Tumgik
#cucinare con mamma
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Tiramisùùù
☕😋🍫
6 strati di dolcezza
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"FREEZE YOUR BRAIN" THIS IS NOT AN EXACT TRANSLATION, THIS IS AN ADAPTATION (AND ONE THAT STILL NEEDS TONS OF FIXING AT THAT)
I regret my life choices of not being able to actually start studying. Here's "Freeze Your Brain" adapted in Italian!
ASK ME FOR PERMISSION BEFORE USING THIS, DO CREDIT ME IF YOU EVER USE THIS (I doubt you will it’s impractical and still needs so much fixing it’s unbelievable) AND TELL ME/LINK WHATEVER YOU USED IT FOR USING REBLOGS (because for some reason Tumblr doesn’t like comments with links and while I do think I understand why I don’t always like it)
(the apostrophes [or however ’ is called] are used to shorten the number of syllables often in poetry so I’m obviously abusing that power.)
[J.D.] Sono stato in dieci superiori Tutte la stessa scenetta Inutile abituarsi Perché ce ne andiamo di fretta Mio padre tiene nel baule pronti due bagagli Quindi è solo una questione di ricaricarli I nomi non imparo Che faccia è di chi non m'è chiaro La fiducia in questa oasi di cemento riparo Sembra che ogni volta che sto per disperarmi C'è un 7-Eleven ad aspettarmi Ogni negozio è lo stesso Da Las Vegas all'Ohio Corsie di linoleum che adoro Vagare io Prego al mio altare di granita; Sì, adoro quella dolce botta di vita...
Congela il cervello Succhia dalla cannuccia Meglio di un coltello Arriva la felicità Quando tutto se ne va A chi serve uno spinello? Congela il cervello Congela il cervello
[J.D., parlato] Ti va un tiro?
[VERONICA, parlato] La tua mammina sa che mangi tutta quella merda?
[J.D., parlato] Non più
(cantato) Quando mamma era viva Vivevamo quasi normalmente Ora siamo solo io e mio padre Stiamo meno formalmente Ho imparato a cucinare Le tasse a pagare; Imparato che'l mondo Nemmeno un cent ti vorrà dare Il tuo futuro hai pianificato Veronica Sawyer Andrai a qualche college E sposerai un avvocato Ma il cielo farà male Quando su di te sarà demolito Quindi è meglio se Il tuo muro l'avrai già costruito...
Congela il cervello Nuota nel ghiaccio Perditi nel suo doloroso bello Chiudi bene i tuoi occhi Fino a che non ti vedran quegli sciocchi Non diventare uno zimbello
Congela il cervello Distruggiti il teschio Combatti il dolore con uno più bello Dimentica chi sei Liberati da quel peso Dimentica in un mese e mezzo Riavrai lo stesso frainteso Quando la voce nella tua testa Dice ch'uno come te è meglio se non resta Non ascoltare a quello
Solo congela il cervello Congela il cervello Vai avanti e congela il cervello...
(parlato) Provaci So, direct translation! (used in this to specify the meanings and explain certain word choices)
[J.D.] I've been through ten high schools They're all the same little scene (but little in this case is meant in a negative light) No point getting used to it 'Cause we're gone in a hurry My dad keeps two suitcases ready in the den So it's only a matter of refilling(/repacking) them I don't learn the names Whose faces is whose isn't clear to me My trust resides in this concrete oasis Seems every time I'm about to despair There's a 7-Eleven waiting for me Each store is the same From Las Vegas to Ohio Linoleum aisles that I love To walk around in I pray at my altar of slush; Yeah, I live for sweet hit of life (or however you call that, basically gives life force again but something that gives you life force not in a literal sense)...
Freeze your brain Suck from that straw Better than a knife Happiness comes When everything goes Who needs a joint? Freeze your brain Freeze your brain
[J.D., spoken] You want a hit?
[VERONICA, spoken] Does your mommy know you eat all that crap?
[J.D., spoken] Not anymore
(sung) When mom was alive We lived almost normally But now it's just me and my dad We live less formally I learned to cook pasta To pay taxes; Learned the world Won't want to give you even a cent You've planned your future Veronica Sawyer You'll go to some college And marry a lawyer But the sky's gonna hurt When it'll be demolished on you So it'll be better if You'll have already built your wall
Freeze your brain Swim in the ice Get lost in its beautiful pain Shut your eyes tight(/well) Till those fools (sorry I had to use this for the rhyme) won't see you Don't become a laughingstock
Freeze your brain Destroy your skull Fight pain with a more beautiful one Forget who you are Free yourself from that weight Forget in a month and a half You'll have the same misunderstanding again When the voice in your head Says someone like you is better off gone Don't listen to that guy(/him)
Just freeze your brain Freeze your brain Go on and freeze your brain...
(spoken) Try it OG LYRICS (if you’re seeing this I doubt you don’t know them, but here they are anyway):
[J.D.] I've been through ten high schools They start to get blurry No point planting roots 'Cause you're gone in a hurry My dad keeps two suitcases packed in the den So it's only a matter of when I don't learn the names Don't bother with faces All I can trust is this concrete oasis Seems every time I'm about to despair There's a 7-Eleven right there Each store is the same From Las Vegas to Boston Linoleum aisles that I love To get lost in I pray at my altar of slush; Yeah, I live for that sweet frozen rush...
Freeze your brain Suck on that straw Get lost in the pain Happiness comes When everything numbs Who needs cocaine? Freeze your brain Freeze your brain See upcoming pop shows Get tickets for your favorite artists
[J.D., spoken] Care for a hit?
[VERONICA, spoken] Does your mommy know you eat all that crap?
[J.D., spoken] Not anymore
(sung) When mom was alive We lived halfway normal But now it's just me and my dad We're less formal I learned to cook pasta I learned to pay rent; Learned the world Doesn't owe you a cent You're planning your future Veronica Sawyer You'll go to some college And marry a lawyer But the sky's gonna hurt When it falls So you better start Building some walls...
Freeze your brain Swim in the ice Get lost in the pain Shut your eyes tight Till you vanish from sight Let nothing remain
Freeze your brain Shatter your skull Fight pain with more pain Forget who you are Unburden your load Forget in six weeks You'll be back on the road When the voice in your head Says you're better off dead Don't open a vein
Just freeze your brain Freeze your brain Go on and freeze your brain...
(spoken) Try it
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meanwhiiile · 6 months
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abito in un paesino in provincia di Napoli,
esattamente a metà strada tra Napoli e Caserta
poco meno di trentottomila abitanti.
sarebbe un'assurdità dire che tutti conoscono tutti,
ma la maggior parte conosce la maggior parte.
ho sempre voluto scappare da qui, non l'ho mai sentito mio questo piccolo angolo di mondo;
sempre stata estranea a questa realtà,
un po' come se in viaggio verso il mio posto qualcuno mi avesse persa per strada senza accorgersene e mi sono ritrovata per sbaglio a crescere qui.
negli anni ho cominciato a definire casa mia la mia piccola isoletta felice,
forse perché ho avuto l'immensa fortuna di essere capitata in un contesto in cui ho potuto crescere con i miei affetti più cari anch'essi catapultati entro i confini di quest'isoletta.
mi basta fare toc toc ad una porta per ritrovarmici dietro mio fratello,
cercarla con lo sguardo e trovare mamma,
allungare la mano fuori dal letto per essere bagnata dal nasino di luna,
svegliarmi la mattina con papà che si affaccia in camera prima di andare a lavoro;
mai dovuto fare un passo per aiutare nonna a cucinare per tutti o sentire la sua voce che ogni due per tre urla il nome del cagnolone che c'è in giardino credendo sia scappato, cagnolone che ormai in cinque anni ha imparato a conoscerla e si nasconde dietro ogni albero per spaventarla;
non ho mai dovuto varcare nessun confine per sedermi accanto a nonno mentre scrive, con quella grafia che avrei sempre voluto fosse un po' anche mia; per dirgli che l'uomo che vorrei al mio fianco dovrebbe essere esattamente come lui;
salgo solamente una semplice rampa di scala ed ecco che sono sul letto di mia cugina a parlare per ore.
sono sempre stati tutti qui,
salvi, tra queste mura, dalla guerra che c'è al di fuori.
se chiedete alla me bambina però, vi risponderà che la guerra è sia dentro che fuori queste mura,
si perché il padre non è sempre stato quello che si affacciava alla porta di camera sua e la madre non sempre quella che riusciva a trovare solo con lo sguardo;
vorrei ora dire a quella bambina che con gli anni siamo riuscite a perdonarli, che la madre e il padre sono adesso mamma e papà, che erano troppo piccoli forse all'epoca per saper crescere due figli, che sono cresciuti anche loro insieme a noi e non possiamo fargliene una colpa.
ora siamo tutti grandi,
lei e il fratellino, entrambi forse con qualche piccolo trauma irrosilto, ma che stanno cercando di costruirsi una vita serena;
e mamma e papà, forse non l'emblema di un matrimonio felice, ma capaci di essere ora genitori.
non vorrei spoilerarti troppo, bambina, ma continuerai a fantasticare ogni giorno di una vita completamente diversa da quella che hai,
per un periodo di tempo penetrerai così tanto in quei racconti che perderai la connessione con la realtà e farai credere ad altre persone di vivere vite che non hai mai vissuto.
incontrerai il primo amore, quello fatto di emozioni forti, quello che ti brucia dentro;
e quello stesso amore continuerai a cercarlo in altre mille volti e in altri mille cuori una volta perso,
la tua sarà una ricerca sfrenata, quasi interminabile,
qualcuno ci si avvicinerà, altri nemmeno lontanamente,
e poi finalmente un giorno ti arrenderai
ti arrenderai il giorno in cui incrocerai i suoi occhi per la prima volta e nascerà dentro di te la consapevolezza di non poter mai rivivere un qualcosa di così forte,
lo capirai, lo accetterai e te ne farai una ragione,
d'altronde certe cose sono fatte per essere vissute una volta soltanto, altrimenti diventerebbero ordinaria quotidianità.
continuerai a sognare quel mare quasi tutte le notti
e sarai grata per questo, perché i contorni di quel ricordo sembreranno non sbiadire mai.
viaggerai, bambina, non tanto quanto vorresti, ma qualche città diversa dalla tua la vedrai
e sentirai in quel luoghi sensazione di casa,
sensazione che giù in quel paesino non sei mai riuscita a sentire.
riuscirai addirittura ad andare via da lì, salvo poi rirornare,
come risvegliarsi di colpo da un sogno e accorgersi di essere sempre lì, nello stesso letto, il tuo.
avrai però, almeno l'illusione di aver vissuto per un periodo quella vita che avevi sempre voluto, circondata da persone che avevi sempre aspettato,
con una di esse ci passerai addirittura una notte su un tetto durante un turno in ospedale.
cambierai poi di nuovo vita, scenderai da quel tetto e ritornerai nella tua isoletta, circondata dalla guerra.
ti sembrerà di aver ritrovato la tua strada, ma ad un certo punto questa strada si interromperà nuovamente
e non saprai se costruirci sopra un ponte per raggiungere l'altro lato dell'interruzione
o tornare indietro e imboccare un altro vicoletto.
scapperai dalle persone, da chiunque, anche da chi sembra farti provare qualcosa di nuovo.
non so ancora dirti se ci sarà quella persona che ti prenderà per mano e ti fermerà,
spero di riscriverti tra qualche anno per dirti che ce l'abbiamo fatta, la nostra strada l'abbiamo trovata, la stiamo percorrendo con accanto qualcuno di speciale e siamo dirette verso la vita che hai sempre sognato.
chissà bambina.
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raffaeleitlodeo · 10 months
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OPPURE, SE SEI UN BAMBINO...
Non voglio assolvere chi non ha avuto una educazione affettiva corretta perché ci sono anche ragazzi che in famiglie disfunzionali sono cresciuti in modo sano, magari grazie alla scuola.
Voglio solo evidenziare come sia necessario contrastare l’educazione stereotipata e come sia necessario l’intervento delle agenzie educative diverse dalla famiglia, la scuola soprattutto. Ma anche i media naturalmente hanno un peso enorme: tv, film, canzoni, pubblicità, social media.
Abbiamo assolutamente bisogno dell’educazione affettiva, dell’educazione al rispetto, del contrasto agli stereotipi. Ho fatto alcuni esempi, in questo ipotetico percorso di crescita, giusto per rendere più realistico questo bisogno.
Ecco cosa può succedere quando nasce un bambino, maschio.
Appena nato sei festeggiato perché sei maschio oppure, ti hanno festeggiato perché sei sano e bello.
Dopo un giorno sei registrato all’anagrafe con il cognome di tuo padre oppure potrebbero averti dato il doppio cognome.
Dopo tre giorni torni a casa con le tutine di supereroe oppure indossi delle bellissime tutine di tanti colori.
A un anno hai paura a dormire da solo ma ti dicono che sei un maschio e devi essere coraggioso oppure ti spiegano che mamma e papà sono nella camera affianco se hai paura.
A due anni hai già piena la cameretta di un certo tipo di giocattoli, da maschio oppure hai tanti giochi diversi incluse le pentoline per cucinare come papà e mamma.
A tre anni, poiché fai i capricci per mangiare, ti dicono che se mangi diventi forte come papà oppure ti dicono che mangiare è importante per diventare grande, in salute.
A quattro anni vai alla scuola dell’infanzia e ti dicono che puoi dare il bacetto a quella bimba che ti piace, anche se lei non vuole oppure ti spiegano che non si dà un bacetto a chi non lo vuole.
A cinque anni impari che puoi difenderti dal compagno prepotente restituendogli lo schiaffo oppure ti spiegano che se subisci prepotenze a scuola puoi chiedere aiuto ai genitori o all’insegnante.
A sei anni ti regalano libri solo con protagonisti maschi, perché sei un maschio oppure ti regalano tanti libri diversi perché non esistono libri per maschi o libri per femmine.
A sette anni ti sei fatto male e vorresti piangere ma ti dicono di fare l’uomo, piangere è da femminucce oppure ti medicano, ti lasciano piangere (perché le lacrime escono) e ti consolano con delle coccole.
A otto anni pensi che, se non puoi piangere, puoi dare un calcio alla sedia se sei arrabbiato oppure ti spiegano che puoi elaborare la rabbia parlandone.
A nove anni ti fanno capire che sei grande per avere le coccole oppure mamma e papà continuano a farti le coccole, finché le desderi.
A dieci anni tuo padre ti fa notare come sono belle le tette della ragazza dell’ombrellone affianco oppure tuo padre continua ad insegnarti il rispetto verso le donne.
A undici anni ti dicono che è sciocco che un maschio scriva e legga poesie, oppure ti dicono che scrivere poesie è un bellissimo modo per narrare ed elaborare le emozioni.
A dodici anni sei il più bravo in italiano ma ti dicono che poiché sei maschio dovresti essere il più bravo in matematica oppure ti spiegano che non esistono materie maschili o femminili in cui essere più bravi.
A tredici anni vorresti praticare danza ma non te lo permettono, perché sei un maschio oppure non ti costringono a fare calcio e sono felici che tu voglia fare danza.
A quattordici anni i tuoi compagni prendono in giro un compagno perché è gay e devi farlo anche tu per essere parte del gruppo oppure comprendi che puoi non seguire il branco e puoi ragionare con la tua testa.
A quindici anni hai la tua prima ragazza ma lei ti lascia e per la rabbia dici in giro che è una ragazza facile oppure ti confidi con un amico per sfogarti e pensi che ti innamorerai presto di un’altra ragazza.
A sedici anni hai un’altra ragazza ma sei geloso e le controlli il telefonino oppure sai che non il controllo non è sano in una relazione sana.
A diciassette anni insisti con la tua ragazza per avere rapporti sessuali oppure aspetti che anche lei sia pronta per fare l’amore.
A diciotto anni sui social ridi delle battute sessiste dei tuoi amici oppure, da adulto quale sei diventato, li inviti ad evitarle.
Potrei continuare, fare tanti altri esempi per l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta. Basta fare un giro attento soprattutto su Instagram per leggere in questi giorni, ma non solo, commenti rivoltanti sul consenso, sulla libertà delle donne, sulla negazione stessa della violenza.
Abbiamo bisogno di uomini che prendano tutti i giorni le distanze da tutto ciò e non solo quando succede qualcosa che provoca dolore. Facile addolorarsi per Giulia, più difficile non ridere della battuta sessista sull’aspetto di una donna o chiedere di evitarla. E potrei fare mille esempi del sessismo maschile diffuso, quotidiano, becero che alimenta la cultura della violenza e dello stupro.
Noi donne continueremo a fare quello che già facciamo ma sarà abbastanza inutile finché davvero non si daranno da fare gli uomini, in modo deciso, forte, autorevole. Abbiamo bisogno che gli uomini facciano oggi quello che le donne hanno fatto negli anni Settanta del secolo scorso, una vera rivoluzione. Non sarà un percorso breve, ci vorranno anni anche perché in questo spaventoso backlash culturale che stiamo vivendo sul piano politico e sociale bisognerà andare molto controcorrente, ma è il momento di cominciare.
Mentre finisco di scrivere questo testo sul mio cellulare arriva la notifica dell’arresto di Turetta. Ogni volta che scriverete un commento duro su di lui ricordate di non ricominciare poi domani a praticare quel sessismo, anche benevolo che è pure peggio, chi ci porta a dover vivere queste tragedie.
Donatella Caione su: https://lapizzicallante.blog/2023/11/19/oppure-se-sei-un-bambino/#
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tinxanax · 6 months
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Mamma: per cena ti va se facciamo un bel pollo al limone?
Io: ma si!
Mamma: fai tu? Io sono un po' stanca
Io:certo
Inizio a cucinare. Mia madre passa.
Mamma: mmm c'è odore di peperonata che buono
Io: eh il pollo
Mamma: come il pollo?
Io: si, non volevi il pollo al pomodoro con i peperoni?
Mamma: avevo detto al limone
Io: ah.. ah sì?
Mamma: eh sì.. vabbeh dai è comunque pollo
OPS
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sguardimora · 26 days
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Martedì 27 agosto è arrivato a Mondaino l'ultimo artista selezionato nel contesto del progetto europeo Stronger Peripheries. Si tratta di Hamdi Dridi, artista di origini tunisine che vive tra Tunisi e Montpellier in Francia ma principalmente nomade, come preferisce definirsi beyond borders.
"Mi occupo di coreografia" racconta Hamdi "ma quello che mi interessa per primo è l'incontro con l'altro". Dan(s)e House trio and constellations è il titolo del progetto a cui sta lavorando: si tratta di un lavoro in cui danza, cucina e musica provano a mescolarsi sulla scena per creare un ambiente accogliente e immersivo per lo spettatore. Per questo, per la scrittura coreografica, Hamdi sta collezionando un archivio di gesti attraverso l'osservazione della preparazione di alcune ricette o particolari cibi che le persone che incontra gli propongono. L'archivio, costituito dai movimenti del corpo, in particolare tronco e braccia, servirà a definire la danza delle tre performer che saranno in scena: Ewa Bielak, Lucia de Oliveira Moreira, Debora N’Jiokou, danzatrici e dj, mixano, preparano le loro ricette tradizionali e danzano su una base hip hop le danze tradizionali dei loro paesi di origine, Polonia, Portogallo e Capo Verde, e le partiture di gesti scritti da Hamdi.
In queste prime giornate di residenza in Italia quindi, dopo aver trascorso nei mesi scorsi un periodo di residenza in Spagna e in Francia confrontandosi con le comunità di quei territori, Hamdi ha iniziato a incontrare alcune persone di Mondaino e dei dintorni per cercare nei loro gesti non solo l'amore per la cucina ma anche per lo stare insieme e condividere un tempo e uno spazio di vita: stare, osservare, raccontarsi e ascoltare.
Così scopriamo che il progetto è ispirato da una parte al ricordo del lavoro del padre e alla ripetizione dell'azione, nel suo caso del dipingere, dall'altro all'amore della madre per la cucina.
Nel giorno del suo arrivo a Mondaino è stato accolto da Elisa ed Erica, due sorelle che si sono trasferite da poco in collina e che hanno aperto un'associazione culturale Sentieri Felici che si occupa principalmente di curare progetti per l'infanzia.
Al nostro arrivo tutto è pronto per accoglierci al meglio. Subito entriamo in cucina ed Elisa ed Erica iniziano a illustrarci quello che ci preparerano di li a poco, cioè cassoni e piadine. E mentre mescolano gli ingredienti facendo scivolare farina e acqua tra le mani ci raccontano l'origine di quella passione per il cibo e il cucinare per qualcuno. La tradizione di famiglia, che è passata dalla nonna alla mamma, è fatta di ristoranti e forni, di gesti ripetuti e di cibi condivisi, di accoglienza e piatti tradizionali.
Nella piccola cucina si muovono agili mentre Hamdi le segue con attenzione, cercando di non perdere nessun frammento dei loro movimenti coordinati, ritmici e ripetuti: il tempo è scandito dalla ripetizione dei gesti, dall'impastare e dal farcire, dall'attesa del riposo dell'impasto alla foratura del cassone "per farlo respirare" fino alla cottura finale.
La condivisione del cibo con tutta la famiglia, i sorrisi dei bambini e i loro sguardi attenti, i profumi e i sapori chiudono per Hamdi la prima intensa giornata di incontro con la comunità.
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"Si tratta", racconta Hamdi, "di comprendere un gesto che diviene ritmico: non è la danza che prende il sopravvento ma è il gesto che nel suo essere grezzo diventa ritmico e le due cose diventano organiche: è il gesto naturale che si fa danza inscrivendosi nei corpi".
Siamo a Marazzano ora, nel comune di Gemmano, e siamo a casa di Ivan Fantini dove ha sede il suo Boscost'orto. Ci accoglie insieme alla sua compagna, la danzatrice Paola Bianchi; poi seduti in giardino attorno a un lungo tavolo Hamdi e Ivan si raccontano, sorseggiando caffè e succo di mele appena fatto.
Ivan è un cuoco eterodosso, dimissionario e anarchico. Di origine romagnola proveniente da una famiglia del sottoproletariato inizia a cucinare in casa, a sette anni, per aiutare la madre e la nonna malate: così apprende la cucina tradizionale. Da qui in avanti non abbandonerà mai il mondo del cibo e della condivisione: dall'istituto alberghiero al primo lavoro a 16 anni in un ristorante famoso della zona, per poi entrare a far parte di un circolo culturale a Rimini, Quadrare il circolo, poi l'esperienza con festival e musei fino alla Biennale Teatro diretta da Romeo Castellucci dove curava installazioni gastronomiche d’arte, che potevano essere viste, toccate, mangiate. Infine un'osteria con cucina dentro un antico mulino prima di abbandonare tutto per ritirasi nella sua casa di Marazzano.
Ci racconta, infatti, come a partire dal 2008 con l'introduzione in Italia dell'HACCP, norma che concerne la sanificazione dei luoghi e degli alimenti, siano iniziati i problemi: Ivan non ha mai accettato di sottostare a quella norma e alle leggi del mercato: non ha voluto acquistare prodotti del mondo globalizzato ma ha continuato a lavorare con i contadini della zona, che ovviamente non potevano sottostare a queste norme e dopo tre anni di multe e una crisi depressiva ha scelto di uscire dal sistema.
Ha abbandonato, si fa per dire, il suo mestiere per fare quello che non sapeva fare. Ha cominciato a scrivere. Ha disboscato un bosco per avere un'autonomia alimentare. Ha iniziato a recuperare lo scarto del capitale, ciò che la comunità non acquista, e a saccheggiare quello che la natura offre vivendo di baratto.
E proprio grazie al baratto, un amico gli ha portato del pesce fresco. Così ci mettiamo in cucina, Ivan inizia a muoversi tra lavello e spianatoia, il dialogo prosegue mentre pulisce e disseziona seppie e sgombri, affetta cipolle, raccoglie foglie di alloro, rametti di rosmarino e scorze di limone per produrre un trito aromatico speciale. Il suo ritmo è serrato e sincopato allo stesso tempo, i gesti ripetuti sono ritmici e sicuri, le mani si muovono veloci e violente.
"Vivo il lusso della povertà: ho relazioni umane e politiche molto potenti in tutta Italia. Sono felice, malgrado quello che accade nel mondo", ci dice. Intanto i suoni e gli odori del cibo iniziano a pervadere lo spazio nonostante siamo all'aperto.
E Hamdi osserva, registra con gli occhi ogni movimento e con le orecchie, grazie anche al supporto di Anouk nella traduzione, le parole: lo sguardo non si arresta, entra ed esce dalla cucina, segue ogni movimento di Ivan.
E si tessono fili.
"La cucina è musica: come reagisce chimicamente la padella è un concerto."
"Conoscere le regole per poterle sovvertire. Opero come fa un musicista jazz che conosce le note e improvvisa." 
"La cucina è una danza, un gesto poetico e brutale allo stesso tempo!"
"La cucina come tutto è poetica e politica: quando cucino ho una specie di rabbia".
Così, tra una battuta e l'altra, si arriva al pranzo condiviso in giardino: il lungo tavolo apparecchiato si riempie e ci accoglie. E ce ne andiamo, ricchi di questo nuovo incontro.
#Tandem 11
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On Tuesday, August 27, the last artist selected for the European project Stronger Peripheries arrived in Mondaino. His name is Hamdi Dridi, a Tunisian artist who lives between Tunis and Montpellier in France but is primarily nomadic, as he prefers to define himself beyond borders.
“I work in choreography,” Hamdi explains, “but what interests me most is the encounter with others.” The project he is working on is titled Dan(s)e House Trio and Constellations: it is a work in which dance, cooking, and music try to blend on stage to create a welcoming and immersive environment for the audience. For this, in choreographic writing, Hamdi is collecting an archive of gestures through the observation of the preparation of certain recipes or particular foods proposed by the people he meets. The archive, consisting of body movements, especially torso and arms, will be used to define the dance of the three performers who will be on stage: Ewa Bielak, Lucia de Oliveira Moreira, and Debora N’Jiokou, dancers and DJs who mix, prepare their traditional recipes, and dance traditional dances from their countries of origin—Poland, Portugal, and Cape Verde—on a hip-hop base, along with the gesture scores written by Hamdi.
In these first days of residency in Italy, after spending time in Spain and France in the previous months interacting with communities in those regions, Hamdi has started to meet some people from Mondaino and the surrounding areas to look for not only the love for cooking but also for being together and sharing a time and space of life: being, observing, storytelling, and listening.
We discover that the project is inspired partly by memories of his father’s work and the repetition of the action, in his case painting, and partly by his mother’s love for cooking.
On the day of his arrival in Mondaino, he was welcomed by Elisa and Erica, two sisters who have recently moved to the hills and opened a cultural association, Sentieri Felici, which mainly deals with projects for children.
Upon our arrival, everything is ready to welcome us in the best possible way. We immediately enter the kitchen, and Elisa and Erica begin to show us what they will prepare for us shortly: cassoni and piadine. As they mix the ingredients, letting flour and water slide between their hands, they tell us about their passion for food and cooking for others. The family tradition, passed down from grandmother to mother, is made of restaurants and bakeries, repeated gestures, shared foods, hospitality, and traditional dishes.
In the small kitchen, they move gracefully while Hamdi watches them closely, trying not to miss any part of their coordinated, rhythmic, and repeated movements: time is marked by the repetition of gestures, from kneading and stuffing, from waiting for the dough to rest to puncturing the dough box “to let it breathe” until the final baking.
Sharing the food with the whole family, the smiles of the children, and their attentive gazes, the aromas and flavors close for Hamdi the first intense day of meeting with the community. “It’s about,” Hamdi recounts, “understanding a gesture that becomes rhythmic: it’s not the dance that takes over but the gesture that, in its rawness, becomes rhythmic and the two things become organic: it’s the natural gesture that becomes dance inscribed in the bodies.”
We are now in Marezzano, in the municipality of Gemmano, at Ivan Fantini’s home where his bosco-storto (wooded garden) is located. He welcomes us together with his partner, dancer Paola Bianchi; then seated in the garden around a long table, Hamdi and Ivan share stories while sipping coffee and freshly made apple juice.
Ivan is an unorthodox and anarchic cook. Of Romagnolo origin, coming from a working-class family, he began cooking at home at the age of seven to help his sick mother and grandmother: this is how he learned traditional cooking. From then on, he never left the world of food and sharing: from culinary school to his first job at 16 in a famous local restaurant, then joining a cultural circle in Rimini, Quadrare il Circolo, then working with festivals and museums up to the Biennale Theater directed by Romeo Castellucci, where he curated gastronomic art installations that could be seen, touched, and eaten. Finally, an inn with a kitchen inside an old mill before abandoning everything to retire to his home in Marazzano.
He tells us how, starting from 2008 with the introduction of HACCP in Italy, a regulation concerning the sanitation of places and food, problems began: Ivan never accepted complying with that regulation and market laws: he did not want to buy products from the globalized world but continued to work with local farmers, who obviously could not comply with these regulations, and after three years of fines and a depressive crisis, he chose to leave the system.
He “left,” so to speak, his profession to do what he didn’t know how to do. He began writing. He cleared a forest to achieve food self-sufficiency. He started recovering discarded capital, what the community does not purchase, and to forage what nature offers, living off barter.
And it was thanks to barter that a friend brought him fresh fish. So we enter the kitchen, Ivan starts moving between the sink and the counter, the conversation continues as he cleans and fillets cuttlefish and mackerel, slices onions, gathers bay leaves, rosemary twigs, and lemon peels to make a special aromatic blend. His rhythm is tight and syncopated at the same time, the repeated gestures are rhythmic and sure, his hands move quickly and forcefully.
“I live the luxury of poverty: I have very strong human and political relationships throughout Italy. I am happy, despite what happens in the world,” he tells us. Meanwhile, the sounds and smells of the food begin to fill the space even though we are outside.
And Hamdi observes, recording with his eyes every movement and with his ears, thanks also to Anouk's help with the translation, the words: his gaze does not stop, entering and exiting the kitchen, following every movement of Ivan.
And threads are woven.
“Cooking is music: how the pan reacts chemically is a concert.”
“Knowing the rules to overturn them. I operate like a jazz musician who knows the notes and improvises.”
“Cooking is a dance, a poetic and brutal gesture at the same time!”
“Cooking, like everything, is poetic and political: when I cook, I have a kind of anger.”
So, between one comment and another, we arrive at the shared lunch in the garden: the long table is set and welcomes us. And we leave, enriched by this new encounter.
#Tandem 11
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radiosciampli-blog · 7 months
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Breve storia triste non volevo cucinare (ieri ho avuto gente)però stamattina dico tra me e me vabbe' preparo i cannelloni per mio figlio....preparo, si alza mi dice con un faccia da culo mamma mi sono dimenticato di dirti che non ci sono a pranzo....vorrei mandarmi a quel paese da sola ora cerco uno specchio. Povera me.
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nonlodireanessuno · 4 months
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A me la notte piace così tanto vorrei cenare guardare la tv con mamma fare un po’ di allenamento di stretching e cucinare dei muffin morbidissimi con le gocce di cioccolato e poi andare al parco col profumo della sera d’estate e dei gelsomini a camminare
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friabile · 1 year
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non riesco a capire da dove arrivi tutta questa malinconia ma sia ieri che oggi non ho proprio voglia di andare a lavoro vorrei solo restare a casa a cucinare torte con mia mamma con in sottofondo un cartone della disney ho solo proprio voglia di stare a casa mia con mamma
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pescettaspelacchiatas · 6 months
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non mi ricordo quale di queste sere, forse ieri sera, o l'altra, non riesco a ricordarmi. ma ho pensato che vorrei tornare indietro nel tempo. a quando avevo ancora 11 anni, e non era successo nulla.
ho pensato che da piccola tutto questo io non me lo aspettavo, era tutto così calmo, felice, andava tutto così bene. la notte non volevo dormire ma mi sentivo al sicuro nel lettone tra mamma e papà, non mi aspettavo avrei smesso di sentirmi così al sicuro, di starci, in quella calma, normale e quieta. pensavo che da grande sarebbe rimasto tutto così e avrei trovato l'amore della mia vita. ci pensavo spesso, ero una bimba romantica. pensavo che ci sarei rimasta per sempre. è così brutto pensare che mi sono solo illusa da bambina. che niente è più come prima e che le cose vanno sempre male.
non se lo meritava. mi ricordo com'ero da piccola, e penso che quella bambina proprio non si sarebbe meritata niente di tutta la merda che ho fatto, visto e passato. mi dispiace. aver rovinato tutto. mi dispiace essere stata così cattiva da rovinarle i sogni. rovinarle il sorriso. toglierle l'innocenza. penso a lei e non riesco a credere che quella ero io, che sono diventata in questa maniera.
quella bambina era fortissima, non aveva bisogno di coccole, bacini, abbracci, lei era in un mondo a parte, un mondo suo e adorava guardare gli altri, adorava cantare, ballare, giocare, adorava sua mamma cucinare, suo padre aggiustare le cose, sua sorella vestirsi, suo fratello che le portava il pane di altamura, e l'altra sorella disegnare con gli acquerelli. lei amava tutto questo, non avrebbe mai voluto rinunciarci. e io gliel'ho portato via. loro glielo hanno portato via. e ora non c'è niente oltre alla mancanza. alle lacrime. al dolore.
quella bambina è diventata solo un po' più grande e ha bisogno di troppe cose. mi dispiace non essere stata forte, da allontanarmi da certe cose, da dire no, per lei.
mi dispiace. non avrebbero mai dovuto farti piangere e darti la colpa del cane che non è più tornato. le cose vanno e non tornano mai, è così e basta.
è tutta colpa mia.
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succhinoallapesca · 1 year
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Vivere da sola (nel senso di non a casa dei miei) e dover cucinare sempre può essere una rottura di coglioni notevole, ma prepararmi cose che mi piacciono tanto senza dover lottare con mia mamma per la cucina??? Non ha prezzo
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nusta · 1 year
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Grazie @campanauz per il tag ^_^
1. Are you named after anyone?
No, però ho rischiato di ereditare il nome di mio nonno al femminile e ho ricevuto i nomi delle mie nonne dopo il mio al battesimo. Per fortuna ufficialmente ho solo il mio, che amo molto e in famiglia è solo mio e ai miei tempi era un poco raro quindi me lo sono goduta per bene (poi nel tempo ho conosciuto alcune omonime che comunque lo "portano" egregiamente ^_^)
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Pianto di commozione da empatia mi capita spessissimo, l'ultimo qualche lacrima poco fa vedendo una scena al volo di un episodio di Heidi su youtube. Pianto serio da tristezza, coi singhiozzi, qualche settimana fa in un momento di crisi e sfogo esistenziale. Piango molto comunque, è il mio modo di sfogare lo stress quando sono al colmo della frustrazione.
3. Hai figli?
No.
4.Fai largo uso del sarcasmo?
Boh, largo non direi, cerco di non usarlo con chi non può capirlo, per esempio le mie nipotine o il mio capo in ufficio.
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
Nessuno seriamente, mi piace correre per divertimento, non sono in condizioni di farlo per sport. Vado in bici ogni giorno ma anche questo non per sport, anche se vorrei fare ogni tanto giri più lunghi. Da bambina ho fatto qualche anno di ginnastica artistica e poi in quarta o quinta elementare ho convinto mia mamma che non faceva per me. Idem con nuoto, mi sa che ho resistito due anni e comunque non ho mai imparato a nuotare a stile libero. Alle medie ho fatto un corso di canottaggio, ma abbiamo interrotto per mancanza di fondi e iscritti prima di uscire dalla piscina dopo meno di una dozzina di lezioni. Alle superiori sono stata una delle tre ragazze che si è presentata alla prima lezione del corso di calcio, che ovviamente non è proseguito. Il mio compagno ha provato a insegnarmi a usare i pattini ma ha rinunciato per paura che mi facessi male e non posso dargli torto considerata la mia scarsa coordinazione. Mi piacerebbe giocare di più a racchettoni, sto aspettando che crescano le mie nipotine perché per ora in famiglia non piace a nessuno T_T
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Lo sguardo.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Verde oliva al centro dell'iride con un cerchio grigio intorno.
8. Scary movies or happy endings?
Lieto fine è meglio, però se muoiono tutti ed è una bella storia va bene lo stesso. Non amo gli spaventi, ma la violenza catartica è una delle mie componenti preferite. Alla Spartacus, per dirne una.
9. Qualche talento particolare?
Non credo.
10. Dove sei nato?
A due passi da dove abito.
11. Quali sono i tuoi hobby?
Disegnare, cucinare, correre, leggere, scrivere, cucire, giocare a inventare le storie con le mie nipoti, guardare serie tv, anime e documentari e film e chi più ne ha più ne metta XD
12. Hai animali domestici?
Non più e soffro molto la mancanza del mio gatto, anche se non vivevamo più insieme da anni. Se potessi prenderei cani e gatti, anche se non ho mai avuto un cane e non so se sarei capace di educarlo e farlo stare sereno.
13. Quanto sei alta?
Meno di quanto sia generalmente previsto da chi vende pantaloni, infatti devo quasi sempre fare l'orlo.
14. Materia preferita a scuola?
A volte italiano, a volte storia. Però nessuna che mi facesse dire "ah, che bello ora arriva l'ora di questa materia".
15. Dream job?
In una storia del Topolino c'era Paperino che finiva a fare il collaudatore di materassi e mi ha sempre affascinato come opzione. Se qualcuno volesse pagarmi per farmi passare il tempo a praticare uno dei miei millemila hobby, ben volentieri.
Non taggo nessuno ma se siete arrivati fino qui sentitevi invitati a partecipare se vi va ^_^
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elianity · 11 months
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LEZIONE DI UN'ANZIANA AI GIOVANI DELLA NUOVA GENERAZIONE del Movimento Ecologista.
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Alla cassa di un supermercato una signora anziana sceglie un sacchetto di plastica per metterci i suoi acquisti. La giovane cassiera, molto somigliante alla svedesina gredina, le rimprovera di non adeguarsi all'ecologia e le dice:
“Purtroppo la sua generazione non comprende il movimento ecologista. Noi giovani stiamo pagando per la vecchia generazione che ha sprecato tutte le risorse"!
La vecchietta si scusa con la cassiera e spiega: “Mi dispiace, non c'era nessun movimento ecologista al mio tempo".
Mentre lei lascia la cassa, affranta, la cassiera aggiunge: " Sono state le persone come voi che hanno rovinato tutte le risorse a nostre spese. È vero, non si faceva assolutamente caso alla protezione dell'ambiente nel vostro tempo".
Allora, un po’ arrabbiata, la vecchia signora fa osservare che all'epoca restituivano le bottiglie di vetro registrate al negozio. Il negozio le rimandava in fabbrica per essere lavate, sterilizzate e utilizzate nuovamente: le bottiglie erano riciclate. La carta e i sacchetti di carta si usavano più volte e quando erano ormai inutilizzabili si usavano per accendere il fuoco. Non c’era il “residuo” e l’umido si dava da mangiare agli animali. Ma non conoscevano il movimento ecologista.
E poi aggiunge: “Ai miei tempi salivamo le scale a piedi: non avevamo le scale mobili e c’erano solo pochi ascensori. Non si usava l’auto ogni volta che bisognava muoversi di due strade: camminavamo fino al negozio all'angolo. Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ecologista. Non si conoscevano i pannolini usa e getta: si lavavano i pannolini dei neonati. Facevamo asciugare i vestiti fuori su una corda. Avevamo una sveglia che caricavamo la sera. In cucina, ci si attivava per preparare i pasti; non si disponeva degli aggeggi elettrici specializzati per cucinare senza sforzi e che però mangiano tutti i kwatt che Enel produce. Quando si imballavano degli elementi fragili da inviare per posta, si usava come imbottitura della carta da giornale o dell’ovatta, in scatole già usate, non bolle di polistirolo o di plastica. Non avevamo i tosaerba a benzina o i trattori: si usava l'olio di gomito per falciare il prato. Lavoravamo fisicamente, non avevamo bisogno di andare in una palestra per correre sul tapis roulant che funzionano con l'elettricità. Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ecologista. Bevevamo l'acqua alla fontana quando avevamo sete. Non avevamo tazze o bottiglie di plastica da gettare. Si riempivano le penne d'inchiostro invece di comprare una nuova penna ogni volta. Rimpiazzavamo le lame di rasoio invece di gettare il rasoio intero dopo alcuni usi. Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ecologista. Le persone prendevano il bus o il treno e i bambini si recavano a scuola in bicicletta o a piedi invece di usare la macchina di famiglia con la mamma come un servizio di taxi 24 h su 24. I bambini tenevano lo stesso astuccio per diversi anni, i quaderni continuavano da un anno all'altro, le matite, le gomme , i temperamatite e gli altri accessori duravano fintanto che potevano, non un astuccio tutti gli anni e dei quaderni nuovi gettati a fine giugno, così come matite e gomme con uno slogan diverso ad ogni occasione. Ma, è vero, noi non co innoscevamo il movimento ecologista! C’era solo una presa di corrente per stanza e non una serie multioresa per alimentare tutta la panoplia degli accessori elettrici indispensabili ai giovani di oggi. Ci lamentiamo solo di non aver avuto abbastanza presto la pillola, per evitare di generare giovani idioti come voi, che si immaginano di aver inventato tutto, a cominciare dal lavoro. Giovani che non sanno scrivere 10 righe senza fare 20 errori di ortografia, che non hanno mai aperto un libro, neppure dei fumetti, che non sanno chi abbia composto il bolero di Ravel…(che pensano sia un grande sarto), che non sanno dove passa il Danubio quando proponi loro la scelta tra Vienna e Atene, ecc. Ma che credono comunque di poter dare lezioni agli altri, dall'alto della loro ignoranza"!
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nessunotrannenoi · 1 year
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1/07/2023 - 13:58
Oggi ho invitato i miei colleghi a pranzo. È stata una cosa del tutto improvvisata. Ero stata invitata per un aperitivo ma stavo già mettendo qualcosa in pentola dato l'orario e allora ho colto la palla al balzo per estendere l'invito a tutti. Amo cucinare e adoro farlo per gli altri. Mi rilassa e mi rende soddisfatta. Ha pranzato con noi anche un bimbo di un anno e mezzo e ha deciso di voler mangiare seduto in braccio a me. Ha mangiato le stesse cose nostre e con gusto, tant'è che la mamma ne è rimasta incredula perché lui fa sempre i capricci per mangiare.
E ti ho pensato tantissimo. Mi sei mancato così tanto da farmi venire il magone e mi è passata la fame. Avevo quella creaturina bellissima in braccio, con quelle manine tonde e i piedini come panzerottini, come tutte le foto dei bimbi che mi mandavi. Avrei voluto ci fossi anche tu seduto a quel tavolo, a condividere i miei momenti di lavoro e di spensieratezza e a sorridermi con quegli occhi bellissimi e le fossette.
Ti sono grata anche io, ma non ti metto tra "le cose". Ti tengo nel cuore, con i ricordi e i regali più belli.
Ciao bimbo ❤️...
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mat-tonto · 1 year
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Ringrazio @hope-now-and-live per il tag :)
1. Are you named after anyone? Credo che il mio nome lo abbia scelto mia mamma, ma non è di nessuno dei miei cari.
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto? Di tristezza qualche sera fa ripensando a mio fratello.
3. Hai figli? No. Speriamo in futuro.
4. Fai largo uso del sarcasmo? Mood di vita.
5. Quali sport pratichi o hai praticato? Bicicletta e poi allenamento a casa con i pesi.
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona? Il sorriso, l'umorismo e se riesce a cogliere o no le mille citazioni che faccio.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi? Un banalissimo marrone.
8. Scary movies o happy endings? Dipende molto dal film.
9. Qualche talento particolare? La cucina sicuramente.
10. Dove sei nato? So' de' Latina. No scherzo, Monte San Biagio, in provincia di Lat(r)ina.
11. Quali sono i tuoi hobby? Cucinare, ho iniziato a fare bonsai, bricolage quando ho tempo.
12. Hai animali domestici? No.
13. Quanto sei alto? 1.95.
14. Materia preferita a scuola? Letteratura italiana, letteratura latina, storia.
15. Dream job? Campare di rendita e potermi dedicare ai miei hobby si può dire?
Trovare quindici persone è un po' difficile visto che parlo solo con due qui, chi vuole farlo è libero di farlo. Lascio a voi la scelta.
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yoursweetberry · 1 month
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Buongiorno, forse dormi ancora. Io sto a casa, ho fatto lo shampoo e mo stiamo aspettando che venga un tizio a controllare una cosa della caldaia. Poi faccio anche lo shampoo a mamma e per pranzo andiamo a mangiare fuori così oggi in teoria evitiamo di cucinare lavare piatti cucina ecc visto che devo fare già altre cose prima della partenza. Anche se già so che rimpiangerò di essere uscita con loro. È un incubo ogni volta.. sia a casa che fuori, ma fuori ancora di più perché devo dar conto che siamo in luogo pubblico. Devo solo cercare di stare in silenzio tutto il tempo ma il problema è che pure se li lascio fare, io sto lì con loro e sinceramente mi vergogno quando mio padre fa cose che non deve fare, o se discutono e non ce la faccio, io vorrei solo stare un po’ tranquilla, come una famiglia normale che esce, non chiedo niente di strano. Già fa tutto abbastanza schifo e invece ogni volta è una guerra.
Sinceramente se fino a mo avevo il desiderio di tornare a casa mo non so nemmeno che pensare, perchè si voglio tornare ma tanto se guardo la realtà che cazzo cambia a casa? La mia vita fa schifo ovunque, è tutto un continuo fingere di stare bene con gli altri, non stare mai completamente a mio agio da nessuna parte e a volte tutto questo mi fa solo venire la nausea e quindi mi rifiuto di fare le cose, ma poi devo essere giudicata pure per come mi sento se dico la verità o se mi va “bene” vengo direttamente ignorata, e quindi una cazzo di via d’uscita non c’è.
Io non voglio più vivere e mi sono rotta il cazzo di sentirmi pure in obbligo verso qualcuno di non togliermi la vita, perché nessuno mi capisce, nessuno ci tiene veramente a me da provare a comprendermi e starmi vicino, nemmeno i miei, per chi cazzo dovrei sentirmi obbligata? per chi? sono stanca non ce la faccio più mi voglio liberare da tutto questo schifo perché non è giusto, io non me lo meritavo tutto questo
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