Tumgik
#che fa i laboratori di musica
omarfor-orchestra · 2 years
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Buongiorno sto facendo una cosa che non avrei dovuto fare
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aitan · 2 years
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La poesia moderna non canta più… striscia.
Però ha il privilegio della distinzione… non frequenta le parole malfamate, anzi le ignora.
Si prendono le parole con le pinze: a “mestruale” si preferisce “periodico”, e si ripetono dei termini medici che non dovrebbero uscire dai laboratori o dai trattati di medicina.
Lo snobismo scolastico che consiste nel non usare in poesia che certe parole ben definite, nel privarla di certe altre, che siano tecniche, mediche, popolari o dialettali, mi fa pensare al prestigio dei baciamano e delle vaschette lava dita.
Non sono le vaschette lava dita a rendere le mani pulite né il baciamano crea la tenerezza.
Non è la parola che fa la poesia, è la poesia che illustra la parola.
Gli scrivani che fanno ricorso alle dita per sapere se tornano i conti dei piedi, non sono dei poeti: sono dei dattilografi.
Oggigiorno il poeta deve appartenere ad una casta, a un partito o al bel mondo.
Il poeta che non si sottomette è un uomo mutilato.
La poesia è un clamore e deve essere ascoltata come la musica.
La poesia destinata ad essere soltanto letta e rinchiusa in veste tipografica non è ultimata. Il sesso le viene dato dalla corda vocale così come al violino viene dato dall’archetto.
Il riunirsi in mandrie è un segno dei tempi. Del nostro tempo.
Gli uomini che pensano in circolo hanno le idee curve.
Le società letterarie sono ancora la Società.
Il pensiero messo in comune è un pensiero comune.
Mozart è morto solo, accompagnato alla fossa comune da un cane e da dei fantasmi.
Renoir aveva le dita rovinate dai reumatismi.
Ravel aveva un tumore che gli risucchiò di colpo tutta la musica.
Beethoven era sordo.
Si dovette fare la questua per seppellire Bela Bartok.
Rutebeuf aveva fame.
Villon rubava per mangiare.
Tutti se ne fregano.
L’Arte non è un ufficio di antropometria. La Luce si accende solo sulle tombe.
Noi viviamo in un’epoca epica ma non abbiamo più niente di epico.
Si vende la musica come il sapone da barba. La stessa disperazione si vende, non resta che trovare la formula giusta.
Tutto è pronto: i capitali
La pubblicità
I clienti.
Chi dunque inventerà la disperazione?
Con i nostri aerei che fregano il sole.
Con i nostri magnetofoni che si ricordano delle “voci ormai spente”, con le nostre anime ormeggiate in mezzo alla strada, noi siamo sull’orlo del vuoto, confezionati come carne in scatola, a veder passare le rivoluzioni.
Non dimenticate che l’ingombrante nella Morale, è che si tratta sempre della Morale degli Altri.
I canti più belli sono quelli di rivendicazione.
I versi devono fare l’amore nella testa dei popoli. Alla scuola della poesia non si impara: CI SI BATTE.
Leo Ferrè
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micro961 · 6 months
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Biagio Accardi - “Il bene”
Il nuovo singolo del cantautore calabrese è il primo estratto dal nuovo album “Fai che accada” in uscita il 29 marzo.
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«Così come non esiste il giorno senza la notte, non può esistere il bene senza il male, e viceversa. Dobbiamo riconoscere e accettare entrambe le entità e curarne l'aspetto migliore, poiché il bene si annida nei posti più segreti». Biagio Accardi
“Il bene” è il nuovo singolo di Biagio Accardi, performer e autore musicale calabrese le cui sonorità sono ispirate al panorama della World Music.
Il singolo, prodotto da Talìa Produzioni, etichetta discografica indipendente, è il primo estratto dal disco “Fai che accada” in uscita il prossimo 29 marzo.
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Il bene è un invito ad accettare e accogliere gli accadimenti, senza escludere il male, seppur non accettandolo passivamente. Per Accardi, che negli ultimi anni è impegnato nel comprendere il potere “terapeutico” della musica, non esiste una contrapposizione tra i due elementi, ma un’unica forma da contemplare poiché tra le due forze esiste una completezza, un equilibrio.
Nella sognante canzone “Il bene”, la voce di Biagio Accardi è accompagnata dalla finezza del violino e della viola di Massimiliano Gallo.
Il singolo precede l’uscita dell’album “Fai che accada”, composto da 9 brani, alcuni dei quali cantati in dialetto, in cui si rimarca fortemente il legame dell’autore con la storia e il suo territorio. Il disco arriva dopo i precedenti lavori “Rit​ü​ale - Shamanic Meditation” (2023), “Antiche Forze” (2021) e “Parole” (2019).
Biagio Accardi porterà presto i nuovi brani in concerto, con le prime date previste in Bretagna, dal 20 aprile al 5 maggio a cui seguirà il tour italiano in definizione.
Biagio Accardi è performer, viaggiatore, autore di canzoni, libri e produzioni teatrali. Le sonorità delle sue canzoni sono ispirate al panorama della World Music e sono state definite “un affresco poetico e ammaliante dall'intenso potere arcaico”.
Fondatore dell'Eco Campo degli Enotri, realtà innovativa che unisce ecologia, arte, spettacolo e spiritualità, impegnato negli ultimi anni a comprendere il “potere terapeutico” del suono, approfondito in seminari e corsi tra cui i laboratori di canto armonico con Tran Quan Hai e una formazione come musicoterapeuta, è ideatore di "Viaggiolento", una passeggiata che svolge nel Parco Nazionale del Pollino insieme alla sua asina Cometa per riscoprire il bello della lentezza, raccontata nel libro “Viaggiolento nel Pollino. In cammino con il cantastorie” (Andrea Pacilli Editore, 2016).
Dal 2006 al 2010 fa parte del trio di musica tradizionale calabrese I Nagrù, esibendosi in numerosi festival internazionali, da questa collaborazione viene alla luce il lavoro discografico “A nasci e a morì e ‘na cantata”, opera che è stata distribuita solo su supporti fisici.
Nel 2010 pubblica il primo album “Fuoco” iniziando la sua carriera di compositore. Nel 2011 realizza lo spettacolo “Canto e Cuntu”, ideato dopo un’attenta ricerca sulle tecniche e i repertori dei cantastorie e dei guaritori della tradizione del Sud Italia. Il tour dello spettacolo tocca diverse tappe nelle città Europee. Dall’esperienza uscirà nel 2013 il libro e cd audio “Cantu, cuntu… e mi ni fricu!”. Lo stesso anno riceve il premio Francesco Manente per aver esportato la cultura locale e le tradizioni del sud a livello nazionale e internazionale, inoltre viene ospitato dal programma televisivo "Buongiorno Regione tg3".
Nel 2015 pubblica l'album “L’albero che cammina” dalla quale prende spunto per lo spettacolo “Kairos”, mentre nello stesso anno ha l’occasione di suonare le sue musiche ad una performance del poeta americano Jack Hirschman.
Nel 2019 pubblica l’album “Parole” e nel 2020 i singoli "Grande spirito” e “Aspetto la marea". Con questo nuovo repertorio apre il concerto di Francesco Baccini durante la rassegna “Note al Tramonto” di Sangineto (Cs). Sempre nel 2020 si esibisce al “Festival Nazionale dei Cantastorie” sullo stesso palco con il grande “mastru cantaturi” Otello Profazio. Continua la sua produzione musicale pubblicando nel 2021 l’album “Antiche forze”, dalla quale trae le musiche per un nuovo spettacolo che viene interamente arrangiato nella versione live dal bardo e musicista Andrea Seki, uno tra i più importanti suonatori di arpa celtica, realizzando numerosi concerti in tutta Europa con il tour “Zèphyr - Ritual Meditation Sound”. Dalla collaborazione con Andrea Seki nasce il singolo “Invocation to the mother” e la partecipazione al singolo “Errare Humanum Est” del cantore bretone Kristen Nikolas, opera prodotta dall’etichetta discografica Atlanteans Resonances Records diretta dallo stesso Andrea Seki.
Nel 2023 pubblica l’album “Rit​ü​ale - Shamanic Meditation” e il libro di poesie “Foglie tra i palazzi" (Introterra Edizioni), haiku e acquerelli ispirati al personale percorso di ricerca dell’artista. Lo stesso anno fonda il collettivo artistico “Talìa Produzioni” e l’omonima etichetta discografica. “Il bene” è il suo ultimo singolo pubblicato il 15 marzo 2024, primo estratto dal suo nuovo album “Fai che accada” in uscita il 29 marzo, lavoro che vede la collaborazione con il musicista madrileno Luis Paniagua.
CONTATTI E SOCIAL
www.biagioaccardi.com
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lamilanomagazine · 8 months
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Bologna, un'area verde in Piazza Santo Stefano in memoria di Claudio Abbado
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Bologna, un'area verde in Piazza Santo Stefano in memoria di Claudio Abbado A dieci anni dalla scomparsa del Maestro Claudio Abbado, avvenuta il 20 gennaio 2014, Bologna intende ricordare e allo stesso tempo celebrare il grande Direttore d'orchestra, attraverso un segno permanente: la dedica di un prezioso spazio pubblico nel cuore del centro cittadino. L'area individuata è l'area verde situata a fianco della Basilica di Santo Stefano, giardini a lui cari, adiacenti la sua abitazione, dove migliaia di persone si sono radunate per rendergli l'ultimo saluto nei giorni 21 e 22 gennaio di dieci anni fa. "Il Maestro Claudio Abbado - dichiara Elena Di Gioia Delegata alla Cultura di Bologna e Città metropolitana - ha lasciato un ricordo importante e caro in tutte le città e nei luoghi in cui ha portato la sua musica e la sua presenza. Bologna, in particolare, ha avuto l'onore di accogliere il Maestro nell'ultimo periodo della sua vita, in cui ha accompagnato all'attività concertistica la direzione dell'Orchestra Mozart da lui fondata nel 2004 e il progetto speciale dell'Accademia Filarmonica di Bologna alla cui realizzazione tanto ha contribuito. In quel periodo il rapporto tra la città di Bologna e il Maestro si è consolidato e la sua presenza a Bologna ci ha arricchito culturalmente. Abbiamo individuato i giardini della Basilica di Santo Stefano, luogo a lui caro, l'ntitolazione in memoria del Maestro come segno profondo di stima e affetto per una vita che con rigore artistico e generosità ha unito una straordinaria competenza musicale e culturale a una sensibilità unica per la necessità di raggiungere sempre nuovi pubblici." Conosciuto in tutto il mondo e considerato uno dei più grandi direttori d'orchestra contemporanei, Claudio Abbado è stato alla guida delle orchestre più prestigiose come l'orchestra del Teatro alla Scala di Milano e i Berliner Philharmoniker ed è stato nominato Senatore a vita nel 2013 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. I figli del Maestro Abbado hanno dichiarato: "Siamo lieti e ringraziamo l'Amministrazione comunale e la Città metropolitana di Bologna per l'intitolazione in memoria di nostro padre. È un gesto di riconoscenza e di affetto da parte di questa città che Claudio ha amato e nella quale ha scelto di vivere dal 2004. Dedicargli un'area verde in Piazza Santo Stefano assume un significato più profondo, perché era particolarmente legato a questo luogo e per l'interesse e il rispetto che Claudio ha sempre dimostrato per la cura e la salvaguardia dell'ambiente. Con il pensiero rivolto alla musica, intesa come mezzo di comunicazione e di ascolto, un bene sociale da condividere, uno strumento di cambiamento e di riscatto, anche a Bologna ha rivolto la sua attenzione ai giovani e alla loro formazione fondando l'Orchestra Mozart; tutte le prove generali sono sempre state aperte al pubblico del Terzo Settore. Dal 2006 il suo impegno per due progetti sociali importanti: il Tamino, con i laboratori di musicoterapia nei reparti Pediatrici del Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna e il Coro Papageno, costituito da detenuti e detenute della Casa Circondariale Rocco D'Amato assieme a coristi volontari esterni. Oggi questo seme continua a dare i suoi frutti e ad arricchire la città."... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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mypickleoperapeanut · 11 months
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"Giunti Odeon"
La nuova proposta culturale della Giunti Editore, inaugurata sabato 4 novembre 2023, è uno spazio di 1.500 metri quadrati dove libri, cinema, musica, arte e teatro, diventano una realtà integrata, armoniosa, spaziosa e bella.
Il concept 'Giunti Odeon' è stato realizzato all'interno dello storica sala cinematografica Odeon, in Via Degli Anselmi, Piazza degli Strozzi a Firenze.
L'innovativa, interessante e coinvolgente proposta culturale ospita una sala cinematografica con due schermi per le proiezioni, uno per la visione serale dei film, l'altro un led-wall per l'intrattenimento diurno e naturalmente una spaziosa libreria ricavata negli spazi della platea.
Un ampio spettro di proposte culturali renderanno attrattiva l'offerta che spazierà dalle presentazioni di libri agli incontri con ospiti italiani e internazionali, dalle mostre d'arte ai concerti, dalle letture ad alta voce, fino ai laboratori di lettura per i bambini.
Il cinema che ha na capienza di 198 posti a sedere, proporrà ogni sera spettacoli in lingua originale sottotitolati.
L'innovativo e interessante concept prevede anche uno spazio dedicato allo studio e alla lettura,
un cafè ristorante, preesistente già prima del passaggio a Giunti Odeon, rimasto negli stessi.
Il restauro e il rinnovamento del Palazzo dello Strozzino promosso dalla famiglia Germani, che gestisce il cinema dal 1936, è stato possibile in collaborazione con Giunti Editore.
Una eccellente iniziativa che fa della innovazione, la conservazione e la valorizzazioni di beni che sono patrimonio della Città.
Riccardo Rescio per I&f Arte Cultura Attualità
Giunti Odeon
Ministero della Cultura Città di Firenze Cultura Feel Florence
https://www.capcut.com/t/ZmFVx2AEU/
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enkeynetwork · 1 year
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personal-reporter · 1 year
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Salone del libro di Torino 2023
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È tutto pronto per il Salone Internazionale del Libro di Torino, che si svolgerà dal 18 al 22 maggio al Lingotto nei Padiglioni 1, 2, 3, all'Oval, negli spazi Centro Congressi e, per la prima volta, alla panoramica Pista 500, il progetto artistico della Pinacoteca Agnelli. Attraverso lo specchio sarà il tema del salone, legato all'immaginazione, esercitata con coraggio, vista come la forza che da sempre spinge l'uomo oltre la banalità, la quotidianità, oltre la realtà stessa. L'illustrazione del poster dell’evento è stata creata da Elisa Talentino, artista che da anni lavora con grafica, pittura e illustrazione nel settore editoriale. Il Salone del Libro torna a ospitare una regione italiana che un Paese, che sono la Sardegna e l'Albania, presenti con uno stand al padiglione Oval e al padiglione 1, con  una programmazione dedicata in connessione con la cultura mediterranea che le accomuna. Oltre agli storici padiglioni 1, 2, 3, all'Oval con la sua area esterna e al Centro Congressi,  dove torna il Rights Centre, si unisce la Pista 500, progetto artistico di Pinacoteca Agnelli sull'iconica pista di collaudo delle automobili Fiat sul tetto del Lingotto, che accoglierà Sonia Bergamasco, Andrea Marcolongo, Melania Mazzucco, Telmo Pievani e Carlo Vecce. Altra novità di quest'anno è la Sala della Montagna, dedicato alle narrazioni di alta quota, assieme al Bosco degli scrittori di Aboca Edizioni, il Salottino Social e la partnership con TikTok, e si confermano le aree esterne, tra cui quella con il Palco Live e il camper Ticket To Read di Margherita Schirmacher. La XXXV edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino si aprirà giovedì 18 maggio con la lectio della giornalista e scrittrice Svetlana Aleksievič, in collaborazione con Bompiani e poi sono attesi, come a ogni edizione, grandi ospiti internazionali. Al Lingotto arriveranno autori e scrittori da tutto il mondo e, grazie al Premio Mondello Internazionale, arriverà a Torino anche Julian Barnes, oltre ai finalisti del Premio Strega Europeo: Emmanuel Carrère; Esther Kinsky; Andrei Kurkov; Johanne Lykke Holm e Burhan Sönmez. Numerosi anche gli ospiti internazionali del Bookstock come Agnès Mathieu-Daudé, Bart Moeyaert, Richard Normandon e  Edward Van de Vendel. A Torino ci saranno le autrici e gli autori italiani più amati tra narratori, poeti, fumettisti, giornalisti, professionisti della musica, del cinema e dello spettacolo, che approderanno a Torino per incontrare i visitatori della fiera. Inoltre, non mancherà il ciclo tematico curato dai consulenti editoriali del Salone, intitolato ... e quel che Alice vi trovò, le celebrazioni di importanti anniversari, gli incontri curati da alcune delle associazioni di categoria più rappresentative del mondo editoriale e il palinsesto di incontri in collaborazione con i tanti partner, istituzioni, festival, fondazioni, premi che sono da anni a fianco del Salone. Anche quest'anno torna la sezione Bookstock, dedicata alla sperimentazione e ai laboratori, costruita con i lettori più giovani, con i suoi 7.500 metri quadri, suddivisa in due spazi: 0-13 e +14. Novità dell'edizione saranno  Book-Makers, grazie alla collaborazione della Camera di commercio di Torino, che fa incontrare studenti di università e master di tutta Italia e il Gruppo di Lettura, con ragazzi e ragazze del territorio, che dal 22 marzo si sono incontrati per dialogare sulla lettura. Tornano la Biblioteca Scolastica, la Sala BookLab, il Bookblog e gli altri progetti presenti nelle scorse edizioni. Anche quest'anno ci saranno i momenti conclusivi di progetti e concorsi nazionali e internazionali: da Un libro tante scuole, che ha distribuito nella penisole 6.000 copie del romanzo Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, a Adotta uno scrittore, con l'incontro conclusivo. E in occasione del Salone del Libro torna il Salone Off, la grande festa del libro diffusa  tra incontri con autori, reading, letture, proiezioni cinematografiche, concerti, spettacoli teatrali, laboratori per bambini, mostre, seminari, dibattiti, dj set e workshop. Read the full article
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tempi-dispari · 2 years
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IMO: l'underground salverà la musica
L’underground contro l’intelligenza artificiale.
È di qualche giorno fa la notizia del rilascio da parte di Google della nuova versione di MusicLm, intelligenza artificiale in grado di creare canzoni da input di diverso genere. In che modo? ‘Per generare nuova musica non saranno necessari per forza degli input testuali: MusicLM potrà scrivere la melodia di un brano partendo anche da un motivetto canticchiato o da un fischio. C’è anche la possibilità di integrare la voce umana per creare il cantato’ (fonte: https://www.m2o.it/articoli/google-musiclm-ai-chatgpt-musica-testi-scritti/).
La cosa non è nuova. ‘L’uso dell’intelligenza artificiale nell’industria musicale risale al 2017. In quell’anno, l’etichetta Sony creò una canzone di successo, Daddy’s Car, che ad oggi conta 2,9 milioni di visualizzazioni solo su YouTube. La canzone, realizzata attraverso un programma chiamato Flow Machine, è un nuovo suono originale con caratteristiche simili ai Beatles come programmato dagli autori dietro al progetto Fonte: https://www.wired.it/article/intelligenza-artificiale-musica-ascolto-brani-spotify/). Ma Google ha fatto, come viene facile pensare, un passo oltre. Tutto ciò si va ad aggiungere alle decine di intelligenze artificiali presenti sul web che danno la possibilità di creare canzoni da zero.
Con risultati inquietanti. Daddy’s car, se si sapesse, difficilmente si direbbe che è stata generata tutta da un computer. Esempi del genere si moltiplicano. Anche in Italia abbiamo la nostra cantautrice virtuale, RossoSofia. Al momento ancora non ha prodotto nulla, ma c’è. Ha una propria bio, fa post su instagram di ciò che combina. Vive. Esistono già una sequenza di siti grazie ai quali è possibile non solo creare la canzone, di qualsiasi genere.
Il testo, da sparute parole date. Chi lo canterà. Definire la copertina secondo una descrizione che, per quanto psicotica, darà sempre dei risultati. Creare un video. Il singolo è impacchettato. Il risultato finale non è neppure male a dirla tutta. Un chiaro esempio lo ha fornito Mark the Hammer in uno dei suoi video. Alla fine lui definisce l’esperienza ‘inquietante’. Ma lo è davvero? Davvero c’è il rischio che la musica finisca in una serie di bit? Può accadere sul serio che le emozioni umane possano essere codificate? Secondo Yuval Noah Harari, si. Anzi.
Non solo è possibile, sta già avvenendo e andando avanti sarà sempre peggio. Il saggista, nel libro 21 lezioni per il 21esimo secolo, spiega come ciò che ci rende umani, intuito, sentimenti, passione, ‘imprevedibilità’, in realtà non è altro il risultato di operazioni biometriche del cervello. Una volta trovata la formula, è replicabile. Quindi, che una intelligenza artificiale possa rifare esattamente ciò che fa un uomo, non sarà così difficile. Né strano. Lo scrittore non dà neppure tempi troppo lunghi perché ciò accada. Per lui saranno sufficienti una 30ina d’anni. E la strada pare essere davvero essere stata intrapresa. MusicLm, i laboratori di Spotify, ChatGPT, i cinesi di TME e la loro cantante virtuale che fa 100milioni di ascolti su Spotify, l’intelligenza artificiale che crea un inedito dei Nirvana… tutto pare confermare.
Quindi? Questo è il futuro? L’essere umano destinato a lasciare spazio agli algoritmi che ci daranno esattamente la canzone che stavamo cercando? Si e no. Si perché questo è davvero il futuro. E il progresso non si può fermare. No perché l’essere umano avrà sempre voglia di creare. E, IA o meno, continuerà a farlo. Soprattutto proseguendo su questa strada. L’arte creata dalle IA sarà per forza di cose un’arte general generica. Dovrà piacere, se non a tutti, alla maggior parte delle persone. Tuttavia esistono, ed esisteranno sempre, persone che non guarderanno il mainstream.
Che non baderanno alle tendenze. Che suoneranno, scriveranno, dipingeranno, per il gusto di esprimere se stesse. Magari le opere saranno tentennanti, imperfette, incomplete, derivative, ma saranno originali e sincere. Questi artisti sono le persone che animano l’underground, di qualsiasi arte. Sono soggetti che vogliono condividere, che vogliono realizzare opere, registrare dischi senza voler arrivare in cima. Senza voler avere la propria faccia sulle copertine dei siti e delle riviste più in voga. No. Vogliono solo che li segue capisca ciò che hanno da dire e da dare. Che chi si reca ad una mostra come ad un concerto lo faccia per il puro piacere di scoprire qualcosa di nuovo.
Qualcosa che la massa non conosce, non sa, non segue. Non è un anatema del tipo: chi è underground lo rimarrà per sempre e per questo sarà uno sfigato. No, è più un augurio. Che l’undreground cresca, faccia mondo a sé, che continui a vivere al di là di tutto e di tutti. Inutile nascondersi dietro un dito. Fare la guerra all’intelligenza artificiale è inutile, oltre che impossibile. Con l’andare del tempo diverrà sempre più sofisticata, sempre più umana. Quindi meglio pensare a sé, alla propria arte.
Alle persone che agiscono secondo scelte proprie. Certo, molti artisti vorrebbero essere al posto dei BTS, fare un milione di persone per un concerto in streaming, riempire il Tokyo Dome. Ma a qual prezzo? Non per cadere nell’ovvio, ma i Maneskin non li invidierei mai. Ammiro molto di più band che ai loro concerti portano 800 persone che cantano in coro i loro brani, che quando scendono dal palco li salutano, bevono assieme, e magari si scambiano demo e contatti. L’underground non morirà mai,
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Brano generato con IA Cinese
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haarendtrieste · 3 years
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Voce, un paesaggio immersivo Hannah Arendt Incontro con l’artista Roberto Paci Dalò, che ha composto una sorta di ritratto acustico della filosofa. «Non ho mai abbandonato il disegno, anche alla ’vecchia maniera’, è la mia meditazione quotidiana». «Prima ancora che attraverso i libri, sono entrato nel suo pensiero con cellule della sua identità sonora» di Lorenza Pignatti il manifesto 21.01.2021 Artista, musicista e pioniere nella sperimentazione multimediale, Roberto Paci Dalò è stato tra i primi in Italia e in Europa a individuare le connessioni tra tecnologia e teatro, e già dagli anni ’80 si è occupato di progetti che spaziano dall’ambito sonoro a quello cinematografico, radiofonico e performativo. Ha presentato le sue opere in spazi istituzionali, come il Teatro Argentina di Roma, o il Valli di Reggio Emilia, in musei come il Mao di Torino, la Biennale di Göteborg, il festival Ars Electronica di Linz, per ricordarne solo alcuni, ma anche in centri sociali o in luoghi indipendenti, con modalità volutamente frammentarie per raggiungere i pubblici più diversi.Uno dei suoi ultimi progetti è dedicato a Hannah Arendt, figura di riferimento imprescindibile per il pensiero politico del XX secolo. Un progetto che ha assunto le forme dell’installazione interattiva, della performance radiofonica, del workshop e podcast, ascoltabile dal sito della radio austriaca. Con HA, questo è il titolo del podcast, Paci Dalò ha composto una sorta di ritratto acustico di Arendt, lavorando su piccole cellule sonore della sua voce trasformandole in un soundscape in cui «la voce è elemento che libera il linguaggio dal vincolo dell’ordine simbolico», come scriveva Elias Canetti, autore molto vicino a Paci Dalò. «HA» è il risultato di un lungo processo di composizione e montaggio che ha trasformato la voce di Arendt in un dispositivo sonoro immersivo, in cui diversi volumi e riverberi hanno creato una drammaturgia sonora, che è un viaggio acustico e immaginifico. Può spiegarci come è nato il progetto? Nel 2018 sono stato invitato da Adriaan Eeckels del Joint Research Centre, l’hub della ricerca scientifica della Commissione europea, per partecipare a una sessione di lavoro con artisti internazionali e scienziati. Nel campus, dove lavorano circa tremila scienziate e scienziati, a Ispra sul Lago Maggiore, ho incontrato Nicole Dewandre che mi ha trascinato nel «vortice Arendt». Essendo un benjaminiano, ho sempre desiderato entrare nel pensiero di Hannah Arendt. Al Joint Research Centre, dove ho potuto passare un lungo periodo di tempo in laboratori e centri avanzati di ricerca, ho deciso di entrarci attraverso la sua voce, prima ancora dei suoi testi. Per me è il vero ritratto di una persona, perché la voce non si maschera. Hannah Arendt «HA» è stato presentato in diverse città europee, in forme e modalità differenti. Come sono state sviluppate le sue varie morfologie? A Trieste per la mostra Both Ways ho realizzato un’installazione audio-video interattiva intrecciando la voce di Arendt con alcuni paesaggi sonori della città. Mi ero chiesto come, e se fosse possibile, ideare un corrispettivo audio dell’infografica. Per rispondere a questo interrogativo ho inventato un’infosonica dove i dati sono stati processati, privilegiando i suoni e l’ascolto all’immagine. Ho creato un database in cui ho unito la voce di Hannah Arendt a una cronologia di suoni e voci della città di Trieste, archiviati dal 1900 a oggi. Ho poi ideato un dispositivo che permettesse ai visitatori di diventare protagonisti, attivando i suoni stessi. Per la biennale Atlas of Transitions ho invece realizzato Hannah, una performance radiofonica in diretta, utilizzando i materiali sonori su cui stavo lavorando per portare a termine HA, che è ora un podcast, frutto di un laborioso processo in studio. Ho agito su cellule della voce di Arendt della durata di 2-4 secondi l’una, definendo per ciascuna di loro volume, equalizzazione, spazializzazione. Se pensiamo a questo moltiplicato per 52 minuti è possibile avere un’idea della stratificazione dell’opera. HA è stato presentato in anteprima su Ö1 (il primo canale della radio nazionale austriaca) e ora è anche ascoltabile dal sito della radio austriaca.Come è nata e si è sviluppata la sua metodologia sperimentale per l’ambito radiofonico? Sono debitore all’artista Robert Adrian (1935–2015), pioniere della scena artistica elettronica e delle telecomunicazioni col quale ho condiviso tanti anni di discussioni, progetti – e anche lo studio – a Vienna. E pure a Heidi Grundmann, la mia storica produttrice radiofonica alla Orf (Radiotelevisione nazionale austriaca), col programma Kunstradio, da lei creato nel 1987. È per merito loro, di Pinotto Fava e Pino Saulo con Audiobox a Radiorai, che sono vorticosamente caduto nel mondo di una radiofonia pensata come eclatante luogo di incontro di discipline. Tanti e pionieristici sono stati i progetti che ho realizzato dal 1989 ad oggi, l’ultimo dei quali è proprio HA. I miei lavori hanno seguito i cambiamenti avvenuti in ambito artistico. L’avvento di internet ha inevitabilmente modificato le pratiche. La sua fluidità è positiva e negativa allo stesso tempo, perché il flusso incondizionato e immateriale necessita a mio avviso di «sedimentazioni» che passano, ad esempio, dall’editoria. Pubblicare un disco, un libro, un video, può dare una concretezza al flusso di informazioni. È parte di questo processo di sedimentazioni anche il libro «Millesuoni. Deleuze, Guattari e la musica elettronica?». Nel volume si indaga la scena elettronica partendo dalla partecipazione di Deleuze, nel 1972, alla registrazione del disco «Electronique Guerrilla» degli Heldon…. Sì, lo posso considerare come uno dei miei progetti «principe». Con Emanuele Quinz abbiamo sognato un libro che parlasse del rapporto tra quei filosofi e la musica elettronica. Fino a quel momento non era uscito nulla di così specifico. Millesuoni ha avuto un’ottima diffusione anche nei centri sociali, è stato acquistato dai giovani, obbligando l’editore a una pronta prima ristampa. Ora siamo arrivati alla terza edizione ed è ancora in catalogo: questo mi fa pensare che il suo taglio non specialistico sia stata una giusta scelta. Rispetto alle sedimentazioni, non ho mai abbandonato il disegno, che è la mia meditazione quotidiana. Un esempio è il libro Ombre, nato per volontà di Marco Pierini, direttore della Galleria nazionale dell’Umbria, che mi ha chiesto di realizzare un volume per festeggiare i cent’anni del museo, suggerendomi di illustrare alcune opere del museo sui miei taccuini Moleskine. Così, ho creato un libro disegnando «alla vecchia maniera», spostandomi nella sale della Galleria con uno sgabellino da pescatore e una piccola borsa con i miei strumenti: carta, matite, china, acquarelli. Ho voluto insistere sui dettagli, mutuando la lezione dallo storico dell’arte Daniel Arasse, scoperto grazie ai consigli di Guido Guidi. Sempre rispetto alle sedimentazioni e agli approfondimenti vorrei ricordare che a fine gennaio verrà inaugurato Usmaradio – Centro di Ricerca Interdipartimentale per la Radiofonia, all’università della Repubblica di San Marino. Il centro fa tesoro dei miei progetti di questi ultimi trent’anni e del lavoro di Usmaradio, laboratorio di trasmissioni creative del presente, che è attivo dal 2017. È l’unico luogo di ricerca con queste caratteristiche in Italia (e non solo in Italia) e qui si intende investigare, in modo articolato, teoria e pratica della radiofonia.
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freedomtripitaly · 5 years
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La nostra bella penisola è in grado di regalare tante tipologie di relax e divertimento: montagna, mare, mercatini di Natale e città d’arte. Immergersi nell’atmosfera magica di questo periodo dell’anno non sarà quindi difficile. Una semplice gita fuori porta con i bambini, un weekend romantico in due o giorni spensierati con amici. Abbiamo selezionato alcune delle possibili mete per le prossime vacanze di Natale 2019, diverse tra loro, per accontentare proprio tutti i gusti. Dove andare a Natale: i mercatini da non perdere Prima di tutto, un grande classico: i mercatini di Natale! Fanno brillare gli occhi e non solo ai più piccoli! Ce ne sono tanti, soprattutto nel Nord Italia, primo fra tutti il Trentino Alto-Adige che vanta alcuni dei più antichi ma non solo. Eventi, prodotti artigianali e specialità enogastronomiche sono alla base di questi splendidi luoghi sparsi in giro per l’Italia. Pronti a girovagare per le varie bancarelle cercando il regalo perfetto per il prossimo Natale? Eccovi alcune mete. Trento: storico mercatino in Piazza Fiera e Piazza Cesare Battisti, tra le 90 casette di legno ricche di artigianato locale e specialità gastronomiche come canederli, speck, vin brulé, strudel, polenta e molto altro. Alle famiglie e ai bambini è dedicata la casa di Babbo Natale, in Piazza Santa Maria Maggiore, con laboratori ricreativi e il trenino che porta grandi e piccoli ad esplorare il suggestivo centro storico illuminato in occasione della festività del Natale. Da sottolineare l’attenzione “green” che viene riservata alla manifestazione in cui viene utilizzata energia da fonti rinnovabili. Bolzano: il Christkindlmarkt, in Piazza Walther è il famosissimo mercatino di Natale del capoluogo altoatesino dal centro medievale. L’influenza nordica che si respira ovunque, compresi i piatti tra cui gli Schlutzkrapfen ovvero delle mezzelune, dei ravioli ripieni di spinaci e ricotta tipici della regione del Tirolo. E poi i vini, dai rossi come il Lagrein ai bianchi come il Gewürztraminer e il Müller Thurgau. C’è anche una sezione dedicata solo ai libri, il Natale dei Libri in cui noti scrittori presentano le loro opere e tanti altri eventi. Rovereto: a Rovereto spettacolari giochi di luce per il Natale, che oltre a colorare le vie e i palazzi, porta con sé il messaggio di pace e fratellanza. Il grande albero di 18 metri in piazza Rosmini e il villaggio di Babbo Natale per i più piccoli. Merano: il Villaggio Natalizio Storico è allestito in piazza Rena, prevede buon cibo, laboratori creativi per bambina e musica con bande e cori. La città è ricca dell’eredità ricevuta durante la Belle Epoque come ad esempio il castello degli Asburgo. Vipiteno: la Torre delle Dodici fa da sfondo al mercatino natalizio, in cui le luci, il caldo legno e i profumi delle spezie la fanno da padrone. Candelara: siamo nelle Marche, questo borgo medievale dedica una festa al suo simbolo: la candela. Durante il giorno invece street food, artisti di strada, il presepe vivente che sfila per le vie del centro e ovviamente gli artigiani alle prese con la creazione delle candele di cera d’api. Per i più piccoli l’Officina di Babbo Natale e tante altre magie del Natale. Limatola: nella provincia di Benevento, il Castello di Limatola, diventa la location del mercatino di Natale: “Cadeaux al Castello”. Evento che oltre ad offrire l’opportunità di acquistare addobbi, statuine del presepe realizzati direttamente dagli artigiani locali, assaggiare prodotti enogastronomici come struffoli e zeppole, si può assistere a spettacoli di artisti circensi e attori. Arezzo: un vero e proprio villaggio tirolese in Toscana. Vengono portati prodotti tipici come lo speck, il cioccolato e la birra. Ci sono gli scultori del legno, la casa di Babbo Natale, una grande baita e tour organizzati per esplorare la città. Perugia: un luogo quasi incantato tra le montagne in cui ci sono diversi mercatini di Natale. Particolare quello di Rocca Paolina che offre un suggestivo tour sotterraneo per visitare gli antichi passaggi che proteggevano la città dalle incursioni esterne. Si possono acquistare ottimi prodotti d’artigianato. Taneto di Gattatico: ci troviamo a Reggio Emilia, qui si estende il mercatino al coperto più grande d’Italia. Ideale per fare acquisti compreso l’albero di Natale, con un apposito show room. Dove andare a Natale 2019: le mete in montagna Lo sport, il relax e i piatti tipici assaporati tra cime innevate e davanti al camino, parliamo della montagna. Per molti irrinunciabile in questo periodo dell’anno. Madonna di Campiglio: una meta rinomata, una piccola perla delle Dolomiti. Un posto perfetto per chi ama sciare e non mancano lussuose spa dove rilassarsi e vie delle shopping super glamour dove fare acquisti. Cortina d’Ampezzo: da sempre sinonimo della ricca vita di vip e della settimana bianca per eccellenza. Tra le dolomiti e nel lusso. Cervinia: un paradiso per gli sciatori, a quota 2000 metri, alle pendici del Monte Cervino. Un grande comprensorio sciistico collega la località al Plateau Rosa, ghiacciaio. Bormio: per gli amanti delle Terme nell’Alta Valtellina, è perfetta questa bella località. Relax dopo le sciate, garantito dalle acque termali solfato-alcaline conosciute già dall’epoca romana. Claviere: Val di Susa, Alpi e bei panorami paesaggistici tra boschi, laghi e animali. Chalet e baite, ristorantini con piatti tipici e ovviamente lo sci. Roccaraso: passiamo agli Appennini per un altro luogo da favola per gli amanti degli sci, che si sviluppa intorno ai monti di Roccaraso. Natale 2019: la bellezza tra città d’arte e borghi Per chi desidera trascorrere le vacanze di Natale 2019 in una città d’arte, non c’è che l’imbarazzo della scelta: ecco le mete migliori. Roma: non ha bisogno di presentazioni la Capitale che diventa ancora più magica sotto Natale, tante le possibilità di scelta in giro per la città ma una su tutte è il Vaticano. Il mondo cristiano e la celebrazione in questo luogo è un’esperienza indimenticabile. Da non dimenticare il famoso mercatino di Natale nella splendida cornice di Piazza Navona. Firenze: godersi la bellezza e i tesori di questa città approfittando anche dell’atmosfera regalata dai mercatini di Natale e del pattinaggio sul ghiaccio nelle piste del Winter Park, presso l’Obihall. Napoli: unico il Natale a Napoli, con le sue botteghe artigiane nel centro storico, che producono le statuine dei presepi ispirandosi a personaggi noti, contemporanei o intramontabili. Gubbio: in Umbria, l’albero di Natale più grande del mondo sulle pendici del monte Ingino, oltre al ChristamasLand. Un circuito in cui i bambini possono divertirsi tra giochi innovativi in un’atmosfera tradizionale, nella cornice dello splendido borgo. Manarola: il presepe luminoso del borgo ligure è uno degli eventi più attesi nel territorio delle Cinque Terre. Uno spettacolo regalato da 17000 luci. Matera: il presepe itinerante, uno spettacolo unico nella Città dei sassi, patrimonio Unesco. Un borgo che sembra fuori dal tempo. Natale 2019 al mare Se alla montagne preferite il mare per trascorrere le vacanze di Natale 2019, ecco alcune mete imperdibili. Puglia: il Salento è una meta prediletta da molti italiani e stranieri in estate ma non perde fascino nemmeno d’inverno. Presepi viventi e presepi monumentali in bellissime location, come ad esempio i cortili di palazzi antichi. Famoso quello dell’Anfiteatro Romano a Lecce. Sicilia: un inverno mite senza perdere l’atmosfera natalizia tra mercanti e luci, è quello che offre Catania. Se invece volete scappare su un’isola, c’è Pantelleria con i suoi giardini pieni di agrumi oppure Lampedusa o Linosa. Un po’ di primavera nel cuore dell’inverno. Il Natale 2019 in Italia L’Italia ovviamente offre ancora di più, sono davvero tantissimi gli eventi e le manifestazioni tipiche legate al Natale, di natura religiosa, dedicate al divertimento per i più piccoli o alla sola magia di questo periodo dell’anno, che affascina proprio tutti. Si può approfittare di qualche giorno per una fuga dalla routine verso luoghi incantevoli, senza allontanarsi troppo. C’è la montagna, c’è il mare, ci sono le città d’arte e i piccoli borghi. Volete approfittare delle vacanze natalizie per visitare una città e i suoi monumenti? Volete scaldarvi al sole di un clima mite o scatenarvi sulla neve? Ogni opzione è valida, potendo inoltre approfittare degli squisiti piatti tipici che ogni regione italiana offre. Per queste vacanze di natale 2019 c’è quindi solo l’imbarazzo della scelta. Abbiamo stilato un breve elenco ma sarebbe impossibile racchiudere le tante località. Villaggi di Babbo Natale per intrattenere i più piccoli ci sono in moltissime località, ad esempio anche a Montepulciano in Toscana, la bellezza delle città e dei mercatini anche a Verona e a Torino, le montagne del Terminillo nel centro Italia, le luminarie a Salerno. Tra destinazioni glamour e luoghi incantati, la favola del Natale, si può vivere davvero ovunque. Senza contare che anche disponendo di un budget più ridotto è possibile prenotare un weekend in un luogo vicino, abbattendo quindi i costi dei grandi spostamenti che i luoghi esteri ci richiedono. Quando è meglio prenotare? Molti studi indicano il mese precedente a quello di partenza come quello più conveniente. Tuttavia c’è chi preferisce anticipare di molto e chi opta per il last minute. Certamente una famiglia con bambini piccoli avrà esigenze diverse da un gruppo di giovani amici. Se si è alla ricerca di un viaggio low cost, badate bene anche al giorno di partenza e di ritorno, spesso la flessibilità ripaga, 24 ore fanno sovente la differenza. In macchina, in treno, in aereo, in pullman, raggiungete la vostra meta felice e godetevi la bella Italia per le prossime vacanze di Natale 2019. https://ift.tt/2qRjgXS Vacanze di Natale 2019: le mete italiane più belle La nostra bella penisola è in grado di regalare tante tipologie di relax e divertimento: montagna, mare, mercatini di Natale e città d’arte. Immergersi nell’atmosfera magica di questo periodo dell’anno non sarà quindi difficile. Una semplice gita fuori porta con i bambini, un weekend romantico in due o giorni spensierati con amici. Abbiamo selezionato alcune delle possibili mete per le prossime vacanze di Natale 2019, diverse tra loro, per accontentare proprio tutti i gusti. Dove andare a Natale: i mercatini da non perdere Prima di tutto, un grande classico: i mercatini di Natale! Fanno brillare gli occhi e non solo ai più piccoli! Ce ne sono tanti, soprattutto nel Nord Italia, primo fra tutti il Trentino Alto-Adige che vanta alcuni dei più antichi ma non solo. Eventi, prodotti artigianali e specialità enogastronomiche sono alla base di questi splendidi luoghi sparsi in giro per l’Italia. Pronti a girovagare per le varie bancarelle cercando il regalo perfetto per il prossimo Natale? Eccovi alcune mete. Trento: storico mercatino in Piazza Fiera e Piazza Cesare Battisti, tra le 90 casette di legno ricche di artigianato locale e specialità gastronomiche come canederli, speck, vin brulé, strudel, polenta e molto altro. Alle famiglie e ai bambini è dedicata la casa di Babbo Natale, in Piazza Santa Maria Maggiore, con laboratori ricreativi e il trenino che porta grandi e piccoli ad esplorare il suggestivo centro storico illuminato in occasione della festività del Natale. Da sottolineare l’attenzione “green” che viene riservata alla manifestazione in cui viene utilizzata energia da fonti rinnovabili. Bolzano: il Christkindlmarkt, in Piazza Walther è il famosissimo mercatino di Natale del capoluogo altoatesino dal centro medievale. L’influenza nordica che si respira ovunque, compresi i piatti tra cui gli Schlutzkrapfen ovvero delle mezzelune, dei ravioli ripieni di spinaci e ricotta tipici della regione del Tirolo. E poi i vini, dai rossi come il Lagrein ai bianchi come il Gewürztraminer e il Müller Thurgau. C’è anche una sezione dedicata solo ai libri, il Natale dei Libri in cui noti scrittori presentano le loro opere e tanti altri eventi. Rovereto: a Rovereto spettacolari giochi di luce per il Natale, che oltre a colorare le vie e i palazzi, porta con sé il messaggio di pace e fratellanza. Il grande albero di 18 metri in piazza Rosmini e il villaggio di Babbo Natale per i più piccoli. Merano: il Villaggio Natalizio Storico è allestito in piazza Rena, prevede buon cibo, laboratori creativi per bambina e musica con bande e cori. La città è ricca dell’eredità ricevuta durante la Belle Epoque come ad esempio il castello degli Asburgo. Vipiteno: la Torre delle Dodici fa da sfondo al mercatino natalizio, in cui le luci, il caldo legno e i profumi delle spezie la fanno da padrone. Candelara: siamo nelle Marche, questo borgo medievale dedica una festa al suo simbolo: la candela. Durante il giorno invece street food, artisti di strada, il presepe vivente che sfila per le vie del centro e ovviamente gli artigiani alle prese con la creazione delle candele di cera d’api. Per i più piccoli l’Officina di Babbo Natale e tante altre magie del Natale. Limatola: nella provincia di Benevento, il Castello di Limatola, diventa la location del mercatino di Natale: “Cadeaux al Castello”. Evento che oltre ad offrire l’opportunità di acquistare addobbi, statuine del presepe realizzati direttamente dagli artigiani locali, assaggiare prodotti enogastronomici come struffoli e zeppole, si può assistere a spettacoli di artisti circensi e attori. Arezzo: un vero e proprio villaggio tirolese in Toscana. Vengono portati prodotti tipici come lo speck, il cioccolato e la birra. Ci sono gli scultori del legno, la casa di Babbo Natale, una grande baita e tour organizzati per esplorare la città. Perugia: un luogo quasi incantato tra le montagne in cui ci sono diversi mercatini di Natale. Particolare quello di Rocca Paolina che offre un suggestivo tour sotterraneo per visitare gli antichi passaggi che proteggevano la città dalle incursioni esterne. Si possono acquistare ottimi prodotti d’artigianato. Taneto di Gattatico: ci troviamo a Reggio Emilia, qui si estende il mercatino al coperto più grande d’Italia. Ideale per fare acquisti compreso l’albero di Natale, con un apposito show room. Dove andare a Natale 2019: le mete in montagna Lo sport, il relax e i piatti tipici assaporati tra cime innevate e davanti al camino, parliamo della montagna. Per molti irrinunciabile in questo periodo dell’anno. Madonna di Campiglio: una meta rinomata, una piccola perla delle Dolomiti. Un posto perfetto per chi ama sciare e non mancano lussuose spa dove rilassarsi e vie delle shopping super glamour dove fare acquisti. Cortina d’Ampezzo: da sempre sinonimo della ricca vita di vip e della settimana bianca per eccellenza. Tra le dolomiti e nel lusso. Cervinia: un paradiso per gli sciatori, a quota 2000 metri, alle pendici del Monte Cervino. Un grande comprensorio sciistico collega la località al Plateau Rosa, ghiacciaio. Bormio: per gli amanti delle Terme nell’Alta Valtellina, è perfetta questa bella località. Relax dopo le sciate, garantito dalle acque termali solfato-alcaline conosciute già dall’epoca romana. Claviere: Val di Susa, Alpi e bei panorami paesaggistici tra boschi, laghi e animali. Chalet e baite, ristorantini con piatti tipici e ovviamente lo sci. Roccaraso: passiamo agli Appennini per un altro luogo da favola per gli amanti degli sci, che si sviluppa intorno ai monti di Roccaraso. Natale 2019: la bellezza tra città d’arte e borghi Per chi desidera trascorrere le vacanze di Natale 2019 in una città d’arte, non c’è che l’imbarazzo della scelta: ecco le mete migliori. Roma: non ha bisogno di presentazioni la Capitale che diventa ancora più magica sotto Natale, tante le possibilità di scelta in giro per la città ma una su tutte è il Vaticano. Il mondo cristiano e la celebrazione in questo luogo è un’esperienza indimenticabile. Da non dimenticare il famoso mercatino di Natale nella splendida cornice di Piazza Navona. Firenze: godersi la bellezza e i tesori di questa città approfittando anche dell’atmosfera regalata dai mercatini di Natale e del pattinaggio sul ghiaccio nelle piste del Winter Park, presso l’Obihall. Napoli: unico il Natale a Napoli, con le sue botteghe artigiane nel centro storico, che producono le statuine dei presepi ispirandosi a personaggi noti, contemporanei o intramontabili. Gubbio: in Umbria, l’albero di Natale più grande del mondo sulle pendici del monte Ingino, oltre al ChristamasLand. Un circuito in cui i bambini possono divertirsi tra giochi innovativi in un’atmosfera tradizionale, nella cornice dello splendido borgo. Manarola: il presepe luminoso del borgo ligure è uno degli eventi più attesi nel territorio delle Cinque Terre. Uno spettacolo regalato da 17000 luci. Matera: il presepe itinerante, uno spettacolo unico nella Città dei sassi, patrimonio Unesco. Un borgo che sembra fuori dal tempo. Natale 2019 al mare Se alla montagne preferite il mare per trascorrere le vacanze di Natale 2019, ecco alcune mete imperdibili. Puglia: il Salento è una meta prediletta da molti italiani e stranieri in estate ma non perde fascino nemmeno d’inverno. Presepi viventi e presepi monumentali in bellissime location, come ad esempio i cortili di palazzi antichi. Famoso quello dell’Anfiteatro Romano a Lecce. Sicilia: un inverno mite senza perdere l’atmosfera natalizia tra mercanti e luci, è quello che offre Catania. Se invece volete scappare su un’isola, c’è Pantelleria con i suoi giardini pieni di agrumi oppure Lampedusa o Linosa. Un po’ di primavera nel cuore dell’inverno. Il Natale 2019 in Italia L’Italia ovviamente offre ancora di più, sono davvero tantissimi gli eventi e le manifestazioni tipiche legate al Natale, di natura religiosa, dedicate al divertimento per i più piccoli o alla sola magia di questo periodo dell’anno, che affascina proprio tutti. Si può approfittare di qualche giorno per una fuga dalla routine verso luoghi incantevoli, senza allontanarsi troppo. C’è la montagna, c’è il mare, ci sono le città d’arte e i piccoli borghi. Volete approfittare delle vacanze natalizie per visitare una città e i suoi monumenti? Volete scaldarvi al sole di un clima mite o scatenarvi sulla neve? Ogni opzione è valida, potendo inoltre approfittare degli squisiti piatti tipici che ogni regione italiana offre. Per queste vacanze di natale 2019 c’è quindi solo l’imbarazzo della scelta. Abbiamo stilato un breve elenco ma sarebbe impossibile racchiudere le tante località. Villaggi di Babbo Natale per intrattenere i più piccoli ci sono in moltissime località, ad esempio anche a Montepulciano in Toscana, la bellezza delle città e dei mercatini anche a Verona e a Torino, le montagne del Terminillo nel centro Italia, le luminarie a Salerno. Tra destinazioni glamour e luoghi incantati, la favola del Natale, si può vivere davvero ovunque. Senza contare che anche disponendo di un budget più ridotto è possibile prenotare un weekend in un luogo vicino, abbattendo quindi i costi dei grandi spostamenti che i luoghi esteri ci richiedono. Quando è meglio prenotare? Molti studi indicano il mese precedente a quello di partenza come quello più conveniente. Tuttavia c’è chi preferisce anticipare di molto e chi opta per il last minute. Certamente una famiglia con bambini piccoli avrà esigenze diverse da un gruppo di giovani amici. Se si è alla ricerca di un viaggio low cost, badate bene anche al giorno di partenza e di ritorno, spesso la flessibilità ripaga, 24 ore fanno sovente la differenza. In macchina, in treno, in aereo, in pullman, raggiungete la vostra meta felice e godetevi la bella Italia per le prossime vacanze di Natale 2019. Chi desidera trascorrere le vacanze di Natale 2019 in Italia può scegliere tra splendide location di montagna, città d’arte e persino località marine.
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swapmuseum · 5 years
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Piano adolescenti all’Istituto Marcelline di Lecce
Ricordate il primo laboratorio partecipato “Piano Adolescenti” di qualche mese fa presso Masseria Tagliatelle? (ve lo avevamo raccontato qui)
Venerdì 4 ottobre l’abbiamo fatto di nuovo! 
Abbiamo invitato la 5 AL del Liceo Marcelline di Lecce a prendere parte ai nostri laboratori e abbiamo immaginato, con 9 studenti, come dovrebbero essere gli spazi culturali della loro città ideale. 
Durante la fase di tavoli di lavoro abbiamo ascoltato i bisogni e le esigenze dei ragazzi che, armati di cartelloni, post it e pennarelli colorati, hanno costruito 3 idee progettuali sulla fruizione di musei, biblioteche e spazi verdi all’aperto nella loro città ideale. Il dibattito con i giovani permette di effettuare un'ampia esplorazione dei luoghi, delle abitudini e delle esigenze degli adolescenti e ci da la possibilità di immaginare la città a misura di teenager. 
- il museo che Jasmine, Pierandrea e Simone vorrebbero:
Feel the culture - esperienza di realtà aumentata nel museo: Feel the culture è un'idea hi-tech per ringiovanire i musei della nostra città, per rendere l'esperienza culturale più innovativa grazie all'aiuto della realtà aumentata.
Feel the culture permette un'immersione al 100% nelle opere più significative della collezione museale, innovando l'esperienza con la tecnologia, grazie all'utilizzo di visori 3D per scoprire l'opera e il suo contesto storico e ambientale. 
Il visitatore, durante l'esperienza immersiva, avrà l'opportunità di scoprire alcuni enigmi presenti nelle opere che, se risolti, consentiranno l'accesso a premi speciali. 
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- la biblioteca che Chiara, Francesca e Maria Grazia vorrebbero:
Bibliosound - la biblioteca rumorosa: Bibliosound è una biblioteca "rumorosa" per ragazzi, nella quale si legge, ci si diverte tra voci, suoni e luci.
Bibliosound offre grandi spazi luminosi, luoghi di incontro e ristoro dove si possono svolgere diverse attività innovative come: consultare riviste internazionali di attualità, ascoltare musica e suonare alcuni degli strumenti musicali messi a disposizione dei ragazzi in apposite aree relax; ascoltare e studiare testi musicali, organizzare eventi con artisti, rapper e influencers per attrarre un pubblico giovanile, leggere e consultare fumetti, organizzare incontri di cosplay e comics, infine ci saranno anche corsi di illustrazione, grafica e testi. 
Bibliosound è gestita tramite un sito che permette l'aggiornamento della disponibilità dei testi, la programmazione di eventi e servizi e il suggerimento di libri ed eventi in base alle proprie preferenze.
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- lo spazio pubblico all’aperto che Caterina, Federica e Marco vorrebbero:
Sharing food & green: Il parco tematico è incentrato su:
CULTURA INTERNAZIONALE DEL CIBO: creare integrazione, condivisione e trasferimento di conoscenze della cultura mondiale. Nel parco saranno presenti chioschetti street-food internazionali, QR code o cartelli esplicativi che raccontano ricette e provenienze, negozi di prodotti tipici, rassegne di musica internazionale legate a festività di tutto il mondo.
AMBIENTE: il parco è attento all'eco-sostenibilità ambientale ed è ricco di vegetazione che tende a preservare le specie. Verranno messi a disposizione dei mezzi eco-sostenibili per raggiungerlo  facilmente da tutti i punti della città, ad esempio biciclette, monopattini o pattini ecc. Uno dei nostri obiettivi è quello di educare alla pulizia dell'ambiente, con distruttori di rifiuti che daranno in cambio come premio dei codici sconto per cibo e prodotti. Ci saranno poi percorsi personalizzati per sportivi, animali e area eventi notturni in una serra naturale con musiche provenienti dai suoni della natura.
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Le 3 proposte dei gruppi di lavoro sono state inserite sulla piattaforma e-democracy, nell’ambito del progetto Polis2020, per essere condivise.
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A seguito dell’inserimento, ciascun rappresentante di ogni tavolo ha esposto le proprie idee in plenaria avendo a disposizione circa 1-2 minuti. 
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Ogni ragazzo, attraverso il proprio profilo precedentemente registrato sulla piattaforma, ha letto tutte le idee presenti relative al Piano (sia quelle emerse nel corso della giornata sia quelle precedentemente inserite da altri studenti durante i laboratori di progettazione partecipata), ha votato la sua preferita e ha commentato le idee più interessanti. 
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L’adozione di un manifesto cultura può avere delle ricadute strategiche di sviluppo dei luoghi, chiamando le istituzioni culturali a dotarsi di progettualità e strumenti volti alla valorizzazione e promozione dell’identità di un territorio in modo più innovativo, stimolando la crescita, l’occupazione, la competitività, la coesione sociale e territoriale.
 Il futuro è dei ragazzi!
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paoloxl · 5 years
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Donato Tagliapietra, Gli autonomi. Volume V. L’Autonomia operaia vicentina dalla rivolta di Valdagno alla repressione di Thiene, Edizioni DeriveApprodi, Roma, 2019, pp. 256, € 19,00
A voler spiegare come si scrive un testo documentato e rigoroso, su un frammento dei nostri anni ’70, senza melanconie memorialistiche e narcisismi biografici, il quinto volume della serie “Gli autonomi” potrebbe essere citato come esempio virtuoso. Il libro, dedicato all’esperienza del movimento autonomo nell’alto vicentino – una perimetrazione solo apparentemente marginale, in realtà ricca di implicazioni e connessioni generali –, è scritto “al presente”: niente nostalgie, niente autocompiacimento, meno che mai dissociazione. L’autore non fa mai astrazione dal suo punto di osservazione naturale: la durezza spigolosa e inafferrabile dei tempi d’oggi.
Il racconto dell’autonomia vicentina presenta dei tratti di vivo interesse, innanzi tutto per la specificità del territorio. Quella raccontata da Donato Tagliapietra, dirigente dei Collettivi Politici Veneti, ex prigioniero degli infiniti processi che seguirono al 7 aprile, è innanzitutto una storia operaia, anche e soprattutto nella sua dimensione di rifiuto della fabbrica: la cronaca dell’emersione embrionale di un “altro movimento operaio”, in cui un pezzo di gioventù di provincia rigetta la coazione al lavoro e l’etica sacrificale del cottimo e dello straordinario a cui i padri avevano sacrificato la vita.
Non a caso il libro si apre con i fatti della rivolta di Valdagno quasi a sottolineare la matrice proletaria (non genericamente ribelle o controculturale) di quella incubazione che sul finire degli anni del boom, prepara le condizioni dell’esplosione del decennio successivo:
Nell’ambito della prima industrializzazione italiana l’industria tessile vicentina ha un ruolo di prim’ordine, tanto da conferire a questa provincia caratteri strutturali che l’avvicinano di più all’esperienza del triangolo industriale che a quella veneta e italiana […] A rendere originale il processo di industrializzazione vicentino è stato il modo in cui la fabbrica si inserisce nella struttura sociale preesistente, apparentemente senza traumi né fratture nette, anzi salvaguardando gli antichi equilibri. Tutto ciò ha fatto parlare di uno specifico modello di sviluppo: quello veneto. Fino all’aprile del 1968 alla Marzotto di Valdagno (p. 11)
Sui fatti di Valdagno, molto si è scritto, collocandoli addirittura tra gli episodi fondativi del ’68 italiano: la statua del fondatore Gaetano Marzotto abbattuta, le ore di scontri con la polizia dentro territori abituati alla pacificazione e a un’etica del lavoro asfissiante. È l’autonomia di classe all’opera, prima che si generalizzi l’uso stesso della categoria.
Da quel fecondo spartiacque, nei grandi comuni industriali di Thiene, Schio, Marano, Bassano, l’autunno caldo evoca una generazione di giovanissimi quadri di movimento – interni/esterni al tessuto delle fabbriche – che avviano un’altra prassi e un’altra progettualità dentro i territori. Si consolida un’area di contrapposizione ed estraneità ai due mondi allora egemoni: il Veneto bianco – con i suoi cascami clericali e democristiani – e l’opposizione ufficiale, il Pci – con le sue strategie e ritualità paludate.
Inizia la stagione dei gruppi, l’emersione di un’“altra sinistra” che prende forma pubblica, con le sue sedi, le sue sigle, le sue iniziative. È una stagione breve, tutto si consuma in un lampo: i tempi sono accelerati, densi e straordinariamente fecondi. Potere operaio si è sciolta nel ’73, Lotta Continua annaspa dentro la radicalità delle sue contraddizioni e delle aspettative che il conflitto ha evocato soprattutto nelle componenti più giovanili. È il 1976, quando la nuova composizione giovanile di movimento nella bassa vicentina, matura un passaggio di rottura:
Tempo qualche settimana e usciamo da Lotta Continua. Semplicemente, senza strascichi polemici, anzi mantenendo intatto il patrimonio relazionale costruito nella militanza condivisa. Niente porte sbattute o accuse incrociate. D’altronde non portiamo via le masse, semplicemente una parte relativamente piccola ma molto coesa e determinata, non partecipa più a quell’agire collettivo e progettuale dopo tre anni abbondanti di appartenenza. Andiamo a costruire quotidianità da un’altra parte. Da quel momento siamo un’altra cosa […] Il nuovo riferimento è l’Autonomia Operaia, che non è un nuovo gruppo, ma un progetto politico e di lotta da costruire insieme. Con un tempismo perfetto arriva la proposta dei compagni dei Collettivi Politici Padovani, fatta a tutte le realtà di movimento della regione, di incontrarci per discutere un progetto di organizzazione regionale. (p. 38)
Il veneto bianco riproduce le stesse dinamiche sociali e generazionali del resto d’Italia. Questa nuova composizione giovanile, al di là delle sigle di riferimento, si colloca culturalmente in una condizione di rottura esistenziale con il mondo dei padri: il rifiuto delle ideologie lavoriste – sia in salsa micro-capitalistica che berlingueriana –, la tendenza a fare comunità, costruendo una nuova militanza che coincide con le scelte di vita, la musica, le sperimentazioni psichedeliche, la liberazione sessuale. E il tema delle legittimità dell’uso della forza – anche armata – che ormai comincia diventare dirimente.
Nasce una militanza con caratteristiche nuove, che agisce dentro dinamiche e filiere sociali molto dirette. Con Alquati possiamo definirla di “medio raggio”, nel senso di un intervento politico pubblico, fortemente condiviso, praticato nel quotidiano e in uno specifico territorio; condizione che permette più facilmente di non scadere nel leaderismo e nel soggettivismo perché impegnata alla organizzazione della forma pubblica dell’autonomia operaia. Si tratta di organismi proletari di massa, autonomi da partiti e sindacati, dove la lotta per affermare i bisogni e l’uso della forza marciano di pari passo: si vuole essere quadri complessivi, nel senso che non deve esserci separazione tra il politico e il militare. Tra il ’76 e l’80 si registrano in Veneto più di 500 atti di “uso ragionato della forza”. Nella maggior parte dei casi sono azioni di sabotaggio e danneggiamenti nei confronti delle proprietà di fascisti, forze dell’ordine, politici democristiani e baroni universitari. Fratellanza e intelligenza, forza e complicità: questo diventa lo spazio dove si colloca la nuova militanza. (p. 51)
Tutto si mescola freneticamente in mesi che valgono come anni, mentre la crisi italiana si avvita sempre di più tra tentazioni autoritarie e il fosco orizzonte del compromesso storico in gestazione. In una dimensione di densa socialità e contropotere reale esercitato nei territori, si va a costituire quello che l’autore definisce “il laboratorio veneto” – un rapporto di forza reale che misura ogni giorno la propria egemonia; ma che costringe anche a reinventare continuamente forme, linguaggi e pratiche, per rimanere al passo con i tempi della crisi/ristrutturazione che sta ridisegnando la società veneta. L’allungamento della filiera produttiva – che oggi è assunto come elemento fondamentale di gerarchizzazione del lavoro vivo – conosce in quel tessuto un suo campo fondamentale di avvio e sperimentazione. I giovani autonomi vicentini “inseguono” davanti ai cancelli delle fabbriche i loro coetanei operai, organizzando le ronde contro gli straordinari o l’intervento contro i licenziamenti, ma devono anche nel contempo costruire le loro “filiere” alternative – sociali e antagoniste – in cui ricomporre nel territorio quel mondo operaio che si va sfilacciando, nel decentramento produttivo, nell’autosfruttamento dei capannoncini e del lavoro a domicilio.
Tutta la storia dell’Autonomia vicentina – per collocazione, cultura, memoria – è imperniata sul rifiuto/superamento della condizione operaia. L’esperienza storica dei Gruppi Sociali vive all’interno di questa dinamica diventando immediatamente lo strumento attraverso il quale aggredire e rompere la nuova costrizione al lavoro. In particolare questo progetto organizzativo trova sostegno pieno nella teoria dell’operaio sociale che permette a tutti – operai, disoccupati, studenti, piccoli commercianti, precari etc – di sentirsi direttamente messi in produzione […] Esistiamo allora come operai e operaie sociali, non come figure sociologiche ma in quanto soggetti politici capaci di trovare soluzioni che liberino conflitto di classe, nella sua forma post-fordista. L’intervento militante quotidiano privilegia i nuovi distretti industriali, i nuovi laboratori, i paesi dove i comparti della grande fabbrica vengono decentrati. Il lavoro ci insegue sempre più dentro il territorio e noi lì lo abbiamo aspettato. Perché questo è il terreno in cui siamo più forti. (p. 93)
L’operaio sociale è quindi la categoria che supporta questo sforzo tutto politico: e nasce dalla pratica, dalla necessità di “giustificare” e sistematizzare questi processi. Ortoprassi e spregiudicatezza teorica sono in quegli anni due poli che marcano un processo necessario e virtuoso di prassi-teoria-prassi (poi diventeranno sbracamento solipsistico, man mano che il conflitto si essiccherà e resteranno in campo solo i chiacchieroni da seminario, ma questo è un altra storia).
L’autore rende puntigliosamente conto dei processi di formazione delle strutture autonome – dai coordinamenti operai ai comitati studenteschi, ricomposti orizzontalmente nella figura dei Gruppi Sociali – ,così come delle campagne che scandiranno la forza crescente dell’autonomia operaia in veneto e la sua progettualità nazionale, in rapporto con l’area milanese di Rosso. Nasce Radio Sherwood – con la sua redazione vicentina – ed il settimanale politico Autonomia: strumenti indispensabili per rendere conto della ricchezza delle iniziative diffuse sul territorio. Le ronde operaie “mobili” contro gli straordinari, diventano modello di intervento nel sociale, nella lotta per la casa e nelle prime occupazioni di spazi sociali. Il crescendo del contropotere evoca un crescendo di repressione, che prova a rintuzzare, palmo a palmo, l’egemonia che gli autonomi conquistano su pezzi importanti di tessuto sociale: i confederali e il PCI diventano parte attiva di questo sforzo di contrasto all’autonomia operaia, in un susseguirsi di arresti, processi e inchieste, che culmineranno, nel grande showdown finale del PM Calogero (il libro riporta anche l’imbarazzante e famigerato post pubblicato nel 2017 da Umberto Contarello, all’epoca ventiduenne segretario della FGCI padovana, che racconta di come Calogero andasse personalmente nei locali della Federazione del PCI ad istruirlo sulla versione che avrebbe dovuto sostenere come testimone d’accusa al processo contro l’Autonomia…).
Ma nel vicentino lo spartiacque di un’epoca non è il 7 aprile del ’79. È piuttosto la tragedia di Thiene, la morte inaspettata di tre giovani proletari dei collettivi vicentini, Angelo del Santo, Alberto Graziani e Maria Antonietta Berna, e il successivo assurdo suicidio in carcere di Lorenzo Bortoli. Donato Tagliapietra lascia capire che fu quell’evento a segnare la fine di qualcosa: agli attacchi repressivi le strutture autonome erano abituate; ma i fatti di Thiene recano un segno autodistruttivo che difficilmente avrebbe potuto ricomporsi.
A Thiene, attorno alle ore 17.00, un’esplosione provoca la morte di tre compagni, militanti dei Cpv. La storia si interrompe e si capisce che niente più sarebbe stato come prima. Esiste un prima e un dopo l’11 aprile ’79. (p. 163)
I tre militanti stavano realizzando un ordigno esplosivo che sarebbe servito dentro la campagna di risposta alla maxi retata del 7 Aprile. Le strutture dell’autonomia vicentina rivendicano immediatamente l’internità delle figure e del percorso dei tre giovani militanti morti e scrivono in un comunicato uscito subito dopo i fatti:
Nessuna disputa di linea politica, nessuna differenziazione di impostazione di analisi dentro il movimento, può offuscare, negare l’appartenenza dei compagni all’intero movimento rivoluzionario, a tutti i comunisti. L’intero movimento di classe deve rivendicare a sé questi compagni caduti. Per non dimenticare. Per ricordare. (p. 164)
L’autore ci riporta al clima drammatico di quei giorni.
Quella che si scatena contro una piccola realtà di provincia è una repressione senza eguali. Crudele e feroce. L’intento è quello di sradicare definitivamente l’organizzazione autonoma. Viene messa in campo da Dalla Chiesa attraverso un’operazione che militarizza per un mese un intera zona. (p. 167)
Mandati di cattura e perquisizioni piovono a tappeto su tutto il territorio:
Nel nostro caso niente viene risparmiato, fino alla contestazione a tutti del reato di omicidio. Non esiste un impianto accusatorio, non è mai esistito durante tutta la fase processuale. La volontà di spargere terrore con la rappresaglia è l’impianto accusatorio. Scattano dappertutto posti di blocco, controlli nei luoghi frequentati dai compagni e nelle loro abitazioni. Nei luoghi frequentati dal movimento i poliziotti si scatenano contro le compagne con provocazioni sessiste. (p. 168)
Le persone care alle vittime vengono arrestate o inquisite. Tra loro Lorenzo Bortoli, affittuario dell’appartamento in cui avviene la tragedia e compagno di Maria Antonietta. Dopo due mesi di isolamento, vessazioni, trasferimenti e provocazioni, Lorenzo si suicida nella sezione transiti del carcere di Verona. Da settimane è in piedi una campagna di opinione per la sua liberazione, visti i tentativi di suicidio già messi in atto e lo stato di profonda prostrazione psicologica provocata dalla morte della compagna, oltre che dalla detenzione. Il quarto funerale a pugni chiusi, nella piccola straziata provincia vicentina.
Tra latitanza, carcere e processi (le ultime prescrizioni arrivano nel 2006!) la vicenda politico organizzativa dei Collettivi politici vicentini termina all’inizio degli anni ’80. Le scelte di vita si dividono, il territorio muta segno rapidamente: l’eroina si diffonde capillarmente anche nei piccoli centri; ampi settori del Veneto, soprattutto fino al rapimento Dozier, restano zone altamente militarizzate (a Padova città si riuscirà a rompere il divieto di manifestazione solo nel 1985, dopo l’esecuzione sbirresca di Pedro Greco). E cosa più importante: la controrivoluzione sociale accompagna la valorizzazione capitalistica del “modello veneto”, che passa da dimensione produttiva marginale e periferica, all’inserimento nelle grandi filiere produttive tedesche e mitteleuropee.
L’autore, a differenza di altri che hanno contribuito ai volumi precedenti della serie, ci tiene a rendere onore ai tanti che hanno proseguito, negli anni 80/90 la continuità di un’ipotesi politico organizzativa legata all’autonomia.
Quando uscii le cose erano cambiate, ma mi sentivo ancora interno a una situazione di lotta solida e importante. La storia continuava. Mai un giorno a Padova, dagli studi di Vicolo Pontecorvo, Radio Sherwood era stata in silenzio. Accompagnava sosteneva, difendeva e organizzava lo spazio autonomo. Nasceva il Coordinamento Nazionale Antinucleare Antimperialista, che tanta importanza ebbe in quel preciso momento, considerando quanto di drammatico stava succedendo dentro le organizzazioni combattenti clandestine e nelle carceri speciali. […] Da quel ciclo di lotte presero vita le prime occupazioni con l’avvio, lungo gli anni Novanta del movimento dei Centri Sociali. Nel 1988 a Padova, in via Ticino, nasceva il Pedro, l’anno dopo a Mestre il Rivolta, poi il Morion a Venezia, l’Aggro nel Trevigiano, l’Emoprimodellalista nella bassa padovana, fino allo Ya Basta di Vicenza. […] Quello fu molto sommariamente l’impianto di movimento con il quale si arrivò a Genova 2001. E dopo Genova il movimento di lotta contro la base americana di Dal Molin, a Vicenza, nel febbraio 2007 portò in piazza una manifestazione autonoma di 200.000 persone. (p. 203)
Tutto storicamente corretto. Ma non ci si può sottrarre alla domanda più dolorosa, con cui fa i conti Elisabetta Michielin nella bella introduzione:
Aver visto giusto, aver guardato al territorio pone però un problema. Com’è potuto accadere che lo stesso territorio, lo stesso rifiuto del lavoro, hanno portato a un cambiamento di segno inaspettato nella sua radicalità? Insomma, come e perché si è prodotto l’uomo nuovo della Lega? Quei ragazzi che, piuttosto di entrare in fabbrica, avevano deciso di prendere le armi, come sono diventati gli sfruttatori di se stessi nelle miriadi di piccoli opifici che hanno fatto il miracolo del Nord Est nel secolo scorso? […] E ancora: che quella produzione di soggettività, moltiplicatrice di libertà e di invenzione, abbia partorito il mostro dell’autoreferenzialità e dell’esclusione, in una parola l’inimicizia assoluta nei confronti dell’altro e la completa identificazione con il lavoro? (p. 9)
Domande dolorose. Risposte che meriterebbero ben più di un libro.
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residancexl · 5 years
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Conversazione con Daniele Ninarello #Pastorale
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[Paul Klee, Pastorale (Rhythms), 1927]
Mi parli del tuo nuovo progetto artistico Pastorale, terzo lavoro che fa parte di un ciclo di rituali coreografici esperienziali? Molte idee arrivano mentre lavori e negli anni si accumulano contaminandosi a vicenda. Mentre alcune cerchi di cristallizzarle in una creazione, altre restano ai bordi per poi rientrare in un secondo tempo come dei tasselli che si ricorrono dando vita ad un processo di ricerca nuovo. Da tempo dedico il mio lavoro al tema del disorientamento, in particolare alle modalità in cui il corpo può orientarsi nel costruire le sue molteplici relazioni con l'ambiente, e a come organizza i suoi pensieri e i suoi gesti. Sono interessato alle relazioni che il corpo costruisce con lo spazio che esso stesso genera, uno spazio inteso non unicamente come luogo fisico ma anche umorale, emotivo col quale costantemente si misura, si conosce. Mi è sempre interessata questa relazione. In questi anni ho iniziato a fare dei laboratori di pratica condivisa con dei danzatori e con degli amatori. A Matera in occasione del festival “Nessuno Resti Fuori” ho lavorato sulla migrazione e sul tema dell'inclusione, e per l’occasione avevo ideato una serie di pratiche da condividere con il gruppo di lavoro. Stetti a lungo a guardare questa città molto particolare, costruita dall’uomo ma scavata nella roccia. Quando guardi Matera percepisci una totale armonia nel susseguirsi di forme che creano una sintonia quasi musicale. Mi sono perso in quel panorama e riappacificato. Tutte le pratiche corporee si concentravano sulla camminata, sul migrare e sul camminare come pratica estetica e creativa, ridefinendo il modo in cui descriviamo lo spazio che percorriamo e di conseguenza la relazione che creiamo con questo. Si concentravano su elementi specifici come la derivazione, la continuità, la ripetizione e la comunità. Caratteristiche rappresentative anche del rituale: anch’esso ti ricolloca, ti trasforma rinnovandoti, è comunitario. Da qui ho composto una piccola collezione di pratiche collettive che portavano i corpi ad orientarsi attraverso la percezione della realtà plastica che li circonda. Cominciavo a osservare e comprendere come tutti i segnali che ogni giorno incontriamo informano il corpo. Poi mi sono spostato a New York e qui è proseguita la riflessione sulla pratica del camminare e della migrazione, in particolare sul dualismo tra essere sedentario e essere nomade che è alla base della natura umana. Al MOMA di New York, camminando tra le opere, mi sono imbattuto in una piccola opera di Paul Klee che si chiama Pastorale (Rhythms) e sono rimasto rapito. Mi ha risucchiato, ero ossessionato da questa successione di simboli, di segni che a volte mi rimandavano a una mappa, a volte mi sembravano persone, a volte una partitura musicale e a un certo punto una coreografia. Così ho iniziato a scrivere. Mi sembravano geroglifici, una profezia, un codice da decodificare, qualcosa che appartiene a un passato che arriva semplicemente attraverso l’immediatezza del simbolo, una superficie su cui i segni vibravano tutti insieme. Da qui è arrivata la prima intuizione di scrivere una Pastorale di segni percorsa dai corpi.
Oltre a Klee, qual è l’immaginario che sta nutrendo questo nuovo lavoro? Da una parte il mondo della pastorale a partire dall’opera di Klee. Poi molti altri sono i riferimenti e tra questi c’è Moondog, un musicista non vedente di New York. È un compositore che per molti anni della sua vita si è esibito in strada. Era chiamato il “Vichingo della 6th Avenue” e stava in mezzo alla strada come fosse un oracolo. Registrava i suoni della città e le sue voci, costruiva strumenti musicali. È come se cercasse di entrare a contatto con il mondo, di fotografarlo mentre risuonava tutto insieme. La sua musica è incredibile e non appena l’ho ascoltata è arrivata l’intuizione: la pastorale come l’altrove in cui percepisci che sei mosso nel flusso eterno delle cose, il momento in cui non c’è separazione e riesci a collegarti. Voglio costruire una pratica che permetta al corpo di essere mosso solo attraverso ciò che veramente percepisce, che registra, che scrive, che sia in grado di farsi geroglifico e segno nello spazio a partire da una sensazione che ha percepito, come un gesto che nasce spontaneo nel corpo, un impulso che ti nomina. Il nostro occhio costantemente legge e incorpora le vibrazioni e la ritmica delle geometrie e delle immagini che incontra, possiamo udire e percepire come tutto cade intorno a noi e insieme a noi, come tutto risuona su di noi e di noi. Ho iniziato a lavorare sulla percezione delle realtà architettoniche, di come attivano i nostri sensi, di come noi percepiamo lo spazio in cui ci stiamo muovendo, come lo decifriamo costantemente per poi espandere questa modalità tra i corpi. Durante il processo ho poi ripreso a studiare Numeri di Philippe Sollers, ho deciso di adottare questo testo per il processo poichè ha in sé tutte le questioni centrali di Pastorale. Pastorale ora prende spunto da questi elementi.
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[un’immagine di Moondog]
Mi sembra che la pratica di cui parli lavori principalmente sulla presenza e in questo la relazione con lo spazio mi sembra centrale: entrando in relazione al luogo in cui è viene si modifica la struttura coreografica? Una volta costruita la struttura coreografica generalmente rimane la stessa, ma può subire delle variazioni suggerite dal luogo in cui si colloca. Da luogo a luogo ciò che varia è la percezione del corpo nell'attraversare la struttura coreografica. Tratto lo spazio come una cassa di risonanza, comunico con i suoi elementi che informano e attivano le mie percezioni. Il corpo non è mai indifferente allo spazio che abita, il più delle volte ne è succube, io cerco di ridefinire i rapporti attraverso una maniera diversa di descrivere il luogo che abito. Avviene come un’esperienza sensoriale, una sorta di reintegrazione di architetture, forme ed elementi originariamente generati dal corpo e dal suo passaggio. Credo che il corpo stia allo spazio come il gesto sta al corpo, il corpo è un segno nello spazio. Mi interessa questa relazione, questo confine in cui il corpo si muove parlando in ascolto dei pensieri che nascono da ciò che percepisce nel fuori. Il pensiero è già architettura. Non c’è differenza tra un gesto che facciamo mentre parliamo e il movimento che risponde a qualcosa percepito all'esterno. È come tentare di riallinearsi con il fuori e con il dentro, e quindi portare questo principio come dinamica di relazione tra i corpi. Con Pastorale la volontà è quella di riflettere su queste dinamiche di relazione nel mondo, sulla nostalgia dell'unisono che c'è nelle nostre relazioni, di quanto poco sopportiamo il silenzio che ci unisce. Ritornare all'unisono significa risuonare insieme, percepire come siamo gli uni inscritti negli altri. Avvicinarsi a moti della natura, alla sua bellezza, al suo incessante ed eterno perseguire l'armonia delle forme.
A che punto della tua ricerca coreografica per Pastorale si è inserita la residenza a Vicenza? A Vicenza ho consolidato alcune pratiche che da tempo sto esplorando. La cosa più importante è sempre trovare la giusta modalità di trasmettere ai danzatori questo pensiero. Mi sono posto la domanda: come posso sentirmi libero quando i segni che ho a disposizione per esprimermi sono limitati? Se per esprimere una sensazione chiara ho a disposizione un codice di pochi elementi? [...] mi sto focalizzando su questo punto, sulla possibilità di sentire come la percezione genera un impulso, un pensiero, e su come varia l'intensità e la qualità di un segno nel corpo a seconda del segnale esterno o interno che lo genera. Queste modalità di lavoro erano già nate in Kudoku, dove insieme a Dan Kinzelman esploro questi concetti tra suono e gesto. Quello che mi interessa è che il corpo colga l’istante in cui sta vivendo, che le parole e i movimenti che genera nascano da uno stato contemplativo, che siano frutto di associazioni istantanee, carichi di tutto ciò che hanno da offrire al mondo.
Per Pastorale collabori con la dramaturg Gaia Clotilde Chernetich, come nasce il confronto con la studiosa rispetto al lavoro sulle pratiche di scrittura coreografica? Prima abbiamo lavorato sulla lettura e stesura di molti materiali cercando di tenere il dialogo costante e aperto, e di analizzare da diversi punti di vista la questione centrale al lavoro. In un secondo momento ho cercato di far partire il lavoro da questi materiali, facendo molta ricerca e sperimentando diverse modalità di approccio del corpo. Per me è fondamentale affidarmi alla sensibilità di Gaia, la sento molto vicina. Lei mi ha portato riferimenti molto precisi che hanno alimentato il mio immaginario e stimolato il mio pensare. Ci scambiamo materiali e idee continuamente.
Cosa ti porti a casa dopo questi primi giorni di residenza? Pastorale vuole essere un modo per tornare alla natura, una natura intesa come concedersi alle cose che ci animano, trovare quel silenzio in cui si agitano per scorgere il loro ordine. Pastorale necessita di un abbandono al ritmo di tutte quelle cose che ci cadono negli occhi e che risuonano sulla pelle. Pastorale è una percezione che arriva, un pensiero che nasce e si manifesta in un’esistenza.
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micro961 · 2 years
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MeriCler - “Carillon”
Il nuovo brano dell’artista emiliana
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 Il carillon rappresenta il mondo dei sogni, dell’infanzia: messo troppo spesso in disparte. Il protagonista del brano è un carillon. Questo oggetto si anima parlando in prima persona, descrivendo i propri stati d’animo e ciò che prova. Si rivolge spesso ad una persona chiedendole il motivo per cui si è dimenticata di lui, lasciandolo spesso in disparte.
Il carillon rappresenta il mondo dei sogni, dell’infanzia: messo troppo spesso in disparte e dimenticato a favore dell’età adulta, fatta di responsabilità e di concretezza lasciando da parte le aspirazioni e tutto ciò che rappresenta la fanciullezza.
Maria Chiara nasce 25 anni fa in un piccolo paese in provincia di Ravenna. Ama cantare, sperimentare e mettersi alla prova. Negli ultimi anni ha partecipato a laboratori di Musical Theatre proprio perché la sua voce, a detta di molti, è adatta a fare musical. Ma l’anima di Maria Chiara è un’altra. Le piacciono moltissimo le sonorità soul e si diverte a sperimentare sound che possano unire questo mondo con quello del pop. Nell’ultimo anno partecipa a vari concorsi canori e a trasmissioni televisive locali, in particolare partecipa a Roma alle fasi finali del concorso “Musica è” vincendo il premio per la miglior interpretazione. Si afferma quale miglior interprete al concorso “Sing Star Italy” di Formigine ottenendo la possibilità di girare un videoclip professionale presso il Take Away Studios di Modena. Vince il concorso canoro “CantaRio”, che le dà l’opportunità di produrre il suo primo singolo: “Parentesi”. È proprio da qui che nasce MeriCler con un’idea ben precisa: fare musica propria e creare brani originali da fare ascoltare al pubblico. MeriCler, partecipa poi al festival “Una Voce per San Marino” nell’ambito delle selezioni per l’Eurovision Song Contest 2022 accedendo alla finalissima, trasmessa in diretta televisiva, piazzandosi al settimo posto nella classifica generale. Partecipa ad X Factor 2022.
 Etichetta: Orangle Srl - www.oranglerecords.com
INSTAGRAM: https://www.instagram.com/mericler_music/
SPOTIFY: https://open.spotify.com/artist/2IuOifYAFeq9S4prxdf1HM
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 l’altoparlante - comunicazione musicale
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lamilanomagazine · 9 months
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Vicenza, evento culturale "Caravaggio, Van Dyck, Sassolino", più di 8000 persone nei primi 10 giorni di apertura
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Vicenza, evento culturale "Caravaggio, Van Dyck, Sassolino", più di 8000 persone nei primi 10 giorni di apertura Il picco massimo di presenze si è registrato proprio ieri, martedì 26 dicembre con 2.166 visitatori seguito a ruota dai 1.494 di domenica 17 dicembre e dai 924 del 24 dicembre. Bene anche l'apertura della mostra nel pomeriggio di Natale con 568 ingressi e quella del 23 dicembre che, anche grazie al concerto di Natale organizzato all'interno della Basilica, ha registrato 761 presenze. Dato di poco inferiore alle più di 800 registrate il 16 dicembre giorno dell'inaugurazione. «È entusiasmante pensare all'offerta culturale della nostra città in questo periodo: dalla Basilica palladiana alle Gallerie d'Italia, alla mostra inaugurata pochi giorni fa dedicata alla figura di Vucetich al Museo civico di Palazzo Chiericati. Dall'arte antica al 1900, arrivando fino al contemporaneo Arcangelo Sassolino. Le persone entrano in Basilica palladiana attratte dall'idea di vedere San Girolamo di Caravaggio ed escono parlando dell'opera di Sassolino: un primo passo di grande attenzione della nostra amministrazione per la produzione dei nostri artisti di oggi - commenta l'assessore alla cultura, al turismo e all'attrattività della città Ilaria Fantin- Oltre 8000 visitatori in Basilica palladiana in 10 giorni sono il segno di un grande apprezzamento per una proposta inedita e innovativa che valorizza non solo le opere esposte ma anche uno dei monumenti più apprezzati e visitati della nostra città». Musica, danza, fotografia, filosofia, astrofisica e letteratura saranno oggetto dei 17 incontri ad ingresso libero su prenotazione in programma in Basilica palladiana fino alla fine dell'esposizione. La rassegna, che ha preso il via il 23 dicembre con un evento musicale tutto esaurito, prosegue il 30 dicembre con la conferenza "Il tempo, lo sbaglio, lo spazio: poetiche del corpo e dei sentimenti nell'arte" con Stefania Portinari Storica dell'arte (Università Ca' Foscari, Venezia) per la quale ci sono ancora posti disponibili. Tutto esaurito anche per il "Concerto di Natale attorno ai tre capolavori" dell'1 gennaio dell'Ensemble I Musicali affetti diretto da Fabio Missaggia: i posti che non saranno occupati all'avvio dell'evento saranno resi disponibili per chi si presenterà in Basilica palladiana. Con il nuovo anno il giornalista Antonio Di Lorenzo dedicherà l'incontro di sabato 6 gennaio a "Epifania, la luce delle donne: sette storie di vicentine straordinarie e sconosciute" Il giorno successivo, domenica 7 gennaio alle 18 Andrea Pilastro del Centro nazionale della biodiversità dell'Università di Padova parlerà di "Tempi moderni: Darwin e la crisi della biodiversità". "Il tempo nella musica: misura, scansione, battito vitale" avrà come protagonista lo scrittore Venerdì Marco Ghiotto, venerdì 12 gennaio. Sabato 13 gennaio si parlerà di "Tempi e memorie: un percorso tra psicoanalisi e filosofia" con Raffaella Corrà, filosofa e Guido Savio psicoanalista. Tutti gli appuntamenti inizieranno alle 18, sono ad ingresso gratuito con 100 posti a disposizione su prenotazione al link. Alcuni eventi sono in fase di esaurimento pertanto si invita ad affrettasi per assicurarsi il proprio posto in sala. L'evento espositivo sarà affiancato anche da laboratori didattici per bambini dai 5 agli 11 anni, gratuiti, condotti dal Palladio Museum Kids dal titolo "La forma del tempo": domenica 14 gennaio (ore 16.30 – 18), 21 gennaio (ore 11 – 12:30) e 28 gennaio (ore 11 – 12.30). Il primo appuntamento del 23 dicembre ha registrato il tutto esaurito con 25 bambini iscritti e numerosi altri in lista d'attesa. Anche per i prossimi appuntamenti ci sono già adesioni. Ogni laboratorio, che si svolgerà nella sala degli Zavatteri e sarà preceduto da una breve visita alla mostra, durerà 1 ora e 30 minuti e accoglierà al massimo 25 bambini. Prenotazione obbligatoria: [email protected] La mostra è curata da Guido Beltramini e Francesca Cappelletti,è ideata e promossa dal Comune di Vicenza con la co-organizzazione di Intesa Sanpaolo. Il progetto espositivo ha coinvolto i Musei Civici Vicenza, Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio con il supporto di Marsilio Arte. L'iniziativa è stata possibile grazie alla sponsorizzazione di Confindustria Vicenza, Gemmo, Beltrame, Melegatti e LD 72 e alla partnership con Art Bonus con Cereal Docks, Relazionésimo e amer group. Orari di apertura: tutti i giorni dalle 10 alle 18. Ingresso gratuito per i residenti in città e provincia. Apertura straordinaria 1° gennaio dalle 15 alle 18.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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maxim960 · 2 years
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@massimo.dellecese_guitar [email protected] ❤️ Un’altra edizione dell’Italian Guitar Campus è finita! I numeri: 260 partecipanti, di cui 190 allievi, 37 docenti, 30 artisti ospiti e accompagnatori, per un totale di 1100 lezioni, 4 serate di concerti con 25 artisti, conferenze, incontri, laboratori, l’Orchestra IGC del Campus, la presentazione della collana discografica “Italian Guitar Campus” di DotGuitar, i concerti degli allievi. Ma, al di là dei numeri, quello che più conta è lo straordinario momento di incontro tra musicisti che il Campus rappresenta, un terreno di scambio di idee e progetti, per poter costruire un futuro e collaborare insieme, un terreno comune dove dare forma ai propri sogni. E, soprattutto, un luogo in cui sottolineare la forza incredibile della musica e la sua energia, preziosa per tutti, tanto per chi la fa quanto per chi la vive quotidianamente. Un grazie immenso a tutti, ci vediamo nel 2023! #italianguitarcampus #guitar #massimodellecese #chitarra #classicalguitar #campus #summer #chianciano @fortunaresort_tuscany #italy @savarez_strings @newsforguitar https://www.instagram.com/p/Cg_cJeNM8GN/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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