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#consociativismo
giancarlonicoli · 5 months
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23 apr 2024 16:53
“UMBERTO BOSSI E’ DI SINISTRA, PER QUESTO CE L’HA CON SALVINI” - MASSIMO FINI INFILA LA PENNA NELLE DIVISIONI DELLA LEGA: “BOSSI HA PRESO DECISAMENTE LE DISTANZE DA SALVINI PERCHÉ NON GLI VA A SANGUE LA POSIZIONE DI ESTREMA DESTRA PRESA DALLA LEGA IN UN GOVERNO GIÀ DI DESTRA, NÉ TANTOMENO IL RAZZISMO ANTROPOLOGICO ESPRESSO DALL’ATTUALE CARROCCIO. LA MITICA PADANIA ERA DI “CHI CI VIVE E CI LAVORA”, SENZA FARE ESAMI DEL SANGUE A CHICCHESSIA (INFATTI HA UNA MOGLIE SICILIANA). BOSSI AVEVA UNA VISIONE VISIONARIA E IN ANTICIPO SUI TEMPI…” -
Estratto dell’articolo di Massimo Fini per il “Fatto quotidiano”
Una notte, tanti anni fa, mi trovavo, verso le 3, in una pizzeria affianco di Bossi. Si parlava non solo di politica, ma anche di donne, amori, motori, […] quando gli feci improvvisamente una domanda a tradimento: “Umberto, tu sei più di destra o di sinistra?”. “Di sinistra, ma se lo scrivi ti faccio un culo così”. Va da sé che lo scrissi […]
Di recente […] Umberto Bossi ha preso decisamente le distanze da Salvini e dalla Lega di quest’ultimo. Non gli va a sangue, all’Umberto, la posizione di estrema destra presa dalla Lega di Salvini in un governo già di destra, né tantomeno il razzismo antropologico espresso dall’attuale Lega. La mitica Padania della prima Lega era di “chi ci vive e ci lavora”, senza fare esami del sangue a chicchessia (Bossi, lo ricordo, ha una moglie siciliana). […] Bossi, in concordanza col grande costituzionalista Gianfranco Miglio, aveva, […] una visione visionaria e totalmente in anticipo sui tempi.
Pensava che in un’Europa politicamente unita i punti di riferimento periferici non sarebbero più stati gli Stati nazionali, ma macroregioni coese economicamente, socialmente, culturalmente e anche dal punto di vista climatico. Non c’è nessuna ragione, per fare qualche esempio, che la Liguria di Ponente abbia un regime diverso dalla costa nizzarda o che Alto Adige e Tirolo siano divisi.
Così come, e al contrario, non c’è nessuna ragione per cui poniamo un professore di scuola di Milano guadagni la stessa cifra di uno di Canicattì, dove il costo della vita è il 30 per cento più basso che a Milano. È il principio delle “gabbie salariali” che Bossi voleva introdurre e per cui fu accusato di razzismo antimeridionale.
[…] L’Europa politicamente unita non si è fatta, anzi è più che mai disunita avendo voluto allargarla a 27 Paesi, troppo lontani tra di loro per storia e cultura. Ma, poiché ognuno ha diritto di veto, l’Europa si trova di fatto paralizzata […] La prima Lega di Bossi, essendo sostanzialmente un movimento antipartitocratico, fu ovviamente osteggiata in tutti i modi dai partiti […] L’ascesa della Lega […] si lega […] alle inchieste di Mani Pulite che stavano scoperchiando il vaso di Pandora della corruzione della classe dirigente politica ed economica.
Più i magistrati di Mani Pulite facevano il proprio, doveroso, mestiere, più cresceva la Lega di Bossi, che spezzava finalmente il consociativismo (alleanza, di fatto, fra Dc e Pci/Pds) che garantiva l’impunità alla classe dirigente […] Gli errori di Umberto Bossi furono sostanzialmente due. Il primo, e più grave, è stato unirsi all’avanzante Silvio Berlusconi, che pur Bossi aveva sprezzantemente chiamato Berluscaso, Berluschì, Berluscosa, Berluskaz.
Il terrore di Bossi era la moltitudine di reati da cui era stato investito. La sua Lega non aveva i quattrini sufficienti per farvi fronte. […] Il secondo errore, forse meno perdonabile perché Bossi non vi era spinto da alcuna esigenza, è stato l’atavico familismo italiano, per cui diede al figlio Renzo, il delfino, il “trota” […], il ruolo di consigliere regionale della Lombardia, dove Renzo fu coinvolto proprio in quei reati di appropriazione indebita dei rimborsi elettorali che erano stati una delle basi delle critiche della Lega bossiana a quello che allora si chiamava il “sistema”. […]
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infosannio · 1 year
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Una notizia salubre
(di Michele Serra – repubblica.it) – Un eventuale corso universitario sul consociativismo avrebbe Bruno Vespa come prima materia di studio. Vespa sta al consociativismo (a quella Roma politica dove tutto si tiene e niente si lascia) come i Beatles alla Swinging London e Andy Warhol alla Pop Art: ne è l’incarnazione, l’icona indiscussa. È dunque con il fiato sospeso che si segue la ormai lunga…
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E' meglio la lava
E’ meglio la lava
Anna Lombroso per il Simplicissimus Quando ancora il sindacato faceva paura – pensate che nei non lontani anni ’90, la Triplice portò in piazza a Roma un milione di manifestanti – l’obiettivo della “politica” e del padronato era lo stesso di quasi un secolo prima: un unico partito, un unico sindacato, un unico giornale. Obiettivo raggiunto, anzi nel caso in questione è stato superato, a vedere…
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abr · 4 years
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Guida ragionata per (non) partecipare alle celebrazioni dei 100 anni dalla nascita del Pci, Partito comunista italiano. 1 Il Pci è stato un partito costituente della prima repubblica (...) 2 Il Pci è stato l' eterno secondo dello schieramento politico, dietro la Dc. (...) 3 Il Pci ha impiegato 63 anni (..) per diventare, anche se solo per una volta, il primo partito italiano, ma gliene basteranno solo 7 (e due segretari: Alessandro Natta e Achille Occhetto) per scomparire. 4 L' auto storytelling del Pci si nutre di alcuni miti. A cominciare da quello della «guerra di Liberazione», come se la cacciata dei nazifascisti non sia stata merito degli angloamericani, ma esclusivamente dei partigiani, e manco di tutti: solo di quelli «rossi» (...).  5  (...). A risultare intollerabile è la pretesa -"egemonica» (...) del monopolio sulle battaglie contro la criminalità organizzata e negli anni di piombo. Anche perché bisognerebbe non dimenticare quanto scritto da Rossana Rossanda sul Manifesto durante il sequestro Moro: «A leggere i comunicati delle Br si ha l' impressione di sfogliare un album di famiglia» . 6 Altro mantra fondativo: la «diversità», da cui discende come corollario la «superiorità etica» di dirigenti e militanti. Diversi perché migliori, Togliatti «il Migliore» per antonomasia. A cancellare le tracce dei propri errori, di sicuro. Connivenza con lo stalinismo? Ma quando mai. Il silenzio sulla repressione in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968? Passiamo oltre. (...)   7 E la retorica sulle «mani pulite», l' onestà, il «buon governo» nelle regioni rosse? In realtà, una perfetta macchina organizzativa, anche del consenso (...). E anche sorvolando sul coinvolgimento del dirigente Primo Greganti nella Tangentopoli (..:), che dire della valigetta con un miliardo di lire di Raul Gardini entrata nella sede del partito a Roma, «e arrivata ai piani alti» (così Antonio Di Pietro)? E della sentenza di condanna per fatti antecedenti, 1987, ovvero le tangenti prese dal Pci sugli appalti per i lavori della metropolitana milanese? 8 Cosa aggiungere sul «consociativismo», la partecipazione del Pci alla spartizione di posti, leggi lottizzazione, negli enti pubblici tipo la Rai? (...) 9 Sbriciolatisi il muro di Berlino e l' Urss, sepolta dalle macerie la prima repubblica, (...) il Pci si dissolse. Per mimetizzazione. Trasformandosi prima in Pds, segretari: Occhetto e poi Massimo D' Alema. Poi in Ds, segretari: D' Alema e poi Walter Veltroni, già capo dell' ufficio propaganda del Pci, che nel 2011 negherà in una lettera a La Repubblica di essere mai stato «ideologicamente» comunista. A seguire Piero Fassino, un altro comunista della vecchia scuola (...), che accompagnerà i Ds alla fusione con la Margherita di Francesco Rutelli nel Pd, primo segretario, ça va sans dire: l' ex-non comunista Veltroni. 10 Il Pd, erede del Pci, negli ultimi 10 anni è riuscito a governare per 8  anni (...). Ma, al solito, chiamandosi fuori da ogni responsabilità: la politica è in crisi? Prevale il populismo? E che colpa abbiamo noi?, sembrano gorgheggiare molti suoi esponenti, come la band dei Rokes. In prima fila, gli ex comunisti.  Morale: Il passato di un' illusione, è stata la sentenza sul comunismo dello storico francese François Furet nel 1995. L' illusione è trapassata. I finti illusi sono ancora tra noi.
Franco Piroso su LaVerità, via https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/come-vivere-bene-senza-comunisti-ndash-antonello-piroso-scodella-257552.htm
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pedrop61 · 5 years
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Bibbiano
Che poi dall’atteggiamento del circo mediatico e televisivo la questione Bibbiano si evince per quello che è: un problema sistemico. Una teoria dello Stato e delle relazioni sociali e familiari, non solo quindi da liquidare come una vicenda giudiziaria provocata dalle solite “mele marce”. Esattamente come i fenomeni corruttivi e le malversazioni coi soldi dei contribuenti fagocitate da imprenditori disonesti e politici corruttibili esistono per la natura intrinseca e le finalità dell’organizzazione politica di questo Stato. In una democrazia suddivisa fra poteri antagonisti, l’unica vettorialità concessa è quella del consociativismo affaristico. Una guerra per bande, dove alla bisogna, accantonate dietro le quinte le finte zuffe di facciata, ci si allea per vantaggio reciproco e reciproci guadagni. Così la vicenda Bibbiano, la cui regia pare sia stata affidata da una rappresentanza di quel mondo gender e LGBT  vuole esprimere un altro nuovo concetto di “socialità familiare" e di "genitorialitá” di cui già abbiamo avuto un assaggio con le novità burocratiche della neo-lingua. Che poi ci sia stato del “malaffare” e interessi privati in atto d’ufficio quello è un fenomeno di contorno.
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lozoodisimona · 2 years
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Questi giorni è riemerso il famoso “consociativismo al femminile”, che non esiste. Quindi, contro ogni qualunquismo lavorativo assatanato di performance, io rispondo con le Ciccie-eroine quotidiane. Le prosperose donne che da sempre trainano il mondo. Buona giornata nevrastenica a tutti. (Santa Xanax, Ciccia Lilibet, CicciaWonder Zoo, più defilata Ciccia Desi) (presso Buona A Nulla Ma Capace Di Tutto) https://www.instagram.com/p/CdXWkdMMfBJ/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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uldericodl · 4 years
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Una sinistra disperata scatena gli insulti contro la Meloni, unica opposizione in Italia.
Una sinistra disperata scatena gli insulti contro la Meloni, unica opposizione in Italia.
La crisi di consenso e lo smarrimento identitario dell’establishment progressista si comprende persino dalla qualità dei mazzieri che è costretto a mettere in campo per fermare ciò che reputa distonico al proprio “vangelo” recitato. Una volta contro la destra politica il “braccio” del consociativismo demo-comunista erano le volanti rosse, gli autonomi, i radicali di ogni sorta le cui violenza…
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televaltiberina · 4 years
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Verso le elezioni a Città di Castello: nasce il cantiere del centro sinistra: Paci (Europa Verde) e Picchi (M5S) "pronti a dare il nostro contributo, fondamentale uscire dal consociativismo, per rilanciare la città e il suo territorio"
Verso le elezioni a Città di Castello: nasce il cantiere del centro sinistra: Paci (Europa Verde) e Picchi (M5S) “pronti a dare il nostro contributo, fondamentale uscire dal consociativismo, per rilanciare la città e il suo territorio”
“Ambiente, digitalizzazione, salvaguardia e tutela del patrimonio esistente, turismo di qualità, rilancio delle piccole imprese artigianali e del centro storico cittadino, sviluppo sostenibile ma sopratutto grande spazio alla meritocrazia. Con questo progetto, che guarda con molto interesse alle forze di centro, vogliamo creare le basi per una nuova classe dirigenti, fuori dai vecchi schemi…
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giancarlonicoli · 4 years
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3 feb 2021 12:05 1. E’ LA BANCAROTTA DELL’INCOMPENZA AL POTERE (IL CONTE CASALINO), È IL DEFAULT DI PARTITI (PD E M5S) E LEADER ALLO SBANDO (ZINGARETTI, BETTINI, DI MAIO, D’ALEMA, BERSANI) 2. E’ LA FINE ANCHE DI UN CIRCO. QUELLO MEDIATICO CHE RUOTA INTORNO AL ‘’FATTO’’, VALE A DIRE INTORNO A MARCO TRAVAGLIO. OSSIA TUTTI I TALK CHE PENDONO DAI SUOI GHIGNI /SMORFIE 3. POVERA ANCHE LILLI GRUBER, A LUTTO IERI SERA. RIENTRA IN STUDIO DOPO AVER MANDATO IN DIRETTA MATTARELLA E SINTETIZZA: “ALLORA, NUOVE ELEZIONI O UN GOVERNO TECNICO”. SÌ, BUONANOTTE. IL CAPO DELLO STATO AVEVA APPENA SCOLPITO: ELEZIONI NEL 2030, FORSE... 4. L’ALTRO SCONFITTO È URBANETTO CAIRO CHE LA SCORSA SETTIMANA, CON GRANDE SCELTA DI TEMPO, HA SCOMMESSO SUL CONTE TER, METTENDO LA7 E "CORRIERE" A DISPOSIZIONE...
DAGOREPORT
E’ la bancarotta di una classe dirigente, è il default di partiti e leader allo sbando. Come Tangentopoli, ma senza tangenti (aggravante dunque). E come nel ’93 deve intervenire un banchiere a salvare l’Italia: stavolta Mario Draghi al posto di Carlo Azeglio Ciampi.
I numeri, dicono. Ballerini. Chissà se SuperMario ha i numeri in Parlamento. Lo vedremo. Ma qualche numeretto, minaccioso e incazzato, lo ha fornito ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per evitare che il suo fosse solo un appello alla Nazione caduto dall’alto: 4 mesi per formare il governo nel 2013 (120 giorni), 5 mesi nel 2018 (180 giorni). In mezzo alla pandemia!!! E alla campagna vaccinale!!! E al varo del Recovery Plan!! E alla crisi economica che esplode!! Lo schiaffo finale ai grandi sconfitti della ex maggioranza, quelli del Conte ter (già finito sabato scorso) o elezioni subito. Un modo per dire: capisco che siete poco svegli ma almeno a 2 + 2 ci arrivate?
Eccola la compagnia dei #votosubitisti come li chiama Giuliano Ferrara, dei grandi feriti di guerra in questa Caporetto giallorosa: il premier col ciuffo Giuseppi; Ta-Rocco Casalino, le sue veline e i suoi vocali (amo’, tesoro et similia) che non hanno mai aiutato il suo capo a darsi un profilo più alto;
Nicola Zingaretti, il segretario che confonde sempre il dito con la luna (“un doroteo senza la Dc”, lo definisce sprezzante Lorenzo Guerini, cioè uno del Pd); lo stratega Goffredo Bettini che conosce solo lo schema del consociativismo romano sinistra-Gianni Letta-Caltagirone, che è troppo in generale, troppo poco durante una crisi mondiale.
E che non fosse la persona più indicata a dettare la linea si capì quando qualche mese fa, con il lockdown e il bollettino di guerra, fu l’unico politico sul pianeta cui venne in mente di creare una corrente (un paio di ministri ci cascarono pure). Iniziativa veramente fuori dal mondo.
Infine, ci sono Massimo D’Alema (ma a lui qualche operazioncina è riuscita), Pier Luigi Bersani (che invece non ne ha mai fatta una col buco), insomma la pattuglia degli odiatori di Renzi in calo di lucidità.
E’ la fine anche di un circo. Quello mediatico che ruota intorno al ‘’Fatto Quotidiano’’, vale a dire intorno a Marco Travaglio. Ossia tutti i talk che pendono dalle sue labbra, quasi più di Conte.
Travaglio non ha risparmiato nessuno, a cominciare da questo disgraziato sito, accusando l’universo di spacciare fake news (nel più buonista dei casi). Al contrario: le bufale erano le sue, i consigli sballati al Principe pure, l’assoluta mancanza di senso della realtà anche. Una lezione di non giornalismo in purezza. Altro che Dagospia.
L’altro sconfitto è Urbanetto Cairo, l’editore intempestivo, che ad aprile 2020 gasava i venditori di spot dicendo che in Italia andava tutto benissimo (mentre morivano 1000 persone al giorno) e che la scorsa settimana, con grande scelta di tempo, ha scommesso sul Conte ter, mettendo La7 e Corriere della Sera a disposizione. Poi uno dice perché non sarà mai l’erede di Berlusconi.
Povera anche Lilli Gruber, a lutto ieri sera. Rientra in studio dopo aver mandato in diretta il discorso di Mattarella e sintetizza: “Allora, nuove elezioni o un governo tecnico”. Sì, buonanotte. Il capo dello Stato aveva appena scolpito: elezioni nel 2030, forse.
Il gruppone dei pugili suonati è nutritissimo. Non abbiamo parlato dei grillonzi: il M5s, Di Maio, Dibba, Crimi e tutto il cucuzzaro, rischiano l’esplosione e meriterebbero un discorso a parte.
I vincitori sono meno interessanti: Renzi, Berlusconi (e il sottovalutato Tajani, preso di mira da Bettini, altra mossa geniale), Giorgetti, mezzo Pd. Hanno buttato giù il bersaglio grosso: Conte. Ma anche loro, da oggi, si muoveranno in terra incognita. Non è che Draghi si mette lì al telefono a parlare con Matteuccio dei guai di Briatore o di dove piazzare certi amichetti.
A proposito: avviso agli aspiranti ministri maschi (tipo Marco Bentivogli, che via Calenda e Montezemolo, sta puntando lo Sviluppo economico). Il governo di SuperMario, se nasce, sarà quasi tutto al femminile. L’ex capo della Bce ha un debole (solo professionale s’intende) per le donne. Sentimento ampiamente ricambiato dalle collaboratrici che hanno lavorato con lui.  
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sciscianonotizie · 4 years
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Regionali, Nappi (Lega): Costa prepara il terreno all’accordo su De Luca?
Dov’è finito il barricadero Ministro Costa che criticava De Luca? Dev’essere caduto anche lui sulla via del consociativismo di questo governo ipocrita che, per il sud, non è riuscito ad andare oltre la nomina, solo propagandistica, di un ministro. E visto che questo Ministro ha dimenticato, ricordiamo noi che 5 milioni di tonnellate di ecoballe non si sono mosse di un solo centimetro.
Source
source https://www.ilmonito.it/regionali-nappi-lega-costa-prepara-il-terreno-allaccordo-su-de-luca/
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silp-veneto · 5 years
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Il #capodellapolizia #francogabrielli: rischio disintermediazione, e per contro rischi di consociativismo e corporativismo. #20annisilpcgil https://www.instagram.com/p/B6IPx-EiCOB/?igshid=1mwv6vgsr2ve7
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abr · 4 years
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Un perfetto terrone, benemerito, ecumenico, corporativo, sindacale gestore di COMITATO D’AFFARI & CARRIERE. Sempre pensato che non sia problema di un singola “mela marcia”: è il SISTEMA AD ESSER CRIMINOGENO. 
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radheidiloveme · 7 years
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I numeri
“I numeri “. Fuori da ogni considerazione di parte, la situazione migratoria in Italia e nel mondo si aggrava e si dimostra un fenomeno epocale ed inarrestabile. Il Sud del mondo (i poveri, chi fugge dalle guerre, i perseguitati da regimi dittatoriali, chi vuole tentare di sopravvivere) va verso un Nord, più ricco, apparentemente pacifico, freddo come solo un Nord sa essere (Italia, Europa, USA trumpiana). Questo “freddo” è molte cose insieme: egoismo, nazionalismo, protezionismo, corruzione, ingiustizia, ignoranza, inesperienza e tanti altri nomi si possono dare a questo nucleo di immobile e stolida criminalità della politica occidentale. Le nostre democrazie sono diventate “democrazie mafiose”. Della mafia hanno tutti i caratteri, non facciamo finta di scandalizzarci: consociativismo, interesse privato, gerarchizzazione, lotte per bande interne, latitanze. Molte le latitanze: sull’immigrazione un ministro dell’interno che combina un disastro quale è sotto i nostri occhi, che ne dite, non latita? Non c’è culturalmente, politicamente, sul piano dei livelli minimi di umanità. E, certamente in buona fede, l’immagine di una non splendida solitudine. È il solo a non capire il disastro che ha combinato, il fallimento della sua iniziativa in Libia. Mai scafisti, guardia costiera libica, politici locali, sono stati così facilitati nell’esercitare un “diritto di delinquenza organizzata”. Complimenti alla inconsapevolezza, e stiamo a guardare la tragedia umana che si realizza quotidianamente. Un uomo si dimetterebbe, signor Minniti, non ci prenderebbe in giro dando i numeri di una momentanea e superata diminuzione degli sbarchi al prezzo di stupri e torture, morti e lutti. Ma: un ministro è un uomo, o la dimensione umana gli viene temporaneamente sospesa?
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paoloxl · 7 years
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A Cernobbio è andato in scena il ritorno all’ordine neoliberale? Di certo la conversione politica di Lega nord e Cinque stelle è un fenomeno che pone dei quesiti dirimenti. Partiamo da un dato di fatto spesso ignorato: partiti di queste dimensioni stipendiano professionisti delle dinamiche elettorali. Spostamenti così significativi non avvengono mai per caso, sono al contrario frutto di analisi accurate (molto più accurate delle nostre) delle sensazioni del corpo elettorale. Quale allora la ragione politica di un capovolgimento così evidente delle proprie retoriche? Siamo forse in presenza di un declino di quella traiettoria populista che ha avuto il suo apice con l’elezione di Trump? Da Trump in poi, valutando le diverse competizioni elettorali , i sondaggi dei principali movimenti anti-liberali in Europa, nonché il livello (piatto) di mobilitazione sociale, molti segnali indicano una costante flessione del cosiddetto populismo. Il caso italiano, in questo senso, è davvero interessante, per almeno due motivi. In primo luogo, perché da noi ci sono ben due forme di populismo, l’una apertamente reazionaria (la Lega), l’altra al contrario attenta a smarcarsi da qualsiasi posizionamento politico (M5S). L’altro motivo è che queste due forze rappresentano, elettoralmente, quasi il 50% dei voti potenzialmente espressi dagli italiani (secondo i sondaggi il M5S sta tra il 25 e il 30%, la Lega tra il 10 e il 15%). Il populismo in Italia è davvero un caso di studio. Oltretutto, mai dimenticarlo, l’Italia è da sempre terreno di sperimentazione politica: dal Fascismo alla Democrazia cristiana a Berlusconi, nel nostro paese si elaborano modelli della politica validi anche all’estero. A Cernobbio ha preso forma un riposizionamento che viene da lontano. Di Maio, il candidato in pectore del M5S, ha dichiarato che «il suo modello è il governo Rajoy». Salvini, come se niente fosse, ha detto che la Lega non proporrà un referendum sull’euro, «perché non si può fare». Conviene ricordare che il governo Rajoy è un governo schiettamente di centrodestra, quindi costringe il M5S a un posizionamento lungo l’asse destra/sinistra. Altrettanto utile rammentare che anche il referendum sull’autonomia del nord previsto in autunno ha più di qualche dubbio di costituzionalità: se la motivazione è il «non si può fare», sarebbe valso anche per l’imminente consultazione farlocca. I due front man (ex?)populisti imbrogliano malamente le carte, ma per quale motivo?
Siamo in presenza di un cambiamento di scenario economico, sociale e politico di non poco conto, e la politica sta reagendo come può alle mutate condizioni. Dal punto di vista economico, siamo – ci dicono – all’inizio di una stagione di forte ripresa economica. Inutile evidenziare la natura artificiosa di questa ripresa, che nella realtà materiale non esiste perché fondata sull’export, sulla disoccupazione e sul working poor. L’importante, in questo caso, sono i titoli dei giornali, il discorso pubblico, le retoriche mainstream: siamo tornati alla grande espansione. L’unico dato reale prodotto dall’1% di crescita sarà l’abbassamento del rischio finanziario, dunque la stabilizzazione dell’Euro e della struttura europeista. Il quantitative easing può declinare senza traumi, e con esso anche l’approccio “keynesiano” della Bce. Dal 2019 si cambia regime, e la Germania già ha fatto capire di volersi riprendere la guida della direzione finanziaria europeista.
Alla stabilizzazione economica sta corrispondendo la pacificazione sociale. Il Partito democratico è riuscito nel capolavoro politico di sottrarre alla destra la questione securitaria, “risolvendo” la questione migrante e intestandosi la lotta contro l’illegalità sociale prodotta dalla crisi. Come fare opposizione, allora, se “la crisi è alle spalle” e i migranti “finalmente bloccati fuori dai confini nazionali”? E infatti le due stabilizzazioni (economica e sociale) producono la chiusura dello scontro politico: il neoliberalismo, messo (parzialmente) in discussione dal populismo, torna ad essere l’unico orizzonte entro cui pensare la propria opposizione. Da questo, probabilmente, discende il cambio di paradigma leghista e grillino. A Cernobbio Salvini e Di Maio hanno puntato l’uno sulla flat tax, l’altro sulla “flessibilità”. Temi stancamente agitati da chi non sa più cosa dire e si pone come alternativa amministrativa, più che politica, all’esistente. Molto più semplice, così, da una parte l’alleanza tra Forza Italia e Lega nel resuscitato “centrodestra”, dall’altra il recupero del Pd a scapito di quanti erano temporaneamente migrati verso il Cinquestelle. Questo rispetto al quadro politico generale. Ma se la parabola populista è effettivamente in crisi (cosa però ancora da verificare), come influisce questo sulla sinistra alternativa al consociativismo neoliberale presente in Parlamento? Il declino del populismo non sembra lasciare dietro di sé margini di recupero a sinistra, almeno nel breve periodo. E’ però ancora troppo presto per capire cosa ci sarà dopo il populismo. A prima vista, però, niente di buono. Il populismo infatti nasce nel vuoto della sinistra e nel deserto della partecipazione politica. Lungi dal costituire “l’argine” alle “soluzioni progressive”, ha espresso piuttosto una mistificata forma di opposizione all’ordine sociale liberista che quelle stesse sinistre non riuscivano più ad intercettare, organizzare o solo suscitare. Se il populismo sembra (temporaneamente?) declinare, rimane inalterato quel vuoto sempre più sinonimo di rassegnazione.
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Carlo Fecia di Cossato
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Carlo Fecia di Cossato
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Carlo Fecia di Cossato
  A differenza di quanto si cerca comunemente di farci credere (il riduzionismo è la via maestra verso l’egalitarismo verso il basso…), l’Italia non è stata e non è popolata esclusivamente da omuncoli e quaquaraquà, ma ha conosciuto, nel corso della sua storia, figure limpidissime e nobilissime, animate da un’etica profonda, del tutto immuni da qualunque tentazione di consociativismo, captatio benevolentiae verso i padroni di turno, inclinazione a cambiare continuamente bandiera.
       Da questo punto di vista, la storia di Carlo Fecia di Cossato è esemplare, perché egli fu al centro di scelte personali e politiche difficili, ma dalle quali riuscì sempre ad uscire nel migliore dei modi, salvaguardando il suo onore, cioè una componente etica alla quale molti dei suoi compatrioti non furono mai troppo sensibili e un valore di cui oggi i più ignorano assolutamente il significato.
       Nato a Roma il 25 settembre 1908, da antica famiglia nobiliare piemontese dalla ricca tradizione militare, dopo aver completato gli studi superiori presso il Real Collegio di Moncalieri, entrò all’Accademia Navale di Livorno, dove uscì nel 1928 con il grado di guardiamarina.
       Il suo primo decennio di servizio fu particolarmente denso di eventi e, tra le altre cose, lo vide partecipare alla campagna d’Etiopia (1935-36) e alla Guerra Civile spagnola (1936-1939).
       Nel 1939 frequentò la Scuola Sommergibili di Pola e l’anno successivo venne promosso al grado di Capitano di Corvetta e nominato comandante di sommergibile.
      Il 10 giugno 1940, al momento dell’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, Fecia di Cossato era al comando del sommergibile “Ciro Menotti“, che compì numerose missioni nelle acque del Mediterraneo. Nell’autunno di quello stesso anno, venne trasferito alla base Betasom di Bordeaux, dalla quale operavano i sommergibili italiani chiamati a contrastare il traffico alleato nell’oceano Atlantico. Il successivo 5 aprile 1941 assunse il comando del sommergibile “Enrico Tazzoli” e qualche giorno dopo ebbe inizio la sua brillante attività operativa, che lo portò a essere insignito di importanti decorazioni tanto da parte della Marina italiana (fino ad arrivare alla medaglia d’oro al valor militare) quanto di quella tedesca, Nel corso della sua azione come comandante del “Tazzoli“, Fecia di Cossato realizzò 17 affondamenti, mentre un 18° affondamento, relativo a un incrociatore britannico, è rimasto controverso. In totale, egli riuscì ad affondare naviglio nemico per quasi 90.000 tonnellate, dimostrandosi uno dei più validi comandanti sommergibilisti italiani. Personalità singolare, appassionato di letteratura erotica, carattere incline al beau geste, si racconta che – dopo aver affondato un mercantile panamense al largo delle coste americane – salì in torretta brandendo un Tricolore e invitando i naufraghi a raccontare che i sommergibili italiani ci venivano eccome ad affondare navi al largo delle loro coste, a differenza di quanto sostenuto dalla propaganda USA. Nel febbraio 1943, Fecia di Cossato lasciò il comando del “Tazzoli” per assumere quello della III Squadriglia Torpediniere, con il grado di capitano di fregata. Qualche mese dopo, la notizia che il “Tazzoli” era affondato in circostanze poco chiare, portando con sé tutto l’equipaggio, lo turbò profondamente. Una delle componenti essenziali del suo stile di comando, infatti, era un rapporto molto stretto e cameratesco con i suoi subordinati, i quali erano soliti dimostrare un attaccamento molto forte a un comandante così sensibile alle loro esigenze. L’8 settembre 1943, Fecia di Cossato era in navigazione da La Spezia verso Bastia, in Corsica, al comando della corvetta “Aliseo”. Fu in quel porto che apprese la notizia dell’armistizio. Il giorno successivo, mentre la sua nave veniva attaccata da ingenti forze tedesche, egli si mantenne fedele al re e reagì vigorosamente agli attacchi germanici, Successivamente, sempre al comando della sua unità egli raggiunse Malta, dove fu profondamente turbato delle condizioni umilianti in cui era stata ridotta dagli Alleati la squadra navale italiana. Fu in quei difficili mesi che Fecia di Cossato maturò il convincimento di essere stato l’involontario protagonista di una resa ignominiosa, alla quale egli si era piegato solo in ossequio a un ordine del sovrano e del suo giuramento al re. Nel giugno 1944, il nuovo governo italiano, presieduto da Ivanoe Bonomi, si insediò in carica rifiutando di giurare fedeltà a Vittorio Emanuele III. Questa fu la lacerazione decisiva, che indusse Fecia di Cossato a ritenersi sciolto da ogni giuramento precedente e in particolare dall’obbligo di obbedire agli ordini emanati da un governo che non aveva giurato fedeltà al sovrano. Tale decisione provocò ovviamente la reazione del Comando Supremo della Marina, che lo sollevò dal comando dell'”Aliseo” e lo fece mettere agli arresti. Questa scelta provocò però grave disagio tra gli equipaggi di stanza nella base di Taranto, che incominciarono a tumultuare e a chiedere l’immediata liberazione di Fecia di Cossato e il suo reintegro in comando. Onde evitare che la situazione degenerasse, i comandanti della Marina disposero l’immediata liberazione di Fecia di Cossato, ma lo inviarono in licenza per tre mesi. Fu in questo periodo che egli maturò il suo dramma: aveva obbedito all’ordine del re di consegnare l’unità al suo comando a quello che, fino al giorno prima, era stato il nemico e, attaccato da unità tedesche, aveva reagito con estrema vigoria, a differenza di molti altri che si erano limitati a scappare, nei giorni dell’8 e 9 settembre. Ai suoi occhi, tuttavia, il cambiamento repentino di campo voluto da Vittorio Emanuele III era un gesto assolutamente inaccettabile, che ripugnava alla sua coscienza di soldato. Al tempo stesso, l’avere ubbidito fedelmente agli ordini del re non aveva impedito che entrasse in carica un governo che pareva decisamente ostile all’istituto monarchico, che per Fecia di Cossato era una fede. Dopo aver tentato invano di ottenere un colloquio privato con il principe Umberto, al quale intendeva evidentemente spiegare la sua posizione, non potendo rientrare al Nord, nell’Italia divisa in due dal conflitto, si trasferì da Taranto a Napoli, ospite di un amico. Su questo trasferimento è stata imbastita, nel corso degli anni, una patetica manovra, intesa a sporcare la nobile figura di un grande combattente. Fin dal 1939, infatti, Carlo Fecia di Cossato intratteneva una relazione con una nobildonna napoletana. Relazione non ignota, in certi ambienti, ma che egli aveva sempre cercato di mantenere sotto traccia e priva di serie implicazioni, in quanto la signora era moglie di un collega di Marina. Dopo che, il 27 agosto 1944, egli decise di suicidarsi, sparandosi un colpo di pistola alla tempia, si è cercato di far diventare questa relazione senza possibili sbocchi la “causa vera” del suo suicidio, in modo da ridurre – con tipico stile italico – un gesto nobilissimo a una banale storia d’alcova. Non è così e, per comprenderlo, è sufficiente la lettera-testamento che egli scrisse alla madre; una lettera bellissima, che parla al cuore di tutti coloro che, all’interno del medesimo, conservano un minimo di lealtà e dignità:“Mamma carissima,
quando riceverai questa mia lettera saranno successi dei fatti gravissimi che ti addoloreranno molto e di cui sarò il diretto responsabile.
Non pensare che io abbia commesso quello che ho commesso in un momento di pazzia, senza pensare al dolore che ti procuro.
Da nove mesi ho molto pensato alla tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina, a cui mi sono rassegnato solo perché ci é stata presentata come un ordine del re, che ci chiedeva di fare l’enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere il baluardo della Monarchia al momento della pace.
Tu conosci cosa succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato.
Da questa constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso.
Da mesi, mamma, rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d’uscita, uno scopo nella mia vita.
Da mesi penso ai miei marinai del Tazzoli che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il mio posto è con loro.
Spero, mamma, che mi capirai e che anche nell’immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine ingloriosa, saprai capire la nobiltà dei motivi che mi hanno guidato.
Tu credi in Dio, ma se c ‘è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell’ora.
Per questo, mamma, credo che ci rivedremo un giorno.
Abbraccia papà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato.
In questo momento mi sento vicino a tutti voi e sono sicuro che non mi condannerete.
Carlo”        Chi scrive ritiene che la vicenda di Carlo Fecia di Cossato sia paradigmatica di un dramma italiano tuttora irrisolto, quello dell’8 settembre 1943. Essa dimostra che anche gli uomini che, per fedeltà dinastica al re, fecero la scelta del “cambio di campo in corsa”, non tardarono a comprendere lo straordinario inganno di cui erano stati oggetto e il pozzo senza fondo in cui tale inganno aveva gettato non solo essi, ma la stessa monarchia, che di quell’inganno era la principale responsabile. Di fronte a tale constatazione (che peraltro fecero solo alcuni), la maggioranza del popolo italiano si preoccupò come sempre di acconciarsi ai nuovi padroni, incurante di qualsiasi esigenza di dignità e onore. Parole vuote, per i più, facilmente sostituibili con prebende e carriera, o semplice sopravvivenza. Carlo Fecia di Cossato, per contro, capì giustamente che il dramma di un’intera Nazione era anche un suo dramma personale e fece la scelta migliore: si suicidò ed evitò così il disonore. La Nazione (ma possiamo davvero definirla così?) scelse invece di non suicidarsi e di vivacchiare alla meno peggio come ha fatto per secoli. Non direi però che sia riuscita ad evitare il disonore, o l’indegnità più totale.
PIERO VISANI
http://derteufel50.blogspot.de/
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unius-rei · 6 years
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allah talmud corano owl consociativismo hell
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SpA FED FMI BM NWO Maometto Corano Talmud Kabbalah un solo Regno di Satana Allah shariah, il genere umano ne uscirà dilaniato!
kill aliens abductions In risposta straker https://sptnkne.ws/hyef 03.05.2018 | straker, la parte satanica ebraica cattiva solo ipocritamente: formalmente è sionista, ma, in realtà lo nega! infatti il sionismo è la santità di tutto il genere umano!
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