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#carlo ditta
lecodellariviera · 11 hours
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“UN REGALO SPECIALE PER BEA”
-Pietrabruna ricorda con un murales Beatrice Grava-
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Il giorno 24 settembre 2024 in Piazza della Repubblica nel comune di Pietrabruna è stato inaugurato il murales realizzato dagli artisti Jori e Gioia.
Il paese ha festeggiato con un rinfresco lo svelamento del nuovo dipinto.
La creazione dell’opera è stata resa possibile grazie al supporto di Gloria Pirero, Gabriele Banaudo, Simone Robaldo, Carlo Dulbecco, Giacomo Rosso, Matteo Zucchi, ed Ernald Adrovic della ditta G. Pisani.
Si ringrazia per la collaborazione tutta la comunità di Pietrabruna che ha contribuito.
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aki1975 · 2 months
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Jacques-Louis David - Parigi - Malmaison - Napoleone valica il Gran San Bernardo - 1803
Napoleone ha costituito uno spartiacque nella storia d’Italia: la generazione cresciuta sotto il suo dominio ha sviluppato ideali che hanno portato al Risorgimento.
La storia della letteratura italiana, ai cui albori vi è la volgarizzazione del latino soprattutto in chiave goliardica e l’influenza di altre culture (Chretien de Troyes e i minnesanger cortesi) può essere descritta secondo le seguenti tappe.
1059 - Il normanno Roberto il Guiscardo riceve dal Papa il potere sull’Italia meridionale
1077 - Gregorio VII accoglie a Canossa Enrico IV all’apice della lotta per le investiture
1095 - Urbano II lancia la prima crociata, atto di forza politica dopo aver prevalso sull’Impero nella lotta per le investiture.
1168 - Fondazione di Alessandria
1176 - Federico Barbarossa sconfitto a Legnano dai Comuni della Lega Lombarda. Da quel momento l’Italia del Nord, in assenza di sovrani, è territorio dei Comuni.
1189 - Terza crociata con Filippo Augusto di Francia, Enrico I d’Inghilterra e Federico Barbarossa
1202 - Nella quarta crociata, Zara viene assediata a vantaggio di Venezia
1220 - Nipote del Barbarossa e figlio dell’ultima esponente dei Normanni di Sicilia, Costanza d’Altavilla, Federico II è eletto imperatore. Si sviluppa la scuola siciliana (Cielo d’Alcamo, Giacomo da Lentini) in un ambiente di confluenza fra la cultura araba filosofica e scientifica e quella normanna e cavalleresca: l’amor cortese è ideale, non reale.
1224 - Cantico della Creature (San Francesco)
1260 - Nella battaglia di Montaperti, i ghibellini prevalgono sui guelfi a Firenze, ma Farinata degli Uberti impedisce la distribuzione della città.
1266 - Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX, sconfigge Manfredi a Benevento. Gli Angioini dominano l’Italia meridionale.
1277 - dopo la battaglia di Desio, i Visconti a capo del Comune di Milano
1282 - I siciliani, dopo il trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, insorgono nei Vespri.
1284 - Pisa è sconfitta da Genova nella battaglia della Meloria
1289 - Con la battaglia di Campaldino sono i guelfi a prevalere a Firenze
1301 - Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, favorendo i Neri, entra a Firenze. Dopo aver mandato in esilio l’amico Guido Cavalcanti e il cognato Corso Donati, Dante è esiliato a sua volta mentre è a Roma in una ambasceria con Bonifacio VIII. A Firenze domina l’amor gentile (“Tanto gentile e tanto onesta pare”).
1306 - 1321 Divina Commedia
~ Tu sei il mio maestro e il mio autore
~ l’amico mio e non de la ventura
~ nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria
~ divenir del mondo esperto de li vizi umani e del valore
~ loco d’ogni luce muto
~ la gente nova e i subiti guadagni 
~ Libertà va cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta
~ State contenti, umana gente, al quia; ché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria
~ facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sè non giova, ma dopo sè fa le persone dotte
~ Credete Cimabue nella pittura, tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura
~ Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale
~ I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando
~ O voi ch’avete li ’ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ’l velame de li versi strani
1338 - Il Canzoniere (Petrarca), opera che non presenta più l’anelito mistico medioevale della Commedia, ma proprio per questo risulta connotata da una malinconia che segna la fine di un’epoca. L’amore di Petrarca è platonico, incapace di esprimere la vita vera eppure è più partecipato della lezione stilnovista.
~ E veggio ’l meglio, et al peggior m’appiglio
~ Italia mia, benché 'l parlar sia indarno
Solo et pensoso
Solo et pensoso i piú deserti campi / vo mesurando a passi tardi et lenti, / et gli occhi porto per fuggire intenti / ove vestigio human / l’arena stampi. / Altro schermo non trovo che mi scampi / dal manifesto accorger de le genti, / perché negli atti d’alegrezza spenti / di fuor si legge com’io dentro avampi: / sì ch’io mi credo omai che monti et piagge / et fiumi et selve sappian di che tempre / sia la mia vita, ch’è celata altrui. / Ma pur sí aspre vie né sí selvagge / cercar non so ch’Amor non venga sempre / ragionando con meco, et io co’llui.
1349 - 1351 Decameron (Boccaccio), eredità dell'enciclopedismo classico (Ovidio) e medioevale (Novellino), testimonianza della Peste nera, ma anche espressione di un mondo nuovo, lontano dagli ideali cavallereschi e dal misticismo medioevale, capace di aprirsi alla società comunale e borghese del tempo. Personaggi delle novelle sono: il mercante abbindolato Andreuccio da Perugio, l’innamorato Federigo degli Alberighi, Nastagio degli Onesti e il suo amore tossico, il venditore di reliquie Frate Cipolla, ….
1378 - tumulto dei Ciompi
1381 - Venezia e Genova si scontrano nella battaglia di Chioggia
1434 - Con il rientro dall’esilio a Venezia, Cosimo il Vecchio estende il potere dei Medici a Firenze. Per contrastare i dissidi fra le fazioni comunali, emergono le Signorie.
1454 - Con la Pace di Lodi, la Milano di Francesco Sforza, Venezia e la Firenze di Cosimo il Vecchio creano le condizioni per lo sviluppo del Rinascimento.
1478 - Congiura dei Pazzi
1483 - Orlando innamorato (Boiardo)
1490 - “Chi vuol essere lieto, sia. Del doman non c’è certezza” (Lorenzo de’ Medici). Le rime di Lorenzo, l’erudizione di Poliziano, la concretezza di Leon Battista Alberti rappresentano l’apice dell’Umanesimo prima che le vicende politiche ne decretino la fine.
1494 - Calata di Carlo VIII poi sconfitto a Fornovo, chiamato da Ludovico il Moro. I francesi, finita la Guerra dei Cent’anni, si rivolgono ad un’Italia ricca e divisa.
1498 - Morte di Savonarola
1513 - Il principe (Machiavelli, tanto homini nullum par elogium) in cui sono affrontate, senza vincoli morali, le virtù - quelle del leone e della volpe - che possono condurre alla nascita dello Stato. Ciò che stava avvenendo presso gli altri Paesi europei e non accadrà in Italia.
"Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro".
1516 - Orlando furioso (Ariosto). È il poema dell’immaginazione, dell’ironia, della fantasia: dipinge un mondo cavalleresco consapevole della sua fine, ma senza lo scherno di Cervantes che scriverà cento anni dopo, nel mondo successivo a Lepanto e alla scoperta dell'America. Senza valori cortesi o cristiani, con la perdita della ragione di Orlando sentenzia in metafora la fine del Rinascimento.
“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto”
1518 - Mandragola (Machiavelli)
1525 - Prose de la volgar lingua (Bembo)
1526 - Sonetti lussuriosi (Aretino)
1528 - Il cortegiano (Castiglione)
1530 Carlo V e Clemente VII (Giulio de’ Medici) ripristinano il potere dei Medici a Firenze. Ricordi (Guicciardini).
1552 - Baldus (Teofilo Folengo)
1555 - Galateo (Della Casa)
1559 - Pace di Cateau - Cambresis: Milano e Napoli sotto la dominazione spagnola
1563 - Emanuele Filiberto trasferisce la capitale del Ducato a Torino
1581 - Gerusalemme liberata (Tasso), effetto della battaglia di Lepanto (1571)
1589 - Della ragion di Stato (Botero)
1623 - Adone (Marino)
1647 - Rivolta popolare di Masaniello
1706 - A seguito della guerra di successione spagnola, Milano passa all’Austria
1737 - Si estingue la dinastia dei Medici: Firenze entra nell’orbita dell’Austria
1751 - La locandiera (Goldoni), donna borghese che intende sedurre i suoi nobili ospiti, è l’opera più famosa di un autore che supera lo schematismo della commedia dell’arte e inscena personaggi borghesi con un intreccio e un canovaccio preciso.
1763
Il giorno (Parini)
Storia dell’arte nell’antichità (Winkelmann)
1764 - Dei delitti e delle pene (Beccaria)
1798 - Le ultime lettere di Jacopo Ortis (Foscolo) da cui traspare la delusione per il Trattato di Campoformio
1803 - Alla sera (Foscolo)
Forse perché della fatal quïete / tu sei l'immago, a me sì cara vieni, / o Sera! E quando ti corteggian liete / le nubi estive e i zeffiri sereni, / e quando dal nevoso aere inquïete / tenebre e lunghe all'universo meni / sempre scendi invocata, e le secrete / vie del mio cor soavemente tieni / Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme / che vanno al nulla eterno; e intanto fugge / questo reo tempo, e van con lui le torme / delle cure onde meco egli si strugge; / e mentre io guardo la tua pace, dorme / quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
1806 - Vita (Alfieri)
1807 - Sepolcri (Foscolo)
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno / della morte men duro? / Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi / egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti
1816 - Con la pubblicazione dell'articolo "Sulla maniera e sull'utilità delle traduzioni" di Madame De Stael, in Italia si innesca il dibattito fra classico e romantico. Il romanticismo, reazione al regime neoclassicista francese, assegna all'arte (Schelling) la facoltà creatrice per eccellenza ponendo al centro la natura, il popolo, la Nazione, il Medioevo.
1821 - Ei fu (Manzoni)
Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro, / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro, / così percossa, attonita / la terra al nunzio sta, / muta pensando all’ultima / ora dell’uom fatale; / né sa quando una simile / orma di piè mortale / la sua cruenta polvere / a calpestar verrà. / Dall’Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno; / scoppiò da Scilla al Tanai, / dall’uno all’altro mar. / Fu vera gloria? Ai posteri / l’ardua / sentenza / Ei si nomò: due secoli, / l’un contro l’altro armato, / sommessi a lui si volsero, / come aspettando il fato; / ei fe' silenzio, ed arbitro / s’assise in mezzo a lor.
1828 - Sonetti (Belli)
1831 - Canti (Leopardi)
"Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta" (Nelle nozze della sorella Paolina)
1832 - Le mie prigioni (Pellico)
1842
I promessi sposi (Manzoni)
~ Pensino ora i miei venticinque lettori
~ Si racconta che il principe di Condé dormì profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi
~ Che vuol ch’io faccia del suo latinorum
~ Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire
~ All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle
~ Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi più familiari; torrenti, de’ quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!
~ E Dio non turba mai la gioia de’ suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande
~ La sventurata rispose
~ Comanda chi può e ubbidisce chi vuole
~ Il coraggio, uno non se lo può dare
~ Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune
1848 - Cinque giornate di Milano e prima guerra di indipendenza
1849 - il generale Oudinot e Luigi Napoleone (poi Napoleone III) costringono alla resa la Repubblica Romana di Mazzini e Garibaldi
1859 - Seconda guerra di indipendenza ed armistizio di Villafranca
1861 - Proclamazione del Regno d’Italia
1866 - Terza guerra di indipendenza e annessione del Veneto
1870 - Sconfitta francese di Sedan e conquista di Roma capitale d’Italia
1877 - Odi barbare (Carducci)
San Martino
La nebbia a gl’irti colli / piovigginando sale, / e sotto il maestrale / urla e biancheggia il mar; / ma per le vie del borgo / dal ribollir de’ tini / va l’aspro odor de i vini / l’anime a rallegrar. / Gira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando: / sta il cacciator fischiando / sull’uscio a rimirar / tra le rossastre nubi / stormi d’uccelli neri, / com’esuli pensieri, / nel vespero migrar.
Pianto antico
L’albero a cui tendevi / la pargoletta mano, / il verde melograno / da’ bei vermigli fior, / nel muto orto solingo / rinverdì tutto or ora, / e giugno lo ristora / di luce e di calor. / Tu fior de la mia pianta / percossa e inaridita, / tu de l’inutil vita / estremo unico fior, / sei ne la terra fredda, / sei ne la terra negra / né il sol più ti rallegra / né ti risveglia amor.
1881 - I Malavoglia (Verga)
1896 - X Agosto (Pascoli)
San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l'aria tranquilla / arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. / Ritornava una rondine al tetto: l'uccisero: cadde tra i spini; ella aveva nel becco un insetto: la cena dei suoi rondinini. / Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; / e il suo nido è nell'ombra, che attende, che pigola sempre più piano. / Anche un uomo tornava al suo nido: l'uccisero: disse: Perdono; / e restò negli aperti occhi un grido: portava due bambole in dono. / Ora là nella casa romita, / lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita / le bambole al cielo lontano. / E tu, Cielo, dall'alto dei mondi sereni, infinito, immortale, / oh! d'un pianto di stelle lo inondi quest'atomo opaco del Male!
1889 - Il piacere (D’Annunzio)
1902 - La pioggia nel pineto (D’Annunzio)
1908 - L’umorismo (Pirandello)
1916 - Il porto sepolto (Ungaretti)
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juarezesdeporte · 4 months
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NADA PARA NADIE
Ciudad de México.-Terminó el partido de ida de la Final del Torneo Clausura 2024 con el marcador empatado a uno entre el América y el Cruz Azil en la casa de la Máquina Celeste.
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Desde el minuto uno los azules buscaron generar peligro por la banda derecha con pases largos hasta que Jonathan dos Santos se equivocó en un pase retrasado y Luis Malagón terminó derribando a Uriel Antuna para que el árbitro marcara de inmediato la falta dentro del área.
Cruz Azul vs. América en el partido de ida
El campeón de goleo anotó su primer tanto en la Liguilla del Clausura 2024 para adelantar a la Máquina y hacer explotar el Estadio Ciudad de los Deportes.
La Máquina agarró confianza tras el gol de Antuna y tomó la posesión del esférico, pero el gusto les duró solo ocho minutos, pues en el 16 con una reñida jugada ofensiva, Henry Martin superó al defensa y se la puso fácil a Julián Quiñones para empujar el balón al fondo de las redes para igualar el marcador.
El partido se equilibró y se mostró intenso a la media cancha de donde se originaban jugadas de peligro en ambas porterías. Basado en su orden y cerrando líneas, las Águilas intentaban romper el ritmo de los cruzazulinos.
Rotondi en el minuto 28 le pegó furioso a la portería, pero Malagón logró controlar el esférico a dos tiempos. 10 minutos después volvió a rechazar un violento disparo de Rodrigo Huescas, quien aprovechó un rebote para sacar el espectacular tiro de larga distancia que lamentable para su causa, no terminó en las redes.
Así terminó el primer tiempo, con un Cruz Azul volcado adelante y un América que tomaba las cosas de manera serena, sin mucha intensidad.
Segundo tiempo
El complemento inició con el América volcado hacia adelante y estuvo a nada de tener la ventaja en el marcador, con un atajadón de Kevin Mier a un fuerte tiro de Henry Martín. En el rebote Julián Quiñones logró un contrarremate que el defensa Willer Ditta detuvo con la ingle para impedir que el balón se incrustara en el fondo de las redes.
El segundo tiempo empezó con un Cruz Azul queriendo dominar territorialmente, pero con las opciones de gol para el ave amarilla. América buscaba crear peligro por las bandas pero la zaga cementera frenaba una y otra vez para alejar el peligro.
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En el minuto 56 las Águilas  desaprovecharon un 'regalo' de Cruz Azul cuando Willer Ditta perdió el balón ante Julián Quiñones dentro del área y se lo cedió a Diego Valdés que disparó pero Piovi atajó para impedir que cayera un nuevo gol.
Al 65 en una jugada de profundidad de Israel Reyes, Quiñones se quitó al portero y golpeó el balón con dirección a gol pero en un esfuerzo sobrehumano Ditta corrió y cambió el rumbo del balón de manera poco ortodoxa pero efectiva. La máquina se volvía a salvar.
Ángel Sepúlveda entró de cambio en el minuto 70 por Lorenzo Faravelli para refrescar la ofensiva. Cinco minutos después el técnico Anselmi decidió refrescar su mediocampo y sacó a Carlos Rotondi sustituyendo a Erik Lira.
Jardine respondió a los cambios del rival: el capitan Henry Martin abandonó el terreno de juego cediendo su lugar a Bryan Rodríguez para intentar romper la zona defensiva de los locales.
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Al 80 Quiñones pagó la factura del esfuerzo continuo cayendo por calambres en una pierna. Mientras, Uriel Antuna fue mandado al banquillo para la entrada de Camilo Cándido en los últimos minutos del encuentro.
Tal parece que los dos técnicos se olvidaron del encuentro y con los cambios empezaron a pensar en el partido de vuelta. El partido se cerró conforme pasaron los minutos y en el 86 Julián Quiñones abandonó el campo cojeando y fue reemplazado por Javairo Dilrosun. Diego Valdés también abandonó la cancha y Richard Sánchez ocupó su lugar.
El árbitro agregó 8 minutos y en el 93 una jugada de Cruz Azul por la banda izquierda terminó en diagonal al centro del área donde Sepúlveda no logró rematar ante la marca azulcrema. 
Fidalgo abandonó la cancha en el 95 por Salvador Reyes.
El árbitro pitó el final al minuto 98 en un partido que no cumplió con las expectativas de lo que significa una final de futbol. Todo se resolverá el próximo domingo en la cancha del estadio Azteca.
Con información de elmanana.com.mx)
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lamilanomagazine · 6 months
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Sant'Oronzo ritorna in Piazza. Venerdì la conferenza storica sulla statua e sabato campane a festa nelle chiese di tutta la città
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Sant'Oronzo ritorna in Piazza. Venerdì la conferenza storica sulla statua e sabato campane a festa nelle chiese di tutta la città. Ancora pochi giorni e l'attesa finirà. La statua di Sant'Oronzo tornerà a svettare in cima alla colonna romana, al centro dell'omonima piazza intitolata al patrono della città, da sabato 13 aprile. Durante una cerimonia pubblica che inizierà alle ore 12, alla presenza del sindaco Carlo Salvemini e delle autorità, dopo la benedizione dell'Arcivescovo metropolita Michele Seccia, l'opera d'arte, commissionata dall'Amministrazione comunale alla Fonderia Nolana Del Giudice, sarà issata e collocata sulla colonna. Completata nell'atelier della Fonderia campana, sarà trasferita a Lecce nel pomeriggiodi giovedì 11 aprile, scortata dalla Banda Città di Lecce all'ingresso in piazza. La copia resterà temporaneamente alloggiata davanti al Sedile, a beneficio di tutti quelli che vorranno vederla da vicino, dal momento del suo arrivo in piazza fino alla mattina di sabato 13 aprile, quando sarà issata e fissata sulla colonna. Ad accompagnare musicalmente questo momento sarà la Banda Città di Lecce. Ospiti d'onore della cerimonia di collocazione di sabato saranno tutti i donatori e le donatrici che, attraverso lo strumento dell'Art Bonus, hanno contribuito a raccogliere la somma di 240.630 euro, necessaria per la realizzazione della copia della statua originale, custodita a Palazzo Carafa. Un traguardo che non si sarebbe potuto raggiungere senza la generosità della Banca Popolare Pugliese che ha donato 100mila euro, della ditta Ediltunnel di Lecce che ha contribuito con 70mila euro e di tutti coloro che hanno donato piccole cifre e somme più consistenti che saranno elencati (previo l'aver rilasciato il consenso) in un totem installato accanto alla copia nei due giorni in cui sarà esposta in piazza. Nel pomeriggio di venerdì 12 aprile, nella sala Open Space di Palazzo Carafa, alle ore 18.30, è in programma la conferenza "Il Patrono, la statua e la copia" dello storico dell'arte Raffaele Casciaro, consulente scientifico dell'Amministrazione comunale per conto dell'Università del Salento che ha seguito tutte le fasi dalla definizione della tecnica con cui fare la copia fino alla sua realizzazione e collocazione. Simile, quasi identico nella forma, diverso nella tecnica esecutiva, il nuovo simulacro di sant'Oronzo prende il posto dell'originale che, fragile e provato dal tempo, è stato messo al riparo. I cittadini e i visitatori rivedranno la sagoma del Patrono dominare la sua piazza, mentre continueranno a fruire da vicino, per ora nel vicino androne di Palazzo Carafa, della statua del 1739, ammirandone i dettagli e cogliendone gli aspetti (e i difetti) tecnici. Nella conferenza si parlerà della storia dell'originale, delle sue vicissitudini conservative, dei motivi per i quali non è potuta tornare sulla sua colonna e del processo che ha portato alla realizzazione della copia. Anche la Curia di Lecce ha approntato un programma religioso per festeggiare il ritorno del Santo Patrono in piazza. Giovedì 11 aprile, alle ore 9.30 verrà esposto in cattedrale il mezzobusto argenteo del santo conservato nel museo diocesano di arte sacra e verrà accesa la lampada votiva, quale segno di ringraziamento e di venerazione. Sabato mattina, alle ore 11.45 in cattedrale, l'arcivescovo con tutti i sacerdoti della città e i fedeli che vorranno, durante un breve momento di preghiera, affideranno la città e la diocesi al santo patrono prima di raggiungere processionalmente Piazza Sant'Oronzo per la cerimonia pubblica. Alle 12.30 tutte le campane delle chiese cittadine suoneranno a festa per celebrare la copia tornata sulla colonna. La realizzazione della copia è stata un'operazione collettiva che ha visto insieme il Comune e la Curia con la consulenza scientifica del Dipartimento di Beni culturali e del Dipartimento di Ingegneria dell'Università del Salento e il supporto della Soprintendenza. Oltre alla realizzazione materiale della copia, al trasporto e all'installazione, con i proventi dell'Art Bonus, è stata finanziata anche la produzione di un video-documentario e di un quaderno-volume a stampa sull'intero iter del progetto, dallo studio preliminare alla collocazione della copia sulla colonna, a cura di Emiliano Carico del Dipartimento di Beni Culturali di UniSalento, e la valorizzazione della statua originale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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L’intento è ben celato, ma evidente: smantellare la legge n. 185 del 1990, quella che introdusse in Italia “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”.
Prima, per cinquant’anni, era rimasta in vigore la legge fascista promulgata col Regio Decreto n. 1161 dell’11 luglio 1941, firmato da Mussolini, Ciano, Teruzzi e Grandi, con cui l’intera materia delle esportazioni di armamenti era stata sottoposta al “segreto di Stato”: niente passaggio parlamentare, nessuna trasparenza.
Il comparto militare-industriale non ha mai mancato occasione per lamentarsi dei lacci e lacciuoli imposti dalla nuova legge e non vedeva l’ora di potersene sbarazzare.
La 185 è figlia dello scandalo suscitato dalla ditta Valsella che vendeva armi sia all’Iran che all’Iraq.
É bene precisare che, dopo un anno in cui venne applicata con estrema trasparenza e seguendo criteri guida rigidi, è stata nei fatti resa sempre meno trasparente, per consentire di aggirarli.
Oggi stiamo arrivando all’epilogo.
Il disegno di legge approvato dal Senato ed presto in discussione alla Camera, sebbene prometta meri aggiustamenti formali, in realtà porterà alla cancellazione di ogni forma di controllo e trasparenza sul commercio di armi.
Il disegno di legge del governo, infatti, ripristina presso la presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (Cisd), composto dal presidente del Consiglio dei ministri, che lo presiede, e dai ministri degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle finanze e delle imprese e del Made in Italy. Questo comitato, previsto inizialmente dalla legge del 1990, ma subito cancellato, ha un’unica funzione e un unico scopo: porre il veto ai divieti alle esportazione di armi che il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), su proposta dell’Autorità nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), può decidere in applicazione delle norme stabilite dalla legge e delle decisioni votate dal Parlamento.
Non solo. L’elenco delle banche che finanziano il commercio d’armi, non sarà più reso pubblico ogni anno.
Ne abbiamo parlato con Carlo Tombola, tra i fondatori di Weapon Watch.
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colonna-durruti · 10 months
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Saverio Ferrari
NON CI SONO PIU' MISTERI SULLA BOMBA DI PIAZZA FONTANA
Saverio FERRARI
PIAZZA FONTANA, GLI ULTIMI DUECENTO METRI DEL PERCORSO DELLA BOMBA.
«Si è soliti dire che persista più di un mistero riguardo alla strage del 12 dicembre 1969 in piazza Fontana. Nulla di più falso. Sappiamo moltissimo, quasi tutto, di questa tragica vicenda. Non ci si lasci ingannare dalle sentenze. Nelle attività di indagine sono state acclarate le ragioni che ispirarono la strage in funzione di un salto di qualità nel percorso della «strategia della tensione» e messo a fuoco il complesso dei mandanti, tra vertici militari e ambienti Nato, complici ampi settori delle classi dirigenti e imprenditoriali, tentati da avventure eversive. Sono anche stati individuati gli esecutori materiali, ovvero gli uomini di Ordine nuovo, con il riconoscimento delle responsabilità personali di Franco Freda, Giovanni Ventura e Carlo Digilio.
Sulla base delle carte che si sono accumulate, interrogatori, confessioni, incrocio di indizi, sarebbe addirittura possibile ricostruire il percorso compiuto dalla bomba collocata all’interno della Banca nazionale dell’agricoltura. Ne riassumiamo i passaggi fondamentali, omettendo doverosamente alcuni nomi che pur sono emersi. Sono mancati, infatti, quei riscontri inoppugnabili che altrimenti avrebbero determinato dei rinvii a giudizio. Personaggi comunque ad oggi non tutti più processabili, dato il venir meno delle loro esistenze negli anni precedenti le indagini.
Dalla Germania in Italia
Sulla provenienza dell’esplosivo siamo in possesso di due versioni diverse. La prima è stata fornita dal generale Gianadelio Maletti, ex capo dell’Ufficio D del Sid, che in più occasioni (sia nel 2001 a Milano nel corso del dibattimento di primo grado nell’ultimo processo e sia in una lunga intervista nel 2010) ha sostenuto che fosse «esplosivo di tipo militare» e provenisse da una base Nato della Germania, poi transitato con un tir dal Brennero per essere alla fine consegnato a una «cellula» di neofascisti del Veneto. Questa versione è stata in parte ribadita dall’allora vice presidente del Consiglio Paolo Emilio Taviani che nelle sue memorie scrisse testualmente «un americano portò dell’esplosivo dalla Germania in Italia».
La seconda versione la fornì Carlo Digilio, l’armiere di Ordine nuovo, che parlò di un esplosivo prodotto in Jugoslavia, il Vitezit 30. Come noto un foglio di istruzioni per l’utilizzo di questo esplosivo fu rinvenuto nell’abitazione di Giovanni Ventura.
Da Mestre a Milano
L’esplosivo che sarà alla fine rinchiuso in una cassetta metallica Juwel (poco meno di tre chili), trasportato da due esponenti di Ordine nuovo nel bagagliaio di una vecchia 1100, venne periziato qualche giorno prima del 12 dicembre in un luogo tranquillo ai bordi di un canale a Mestre dall’esperto in armi della stessa organizzazione, Carlo Digilio. Il timore era che potesse deflagrare lungo il tragitto verso Milano. L’esperto li rassicurò a patto che venisse utilizzata un’altra vettura, con sospensioni adeguate. I due gli fecero presente che già si era pensato a una Mercedes di proprietà di un camerata di Padova. Una figura nota nell’ambiente, protagonista di azioni squadriste, con anche un ruolo pubblico nella federazione del maggior partito cittadino di estrema destra. La notte prima del viaggio, destinazione Milano, la Mercedes, di color verde bottiglia, venne posteggiata sotto la casa di un ancor più noto dirigente ordinovista.
Le bombe vengono assemblate
L’esplosivo doveva essere consegnato in un luogo sicuro, un ufficio in corso Vittorio Emanuele II con un’insegna posta all’esterno che all’imbrunire si accendeva di un color rosso. Qui la bomba, meglio le bombe (una era destinata alla Banca Commerciale Italiana di piazza Della Scala), vennero assemblate. I temporizzatori che dovevano innescarle, acquistati da una ditta di Bologna, davano un margine di un’ora. Gli uffici in questione offrivano un riparo sicuro, bisognava percorrere solo qualche centinaio di metri per raggiungere i posti prescelti per gli attentati. Nel caso di un qualche intoppo o contrattempo si poteva tornare velocemente sui propri passi e disinnescare gli ordigni. Un’operazione di questo genere non poteva essere certo affidata all’improvvisazione. Non si poteva neanche lontanamente pensare alla toilette di un bar o l’interno di una vettura posteggiata. Troppo rischioso.
Da corso Vittorio alla Banca
La bomba per la Banca Nazionale dell’Agricoltura venne portata a mano. Chi la trasportava non era solo. Uno di loro se ne sarebbe in seguito anche vantato in una festicciola tra camerati e con l’armiere del gruppo.
Provenienti da corso Vittorio Emanuele II, attraversata la Galleria del Corso, in piazza Beccaria, al posteggio dei Taxi, uno degli attentatori metterà in opera una delle più grossolane operazioni di depistaggio per incastrare gli anarchici. Rassomigliante a Pietro Valpreda farà di tutto per farsi riconoscere dal tassista Cornelio Rolandi. Si farà portare per 252 metri fino in via Santa Tecla, distante 117 metri a piedi dalla banca, per poi tornare al taxi, percorrendo in totale 234 metri a piedi, per non farne 135, ovvero la distanza da piazza Beccaria all’ingresso della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Si farà infine scaricare in via Albricci, dopo soli 600 metri, a soli 465 metri dalla banca.
Forse sappiamo tutto, anche cosa accadde negli ultimi duecento metri o poco più. Sarebbe possibile anche fare i nomi, ma siamo costretti a far finta di non saperli e a raccontare le mosse e gli atti di costoro come in un film o in un romanzo.
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Morì per strada dissestata, in Appello condanna a 1 anno e mezzo
Scende ad un anno e mezzo di reclusione la condanna per Alessandro Di Carlo, imputato per la morte di Elena Aubry, la 26enne deceduta nel maggio 2018 in un incidente in moto in via Ostiense. Di Carlo è il responsabile della sorveglianza detta ditta che vinse l’appalto per la manutenzione di quel tratto di strada. In primo grado l’imputato era stato condannato, in abbreviato, a due anni. I giudici…
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personal-reporter · 1 year
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Il grande scalone illuminato di Belgirate 2023
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Tornano le luci e i colori sullo scalone di Belgirate! Belgirate è un delizioso e storico borgo sul Lago Maggiore tra Arona e Stresa. Ville e dimore storiche, dove si è fatta la storia, vera. Personaggi storici, nobili, politici, filosofi, pittori, scrittori e romanzieri di ogni epoca sono passati da qui e da qui hanno preso anche spunto per le loro opere come Stendhal, Manzoni, Fogazzaro, Hemingway. Una delle più belle, particolari e romantiche chiese del lago, come quella dedicata a Santa Maria. Un lungolago piacevole, che offre uno sguardo privilegiato sul lago e che potrebbe veramente raccontare tante storie e che è stato fonte d’ispirazione per tanti. Uno dei posti più particolari di Belgirate è il lungo, ampio scalone che affianca la chiesa e porta nella parte più alta del borgo. Posto lungo la strada statale del Sempione è quasi nascosto alla prima occhiata, spesso sfugge a chi passa di fretta. In realtà è uno dei punti più interessanti e caratteristici del borgo. Lo scalone prende il nome dai Fratelli Cairoli, belgiratesi per ramo materno. E a Belgirate troviamo la seicentesca Villa Cairoli, costruita dai Bono, ricca famiglia belgiratese. Famiglia che diede i natali al Conte Benedetto Bono, primo commissario della Repubblica Cisalpina. Padre di Adelaide, madre proprio dei fratelli Cairoli, protagonisti del Risorgimento. Una dimora che ospitò tra gli altri, anche Garibaldi e molti altri personaggi della vita politica e culturale dell’800. Martedì 29 agosto alle 20.00, si terrà il tradizionale appuntamento con l’accensione dello scalone Cairoli, testimonianza di fede e poesia, con la scenografia creata da centinaia di lumini colorati. L’evento è in concomitanza con i festeggiamenti della Madonna Addolorata, uno dei simboli della cittadina sulla riva piemontese del Verbano. La processione della Madonna Addolorata, protettrice di Belgirate, ha una storia con radice lontane. Risale infatti a circa 300 anni fa, poi venne sospesa durante la seconda guerra mondiale e, dal secondo dopoguerra, si tiene l’ultima domenica di agosto. La chiesa parrocchiale di Belgirate, edificata verso l’anno Mille, sorgeva su un piccolo poggio ed era dedicata alla Purificazione di Maria. Il 1 novembre 1610 Carlo Borromeo fu proclamato santo e a Belgirate nel 1611 iniziarono i lavori per un oratorio in suo onore. Nel 1618 venne completata la cappella maggiore, come ricorda un quadro votivo del 1683 eseguito per ricordare la fine della pestilenza del 1631. Pochi decenni dopo l’oratorio di San Carlo, fu la nuova chiesa parrocchiale, poiché gli abitanti trovavano poca adatta la vecchia per la vita religiosa della comunità. L’arciprete Giuseppe Colombari nel 1715, fece scolpire la statua lignea della Vergine Addolorata come in segno di devozione per la miseria che affliggeva il paese e nel 1753 quattro grandi tele di Giovanni Battista Calzia con episodi della vita di San Giuseppe vennero collocate sulle pareti del presbiterio. Nel 1795 l’oratorio divenne la chiesa parrocchiale e prese il titolo di Purificazione di Maria Vergine e San Carlo. Un grande organo della ditta Bossi di Bergamo, che venne donato dal belgiratese Giuseppe Antonio Conelli, fu installato nel 1846. Nel 1853 il decoratore Carlo De Pedrini, realizzò, per conto di Elena Conelli, la doratura del pulpito e quella della statua dell’Addolorata. Nel 1904 il pittore torinese Luigi Morgari lavorò agli affreschi della chiesa, mentre il decoratore Luigi Secchi realizzò gli stucchi sulle lesene, sui cornicioni, sugli archi e nelle volte delle cappelle, e le cornici che inquadrano gli affreschi. Nel 1940, con arciprete don Francesco Ferri, venne collocato nella chiesa un nuovo portale in serizzo, dono delle benefattrici Valentina Tosi e Giovannina Prini Rossi e nel timpano una grande lapide con la dedicazione a Maria Vergine. Il 22 giugno 1997, furono collocati e benedetti gli amboni e un nuovo altare comunitario in legno di noce realizzati da don Giovanni Cavagna. L’idea di illuminare completamente lo scalone Cairoli, uno dei luoghi più noti della cittadina lacustre, nasce una trentina di anni fa, quando si ponevano dei lumini per le vie del borgo e proprio anche sullo scalone stesso, per la festa grande di Belgirate, quella della Madonna Addolorata, con la relativa processione. E solo da una decina di anni però che l’illuminazione dello scalone Cairoli è diventata sempre più imponente, bella e scenografia con addirittura una serie di disegni, diversi ogni anno, che raccontano il legame di Belgirate con la Madonna Addolorata e la forte fede di questi luoghi sul Lago Maggiore e nel Piemonte. Uno spettacolo davvero particolare, affascinante, con i lumini di vari colori che creano disegni, è una magia che si rinnova sempre diversa ogni anno. E che colpiscono in particolare i turisti che da ogni parte del mondo arrivano a Belgirate. Read the full article
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rtanoticias · 2 years
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Concejo estudia proyecto de presupuesto 2023
El Concejo de Valledupar realizó la continuación de la socialización del presupuesto general de rentas, recursos de capital y gastos del municipio de Valledupar para vigencia del año 2023.
El Concejo de Valledupar realizó la continuación de la socialización del presupuesto general de rentas, recursos de capital y gastos del municipio de Valledupar para vigencia del año 2023. Los responsables de esta sesión ordinaria fueron: Holmer Jiménez Ditta con la sectorial de Secretaría de Salud Municipal y Carlos Alfonso Araujo Castro Secretario de Hacienda Municipal, quienes fueron los…
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dustedmagazine · 6 years
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Dust Volume 4, Number 10
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Underworld and Iggy Pop photo by Rob Ashton Baker
The fall rush of record releases is in full swing, and unopened promos are piling up like leaves on hard drives, kitchen counters and office floors. We’ll never catch up, but that doesn’t mean it’s not worth trying, as Dusted writers crack open the obscure and the celebrated, the familiar and the new to us, the comfortably in our lanes and the way out there. As always this edition of Dust covers a lot of ground, from retro New Orleans R&B to grind to dream pop to some eyebrow raising cross-genre collaborations. There is also a surprising amount of improvised bass music. Contributors this time include Jennifer Kelly, Ian Mathers, Bill Meyer and Jonathan Shaw. 
Carlo Ditta — Pass the Hatchet b/w Life in Heaven (Orleans)
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After a lifetime of making other people sound good — as the songwriter for the Mighty Sam McClain, Willie Deville and others and as the long-time proprietor of Orleans records — Carlo Ditta carves out a space in the front for himself in this smoldering R&B single. “Pass the Hatchet” on side A revives a slithery 1966 classic by New Orleans songwriter Earl “Stereo” Stanley Oropeza, with Oropeza himself in tow. The song is a marvel of shimmery swamp guitars, squalling sax and back-slanting swagger, like Andre Williams in a deep ruminative groove. “Life in Heaven” is slower, blearier and more rickety, like a Tom Waits cut lost in the rain. There’s no hurry anywhere in these two sides, no particular urgency in catching your ear, but give it time and a moody magic will take hold, hot, humid and indolent.
Jennifer Kelly
 EMA — Outtakes from Exile EP (City Slang)
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As you might expect from an EP of offcuts from a very strong album, only a few of the five tracks on the newest release from Erika M. Anderson are truly essential, but nothing here is really lacking either. And those two tracks are at near opposite ends of the spectrum of EMA’s work; the 20-minute “Breathalyzer Instrumental (EMA Long Cut)” is pretty much what it says on the tin, one-third of an hour worth of the sinister, fuzzed out, gradually shifting drone and clang that underscored one of the highlights of Exile in the Outer Ring. To listeners not into this kind of thing it probably feels indulgent; for the converted, it could easily be doubled or tripled (or just, you know, looped). Whereas “From the Love That We Made,” which Anderson feels strongly enough about to play at recent shows is more distinctly song-like and intensely emotional in a way that links it to everything from Exile opening track “Seven Years” all the way back to Anderson’s “Cherylee” from her years in Gowns. The other three songs here are worthy of being collected (two being fun, darkly electronic tunes and “Anything Good” feeling like a dry run for “Down and Out” from the album with different subject matter) but it’s in those two tracks, one of which it feels like a shame there wasn’t room for on Exile and one which absolutely would not have fit in, that are the best reminders of EMA’s talents.  
Ian Mathers
  Billy Gomberg — Beginners (Dinzu Artifacts)
Beginners by Billy Gomberg
Billy Gomberg is no beginner. He’s been releasing music of his own and with Fraufraulein, a duo with Anne Guthrie, for nearly a decade. And the sound sources he uses on this tape are familiar ones — electric bass, urban field recordings, synthesizer and hand-manipulated objects. Even so, it feels like something new is happening here. Gomberg’s music has often seemed to stretch away from the listener, luring you to follow it through virtual expanses of space and time. Now it seems closer at hand, the sounds like sunning fish just under a pond’s surface. They’re simultaneously more recognizable and more processed that what he’s played in the past, creating a discreet reality that never quite loses its mystery no matter how often you play it.
Bill Meyer
 Brandon Lopez — Quoniam Facta Sum Vilis (Astral Spirits)
quoniam facta sum vilis by Brandon Lopez
One door closes, others open. Barre Phillips, the grand-père of solitary improvised double bass performance, has just closed out a half century of exploration with a final solo CD. In the same year, two musicians young enough to be his grandkids have taken up the gauntlet by releasing albums on Astral Spirits. Luke Stewart’s wasn’t quite solo; he gave his amplifier a co-starring role. But Brandon Lopez’s Quoniam Facta Sum Vilis is full-on mano a contrabass. Each of its eight tracks zeros in on a particular way to attack the instrument. Fittingly, “Vanitas” sounds like it arises from some great sonic depth to ascend to a writing platform. On “Lay,” stark figures blossom and twist like bursts of turbulent cloud erupting from a soon-to-blow volcano. The energy that Lopez expends on each track might give the listener pause. Will he stay in his corner? Will he throw the fight? No, he comes back for another round, and the listener’s the winner.
Bill Meyer
 Stefan Neville / Greg Malcolm — A Nuance (Feeding Tube)
A Nuance (2017) by Greg Malcolm + Stefan Neville
Sometimes you can listen to a record and know who engineered or produced it. Steve Albini, Steve Lillywhite, Roy Thomas Baker — these guys have a signature sound or respect for certain kinds of sound that stands out no matter who they’re recording. To that number, add New Zealander Stefan Neville. He’s mostly recorded himself, performing under the name Pumice, and anytime he gets his hands on the two-track he favors a blown-speaker distorted quality that’s unmistakably his own. That sound meets a song selection process that could best be described as “let’s call our favorite tunes and whack ‘em down” on this record, which was mostly recorded live one night in 2015 in Ohope, a surfer’s haven situated on the Bay of Plenty. Research turned up no evidence that Neville, who plays drums, keyboards, and tapes, and Malcolm, a marvelously idiosyncratic guitarist whose aesthetic cherry-picks the best of rock, jazz and the folk musics of the world, caught any waves while making this record. But their treatment of the Klezmer tune “Sirba” evokes mental images of dudes with sidecurls riding their boards right through that hole in your woofer. They aren’t confined to one mode of transportation, though; in their hands “Telstar” becomes an ode to a rocket ship held together by duct tape and the Scottish hornpipe “Banish Misfortune” soundtracks a dogged march through ruins.
Bill Meyer
 The Papercuts—Parallel Universe Blues (Slumberland)
Parallel Universe Blues by Papercuts
Jason Quever’s sixth album as Papercuts gets the balance between daydream and muscle right, shoring up his delicate melodies and shimmery guitar textures with drums in a way that much of his work between the stellar Can’t Go Back and now have not. Thus while tremulous organs and feathery fretwork strew glitter dust on tracks like “Mattress on the Floor,” while lush, choral harmonies buttress its wistful wondering, you don’t get lost in the clouds. A swaggering Spector beat punctuates airy “Laughing Man,” underlining the keen ache of its melody and resolutely preventing the cut from evaporating into mist. “Clean Living,” with its strident bowed cello and pounding toms, is even more emphatic, a drifty melancholia anchored to the here and now, and “Walk Backwards” slips a drum-pumping adrenaline into its narcotic haze. Quever’s world maintains its soft, evocative edges—there’s plenty of space for moody contemplation—but runs a through line of rhythmic motion from one end to another of his songs. Always lovely, his songs here are unusually purposeful and gripping.  
Jennifer Kelly
  Pig Destroyer — Head Cage (Relapse)
Pig Destroyer’s new LP opens with 20 seconds’ worth of Ray Noble and His Orchestra’s “Midnight, Stars and You” (which some listeners will recognize from a certain scene in Kubrick’s The Shining); over the strings, a cultivated English voice, sounding much like Margaret Thatcher, intones, “We will not be held responsible for any hearing impairments or damage caused to you from excessive exposure to this sound.” Then the record proper starts. It’s not a particularly new device, but it’s sort of funny, and it signals something about this record: Pig Destroyer are making music you can enjoy. That’s a big shift. On 2012’s terrific Book Burner, the band distanced themselves from the gratuitous gross-out splatter (and the even grosser misogyny) of earlier records like Terrifyer and Prowler in the Yard. But like that early music, Book Burner was a grindcore record: uncompromising, unrelenting, deeply pissed off. Head Cage varies the sonic palate. There’s still a heavy dose of grind, but there are also hearty portions of death metal, hardcore and even suggestions of slam. That’s not to suggest that the record is incoherent or opportunistic. Pig Destroyer have been at their craft for the better part of two decades, and all that experience shows. Songs this precise and athletic are hard to perform, and harder to compose. In addition to all the pace and volume, Pig Destroyer have discovered a groove: check out the supple bottom end and nigh-danceable riffing of “Army of Cops” and the first minute of “The Adventures of Jason and JR.” There’s even a sort-of love song. Fun may not have been on the agenda when Pig Destroyer were creating these songs, but it’s hard not to have some fun listening to this madly pinballing, energetic album. 
Jonathan Shaw  
 Quietus—Volume Four (Ever/Never)
Volume Four by Quietus
Geoffrey Bankowski makes slow, somnolent, surreal music, employing the usual tools of bedroom recording—hushed voice, lingering tones of guitar and piano, tape hiss—in hypnotic, idiosyncratic patterns. Here, simple melodies course through complex architectures of noise and music. A clarinet soars over clatter and dissonance. Odd, evocative fragments of lyrics drift in and out of focus. It’s a gentle ride, but surreptitiously wild, lulling you into calm, even as it takes you to some very odd places. “Airfield” for instance has a sleepy indie rock surface, all strummy guitar backdrop and whispered fantasies. Still anarchy lurks in the sounds between phrases, muted clashes and hums and booms suggesting a fight in the room down the hall. Likewise “Whisper into Muddy Cloth” slouches into being, a dirty rain of guitar chords pelting slack murmured phrases; it could be home-taped Pavement or nascent Silver Jews. And yet, a scrim of noise obscures whatever’s pop at the core of these songs, grounds them in a lo-fi bank of decomposing organic matter and makes them both realer and harder to grasp than you’d expect.
Jennifer Kelly
 Underworld/Iggy Pop — Teatime Dub Encounters EP (Caroline International)
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Other than, er, both appearing on the soundtrack of Trainspotting (the sequel to which was the catalyst to this EP, where soundtrack supervisor Rick Smith met with Iggy Pop and to the latter’s surprise were ready with a portable studio if he was willing to seize the moment…) it’s unclear how much overlap the fan bases of these two titans in their fields actually have, but the unexpectedly winning Teatime Dub Encounters ought to have something for both. “Bells and Circles” immediately establishes the mood, with a clearly whimsical Pop talking about having wings and smoking on airplanes and trying to pick up stewardess while Karl Hyde and opera singer/Smith’s daughter Esme Bronwen-Smith (both in fine voice) coax him into a refrain of “sunlight on my wings” that’s as beatific as anything on Barbara, Barbara We Face a Shining Future. While much of the EP’s material works in that register, with beautifully sculpted productions from Smith given an appealingly ramshackle feel by Pop’s vamping about losing his shirt and being trapped in the suburbs, there’s also the slightly melancholy, surprisingly moving “I’ll See Big,” where Pop reminisces about the nature of friendship and the way life changes relationships. As one element of a more joyous overall work it’s strongly effective, but much of Teatime Dub Encounters suggests neither Underworld nor Iggy Pop need are in any hurry to stop creating.  
Ian Mathers
 Various Artists — Seed Blunt / AC DC (Gilded Records)
Seed Blunt / AC DC by Vibrating Skull Trio // Packard/Hoogland
When two ensembles share a recording, one hopes to find some shared resonance. You could listen for a while and keep puzzling, but you don’t have to look too far to find the common vibe on this tape. Both sessions were improvised in Chicago, mostly by Chicagoans. Vibrating Skull Trio, which includes drummer Phil Sudderberg, prepared guitar player Eli Namay and clarinetist John McCowen, obtain an electronic-sounding foundation from the latter’s contrabass clarinet. Further pursuing paradox, their music feels patient even when it arises from the collision of agitated actions. Flip the tape and you’ll find a more fractious encounter between Dutch keyboardist Oscar Jan Hoogland and Chicago-based drummer Ryan Packard. Both men bring plenty of electronics into the fray, so that it often sounds like a sound clash between a drum machine and an old radio tuned to somewhere east of Istanbul. Electric sputter gives way to reluctant exchanges of feedback squiggles punctuated by cheap electric key plunks. The two sides of this tape don’t sound like each other, but they jointly make a strong case for not sounding like those who have come before you.
Bill Meyer
  Matt Weston—This Is Your Rosemont Horizon (7272 Music)
This Is Your Rosemont Horizon by Matt Weston
Chicagoans of a certain age will get the reference. But for the benefit of everyone else, the Rosemont Horizon was once the name of an arena situated just northeast of O’Hare Airport. Depending on your age and tastes, you might have had your life changed there by Madonna, Andrea Bocelli, Taylor Swift or Queen; this writer cherishes memories of a pretty rocking night involving Sonic Youth, Neil Young & Crazy Horse and thousands of pissed-off Neil Young fans. Matt Weston might have been there that night, but this record doesn’t sound like anything you’ve ever heard coming from any stadium PA. People move on, and Weston’s moved into an idiosyncratic extension of INA-GRM electro-acoustic composition filtered through some more contemporary rock and glitch moves. Keyboards dance, needles scratch and bump and monolithic sound walls grow out of the splatter and evaporate in the echoing space of some airport terminal. It’s just the thing for when you don’t want any questions answered.
Bill Meyer
 Xylouris White — Mother (Bella Union)
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George Xylouris and Jim White have, for three albums now, shown that their collaboration is among the best places to catch these two supremely talented musicians. Even existing fans of the Xylouris musical dynasty in Greece (George specializing in the lute-like laouto) and White’s drumming with the Dirty Three and Nick Cave’s band might have been surprised at just how much the two have shone together. With Mother, for the first time one of their albums begins with the big bang rather than moving towards it, with the one-two punch of the forbidding “In Media Res” and the incredibly fun “Only Love” beginning things strongly and the album gradually exploring less urgent rhythms until it winds up with a beautiful closing “Lullabye.” About the faintest praise you can damn Mother with is that it’s another excellent, compulsively listenable album from the duo, but whereas 2016’s Black Peak marked a leap forward from their debut, here there’s less of a significant progression than a refinement. And that’s not really a criticism; when you’re as adroit and compelling in conversation as Xylouris White is, it’s hard to hope for much more than many future albums like this.  
Ian Mathers
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perfettamentechic · 2 years
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Massimo Osti - Stone Island
Massimo Osti - Stone Island #stoneistand #massimoosti #creatoredistile #creatoredellamoda #perfettamentechic
Stone Island è un marchio italiano di abbigliamento fondato nel 1982 da Massimo Osti e dal dicembre 2020 di proprietà della Moncler. La sede operativa si trova nello stabilimento di Ravarino, in provincia di Modena. Lo stemma in panno ricamato caratterizza l’abbigliamento Stone Island, traspone la Rosa dei Venti alla maniera di uno stemma militare. Innovatore nel campo dei tessuti, a cavallo…
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gregor-samsung · 3 years
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“ Nelle vacanze addrizzavo i chiodi storti o uscivo con altri a trovare le suole vecchie all’immondizzaio, che mio padre usava al posto del cartone per le scarpe quando s’informano. Le mie sorelle e mio fratello Nicola si mettevano al banco quando mio padre andava in campagna. Nicola suonava il mandolino e aveva la testa per aria. Mi disse di rimanere in bottega per un po’ in sua vece, mi sentii padrone la prima volta di quei segreti, delle carte, della bilancia, dei tiretti. Non venne nessuno a comprare, non passava nessuno sulla strada, misi la mano nel tiretto dei soldi, li sentii suonare, erano freschi. Una due lire me la presi nascondendola nella scarpa. Arrivò Nicola, chiese se era venuto qualcuno, e disse: «Adesso, lévati le scarpe». Non mi vollero più in bottega, anche mio padre mi girava gli occhi addosso vedendomi entrare dietro il bancone. Stavo scrivendo una cartolina a una ditta quando due signori, più alti di mio padre, entrarono con le borse ai fianchi. Fecero vedere a mio padre delle cartoline lucide, io pure le toccai, mi piacevano, e le tennero appese al muro con le dita, erano belle, ornavano la bottega: «Dovete comprarle» dissero «una costa sei lire.» Mio padre disse di no. «Come? vi rifiutate? Qui è sotto l’alto patronato di sua Maestà il re.» Mio padre disse ancora di no. «Non potete rifiutarvi» disse uno «è obbligatorio, per l’igiene. Noi siamo della Federazione.» «Va bene» disse mio padre «faccio scrivere da mio figlio su un cartone a caratteri grossi le stesse parole, vediamo: “La persona civile non sputa in terra e non bestemmia”. Anche più grosso di questo. Mio figlio scrive stampato, è il primo della classe.» «Va bene» disse l’altro, «non volete? Si penserà.» Ma non se n’andavano. Allora mio padre mi fece paura per come li fissò; e sempre fissandoli che quelli si giravano sui tacchi, mosse la mano sinistra a cercare nel tiretto e gettò le sei lire sul banco e spinse forte il tiretto e io che ero appoggiato sentii tremare il banco; poi pacatamente mosse la destra che teneva il trincetto e tagliò la pelle secondo i modellini di carta. «Tu va sempre in chiesa» mi diceva a tavola «e mettiti sempre la camicetta nera come se io fossi morto, va sempre ai balilla, hai capito, perché questi sono fetenti.» Magari poco prima mi aveva notato gli occhi attenti alle sue bestemmie contro i comandanti e volgendosi a mamma aveva detto: «Ti ricordi che ti portai, a Roma, a vedere il punto di Matteotti?». “
Rocco Scotellaro, L' uva puttanella-Contadini del Sud, Laterza (collana Universale, n° 4; prefazione di Carlo Levi), 1977⁴, pp. 17-18.
[Prime Edizioni originali, postume: Laterza (collana Libri del tempo), 1956-1954]
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heresiae · 4 years
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... Perchè se è vero che la carica istituzionale che ricopro comporta indubbiamente delle responsabilità, alle quali non ho alcuna  intenzione di sottrarmi, è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto - folle - di una banda di rapinatori.”
mi piacerebbe parlare un attimo a quattrocchi con la Sindaca Appendino per capire giusto una cosetta.
io ho fatto l’assistente a un direttore tecnico per una ditta che organizzava eventi solo per 4 mesi e più di una decade fa, quindi non sono esattamente un’esperta del settore ma un paio di cose me le ricordo, a sufficienza da capire che, a questa frase, le si può rispondere tranquillamente con un sonoro “vaffanculo”.
quando si organizzano eventi, specie quelli grandi, ci sono svariati pali in culo da gestire, ma nessuno è terrificante e importante come quello della “sicurezza”.
perché dopo che ti sei assicurato che ci siano sedie per tutti, che il palco sia montato giusto, le luci ci siano e abbiano le gelatine a posto, l’audio funzioni e tutto l’ambaradan sia pronto per permettere allo spettacolo di iniziare e andare avanti, ti devi poi guardare intorno e chiederti: ok, cosa e quanto può andare storto e cosa posso fare per evitare che della gente muoia.
insomma, devi guardare la legge di Murphy nelle palle degli occhi e fare in modo che, anche nel peggiore degli scenari, finisca con al massimo un paio di gibolli.
che tu non ti potessi immaginare che una banda di rapinatori si sarebbe messa in azione usando spray urticanti, è vero, che qualcosa potesse scatenare il panico no. 
il panico è esattamente la prima cosa che ti devi aspettare quando pigi assieme migliaia di persone in una piazza chiusa su tre lati, ad assistere a un evento sportivo (animi caldi quindi) ad accesso libero. bastava un petardo in un momento di particolare animosità o concentrazione, una rissa, un gruppo di esagitati che si mettevano a far casino... ci sono anche fin troppe cose che possono scatenare il panico in una folla esagitata.
signora Appendino, lei e i suoi colleghi non siete stati condannati per le azioni di 4 rapinatori, siete stati condannati perché avete deciso di tenervi un ruolo organizzativo che non eravate in grado di gestire e avete toppato nella parte più fondamentale di un evento. quindi, mi spieghi, perché continua a vederla al contrario?
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lamilanomagazine · 6 months
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Modena, un nuovo defibrillatore per la città in via Emilia centro
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Modena, un nuovo defibrillatore per la città in via Emilia centro.  A donarlo la ditta Pulibell in sostituzione di uno stesso apparecchio la cui colonnina era danneggiata: il dispositivo medico, comunque funzionante, verrà offerto a una scuola.  È stato collocato nella mattinata di sabato 30 marzo, un nuovo defibrillatore automatico in via Emilia centro, in sostituzione del precedente. L'apparecchio, posizionato all'altezza dell'incrocio con via San Carlo, è stato donato dalla ditta Pulibell di Modena alla Croce Blu, che lo ha messo a disposizione della cittadinanza. La sostituzione si è resa necessaria per il danneggiamento della colonnina di custodia del dispositivo medico che tuttavia, pienamente utilizzabile, verrà donato a una scuola della città. Oltre al sindaco Gian Carlo Muzzarelli, che ha sottolineato come "l'unione fa la comunità e che qualunque donazione può contribuire alla sicurezza di tutti", hanno partecipato all'iniziativa il direttore Ausl distretto di Modena ⁠Andrea Spanò e l'amministratore di Pulibell s.r.l Matteo Bellanca. Il nuovo dispositivo mantiene la stessa collocazione del precedente, nei pressi del civico 147 di via Emilia centro. Lì, dal 2018, era presente un defibrillatore donato dalla Croce Rossa Italiana, poi sottratto dalla sua sede a maggio 2020, probabilmente in un atto di vandalismo. A poche settimane dal furto, grazie a una campagna di donazioni dei cittadini e al coinvolgimento solidale dell'associazione "Amici del cuore", era stata raggiunta una somma di oltre 1.200 euro che ha consentito di riacquistare il macchinario, destinato adesso a una scuola di Modena. A seguito, infatti, del danneggiamento della colonnina è stato collocato un nuovo defibrillatore donato dalla ditta Pulibell, che già in precedenza aveva offerto alla città due apparecchi, collocati davanti alla sinagoga di piazza Mazzini e all'esterno di Palazzo dei Musei. Il nuovo macchinario è un defibrillatore semiautomatico esterno (Dae) clinicamente avanzato e semplice da utilizzare dal professionista del soccorso come dal soccorritore formato. È dotato di metronomo per scandire il ritmo del massaggio cardiaco e di voce guida per l'assistenza e il supporto in ogni fase del soccorso, oltre che di un sistema di controllo da remoto per una verifica costante delle funzionalità e di alert in caso di utilizzo. Il dispositivo rientra nella rete cittadina dei defibrillatori collocati direttamente su strada, in luoghi strategici individuati anche sulla base delle chiamate al 118, e in edifici pubblici così come in palestre e nella gran parte delle polisportive. Anche diverse auto della Polizia locale di Modena sono dotate di defibrillatori a disposizione di agenti appositamente preparati. A gestire gli apparecchi collocati in strada è in particolare un gruppo misto formato da volontari del Gruppo comunale di Protezione civile e Croce blu, con il coordinamento della Polizia locale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Orso Teobaldo Felice Orsini, 1819-1858
«Sino a che l’Italia non sarà indipendente, la tranquillità dell’Europa e quella Vostra non saranno che una chimera. Vostra Maestà non respinga il voto supremo d’un patriota sulla via del patibolo: liberi la mia patria e le benedizioni di 25 milioni di cittadini la seguiranno dovunque e per sempre.» O.T.F. Orsini
Orsini nacque nel 1819 a Meldola, figlio di Giacomo Andrea Orsini e Francesca Ricci in giovane età venne affidato alle cure dello zio paterno Orso Orsini, a Imola; all'età di sedici anni Felice si rese responsabile dell’uccisione del cuoco di famiglia a cui era stata affidata la sua sorveglianza, fuggì immediatamente dopo il fatto e venne accusato di omicidio. Grazie all'amicizia dello zio con il vescovo di Imola Mastai Ferretti (futuro Papa Pio IX) i giudici che inizialmente lo accusarono di aver sparato volontariamente al cuoco, credettero alla versione di un colpo di pistola partito accidentalmente, fu così che il reato venne derubricato in omicidio colposo con una condanna a sei mesi di carcere. Riuscì a evitare la detenzione entrando in seminario, presso il convento degli Agostiniani di Ravenna ma Felice Orsini poco incline alla vita in seminario abbandonò il convento per trasferirsi temporaneamente dal padre a Bologna.
Nell'agosto del 1843 si trovò coinvolto nei moti di Romagna, la scoperta della sua società segreta “Congiura Italiana dei Figli della Morte” gli costò l’ergastolo presso la fortezza pontificia di Civita Castellana, da cui uscì nel 1846 grazie all'amnistia concessa da Pio IX. Nuovamente in libertà Felice Orsini si stabilì a Firenze, città d’origine della madre dove continuò a dedicarsi alla cospirazione, nel 1848 partecipò alla Prima Guerra di Indipendenza e una volta tornato a Firenze si sposò con Assunta Laurenzi. Orsini, convinto seguace di Mazzini continuò la sua attività rivoluzionaria nei territori dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana, nel 1849 prese parte all'esperienza della Repubblica Romana come deputato dell’Assemblea Costituente nel collegio della provincia di Forlì ma l’intervento dell’esercito francese a supporto del Papa costrinse Orsini a fuggire nuovamente.
Nel 1850 si stabilì a Nizza, qui fondò la ditta “Monti & Orsini”, impegnata nella vendita della canapa prodotta dallo zio Orso. Orsini pur avendo la possibilità di vivere una vita tranquilla, nel settembre del 1853 decise di guidare un tentativo insurrezionale tra Sarzana e Massa ma l’azione fallì sul nascere. Dopo l’ultimo disfatta decise di trasferirsi a Londra, nel 1854 organizzò altre due insurrezioni rispettivamente in Lunigiana e in Valtellina anch'esse fallite, ma fu durante un viaggio clandestino nell'Impero Asburgico che Orsini venne notato dalle autorità e arrestato il 17 dicembre del 1854, rinchiuso nelle prigioni del Castello di San Giorgio a Mantova, tra la notte del 29 e 30 marzo del 1856, grazie all'aiuto dell’amica Emma Siegmund, conosciuta anni prima a Nizza riuscì a corrompere le guardie e fuggire a Genova dove poté imbarcarsi verso l’Inghilterra.
L’evasione di Felice Orsini fece molto scalpore e la notizia della sua rocambolesca fuga trovò ampio spazio sui giornali di mezza Europa, tornato in Inghilterra accettò l’offerta di un editore per scrivere le sue memorie.
Nel 1857 conobbe il chirurgo francese Simon François Bernard, cospiratore e fanatico, fuggito dalla Francia per evitare l’arresto, riuscì ad affascinare con le sue idee Orsini, il quale si convinse della necessità di eliminare Napoleone III, la sua morte avrebbe fatto venir meno la protezione della Francia allo Stato Pontificio, facilitando così il processo di unificazione nazionale.
Felice Orsini dopo aver per anni supportato Mazzini giudicando la sua strategia “fallimentare” decise che l’attentato a Napoleone III fosse un atto giusto e indispensabile, l’assassinio di Napoleone III avrebbe provocato un’insurrezione in Francia che secondo i piani di Orsini avrebbe dovuto estendersi fino all’Italia. Fu così che Orsini ideò e realizzò cinque bombe a mano con innesco a fulminato di mercurio, riempite di chiodi e frammenti di ferro per aumentarne il potere distruttivo, ordigni rudimentali ma incredibilmente efficaci tanto da essere riutilizzati in altri attentati e passati alla storia come “Bombe all’Orsini”. Giunto a Parigi, Orsini reclutò altri tre congiurati: Giovanni Andrea Pieri, Carlo di Rudio e Antonio Gomez, giunse la sera del 14 gennaio del 1858 e intorno alle 20.30 il gruppo guidato da Felici Orsini scaglia le bombe contro la carrozza dell’Imperatore in procinto di raggiungere l’ Opéra lirica di rue Le Peletier per assistere alla rappresentazione del Guglielmo Tell di Gioachino Rossini.
Il primo ordigno venne scagliato da Gomez, seguirono quello Di Rudio e il terzo di Felici Orsini, Carlo di Pieri non riuscì a partecipare all'attentato in quanto venne riconosciuto durante un controllo di Polizia come clandestino. La deflagrazione delle bombe fu devastante, l’attentato provocò letteralmente una carneficina tra la folla in attesa dell’arrivo di Napoleone III, la blindatura della carrozza riuscì a proteggere la vita dell’Imperatore che ne uscì illeso. Felici Orsini e gli altri congiurati si diedero alla fuga riuscendo a scappare dal luogo dell’attentato ma vennero fermati dalla polizia poche ore dopo. Antonio Gomez fu il primo ad essere arrestato, il suo comportamento nervoso e agitato non passò inosservato e una volta sottoposto a interrogatorio cedette quasi subito confessando i nomi degli altri attentatori, Orsini ferito ad una guancia si liberò della bomba rimanente e della pistola, dopo aver ricevuto una medicazione in una farmacia non molto distante dal luogo dell’attentato si recò nella sua abitazione dove venne arrestato poco dopo dalla polizia.
Orsini fallì l’attentato contro Napoleone III, il suo atto provocò la morte di 12 persone e il ferimento di altre 156, l’orrore della carneficina suscitò sgomento e rabbia nell'opinione pubblica francese.
Orsini e gli altri vennero portati difronte ai giudici, il processo fu breve e nulla valse la difesa dell’avvocato Jules Favre che cercò di non fa passare Orsini come criminale e assassino ma piuttosto un patriota che combatteva per liberare il suo paese dall'oppressione e dalla tirannide. Felice Orsini e Giovanni Andrea Pieri vennero condannati a morte, gli altri due cospiratori vennero condannati all'ergastolo, da scontare attraverso i lavori forzati nell'infernale prigione della Caienna nella Guyana francese.
Fallito l’attentato, Orsini affrontò coraggiosamente il processo e la morte avvenuta il 13 marzo del 1858. Le sue ultime parole prima di essere ghigliottinato gridate con fierezza e decisione furono: “Viva l’Italia! Viva la Francia!”
«Poo po po po po pooo po!» Anonimo, 2006
Prima che fosse condannato a morte, dalla prigione scrisse una lettera a Napoleone III […] che lesse la lettera a lui indirizzata, le parole di Orsini lo colpirono e inaspettatamente acconsentì alla pubblicazione sui giornali.
L’attentato di Felice Orsini e la sua condanna a morte indirettamente, accelerarono il processo di avvicinamento fra la Francia e il Piemonte culminato con gli accordi di Plombières siglati da Camillo Benso Conte di Cavour, il 21 luglio del 1858.  [Living History]
 Di Rudio fu anche al centro di un mistero che non è ancora stato completamente svelato e riguarda i nomi di tutti i componenti dell’attentato. Difatti allo storico Paolo Mastri, che gli scrisse nel 1908 poco prima della morte chiedendogli precisazioni, Di Rudio rispose di aver visto personalmente Felice Orsini consegnare una delle sue bombe nientemeno che a Francesco Crispi. Inoltre Di Rudio sostenne che sarebbe stato proprio Crispi e non Orsini a lanciare la terza ed ultima bomba contro il corteo imperiale. L'esplosiva rivelazione scatenò una furiosa polemica internazionale, che dall'Italia fu ripresa anche dai giornali francesi.
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