Tumgik
#e quindi domenico? chissà
omarfor-orchestra · 2 years
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Oh no ma quindi c'è anche Nic stasera
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gloriabourne · 5 years
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The one with the make-up
Se Ermal ripensava a come fosse iniziata tutta quella storia, quasi gli veniva da ridere. Era cominciato tutto da una banale conversazione con Fabrizio, che gli aveva detto che avrebbe assolutamente voluto Claudia - una delle fotografe che abitualmente partecipava agli eventi di Ermal - al suo prossimo concerto perché anche lui avrebbe voluto delle foto belle come quelle del compagno. "Come se ne avessi bisogno. Potrebbero scattarti una foto mossa e con una pessima luce e saresti comunque bellissimo" aveva detto Ermal. Fabrizio aveva replicato dicendo: "Non è vero. Quello bellissimo sei tu! E nelle foto di Claudia lo sei ancora di più, quindi..." "Quindi niente. Lo sai che una delle mie foto preferite in assoluto è una tua foto di qualche anno fa? E pensa un po', non è stata scattata da Claudia! Anzi, a dire il vero non ho idea di chi l'abbia scattata" aveva risposto Ermal. A quel punto, la curiosità di Fabrizio aveva preso il sopravvento. Aveva voluto vedere quella foto che sembrava piacere così tanto a Ermal ed era rimasto stupito di vedere che fosse una foto di qualche anno prima che lui non aveva mai trovato particolarmente interessante. "Non capisco cosa ti piace così tanto di questa foto" aveva chiesto un attimo dopo. Ermal, con non poco imbarazzo, aveva ammesso che la matita nera sotto gli occhi lo avesse attirato fin da subito, rendendolo particolarmente attraente ai suoi occhi. E Fabrizio, a metà tra lo scherzoso e il serio, aveva detto: "Tu saresti sicuramente più bello con la matita sotto gli occhi. Chissà, magari prima o poi mi farai vedere come ti sta." Ed ecco perché in quel momento Ermal si stava guardando allo specchio, tenendo una matita nera tra le mani e cercando di colorarsi il bordo degli occhi senza accecarsi. Fabrizio non era presente all'evento, ma Ermal sapeva benissimo che sarebbero uscite delle foto, dei video e sicuramente degli articoli sulla serata e su quel premio importante che gli avrebbero consegnato nel corso dell'evento dedicato a Modugno. E in fondo, tutto ciò che Ermal sperava, era di fare a Fabrizio lo stesso effetto che gli aveva fatto lui in quella foto con gli occhi truccati.
Fabrizio non poteva che sentirsi estremamente fiero di Ermal. Era felice per lui e per il riconoscimento che aveva ricevuto. Aveva sempre trovato la sua versione di Amara terra mia così emozionante che assegnargli quel premio sembrava quasi scontato, ma non meno importante. Avrebbe voluto essere con lui in un momento così importante, ma avevano concordato che la presenza di Fabrizio non sarebbe sicuramente passata inosservata e sarebbe stata ingiustificata, e in quel momento nessuno dei due aveva bisogno di stare al centro dei pettegolezzi. Così, mentre Ermal era andato in Puglia - approfittandone anche per vedere la propria famiglia e organizzare una vacanza con qualche amico - Fabrizio aveva deciso di passare il tempo con i suoi figli. Era stata un'ottima decisione per tutti, soprattutto per i bambini che non vedevano l'ora di passare un po' di tempo con il padre e che lo avevano subito trascinato nella loro routine, obbligandolo a guardare insieme a loro una serie TV che avevano iniziato a vedere con Giada qualche tempo prima e che sembrava appassionarli più di qualsiasi cartone animato. E così, mentre Ermal era a Polignano a partecipare a un evento dedicato a Domenico Modugno, lui se ne stava comodamente seduto sul divano insieme a Libero e ad Anita a guardare Once upon a time. Non era particolarmente interessato alla trama - aveva solo capito che i protagonisti erano quasi tutti personaggi delle favole catapultati nel mondo reale - ed era impegnato più che altro a scorrere svogliatamente la home dei suoi social, ma quando sollevò il volto per un attimo e vide sullo schermo quello che - se non aveva capito male - doveva essere Capitan Uncino, il telefilm catturò tutta la sua attenzione. "Lui è buono o cattivo?" chiese improvvisamente interessato. "All'inizio sembrava cattivo, ma ora sta aiutando Regina e Emma a ritrovare il figlio che è stato portato sull'Isola Che Non C'è" spiegò Libero. "Quindi ora è buono?" chiese ancora Fabrizio. Anita, seduta accanto a lui, annuì muovendo la testa e disse: "Gli piace Emma. Ecco perché ha deciso di aiutarla a trovare suo figlio." "Emma è la mamma del ragazzino che si mette sempre nei guai?" "Una delle mamme. L'altra è Regina, che è quella che l'ha adottato perché Emma non poteva tenerlo" disse Libero. Fabrizio annuì sovrappensiero, cercando di collegare tutti gli elementi che aveva appena appreso, ma senza riuscirci perché troppo distratto dagli occhi truccati di quella versione di Capitan Uncino. Una versione decisamente più interessante di quella del cartone animato, doveva ammetterlo. Iniziava a capire per quale motivo Ermal amasse tanto quella sua foto con gli occhi truccati, anche se era certo che Ermal con la matita nera sotto gli occhi sarebbe stato molto meglio di lui. Probabilmente anche meglio di quel Capitan Uncino che stava osservando con tanto interesse. Sentendo il cellulare vibrare tra le sue mani, Fabrizio riprese improvvisamente contatto con la realtà. Abbassò lo sguardo e controllò il display del telefono, notando che Ermal gli aveva appena inviato una foto. Aprì la conversazione quasi sovrappensiero, convinto che il compagno gli avesse inviato l'ennesima foto del paesaggio stupendo che aveva davanti, e gli si spezzò il fiato quando vide che invece Ermal gli aveva mandato un selfie in cui non solo tentava di fare un'espressione ammiccante, ma aveva anche in testa il cappello che gli piaceva tanto. E aveva gli occhi truccati. Deglutì a vuoto, ormai con la gola secca e senza nemmeno più una goccia di saliva, e digitò velocemente una risposta.
Vuoi farmi morire?
Poi bloccò il telefono e lo abbandonò accanto a lui sul divano, passandosi una mano sul viso. Iniziava a pensare che qualcuno ce l'avesse con lui, perché non era umanamente possibile che in un paio di minuti si fosse preso una cotta mostruosa per un personaggio di un telefilm e che giusto un attimo dopo Ermal gli avesse inviato una foto in cui sembrava quasi aver replicato il look di quel personaggio. Pochi secondi dopo, la vibrazione lo annunciò che Ermal aveva risposto al suo messaggio.
Una volta ti sei chiesto come mi sarebbe stata la matita nera. Mi sembrava carino fartelo vedere. Mi sta così da schifo?
Al fondo del messaggio aveva aggiunto una faccina che rideva, anche se in quel momento non c'era proprio nulla da ridere perché Fabrizio si stava sentendo davvero morire di fronte a quella foto del suo fidanzato. Era più bello del solito, e lo sguardo ammiccante di certo non aiutava la situazione.
No, sei bellissimo. È che credo di essermi appena preso una cotta per un tizio di un telefilm, e la prima cosa che mi ha colpito sono stati gli occhi truccati. Vederti così, non aiuta.
Ah, ti sei preso una cotta per un tizio di un telefilm?
Fabrizio rimase a fissare lo schermo, temendo che Ermal se la fosse presa per quella confessione. Ma appena il più giovane inviò una faccina sorridente, capì che non aveva nulla di cui preoccuparsi.
Sì, è una versione sexy di Capitan Uncino. Ma tu sei più bello e il trucco ti sta meglio.
E non glielo aveva detto così, giusto per compiacerlo. Lo aveva detto seriamente perché, per quanto fosse attraente l'uomo sullo schermo, nessuno sarebbe mai stato più attraente di Ermal per lui. Ermal aveva sempre avuto qualcosa di particolare, qualcosa che Fabrizio non era mai riuscito a identificare ma che lo attraeva come una calamita. E questo non significava che Fabrizio fosse immune al fascino di altre persone, ma semplicemente nessuna di loro avrebbe mai avuto quel magnetismo che lo teneva legato a Ermal e che lo rendeva - almeno ai suoi occhi - l'uomo più bello al mondo. E ora che lo aveva visto in quella foto, non poteva che vederlo ancora più bello.
Nonostante fossero passate settimane da quando Ermal gli aveva inviato quella foto, Fabrizio non aveva smesso di pensarci. Un po' era anche colpa di Ermal, il quale gli aveva inviato una foto - che poco dopo aveva postato su Twitter - in cui indossava un cappello da pirata e gli aveva scritto: "Sono più sexy del tuo Capitan Uncino?" Fabrizio si era limitato a rispondergli di tornare a casa con quel cappello, così gli avrebbe dimostrato davvero quanto lo trovava sexy. Così sexy che, a dirla tutta, avrebbe voluto vederlo ogni giorno con quel cappello addosso. Solo con quel cappello. Per giorni interi, Fabrizio non era riuscito a pensare ad altro e in quel modo la mancanza di Ermal era diventata quasi ingestibile. Ovviamente era felice che Ermal avesse trovato il tempo di fare una piccola vacanza con degli amici mentre lui passava il tempo con i suoi figli, ma non poteva negare che avrebbe preferito che avesse trascorso quei giorni insieme a lui. Erano rimasti d'accordo che Ermal lo avrebbe raggiunto appena finita la vacanza, ma Fabrizio iniziava a temere di non essere in grado di aspettare così tanto e così tutto ciò che rimaneva per cercare di sopportare quell'attesa era crogiolarsi nei ricordi e nei pensieri di ciò che sarebbe successo appena avrebbe rivisto Ermal. Sapeva già che lo avrebbe stretto a sé, che lo avrebbe baciato fino a fargli mancare il fiato, che... Ancora totalmente immerso nei suoi pensieri, si rese conto che qualcuno era entrato in casa solo quando sentì la porta chiudersi con un tonfo. Rimase in attesa, cercando di capire chi fosse l'intruso. Le persone che avevano una copia delle chiavi di casa sua non erano poi molte. C'erano i suoi genitori, ma non piombavano mai a casa sua senza avvertire. C'era Giada, ma prima di usare le chiavi aveva l'abitudine di suonare il campanello per controllare se Fabrizio fosse in casa. E poi c'era Ermal. Lui, in effetti, era l'unico che ormai entrava e usciva da lì come se fosse casa sua. Forse perché un po' lo era davvero. Fabrizio uscì velocemente dalla cucina, precipitandosi verso la porta d'ingresso, e non appena vide Ermal davanti a lui si gettò tra le sue braccia. Il più giovane lo strinse a sé, affondando il viso nell'incavo del suo collo e respirando il suo profumo. "Mi sei mancato da morire" mormorò Fabrizio, lasciandogli un tenero bacio su una guancia e scostandosi da lui. "Anche tu mi sei mancato. È per quello che sono tornato prima del previsto." Fabrizio sorrise felice, prima di dargli un'occhiata più attenta e notare che non solo aveva in testa il cappello che aveva indossato nella foto di qualche giorno prima, ma si era anche truccato. "Quanto sei bello" disse Fabrizio continuando a osservarlo. Ermal sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra, poi disse: "Ah, sì? Dimostrami quanto mi trovi bello, allora." Fabrizio colse l'occasione per attirare Ermal a sé e baciarlo, prima lentamente, poi con sempre più passione fino a farlo indietreggiare verso il muro. Ermal si lasciò sfuggire un lamento quando la sua schiena scontrò la parete dietro di lui, ma continuò a baciare Fabrizio tirandoselo addosso e strusciandosi contro di lui. Era bello essere tornato a casa, essere di nuovo tra le braccia del suo uomo, così tanto che iniziava a chiedersi se davvero ne fosse valsa la pena di fare quella vacanza. Forse avrebbe semplicemente potuto tornare a casa. Ancora completamente preso dal bacio e dalle mani di Fabrizio che avevano iniziato a sbottonargli la camicia, Ermal si sfilò le scarpe abbandonandole in un angolo e poi infilò le dita oltre l'elastico dei pantaloni della tuta di Fabrizio, pronto a calarli verso il basso. Fabrizio intanto aveva finito di sbottonargli la camicia e aveva iniziato a dedicarsi al suo collo, lasciando una scia di baci e morsi sulla sua pelle, mentre premeva il proprio corpo verso quello del compagno quasi come se servisse a fondersi con lui. Gli era mancato da morire e tutto ciò che voleva era stargli accanto il più possibile. Ermal spinse le dita verso il basso, abbassando con un unico movimento sia i pantaloni che i boxer di Fabrizio, mentre il compagno - ancora intento a baciargli il collo - aveva iniziato a trafficare febbrilmente con la cintura e la cerniera dei suoi jeans. Quando finalmente riuscì a sfilarglieli insieme ai boxer, Fabrizio prese Ermal per le cosce e lo sollevò, tenendolo fermo tra il suo corpo e il muro. Ermal gemette sentendo l'erezione di Fabrizio strusciarsi contro il suo corpo, sentendo quanto lo desiderasse e quanto avesse sentito la sua mancanza in quelle settimane. Ermal allacciò le gambe alla vita del compagno e disse: "Vuoi scoparmi qui? Non hai nemmeno la pazienza di arrivare al letto?" Fabrizio si lasciò sfuggire un lamento e rispose: "L'idea era quella, ma mi sa che mi si è bloccata la schiena." Ermal scoppiò a ridere mentre Fabrizio gli faceva posare nuovamente i piedi a terra. "Sei vecchio per fare certe cose, ormai." Fabrizio si massaggiò la schiena dolente - per quanto possibile - e si ritrovò costretto ad annuire. Non aveva più l'età per fare certe acrobazie, Ermal aveva ragione. "Perché non lasci che sia il tuo capitano a prendersi cura di te?" sussurrò Ermal al suo orecchio, con tono malizioso. Poi si sistemò il cappello, come per fare capire a Fabrizio che se aveva deciso di indossarlo non era perché pensava che gli stesse bene, ma perché era intrigato da quell'assurdo gioco di ruolo che si era creato senza nemmeno farlo apposta. Non lasciò a Fabrizio nemmeno il tempo di rispondere. Lo spinse lentamente contro la parete opposta, facendogli appoggiare delicatamente la schiena dolorante al muro, e poi si inginocchiò di fronte a lui. Impugnò saldamente l'erezione del compagno e iniziò a muovere lentamente la mano lungo tutta la sua lunghezza. Fabrizio sospirò gettando la testa all'indietro, mentre Ermal continuava a masturbarlo lentamente. Dopo qualche attimo, Ermal fermò il movimento della mano guadagnandosi un lamento frustrato da parte di Fabrizio, ma appena il più grande sentì le labbra del compagno circondare la sua erezione il lamento si trasformò in un gemito. Abbassò lo sguardo vedendo Ermal, impegnato a regalargli uno dei migliori pompini della sua vita, che lo fissava. Gli occhi truccati con quello strato di matita nera sembravano ancora più profondi del normale, e Fabrizio non poteva che sentirsi attratto da quella versione di Ermal così diversa da solito ma anche così seducente. Ermal intanto continuava a tenere lo sguardo fisso su di lui, mentre muoveva sapientemente la lingua lungo l'erezione del compagno, muovendo svogliatamente una mano su e giù, stimolando così anche la base. L'altra mano, invece, era finita ben presto tra le proprie gambe, muovendosi velocemente sulla sua lunghezza. Fabrizio gemette senza ritegno rendendosi conto che Ermal non solo si stava prendendo cura di lui nel miglior modo possibile, ma contemporaneamente si stava masturbando, ormai troppo preso dalla situazione. E Fabrizio non poteva che sentirsi orgoglioso di provocare quell'effetto al compagno, di costringerlo a toccarsi senza avere nemmeno la pazienza di aspettare che fosse lui a farlo. Gli sfilò il cappello, abbandonandolo a terra, e gli infilò una mano tra i ricci accompagnando i suoi movimenti. Ermal iniziò a succhiare più forte, incavando le guance attorno al membro del compagno e continuando a fissarlo. Bastarono pochi secondi - e lo sguardo seducente di Ermal su di sé - e Fabrizio venne copiosamente nella sua bocca, mentre Ermal non perdeva nemmeno una goccia del suo rilascio e muoveva più velocemente la mano su di sé fino a venire tra le sue stesse dita.   Fabrizio sospirò lasciandosi scivolare contro il muro, fino a sedersi a terra. Il dolore alla schiena sembrava essere miracolosamente svanito, o forse era solo troppo intontito dell'orgasmo per rendersene conto. Ermal, ancora inginocchiato di fronte a lui, sorrise malizioso pulendosi gli angoli della bocca e poi disse: "Come va la schiena?" Fabrizio annuì e sollevò un pollice in risposta, senza avere la forza di dire una parola, ed Ermal sorrise soddisfatto. In fondo, tutto ciò che voleva era che Fabrizio stesse bene. "Bene. Ce la fai a muoverti? Io intanto andrei a fare una doccia" disse Ermal alzandosi in piedi. Fabrizio annuì, poi disse: "A proposito della doccia..." "Che hai combinato mentre ero via?" chiese Ermal. L'ultima volta che Fabrizio aveva iniziato una conversazione in quel modo era stato quando gli aveva confessato di aver accidentalmente rotto la porta scorrevole della doccia. "Mi sa che non avrai vestiti puliti da mettere, dopo la doccia." Ermal aggrottò la fronte confuso e Fabrizio, leggermente imbarazzato, ammise: "Potrei aver fatto la lavatrice senza mettere le tue cose. Volutamente." "E perché?" "Perché così saresti stato obbligato a girare per casa nudo. Solo con quel cappello addosso. È una cosa stupida, lo so, ma mi mancavi e lo sai che quando sento la tua mancanza faccio cose stupide." "Hai ragione, è una cosa stupida" disse Ermal, prima di avviarsi lungo il corridoio che conduceva al bagno. Poi, ormai giunto davanti alla porta, si voltò verso Fabrizio e aggiunse: "Ma non vuol dire che l'idea mi dispiaccia."
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giancarlonicoli · 4 years
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22 nov 2020 19:40
IL DOPPIOPESISMO DEI “BUONI”: SE OFFENDONO LORO, E’ TUTTO REGOLARE - LE VIGNETTE DEL “FATTO” SULLA RAVETTO NON SONO SESSISTE SOLO PERCHÉ LA DEPUTATA E’ PASSATA ALLA LEGA - OBAMA PUO’ FARE BODYSHAMING DI SARKOZY DEFINENDOLO “GALLO NANO” (MA QUANDO BERLUSCONI DEFINÌ OBAMA “ABBRONZATO” SI SCATENÒ IL DELIRIO) - GLI INSULTI DI ASIA ARGENTO ALLA MELONI, DI SCANZI ALLA SANTANCHÉ, DI MICHELA MURGIA A SALVINI
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1 - «SARKÒ NANO, GIULIANI POVERO VECCHIO» SE NON SEI DI SINISTRA, TI MERITI L'ODIO
Francesco Borgonovo per “la Verità”
Scene da film di Tarkovskij. È come se esistesse una Zona, cinturata da una linea invisibile: basta varcare il confine e hic sunt leones. È sufficiente un piccolo sforamento per entrare nel territorio di caccia, nell'area grigia in cui si può essere sbranati senza che alcuno provi sconcerto. Se si è fuori dalla Zona si è al riparo, al caldo, coccolati fra gli illuminati progressisti. Dentro la Zona - là dove vivono i subumani populisti - che il sangue scorra.
La rappresentazione plastica di tutto ciò che la offrono i sommovimenti interni a Forza Italia degli ultimi giorni. Silvio Berlusconi si dichiara «responsabile», potrebbe presto tornare utile all'attuale esecutivo e all' improvviso tout est pardonné. Salvo qualche piccola trincea di coerenza antiberlusconiana (la ridotta di Marco Travaglio), il resto della sinistra dimentica all'improvviso lo Psiconano, il Sultano, il culo flaccido, il Banana, il pelato eccetera. Spariscono gli insulti, svaporano le offese, non se ne va il disprezzo ma viene ben celato. La scure alzatasi dal collo di Silvio, però, è calata su quello di Laura Ravetto, parlamentare forzista passata alla Lega. In un lampo, ecco scatenarsi su di lei le fiere.
Mario Natangelo, autore satirico del Fatto, le ha dedicato una vignetta da bar di Caracas.
Ritrae Berlusconi intento a commentare l'addio a Fi della signora: «Peccato, era brava la Ravetto, sapeva fare una cosa con la lingua che». Il sottinteso sessuale è chiaro, e non è di certo inedito. Così come non sono affatto inedite le reazioni che la vignetta ha suscitato.
A parte qualche sparuta dichiarazione di solidarietà giunta da sinistra, gli insulti alla parlamentare neo salviniana sono passati sono silenzio. Il che stona un po' con il clima imperante di ossessione antisessista, in cui basta mezza parola storta per vedersi attribuire la patacca di orrendo machista.
Siamo alle solite: passando al nemico sovranista, la Ravetto è entrata nella Zona, dunque la si può tranquillamente accusare di aver fatto carriera concedendo favori sessuali senza che questo provochi scandalo. E ovviamente a Natangelo non saranno mosse accuse di razzismo o sessismo. Tanto che il fumettista, in una seconda vignetta, fingendo di precisare il suo pensiero, ha dato della «mignotta» alla Ravetto. Tutto secondo copione: se sei fra gli eletti fuori dalla Zona, ti puoi permettere di disprezzare e dileggiare chi è dentro.
Come ha fatto ieri Gianni Riotta nel breve ritratto di Rudolph Giuliani pubblicato sulla Stampa. Ha raccontato di aver incontrato Giuliani quando era sindaco di New York e di averlo intervistato perché «amico e collega» di Giovanni Falcone. Al tempo gli aveva fatto un'ottima impressione. Era «l'uomo che aveva ristabilito l' ordine» nella Grande Mela, un «gentleman». Oggi, però, Giuliani non è più «l'amico di Falcone», bensì «l' amico di Trump». E infatti Riotta ha cambiato tono: lo descrive come un «patetico avvocaticchio», suggerisce che si sia rincoglionito con l'età.
Gianni lo spietato insiste sulla «lacrima viscida» di mascara che - in una foto molto circolata sui media americani - si vede colare sul volto sudato di Giuliani durante un incontro con la stampa. Poiché è entrato nella Zona, l' ex sindaco di New York - a prescindere dagli eventuali meriti - può essere raccontato come un anziano ridicolo che si trucca e si tinge i capelli. Alla faccia di quello che gli statunitensi chiamano «ageism», cioè discriminazione verso gli anziani. Volete un altro esempio?
Prendete il libro di Barack Obama appena uscito. L' ex presidente americano snocciola colorite descrizioni di alcuni leader incontrati nel corso della sua carriera. A proposito di Nicolas Sarkozy scrive: «Con i suoi tratti scuri, vagamente mediterranei (era mezzo ungherese e per un quarto ebreo greco) e la sua bassa statura (un metro e 66 ma portava rialzi nascosti nelle scarpe per sembrare più alto), sembrava uscito da un quadro di Toulouse-Lautrec». Poi aggiunge rifiniture di questo calibro: «Le mani in perenne movimento, il petto gonfio come un gallo nano». Pare che queste parole non abbiano indignato nessuno, e forse è anche giusto così.
Dice il profeta: «Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni».
Ma vi ricordate che putiferio scoppiò quando Berlusconi definì Obama «abbronzato»?
Avete idea di che cosa succederebbe se qualcuno, oggi, osasse dire che il caro Barack è «scuro» o se lo paragonasse a un animale? Provate a immaginare che accadrebbe se un sovranista su di giri utilizzasse le parole «ebreo» e «ungherese» nella stessa frase, magari riferendole a George Soros. Subito si udirebbe ringhiare: «Antisemita!».
E chissà che cosa accadrebbe se un giornalista italiano dipingesse Soros con la tempera color odio utilizzata da Gianni Riotta nel suo articolo su Giuliani. O se un vignettista «di destra» insinuasse che una rappresentante del Pd si è inginocchiata davanti a Zingaretti per far carriera.
A sinistra sono così fissati con le discriminazioni e i commenti negativi sull'aspetto fisico che persino il ministro dell' Istruzione, Lucia Azzolina, sfida il ridicolo e racconta - onde mandare un messaggio contro il bullismo - che a scuola la schernivano per via delle labbra e la chiamavano «Cazzolina». In nome della «lotta all'odio» questa maggioranza scodella progetti liberticidi tipo il ddl Zan. Poi, però, quando la discriminazione e l' odio si manifestano in purezza, passano in cavalleria: basta che chi sputa e insulta sia di sinistra e tutto è concesso.
2 - QUELLE OFFESE DA BRIVIDO MAI PUNITE. DA ASIA ARGENTO A MURGIA E SCANZI, IL FESTIVAL DEGLI INSULTI SESSISTI
Domenico Di Sanzo per “il Giornale”
Escluso Morra, l'ultima prodezza l'ha firmata Natangelo, vignettista del Fatto Quotidiano. «Il dolore di Silvio», è il titolo del fumetto di cattivo gusto, condiviso su Twitter. Si vede un Silvio Berlusconi che secondo Natangelo sarebbe affranto per l' addio agli azzurri della deputata Laura Ravetto, passata alla Lega di Salvini. Sopra la testa dell' ex premier c' è una nuvoletta: «Peccato era brava, la Ravetto, sapeva fare una cosa con la lingua che...».
Repertorio da caserma o linguaggio da osteria, restano il sessismo e una rovinosa caduta di stile. Ma le donne di centrodestra molto spesso sono il bersaglio preferito degli insulti di altre donne.
Si veda alla voce Asia Argento, già paladina del #metoo. Siamo a febbraio del 2017. L'attrice fotografa, di nascosto, la leader di Fdi in un ristorante romano. Quindi pubblica la foto su Instagram. Il commento tradotto dall' inglese suona così: «Schiena lardosa della ricca e senza vergogna, fascista beccata a mangiucchiare». La dose di bodyshaming è servita sui social.
Sempre sul tema degli sfottò sui veri o presunti difetti fisici, c' è Marco Travaglio, direttore del Fatto, più volte accusato di prendere in giro il deputato ed ex ministro di Forza Italia Renato Brunetta per via della sua altezza. L' ultimo riferimento in un editoriale del 22 settembre scorso, dove Brunetta veniva definito «mini-indovino». Un po' come faceva il fondatore del M5s Beppe Grillo, abituato a giocare sulla statura di Berlusconi, soprannominato dal comico «nano» e «psiconano».
Tra indignazione a intermittenza e accuse di sessismo a corrente alternata, nell' elenco non può mancare Daniela Santanché, attualmente deputata di Fdi. Presa di mira nel 2013 dall' ex ministro M5s dell' Istruzione Lorenzo Fioramonti, allora profesore all' Università di Pretoria in Sud Africa. Come rivelato l' anno scorso dal Giornale l' ex pentastellato su Facebook commentava così una performance televisiva della parlamentare: «Se fossi una donna mi alzerei e le sputerei in faccia, con tutti gli zigomi rifatti».
La Santanché, insieme alla deputata di Fi Michaela Biancofiore, riceve un trattamento simile nello stesso anno da Andrea Scanzi, giornalista di punta del Fatto Quotidiano. Ecco un estratto del post Facebook incriminato, fin troppo eloquente nella sua trivialità: «Ciò detto e ribadito, scusandomi oltremodo per i toni grevi da Cioni Mario, mi sento di condividere una recente massima di mio padre. Questa: «Se nella mia vita avessi conosciuto solo donne come la Santanché o la Biancofiore, o entravo in seminario o mi ustionavo dalle seghe».
E poi c'è la scrittrice Michela Murgia. Che a Otto e Mezzo a fine settembre parla di Salvini, spiegando che un politico con «il muso unto di porchetta» non è credibile nelle vesti del moderato. Per la Murgia il leader leghista evidentemente somiglia più a una specie di bestia provvista di «muso» che a una persona dotata di faccia.
Virando di nuovo sul tema della svalutazione della donna di centrodestra, troviamo Matilde Siracusano, deputata di Forza Italia. Vittima due anni fa di una sequela di insulti sessisti irripetibili da parte dei fan di una pagina Facebook vicina al M5s, che aveva condiviso un video di un suo intervento alla Camera in difesa di Berlusconi, scatenando la canea degli haters. E adesso con Morra è stato oltrepassato l' ennesimo limite.
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I’m baaack, o forse no
E’ una cifra di tempo che non scrivo più nulla e ho l’account un po’ morto. Il problema è che non riesco a stare dietro a niente.
avevo creato anche un altro account di Facebook. da usare privatamente e al di là di adozione di cani e gatti, ma praticamente non lo uso mai.
Ho mandato application per due master, uno a Londra e uno a Dublino. Spero tanto che i professori si sbrigheranno a mandare la loro lettera di raccomandazione per me, in modo da dare un senso a tutto questo. L’ansia è che le manderanno tardi, e quindi dovrò aspettare fino a chissà quando che mi arriverà una risposta, positiva o negativa che sia. Che palle quando devo contare sugli altri per fare le cose. Perchè non me le posso fare da sola...?
Torno la sera a casa che sono un ameba peggio di quando mi sveglio la mattina. Mi ci vuole un intero sabato per riprendermi dalla settimana trascorsa. La domenica la passo a non fare niente dentro a letto e a pregare che mi salga in corpo un po’ di voglia di giocare a Lol così da avanzare un po’ di livello, e quando è la domanica sera mi prende a male perchè penso che il giorno dopo stò da capo a 12.
Sono mesi ormai che mi pare di sprecare le intere giornate, settimane, mesi. La vita in pratica.
Mentre gli altri man mano si costruiscono una vita propria io mi trovo a vivere nella stasi più totale. E nemmeno a dire che il tempo non passi. E’ già un anno che lavoro qui al Payroll. E’ già quasi passato un mese all’inizio del 2017 (è il 24 gennaio oggi). Sono già passati oltre 8 mesi dalla mia laurea. Il tempo passa, corre via, eccome se scappa.
E onestamente ultimamente sta diventando anche davvero dura starsene qui in ufficio a doversi subire gli esaurimenti di un paio di persone. Da una parte le ringrazio per avermi fatto aprire gli occhi sul fatto che fare un lavoro che non ti piace ti rende una persona triste ed esaurita (vedi G. o E.), dall’altra però, santo Dio, datevela una calmata. Non è che incazzarsi, lamentarsi, sbattere le spilatrici sulla scrivania e prevedere l’apocalissime cambierà in qualche modo le vostre tristi vite. Se mai tutto cioò peggiora la mia -.-
Ilenia mi ha detto che mi ospiteranno loro (lei e Domenico) per un breve periodo mentre cerco casa, se mi prenderanno per fare il master a Dublino. Provo un sacco di sentimenti contrastanti rispetto a tutto questo nuovo progetto di vita: da una parte non vedo l’ora di andare, di conoscere una città nuova, vivere un po’ per conto mio , lontana dagli esaurimenti familiari e da le mille responsabilità che mi cascano addosso anche se non le voglio. Dall’altra però la mia noiosa e sofferta routine mi mette sicurezza, e nei momenti di tranquillità come i weekend, mi fa pensare che forse stò sbagliando qualcosa. Non lo so se faccio bene a fare questo passo o meno, però mi si stà man mano spianando la strada, e non vorrei che fra vent’anni mi pentirò di non averlo fatto e di non essere stata coraggiosa abbastanza.
Fra qualche anno il tempo mi darà ragione , o torto. Ma intanto soccombo a questa specie di solitudine “bianca”, forzata e a volte un po’ triste. A questo sbattere di oggetti sulla scrivania da parte di E., risultato solo di un ennesimo esaurimento nervoso, causato da uno stile di vita che non è poi così piacevole, e da un lavoro che non ha nulla di appagante.  Cosa che mi da la forza di dire “non voglio diventare così, non posso nemmeno immaginarmi una vita del genere. devo fare di tutto per cambiarla”.
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macgorilla · 8 years
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LA MORTE VIEN CANTANDO
Siccome l’anno scorso sono morti quattro o cinque cantanti, molti hanno la sensazione che il 2016 sia stato un anno particolarmente sfortunato per le popstar, come se fare i milioni con le canzoni non solo non ti rendesse immortale, ma fosse addirittura un problema per la salute, peggio che fumare. In realtà, prima di dire che dei morti sono tanti, bisognerebbe capire tanti rispetto a cosa.
Quante sono le popstar oggi? Per rispondere a questa domanda ho selezionato tutti i musicisti che hanno venduto più di 75 milioni di dischi e/o venduto più di 20 milioni di copie di un solo disco e/o venduto più di 5 milioni di copie di un singolo (ecco come ho passato il Natale). Secondo questi criteri le popstar sarebbero 356, di cui 310 ancora in vita. Vediamo come sono distribuite per anno di nascita.
L’istogramma in figura mostra la quantità di popstar che sono nate di quinquennio in quinquennio a partire dal 1903, con la parte nera che indica la frazione di quelle già morte. Quello che salta subito all’occhio è l’impressionante esplosione di popstar nate negli anni ‘40 e ‘50. Se si considera che uno diventa famoso fra i venti e i trent’anni, le popstar nate in questo periodo sono quelle che hanno spopolato negli anni ‘60, ‘70 e in parte ‘80. Tanto per avere un’idea, solo dal 1938 al 1952 sono nate 170 popstar, mentre nei trentacinque anni precedenti ne sono nate solo 18, poco più di un decimo. Questo significa che se prima ne morivano meno, non è perché fossero più in salute. Per morire negli anni ‘90 come Kurt Cobaine (1967 - 1994), una popstar o doveva essere giovane (evento raro) o doveva essere nata negli anni ‘20 - ‘30 (ce ne sono poche). Oggi invece viviamo in un periodo in cui c’è una grande quantità di popstar in età da funerale. Essendo nate quasi tutte dopo dopo il 1940, è naturale che inizino a morire con una certa frequenza solo ora, una frequenza che nei prossimi anni è destinata ad aumentare.
In questa tabella ci sono le probabilità (da moltiplicare per 100 per averle in %) che una persona, a seconda dell’età e del sesso, muoia prima della fine dell’anno. Chiamiamo p(E) la probabilità media fra uomini e donne che una persona di età E muoia entro un anno. La probabilità che invece sopravviva sarà 1 – p(E). Per esempio, se uno ha 53 anni come George Michael (1963 - 2016), la probabilità che non arrivi al 2018 è
p(53) = 0.005
cioè 0.5%, che è poco, ma se di George Michael ce ne sono 61, la probabilità che sopravvivano tutti è del 74%
[1 – p(53)]61 = 0.74
e quindi la probabilità che ne muoia almeno uno è del 26%, che non è poco.
Affinché una persona di età E muoia all’età di E’ anni, dovrà superare l’età E, E+1, E+2 e così via fino a E’–1, e morire all’età di E’ anni. Questo significa che la probabilità w(E, E’) che una persona di età E muoia quando avrà E’ anni è
w(E, E’) = [1-p(E)] • [1-p(E+1)] • ... • [1-p(E'-1)] • p(E') =
= p(E') • ∏i=E, E’-1 [1-p(i)]
e la probabilità che muoia in un’età compresa fra E’ e E” è
z(E, E’, E”) = = w(E, E’) + w(E, E’+1) + ... + w(E, E”-1) + w(E, E”) =
= ∑i=E’, E” w(E, i)
Per esempio, la probabilità che uno di 72 anni muoia dopo almeno 10 anni ma prima di 15 è
z(72, 82, 86) = 0.231
Se torniamo all’istogramma dell’inizio, abbiamo che le popstar ancora in vita che hanno fra i 70 e i 74 anni, estremi compresi, sono 58. Se per semplicità assumiamo che abbiano tutte 72 anni, possiamo ricavare quante di loro moriranno nell’intervallo che va dal 2027 al 2031
z(72, 82, 86) • 58 ≈ 13
Applicando questa formule in modo analogo a ogni quinquennio dell’istogramma si può ottenere la distribuzione dei morti nei prossimi trent’anni.
Come si può vedere siamo solo l’inizio. Tra il 2032 e il 2037 moriranno circa 46 popstar, 9 all’anno, quasi una al mese. Spero che la gente riesca a farsene una ragione, altrimenti nei decenni a venire tv, giornali e social network non saranno altro che un lungo e ininterrotto necrologio.
E per quest’anno cosa dobbiamo aspettarci? Quella qui sotto è la distribuzione delle popstar ancora vive.
Le varie fasce di grigio, da sinistra a destra, mostrano le zone in cui sono nati i cinquantenni, i sessantenni, i settantenni, gli ottantenni e gli ultranovantenni. Queste le quantità (n) di popstar in ciascuna fascia:
Cinquantenni:61
Sessantenni: 88
Settantenni: 84
Ottantenni: 3
Ultranovantenni: Chuck Berry (1926)
E queste le probabilità medie (pm) che una persona di una certa fascia di età non veda il 2018:
Cinquantenni: 0,6%
Sessantenni: 1,3%
Settantenni: 3,1%
Ottantenni: 8,7%
Chuck Berry: 18,5%
Se si moltiplica n per pm si hanno i morti stimati del 2017. Ci si può così aspettare che moriranno circa 4 popstar: un sessantenne e tre settantenni, con una probabilità del 31% che a loro si aggiunga anche un cinquantenne. Invece Chuck Berry potrebbe farcela anche quest’anno. Fra i sessantenni potremmo doverne salutare uno fra Steven Tyler (1948), Robert Plant (1948), Mark Knopfler (1949), Bruce Springsteen (1949), Gene Simmons (1949), Gloria Gaynor (1949), Stevie Wonder (1950), Phil Collins (1951), Sting (1951), Paul Stanley (1952), Cyndi Lauper (1952) e Angus Young (1955), solo per citare i più famosi, mentre fra i settantenni abbiamo Tina Turner (1939), Bob Dylan (1941), Neil Diamond (1941), Paul Simon e Art Garfunkel (1941), Barbra Streisand (1942), Aretha Franklin (1942), Keith Richards (1943), Mick Jagger (1943), Roger Waters (1943), Jimmy Page (1944), Rod Stewart (1945), Eric Clapton (1945), Cher (1946), David Gilmour (1946), Brian Johnson (1947) e Elton John (1947) (chissà chi canterà al suo funerale).
Prima di concludere, una precisazione: nell’insieme di popstar qui utilizzato non ci sono solo i cantanti solisti ma anche le band con i loro componenti principali. È vero che in questo modo si sono presi in considerazione anche dei perfetti sconosciuti come Ringo Starr (1940), ma è anche vero che ci sono molte persone universalmente riconosciute come popstar che però, non avendo venduto abbastanza dischi, non sono rientrate in questo insieme, come per esempio Leonard Cohen (1934 - 2016), o una quantità spropositata di gente diventata famosa durante e soprattutto dopo gli anni ‘80, o ancora, per ovvi motivi, gli italiani. A questo proposito basti pensare che, con i criteri usati, gli unici italiani che possono fregiarsi del titolo di popstar sono Domenico Modugno (1928 - 1994) e Andrea Bocelli (1958). Questo per dire che le popstar attualmente in circolazione sono ben più di 310 e dunque queste previsioni sono solo una sottostima. Dobbiamo stare pronti.
Come diceva Andy Warhol (1928 - 1987) “nel futuro morirà una celebrità ogni quindici minuti”.
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giuliocavalli · 7 years
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Ecco cosa diceva il sindaco M5S di Bagheria. Altro che "giustizia a orologeria".
Ecco cosa diceva il sindaco M5S di Bagheria. Altro che "giustizia a orologeria". (da Livesicilia) PALERMO- È probabilmente il capitolo più spinoso dell'inchiesta della Procura di Termini Imerese sul sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque. Il vigile urbano Domenico Chiappone fece sapere al primo cittadino che sulla base di un esposto anonimo erano partiti gli accertamenti sulla casa abusiva del cognato di Cinque. La polizia municipale si stava attivando per i controlli e le eventuali contestazioni. Cinque, appresa la notizia, avvertì la sorella Maria. Non solo, Chiappone, su richiesta di Cinque, scrive il giudice per le indagini preliminari Michele Guarnotta, “istigato dal cognato Domenico Buttitta, indebitamente rifiutava di procedere alla identificazione delle persone nei cui confronti venivano svolte le indagini della Procura di Termini Imerese”. Da qui le accuse di rivelazioni di segreto istruttorio e rifiuto di atti d'ufficio contestate dalla Procura diretta da Ambrogio Cartosio. Al comando di polizia municipale era giunto un esposto che portava la firma del cognato di Cinque che, almeno così sembrava, si diceva pronto a mettersi in regola prendendo spunto dagli “annunci del sindaco Patrizio Cinque che ha deciso di abbattere le case abusive”. In realtà si trattava di un anonimo, la firma non era autentica. La macchina, però, si sarebbe attivata lo stesso. E così il 30 aprile Chiappone telefonava al sindaco. I carabinieri li stavano intercettando: “Siccome devo chiedere una cosa, parlare di una cosa personale urgente... dove sei che ti vengo a trovare.. ti aspetto a Villa Cattolica”. Subito dopo il sindaco avvertì la sorella Maria: “Dovremmo parlare... con Mimmo in particolare devo parlare... io sono in giro ti devo parlare per la casa capito?... dobbiamo parlare subito”. Stessa cosa diceva al cognato: “Ci dobbiamo vedere... ti devo parlare”. Cosa c'era di così urgente da discutere? Lo si capisce dalle successive telefonate di Cinque con gli assessori Fabio Atanasio e Maria Laura Maggiore: “Comunque è arrivata... ti ricordi l'altra volta nella stanza che ti dicevo di un'autodenuncia che avevo in mente... abusivi immobili abusivi”. Atanasio: “Si è autodenunciato?”. Cinque: “Ne parliamo dopo dai”. Alla Maggiore Cinque spiegava che "sono stato contattato dai vigili... ti ricordi la discussione che facemmo... sull'autodenuncia che volevo fare fare a mio cognato è arrivata l'autodenuncia... è firmata mio cognato ma non è... non l'ha fatta lui... ma non mi preoccupa tanto la denuncia o il discorso di fare emergere questa discussione dell'immobile mi preoccupa la modalità cioè l'autodenuncia perché io mi aspettavo che denunciassero anonimamente dicendo che c'è questa situazione andateci, ma non che si inventassero un'autodenuncia, che io volevo fare fare a mio cognato, cioè una cosa incredibile”. Cinque pensava alle conseguenze: “... però chiaramente si aprirà tutta una situazione, una situazione dove io volevo dirti una cosa noi stiamo facendo la sanzione cioè si può fare da duemila a ventimila euro, Aiello sta facendo a ventimila euro, è una cifra troppo grande non capisco perché... una cosa è pagare duemila euro o una cifra mediana, diecimila, cinquemila, e sono soldi che vanno per le demolizioni per carità, una cosa è ventimila euro che sono cioè una cifra enorme per tutti...”. Cinque se la prendeva con il deputato nazionale Claudia Mannino, sospesa dal Movimento 5 Stelle perché coinvolta nell'inchiesta sulle firme false : “... ti ricordo che questa situazione l'ha messa quella minchiona di Claudia Mannino e quindi siamo veramente dei geni... che vuoi che ti dica è incredibile, vessiamo le persone in questo modo secondo me”. Il riferimento era ad un emendamento che inaspriva le sanzioni per gli abusi edilizi, il cui prima firmatario era proprio Mannino. E Maggiore aggiungeva: “... ma vedi che questi non hanno la percezione della situazione che poi tra l'altro te la posso dire una cosa? L'avesse messa e l'avesse proposta una di Milano”. Cinque aveva altre idee: “Quindi vediamo di fare questa, di abbassare questa sanzione, di farla bassa magari puoi mettere quelli a 150 metri dal mare gliene dai 20 mila quello è doveroso... perché comunque sai che se la possono passare bene”. Maggiore sembrava recepire: “Vediamo com'è che hanno fatto se ci sono situazione analoghe oppure... ci sono criteri così come dicevi tu e magari li applichiamo”. “Ed in caso - concludeva Cinque - diamo un atto di indirizzo”. Secondo l'accusa, rivelando l'esistenza dei controlli, Cinque avrebbe favorito i parenti che si sarebbero preparati a ricevere la visita dei poliziotti municipali. Durante il controllo il vigile chiamò il sindaco per informarlo che avevano trovato “documenti che sono positivi... il proprietario è un poco nel pallone non ci sa dare determinate indicazioni volevano un po' capre magari”. E Cinque aggiungeva: “... positivi nel senso che loro avevano provato a fare un'istanza di condono... io io ti direi prendi quello che ti serve poi con Carlo vai a verificare”. Cinque e Chiappone si sarebbero incontrati in caserma come il sindaco riferiva a un'amica: “... poi sono passato sempre a parlare con questi della polizia municipale per vedere insomma com'era andata... tutto sotto controllo diciamo prima che si fa sta cosa chissà quando se ne parla... già avevano iniziato una pratica... una cosa, quindi stanno cedendo di trovare qualche cosa prima che si fa”. I tempi dei controlli si sarebbero allungati anche grazie all'intervento di Cinque,sollecitato dal cognato: “Siccome si sono presentati i vigili che penso lo sai”. “Ti serve più tempo?”, chiedeva Cinque. Risposta: “... mi serve più tempo certo”. Cinque: “ Si può rinviare”. Quindi il sindaco scriveva a Chiappone: “... in pratica ci chiedono di andare mercoledì prossimo così ne possono parlare in famiglia.. allora dico che andate mercoledì 8”.
(da Livesicilia) PALERMO- È probabilmente il capitolo più spinoso dell’inchiesta della Procura di Termini Imerese sul sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque. Il vigile urbano Domenico Chiappone fece sapere al primo cittadino che sulla base di un esposto anonimo erano partiti gli accertamenti sulla casa abusiva del cognato di Cinque. La polizia municipale si stava attivando per i controlli e le…
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thrillerlibri-blog · 8 years
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Premio Strega - Mozzarella italiana D.O.P.
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Anche quest'anno si apre il bando per il famosissimo premio Strega, per la precisione l'iscrizione è stata aperta da poco ma come ci si iscrive al premio? Quali sono le reali possibilità di vincerlo? E la risonanza nelle librerie? Analizziamo assieme quello che c'è oltre il vetro, oscurato, di un premio così importante.
Dal 1944 i conti non tornano
Cominciarono, nell’inverno e nella primavera 1944, a radunarsi amici, giornalisti, scrittori, artisti, letterati, gente di ogni partito unita nella partecipazione di un tempo doloroso nel presente e incerto nel futuro. Sono queste le parole con cui Maria Bellonci presenta il premio Strega, ambito da molti scrittori e vinto da pochi, 70 per la precisione. Il premio è istituito a Roma, ed è definito come: Il premio letterario Strega degli Amici della domenica; nome con cui sono identificati i componenti della giuria dal gruppo che si riuniva in casa Bellonci il pomeriggio della domenica. La giuria era composta alla data di fondazione del premio (1947) da centosettanta Amici e comprende attualmente quattrocento votanti. Un bel numero di persone a quanto pare, che legge e commenta i romanzi proposti e screma i partecipanti fino al numero minimo, così da poter sottoporre solo i migliori al giudizio finale con cui decretare il vincitore.
Però...
Eh si, c'è un però che fa riflettere. Che mi ha fatto drizzare le antenne e documentare e infine redarre questo articolo: All’organizzazione del premio presiede un Comitato direttivo composto da due rappresentanti della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, due rappresentanti della società Strega Alberti Benevento, tre vincitori del Premio Strega e quattro Amici della domenica. Del Comitato non possono far parte dipendenti delle case editrici ammissibili a partecipare alla competizione. beh, fin qui tutto bene, ma continuando a leggere si nota che: Ogni libro è presentato da due Amici della domenica, i quali sono garanti del consenso dell’autore a partecipare al premio. Spetta ai due Amici motivare la candidatura inviando, ciascuno per proprio conto, una lettera di presentazione che contenga un breve giudizio critico sul libro proposto. Le lettere dovranno pervenire alla sede del premio (via Fratelli Ruspoli 2, 00198 Roma) entro il termine di anno in anno comunicato dalla segreteria. Ecco il problema. Bisogna essere presentati. È normale che un premio così ambito sarebbe invaso da proposte letterarie indecenti, la segreteria sommersa di plichi inviati da tutto il Bel Paese, ma è indegno che si classifichi come "importante" un concorso dove si può partecipare solo se almeno due giuristi ti propongono. Ed è qui che mi voglio soffermare, perché se i giuristi de "gli amici della domenica" fossero dei lettori forti (chi come me legge dai 20 ai 40 libri all'anno) allora sarebbe probabile che autori sconosciuti, ma molto bravi, riuscissero a partecipare. Purtroppo gli Amici della domenica sono tutt'altro che lettori forti, o per meglio dire, i lettori veri sono una minoranza. I militanti di questa schiera annoverano tra le loro fila politici, scrittori, persone influenti nell'ambito editoriale, manager ecc... In altre parole se non "conosci" non partecipi. La lista completa degli Amici della domenica è aggiornata annualmente, ed è consultabile a questo indirizzo. Noterete nomi quali: Gianni Alemanno (in forza quest'anno) Gianni Letta (in forza quest'anno) Stefano Rodotà  (in forza quest'anno) Francesco Rutelli  (in forza quest'anno) Walter Veltroni (in forza quest'anno) Inge Feltrinelli (in forza quest'anno) e altri 50 tra donne e uomini politici. Ci sono inoltre molti, moltissimi scrittori. Ma nessuno dei 400nomi presenti è etichettato come lettore. Nessuno. Presuppongo quindi che i nomi prima citati siano quindi dei grandissimi lettori, di ogni più disparato genere.
E i vincitori? Una bottiglia per domarli tutti!
La cosa buffa di questo premio è che a partecipare sono dei bravi scrittori, talentuosi per il genere a cui appartengono. I romanzi sono sempre molto impegnati e i temi trattati spesso sono toccanti e ci fanno riflettere. Ma alla fine dei giochi, una volta vinto il premio, dove finiscono questi scrittori? Risposta: una buona parte resta nel dimenticatoio da cui ha tirato fuori la testa per alcuni secondi. Eh si, perché Donato Carrisi o Roberto Saviano non hanno mai vinto un premio Strega eppure sono autori italiani di successo (più o meno apprezzati, ma quello è soggettivo), mentre gli ultimi cinque vincitori del premio Strega sono praticamente spariti: Saltiamo il 2016 e diamo al vincitore Edoardo Albinati una possibilità, magari scriverà un altro romanzo a breve. Chissà. Premio Strega 2015, vince Nicola Lagioia con “La Ferocia”, dopo questo romanzo pubblicato con Einaudi non ha scritto altro (dal 2014) Premio Strega 2014, il vincitore è Francesco Piccolo con “Il desiderio di essere come tutti”. Edito da Einaudi. Ancora. Pubblica un altro libro nel 2015, dal titolo "Momenti di trascurabile infelicità" riprendendo la stessa copertina e lo stesso tema del romanzo scritto da lui stesso nel 2010. Il titolo? "Momenti di trascurabile felicità". Vabbè. Premio Strega 2013, il vincitore è Walter Siti con "Resistere non serve a niente". Vince con Rizzoli, e riceve una valutazione di 2,5 stelle su 5 da oltre 100recensori indipendenti. Sfortuna? Mah. Premio Strega 2012, vince Alessandro Piperno con “Inseparabili". Edito da Mondadori, che trovate sempre a 2,5 stelle su 5 su ibs o amazon, per un totale di oltre 100 recensioni. Tutto ciò non vuol dire che siano cattivi autori, semplicemente che da un premio di tale portata mi aspetto che il pubblico reagisca con almeno 4 stelle su 5, considerando che i temi trattati sono impegnati e che quindi abbracciano dei lettori che non sono soliti comprare 50sfumature o Federico Moccia, e che a mio giudizio hanno una cultura letteraria capace di giudicare non solo la trama, ma anche il contenuto e la forma. È come chiedere a un falegname di giudicare un mobile dell'Ikea: sicuramente ne ha in casa uno per motivi di praticità ed economia, ma non lo valuterà mai al pari di un prodotto di artigianato confezionato con centinaia di ore di lavoro e passione.   Tra le altre cose, avete per caso notato delle ridondanze tra i nomi? Vediamo i vincitori degli ultimi 70 premi strega Anno Vincitore Opera Editore 1947 Ennio Flaiano Tempo di uccidere Longanesi 1948 Vincenzo Cardarelli Villa Tarantola Meridiana 1949 Giovanni Battista Angioletti La memoria Bompiani 1950 Cesare Pavese La bella estate Einaudi 1951 Corrado Alvaro Quasi una vita Bompiani 1952 Alberto Moravia I racconti Bompiani 1953 Massimo Bontempelli L'amante fedele Mondadori 1954 Mario Soldati Le lettere da Capri Garzanti 1955 Giovanni Comisso Un gatto attraversa la strada Mondadori 1956 Giorgio Bassani Cinque storie ferraresi Einaudi 1957 Elsa Morante L'isola di Arturo Einaudi 1958 Dino Buzzati Sessanta racconti Mondadori 1959 Giuseppe Tomasi di Lampedusa Il Gattopardo Feltrinelli 1960 Carlo Cassola La ragazza di Bube Einaudi 1961 Raffaele La Capria Ferito a morte Bompiani 1962 Mario Tobino Il clandestino Mondadori 1963 Natalia Ginzburg Lessico famigliare Einaudi 1964 Giovanni Arpino L'ombra delle colline Mondadori 1965 Paolo Volponi La macchina mondiale Garzanti 1966 Michele Prisco Una spirale di nebbia Rizzoli 1967 Anna Maria Ortese Poveri e semplici Vallecchi 1968 Alberto Bevilacqua L'occhio del gatto Rizzoli 1969 Lalla Romano Le parole tra noi leggere Einaudi 1970 Guido Piovene Le stelle fredde Mondadori 1971 Raffaele Brignetti La spiaggia d'oro Rizzoli 1972 Giuseppe Dessì Paese d'ombre Mondadori 1973 Manlio Cancogni Allegri, gioventù Rizzoli 1974 Guglielmo Petroni La morte del fiume Mondadori 1975 Tommaso Landolfi A caso Rizzoli 1976 Fausta Cialente Le quattro ragazze Wieselberger Mondadori 1977 Fulvio Tomizza La miglior vita Rizzoli 1978 Ferdinando Camon Un altare per la madre Garzanti 1979 Primo Levi La chiave a stella Einaudi 1980 Vittorio Gorresio La vita ingenua Rizzoli 1981 Umberto Eco Il nome della rosa Bompiani 1982 Goffredo Parise Sillabario n.2 Mondadori 1983 Mario Pomilio Il Natale del 1833 Rusconi 1984 Pietro Citati Tolstoj Longanesi 1985 Carlo Sgorlon L'armata dei fiumi perduti Mondadori 1986 Maria Bellonci Rinascimento privato Mondadori 1987 Stanislao Nievo Le isole del paradiso Mondadori 1988 Gesualdo Bufalino Le menzogne della notte Bompiani 1989 Giuseppe Pontiggia La grande sera Mondadori 1990 Sebastiano Vassalli La chimera Einaudi 1991 Paolo Volponi La strada per Roma Einaudi 1992 Vincenzo Consolo Nottetempo, casa per casa Mondadori 1993 Domenico Rea Ninfa plebea Leonardo 1994 Giorgio Montefoschi La casa del padre Bompiani 1995 Mariateresa Di Lascia Passaggio in ombra Feltrinelli 1996 Alessandro Barbero Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo Mondadori 1997 Claudio Magris Microcosmi Garzanti 1998 Enzo Siciliano I bei momenti Mondadori 1999 Dacia Maraini Buio Rizzoli 2000 Ernesto Ferrero N. Einaudi 2001 Domenico Starnone Via Gemito Feltrinelli 2002 Margaret Mazzantini Non ti muovere Mondadori 2003 Melania Gaia Mazzucco Vita Rizzoli 2004 Ugo Riccarelli Il dolore perfetto Mondadori 2005 Maurizio Maggiani Il viaggiatore notturno Feltrinelli 2006 Sandro Veronesi Caos Calmo Bompiani 2007 Niccolò Ammaniti Come Dio comanda Mondadori 2008 Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi Mondadori 2009 Tiziano Scarpa Stabat Mater Einaudi 2010 Antonio Pennacchi Canale Mussolini Mondadori 2011 Edoardo Nesi Storia della mia gente Bompiani 2012 Alessandro Piperno Inseparabili. Il fuoco amico dei ricordi Mondadori 2013 Walter Siti Resistere non serve a niente Rizzoli 2014 Francesco Piccolo Il desiderio di essere come tutti Einaudi 2015 Nicola Lagioia La ferocia Einaudi 2016 Edoardo Albinati La scuola cattolica Rizzoli   Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro aggiungere altro  
(In)Concludendo
Il premio Strega rimane, a dispetto dei miei barbari pensieri, uno dei premi più prestigiosi in Italia. Ho gettato un sasso sperando che le onde provocate possano stimolarvi a cercare altre informazioni, oltre a quelle che vi ho dato, e a confrontarle con gli altri siti in circolazione sul web. Il mio parere è evidente, siamo in Italia e ci conoscono in tutto il mondo per i nostri prodotti, che sono sempre di qualità elevatissima. I libri? No. Le Bufale. Simone Pinna Click to Post
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    Andrew e Cinty
seconda parte del
Viaggio da Grottammare a Caserta Vecchia
      La Reggia di Caserta nei viaggi di Andrew
    …..Seconda parte
  «Quindi, hai deciso? Andiamo a zonzo, oppure facciamo un itinerario turistico?» chiede Andrew mentre addenta la brioche ripiena di cioccolato, appena recuperata dal vassoio della colazione, più che sontuosa, che ha ordinato.
«Ma…Tutta questa roba è per noi oppure aspettiamo qualcun’altro per colazione?», gli dice in tutta risposta Cinty
«Mi devo rimettere in forze…mi aspetta una bella giornata a Sora»
«Ok! decido io, andiamo all’avventura, ci guardiamo attorno e quello che ci attira lo visitiamo…Va bene?» aggiunge Andrew
«Andiamo a piedi o prendiamo la moto?», chiede Cinty una volta fuori dall’albergo
«A piedi, dai dammi la mano, facciamo i fidanzatini…per di qua, il centro non è lontano».
Si incamminano lungo Viale san Domenico, in direzione centro, mano nella mano scherzando e facendo battutine per prendersi in giro, come due ragazzini alla prima cotta.
La giornata era calda ma quel leggero venticello, che arrivava dalle montagne di fronte, la rendeva piacevole per una camminata.
Dopo un’oretta di camminata in mezzo a capannoni, showroom di varie ditte, come in tutte le prime periferie delle città, ridendo e scherzando, arrivano a un bivio con un ponte, dove sotto, passa il Fiume Liri.
«Dritto o a destra? Scegli tu»
«Dritto, mi ispira di più» dice Cinty
Imboccano il ponte sopra il fiume e appena passato, si trovano in una piazzetta con tre strade, a questo punto scelgono quella centrale, anche perché sembra più ricca di negozi e case di una certa fattura antica.
«Che bella!! Andiamo a visitarla?» esclama Cinty passando davanti alla Chiesa di San Bartolomeo Apostolo.
«Andiamo, però se vogliamo visitare Sora, non entriamo in tutte le chiese che incontriamo, lo so che ti attirano ma almeno vediamo quelle più interessanti, ok?»
«Promesso ma ora entriamo, sono curiosa»
La struttura della Chiesa esternamente è veramente bella, la facciata presenta quattro colonne neoclassiche, con due finti campanili ai due lati.
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Andrew e Cinty entrano da una delle porticine ai lati del portone centrale, appare molto luminosa, dipinta di bianco e con decori color oro sui capitelli delle colonne e i bordi delle cornici, che girano attorno all’interno della chiesa, una cupola con un affresco domina l’altare maggiore, raffigurante la cacciata degli Angeli ribelli dal Paradiso.
«Bella vero?» chiede Cinty una volta usciti
«Mi aspettavo di meglio, visto come si presenta dal di fuori, mi è sembrata un po’ spoglia» risponde Andrew, abbastanza annoiato.
«Beh! Ora che hai, eri tutto contento prima e adesso hai il muso?»
«Non ho il muso, è solo che stiamo perdendo tempo»
«Ma che due…Siamo in ferie, non rovinare subito la giornata, che era cominciata così bene, so io cosa ci vuole per te, ti offro un caffè e vediamo se c’è un dolcetto tipico della zona, così ti metti in forze per stasera…» gli dice Cinty guardandolo con due occhioni maliziosi.
Il sorriso torna sul volto di Andrew, Cinty sapeva sempre come fare per far tornare il buonumore a suo marito.
«Hai visto le case di questa strada? Prima c’era una casa bianca con l’angolo curvo e una stemma sopra un balcone, che prendeva tutto l’angolo e le finestre tutte decorate con dei fregi arzigogolati, ora invece questa, che ha quella scultura che sembrerebbe San Giuseppe con Gesù bambino in braccio e dall’altra parte invece c’è la Madonna con Bambino, chissà che significa» chiede Cinty, incuriosita da quella strana architettura, molto diversa da casa a casa.
Percorrendo, sempre Corso Volsci, sulla destra incontrano una piazza dedicata a Santa Restituta con sopra l’omonima chiesa
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«Eeh no! Stavolta se vuoi vedere la chiesa ci vai da sola, io mi metto seduto qui al bar e ti aspetto, intanto mi prendo un caffè, che mi hai promesso e una pasta, tu vai se vuoi»
«Posso? Non ti dispiace? Allora faccio presto, anche perché dopo devo andare in bagno»
Andrew si siede ad un tavolino fuori del Caffè i Portici e ordina un caffè con i “Mostaccioli” dolci tipici della zona
«Non sai cosa ti sei perso»
«Io…? Niente mi sono preso un ottimo caffè e dei Mostaccioli, che sono la fine del mondo, quasi quasi faccio il bis, così ti tengo compagnia»
«Che ora è?» chiede Cinty
«Le 12,15, perché?»
«E’ quasi ora di pranzo ma non si dice mai di no, ad un ottimo caffè, però non prendo il dolce»
«Ho letto diverse buone recensioni su un localino qui vicino, si chiama Osteria dei Briganti, già il nome è tutto un programma, poi ho letto che preparano anche il baccalà, visto che a te piace, vuoi che proviamo ad andarci?», chiedse Andrew
«Va bene e tu cosa mangi?»
«Non so, poi vediamo»
Si alzano e si avviano verso il ristorante
Sono già le 15.30, quando escono dal ristorante, si guardano attorno e si incamminano verso il ponte che attraversa il Fiume Liri, per costeggiarlo e tornare verso l’albergo.
  Rientrati in albergo, Andrew va a controllare la moto e a prepararla per la partenza del giorno dopo mentre Cinty va in camera.
«Mamma mia, che stanchezza ho i piedi che mi fanno male» dice Andrew entrando in camera
«Cinty! Tu hai fame? vuoi andare a cena oppure no?»
«Veramente io farei solo una doccia e poi a letto, sono distrutta ma quanti chilometri abbiamo fatto oggi?»
«Non so ma sicuramente molti, anch’io faccio la doccia e poi a letto, domattina ci si alza presto e si parte»
Una volta a letto, Andrew e Cinty, si addormentano di colpo abbracciati a “cucchiaietta”, come sono abituati a fare ormai da anni.
Il giorno dopo, quando un magnifico sole caldo, comincia ad essere alto sull’orizzonte, li vede già in moto diretti verso la destinazione finale, Caserta Vecchia.
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I vicoli di Caserta Vecchia
L’ingresso del B&B Conte Spancer di Caserta Vecchia
    «Ci fermiamo qui a Cassino a far colazione? Comincio ad avere un po’ di fame» chiede Cinty, battendo sulla spalla di Andrew
«Ok, ho fame anch’io, poi però ripartiamo subito, ti fumi una sigaretta e poi dritti fino a Caserta»
Arrivati alle porte di Caserta Vecchia, Cinty, salta sul sellino della moto e tutta eccitata dice
«Hai visto come si chiama quel ristorante? Ti ricorda qualcosa?»
«No!, Dove? Aah si “Alla Tana del Lupo”, ci faremo un salto a mangiare va bene? Ma ora cerchiamo l’albergo».
«Come si chiama?»
«E’ un bed & breakfast e si chiama Conte Spencer. Mi hanno detto, quando ho prenotato, che è in centro, in via San Michele Arcangelo, dovrebbe essere giù di lì, stando alla mappa ma… si può entrare qui? Mi sembra tanto stretta, vedi qualche segnale di divieto?»
«No, nessuno, c’è una macchina parcheggiata là in fondo, quindi si potrà passare, poi non hai detto che ha il parcheggio privato? Quindi?»
«Sì ma con queste stradine strette e le case tutte in pietra, in questo modo, sembra di vivere in un’altra epoca»Cinty ammirata da quel paese e dallo spettacolo che le appare davanti.
Una casa in pietra grigia, con un portone dal muro spesso come un braccio e arco, appare davanti agli occhi di Andrew e Cinty, un’insegna in ferro battuto, sta ad indicare che sono arrivati al B&B che stanno cercando.
«Wow è imponente» dice Cinty»
«Se dentro è come fuori, deve essere meraviglioso» ribatte Andrew
Il signor Michele, che si presenta come il proprietario, li accoglie sulla porta e li accompagna alla camera dopo aver preso i documenti per la registrazione.
«Molto bello qui. Mi aspettavo però, le camere in stile antico, medievale, invece sono molto accoglienti, classiche, che legano bene con l’architettura della casa, complimenti», dice Andrew al proprietario.
«Grazie, molto gentile, ci teniamo ad avere una struttura accogliente e non oppressiva, come poteva essere se avessimo arredato con mobili in stile medievale, se volete più tardi, giù sotto vi offro un thè caldo».
«Grazie, molto gentile, più tardi scendiamo, che devo mettere a posto anche la moto»
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Passata un’oretta, dopo essersi rinfrescati e riposati dal viaggio, Andrew e Cinty, scendono e il proprietario come promesso offre a loro un thè caldo e profumato accompagnato da biscottini secchi.
«Ora vado a mettere a posto la moto, poi facciamo due passi per il paese e domattina andiamo a Caserta, c’è un mezzo che porti vicino alla Reggia senza dover prendere la moto?» chiede Andrew al proprietario.
«Si ce n’è uno ogni ora, che parte dal Capolinea alla Chiesa di San Rocco»
Volendo questo paese è visitabile in un giorno ma Andrew e Cinty, hanno deciso di prendersela con calma e, inoltre, vogliono anche fare un salto a Caserta a visitare la Reggia ma soprattutto Andrew è curioso di sapere di più, sulle fate e i folletti, che “vivono e proteggono” questo borgo.
Come prima cosa fanno un salto a visitare la chiesa di San Michele Arcangelo, che poi è il Duomo di Caserta Vecchia.
A poche centinaia di metri dal B&B, lungo via San Michele Arcangelo, si arriva in Piazza Vescovado, una piazzetta con tutti i lati chiusi da case in pietra di tufo grigia e dove solo da un lato, è attraversata da via Annunziata, che passando sotto una porta ad arco del campanile del Duomo, prosegue per il paese.
  Casertavecchia Piazza Vescovado
    La pavimentazione della piazza è in tema con il resto del paese, antico e medievale, lastricata con lastroni di pietra bianca, a contrasto con i muri grigi delle case e il grigio-ocra della chiesa, unitamente al bianco del marmo dei tre portali benedettini, e che dai suoi archivolti spuntano piccole sculture a forma di animale, poggiate su mensole. Figure simili a quelle che sorreggono le colonne su cui poggia l’archivolto della finestra in stile pugliese, che si apre al di sopra del portale centrale.
L’interno del Duomo è a forma di “T”, ovvero a croce commissa, a tre navate e quella centrale, come già si vede dall’esterno, è più alta di quasi 8 metri rispetto alle due laterali, due file di colonne dividono le tre navate, la Cupola,  nascosta da un tiburio, struttura cilindrica di forma ottagonale, esternamente è decorato da due file sovrapposte, di archi intrecciati e da tarsie policrome di derivazione islamica.
«Ecco queste 18 colonne, sono quelle che sono state portate qui dalle fate» sussurra Andrew, all’orecchio di Cinty
«Ma cosa stai dicendo? Tu ti inventi le cose»
«No, è la leggenda. Dicono che quando ampliarono la cattedrale, all’epoca normanna, usarono dei materiali di recupero di altri monumenti romani. Queste colonne provenienti, provenienti dalla cattedrale dell’antica Calatia, una cittadina a pochi chilometri dall’allora Caserta, erano troppo pesanti per essere trasportate fino a qui e poi non vi erano strade comode. Si rivolsero, allora alle fate che si trovavano sui monti Tifatini, che accettarono di portarle loro, così ciascuna, trasportò una colonna con facilità per la difficile salita, volando direttamente dalla pianura alla cima del monte, tenendo una colonna in bilico sulla testa. Certo che è una leggenda, però, il fatto è che gli studiosi, si chiedono come abbiano potuto, in quell’epoca e per queste strade, portare dei pesi così importanti fino a qui, il mistero prosegue» finisce con un sorriso Andrew guardando la faccia sbigottita di Cinty.
«Forza ora andiamo a cercare dove andare a mangiare, domattina andiamo alla Reggia», taglia corto Andrew prima che Cinty cominci a fare tutta una serie di domande, a cui probabilmente non sa rispondere.
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Il Duomo di San Michele Arcangelo
interno del Duomo
Campanile dove sotto passa la strada principale di Caserta Vecchia
    «E’ andata bene la passeggiata e la cena?» chiede il signor Michele quando i due rientrano per andare a dormire.
«Si grazie ma senta e quella leggenda delle fate e del Duomo……» chiede Cinty, che non riesce a finire la frase perché Andrew la interrompe con un
«Buonanotte, noi andiamo a letto, domattina voglio andare a Caserta di buon’ora»
«Certo che sei un bel cafone quando ti ci metti. Volevo chiedergli della leggenda e tu mi interrompi»
«Perché cosa pensavi che ti dicesse? Questa è la leggenda, micca poteva dirti io lo so perché c’ero».
  La mattina dopo, alle porte del paese, vicino alla chiesa di San Rocco, prendono l’autobus che li porta a Caserta per andare a visitare la Reggia con i suoi parchi quello all’italiana e quello all’inglese.
Il taxi li lascia, su consiglio dell’autista, all’entrata secondaria della Reggia, in Corso Giannone, da qui a detta di lui, possono decidere dove andare ma il suo consiglio, vista la splendida giornata di sole, è visitare il parco, ci vorrà tutto il giorno, poi in seguito possono visitare l’interno della Reggia.
Come entrano nel parco della Reggia, dopo aver percorso un vialetto, si ritrovano all’incrocio del viale principale e a destra, spicca la Reggia contro il cielo blu e sulla sinistra un lungo viale dove in fondo…cosa ci sarà?
«Andiamo a sinistra? Voglio vedere cosa c’è laggiù, sembra…bho! da qua non si capisce, andiamo?» chiede Cinty tutta emozionata per essere in un posto così fantastico e carico di storia.
«Sei peggio di una scimmietta, curiosini? Eeh! Dai andiamo siamo qui per questo»
Si incamminano lungo il viale, finché non arrivano ad una rotonda.
«E ora da che parte?» chiede curiosa Cinty
«Proviamo a sinistra, stando a google maps, si dovrebbe arrivare alla Peschiera grande»
«E sarebbe?»
«Mi sembra di ricordare, l’ho visto in una trasmissione televisiva, che sia stata costruita per il re da Vanvitelli, per farlo allenare nelle battaglie navali e dove poteva anche pescare, se mi ricordo bene».
«Ma come faceva a fare le battaglie navali? Come ci stavano le navi….Wow ma è enorme» dice Cinty rimanendo senza parole alla vista della grandezza della vasca.
«Ecco ora hai la risposta, hai visto quanto è grande? C’è persino un isolotto in mezzo»
    Peschiera Grande con l’isolotto alla Reggia di Caserta
  Ritornano verso il viale principale, dove incontrano una fontana in mezzo ad una grande aiuola verde contornata da statue la Fontana Margherita, proseguono, poi, per il viale del Parco Reale con in mezzo una vasca lunga circa 500 metri, che termina con un’altra fontana quella dei Tre Delfini, proseguendo sempre per il viale arrivano ad una struttura a ponte pieno di statue e dalla sommità del ponte una cascatella, camminando verso il centro del ponte, capiscono di essere arrivati ad un secondo livello del parco, una vasca come quella dei Tre Delfini prosegue verso la fine del parco e il suo colmo forma la cascata della Fontana di Eolo.
«Ci sediamo? sono distrutta ma quanto è lungo questo parco? non siamo ancora a metà»
«No siamo un po’ di più della metà, però hai ragione è lungo, dalla piantina ci sono ancora due fontane e siamo arrivati alla cascata finale, poi però bisogna tornare indietro»
«Ma tu pensa quanta gente ci doveva lavorare, per tenerlo in ordine e poi che non abbiamo visto la Reggia, ci lavorava l’intera città» dice Cinty
«Era il Re di Napoli Carlo di Borbone, micca un papparaqua qualunque, e poi non dovevano pagare gli stipendi, già era una fortuna lavorare per il Re» dice ridendo Andrew.
Dopo un po’ si alzano e proseguono la camminata verso la fine del parco vedono la Fontana di Cerere, con il bellissimo gruppo di statue e infine giungono all’ultima fontana la Fontana di Diana e Atteone, con i due gruppi marmorei di statue e la Grande Cascata alle spalle.
Dopo essersi riposati per una mezz’oretta, Andrew e Cinty si mettono sulla via del ritorno, quando ormai giunti nei pressi dell’uscita sentono un gran trambusto e tutta la gente che si gira verso un punto ben preciso.
«Fermo! Polizia! Fermati!»
Mentre Andrew si gira a sua volta verso il punto da dove vengono le grida, con la coda dell’occhio vede un’ombra scura che gli cade addosso, un ragazzo poco più di vent’anni nella foga della fuga inciampa e gli rovina addosso.
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La Fontana dei Tre Delfini alla Reggia di Caserta
La Fontana di Eolo
La Fontana di Diana e Atteone con la Grande Cascata
    Immediatamente tre poliziotti lo bloccano e lo ammanettano, mentre un’altro chiama via radio un’ambulanza e cerca di far star sdraiato Andrew, che cerca di rialzarsi guardandosi attorno alla ricerca di Cinty.
«Stia giù, sta arrivando un’ambulanza, ha preso un brutto colpo e ha un profondo taglio alla testa» dice il poliziotto tenendo ferme le spalle di Andrew.
«Mia moglie…dov’è mia moglie, Cinty»
«Sono qui, non ti preoccupare io sto bene, non mi è successo niente, tu piuttosto cerca di stare fermo hai un bel taglio alla testa»
«Buongiorno sono il medico del soccorso 118, come si chiama?»
«Andrew»
«Bene Andrew, ha un brutto taglio alla testa, ora le mettiamo il collare e la carichiamo in ambulanza, sente dolore da qualche parte?»
«No, non direi, a parte la testa e le botte della caduta direi di no»
«Ok, la portiamo all’ospedale Sant’Anna, salga anche lei signora»……
  ….Fine seconda parte….
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  Andrew e Cinty a Caserta Vecchia Andrew e Cinty seconda parte del Viaggio da Grottammare a Caserta Vecchia …..Seconda parte «Quindi, hai deciso?
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