva e non lo portava a termine, avrebbe perso la vita.
Nessuno voleva presentarsi, perché già tanti ci avevano rimesso la vita. Il giovane pensò: “Che ho da perdere? Tentiamo!”
Così andò davanti al re e a sua figlia e si annunciò come pretendente.
Allora lo condussero in riva al mare; gettarono un anello in acqua e gli ordinarono di ripescarlo. Gli dissero inoltre che se si tuffava e ritornava a galla senza l’anello, lo avrebbero ributtato giù per farlo morire. Poi fu lasciato solo, e mentre si trovava sulla riva e pensava che cosa mai potesse fare per prendere l’anello, vide avvicinarsi i tre pesci che egli aveva tratto dalle canne e rimesso in acqua. Quello di mezzo aveva in bocca una conchiglia, che depose sulla riva, ai piedi del giovane; e quando egli l’aprì ci trovò dentro l’anello.
Pieno di gioia lo portò al re e chiese sua figlia in sposa. Ma questa, quando udì che egli non era un principe, non lo volle. Uscì in giardino, rovesciò dieci sacchi pieni di miglio sull’erba e disse: «Dovrà raccoglierlo per domattina, prima che sorga il sole; e non ne manchi neanche un granello!»
Il giovane non sarebbe riuscito a portare a termine il compito se i fedeli animali non lo avessero aiutato. Di notte venne il re delle formiche e, con le sue mille e mille formiche raccolse tutto il miglio, lo ammucchiò nei sacchi e, prima che sorgesse il sole del mattino, aveva finito il lavoro senza che neanche un granello andasse perduto.
Quando la principessa venne in giardino e vide tutto ciò, si meravigliò e disse: «Anche se ha eseguito pure questo compito, ed è giovane e bello, non lo sposerò se prima non mi avrà portato una mela dell’albero della vita».
Ma i corvi che erano stati gettati dal nido e che egli aveva nutrito, erano cresciuti e avevano udito quello che voleva la principessa. Volarono via e ben presto uno di loro ritornò portando una mela nel becco e la lasciò cadere fra le mani del giovane. Quando questi la portò alla principessa ella lo accettò con gioia e divenne sua sposa. Alla morte del vecchio re, il principe ne ereditò la corona.
(fratelli Grimm)
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Image courtesy of lady Madalyn McLeod
L’immagine qui sopra è stata utilizzata con il consenso dell’autrice, Madalyn McLeod. È un’artista notevole e vi consiglio di seguire il suo profilo Instagram e di visitare il suo sito internet. Thank you Madalyn!
via Il Contastorie
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ladydragon-art-blog · 6 years
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Alucce #kawaii #charms 😊💕 . . . . . . . . . . . . . . #LadyDragonArt #kawaiicharms #resincharms #resin #creative #diy #diycraft #japanstile #resinjewelry #resincreations #resinpieces #uvresin #epoxyresin #epoxyresinart #handmade #handmadecharms (presso Sicilia, Italy) https://www.instagram.com/p/BvPNemNljTV/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=c0nltt3d1ox0
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cyberphantom92 · 7 years
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Astrid: the amalteian
NB: Questa è una storia che ho scritto io su un personaggio di mia invenzione per un gioco di ruolo realmente esistente. Se siete curiosi di saperne di più chiedete e se ne può parlare! //This is a background story for a character I created to play a board RPG game. If you are curious to know more about it please, leave a comment!
NBB(enissimo!): Se volete una traduzione dall’italiano all’inglese lasciate un commento, non ci metto molto! :) //If you want me to translate this story please, tell me!
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Le storie delle persone più importanti sono sempre tremendamente interessanti, ne ho lette parecchie seppur io sia così giovane ma mai sottovalutare una giovane testa.
Sono sempre stata convinta che più avrei letto per documentarmi e informarmi e più avrei avuto il tempo per farlo, peccato che al momento non sia cambiato assolutamente nulla. Il tempo è sempre quello, anzi, sembra diminuire sempre di più.
Non cambiamo argomento però, ho iniziato parlando delle persone importanti ed è da questo tema preciso che voglio continuare. Io non sono importante, sono una persona ordinaria e la mia vita credo che non abbia nulla di particolarmente interessante tranne, forse, per qualche particolare.
Cominciamo dalle presentazioni, innanzitutto mi chiamo Astrid e sono una guaritrice amalteiana. Sono nata ormai ventisette anni fa da Lyanna, morta il giorno in cui sono nata, e da mio padre Kyle, un pastore amalteiano.
E’ un peccato non aver conosciuto mia madre, mio padre dice che sono la sua fotocopia tranne che per gli occhi, che sono i suoi, se era buona almeno la metà di quanto lo è mio padre io posso considerarmi la ragazza più fortunata di tutto il creato.
Mio padre non mi ha mai fatto mancare nulla, tra cui il denaro per la mia formazione avvenuta in parrocchia. Perché proprio in parrocchia? Un po’ perché mio padre è amalteiano e un po’…perché sin da piccola ho sempre manifestato doti strane, cose che mio padre definisce un dono e che mi ha sempre detto di rispettare e lasciar maturare. Custodisco queste sue parole nel profondo del mio animo e le ho letteralmente fatte mie.
Lasciate però che vi spieghi meglio perché se vi parlo unicamente di poteri non rendo assolutamente l’idea, potreste scambiarmi per un truffatore che cerca di rubarvi il portafoglio mentre siete distratti da un qualche bislacco trucchetto da quattro soldi! No no no, io parlo di ben altro…qualcosa di più potente…qualcosa che devo imparare a controllare alla perfezione per il bene di tutti. Io non guarisco la gente con le medicine, io sono in grado di guarire le personw solamente posando sopra al dolore le mani e no, non sto scherzando.
Vi faccio un esempio elementare ma estremamente esplicativo. Avevo cinque anni quando tutto è accaduto per la prima volta.
Ero a giocare in un giardino poco distante da casa insieme a qualche altro bambino che abitava vicino a casa mia e mentre correvo mi sono accorta che a terra c’era un piccolo uccellino caduto da un albero su cui forse stava il suo nido. Era mezzo tramortito e si vedeva che faticava a respirare, le mie piccole mani lo continuavano a tenere ma non sapevo che fare…ero piccola, e non poterlo aiutare mi avviliva talmente tanto che mi misi a piangere. Iniziai ad accarezzarlo con delicatezza, triste, consapevole di non poterlo aiutare ma comunque non mi arrendevo e continuavo a coccolarlo come se le sole mie carezze potessero farlo stare meglio. E’ lì che mi sono accorta del fatto, soprattutto per l’urlo di una mia amica che senza che la sentissi si era messa vicino a me.
Le mie mani, le mie braccia, e piano piano le mie spalle si stavano riempiendo di piaghe e in tutto questo io non me ne ero accorta perché non mi procuravano dolore. Era come avere un neo per me, quindi assolutamente insignificante. Più prendevo coscienza di quelle ferite sul mio corpo, che si diffondevano a macchia d’olio, e più non soltanto mi sentivo diversa ma mi sembrava anche di vedere l’uccellino stare meglio. Da sdraiato e tramortito che era muoveva le alucce e si era pure appoggiato con le zampine sulle mie mani.
Le lacrime sono scomparse così come erano apparse e felice ho provato a correre da mio padre. O almeno ci avevo provato. Ero talmente stanca che sono svenuta non appena mi sono messa in piedi, l’uccellino è volato via e io sono rimasta lì, sdraiata sotto l’albero.
Mi risvegliai in camera mia con mio padre al mio capezzale e appena aprii gli occhi mi abbracciò e mi baciò la fronte. Si era spaventato parecchio mi disse, poi dopo quel momento di euforia si mise in silenzio. Mi spiegò quello che era successo, della guarigione dell’uccellino, e alcune persone avevano visto le piaghe sulla mia pelle che, appena arrivata da mio padre, sparirono nel nulla. Ero imbarazzata ma lui mi abbracciò, era il volere del Pancreatore, io ero destinata a curare le persone e l’avere un obiettivo anche se ero piccola già mi elettrizzava. Tutt’ora è l’obiettivo che muove ogni mia azione.
Dopo quell’esperienza, come ho detto prima, ebbi la mia prima formazione in parrocchia. Ho imparato il latino, almeno a leggerlo e a scriverlo, e ho scoperto leggendo molti testi che non sono l’unica, ci sono stati altri guaritori “speciali” come me. Diventare come loro, aiutare il maggior numero di persone possibile, ecco il pensiero che mi spinge a migliorarmi ogni giorno e ad imparare sempre più cose.
_______________________________________________________Thank you <3
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lineamara · 8 years
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L'usignolo e la rosa – Oscar Wilde
"Ha detto che ballerà con me se le porto rose rosse" esclamò il giovane Studente, "ma in tutto il mio giardino non c'è nemmeno una rosa rossa".
Dal suo nido nel folto della Quercia l'Usignolo lo sentì e guardò attraverso le foglie e si stupì. "Nemmeno una rosa rossa nel mio giardino!" ripeté e i suoi begli occhi si riempirono di lacrime. "Oh! Da che misere cose dipende la felicità! Ho letto tutto quello che i saggi hanno scritto, e possiedo ogni segreto della Filosofia; ma ora, poiché mi manca una rosa rossa, la mia vita è rovinata." "Ecco, dunque, un vero innamorato!" disse l'Usignolo. "Notte dopo notte ho cantato per lui, anche se non lo conoscevo: notte dopo notte ho raccontato la sua storia alle stelle e, finalmente, lo vedo. I suoi capelli sono scuri come il bulbo del giacinto, e le sue labbra sono rosse come la rosa che bramerebbe avere; ma la passione ha reso il suo viso pallido come avorio e il dolore ha impresso il suo sigillo sulla sua fronte". "Il Principe darà un ballo domani sera" mormorò il giovane Studente, "e il mio amore ci andrà. Se le porterò una rosa rossa, lei danzerà con me fino all'alba. Se le porterò una rosa rossa, la potrò tenere tra le mie braccia e lei appoggerà il suo capo sulla mia spalla e la sua mano stringerà la mia. Ma non c'è nemmeno una rosa rossa nel mio giardino, cosicché io siederò da solo e lei mi passerà vicino. Non si curerà di me e il mio cuore sarà spezzato". "Ecco, dunque, un vero innamorato!" disse l'Usignolo. "Per ciò di cui io canto, lui soffre: ciò che è gioia per me, per lui è sofferenza. Certamente l'amore è una cosa meravigliosa. È più prezioso di uno smeraldo e più raro del più splendido opale. Le perle e i granati non riescono a comprarlo, e nemmeno si riesce a trovarlo al mercato. Non può essere acquistato dai mercanti, né può essere pesato su un bilancino per l'oro". "L'orchestra siederà sul palco" disse il giovane Studente, "e suonerà, e il mio amore ballerà al ritmo dell'arpa e del violino. Danzerà con leggerezza, senza nemmeno toccare il pavimento e i cortigiani si affolleranno nei loro vestiti variopinti attorno a lei. Ma con me non ballerà: non ho una rosa rossa da donarle". Detto questo si gettò sull'erba e si coprì il volto con le mani e pianse.
"Perché sta piangendo?" chiese una piccola Lucertola verde, correndo accanto a lui agitando la coda in aria. "Perché, insomma?" chiese una Farfalla, mentre volava in un raggio di sole. "Perché, insomma?" sussurrò una Margherita alla sua vicina con voce bassa e sottile. "Sta piangendo per una rosa rossa" rispose l'Usignolo. "Per una rosa rossa!" esclamarono. "Che cosa ridicola!" E la piccola Lucertola, davvero cinica, gli rise in faccia. Ma l'Usignolo capì il segreto dispiacere dello Studente e rimase silenzioso, appollaiato su un ramo della Quercia, pensando al mistero dell'Amore. Improvvisamente, aprì le sue ali marroni e si librò nell'aria. Passò attraverso il boschetto come un'ombra, e come un'ombra volò attraverso il giardino. Al centro di un'aiuola cresceva un bellissimo Cespuglio di rose, e quando lo vide gli volò sopra, posandosi su di un piccolo ramo. "Dammi una rosa rossa" esclamò, "e ti canterò la mia canzone più dolce". Ma il Cespuglio scrollò il capo. "Le mie rose sono bianche" rispose, "bianche come la schiuma del mare, e più bianche della neve sulle montagne. Ma vai da mio fratello che cresce vicino alla vecchia meridiana, e forse lui ti darà quello che desideri". Così l'Usignolo volò sopra il Cespuglio di rose che cresceva vicino alla vecchia meridiana. "Dammi una rosa rossa" esclamò, "e ti canterò la mia canzone più dolce". Ma il Cespuglio scosse la testa. "Le mie rose sono gialle" rispose, "gialle come il capelli della ninfa marina che siede vicino al trono d'ambra, e più gialle dell'asfodelo che spunta nel prato prima che il giardiniere giunga con la sua falce. Ma vai da mio fratello che cresce vicino alla finestra dello Studente, e forse lui ti darà quello che desideri". Così l'Usignolo volò sopra il Cespuglio di rose che cresceva vicino alla finestra dello studente. "Dammi una rosa rossa" esclamò, "e ti canterò la mia canzone più dolce". Ma il Cespuglio scosse la testa. "Le mie rose sono rosse" rispose, "rosse come le zampe della colomba e più rosse dei grandi ventagli di corallo che ondeggiano nelle caverne dell'oceano. Ma l'inverno ha gelato le mie vene, e il gelo ha fatto cadere i miei germogli, e la tempesta ha spezzato i miei rami, e io non avrò più rose per quest'anno". "Una sola rosa rossa mi basta" insistette l'Usignolo, "solo una rosa rossa! Non c'è nessun modo per averla?" "C'è un modo" disse il Cespuglio, "ma è così terribile che non oso parlartene..." "Dimmelo" replicò l'Usignolo, "non ho paura!" "Se vuoi una rosa rossa" proseguì il Cespuglio, "devi costruirtela con il tuo canto alla luce della Luna, e colorarla col sangue del tuo cuore. Devi cantare per me con il petto squarciato da una spina. Devi cantare tutta la notte e la spina deve straziare il tuo cuore e il tuo sangue, il tuo fluido vitale, deve scorrere nelle mie vene, diventando il mio". "La morte è un caro prezzo da pagare per una rosa rossa" si lamentò l'Usignolo, "e la Vita è cara a tutti. È bello stare nel folto degli alberi e seguire il corso del Sole sul suo carro dorato e della Luna sul suo cocchio di perle. Dolce è il profumo del biancospino e dolci sono le campanule che si nascondono nella valle e l'erica che cresce sulla collina. Però l'Amore è più bello della Vita, e cos'è il cuore di un piccolo uccellino paragonato al cuore di un uomo?" Così l'usignolo distese le sue alucce marroni per il volo e s'innalzò in aria.
Passò il giardino sfiorandolo come un'ombra e come un'ombra volò dentro il folto del boschetto. Il giovane Studente stava ancora disteso sull'erba, come lo aveva lasciato, e le lacrime non si erano ancora asciugate nei suoi splendidi occhi. "Stai allegro" disse l'Usignolo, "stai allegro: avrai la tua rosa rossa. Te la costruirò con il mio canto alla luce della Luna e la colorerò con il sangue del mio cuore. Tutto quello che ti chiedo in cambio è che tu sia un buon innamorato poiché l'Amore è più saggio della Filosofia, benché essa sia saggia e più forte della stessa Forza, la quale è tuttavia potente. Le ali dell'Amore sono colore di fiamma e colore di fiamma è il suo corpo. Le sue labbra sono dolci come il miele e il suo alito è profumato come l'incenso".
Lo Studente alzò la testa dall'erba per ascoltare, ma non poté capire quello che l'Usignolo gli stava dicendo dato che conosceva solo le cose che sono scritte nei libri. Ma la Quercia comprese e si sentì triste, perché amava molto il piccolo Usignolo che aveva costruito il suo nido nel folto dei suoi rami. "Cantami un'ultima canzone" sussurrò, "mi sentirò molto triste quando tu non ci sarai più". Così l'Usignolo cantò per la Quercia e la voce gli uscì dalla gola come acqua che sgorga da un vaso d'argento. Quando concluse il suo canto lo Studente si alzò e tirò fuori di tasca un quaderno e una matita. ' È bella ' disse a se stesso, mentre usciva dal folto del boschetto ' e questo non si può negarlo; ma avrà del sentimento? Ho paura di no. In effetti è come la maggior parte degli artisti: è solo apparenza, apparenza senza sincerità. Non si sacrificherebbe per gli altri. Lei pensa solo alla musica e tutti sanno che le arti sono egoiste. Però bisogna ammettere che ha una bella voce. Che peccato che tutto questo non significhi niente o, comunque, non porti nessun beneficio pratico '. Si diresse, dunque, verso la sua stanza. Si gettò sul suo lettuccio e cominciò a pensare al suo amore; dopo poco si addormentò. E quando la Luna iniziò a splendere in cielo, l'Usignolo volò dal Cespuglio di rose e gettò il suo petto contro una spina. Tutta la notte cantò con il petto contro la spina e la fredda, pallida Luna si sporse ad ascoltare il suo canto. Tutta la notte cantò, e la spina penetrò sempre più profondamente nel suo petto, e il suo sangue, il suo fluido vitale, fuggì da lui. Dapprima cantò della nascita dell'Amore nel cuore di un ragazzo e una ragazza. E sul ramo più alto del Cespuglio di rose spuntò un fiore meraviglioso, petalo dopo petalo, man mano che una canzone seguiva l'altra. Era pallido, all'inizio, come la bruma che cala sulla riva del fiume nel primo mattino, e colore dell'argento, come le ali dell'aurora. Come l'ombra di una rosa in uno specchio d'argento, come l'ombra di una rosa in uno stagno, così si colorò il fiore che cresceva sul ramo più alto del Cespuglio. Ma il Cespuglio disse all'Usignolo di premere più forte contro la spina che gli trafiggeva il petto. "Premi più forte, piccolo Usignolo!" incitò il Cespuglio. "O il Giorno si alzerà prima che la Rosa sia spuntata". Così l'usignolo premette più forte e sempre più alta salì la sua canzone mentre cantava della nascita della passione nell'animo di un uomo e una donna. E un delicato flusso di colore tinse i petali del fiore, simile al rossore che coglie il volto del fidanzato mentre bacia la sua promessa. Ma la spina non aveva ancora raggiunto il suo cuore e per questo motivo il centro dei petali rimaneva bianco: solo il sangue del cuore di un Usignolo può arrossare il cuore di una rosa. E ancora il Cespuglio disse all'Usignolo di premere più forte contro la spina. "Premi più forte, piccolo Usignolo!" incitò il Cespuglio. "O il Giorno si alzerà prima che la Rosa sia spuntata". Così l'usignolo premette più forte e la spina trafisse il suo cuore: sentì una fitta dolorosa. Amaro, amaro fu il dolore e la sua canzone salì sempre più forte: cantava dell'Amore che è reso perfetto dalla Morte, dell'Amore che non può morire in una tomba.
E la meravigliosa rosa divenne cremisi, il colore del cielo ad oriente. Cremisi la ghirlanda dei petali e rosso rubino il cuore del fiore. Ma la voce dell'Usignolo divenne più debole e le sue piccole ali cominciarono a sbattere: un velo gli annebbiò la vista. Sempre più debole saliva la sua canzone e cominciò a sentire qualcosa che gli soffocava la voce in gola. Quindi cantò un'ultima volta. La Luna bianca l'ascoltò e si dimenticò dell'alba incombente, indugiando in cielo. La rosa rossa l'ascoltò e fu scossa da una specie di estasi, aprendo i suoi petali alla fresca brezza del mattino. L'eco portò il suo canto alla sua caverna purpurea sulle colline e svegliò i pastori dai loro sogni. Il suo canto galleggiò attraverso i canneti del fiume e arrivò fino al mare. "Guarda, guarda!" esclamò il Cespuglio. "La rosa ora è spuntata". Ma l'Usignolo non rispose perché giaceva morto nell'erba alta, con una spina piantata nel petto. E a mezzogiorno lo Studente aprì la sua finestra e guardò fuori. "Che fortuna incredibile!" esclamò. "Ecco una rosa rossa! Non ne ho mai vista una uguale in tutta la mia vita. È così bella che sono sicuro che deve avere un lungo nome latino". Si sporse e la colse. Si mise quindi il cappello e andò alla casa del Professore con la rosa in una mano.
La Figlia del Professore era seduta sulla soglia di casa ed era intenta a dipanare dall'arcolaio una matassa di seta azzurra. Il suo cagnolino era accoccolato ai suoi piedi. "Hai detto che avresti danzato con me se ti avessi portato una rosa rossa" cominciò lo Studente. "Eccoti la rosa più rossa del mondo. L'appunterai vicino al tuo cuore stasera e mentre balleremo ti dirà quanto ti amo". Ma la ragazza aggrottò le ciglia. "Ho paura che non si adatti al mio vestito" rispose, "e, inoltre il Nipote del Ciambellano mi ha mandato dei veri gioielli e tutti sanno che i gioielli valgono molto di più dei fiori". "Ebbene, parola mia, sei proprio ingrata" replicò lo Studente arrabbiato, gettando la rosa in strada. Il fiore cadde in un rigagnolo e la ruota di un carro la schiacciò. "Maleducato!" esclamò la ragazza. "Sei proprio maleducato. E dopo tutto chi sei? Solo uno Studente. In verità non credo nemmeno tu abbia fibbie d'argento alle scarpe come il Nipote del Ciambellano." Detto così, si alzò e rientrò in casa. "Che cosa sciocca è l'Amore!" esclamò lo Studente. "Non vale la metà della Logica: non dimostra niente, fa sperare in eventi che non succedono mai e fa credere cose che non sono vere. In effetti è poco utile, mentre in quest'epoca tutto deve essere utile. Tornerò alla Filosofia e studierò la Metafisica".
Così egli ritornò alla sua stanza, tirò fuori un vecchio libro polveroso e si mise a leggerlo.
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pangeanews · 6 years
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“Houellebecq è uno squalo, Alberto Savinio una foca e Borges il Michael Phelps della scrittura”: esplorazioni marine e letterarie con Valentina Fortichiari
Quando faccio avanti-indietro in un rettangolo di 25 metri pieno d’acqua, le piastrelle, in basso, sono le tessere di un mosaico che accerchiano un Cristo Pantocratore in assenza, e nonostante le zaffate di cloro, mi sembra di essere in cielo. Tra il nuoto e il volo c’è qualcosa di simile, al di là dell’azzurro intorno: inabissarsi, forse, significa ascendere, e il nuotatore, in fondo, afferra l’acqua come fosse una corda, una geologia del vento. Ho sempre pensato che ci sia sintonia tra il nuoto e la scrittura: la grazia come esito dell’obbedienza (allenamento!), la traccia che infine l’acqua – o il tempo in cui portare a maturazione gli occhi – assolve e divora, il corpo simile a un ideogramma. Di questo rapporto, Valentina Fortichiari – che è stata nuotatrice agonista, che ha vissuto lavorando nell’editoria, che è, parole sue, “rabdomante d’acqua” e “scrittrice d’acqua” – ha fatto la trama dei suoi libri, da Lezione di nuoto (Guanda) a Non ha mai quiete. Leonardo e l’acqua (2015), fino a quest’ultimo, edito da Bompiani, La cerimonia del nuoto, che comincia con un inno alla “magia del nuoto”, un repertorio dei rapporti simpatici tra gli scrittori e l’acqua (“Il nuoto occupava un posto significativo nella mente di Shakespeare. L’austero Goethe faceva il bagno tutto l’anno, persino di notte in pieno inverno, talvolta con pantaloni e panciotto, nel fiume che scorreva in fondo al suo giardino, a Weimar”), poi procede tra narvali (“l’unicorno dei mari”), squali, capodogli, cavallucci marini, foche (“Il vociare dei bambini la infastidiva, ma dopo tutto per lei era anche un modo per distrarsi, nel corso delle sue lunghe giornate sempre uguali e monotone. Ma il rumore no, quello no, proprio non lo sopportava”), con l’intenzione kiplinghiana d’intuire l’intimo della creatura. E poi ci sono racconti di creaturale nostalgia (Mio padre, nuotando). Così, con Valentina, dissennando lo smoking dell’intervista in muta oceanica, abbiamo giocato a fare un po’ di zoologia letteraria. (d.b.)
Intanto, cara Valentina, cosa c’entra il nuoto con la scrittura? Io penso che c’entri con il fatto che si entra in un elemento primordiale ma anche alieno – l’immaginazione è l’acqua, la mente è liquida – e che bisogna definire una disciplina al passo narrativo. Dimmi tu, però.
Sì, la tua è una interpretazione affascinante, alla quale non avevo pensato, grazie. Posso aggiungere che ‘per me’ nuotare e scrivere hanno in comune i sensi, che sono sempre in allerta, e dell’acqua fanno una bandiera di stile: rigore, essenzialità, levigatezza. L’acqua (e nuotare) mi ha aiutata ad…asciugare la scrittura, a lavorarla sino a renderla un osso di seppia, liscio, senza spigoli o scorie, levigato.
Vorrei fare un gioco. Avvicinare alcuni elementi che tocchi nel tuo libro (protagonisti del nuoto, animali marini) chiedendoti di paragonarli a scrittori o libri che ti riguardano. Cominciamo. Qual è il campione di nuoto che hai ammirato di più e qual è il ‘campione’ tra gli scrittori con cui hai lavorato, direttamente o meno?
È un gioco divertente, ci sto, proviamo. Nel nuoto ho ammirato Michael Phelps, per la sua nuotata di potenza e grazia, a farfalla (butterfly) o delfino che dir si voglia. Ma il campione americano, considerato il più grande nuotatore di tutti i tempi, era soprannominato “lo squalo di Baltimora”, forse perché non si è mai arreso, nella vita (cresciuto senza padre), nella carriera natatoria. Uno che ha lottato sempre, e anche questo di lui mi piace. Fra gli scrittori con i quali ho lavorato posso nominare solo l’indiano Vikram Seth, il più intelligente, vivace intellettualmente, divertentissimo. Era un piacere stargli accanto. È un grande nuotatore, che anche d’inverno nuota nella Serpentine a Londra, senza muta. Ha un passo lungo nella scrittura, al Ragazzo giusto (The suitable boy, il suo libro più importante e imponente), lavorò per una decina d’anni, con potenza, resistenza, grazia. Un romanzo paragonabile all’epopea dei grandi russi.
A questo punto, chi è il Michael Phelps della scrittura?
In pratica ho risposto, nominando Vikram Seth, ma se proprio vuoi un altro nome, aggiungo il nome di Jorge Luis Borges, l’incomparabile. La sua fantasia è un volo di farfalla, che si posa ovunque.
Quale scrittore, tra quelli con cui hai lavorato o che hai amato, è lo squalo? Naturalmente, il gioco funziona perché mi devi dare una sommaria spiegazione che giustifichi l’analogia.
Direi che ho amato, che continuo ad amare (ho appena divorato Serotonina) Michel Houellebecq. È uno squalo doc, le cui peculiarità – come nell’animale marino – sono la sfida, la temerarietà, la potenza di parola e d’immagine, la distruzione dei falsi miti dell’umanità, l’odio, la violenza.
E il cavalluccio marino?
E qui dovrei pensare alla delicatezza, alla grazia ancora (che a volte comunque io intendo come risvolto di garbo e carattere), alla mitezza, e persino all’inapparenza. Il cavalluccio marino deve imparare a difendersi da ogni predatore, viaggia lieve, lento, nuota e vola con le sue alucce, sa nascondersi e mimetizzarsi, è timido, non ama farsi vedere. È, fra le creature del mare, forse il mio preferito. Dunque è difficile, ma io vedo Robert Walser, che lasciò dopo pochi passi sulla neve – morendo – impronte lievi. Ma che lezione nella scrittura.
Lei è Valentina Fortichiari, autrice de “La cerimonia del nuoto”, oggi, in una fotografia di Arturo Zavattini
E il narvalo?
Oh qui siamo quasi nella natura preistorica degli esseri marini, il narvalo, quell’animale dotato di un grande dente che usa per combattere, e che lo rende così bello a vedersi. A me fa davvero pensare a un essere antidiluviano, e poi vive nel grande Nord. Non è facile, sai?  Quale scrittore o scrittrice ha il passo del grande Nord oppure rappresenta le radici irrinunciabili delle nostre letture? Potrei dire Salgari, che a me ha dato un imprinting magico da bambina, per l’avventura, la fantasia esuberante, la presenza del mare in ogni suo libro. Ma la mole, la scoperta della letteratura da assaporare lungamente, una scrittura lenta, maestosa, che si muove come il narvalo e occupa lo spazio di lunghi giorni e continua nella testa, lasciando segni indelebili, appartengono a Flaubert, Tolstoj.
A chi pensi pensando al “capodoglio solitario” e a chi pensi immaginando Moby Dick?
Il capodoglio solitario e la balena bianca, rarissima. Spesso si muovono senza compagnia e amano stare soli. Rappresentano il mare nella sua essenza più nobile, misteriosa, sconosciuta, abissale. Non posso che nominare i grandi scrittori del mare che amo da sempre, Melville, Stevenson, con le loro sinfonie delle profondità, ma – di recente – anche due libri magnifici: Leviatano di Philip Hoare (Einaudi) e Il libro del mare o come andare a pesca di uno squalo gigante di Morten A. Stroksnes (Iperborea).
In alcuni racconti, dimostri un certo fascino per il Nord, estremo. Ecco, chi è lo scrittore italiano più ‘nordico’ secondo te, che ha la tenacia e l’abisso di un fiordo?
Si, adoro i mari e i cieli del grande Nord. Se mi dici italiano non posso comprendervi Alice Munro e i suoi racconti, che mi hanno dato una felicità di lettura simile a quella provata con Cechov. Allora vorrei dire, senza esitazioni, Italo Calvino. Non è nordico, ma ligure, eppure la fantasia, la tenacia, la follia, l’abisso, la mutevolezza, io li sento. Pensa solo ai racconti de I nostri antenati.
Lo scrittore come foca: dammi un nome.
La foca giocherellona, la vitalità immaginifica, le acrobazie linguistiche: Alberto Savinio. E gli metto vicino Cesare Zavattini, non suoni scandaloso. I due hanno molti elementi comuni, più di quanto non sembri.
Chiudo. Un giudizio sulla letteratura italiana di oggi. Siamo in mare aperto, in un oceano ignoto, o in un tranquillo lago casalingo?
Non ho nessun titolo per giudicare, ma propenderei per… un tranquillo lago casalingo. Ma tu sai che il lago ha profondità che nascondono sorprese e a volte pericoli. Le acque di un lago non sono mai tranquille, e per nuotarci bisogna stare accorti. Magari un Loch Ness se ne sta sul fondo, pronto a stupirci. Nell’attesa, io continuo a leggere e rileggere Guido Morselli, la cui ‘tenuta’ letteraria oggi è sorprendente.
L'articolo “Houellebecq è uno squalo, Alberto Savinio una foca e Borges il Michael Phelps della scrittura”: esplorazioni marine e letterarie con Valentina Fortichiari proviene da Pangea.
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