Tumgik
#come distrarsi
Text
Tumblr media Tumblr media
I feel like I’m living inside of my head
33 notes · View notes
limoniacolazione · 7 months
Text
Ieri (casualmente era pure la giornata mondiale delle malattie mentali) è stato un anno tondo dalla mia prima crisi, quella che ha fatto capitolare me e il resto intorno. Me ne sono accorta solo oggi, perché nel mare magnum della depressione ogni giorno è uno di troppo e tutto si assomiglia. Poi ottobre è il mese che è e di date nella memoria ce ne sono già due: il 20, che è morto S., il 25, che è morto L. "Ogni giorno è un anniversario", diceva zia Rosa, che di gente ne aveva persa parecchia e passava i mesi a ricordare nascite e morti, fino a quando poi non se n'è andata pure lei.
Il mese prossimo una commissione medica si riunirà per decidere se sono depressa abbastanza. Non so da che cosa determineranno la mia volontà di stare al mondo o meno. Non è come un osso rotto in una radiografia o un neo dai contorni non definiti. Ci riuniremo quindi su un ponte e mi chiederanno di saltare? Mi aspetteranno in seduta plenaria col cappio pronto?
Per me non è questione di abbastanza. Non è questione di bianco o nero: la mia depressione è un eterno grigiore in cui nulla accade. L'atmosfera è talmente pesante che gli arti non si sollevano più. Un cielo plumbeo che però non piove mai (dentro di me).
Non è questione di combattere, né di mollare e neppure di resistere. Ho lasciato cadere il coltello, che comunque non ho mai tenuto dalla parte del manico. Ho alzato le mani in segno di resa, ma non è neppure questione di arrendersi. Non è questione neanche di ricordare, di segnare di rosso un numero nel calendario o di stracciare le pagine dell'agenda una dopo l'altra. Non è questione di riempire, sostituire, distrarsi. Pure se faccio tutte queste cose (fuori da me): guardo film, disfo cartoni, cucino, mangio, leggo, rido.
Lo sapranno, quelli della commissione medica, che sono un'artista del camouflage? E certo rido, leggo, mangio, cucino, disfo cartoni, guardo film, ma non esco di casa, non ascolto la radio, non getto l'occhio sulle pagine del giornale. Che sarebbe troppo, mi dico, aggiungere al mio il dolore degli altri.
Faccio lo slalom tra gli annunci dei social che mi chiedono aiuto per costruire un ospedale per i koala investiti sulla tangenziale - per i bambini che muoiono di fame - per chi fa la guerra e chi la subisce - per il long COVID - per distruggere le cimici dei letti che invadono Parigi - per salvarle, le cimici dei letti. No, non è neppure questione di agire o di chiudersi a riccio e lasciare il mondo andare a farsi fottere. Non è questione di girarsi dall'altra parte, né di guardare il pericolo negli occhi. Non è questione di dire qualcosa o dare la propria opinione (quanto di farsene una). Non è questione di problem solving.
Non è per forza questione di morire. Non è certamente questione di vivere. È questione di liberare spazio, di imbiancare la tela, di restare sgombri, di alleggerirsi per poter almeno galleggiare, oppure, al contrario, di immergersi completamente.
E quando penso ad immergermi mi viene in mente, chi lo sa perché, Ragnar Kjartansson e la performance audio-visiva "The Visitors". Forse è la vasca da bagno, oppure cantare all'infinito "Once again I fall into my feminine ways", come fosse un sortilegio per cadere, sì, e poi riuscirne intatti, liberi, leggeri.
youtube
33 notes · View notes
mermaidemilystuff · 4 months
Text
Inutile, questa infinita tristezza non mi fa dormire. Mi vibra il telefono e mi chiedo, quasi felice, chi sia che mi cerca a quest'ora. Iliad.
Dicembre dovrebbe essere un mese bellissimo: il mio compleanno e Natale. Dicembre ogni anno che passa è sempre e solo più pesante del precedente.
Quest'anno ho ricevuto, se possibile, meno auguri del solito. Quest'anno per Natale ero sorpresissima di avere anche io un pacchetto da scartare.
Natale è famiglia e amici e io non credo di avere più né una nell'altro da tempo. Il calore di una famiglia non so più cosa sia, avere persone con cui passare un poco di tempo, distrarsi e fare due chiacchiere non so più cosa sia.
Solitudine è la parola che mi porto dietro ogni giorno e che a dicembre si fa ingombrante. Ogni dicembre che passa sempre di più.
Dicembre, il mio compleanno e Natale mi sono stati tolti che ero poco più che una bambina e lì credo di essere rimasta, come se aspettassi di rimediare a tutti questi anni. Ogni anno a dicembre divento bimba e mi faccio un male enorme, sperando e aspettando il successivo.
Oh oh oh, buon Natale piccola emi. Un giorno a dicembre ti tornerà il sorriso e passerai le feste che meriti. E sarai felice ❤️
43 notes · View notes
Text
Tumblr media
IL RACCONTO DELL'IMMAGINE - di Gianpiero Menniti
LA STRADA PIU' LUNGA
Meditare. Quante allusioni in questa forma verbale. Pensare. Prendere cura. Soffermare. Percorrere. Iterare. Occorre amare la compagnia di sé. No. Bisogna distrarsi per tollerarla. Cercando voci che dicano parole nuove. Curiosando ai margini del noto. Lasciandosi permeare da ogni sensazione. Così, dal marciapiede della strada di casa, imboccavo la prima scalinata e scendevo sul lungosenna, fino alle chiatte ormeggiate, per ascoltare i racconti della città venosa. Adesso, la strada non ha più geometria. Lì, ogni suono del mondo brulicante di su, non guarda in basso e scorre distratto. Ogni odore è più acre e denso. Ogni luce è un bagliore. Ogni passo, rintocca. Ogni sguardo è un segno. Dietro le quinte, come a teatro, la scena non mostra solo l'attore ma il pubblico e le sue rappresentazioni di vita. Si esce dal copione. Si recita a soggetto. Adesso comincia la sera. E chi sa cosa potrà accadere. La strada è lunga.
- Immagine fotografica di Roger Schall, Péniches Quai de Gesvres, Paris, 1936
22 notes · View notes
petalididonna · 8 months
Text
Distrarmi per vivere
Ci vorrebbe un'altra vita un'altra me, un'altra dimensione dove riuscire ad essere distratta, dove è normale, salutare, armonioso, liberare il proprio pensiero, la propria mente oltre il tangibile il materiale il socialmente giusto.
Distrarmi, ecco dovrei distrarmi per vivere.
Lottare contro un’idea patologica, un senso di responsabilità eccessivo, l'ansia radicata in profondità, può sembrare difficile, ma non deve essere certo un’impresa impossibile.
La distrazione personalmente vissuta come qualcosa di negativo.
Ma la distrazione non è soltanto un difetto.
In molte circostanze la capacità di distrarsi può rivelarsi di grande utilità. Per allentare una forte tensione o un pensiero disturbante non c’è niente di meglio che rivolgere altrove la propria concentrazione.
Non importa dove, se in un libro, nell'orizzonte o negli occhi di uno sguardo, nelle parole di un amico, nel profumo di un fiore o semplicemente nel silenzio .
Distrarsi per vivere, un'occasione per trasformare una giornata qualunque in un giardino fiorito🌷
Adeline Ady
Tumblr media
20 notes · View notes
Text
I libri della renna
Tumblr media
phttps://pixabay.com/photos/santa-claus-book-northern-lights-5758553/
Il regalo di Natale delle biblioteche di Milano consiste, naturalmente, nei nostri consigli di lettura, scelti per offrire al pubblico un’occasione per distrarsi in totale relax.
Tumblr media
È ambientata proprio in tempo di feste l’ultima fatica di Valerio Varesi, L’affittacamere, ma è un Natale un po’ cupo per il commissario Soneri, costretto a scavare anche nel proprio doloroso passato per venire a capo dell’omicidio di un’anziana affittacamere dalla vita piuttosto torbida: “La nostalgia è la sublimazione della paura che ci fa il tempo che passa”. Forse Varesi è riuscito a darci, una volta per tutte, la spiegazione della passione per i libri gialli: “La vita, dopotutto, non assomiglia tragicamente a un omicidio? Non si concludeva sempre con un morto? Non ci ammazzava il tempo logorandoci ogni giorno con un piccolo affronto fino al cedimento? E il tempo non ha bisogno di un alibi come non ce l’ha il boia: compie semplicemente il suo mestiere”. Scritto molto bene, sembra di passeggiare insieme al protagonista per le vie nebbiose di Parma, durante le festività natalizie.
Tumblr media
Antonio Manzini, nel titolo del suo ultimo libro della serie del vice questore Rocco Schiavone, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Sud America?, fa il verso al noto film di Ettore Scola con Nino Manfredi e Alberto Sordi, ma l’amico, in questo caso, è misteriosamente scomparso in Sud America e non in Africa. Spassoso e divertente anche durante la trasferta, il coriaceo Rocco sembra ricordare la risposta che Aldo Fabrizi diede ai giornalisti che lo rimproveravano di parlare solo in romanesco: “Sono sicuro che se anche fossi nato altrove parlerei romanesco lo stesso”: è così anche per i nostri eroi, che si trovino a Roma, ad Aosta, a Buenos Aires o in Messico. Buon divertimento!
Tumblr media
Anche in La ricreazione è finita, recentissimo romanzo di Dario Ferrari, si respira aria di Natale, ma in questo caso il riferimento cinematografico non è a Scola bensì al Fellini dei Vitelloni, perché il protagonista gigioneggia in quel di Viareggio senza decidersi a dare una svolta, matrimoniale e professionale, alla sua tardo-fanciullesca esperienza personale. Egli riesce però, del tutto inaspettatamente, a vincere un dottorato di ricerca in università e viene incaricato di occuparsi degli scritti del compatriota Tito Sella, morto in carcere dove era stato rinchiuso per il reato di terrorismo. Diversi generi letterari e temi, il romanzo di formazione, il mondo accademico, le suggestioni cinematografiche, storiche e metaletterarie, si intrecciano in questo romanzo davvero accattivante.
Tumblr media
Feste decisamente spensierate per chi sceglierà Le imprudenze di Archie di Wodehouse, recentemente ripubblicato da Mursia. Inossidabile humour inglese di ottima lega, del suo stile l’autore diceva: “consiste nel costruire una specie di commedia musicale senza musica, ignorando del tutto la vita reale”. E proprio così, in assoluta leggerezza, vive Archie, il protagonista di questo romanzo che vi lascerà con il sorriso stampato durante tutta la lettura. “Mentre considerava la sua situazione alla fine del primo mese di vita matrimoniale, ad Archie pareva che andasse tutto per il meglio nel migliore di tutti i mondi possibili. … C’erano dei momenti in cui gli sembrava che New York fosse solo stata in attesa del suo arrivo prima di dare ufficialmente inizio ai bagordi”.
Tumblr media
Le festività natalizie sono l’occasione giusta anche per affrontare un bel romanzo storico, di quelli “cappa e spada”, soprattutto per chi ha amato I promessi sposi. Il conte Attilio di Claudio Paglieri è infatti il prequel del capolavoro manzoniano e ci offre un punto di vista diverso sulla personalità del famigerato cugino di Don Rodrigo, ma l’ambientazione è sempre la stessa: la nostra grande Milano e le meravigliose sponde del lago di Como.
Tumblr media
Ancora in tema con le feste vi proponiamo Un lungo capodanno in noir, in cui dieci autori contemporanei tra i più seguiti ci offrono la loro versione delle feste. Diversi sono anche gli scenari: Roma, Firenze e Milano “con i suoi quartieri e la sua gente; Milano che negli anni Venti ospitava Antonio Gramsci a San Vittore, uno che il Capodanno lo odiava proprio”. Poi un borgo del centro Italia, e infine Barcellona e la Svizzera: un ampio panorama per feste colorate di giallo!
Tumblr media
Chiudiamo questa breve rassegna con una garanzia assoluta, ovvero l’ultima raccolta di racconti gialli di Simenon pubblicata da Adelphi: I misteri del Grand-Saint-Georges, anch’essa, in qualche modo, in tema con il Natale perché ambientata nei paesaggi innevati della Lituania. Una tremenda vendetta è l'argomento della prima storia, un “racconto di Natale per grandi” è il sottotitolo della seconda, mentre l’ultima, Il piccolo sarto e il cappellaio, sarà poi sviluppata nel romanzo I fantasmi del cappellaio: basta un semplice pezzettino di carta per suscitare i più atroci sospetti e scatenare la tensione.
Di nuovo auguri di buone feste a tutti i nostri fedelissimi lettori!
12 notes · View notes
canesenzafissadimora · 5 months
Text
Devi capire chi sei .
Perché c’è un mucchio di gente che vive a propria insaputa. Non solo i giovani. Anche gli adulti. Soprattutto loro. I quali sono alienati 5 giorni alla settimana perché realizzano non se stessi ma gli scopi dell’ apparato di appartenenza.
E poi la domenica. Il sabato e la domenica che potrebbero rivolgere anche uno sguardo a se stessi, scappano da se stessi come dal peggior nemico .
Si mettono in macchina e fanno il week end .
Per distrarsi.. da sè
Umberto Galimberti
16 notes · View notes
alessiamalfoyzabini · 11 months
Text
Sense and Sensibility
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
↳ summary: Una notte in preda all'alcool e alla lussuria, dimenticando ogni cosa, tra cui la più importante.
Tumblr media
pairing: Park Jimin x f.OC
genre: angst, smut
word count: 2.928
warnings: menzioni di tradimento, sesso orale, sesso vaginale, amore non corrisposto
Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Tutto ciò era sbagliato, Jimin ne era consapevole, ma non avrebbe smesso. Ci era voluto un po’ per decidersi, Alya era ferita dal comportamento scostante di Jungkook e lui ne stava approfittando.
Viscido.
Ma sentiva dentro di sé un forte ruggito che voleva essere liberato, nelle sue vene non scorreva più sangue, ma lava bollente. Tutto di lei lo attraeva, non riuscì a capire perché anni prima non aveva provato le stesse sensazioni, al momento non riusciva a ragionare lucidamente.
Forse perché il suo amico era riuscito a far breccia nel cuore della ragazza per primo. La Russia era un luogo freddo, il calore del Maknae aveva affascinato quella bellezza di ghiaccio, oscurando totalmente il resto delle persone intorno a sé. Per Jimin era stata una delusione? Certamente sì, ma per molto tempo riuscì a distrarsi, spesso cambiando fidanzata. Non riuscendo mai a trovare qualcosa di giusto in ognuna di loro, tutto stonava, sempre. E detestava le note imperfette, perché anche lui, di conseguenza, si sentiva imperfetto.
Tornò alla realtà, scoprendo quanto in verità fosse calda quella stessa donna che anni prima gli era parsa così fredda e distaccata, capace di sciogliersi solo in presenza di un buffo ragazzo con il sorriso da coniglietto. Lo stesso ragazzo che ora la guardava e non provava più l'intenso e struggente amore di un tempo, amore che lo aveva portato a innumerevoli discussioni con i suoi genitori.
Ricoprì il suo collo di baci febbrili, quella pelle chiara e morbida si stava rivelando dannatamente eccitante.
L’avrebbe ricoperta di marchi.
«Mmh» mugugnò la ragazza quando le labbra dell’uomo si fecero più insistenti in un punto specifico del collo, sopra la vena pulsante, le stesse labbra che mordicchiarono e succhiarono con sempre più forza, lasciando un enorme segno violaceo a testimoniare il suo passaggio e un velo di saliva a ricoprirlo simile ad una pellicola, come a voler calmare il bruciore causato dagli insistenti morsi.
I loro cuori battevano all'unisono, erano due anime sole e alla ricerca disperata di qualcuno capace di apprezzarli per davvero. Forse per i fumi dell’alcool, forse per l’emozione di essere stretta tra le braccia di un uomo dopo tanto tempo, lo sguardo di Alya si fece più languido, e leccandosi sensualmente le labbra aprì di poco le gambe, quel tanto che bastava per lasciar spazio a Jimin.
Il ragazzo non era ubriaco, riusciva ancora a capire gran parte della situazione. Quando l’aveva riportata a casa non credeva di poter davvero permettersi di andare oltre, ma lei era stata fin troppo chiara.
❝ Scopami, non mi importa come, tu fallo.❞
Forse proprio per fare un dispetto a Jungkook. Quel che non sapeva, è che a soffrire in quel momento era proprio Jimin, l’oggetto che anelava ad essere usato.
Con le mani sfiorò il suo corpo, soffermandosi sul seno, non era di chissà quale eclatante taglia, ma piccolo e sodo.
Grazioso. Fatto per le sue mani.
Alya seguì le sue mosse con trepidazione, era da molto tempo che non aveva rapporti con il sesso opposto, si sentiva spaesata e insoddisfatta, però avrebbe seguito il gioco di Jimin se significava provare piacere. Tutte le ragazze andavano pazze di lui per le sue doti da amatore, e finalmente anche lei avrebbe gustato quelle piccole ed agili mani.
«Che ne dici se togliamo questo?» le sussurrò all’orecchio, strattonando con fermezza il bordo del suo abitino succinto, annuì ma Jimin in realtà non aveva bisogno di una sua risposta per continuare.
I suoi occhi non lasciarono le labbra succose di lei, il loro colore così rosso acceso era una tentazione per il biondo, ma non poteva. Si sentiva trattenuto da qualcosa.
Jungkook. Stava facendo del male a Jungkook, quella era ancora la sua ragazza.
Con una lentezza spropositata cominciò a far risalire il vestito lungo le cosce candide e toniche, gli piaceva la sensazione delle sue mani che toccavano quelle parti abbondanti di carne, era soddisfacente toccare e afferrare, stringere e palpare senza nessun imbarazzo.
Lei sbuffò contrariata e fece per toglierlo da sé, ma Jimin smise di farle sentire il suo tocco.
«No, amore. Devi fare ciò che ti dico io» le gambe tremarono al suono della sua voce, flautata e resa roca dal desiderio. Fece come le ordinò, si sollevò così da permettergli di sfilare quel capo e rimase in intimo, non voleva risultare sexy, ma il tessuto nero creava una divisione netta con la pelle chiara e Jimin baciò con adorazione quella zona, stringendo tra le mani la sottile vita della donna, la quale gli circondò il collo, tenendosi aggrappata a lui.
Jimin aveva un profumo così buono, non poté farne a meno, gli lasciò una scia umida di baci lungo il pomo d'Adamo, l’azione fece scattare il ragazzo, che in un impeto di passione la riportò ancora una volta con la schiena contro il materasso.
Con una calma che Alya definì straziante, Jimin introdusse le mani sotto le coppe del reggiseno, saggiando la morbidezza della sua carne candida.
La donna strinse le gambe, poteva sentire la sua intimità bagnarsi dei suoi umori. Jimin non la stava neanche toccando in quel punto, però avvertiva chiaramente tutta la prestanza fisica che il ragazzo possedeva. E quando finalmente le tolse l’indumento superiore, ormai inutile, l’eccitazione si fece più persistente.
Il biondo prese a sfregare le labbra contro uno dei capezzoli, soffiandoci sopra con il suo fiato caldo, mandando piccoli brividi su per la schiena della ragazza. Quando lo prese in bocca Alya si lasciò sfuggire un ansito.
Mentre si divertiva a schiacciare quella perla rosea contro la lingua, rigirandola e modellandola a suo piacimento dentro la bocca le sue mani presero a scendere verso l’ultimo ostacolo rimasto, Alya gli strinse i soffici capelli chiari, pregustando già le dita del maschio contro la sua femminilità.
«Jimin…» sospirò.
Il ragazzo si staccò, aveva le labbra gonfie e rosse a causa della saliva che le bagnava e del continuo sfregamento contro la sua pelle.
«Cosa?».
Cielo, si vergognava così tanto a dirglielo, perciò spinse i fianchi contro la sua mano, sperando che capisse da solo. Lui ghignò.
Senza toglierle le mutandine, iniziò a muovere le punte delle dita sopra il sottile tessuto, già umido, proprio nell’esatto punto dove si trovava il clitoride.
Portò le labbra vicino al suo orecchio.
«Ti da fastidio se faccio così? … o così?» simulò l’atto di penetrarla con le dita, atto ostacolato dal tessuto che ricopriva le parti intime. Alya singhiozzò per l’esasperazione.
Lo colse di sorpresa quando gli strinse le spalle e lo rigirò.
Ora lei era sopra e lui sotto. Uno spettacolo magnifico agli occhi del giovane.
I capelli in disordine e il seno scoperto le davano un’aria da amazzone, per non parlare delle splendide gambe che lo cingevano per tenerlo fermo. Jimin sorrise e aprì le braccia.
«Sono tuo~» miagolò, arrendendosi al desiderio di quella vipera, che non si lasciò sfuggire l’occasione.
In verità anche lui la stava usando, così come stava usando a suo favore quella relazione ormai in declino.
E con mani leggere e tremanti, lei cominciò a sbottonargli la camicia scura, vederlo ancora vestito le dava ai nervi e man mano che la pelle chiara veniva fuori il suo cuore batteva sempre più forte. Concentrata com’era nel suo lavoro non si accorse della sofferenza interiore del ragazzo, ogni tanto muoveva le natiche che andavano a scontrarsi contro il rigonfiamento in mezzo alle gambe, causando piacere misto a dolore nel biondo, il quale però non disse nulla, voleva far partecipare anche lei con i suoi tempi.
Alya guardò con desiderio il petto glabro del ragazzo, non ci pensò molto prima di cominciare a stuzzicare quella pelle di luna, graffiandola con i suoi denti e succhiando, ascoltando estasiata i piccoli sospiri che Jimin si lasciava sfuggire, scendendo arrivò al suo ombelico, dove si prolungò a leccare sapientemente l’intera zona, rendendo ancor più difficile la respirazione a Jimin che già immaginava quelle labbra attorno al suo membro pulsante.
La donna alzò gli occhi verso di lui, che trovò quest’ultima azione tremendamente accattivante.
Si sollevò e agganciò le dita al bordo dei suoi pantaloni, facendoli scendere lungo le muscolose gambe, perdendo tempo ad ammirarle.
«Vuoi che li tolga?» chiese, in tono mellifluo, mentre la sua mano accarezzava l’erezione coperta dai boxer.
«Ah! C-c’è bisogno che… te lo dica?» le rispose, con non poca difficoltà mentre premeva con la mano sulla punta «Alya… non scherzare».
«Poco fa avevi tu le redini del gioco…» mormorò piano, estasiata alla vista del ragazzo che mordicchiava le proprie labbra con forza, incapace di star fermo sotto quelle attenzioni.
Sorrise, perfida, nel ripensare a quel tono di voce così sofferente, abbassò i boxer lentamente. Una piccola rivincita per ciò che le aveva fatto lui poco prima. E Jimin chiuse gli occhi, finalmente la sua erezione era libera di mostrarsi interamente, rigida e già bagnata di liquido pre-eiaculatorio, quella ragazza era capace di farlo impazzire con poco, e quella notte finalmente glielo avrebbe dimostrato.
Alya riportò la mano sul membro, cominciando quel movimento ritmico e lento, che portò il ragazzo a strizzare gli occhi per trattenersi dal venire subito. Si puntellò con i gomiti per sollevare il busto e spalancò le gambe per farla stare più comoda in mezzo ad esse, Alya era rapita dall'espressione beata di Jimin, lo prese in bocca, combinando i movimenti della mano con quelli delle labbra, percorse tutta quella pelle sensibile e liscia, facendo roteare la lingua sulla punta più volte. A Jimin sfuggì un gemito strozzato, arricciò le labbra per trattenere i suoi versi che non vedevano l’ora di uscire dalla sua gola, ma Alya non gli rendeva quel compito facile. Lo prendeva tutto in bocca, mandando seriamente a puttane il suo autocontrollo. Quando si decise a succhiarlo, rilasciando strani suoni simili a schiocchi, l’uomo si permise di ansimare, davvero stavolta, senza più vergogna. Le afferrò i capelli, dettando un ritmo più veloce, si contorse sotto le sue carezze lascive.
«Sto per…» cercò di farla togliere, non voleva sporcarla, ma Alya ignorò le sue proteste, continuò il suo lavoro fino a quando l’erezione del giovane non si tese all’interno della sua cavità orale, rilasciando con immenso piacere il suo liquido biancastro, Alya lo inghiottì guardando Jimin dritto negli occhi. 
Occhi scuri, dolci e lussuriosi. Gli occhi di Jungkook.
“Cazzo” pensò, guardando quella gatta che si stirava sul suo corpo scosso ancora dai fremiti. Senza accorgersi che qualcosa era cambiato negli occhi verdi della donna. C’era affetto, forse anche speranza in quelle pozze smeraldine, ma nulla rivolto a lui.
Ne voleva ancora.
Con un colpo d'anca riuscì ancora una volta a riportarla alla posizione iniziale.
«Sembra un combattimento» ne rise la donna, ubriaca, prima che sentisse un violento suono. Jimin le aveva strappato violentemente le mutandine, senza pietà e con solo un velo di lussuria negli occhi scuri, poteva vederli brillare nel buio della stanza. Sussultò per quella serietà, capì che l’eccitazione non lo aveva abbandonato, il rapporto di pochi attimi prima lo aveva solo esaltato di più.
Quando sentì la soffice bocca posarsi sulle grandi labbra della sua intimità cominciò ad accarezzargli i capelli con dolcezza, bramando le sue carezze. Il ragazzo usò due dita per aprirla completamente, andando alla ricerca di quella piccola gemma nascosta tra le pieghe morbide e calde, quando la trovò usò la lingua per stuzzicarla con insistenza, seguendo i gemiti silenziosi della ragazza, man mano che andava avanti le gambe di Alya si fecero più cedevoli e molli, erano gelatina.
Provò a chiudere le gambe, ma in mezzo c’era proprio Jimin. Non le lasciava il tempo di riprendersi, la sua lingua la stuzzicava con insistenza, instancabile, voleva che quel piacere smettesse, era troppo intenso, ma allo stesso tempo lo agognava, non aveva pace. Il suo cuore tamburellava nel petto con violenza. Gli strattonò con forza i capelli, ma ciò non fece che aumentare la presa del ragazzo, e il suo andamento.
Le tempestò le dolci pieghe di baci rumorosi, bevendone gli umori e penetrandone ogni tanto l’apertura, succhiò con accuratezza il clitoride e la ragazza arcuò la schiena in modo innaturale, la stava mangiando.
“Mio… ah!”
«C-Chim!» urlò, pronta per arrivare all’orgasmo, ma proprio all’ultimo momento Jimin mollò la presa, facendola strillare per l'insoddisfazione «No! T-ti prego, continua».
«Ho di meglio per farti stare bene» disse, annaspando per riprendere lui stesso aria. La mora portò le mani alla bocca, tremando violentemente per la sensazione di insoddisfazione che si stava propagando per tutto il corpo.
Jimin saggiò con le dita l’intimità, per vedere quanto fosse lubrificata, accorgendosi solo in quel momento che era fradicia. Mandò giù con forza la saliva.
La sua erezione desiderava entrare in contatto con la ragazza, chi era lui per proibirglielo?
Afferrandola con forza per le cosce, la portò ancora più vicina a sé, finché non avvicinò il membro alla sua apertura.
La penetrò con forza, riempendola fino in fondo con la sua presenza, senza darle più il tempo di dire qualcosa. Alya spalancò gli occhi, era così grosso e lei così stretta a causa dell’astinenza.
Non potevano più tornare indietro.
Strinse le mani ai lati del ragazzo, facendogli capire che era più che pronta, si stava abituando velocemente alle sue dimensioni, avvolgendolo come un guanto, desiderosa di capire cosa avrebbe provato insieme ad un ragazzo come Jimin, forse era l'alcool a farle prendere decisioni così affrettate, ma in quel momento era l’unica cosa di cui aveva bisogno per ritenersi soddisfatta. E anche Jimin.
Quando cominciò a spingere con tutta la sua lunghezza, deciso e duro, chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai piccoli brividi al basso ventre, Jimin buttò la testa indietro. Si sentiva completo, tra la carne cedevole della ragazza che si stringeva ritmicamente attorno alla sua eccitazione, voleva annegare in quel corpo, fregandosene delle conseguenze al mattino dopo, gli altri lo avrebbero guardato con disgusto, Jungkook con odio malcelato, ma lui stava bene in quel momento.
Si sistemò una gamba della ragazza in spalla, quell'angolazione gli permetteva di andare più in profondità, e a giudicare dall’espressione sofferente e colma di piacere allo stesso tempo di Alya, ci stava riuscendo bene. Sentiva che dal loro punto di incontro il calore stava crescendo, afferrò con una mano un seno e lo torturò con forza, facendola scattare con il busto in alto, verso di lui, e finalmente la baciò.
Desiderava gustare quelle dolci labbra da molto tempo. Non poteva più aspettare, il loro sapore era dolce, un misto tra vodka alla fragola e liquirizia.
Finalmente poteva. E le morse con forza.
« Izverg*» ansimò in russo, quasi con disperazione implorante, schiacciandosi il peso del ragazzo ancora più addosso. Scacciando con forza il ricordo di Jungkook e dei suoi baci aggressivi, ripetendosi che era Jimin a toccarla e stringerla in quel momento, cosa non facile da fare. Stava usando un suo amico per dimenticare, ma ciò avrebbe causato solo altri danni nel gruppo.
Ormai le lenzuola erano sporche, i loro liquidi colavano tranquillamente dalle loro gambe, così come il sudore scendeva dalla pelle, i loro fiati si mischiavano con affanno. I fianchi battevano tra loro con forza, disordinatamente, Jimin era ormai quasi completamente seduto e teneva la ragazza a cavalcioni su di lui, spinse con più decisione il bacino in alto, arrivando a toccare un punto delicato e sensibile nella ragazza, a cui mancò il fiato per svariati secondi, conficcando con violenza le unghie sulle sue spalle e Jimin a causa di quella reazione andò più veloce, più violento.
Più potente.
E Alya finalmente raggiunse il suo apice mordendo la spalla all’altro, con un basso ringhio proveniente dalla sua gola, e schiacciando completamente il seno contro i pettorali dell’uomo.
Jimin raggiunse il suo orgasmo schioccando un forte bacio sul collo delicato della ragazza, ormai pieno di arrossamenti e succhiotti violacei.
Venne dentro di lei, riempiendola con il suo caldo seme.
Quella sensazione fu così piacevole che Alya ebbe un secondo orgasmo, che la fece crollare sfinita contro il cuscino, impossibilitata di regolarizzare il respiro.
Jimin uscì da lei, sfinito, piacevolmente sfinito.
Le cinse le spalle con dolcezza quando si stese accanto a lei, portandola vicina.
L’indomani avrebbero discusso seriamente sul da farsi, per il momento avrebbero semplicemente riposato in quel modo, stretti e comodi.
«Ti amo».
Ma Alya già dormiva, stanca di quella serata che doveva essere solo uno svago, ma si era trasformata in una delle più belle quanto sbagliate notti della sua vita, e Jimin le sorrise con tenerezza e dispiacere.
Consapevole che nulla sarebbe cambiato, lui era un oggetto. Un piacevole oggetto, ma nulla di più e lei… lei era ancora la donna del suo migliore amico.
La sofferente Dama di ghiaccio e il Cavaliere che l’avrebbe sempre aiutata a rialzarsi.
Ecco cos’erano e cosa sarebbero rimasti.
Avevano tradito tutto e tutti. La propria lealtà e dignità. Così come la persona che li univa, ma nulla sarebbe venuto a galla. Tutto nascosto dietro finti occhi innocenti.
Jimin riaprì gli occhi, quasi con violenza. Un sogno, un altro sogno riguardo la notte di tanti anni prima. Quanti ne erano passati? Troppi per poterne ricordare.
Lei non lo aveva più cercato e lui poteva vivere solo di quel magnifico ricordo. Magnifico e triste allo stesso tempo.
Jungkook era tornato lo stesso ragazzo affettuoso, Alya si era ripromessa di non cercare più supporto da esterni, e così aveva catalogato Jimin come “Pericoloso”. Perché nonostante tutto l’amore che provava verso il suo fidanzato, Jimin era stato capace di farla sentire amata dopo un periodo buio. Così si era allontanata sempre più, fino a rendersi una sconosciuta agli occhi del biondo.
Ma era giusto così. Jimin non gliene faceva una colpa, perché la amava e anche troppo.
24 notes · View notes
scogito · 1 year
Text
Il problema non è la televisione. Il problema è che quello che c'è dentro viene considerato e definito come "un attimo di leggerezza".
Da cosa devi togliere il peso?
Quando le persone esprimono questa necessità è come se sentono il bisogno di non pensare, di distrarsi.
E questo perché nella loro quotidianità hanno una mente invasa da pensieri che non sanno da dove vengono, perché ci sono e a cosa servono.
Per questo vuoi spegnerti e alleggerirti.
35 notes · View notes
attimi-sfuggenti · 1 month
Text
Io sto bene, ovvio che sto bene. Poi significa da cosa significa bene. Ho conosciuto persone a cui bastava un po' di pane a tavola cositcome ho visto persone stare male con tutto ciò che il mondo può offrire. Io sto bene, sto alla grande, ma questo dipende dagli occhi di chi guarda. Una persona come me potrà mai stare bene? Io sto bene?
Cosa significa stare bene? Piangere appena si ha un momento di solitudine è stare bene?
Evitare il cibo, cercare modi per distrarsi, non sapere cosa ci tormenta è stare bene?
Tormentarsi di pensieri e pensare ai tormenti nei momenti bui è stare bene? Succede a tutti? Perché io sto bene, se lo valutiamo a come son stata in passato. Io son tranquilla rispetto alla merda che ho vissuto
Eppure qualcosa continua a suonare in me, sento un fiume che sta arrivando sopra i margini, il vento rompe le palle eoliche. Tutto ciò che serviva per stare meglio sta iniziando a farmi solo male. Sto bene, ma non so più che strada prendere, chi essere, cosa diventare. Per "stare bene" si è annullato tutto. 
Per non stare male, forse non so più come stare bene. E per non fare pena non so più come chiedere aiuto
2 notes · View notes
Text
Tumblr media Tumblr media
cookie monster & Tigro 🍪🩵
25 notes · View notes
Text
Tumblr media
Tutta la mia storia, i miei fatti mi vengono dietro in punta di piedi. Credono che io non me ne accorga. Però se mi giro si nascondono, non ci sono più. Quando cammino, sento la loro presenza e i loro passi poco distanti. Vogliono vedere dove li porto, dove andranno a finire. Hanno caratteri, pesi e colori diversi, a volte si fidano di me, a volte no. Io scivolo nei vicoli, sperando di perderli. Ma li ritrovo in fondo alla strada, con le braccia conserte, che ridono come pazzi. I fatti sono presuntuosi, pesanti, invadenti. Le emozioni sono leggere e indipendenti. Ti ballano intorno e sono pronte a distrarsi al primo colore.
Monica Vitti - Sette Sottane - Un’Autobiografia Involontaria
4 notes · View notes
lunamarish · 11 months
Text
Sono convinto che nell'uomo esiste una forza infinita, non solo morale ma anche fisica; ma su questa forza grava un freno terribile: l'amore di sé; o più precisamente il pensiero di sé, che genera impotenza. Ma appena l'uomo si libera da questo freno, diventa onnipotente. Avrei voglia di dire che il mezzo migliore per liberarsene è l'amore verso gli altri, ma sarebbe sbagliato. L'onnipotenza è l'assenza di coscienza; l'impotenza pensiero di sé.
Liberarsi da questo pensiero di sé si può soltanto per mezzo dell'amore verso gli altri oppure per mezzo del sonno, dell'ebrietà, del lavoro eccetera; tutta la vita dell'uomo trascorre nella ricerca di questa liberazione. Da dove proviene la forza dei veggenti, dei lunatici, dei deliranti o degli uomini sotto l'influenza della passione? Delle madri, degli esseri umani o degli animali che difendono i propri figli? Perché non riusciamo a pronunciare giustamente una parola se pensiamo come va pronunciata giustamente?
Perché la punizione più terribile che gli uomini hanno inventato è la reclusione a vita? (La morte come punizione non è stata inventata dagli uomini: essi agiscono in questo caso come arma cieca della provvidenza.) La reclusione a vita, in cui l'uomo è privato di tutto ciò che può aiutarlo a dimenticare se stesso, lo lascia col pensiero eterno di sé. Come può l'uomo salvarsi da questo supplizio? Egli riesce a distrarsi dal pensiero di sé per un secondo osservando un ragno o una scrostatura nel muro. È vero che il modo migliore, il più conforme al destino umano per salvarsi dal pensiero di sé è l'amore per gli altri; ma non è facile raggiungere questa felicità. 
Lev Tolstoj, Note del viaggio in Svizzera
8 notes · View notes
riflussi · 4 months
Text
"Girlhood" - M. Febos
Sono passati solo sei mesi da quando ho cominciato a leggere questo libro e, finalmente, l'ho finito.
Vi dirò, non è un libro perfetto. Non è quel libro che si legge per distrarsi (infatti non è narrativa, buongiorno riflussi) ed è un saggio che non ha esattamente una tesi da supportare. È come se fosse un libro di viaggio, ma il viaggio percorso è la vita dell'autrice (seguitemi, non fatevi ingannare da questa frase scontata). Una vita non straziante, ma che accomuna fin troppe persone nate femmine. Ed è questo che lo rende "imperfetto", ha quella crudezza che da un lato permette di riconoscere i sentimenti più veri e simili alla realtà (senza troppi fronzoli) e dall'altro quasi impone di distogliere lo sguardo, perché quei sentimenti sono stati ripudiati - da tutt3 - da sempre. Non è un libro semplice, a questo giro non è stata solo la mia lentezza a diluire la lettura nel tempo. Ho dovuto digerire esperienze mie, non mie e realtà non troppo lontane da me. Illuminante e complesso, si può essere d'accordo come no su alcune riflessioni, ma è proprio la forza del libro: riuscire ad avere un dialogo aperto con sé stess3, dal momento che l'autrice è la prima a farlo.
3 notes · View notes
eleonorasimoncini · 4 months
Text
Devi capire chi sei. Perché c’è un mucchio di gente che vive a propria insaputa. Non solo i giovani. Anche gli adulti. Soprattutto loro. I quali sono alienati 5 giorni alla settimana perché realizzano non se stessi ma gli scopi dell’ apparato di appartenenza. E poi la domenica. Il sabato e la domenica che potrebbero rivolgere anche uno sguardo a se stessi, scappano da se stessi come dal peggior nemico. Si mettono in macchina e fanno il week end. Per distrarsi.. da sè
Umberto Galimberti
5 notes · View notes
ossicodone · 2 years
Text
Ti porto ai concerti, quelli belli, quelli con le migliaia di persone, quelli che parti la mattina presto e stai tutto il giorno in piedi e ci portiamo la pizza con la mortadella e dieci bottiglie di acqua frizzante di cui la metà è destinata a diventare calda e imbevibile, quelli dove si arriva ad un certo punto in cui si pensa di tornare a casa, quelli che quando si spengono le luci parte il boato, quelli dei baci durante il pezzo più bello della canzone più famosa, quelli che puntualmente ti capita quello alto due metri davanti. Ti porto a suonare ai citofoni e a scappare, e ad avere il fiatone dopo cento metri, scherzare sull’età che non abbiamo più pur sapendo di essere ancora giovani, pur sapendo che il mondo può essere ancora nostro, che possiamo ancora dare qualcosa. Ti porto alle serate estive, quelle verso le otto e mezza, col crepuscolo e le cicale, una bella terrazza, le famiglie che rientrano dal mare, e l’odore di frittura di pesce, ti porto in quei momenti in cui forse sarebbe il caso di andare a casa a dormire ma poi ci viene un’idea, ci viene da andare da qualche parte ancora, e rimontiamo in macchina, i tuoi pantaloncini corti, la mia maglietta larga, le tue fasce per capelli, le mie Vans, i baci di sfuggita per non distrarsi dalla guida, tra i semafori di Roma e il basso iniziale di “She” dei Green Day. Ti porto al mare, nelle spiagge attrezzate, a litigarsi l’ombra, a contendersi l’ultimo panino con le melanzane e il Galbanino, a condurre dibattiti sull’eterna lotta tra il thè al limone e quello alla pesca, ti porto tra gli scogli a sentire le onde che si infrangono come tutti i pregiudizi che ho sempre avuto sull'amore. Ti porto negli abitacoli con l’aria condizionata rotta e i finestrini tirati giù, tutti e quattro, davanti e dietro, maledire i rallentamenti sull’autostrada che ci fanno rimanere fermi e boccheggianti, seguire le tue indicazioni stradali che arrivano troppo tardi quando c’è da girare a destra o a sinistra, ricalcolo percorso, orario di arrivo posticipato e non me ne importa comunque niente. Ti porto dentro, ti porto addosso. Ti porto a quelle feste in spiaggia dove c’è la musica di merda e i cocktail annacquati, ti porto agli sguardi d’intesa che vogliono dire che la nostra comparsa l’abbiamo fatta e possiamo andarcene, ti porto ai litigi e agli insulti pesanti, al fare la pace per colpa di una battuta detta al momento che ti accenna un sorriso che vorresti reprimere per orgoglio ma non ci riesci. Ti porto nell’umidità di Trastevere alle dieci di sera di un giovedì qualunque, tra i senegalesi che suonano i tamburi e un musicista cinquantenne che guadagna qualche soldo suonando gli assoli di David Gilmour, ti porto a raccontarci quello che vorremmo fare da grandi, ti porto a domandarci se alla fine ce la faremo, ti porto a risponderci “Si, purchè insieme.” Che insieme a te, ne sono sicuro, mi riuscirebbe bene tutto.
61 notes · View notes