#commercianti in difficoltà
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pier-carlo-universe · 8 months ago
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Roggero (Lega): "Alessandria sempre più simile a Gotham City: degrado, paura, insicurezza. Abonante e la sua giunta se ne accorgono?"
Richiesta urgente di convocazione della Commissione Sicurezza ad Alessandria per affrontare degrado e criminalità crescente
Richiesta urgente di convocazione della Commissione Sicurezza ad Alessandria per affrontare degrado e criminalità crescente L’autunno 2024 ad Alessandria si tinge di scenari inquietanti che sembrano riportare alla mente Gotham City, la città simbolo di caos e crimine nei fumetti. Il centro storico, un tempo cuore pulsante della vita cittadina, è oggi sempre più terreno fertile per il degrado, la…
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jacopocioni · 26 days ago
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La Congiura: parte 1 Introduzione
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Domenica di aprile del 1478 Cattedrale di Firenze. Un gruppo di cospiratori tenta di assassinare due dei principali esponenti della famiglia dei Medici. Gli ingredienti di questa storia? Un giovane brillante ed importante uomo politico nonché poeta, un papa ormai ricco e potente da poter riversare sui suoi nipoti tutto il benessere acquisito e tutto il suo potere; un arcivescovo, che pur di fare carriera si allontana dal messaggio cristiano di cui dovrebbe essere alfiere non disdegnando l'omicidio pur di raggiungere i suoi scopi; poi c'è il Re di Napoli astuto e mefistofelico e come contorno i mercenari di ognuno, i soldati del tempo. Il nome “soldato”, deriva appunto da “soldo”, colui che per un compenso presta i propri servigi militari ad un grande signore, visto che questi erano gli unici eserciti di professionisti esistenti, ben lontani dall’efficienza della  raffazzonata milizia coatta cittadina. Ma non sono solo i Medici ad essere potenti e ricchi, dall'altra parte della città ambiziosi e sempre potenti ci sono i Pazzi.
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Firenze si era trasformata dopo oltre due secoli da Repubblica a Signoria, o forse addirittura in tirannia. I Medici,  grandi mecenati, istruiti, ricchi e potenti, avevano di fatto in mano la città e tutta la politica che la governava. Chi voleva fronteggiarli o scalzarli non poteva fare a meno che tentare di farlo attraverso il sangue.
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Ma non erano solo i Pazzi a voler meno potenti i Medici. La famiglia era un ago della bilancia nell'Italia rinascimentale. Ormai vantava un legame stretto con gli Sforza di Milano, divenuti i protettori di Firenze, che era inoltre alleata con Venezia, tenuta ad intervenire militarmente in caso di difficoltà del capoluogo toscano. Dietro a questo intreccio c'è anche lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli che avranno la loro parte nella congiura. Porta bandiera di queste due potenze sono Papa Sisto IV e Re Ferdinando D'Aragona, entrambi ambiziosi di estendere il loro potere su tutta l'Italia centrale e oltre e fermare la sempre più spiccata ascesa medicea. Ad aiutare i complottisti per non soccombere o rimanere nell'ombra di Firenze, c'è la Repubblica di Siena e il Ducato di Urbino, città potenti con al comando capitani di ventura che avevano dimostrato tutto il loro valore e le loro capacità, ma comunque messe all’angolo dalla predominante città del Giglio. Nella prima parte del medioevo, all’incirca dalla prima metà dell'anno mille alla prima metà del XIV secolo, vi erano state in Italia sollevazioni, guerre, ribellioni e colpi di mano. Dopo questo periodo la situazione si era in parte stabilizzata ed ogni potere era diventato sempre più indipendente, ma concentrato in  città come Venezia, Milano, Firenze, Roma e Napoli, intorno cui orbitavano gli interessi di città meno potenti come Ferrara, Siena e Lucca intimorite dai poteri forti. Oltre all'arte della guerra si era raffinata ed evoluta anche quella della diplomazia, nonché quella dell'inganno e dei sotterfugi, degli accordi segreti e dei matrimoni mirati… Ecco allora farsi avanti questa nuova fase, quella della congiura mirante a destabilizzare completamente questo equilibrio seppur precario.
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Firenze era una città florida, ricca di entrate fiscali, con al proprio servizio un esercito di professionisti piuttosto costoso ma efficiente. Pullulava poi di banchieri e di commercianti, ma non era ancora all’altezza delle altre città Stato italiane. Firenze dunque aveva forti resistenze ad entrare in guerra contro i suoi rivali. Così, mentre Machiavelli, il Verrocchio, il Pollaiolo il Botticelli e il Ghirlandaio eseguivano le loro opere, nell'ombra si muovevano tetre figure pronte a ribaltare la situazione a proprio vantaggio. Intanto l'arte e la cultura si sviluppavano grazie alla protezione e la sovvenzione di grandi personaggi ricchi ed influenti. Così, letterati ed intellettuali per emergere nell’affollato panorama artistico, dovevano ingraziarsi qualche uomo politico, ricco cittadino influente o nobile. Tra questi grandi mecenati ovviamente i Medici, che venivano a loro volta sedotti e lusingati dalla letteratura e dall’arte attraverso dediche o citazioni di questi artisti che li ponevano come figure centrali della loro ispirazione.
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Ogni opera prodotta in questo periodo e che ancora oggi possiamo ammirare con stupore, sono frutto di questo meccanismo. Questi grandi artisti dunque non potevano non schierarsi a favore dei loro signori, che in qualche maniera li mantenevano e gli permettevano di sviluppare la loro arte. Ogni loro dedica e menzione finiva per aggiungere gloria e fama immortale a questi signori sempre più conosciuti, provocando l’ invidia dei rivali. Seppure il Rinascimento viene ricordato come un periodo storico florido per l'arte e la letteratura, non va dimenticato che era continuamente funestato da scontri armati, alleanze precarie, tradimenti, corruzioni, assassini.  Nonostante tutto ha lasciato una grande eredità artistica a noi contemporanei. Ovviamente questo periodo storico non può essere compreso attraverso l'educazione e la mentalità acquisita grazie alla democrazia odierna con cui siamo cresciuti. Bisogna perciò entrare nella mentalità degli uomini di quell’epoca e dimenticare, almeno per un po’, cosa oggi nella nostra visione sarebbe giusto o sbagliato. D'altronde come accettare i prestiti forzosi, il sequestro delle proprietà, le leggi che regolavano l'abbigliamento di lusso, il coprifuoco notturno, la tortura, le esecuzioni capitali spettacolarizzate come realtà quotidiana? Prima di augurarvi buon viaggio in questa Firenze medievale, va ricordato che il Governatori della città erano otto Priori, insieme al Gonfaloniere di Giustizia, il Capo dello Stato che insieme costituivano la Signoria. Eletti, operavano per soli due mesi mettendo in atto un sistema breve ma stabile. I priori per operare al meglio, si consultavano quotidianamente con gli esponenti della classe politica più anziana, dotata di maggiore esperienza. Gli stessi semplici cittadini potevano ambire a raggiungere una funzione di comando. Buon viaggio!
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Riccardo Massaro Read the full article
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robycek · 4 months ago
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In arrivo i saldi, in Piemonte scontrino medio di 130 euro
Sarà in media di 130 euro la spesa per i saldi, a Torino e in Piemonte da venerdì 5 gennaio fino al primo marzo. Una cifra in leggero calo rispetto alla scorsa stagione, mentre è in aumento dal 40 al 44% la percentuale dei consumatori che dichiara di voler approfittare degli sconti.     L’indagine fra commercianti e consumatori piemontesi di Confesercenti delinea “una situazione di difficoltà,…
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amicidomenicani · 2 years ago
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Quesito Padre Angelo, Cristo per me è l’unica figura che merita di essere adorata. Non capisco una cosa sulla creazione. La Natura partendo dai dinosauri è sempre stata violenta e non ci piove. Guardando il Mare vedo una continua violenza fatta di pesci più grandi che mangiano pesci più piccoli. Nella mia piccola mente, che ho libera e anche questo è un mistero, mi domando il perché di questa violenza progettuale. Non voglio metterla in difficoltà, Padre. Come è possibile che Dio abbia creato una realtà così quando in sé la Violenza non è neanche pensabile? Come ha risolto questo quesito? Se lo ha risolto, me lo spiega? Se non l’ha risolto come fa a vivere in stato vocazionale lasciando in stallo un contrasto creativo così forte? Grazie. Mi dica tutto quello che ritiene. Grazie. Massimo Risposta del sacerdote Caro Massimo, 1. la presenza di certi mali nel mondo non sfugge al governo della divina Provvidenza. Anzi proprio la divina sapienza può disporre le cose in modo che il venir meno di un essere sia per la perfezione di un altro. Nella Sacra Scrittura leggiamo che “la divina sapienza si estende da un confine all'altro con forza e governa con bontà eccellente ogni cosa” (Sap 8,1 Volgata). È per questo che Dio dispone il venir meno dei frutti della terra perché possano sostenere l’uomo. Possiamo dire che questa sia una violenza fatta a questi stessi frutti? Oppure non possiamo dire che questi frutti giungono alla loro perfezione perché servono a tenere in vita un essere razionale, intelligente, capace di Dio e che è destinato a vivere eternamente? Penso per qualsiasi persona che va a fare la spesa non pensi affatto di fare violenza alla natura o che i commercianti siano ministri della violenza della natura! 2. Questo discorso vale non solo per le realtà inorganiche e per quelle organiche vegetali, ma anche per quelle animali. San Tommaso risolve il discorso con queste parole: “Altro è il caso di chi ha la gestione di un bene particolare e altro quello del provveditore universale.  Il primo elimina, per quanto può, ogni difetto da ciò che è affidato alle sue cure, mentre il provveditore universale, per assicurare il bene del tutto, permette qualche difetto in casi particolari.  Perciò la distruzione e il venir meno delle cose create si possono dire contro la natura particolare di esse; ma rientrano nell'intenzione della natura universale, in quanto il venir meno di una ridonda al bene di un'altra, o anche al bene di tutto l'universo; infatti, la distruzione di una cosa segna la generazione di un'altra, e così si conserva la specie.  Essendo, dunque, Dio il provveditore universale di tutto l'essere, appartiene alla sua provvidenza il permettere che alcune realtà vengano meno in qualche cosa particolare perché non sia impedito il bene perfetto dell'universo. Se infatti venissero impediti tutti i mali, molti beni verrebbero a mancare all'universo; p. es., non vi sarebbe la vita del leone se non vi fosse la morte di altri animali; né vi sarebbe la pazienza dei martiri se non vi fosse la persecuzione dei tiranni. Perciò Sant'Agostino può dire: "L'onnipotente Dio non lascerebbe trascorrere alcun male nelle sue opere se non fosse tanto potente e buono da trarre del bene anche dal male" (Enchiridion 11)” (Somma teologica, I, 22, 2, ad 2). 3. Inoltre a proposito del male è necessario distinguere tra il male che è causato dal difetto di un'azione o di colui che agisce e il male che consiste nella corruzione o distruzione di qualcosa. Orbene, quando si tratta del male proveniente dal difetto di un'azione o dal difetto di colui che agisce, in nessun modo si può dire che questo sia causato da Dio. Ma se si tratta della corruzione della cosa in se stessa allora può succedere che "l'ordine dell'universo richieda che esistano degli esseri che possono venir meno e che via via vengono meno. E così Dio, quando causa nelle cose quel bene che è l'ordine dell'universo, per concomitanza e indirettamente
causa la corruzione delle cose secondo l'espressione della Scrittura: "il Signore fa morire e fa vivere” (1 Sam 2,6)” (Somma teologica, I, 49, 2). 4. A parte tuttavia questi casi, non si può dire che la natura sia di per sé stessa violenta. Dalla vicenda degli animali carnivori, come i dinosauri, non si può concludere in maniera categorica che la natura sia violenta. Basta girarci attorno per vedere che non è così: i campi che continuano a donarci il grano e ogni altro frutto della terra non sono natura violenta. Le piante che continuano a donarci i loro fiori e i loro frutti non sono natura violenta. Il sole, che continua illuminare e riscaldare, la luna e tutto il firmamento non sono natura violenta. L'acqua che continua uscire dalle sorgenti, che rigenera il suolo ed è necessaria all'organismo umano, non è natura violenta. Anche se talvolta ci sono uragani, continua ad essere, come diceva San Francesco, la nostra “sora aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”. Così pure "per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento”. 5. Come vedi, non c'è proprio da mettere in crisi la vocazione! Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera, Padre Angelo
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corallorosso · 3 years ago
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A volte basta poco per migliorare la vita delle persone. Nel comune di Cantagallo, in provincia di Prato, il sindaco Guglielmo Bongiorno ha deciso di fare una cosa semplice quanto potente: ha rinunciato alle spese delle luminarie per reinvestire ogni euro risparmiato in buoni acquisto per le persone più in difficoltà. E così, chi di solito rinuncia a un pasto al ristorante, almeno questa volta, questa volta che è Natale, avrà la possibilità di farlo. Chi rinuncia persino a un semplice parrucchiere, potrà finalmente tagliarsi i capelli. Chi da tempo non può permettersi i vestiti, potrà acquistarli. Il tutto, a due semplici condizioni: un tetto Isee inferiore ai 20.000 euro e l'uso del buono spesa all'interno del comune di Cantagallo, di modo da sostenere non solo le persone in difficoltà ma anche i piccoli commercianti locali. "Il nostro Natale lo celebreremo così, riscoprendo il vero significato della festa". Che non è lo sfarzo o il consumismo, che non è la corsa al regalo più costoso. È, invece, esattamente questo: la solidarietà verso il prossimo. Grazie, sindaco Bongiorno. Prossima
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autolesionistra · 4 years ago
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Da sabato siamo quindi in zona arancione scuro, e ogni razionalità ha abbandonato queste terre.
Come buona parte di quelli dotati di cromosoma Y ho difficoltà con le sfumature di colore e stupidamente avevo dato per scontato che le regole della zone arancione fossero meno restrittive di quelle della zona rossa.
Invece ci sono alcune importanti distinzioni, la cui insensatezza è gentilmente riassunta e sottolineata dalle "FAQ specifiche per la zona arancione scuro" della Regione Emilia-Romagna.
Riassumendo:
NO, non puoi portare i figli al parco, o andare tu stesso al parco a scaccolarti su una panchina mentre guardi l'erba crescere, non essendo né attività motoria né sportiva (eccetto scaccolatori agonistici tesserati). Solo spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute.
SÌ, puoi andare a comprare beni, servizi e utilità, essendo le attività economiche consentite, così come avviene in zona arancione.
Formalmente, se faccio un giro a piedi lontano dall'abitazione e non ho il passo o l'abbigliamento da podista se racconto a chi mi ha fermato che sto facendo due passi potrei essere cazziato, però se racconto che sto andando in centro a comprarmi un sapone all'odore di piedi di fauno che vendono solo nell'erboristeria Fatina Pulita sono occhéi. Formalmente, l'esercito di cinni che da lunedì sarà confinato in casa in didattica a distanza non potrebbe vedere la luce del sole se non in camminate ristrette in prossimità dell'abitazione.
Però, chiariamoci: non è che voglia far finta che il Sant'Orsola e il Maggiore non siano al collasso, perché lo sono; è l'arbitrarietà insensata di queste scelte e soprattutto i suoi effetti immediati che mi pigliano male.
So che la mia percezione è probabilmente falsata dal tipico campanilismo bolognese che vuole ogni evento cittadino assurto a fenomeno di importanza nazionale, ma mi sembra sia in corso un giro di boa come non ce ne sono mai stati finora: questa volta sono riusciti a scontentare veramente tutti. Dai commercianti che, sì, formalmente sono aperti ma senza clienti, a chi si ritroverà i figli a casa in DAD ed è impossibilitato ad accedere ai permessi lavorativi riservati alle zone rosse, a chi può farsi due passi, ma solo se racconta qualche minchiata plausibile su acquisti di beni e servizi. In generale si sono giocati una grossa fetta di persone che era sempre stata ligia alle restrizioni (per convinzione, senso civico o alto super-io).
E non parlo di borbottii o malumori internettari o poco tangibili: oggi, giorno del signore domenica 28 febbraio, con l'area della città metropolitana di Bologna in zona arancione scuro, parchi cittadini, piste ciclabili e compagnia erano ampiamente frequentati (per quel che ho visto io, in condizioni di sicurezza), a fronte di normative che prevedevano l'esatto opposto.
Da questa roba qui non si torna più indietro: per quanto io sia un fan del ragionare con la propria testa, in un contesto pandemico servono indicazioni e direttive date con un minimo di raziocinio e autorevolezza, se perdi entrambe perdi anche il controllo sociale informale che si portano dietro e tanti auguri ad arginare i comportamenti della gente d’ora in poi.
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superfuji · 4 years ago
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Ma ecco che alla luce di quanto è successivamente emerso diventa importante capire cosa esattamente sia accaduto, l’errore nel quale incorrono gli “ha stato il gatekeeper” è quello di pensare che i parlamentari del Movimento fossero tutti consapevoli di come sarebbe andata a finire, cosa che oltre a non essere verosimile sarebbe stata anche inutilmente complicata dal punto di vista organizzativo, per realizzare “la rete dove sono stati spinti e intrappolati i voti di protesta” non c’era affatto bisogno che i singoli appartenenti al M5S fossero in malafede, è bastato che gli ispiratori del Movimento indicassero una nuova classe politica non professionale, reclutata tra digitatori del web o venditori di bibite allo stadio, purché “onesti”, il resto sarebbe venuto da sé. Per capirci, non è necessario mettere su un esercito di traditori per perdere volutamente una guerra, basta arruolare come ufficiali tutti fuorché dei militari di professione. Generali e colonnelli nominati tra gli studenti fuori corso, nerd, sardine ante litteram, piccoli commercianti e impiegati, nonché molti avventori dei bar, serviranno meravigliosamente bene allo scopo, entreranno nel campo di battaglia convinti che sparando all’impazzata la vittoria sia a portata di mano. Ma… si troveranno di fronte cecchini e campi minati, manovre che non capiranno e difficoltà inattese che li rederanno pavidi e remissivi, accucciati in trincea preoccupati di salvare il fondo schiena fino al congedo, non fino alla fine della guerra, perché quella proseguirà dopo di loro e sarà stata compromessa da loro. Il vero “gatekeeping”, per usare questo termine, è consistito nel far credere che l’attività parlamentare e di governo fossero una cosa che si potesse affrontare senza una dovuta preparazione, l’antipolitica coltivata a partire da Mani Pulite, è stato il terreno fertile per questa idea e così una volta fatti entrare gli onesti ansiolitici nelle aule parlamentari si è aperta la pesca al tonno, i grillini non ci avevano detto che per poter aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno dovevano prima trasformarlo in una scatoletta di tonno.
“Gatekeeper” è chi il gatekeeper fa.
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turuin · 4 years ago
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Si capisce che un prodotto dell'industria culturale è bello o valido per noi (ovviamente è sempre tutto suggestivo) quando rimane con noi ben oltre la sua visione o fruizione. Un esempio pratico è "The Beatles - Get Back!" su Disney +, che per me è stato un viaggio bellissimo e che mi ha fatto vedere un aspetto dei Beatles troppo spesso soffocato dalla loro divinizzazione: la loro splendida umanità. Memorabile la scena in cui Ringo dice "I've just farted" a George Martin il quale lo ringrazia per la sincerità. Ma ovviamente non solo: vedere McCartney che inventa da zero "The long and winding road" o Lennon che fa l'imbecille con la chitarra come qualunque pischello in sala prove ha fatto, prima o poi, te li fa sentire vicini, ma di un vicino che non vi so spiegare; sparisce il mito, si vede certo l'ego ipertrofico di Paul e quello altrettanto ipertrofico e passivo-aggressivo di John, si vede Yoko per ogni dove (regà, se avete una band e vi portate la ragazza o il ragazzo in sala prove ad ogni prova, prima o poi il gruppo vi sfancula, io ve l'ho detto. E' common knowledge.) e si arriva per gradi e tra mille difficoltà a quella follia del concerto sul tetto. E un plauso ai due poveri bobbies chiamati a far fermare il concerto dai commercianti di Saville Row incazzati neri, le cui facce perplesse e "totally clueless" ricorderò a vita. Insomma, io che era un gioiello ve l'ho detto. Ne potrei scrivere fino alla fine dell'anno, ma ovviamente non è il mio compito. Però davvero, vedetelo. Sono belli tanto, sono bravi musicisti, stanno cercando di fare un lavoro difficile, di riunirsi anche umanamente, e poi c'è Billy Preston che viene ingaggiato quasi per caso e sorride sempre, e si vede che da quando c'è lui tutto rifunziona, perché smettono di fare cagnara e si divertono davvero. Ecco: si divertono, alla fine. E quando cominciano a divertirsi, si vede una scintilla che pochissime band hanno avuto davvero. Vedetevelo!
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ilpianistasultetto · 5 years ago
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Quest'estate ho passato qualche giorno di vacanza in un agriturismo toscano. Parlo con il proprietario e sento una voce sconsolata. Racconta le difficoltà che ha vissuto in questi primi mesi di pandemia. Zero prenotazioni fino al 31 luglio. Un pienone per il mese di agosto e poi una sfilza di disdette fino a fine anno..Tra gli ulivi diverse auto parcheggiate, solo la mia con targa italiana, il resto D, ND,  F e GB.. Anche lui se la prende con questo governo. Io penso un po' tra me e me e poi decido di arrendermi. Credo sia inutile ribattere cercando di convincere chi ormai ha uno schema mentale e la sua metà campo di gioco.  Eppure non mi pare complicato da capire ma evidentemente ripongo buoni propositi verso chi, poi,  dimostra di non capirci un accidente. Capisco che siamo in piena crisi ma quale la possibile soluzione?  Affidare le sorti di questo Paese a Salvini o Meloni? Non perche' siano due politici che non possono aspirare, visto che in democrazia tutti possono. Mi chiedo solo se certa gente ascolta e poi capisce quello che certi politici vanno dicendo visto che la massa delle persone vota tenendo la mano sul portafogli.. ."fate vacanze in Italia, consumate italiano. A noi non serve nulla, siamo bravi a salvarci da soli. Via dell'Europa matrigna, Tedeschi fanculo, olandesi e norvegesi, fanculo anche loro, francesi sotto la ghigliottina. Cinesi, mangiacani, ..ed e' questa la soluzione che potrebbe servirci per tornare ad essere un  Paese con tanti meno problemi economici? E se la stessa cosa che vanno dicendo certe forze politiche sovraniste prendesse il potere in tutti gli altri paesi europei? Un nuovo nazionalismo, un sovranismo nazionale fatto di patrie, con la certezza che da soli si fa tutto bene e meglio. E così ci sara' un Salvini in Germania e Inghilterra e una Meloni in Francia e Olanda..E al proprietario dell’agriturismo che succedera'? Semplice, dovra' chiudere la sua attivita'..troppo pessimista? No, non credo. Restera' vuoto per 10 mesi l'anno e chissa' se fara' il pieno nei 2 mesi restanti. La spiegazione e'semplice: da marzo a ottobre certe attivita' lavorano esclusivamente con gli stranieri. E gli italiani? Si riducono, se va bene, a far presenza a luglio e agosto e non e' nemmeno garantito perche' la scelta di una vacanza in agriturismo e' uno stato mentale e culturale..l'amore per la natura, per i cibi sani, per la cultura, per la bellezza delle tradizioni, tutti elementi poco inclini alle pance della classe media o borghese che popola questa nostra penisola..Sicuramente lavoreranno di più  le localita' ridanciane di mare, dove domina lo struscio, il chiasso, l’ostentazione del falso, ma non oltre e sempre per soli 2-3 mesi.... Dico questo perche' gli italiani non possono pensare che da noi seguiranno ad arrivare frotte di stranieri, perche' i Salvini e le Meloni d'europa e del mondo inviteranno anche loro a fare vacanze nelle loro stesse nazioni..i francesi in francia, i tedeschi in germania, gli olandesi in olanda, i cinesi in cina e gli italiani in Italia..e qualcuno pensa che per l'Italia sia un grandissimo affare? Avrei voluto dirlo a quel proprietario dell’agriturismo ma poi mi son detto: “con le parole sicuramente non lo convinco, meglio lasciarlo provare, con il tempo capira’ da solo.Come hanno capito tanti commercianti con l’avvento dei centri commerciali o quella marea di negozi che va chiudendo per l’avvento di catene online come Amazon..  @ilpianistasultetto
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italian-malmostoso · 5 years ago
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Bravi, esultate.
Il tempismo di varare una legge, peraltro doverosa, in un momento di estrema difficoltà dell'economia italiana, quando decine di migliaia di imprenditori, artigiani, commercianti sono chiusi o che fanno incassi ridottissimi e la gran parte,se non tutti, i loro dipendenti quasi sicuramente perderanno il lavoro, è davvero perfetto.
Non solo, il giorno dell'approvazione della legge contro l'omolesbobitransfobia (nuovo termine appena coniato? Diciamoci la verità, certe capriole linguistiche, per non scontentare nessuno e per rimanere dentro lo strettissimo recinto del politicamente corretto sono al limite del ridicolo) è quasi esattamente coincidente con l'ultimo DPCM, che introduce misure draconiane per il contenimento del coronavirus e un coprifuoco notturno che, va detto, dati i provvedimenti di chiusure, orari ridotti e divieti di spostamenti ha la stessa utilità di un frigo al Polo Nord.
I vostri precedessori del PCI e della DC, statisti di altissimo livello, avrebbero avuto l'accortezza e la sensibilità di rinviare l'approvazione del testo ad un momento meno critico, più attenti ai bisogni reali degli Italiani e per non creare ulteriori motivi di attrito con il governo e un malcontento sempre più evidente.
A questa legge, temo, rimarrà appiccicato l'aneddoto che si racconta della regina di Francia Maria Antonietta, quando rispose a chi le diceva che il popolo non aveva pane “E allora che mangi brioches”.
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inopesservices · 4 years ago
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COVID-19 CORONAVIRUS E ECOMMERCE: IL FUTURO DEL COMMERCIO È STATO SCRITTO
COVID-19 CORONAVIRUS E ECOMMERCE: IL FUTURO DEL COMMERCIO È STATO SCRITTO
Buonasera Amici, oggi vorrei affrontare un argomento con voi che ci tocca da vicino, nella quotidianità.
Ecommerce e coronavirus si è rivelato un binomio vincente per affrontare le difficoltà di un anno di pandemia, non solo per i clienti ma anche per i commercianti.
In quasi tutti i settori l'impatto del COVID-19 è stato forte, ma in pochi come nel commercio sarà probabilmente così drastico e duraturo.
Ma cosa ci aspetta il futuro? Quando si potrà nuovamente uscire e interagire senza paura, potremo lasciare alle spalle i cambiamenti portati dal Coronavirus per tornare alle nostre abitudini?
In certi casi, come nel commercio, probabilmente la risposta alla domanda sopra è semplice: no.
Difficile infatti rinnegare gli indubbi vantaggi dell'ecommerce: oltre alla sicurezza personale, la velocità, la possibilità di confrontare i prezzi, di leggere recensioni, di scoprire brand e negozi inediti, magari con valori più allineati ai nostri.
Questo vale tanto per i clienti quanto per i commercianti, che nonostante tutte le difficoltà hanno potuto trovare nei negozi online, siano essi di proprietà, alleati essenziali per sopravvivere alla pandemia. L'ecommerce ha permesso a molti di continuare a lavorare anche quando non si poteva uscire di casa, di restare vicini ai propri clienti, a volte addirittura di incrementare il fatturato.
Non sorprende infatti che i nuovi negozi siano cresciuti del 70%, il futuro dell'ecommerce è stato scritto quest'anno. come è evidente dal titolo del report firmato Shopify che ha analizzato i maggiori trend internazionali e locali, per cercare di prevedere quelli futuri e dare indicazioni concrete ai suoi merchant e non solo.
Ma cosa possiamo aspettarci dai prossimi mesi e anni? Se questo cambiamento è qui per restare, come possono i commercianti italiani non limitarsi ad adeguarsi a esso, ma cavalcarlo e trovare il successo in questo nuovo mondo?
Siamo qui per scoprirlo insieme: prendiamo quindi la nostra sfera di cristallo, alimentata a dati e statistiche, e vediamo di prevedere il futuro del commercio.
Ecommerce e Coronavirus: chi sono i nuovi consumatori digitali?
L'impatto sui negozi fisici di un anno di pandemia è tuttora drammatico. Quelle che dovevano essere poche settimane di chiusure sono diventate mesi, intervallati da spiragli di apertura e nuovi inasprimenti dei limiti, e ad un anno di distanza è ancora difficile vedere quando effettivamente la situazione potrà tornare sul serio alla normalità.
Il 65% dei consumatori dichiara di aver continuato quando possibile a fare acquisti nei negozi fisici durante la pandemia, anche se meno rispetto al passato (38%), ma questo numero impallidisce contro l'84% di quelli che li hanno fatti online.
Ma il vero cambiamento è avvenuto nella testa e nelle abitudini: la paura del contagio ha probabilmente contribuito alla spinta verso il commercio elettronico molto più di quanto abbiano fatto le chiusure del governo.
Oltre la metà (53%) dei consumatori infatti negli ultimi sei mesi ha evitato gli orari e le situazioni di maggiore affollamento nei negozi, e il 46% ha dichiarato di sentirsi a disagio a fare acquisti di persona.
Un trend che non sembra destinato a estinguersi con la pandemia, secondo gli stessi intervistati: il 79% dei consumatori ha affermato che continuerà regolarmente a fare acquisti online anche in futuro.
Se questa è la situazione globale, l'Italia nello specifico non è da meno: il nostro Paese è al quarto posto per numero di persone che hanno indicato un grande impatto del COVID-19 sulle loro abitudini di acquisto (61%), dopo solo Regno Unito, Spagna e Nuova Zelanda. Rispetto ad altri Paesi, comunque, sono in meno quelli che si sentono a disagio nei negozi ora (39%).
Alto anche il numero di persone che, durante la pandemia, ha provato per la prima volta a fare acquisti online: il 4%, probabilmente una percentuale che riflette ampiamente la nuova tendenza anche nelle generazioni più anziane.
Erano questi infatti quelli che dovevano superare lo scoglio maggiore, quello del "comprare senza toccare", a cui sono stati spesso obbligati in questi mesi di blocco. I consumatori più giovani invece si trovavano in una situazione semplificata, già abituati da tempo a svolgere qualsiasi attività con uno smartphone.
Sono loro infatti che dominano il trend, con il 67% in più di acquisti online rispetto all’inizio dell’anno tra gli under 35 — aumento che supera quello delle fasce di età più grandi (del 57% per i consumatori di 35-54 anni e del 41% per gli over 55).
Sono sempre loro i più inclini a usare i social network per lo shopping: in Italia il 26% degli under 35, 19% per 35-54 e 12% per gli over 55.
Ma, contrariamente a quanto molti sembrano pensare, non è una corsa all'ultima moda la loro:
Il 54% degli under 35 acquista da negozi indipendenti (dopo averli scoperti sui social, ovviamente), contro il 43% dei consumatori di età media (35-54 anni) e il 25% per quelli di età più avanzata (over 55).
Il 62% dei primi preferisce acquistare prodotti sostenibili ed ecologici (contro rispettivamente il 53 e il 44%).
Il 32% dei giovani che ha acquistato da negozi indipendenti dichiara di averlo fatto per produrre un impatto positivo sulla società (mentre sono solo il 28% e 23% rispettivamente quelli di età superiore).
Saranno quindi loro a trainare il futuro del commercio, sia nei modi che nei tempi. Ma soprattutto a contribuire alla conformazione di quello che sarà il rapporto tra fisico e digitale, che si confermerà sempre di più in ottica phygital e finirà in realtà per portare vantaggi anche ai negozi locali.
Statistiche acquisti online in Italia: come la tecnologia può supportare i negozi
Ma non pensare che sarà solo digitale, il futuro. Né che i negozi fisici siano destinati a scomparire. La realtà è probabilmente più complessa di così, e non è totalmente a sfavore della fisicità.
Di nuovo, come succederà per il lavoro, è probabile che i modelli che si affermeranno di più siano quelli ibridi: in cui il digitale sopperisce alle mancanze del fisico, ma non lo sostituisce del tutto perché non può e non potrà mai farlo.
Certo, sarà necessario un certo grado di intraprendenza, ma se c'è una cosa che i commercianti hanno dovuto imparare durante la pandemia è proprio questa: infatti adattandosi con nuove strategie e tecnologie alle mutate abitudini di acquisto dei consumatori, i dettaglianti Shopify hanno rimpiazzato con le vendite online il 94% delle vendite locali (POS) perse nelle prime sei settimane della pandemia.
In particolare ci sono riusciti sfruttando le tecnologie in 3 ambiti:
Pagamenti contactless: a fronte di una nuova consapevolezza relativa all'igiene di oggetti come le banconote, e con il 62% dei consumatori che si dichiarano più propensi a pagamenti digitali, rispetto allo stesso periodo del 2019 il numero di negozi che offrono pagamenti contactless su Shopify è aumentato del 122% durante la pandemia.
Appuntamenti in negozio: in Italia più che in qualsiasi altro Paese, un sorprendente 66% di intervistati si sono dichiarati interessati alla possibilità di fissare un appuntamento per visitare i negozi. E molti store si sono rivelati attenti, introducendo questa possibilità anche con app (come Poste Italiane) o altri strumenti.
Opzioni alternative di ritiro o consegna: se la maggior parte dei consumatori durante la pandemia ha ricevuto la merce acquistata online con spedizioni tradizionali, c'è comunque molto interesse verso modalità ibride come il ritiro in negozio (23%) o in un punto di ritiro (21%).
In particolare i metodi alternativi di consegna permettono di ottenere vantaggi non solo dal lato consumatore ma anche da quello del commerciante. Sono state infatti riscontrate delle ricadute positive su spesa media (23% in più) e sul riempimento del carrello (+25%). Inoltre il ritiro e la consegna locale impattano positivamente sul tasso di conversione (+15% e +19%, rispettivamente).
Insomma, ci sono evidentemente dei vantaggi da cogliere in questo binomio Coronavirus-ecommerce per i commercianti che abbiano l'intraprendenza necessaria a provarci.
Ma è anche vero che la concorrenza sui mercati digitali è spietata. Con Amazon a farla da padrone, che addebita commissioni spesso insostenibili per i piccoli shop online, sembra che ci sia poco da stare allegri.
Poco consola il fatto che ad esempio Google abbia permesso di vendere gratis attraverso gli strumenti che offre: per molti la battaglia sembra essere persa in partenza, una sfida Davide contro Golia senza lieto fine possibile.
Quello che non tengono in conto è la potenza del posizionamento per i negozi indipendenti.
Acquisti online e coronavirus: le armi segrete degli ecommerce indipendenti
La verità è che il tema del sostegno ai piccoli negozi e agli shop indipendenti è ben chiaro nella testa dei consumatori, in generale e ora con la pandemia più che mai.
In Italia, il 64% delle persone dichiara di voler sostenere questo tipo di realtà, ad esempio. Addirittura, il 54% cerca attivamente alternative piuttosto che acquistare sui grandi marketplace.
Alla fine però, solo il 16% lo ha fatto effettivamente nell'ultimo anno, online e in negozio. Perché questo gap? Principalmente ci sono 3 motivi:
Una più vasta scelta di prodotti
Prezzi più convenienti
Sicurezza dell'affidabilità
Certo, i negozi indipendenti non possono competere (o possono farlo poco) su questi 3 vantaggi, ma hanno tanto altro da offrire. Specificità che, appunto, sono precluse agli anonimi marketplace, quali:
Identità imprenditoriale: il 33% delle persone è disposto a pagare un premium price per sostenere cause che stanno loro a cuore, come business di famiglia, tradizionali, sostenibili, etc.
Unicità dei prodotti: secondo il 33% degli intervistati, la possibilità di acquistare prodotti unici è tra i fattori che spingono a evitare i brand di massa.
Qualità del servizio clienti: difficile competere con l'affidabilità di Amazon, ma cosa succede se si ha un problema con il prodotto? L'unica è restituirlo, perché riuscire a parlare con qualcuno è quasi impossibile. I negozi indipendenti possono invece giocare su questa loro prerogativa, importante per il 31% dei clienti.
Inoltre molti sono interessati a esperienze di acquisto personalizzate, elemento particolarmente rilevante in Italia con il 24% degli intervistati che ha manifestato questo interesse.
Oltre a questi elementi, ci sono tanti aspetti su cui i negozi indipendenti possono lavorare per aumentare il proprio vantaggio competitivo nei confronti delle grandi catene o dei marketplace.
l 75% dei merchant che ha generato vendite tra marzo e settembre offre la spedizione gratuita nel proprio negozio Shopify.
Così come l'interazione con il brand, il cosiddetto "commercio conversazionale" che sfrutta i social, i chatbot e altri elementi di interazione per essere vicino ai clienti, con vendite riconducibili alla chat aumentate del 185% nel primo periodo della pandemia.
In generale quindi le armi a disposizione degli ecommerce indipendenti sono sia quelle tecnologiche, che permettono di assottigliare il gap con i marketplace più all'avanguardia, sia soprattutto di branding.
I brand dovranno sempre più dimostrare autenticità, trasparenza e responsabilità, poiché i consumatori vogliono sostenere questo genere di cause.
Il semplice fatto di effettuare una donazione per una causa benefica, ad esempio, è per il 60% degli italiani motivo di maggiore sostegno, ponendoci al secondo posto dopo la Spagna per questo genere di sensibilità; siamo invece al primo (con il 67%) per quanto riguarda la preferenza per prodotti ecologici e sostenibili.
Quando la causa fa bene, insomma, non solo ai commercianti ma anche all'ambiente e al sociale.
Conclusioni: come sarà l'ecommerce dopo il Coronavirus?
Il futuro non è certo roseo: a più di un anno di distanza dall'inizio della pandemia, per quasi tutta l'Europa e molti altri Paesi nel mondo la parola "fine" non sembra ancora in vista.
Il 65% dei consumatori dichiara di aver continuato quando possibile a fare acquisti nei negozi fisici durante la pandemia, anche se meno rispetto al passato (38%), ma questo numero impallidisce contro l'84% di quelli che li hanno fatti online.
Ma il vero cambiamento è avvenuto nella testa e nelle abitudini: la paura del contagio ha probabilmente contribuito alla spinta verso il commercio elettronico molto più di quanto abbiano fatto le chiusure del governo.
Oltre la metà (53%) dei consumatori infatti negli ultimi sei mesi ha evitato gli orari e le situazioni di maggiore affollamento nei negozi, e il 46% ha dichiarato di sentirsi a disagio a fare acquisti di persona.
Un trend che non sembra destinato a estinguersi con la pandemia, secondo gli stessi intervistati: il 79% dei consumatori ha affermato che continuerà regolarmente a fare acquisti online anche in futuro.
Se questa è la situazione globale, l'Italia nello specifico non è da meno: il nostro Paese è al quarto posto per numero di persone che hanno indicato un grande impatto del COVID-19 sulle loro abitudini di acquisto (61%), dopo solo Regno Unito, Spagna e Nuova Zelanda. Rispetto ad altri Paesi, comunque, sono in meno quelli che si sentono a disagio nei negozi ora (39%).
Alto anche il numero di persone che, durante la pandemia, ha provato per la prima volta a fare acquisti online: il 4%, probabilmente una percentuale che riflette ampiamente la nuova tendenza anche nelle generazioni più anziane.
Erano questi infatti quelli che dovevano superare lo scoglio maggiore, quello del "comprare senza toccare", a cui sono stati spesso obbligati in questi mesi di blocco. I consumatori più giovani invece si trovavano in una situazione semplificata, già abituati da tempo a svolgere qualsiasi attività con uno smartphone.
Sono loro infatti che dominano il trend, con il 67% in più di acquisti online rispetto all’inizio dell’anno tra gli under 35 — aumento che supera quello delle fasce di età più grandi (del 57% per i consumatori di 35-54 anni e del 41% per gli over 55).
Sono sempre loro i più inclini a usare i social network per lo shopping: in Italia il 26% degli under 35, 19% per 35-54 e 12% per gli over 55.
Ma, contrariamente a quanto molti sembrano pensare, non è una corsa all'ultima moda la loro:
Il 54% degli under 35 acquista da negozi indipendenti (dopo averli scoperti sui social, ovviamente), contro il 43% dei consumatori di età media (35-54 anni) e il 25% per quelli di età più avanzata (over 55).
Il 62% dei primi preferisce acquistare prodotti sostenibili ed ecologici (contro rispettivamente il 53 e il 44%).
Il 32% dei giovani che ha acquistato da negozi indipendenti dichiara di averlo fatto per produrre un impatto positivo sulla società (mentre sono solo il 28% e 23% rispettivamente quelli di età superiore).
Saranno quindi loro a trainare il futuro del commercio, sia nei modi che nei tempi. Ma soprattutto a contribuire alla conformazione di quello che sarà il rapporto tra fisico e digitale, che si confermerà sempre di più in ottica phygital e finirà in realtà per portare vantaggi anche ai negozi locali.
Statistiche acquisti online in Italia: come la tecnologia può supportare i negozi
Ma non pensare che sarà solo digitale, il futuro. Né che i negozi fisici siano destinati a scomparire. La realtà è probabilmente più complessa di così, e non è totalmente a sfavore della fisicità.
Di nuovo, come succederà per il lavoro, è probabile che i modelli che si affermeranno di più siano quelli ibridi: in cui il digitale sopperisce alle mancanze del fisico, ma non lo sostituisce del tutto perché non può e non potrà mai farlo.
Certo, sarà necessario un certo grado di intraprendenza, ma se c'è una cosa che i commercianti hanno dovuto imparare durante la pandemia è proprio questa: infatti adattandosi con nuove strategie e tecnologie alle mutate abitudini di acquisto dei consumatori, i dettaglianti Shopify hanno rimpiazzato con le vendite online il 94% delle vendite locali (POS) perse nelle prime sei settimane della pandemia.
In particolare ci sono riusciti sfruttando le tecnologie in 3 ambiti:
Pagamenti contactless: a fronte di una nuova consapevolezza relativa all'igiene di oggetti come le banconote, e con il 62% dei consumatori che si dichiarano più propensi a pagamenti digitali, rispetto allo stesso periodo del 2019 il numero di negozi che offrono pagamenti contactless su Shopify è aumentato del 122% durante la pandemia.
Appuntamenti in negozio: in Italia più che in qualsiasi altro Paese, un sorprendente 66% di intervistati si sono dichiarati interessati alla possibilità di fissare un appuntamento per visitare i negozi. E molti store si sono rivelati attenti, introducendo questa possibilità anche con app (come Poste Italiane) o altri strumenti.
Opzioni alternative di ritiro o consegna: se la maggior parte dei consumatori durante la pandemia ha ricevuto la merce acquistata online con spedizioni tradizionali, c'è comunque molto interesse verso modalità ibride come il ritiro in negozio (23%) o in un punto di ritiro (21%).
In particolare i metodi alternativi di consegna permettono di ottenere vantaggi non solo dal lato consumatore ma anche da quello del commerciante. Sono state infatti riscontrate delle ricadute positive su spesa media (23% in più) e sul riempimento del carrello (+25%). Inoltre il ritiro e la consegna locale impattano positivamente sul tasso di conversione (+15% e +19%, rispettivamente).
Insomma, ci sono evidentemente dei vantaggi da cogliere in questo binomio Coronavirus-ecommerce per i commercianti che abbiano l'intraprendenza necessaria a provarci.
Ma è anche vero che la concorrenza sui mercati digitali è spietata. Con Amazon a farla da padrone, che addebita commissioni spesso insostenibili per i piccoli shop online, sembra che ci sia poco da stare allegri.
Poco consola il fatto che ad esempio Google abbia permesso di vendere gratis attraverso gli strumenti che offre: per molti la battaglia sembra essere persa in partenza, una sfida Davide contro Golia senza lieto fine possibile.
Quello che non tengono in conto è la potenza del posizionamento per i negozi indipendenti.
Acquisti online e coronavirus: le armi segrete degli ecommerce indipendenti
La verità è che il tema del sostegno ai piccoli negozi e agli shop indipendenti è ben chiaro nella testa dei consumatori, in generale e ora con la pandemia più che mai.
In Italia, il 64% delle persone dichiara di voler sostenere questo tipo di realtà, ad esempio. Addirittura, il 54% cerca attivamente alternative piuttosto che acquistare sui grandi marketplace.
Alla fine però, solo il 16% lo ha fatto effettivamente nell'ultimo anno, online e in negozio. Perché questo gap? Principalmente ci sono 3 motivi:
Una più vasta scelta di prodotti
Prezzi più convenienti
Sicurezza dell'affidabilità
Certo, i negozi indipendenti non possono competere (o possono farlo poco) su questi 3 vantaggi, ma hanno tanto altro da offrire. Specificità che, appunto, sono precluse agli anonimi marketplace, quali:
Identità imprenditoriale: il 33% delle persone è disposto a pagare un premium price per sostenere cause che stanno loro a cuore, come business di famiglia, tradizionali, sostenibili, etc.
Unicità dei prodotti: secondo il 33% degli intervistati, la possibilità di acquistare prodotti unici è tra i fattori che spingono a evitare i brand di massa.
Qualità del servizio clienti: difficile competere con l'affidabilità di Amazon, ma cosa succede se si ha un problema con il prodotto? L'unica è restituirlo, perché riuscire a parlare con qualcuno è quasi impossibile. I negozi indipendenti possono invece giocare su questa loro prerogativa, importante per il 31% dei clienti.
Inoltre molti sono interessati a esperienze di acquisto personalizzate, elemento particolarmente rilevante in Italia con il 24% degli intervistati che ha manifestato questo interesse.
Oltre a questi elementi, ci sono tanti aspetti su cui i negozi indipendenti possono lavorare per aumentare il proprio vantaggio competitivo nei confronti delle grandi catene o dei marketplace.
l 75% dei merchant che ha generato vendite tra marzo e settembre offre la spedizione gratuita nel proprio negozio Shopify.
Così come l'interazione con il brand, il cosiddetto "commercio conversazionale" che sfrutta i social, i chatbot e altri elementi di interazione per essere vicino ai clienti, con vendite riconducibili alla chat aumentate del 185% nel primo periodo della pandemia.
In generale quindi le armi a disposizione degli ecommerce indipendenti sono sia quelle tecnologiche, che permettono di assottigliare il gap con i marketplace più all'avanguardia, sia soprattutto di branding.
I brand dovranno sempre più dimostrare autenticità, trasparenza e responsabilità, poiché i consumatori vogliono sostenere questo genere di cause.
Il semplice fatto di effettuare una donazione per una causa benefica, ad esempio, è per il 60% degli italiani motivo di maggiore sostegno, ponendoci al secondo posto dopo la Spagna per questo genere di sensibilità; siamo invece al primo (con il 67%) per quanto riguarda la preferenza per prodotti ecologici e sostenibili.
Quando la causa fa bene, insomma, non solo ai commercianti ma anche all'ambiente e al sociale.
Conclusioni: come sarà l'ecommerce dopo il Coronavirus?
Il futuro non è certo roseo: a più di un anno di distanza dall'inizio della pandemia, per quasi tutta l'Europa e molti altri Paesi nel mondo la parola "fine" non sembra ancora in vista.
Il 32% dei giovani che ha acquistato da negozi indipendenti dichiara di averlo fatto per produrre un impatto positivo sulla società (mentre sono solo il 28% e 23% rispettivamente quelli di età superiore).
Saranno quindi loro a trainare il futuro del commercio, sia nei modi che nei tempi. Ma soprattutto a contribuire alla conformazione di quello che sarà il rapporto tra fisico e digitale, che si confermerà sempre di più in ottica phygital e finirà in realtà per portare vantaggi anche ai negozi locali.
Statistiche acquisti online in Italia: come la tecnologia può supportare i negozi
Ma non pensare che sarà solo digitale, il futuro. Né che i negozi fisici siano destinati a scomparire. La realtà è probabilmente più complessa di così, e non è totalmente a sfavore della fisicità.
Di nuovo, come succederà per il lavoro, è probabile che i modelli che si affermeranno di più siano quelli ibridi: in cui il digitale sopperisce alle mancanze del fisico, ma non lo sostituisce del tutto perché non può e non potrà mai farlo.
Certo, sarà necessario un certo grado di intraprendenza, ma se c'è una cosa che i commercianti hanno dovuto imparare durante la pandemia è proprio questa: infatti adattandosi con nuove strategie e tecnologie alle mutate abitudini di acquisto dei consumatori, i dettaglianti Shopify hanno rimpiazzato con le vendite online il 94% delle vendite locali (POS) perse nelle prime sei settimane della pandemia.
In particolare ci sono riusciti sfruttando le tecnologie in 3 ambiti:
Pagamenti contactless: a fronte di una nuova consapevolezza relativa all'igiene di oggetti come le banconote, e con il 62% dei consumatori che si dichiarano più propensi a pagamenti digitali, rispetto allo stesso periodo del 2019 il numero di negozi che offrono pagamenti contactless su Shopify è aumentato del 122% durante la pandemia.
Appuntamenti in negozio: in Italia più che in qualsiasi altro Paese, un sorprendente 66% di intervistati si sono dichiarati interessati alla possibilità di fissare un appuntamento per visitare i negozi. E molti store si sono rivelati attenti, introducendo questa possibilità anche con app (come Poste Italiane) o altri strumenti.
Opzioni alternative di ritiro o consegna: se la maggior parte dei consumatori durante la pandemia ha ricevuto la merce acquistata online con spedizioni tradizionali, c'è comunque molto interesse verso modalità ibride come il ritiro in negozio (23%) o in un punto di ritiro (21%).
In particolare i metodi alternativi di consegna permettono di ottenere vantaggi non solo dal lato consumatore ma anche da quello del commerciante. Sono state infatti riscontrate delle ricadute positive su spesa media (23% in più) e sul riempimento del carrello (+25%). Inoltre il ritiro e la consegna locale impattano positivamente sul tasso di conversione (+15% e +19%, rispettivamente).
Insomma, ci sono evidentemente dei vantaggi da cogliere in questo binomio Coronavirus-ecommerce per i commercianti che abbiano l'intraprendenza necessaria a provarci.
Ma è anche vero che la concorrenza sui mercati digitali è spietata. Con Amazon a farla da padrone, che addebita commissioni spesso insostenibili per i piccoli shop online, sembra che ci sia poco da stare allegri.
Poco consola il fatto che ad esempio Google abbia permesso di vendere gratis attraverso gli strumenti che offre: per molti la battaglia sembra essere persa in partenza, una sfida Davide contro Golia senza lieto fine possibile.
Quello che non tengono in conto è la potenza del posizionamento per i negozi indipendenti.
Acquisti online e coronavirus: le armi segrete degli ecommerce indipendenti
La verità è che il tema del sostegno ai piccoli negozi e agli shop indipendenti è ben chiaro nella testa dei consumatori, in generale e ora con la pandemia più che mai.
In Italia, il 64% delle persone dichiara di voler sostenere questo tipo di realtà, ad esempio. Addirittura, il 54% cerca attivamente alternative piuttosto che acquistare sui grandi marketplace.
Alla fine però, solo il 16% lo ha fatto effettivamente nell'ultimo anno, online e in negozio. Perché questo gap? Principalmente ci sono 3 motivi:
Una più vasta scelta di prodotti
Prezzi più convenienti
Sicurezza dell'affidabilità
Certo, i negozi indipendenti non possono competere (o possono farlo poco) su questi 3 vantaggi, ma hanno tanto altro da offrire. Specificità che, appunto, sono precluse agli anonimi marketplace, quali:
Identità imprenditoriale: il 33% delle persone è disposto a pagare un premium price per sostenere cause che stanno loro a cuore, come business di famiglia, tradizionali, sostenibili, etc.
Unicità dei prodotti: secondo il 33% degli intervistati, la possibilità di acquistare prodotti unici è tra i fattori che spingono a evitare i brand di massa.
Qualità del servizio clienti: difficile competere con l'affidabilità di Amazon, ma cosa succede se si ha un problema con il prodotto? L'unica è restituirlo, perché riuscire a parlare con qualcuno è quasi impossibile. I negozi indipendenti possono invece giocare su questa loro prerogativa, importante per il 31% dei clienti.
Inoltre molti sono interessati a esperienze di acquisto personalizzate, elemento particolarmente rilevante in Italia con il 24% degli intervistati che ha manifestato questo interesse.
Oltre a questi elementi, ci sono tanti aspetti su cui i negozi indipendenti possono lavorare per aumentare il proprio vantaggio competitivo nei confronti delle grandi catene o dei marketplace.
l 75% dei merchant che ha generato vendite tra marzo e settembre offre la spedizione gratuita nel proprio negozio Shopify.
Così come l'interazione con il brand, il cosiddetto "commercio conversazionale" che sfrutta i social, i chatbot e altri elementi di interazione per essere vicino ai clienti, con vendite riconducibili alla chat aumentate del 185% nel primo periodo della pandemia.
In generale quindi le armi a disposizione degli ecommerce indipendenti sono sia quelle tecnologiche, che permettono di assottigliare il gap con i marketplace più all'avanguardia, sia soprattutto di branding.
I brand dovranno sempre più dimostrare autenticità, trasparenza e responsabilità, poiché i consumatori vogliono sostenere questo genere di cause.
Il semplice fatto di effettuare una donazione per una causa benefica, ad esempio, è per il 60% degli italiani motivo di maggiore sostegno, ponendoci al secondo posto dopo la Spagna per questo genere di sensibilità; siamo invece al primo (con il 67%) per quanto riguarda la preferenza per prodotti ecologici e sostenibili.
Quando la causa fa bene, insomma, non solo ai commercianti ma anche all'ambiente e al sociale.
Conclusioni: come sarà l'ecommerce dopo il Coronavirus?
Il futuro non è certo roseo: a più di un anno di distanza dall'inizio della pandemia, per quasi tutta l'Europa e molti altri Paesi nel mondo la parola "fine" non sembra ancora in vista.
Il futuro non è certo roseo: a più di un anno di distanza dall'inizio della pandemia, per quasi tutta l'Europa e molti altri Paesi nel mondo la parola "fine" non sembra ancora in vista.
Ma dall'altra parte, c'è luce anche nel mezzo del tunnel. I commercianti che hanno saputo reinventarsi e innovare hanno spesso visto ottimi frutti dal loro lavoro, e con soluzioni come Shopify che permettono di configurare il proprio ecommerce in modo indipendente e professionale senza necessità di competenze informatiche, il gap tra digitale e fisico si è ridotto enormemente.
Torneremo alla normalità, qualunque cosa questo significhi, ma ciò non vuol dire che tutto questo sarà lasciato alle spalle: i cambiamenti portati da Coronavirus e ecommerce sono qui per restare, e a uscirne vincitore sarà chi saprà adattarsi al meglio, trovando nuovi modi inediti di rispondere a vecchie necessità.
Se ti è piaciuto questo blog ti invito a lasciare un commento qui sotto, Che cos'altro del blog ti piace dimmelo ! Guarda il video di presentazione nella pagina delle opportunità che ti offre ACN e ascolta le parole del Vice Presidente MIKE CUPIZ
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tarditardi · 5 years ago
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Cortina Fashion Weekend 2020, un'edizione "responsabile" e dal risvolto benefico
Credere nel futuro: Cortina lo dimostra col suo solito charme! I colori dei Mondiali di sci alpino Cortina 2021 vestono la Regina delle Dolomiti. Vuole essere un forte segno di fiducia nel futuro e di coraggio, questo Fashion Weekend 2020.
Dal 4 all'8 dicembre, a Cortina va in scena la "moda", ma con un abito differente dal solito. La Regina delle Dolomiti, nota per il glamour dei suoi eventi, cambia abito e, come tutte le dive si adatta al momento e si rimbocca le maniche, proprio come i suoi abitanti.
La manifestazione, arrivata alla sua decima edizione e organizzata dall'Associazione Cortina For Us, è stata voluta e sostenuta da tutti i suoi soci: imprenditori, commercianti del territorio, albergatori e impiantisti desiderosi di mostrarsi attivi e predisposti al mutuo soccorso.
Ecco, quindi, che la sinergia instaurata negli anni con il Comune di Cortina e con Fondazione Cortina 2021, organizzatrice dei Mondiali di sci alpino in programma dal 7 al 21 febbraio, si è dimostrata fondamentale per questo complesso 2020. Il sostegno e la collaborazione tra le parti risultano, infatti, imprescindibili in un momento come quello che stiamo vivendo.
Si è deciso di confermare questo appuntamento, nonostante le difficoltà e le restrizioni causate dall'emergenza sanitaria, per raggiungere un grande obiettivo: aiutare in maniera concreta, sostenendo la Onlus bellunese Insieme si Può, nel suo progetto Povertà a casa nostra. Un supporto ad alcune famiglie del territorio, ormai alla soglia della povertà, nelle spese essenziali, come: i trasporti, le cure mediche, le bollette e la spesa alimentare.
"Etica e coscienza" sono, infatti, le parole chiave che hanno guidato l'ideazione di tutto l'evento. Sono state escluse dal programma tutte le occasioni che avrebbero potuto generare assembramento e la proposta finale rispetta e sostiene ogni direttiva presente nell'ultimo DPCM. Un progetto, quindi, di stampo digital quello di quest'anno, che "avrà luogo" soprattutto sui Social!
Molte le iniziative messe a punto da Cortina For Us, che verranno pubblicate e condivise agli inizi di dicembre con tutti i loro follower: video, interviste, giochi e tanti altri format che riusciranno a farci amare questa terra ancora di più, facendoci scoprire il suo legame con l'affascinante mondo della moda.
In loco, invece, durante il ponte dell'Immacolata, il paese si vestirà per celebrare le feste insieme ai residenti e ai fortunati turisti che ogni anno, in questo periodo, riempiono le seconde case e gli hotel della Valle. Installazioni di video mapping e diversi ledwall decoreranno Corso Italia, donandogli una luce natalizia con l'augurio di infondere speranza negli animi dei passanti.
Fondamentale il supporto ricevuto da Fondazione Cortina 2021, che ancora una volta crea sinergie con le realtà locali per il territorio stesso: gli allestimenti di questa edizione del Fashion Weekend infatti saranno curati dal Comitato Organizzatore dei Mondiali di sci alpino. Il blu, l'oro e il tricolore, insieme all'iconico fiocco di neve e allo scudetto, vestiranno il centro del paese per tutta la stagione invernale in arrivo.
Rehegoo Music, nota etichetta discografica inglese, sarà anche per questa edizione partner dell'evento, curando la regia musicale con un programma che animerà il centro cittadino fino alla fine delle feste natalizie. Anche quest'anno, durante il Fashion Weekend, Rehegoo Music premierà con una borsa di studio il vincitore del concorso "Miglior Compositore" istituito dal Conservatorio Cesare Pollini, di Padova.
Tra gli sponsor confermati UnipolSai, agenzia Zandonella, sempre al fianco dell'associazione Cortina For Us nella promozione del territorio ampezzano.
"Con Cortina Fashion Weekend si inaugura ufficialmente la stagione invernale di Cortina d'Ampezzo. È un appuntamento che riversa nel cuore di Cortina il glamour, la ricercatezza e l'eleganza esclusiva e che attrae ogni anno ospiti nazionali e internazionali di gran pregio. In questo anno, però, assume una dimensione particolare, che ha richiesto uno sforzo notevole per la realizzazione di un format senza precedenti. Vivremo un'edizione totalmente virtuale e multimediale, che ci garantirà il piacere di gustarne l'atmosfera in piena sicurezza e di continuare a trasmettere i valori del Made in Italy, di cui Cortina, da sempre, rappresenta un baluardo per i suoi più alti livelli di artigianato, di ricerca e di creatività." Giampietro Ghedina, Sindaco di Cortina
"Il Fashion Weekend di Cortina sta diventando ormai una bella "tradizione italiana". Già solo farlo, con tutte le condizionalità imposte dalla situazione che viviamo, è un segnale di fiducia e speranza che viene lanciato al territorio, ma anche al Paese e al mondo del turismo, un settore così gravemente colpito da questa pandemia. È in questo spirito che Fondazione Cortina 2021 sposa in particolare quest'anno il progetto, al fine di creare un clima positivo e di ottimismo verso i prossimi Mondiali che porteranno Cortina alla ribalta mondiale per 15 giorni e verso cui continuiamo a lavorare con tutte le forze". Valerio Giacobbi, Amministratore Delegato Fondazione Cortina 2021
"La spinta a portare avanti il Fashion Weekend ce l'hanno data tutti i soci e i rappresentanti delle nostre collaborazioni, che a gran voce hanno chiesto di tenere viva Cortina, preoccupati sicuramente dello scenario che potrebbe delinearsi a breve giro, con un mondiale di sci alle porte. Il desiderio comune è che tutto vada per il meglio, non solo per i singoli, ma per tutto il sistema Cortina". Franco Sovilla, Presidente di Cortina For Us
L'associazione Cortina For Us, attiva da oltre 6 anni, è composta da commercianti, imprenditori, artigiani e liberi professionisti del territorio, uniti nel desiderio di fare da collante fra le diverse realtà locali. I soci operativi, tutti volontari, si occupano da sempre di ideare, organizzare eventi che promuovano la Regina delle Dolomiti.
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gregor-samsung · 5 years ago
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Fatta eccezione per la Francia precocemente malthusiana della Terza Repubblica, l'Europa non era in grado di offrire granché ai suoi abitanti in soprannumero. Condannati a espatriare, essi cominciarono con il raggiungere a milioni, a partire dal 1880, i nuovi territori di insediamento bianco: gli Stati Uniti e il Canada, l'America latina, l'Australia. L'ondata raggiunse tali proporzioni che quei paesi chiusero le porte, o le lasciarono aperte soltanto a metà. Quando, nel 1964, gli Stati Uniti decisero di trasferire ai "paesi poveri" (quelli mediterranei) le quote di immigrazione (2 per cento degli effettivi insediati in America nel 1890) inutilizzate dai "paesi ricchi" (anglosassoni, tedeschi o scandinavi), si era già verificato il subentro dell'Europa industrializzata. A turno, italiani e nordafricani, spagnoli e portoghesi, iugoslavi, greci e turchi presero la via della Germania e della Svizzera, della Francia e dei paesi del Benelux, diventando le "braccia" della crescita degli anni 1955-75. Si ripeteva, a cinquant'anni di distanza, la storia delle grandi trasmigrazioni transoceaniche: la partenza in massa dei giovani in età da lavoro dalle regioni rurali più sovrappopolate; il loro raggruppamento in comunità di origine in grado di assicurare l'accoglienza, il primo impiego e quel minimo di calore umano indispensabile all'integrazione; la loro utilizzazione per i compiti più duri, meno qualificati e meno remunerativi; la loro facile espulsione in caso di crisi; i conflitti tra minoranze e autoctoni, spia delle difficoltà di assimilazione. L'Italia è con ogni probabilità il paese che più è stato modificato da tale recente mobilità. In poco più di un secolo (1860-1970), ha registrato 25 milioni di partenze - per la verità non tutte definitive -, pari alla metà della sua popolazione nel 1960. Si tratta di un caso per molti versi esemplare. La prima emigrazione, a partire dagli inizi del XIX secolo, aveva avuto come meta soprattutto il bacino mediterraneo, l'Egitto, la Tunisia e in particolare l'Impero ottomano, dove gli italiani, eredi dei genovesi e dei veneziani di Pera-Calata - il quartiere "franco", ossia europeo, di Istanbul -, si impongono come commercianti e negozianti, architetti e medici, ingegneri e operai delle ferrovie: una emigrazione di "tecnici". La realizzazione dell'unità, però, sconvolge l'economia e la società della penisola. A voler partire saranno ormai in maggioranza rurali, contadini senza terra, a malapena in grado di pagarsi il viaggio: li ritroveremo come operai - spesso malvisti in quanto "crumiri" - nell'agricoltura, nell'edilizia, nelle miniere. È un'emigrazione della miseria e delle illusioni perdute. Verso il 1860-80 emigranti provenienti dal Piemonte, dalla Toscana o dall'Emilia si spargono per l'Europa, e soprattutto in Francia: a partire, però, sono per il momento soltanto in 100.000 circa all'anno. Dopo il 1880 tale numero raddoppia, triplica, supera i 600.000 nel decennio 1901-10, e raggiunge la cifra record di 872.598 nel 1913. Provengono dalle zone rurali più povere, dal Veneto e soprattutto dal Sud, dalla Sicilia e dalla Calabria, dalle Puglie e dagli Abruzzi. Attraversano l'Atlantico, raggiungono l'Argentina, il Brasile meridionale - dove fondano città dai nomi evocativi, quali Nova Venetia, Nova Trento, Nova Vicenza, Nova Milano - e soprattutto gli Stati Uniti. Poverissimi, si stabiliscono nelle città e qui ricostituiscono quartieri e reti di rapporti interpersonali: Little Italy, Brooklyn, una cultura comune fatta, come scrive S. Romano, “un po' di religione, un po' di superstizione, un po' di patriottismo e un po' di gastronomia". E anche, mito o realtà, la mafia. Finisce così per prevalere un po' dappertutto l'immagine di un italiano resistente all'assimilazione, attaccato alla sua lingua, ai suoi costumi e al suo stile di vita, di volta in volta "crumiro" e "sovversivo". Dal pogrom di New Orleans nell'ottobre del 1890 all'esecuzione di Sacco e Vanzetti nel 1927, nonché al complesso della letteratura di ieri e di oggi sul sindacato del crimine, tutta la comunità italoamericana ne ha pagato il prezzo, e un prezzo pesante. In Francia, peraltro, è stato bandito dai manuali di storia, per carità di patria, il ricordo degli incidenti di Aigues-Mortes, nell'agosto del 1893 (una cinquantina di morti) e di Lione, nel giugno del 1894, dopo l'assassinio di Sadi Carnot per mano di Sante Caserio. Chi legge, oggi, il romanzo di L. Bertrand L'Invasion, che nel 1907 denunciava il "pericolo italiano"? Con le limitazioni imposte sia dagli Stati Uniti sia dal fascismo, e in seguito alla crisi degli anni '30, il movimento rallentò fin quasi a interrompersi. Dopo la guerra però eccolo riprendere vigore, diretto questa volta più verso la Svizzera e la Germania che non verso il Canada e gli Stati Uniti: intorno al 1960 l'Italia è ancora il paese che fornisce i più grossi contingenti di manodopera all'Europa industrializzata. Con il "miracolo economico", però, tale emigrazione pressoché tradizionale è aggravata ed entra in competizione con un'altra, questa volta interna, che ha per meta l'Italia del Nord, le città e le fabbriche della Lombardia e del Piemonte, e anche le campagne, dove i meridionali sostituiscono, sui terreni meno produttivi, i contadini che già li hanno abbandonati. Dei quattro milioni di uomini e donne che in vent'anni (1951-71) hanno lasciato il Sud, solo un milione si è recato all'estero. Durante l'autunno caldo del 1969, anche Torino e Milano scoprono i sordidi "ghetti", popolati di calabresi e siciliani, che hanno invaso le loro periferie, e insieme il volto sempiterno del razzismo: sono sempre i meridionali, esclusi senza complimenti dai quartieri borghesi, a occupare nei giornali le pagine di cronaca nera, colpevoli, manco a dirlo, di tutti i delitti. Ma neppure le dinamiche industrie del Nord bastano ad assorbire l'enorme massa degli emigranti: molti sono ancora ammucchiati, prima tappa o sosta provvisoria, nelle borgate e nelle bidonvilles delle periferie di Napoli e di Roma, in attesa di un ipotetico impiego in qualche ufficio o ministero promesso da un lontano cugino o da un grande elettore dei partiti al potere... Intanto, nelle campagne siciliane disertate dalla loro popolazione, bisogna fare appello ai tunisini per le vendemmie nella zona di Marsala: e ancora una volta, ecco affacciarsi il razzismo. Nello spazio di un secolo l'Italia percorre così tutto il grande ciclo delle migrazioni moderne, che svuotano a uno a uno tutti i paesi mediterranei - e all'interno di ciascuno le regioni più diseredate - delle popolazioni di campagna, mobilitandole a svolgere i compiti più bassi presso le economie industriali.
Maurice Aymard, Migrazioni, saggio raccolto in:
Fernand Braudel (a cura di), Il Mediterraneo, (traduzione di Elena De Angeli; collana Tascabili, n° 7), 2002¹³; pp. 221-24.
[ Edizione originale: La Méditerranée, Paris, Flammarion, 1985 ]
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nonsensemag-blog · 5 years ago
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tergestin · 5 years ago
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Bolzano, 17 marzo - Nel 159º anniversario dell’Unità d’Italia, nel rispetto di tutte le norme previste nel decreto sicurezza per l'emergenza Coronavirus, la sezione bolzanina di CasaPound ha avvolto nel tricolore nazionale il busto di Giuseppe Mazzini nell’omonima piazza.
"Oggi più che mai è importante ricordare i padri della Patria - dichiara Cpi - italiani che resero grande la nostra nazione combattendo, con la penna e la spada, per quell’unità che finalmente venne conquistata nel 1861. Oggi questo stesso popolo si trova ad affrontare l’ennesima difficoltà e il nostro pensiero va soprattutto al personale sanitario, ai militari, ai vigili del fuoco, ma anche a tutti quei commercianti ed impiegati che in queste ore stanno mettendo a rischio la propria salute per garantire i servizi essenziali, per il fabbisogno dei cittadini".
"Oggi come ieri - conclude Cpi - nei momenti di difficoltà gli italiani espongono con fierezza la bandiera tricolore e cantano l’inno nazionale di Mameli, non per una partita di calcio ma perche si sentono tutti parte della stessa Nazione. L’Italia".
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