#metamoro ff
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gloriabourne · 4 years ago
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The one with a million things to tell you
È notte fonda quando Ermal sente il cellulare vibrare sul comodino.
Chiara, accanto a lui, sta dormendo. Ermal, invece, non riesce a chiudere occhio.
La serata è stata elettrizzante, di certo non si aspettava di essere primo in classifica. Quindi, anche se ormai i festeggiamenti si sono conclusi da un po' e lui è tornato in camera da più di un'ora, non riesce a dormire. È colpa di tutte quelle emozioni, lo sa.
Essere di nuovo sul palco dell'Ariston, anche se senza pubblico, è un'emozione enorme. E poi la canzone...
Lo sa che la maggior parte delle emozioni di quella sera sono dovute a quella canzone.
Allunga la mano verso il comodino e sblocca lo schermo, strizzando leggermente gli occhi per la luce improvvisa.
Il messaggio che ha ricevuto è di Fabrizio, ma questo Ermal già lo sapeva. A nessun altro dei suoi amici o conoscenti verrebbe in mente di mandargli un messaggio alle 4 del mattino.
Apre la conversazione di WhatsApp e legge le poche righe sullo schermo, in cui Fabrizio si congratula per il primo posto nella classifica provvisoria. Dice di essere orgoglioso di lui ed Ermal non può fare a meno di sorridere.
Si volta leggermente e osserva Chiara. Sta dormendo profondamente, quindi cercando di non svegliarla si alza, si infila una felpa sopra alla maglia del pigiama, ed esce sul piccolo balcone della sua camera.
Socchiude la porta alle sue spalle, cercando di non svegliare la sua ragazza, e afferra sigarette e accendino dalla tasca della felpa.
Ne accende una aspirando con calma, riempiendosi i polmoni di nicotina. Sta fumando di meno rispetto al solito, ma deve ammettere che gli piace concedersi una sigaretta ogni tanto.
Quando ormai l'ha fumata quasi fino al filtro, prende il cellulare e cerca il numero di Fabrizio in rubrica. Poi fa partire la chiamata, consapevole di trovarlo sveglio.
"Non dirmi che ti ho svegliato" dice Fabrizio preoccupato, rispondendo dopo il secondo squillo e senza nemmeno preoccuparsi di salutare il collega.
Ermal sorride gettando il mozzicone nel posacenere. "No, figurati. Non penso dormirò questa notte."
"Male. Poi vedi che occhiaie ti ritrovi domani!"
"E quando mai sono senza occhiaie?"
Fabrizio dall'altra parte del telefono ride, ed Ermal chiude gli occhi beandosi di quella risata che gli manca così tanto sentire dal vivo.
"Davvero, Ermal, perché non dormi?" chiede Fabrizio serio, qualche attimo dopo.
"Non lo so, Bizio. Credo di essere un po' troppo su di giri per come è andata. Non mi aspettavo tutto questo successo."
"Io invece me lo aspettavo."
"Davvero?" chiede Ermal sorpreso.
"Certo. Non avevo dubbi che la tua canzone sarebbe stata un capolavoro."
Ed Ermal, non sa nemmeno spiegarsi perché, crede più alle parole di Fabrizio che a chiunque altro prima di quel momento gli abbia detto che la sua canzone era effettivamente bella.
È come se le cose dette da Fabrizio fosse più vere.
"Ricordi quella sera a Lisbona? Prima della finale, quando stavamo sul divano del camerino ed eravamo agitati per come sarebbe andata?" dice Ermal a un certo punto.
"Tu eri agitato, parla per te" scherza Fabrizio.  
"Non solo io. Ricordi cosa mi hai detto?"
"Ho detto un sacco di cose quella sera."
"Hai detto che avevi paura di fare la fine della cantate di Israele e cadere dalle scale mentre scendevamo dal palco."
Fabrizio sembra ricordarsi improvvisamente di quel momento e si mette a ridere, mentre dice: "E tu mi hai detto che allora avresti fatto finta di cadere anche tu per solidarietà."
"E se non riesci ad alzarti starò con te per terra" mormora Ermal.
Fabrizio rimane in silenzio.
Ha ascoltato solo una volta la canzone del suo compare, eppure sa benissimo che Ermal ha appena citato il suo stesso testo.
Ermal, non sentendolo replicare, capisce immediatamente cosa sta pensando Fabrizio, a che conclusione sta arrivando. E sa che è la conclusione giusta.
Ma lui sta con Chiara, lui è innamorato di Chiara, e tutto ciò che poteva esserci e che c'è stato con Fabrizio non è che un ricordo racchiuso in una canzone. E sarebbe troppo doloroso ammetterlo ad alta voce.
Quindi si limita a dire: "Quella sera, quando eravamo seduti uno accanto all'altro, avrei voluto dirti un sacco di cose."
"Ma non hai detto niente" conclude Fabrizio, citando anche lui in parte la canzone del collega.
"Mi sembrava che le parole fossero superflue tra noi."
"Infatti" concorda il romano.
Non avevano mai avuto bisogno di parole. Riuscivano a leggersi a vicenda senza alcun problema ed entrambi sapevano che c'era stato un periodo in cui le cose tra loro erano cambiate. C'era stato un periodo in cui definirsi amici sarebbe stato troppo poco.
Lo avevano capito entrambi, senza bisogno di parole. Ma nessuno dei due aveva mai fatto un passo verso l'altro.
Forse, a pensarci bene, se avessero impiegato meno tempo a guardarsi e un po' di più a parlare, se avessero usato quelle parole di cui credevano di non aver bisogno, le cose sarebbero andate diversamente. Forse avrebbero avuto il coraggio di dire ciò che provavano invece di aspettare inutilmente che fosse l'altro a esporsi.
"Ti penti di come sono andate le cose?" chiede Ermal a bassa voce, timoroso di sapere la risposta.
"A volte. Tu?"
"A volte."
"Pensa un po', avremmo potuto essere i nuovi Albano e Romina. Pensa che figurone a Sanremo" ironizza Fabrizio.
Ermal non riesce a evitare di scoppiare a ridere, coinvolgendo anche Fabrizio.
Ridono per un po', fin troppo divertiti da quella che non era poi chissà che battuta. Per un attimo ad entrambi sembra di essere tornati indietro di tre anni, ai tempi del festival che hanno fatto insieme, ai tempi dell'Eurovision.
Poi però le risate si spengono ed entrambi tornano con i piedi per terra. Non sono più le stesse persone di tre anni prima, anche se vorrebbero.
"La canzone però l'hai dedicata a una donna" dice Fabrizio dopo qualche attimo, ed Ermal non capisce se sia una semplice constatazione o se sia risentito dalla cosa.
"Sarebbe stato un po' troppo palese farla al maschile, no?" replica con ovvietà.
"Sui social mettono gli asterischi quando non vogliono specificare il genere" dice Fabrizio, ricordandosi qualche post letto negli ultimi mesi.
"E come la canto una canzone con gli asterischi, Bizio?"
Scoppiano a ridere di nuovo, questa volta un po' più forte, e a quel punto Ermal la sente davvero la mancanza di Fabrizio.
È come avere fame, come sentire lo stomaco che si stringe e il nodo alla gola. E improvvisamente le lacrime che si sono formate agli angoli degli occhi a forza di ridere, gli scendono lungo le guance e si accorge che non sono più lacrime dovute alle risate.
Sono lacrime di tristezza. Perché Fabrizio gli manca più di quanto è disposto ad ammettere, e sa che la cosa è reciproca.
Ma sa anche che il loro treno ormai è passato. Sono cambiate tante cose, troppe.
E ci sono certe occasioni che capitano una sola volta nella vita. Se si perde quel treno è finita, non passa più.
Per loro è stato così e alla fine i loro sentimenti - o almeno quelli di Ermal - sono finiti dentro a una canzone.
"Grazie, Ermal" dice Fabrizio dopo aver smesso di ridere.
"Per cosa?"
"Per avermi pensato."
Ad un ascoltatore poco attento potrebbe suonare come un semplice ringraziamento per averlo pensato in quel momento, per averlo pensato al punto da chiamarlo.
In realtà, è molto di più.
È per averlo pensato mentre scriveva la canzone, per averlo pensato mentre decideva di portare quel brano al festival, per averlo pensato mentre cantava. È dietro a tutto quello c'è un grazie per averlo amato, anche se in silenzio.
"Grazie a te per avermi ispirato" risponde Ermal. E tra le righe anche Ermal ringrazia Fabrizio per averlo amato, forse come nessuno aveva mai fatto e come nessuno sarà mai in grado di fare.
Fabrizio chiude la chiamata senza salutare, senza dire altro. E va bene così.
In fondo, tra loro ci sono sempre state milioni di cose da dire, ma nessuno dei due ha mai detto niente.
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erule · 5 years ago
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- "Ci dobbiamo vedere".
- "Non ce la faccio più".
- "Non ce la fai più senza di me?"
- "Anche".
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themetamorosnsquadtwins · 6 years ago
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Dolcetto o Scherzetto aka la notte del citofono maledetto
Inzomma, ormai mi odierete tutty ma ecco qua, così, un po’ di sano quel-che-mi-è-quasi-successo-ieri e di metamoro. Au con ambientazione bolognese perché sì.
Enjoy
Come ogni anno, i giorni si ripetono, quasi tutti uguali. Lezioni, esami, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, ultimo dell’anno organizzato per l’appunto all'ultimo minuto, mare in estate, freddo bolognese in inverno e siamo tutti contenti insomma.
Questo significa che, una volta all’anno, si ripete però anche una delle notti che Ermal Meta più odia al mondo : la notte del 31 Ottobre.
Ah, Halloween.
La notte in cui le strade si riempiono di gente in costume troppo grande per fare stronzate del genere, mentre gli universitari si stipano in discoteche e bar e case a bere.
La notte dove orde di bambini con costumi ridicoli si muove in branco sorvegliata da pattuglie di genitori per suonare campanelli al grido di “dolcetto o scherzetto?” e dove, passeggiando per strada e incontrando i gruppi di adolescenti che si collocano a metà tra le due categorie di adulti e bambini e che quindi non hanno esattamente un passatempo predefinito, sorge spontanea la domanda:
“Ma questi dannati petardi non se li possono infilare nel-eh scusa ti ascolto!”
Ed eccolo lì: telefono appoggiato all’orecchio e sguardo torvo rivolto a un gruppo di suddetti adolescenti, Ermal si aggira per le strade umide della stramaledetta Bologna, cercando il loco designato per la festa.
Festa a cui non voleva andare ma a cui è obbligato a partecipare a causa della perdita di una scommessa con il suo coinquilino.
In costume, peraltro.
In costume, a una festa a cui non voleva andare, organizzata da un tipo che non conosce, per di più.
Buon Halloween, Ermal.
E la cosa migliore di tutte è che si è anche perso perché, in tutto questo, ha finito pure i giga a furia di usare il telefono causa modem rotto che nessuno si è ancora preso la briga di venire a sostituire nonostante le assillanti chiamate e mail.
Come se in quanto universitario a lui non servisse internet eh.
Perciò è da venti minuti al telefono con Marco che, da tutt’altra parte, sta cercando di guidarlo nella direzione giusta.
Ad Ermal stanno venendo i nervi
E parecchio anche.
Il fatto è che, come al solito, gli altri sono andati a sistemarsi per la festa tutti insieme e, come al solito, hanno finito ad essere in ritardo clamoroso.
L’unico più o meno in orario è lui che dopo aver passato un pomeriggio a studiare è tornato a casa, si è fatto la doccia e si è infilato il costume, costituito dal massimo che è stato disposto a mettersi: camicia bianca-ridicola a suo parere, con le maniche a sbuffo e i cordini, ma almeno è una camicia- pantaloni neri, scarpe scure e un mantello nero. La dentiera si è rifiutata di metterla.
“E per il pallore e le occhiaie sei già apposto di tuo!” aveva detto Francesco soddisfatto, guadagnandosi un’occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo e tumularlo seduta stante.
“Senti Dracula, svolta a destra e prova a vedere se c’è la via” si sente dire al telefono ed è sbuffando e rabbrividendo che svolta, sospirando di sollievo quando finalmente il cartello rispecchia la sua destinazione
“Sì, ci sono” afferma, iniziando a camminare “ora ce la faccio. Ci  vediamo dopo. E muovetevi” dice, prima di chiudere la chiamata e proseguire a passo di marcia verso il numero 104
Quando ci arriva, si accorge con orrore di non sapere a che campanello suonare.
O meglio, dovrebbe saperlo, ma non se lo ricorda perché non stava prestando attenzione.
Ma, a dire il vero, i campanelli provvisori sono solo due e dato che gli pare di aver capito che gli altri sono tutti fuorisede come loro, è probabile che sia uno di quelli, no?
Li osserva, cercando di decidere cosa fare, fino a che non legge un nome che gli pare di ricordare e suona
Mal che vada, sbaglia
Niente
Nessuno risponde
Irritato, suona di nuovo ed ecco che mezzo minuto dopo una voce risponde “Siiii?” in maniera scazzata mentre una musica in sottofondo quasi copre le sue parole
Ok, musica uguale festa quindi forse ha azzeccato
“Emmmm...” balbetta piano “Sono Ermal?” dice titubante “Sono un amico di Francesco lui-sono qui per la festa” spiega infine
“Si.... cesco..... esta!” risponde la voce, in quello che pensa sia un assenso alle sue parole “certo...ali pure....to piano!”
“Aspetta non ho-” cerca di dire, ma prima che possa dire che non ha capito a che cazzo di piano deve andare il citofono si chiude e il portone scatta, lasciandolo al suo destino.
Sbuffa, infreddolito, spingendolo ed entrando
Di citofonare di nuovo non ne ha voglia e poi, in teoria, non sarà difficile trovare la festa, no?
To piano. Quindi... quarto, quinto o sesto, immagina. Beh, basterà provarli tutti e tre.
Così sale in ascensore e preme il pulsante per il quarto, lanciandosi un’occhiata allo specchio e sbuffando al suo riflesso che trova piuttosto ridicolo così, mentre sembra venuto fuori da un romanzo del milleduecento. Che palle.
Al quarto piano, trova il nulla.
Fortunatamente, quando le porte dell’ascensore si aprono al quinto, sente una musica provenire da li e, sbirciando, trova una porta aperta da cui proviene suddetta musica.
Bene, ecco qua.
Esce sul pianerottolo, titubante, avvicinandosi piano alla porta, non sapendo cosa fare, se entrare o bussare o cosa, ma per fortuna ecco che dopo pochi secondi di stallo in cui si sente un coglione, qualcuno compare sulla soglia
Tale qualcuno è un ragazzo, un poco più grande di lui, le braccia nude ricoperte di tatuaggi e un buffo cappello in testa, che lo guarda, inclinando appena il capo.
Si fissano, in silenzio, prima che lui si illumini con un sorriso enorme “Sei qui per la festa tu, sì?”
Ed Ermal sospira e annuisce, sentendosi appena in imbarazzo
“Si... sono... cioè... un mio amico...io... sono Ermal” si risolve a dire, dandosi dell’idiota perché ha balbettato, tendendo la mano al ragazzo che gli sorride ancora di più mentre gliela stringe e si fa da parte per farlo passare “Fabbbbrizio, entra entra” gli fa cenno, mentre dietro di lui, dalle scale, sbucano altre persone, che sorridono e salutano entrando subito nella casa al suo seguito, Fabrizio che a sua volta ricambia strette di mani e nuovi convenevoli
Ermal si guarda attorno, appena imbarazzato, prendendo il telefono per controllare se gli altri sono in cammino, ma trova solo un messaggio di Marco che lo avvisa che sono super in ritardo. Ecco qua.
“Vieni accomodati” gli dice Fabrizio e lui, appena in imbarazzo, lo segue: guardandosi attorno si rende conto che alla festa sono quasi tutti più grandi di lui, ma non è un problema questo. Solo... non conosce nessuno
La musica suona mentre Fabrizio lo conduce in una stanza, dove sono ammucchiati zaini e cappotti vari
“Lascia pure la giacca qua” gli dice, sorridendo “il padrone di casa si sta a fa’ la doccia, però poi arriva” gli spiega poi mentre Ermal annuisce, posando la giacca
Non ha cuore di dirgli che lui, il padrone di casa, manco lo conosce
Quando ha finito segue Fabrizio in un’altra stanza, dove c’è molta più gente e un tavolo ricolmo di cibo e bevande.
“Serviti pure” raccomanda Fabrizio prima di sparire, rincorrendo un amico che lo richiama con un gesto, senza lasciare la possibilità di chiedere qualcosa
Ed eccolo la, fermo come un coglione in una stanza piena di gente sconosciuta.
Beh, tanto vale aspettare gli altri seduto su una sedia.
Ne adocchia una libera in fondo alla stanza, e ci si dirige.
Qualcuno gli fa un cenno di saluto mentre passa, qualcuno lo ignora.
Comunque, va a schiantarsi sulla sedia e guarda ancora il cellulare, senza trovarvi nulla se non la batteria quasi scarica.
Sospira, preparandosi a una lunga, lunghissima attesa
E infatti, mezz’ora dopo è ancora la, seduto sulla sedia, senza nessuno che gli parli, senza nessuno che conosce
Guarda nervosamente il telefono, con il “Prima o poi arriviamo” di Marco che risale a un quarto d’ora prima e sospira, massaggiandosi piano la base del naso
“Nun te stai a divertì molto eh?”
Alza gli occhi a quella frase, ritrovandosi davanti il ragazzo di prima, Fabrizio, che lo osserva con una birra in mano, che gli tende
“No” ammette piano “Non molto” dice sconsolato, guardandolo sedersi accanto a lui mentre recupera la birra con un “grazie” leggero
“’O vedo” risponde l’altro “non ti sei mosso da qua da quando sei arrivato... com’è che non conosci nessuno?” gli domanda cosa a cui Ermal risponde con uno sbuffo
“I miei amici devono ancora arrivare” spiega, alzando gli occhi al cielo “Sono sempre in ritardo” spiega poi, irritato, mentre la risata di Fabrizio si fa appena sentire, leggera, a quelle parole
“Un classico” dice, prima di voltarsi, per guardarlo meglio “Che dovresti essere tu?” domanda poi, indicando il suo costume
“Dracula, in teoria” replica Ermal, grattandosi appena il collo, che prude per colpa di quella camicia mentre Fabrizio lo guarda annuendo
“Il vampiro. Giusto?” chiede ed Ermal annuisce anche se è un po’ perplesso che ci sia stato bisogno di precisarlo
“E tu?” chiede poi, confuso dal suo abbigliamento: ha addosso un paio di jeans scuri e una maglia con le maniche tagliate, in vita una camicia a scacchi neri e rossi, e quello stupido cappello ancora in testa a nascondere dei ciuffi scuri. Anche sforzandosi, non riesce a capire cosa sia
A parte un gran fregno
“Io so me stesso” ride l’altro, bevendo un sorso di birra “Nun me piace molto Halloween” spiega poi mentre Ermal annuisce entusiasta
“Nemmeno a me” conferma “Mi sono dovuto vestire perché ho perso una scommessa ma sto odiando ogni minuto, credimi” dice, prima di prendere un sorso di birra a sua volta, socchiudendo gli occhi
Almeno ha da bere, ora
Voleva aspettare almeno gli altri ma... a questo punto, tanto vale. Meglio l’alcol che la solitudine.
Mentre beve, si sente lo sguardo di Fabrizio addosso per cui si rivolta per osservarlo meglio, sorridendo
“Che c’è?” chiede, allungando appena una gamba davanti a se con noncuranza, stiracchiandosi
Lo osserva, mordendosi piano il labbro, cercando di valutare le proprie opzioni
Ok forse è decisamente troppo sobrio per iniziare a flirtare pesantemente ma Fabrizio è un bel ragazzo e quantomeno gli sta parlando quindi può tastare un po’ il terreno, no?
Beh, sì.
Mal che vada... chissenefrega
E poi o è parlare con lui o è morire di noia quindi tanto vale tentarla
Anche perché, pensa, Fabrizio non gli avrà offerto una birra per pura e semplice gentilezza giusto?
“Niente” replica l’altro, scrollando le spalle e leccandosi piano le labbra “Allora...tu non sei di qui vero?” gli chiede
E così, Ermal si volta del tutto e inizia a parlare con lui, avendo cura, ogni tanto, di rivolgergli qualche piccolo gesto: leccarsi le labbra, scostarsi piano i ricci, inclinare appena il capo, sorridere.
E Fabrizio, c’è da dirlo, gli da corda.
Parla con lui, sporgendosi appena per ascoltarlo meglio, sorridendogli, il viso che pur nella penombra della stanza si rivela bello, con quella barba appena accennata e le lentiggini
Parlano di tutto: da dove vengono, cosa fanno, cosa gli piace. Di musica, di cinema, di studi e lavori.
Tanto che Ermal, a dire il vero, si dimentica anche che devono arrivare i suoi amici
Il tempo scorre e la birra scende mentre le aspettative di una serata piacevole si alzano sempre di più ed è solo quando si alza per andare in bagno che si accorge che è passata più di un’ora da quando ha guardato il telefono
Perplesso, si guarda attorno.
Nessuno: di Marco o Francesco o qualcuno degli altri non c’è assolutamente traccia.
Corruga la fronte in una ruga di preoccupazione, dirigendosi verso il bagno e tirando fuori il telefono che trova spento.
Sbuffa, irritato: non si dovrebbe preoccupare troppo, eh, ma l’essere ancora solo e la batteria scarica gli hanno rovinato un po’ l’umore che la birra e Fabrizio gli avevano tirato su.
E’ brillo, si, ma non abbastanza da non capire che c’è qualcosa che non va in quasi due ore di ritardo
Perciò, quando torna indietro, si avvicina a Fabrizio e chiede “senti non è che hai una presa?” sventolando il telefono scarico
“Si, vieni” annuisce l’altro, alzandosi, accompagnandolo nella stanza di prima e facendogli un cenno verso il muro
“Grazie” sospira Ermal, attaccando il telefono, chinandosi per farlo “I miei amici non sono ancora arrivati e io-” inizia a dire, interrompendosi però quando si volta
Fabrizio è appoggiato allo stipite della porta ora chiusa, e lo guarda, il viso appena arrossato per l’alcol e un sorriso sottile sulle labbra
Inclina appena il capo Ermal, arrossendo appena di fronte a quello sguardo che non sembra solo vederlo, ma studiarlo e quasi... spogliarlo.
Non che se ne stupisca troppo: è dall’inizio della loro conversazione che stanno giocando a quel gioco e evidentemente ha fatto centro perché se ora sono lì e si osservano in quel modo vuol dire che sono ambedue sulla stessa lunghezza d’onda.
Deglutisce, le dita ancora premute ad accendere il telefono, ma lo sguardo rivolto solo a lui, che lo osserva, indeciso su cosa fare apparentemente
Perciò, si morde piano il labbro, guardandolo intensamente come a dire, vieni avanti dai
Non che non sia più preoccupato ma l’alcol e il modo di Fabrizio di guardarlo gli fanno mettere da parte momentaneamente l’urgenza
Per un paio di minuti... non succede nulla, giusto?
Fabrizio si tira su, iniziando a camminare e posando la birra che ha ancora in mano su una scrivania, mettendosi poi le mani in tasca
“Toglimi una curiosità” dice Fabrizio, avvicinandosi a lui lentamente “Com’è che funzionava con i vampiri? Ti devono mordere per trasformati, giusto?” chiede, cosa che spinge Ermal ad annuire, un ghigno che gli si dipinge piano in faccia a quella domanda
“Perché” chiede piano, leccandosi le labbra quasi senza accorgersene “Hai paura che ti morda?” scherza, guardando Fabrizio farsi sempre più vicino, arretrando più per istinto che per altro
“Mh” risponde solo l’altro, arrivando a mezzo passo da lui, i loro respiri che si mischiano nell’aria immobile e fresca della stanza “Ma che succede se invece un vampiro ti bacia?” chiede, cosa che fa aumentare il ghigno sul viso di Ermal, che si inclina appena mentre si sporge delicatamente verso di lui
“Non saprei” dice, ponderando la cosa come se fosse una domanda seria prima di dire “vuoi scoprirlo?”
Fabrizio ride piano a quella cosa, annuendo appena “scopriamolo” dice, ma non fa in tempo a finire di dirlo perché Ermal decide di sporgersi verso di lui
Con tutta la razionalità del mondo eh, non perché Fabrizio è un fregno paura no no
I loro nasi si sfiorano, piano, e poi le loro bocche si incontrano, in maniera dolce, leggera, delicata
Un bacio che sembra quasi fin troppo giusto, naturale, cosa che porta Ermal a sospirare sulla sua bocca, un sorriso che gli si allarga sulle labbra che fa per schiudere per approfondire quel bacio che già non è più abbastanza...
...se non fosse che il telefono che ha in mano inizia a suonare, facendolo sobbalzare dalle spavento ed è a tanto così *gesto delle dita che si toccano* dal lasciarlo cadere di prepotenza
Guarda lo schermo, notando il nome di Marco - ovvio che era lui dato che la suoneria è quella di una sirena di emergenza - e subito guarda Fabrizio con aria di scuse
“Un secondo” gli chiede, facendo cenno di alzare il dito mentre l’altro annuisce
“Sì?” risponde, sussultando di nuovo quando la voce di Marco gli urla nell’orecchio “ERMAL BRUTTA TESTA DI CAZZO MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO”
Sbatte le palpebre, perplesso da quel commento “Scusa, mi si era spento il telefono... ma tanto non siete ancora arrivati, no? Siete voi che avete fatto prendere un colpo a me” ribatte
“Non ancora arrivati? Ma se è mezz’ora che siamo qui e ti cerchiamo! Pensavamo fossi svenuto da qualche parte” ringhia l’altro, cosa che fa inarcare le sopracciglia ad Ermal dallo sdegno e dallo stupore
“Mezz’ora? Ma non dire cazzate! Ho fatto un giro nelle stanze due minuti fa e nessuno di voi c’era!” replica stizzito dall’essere anche preso in giro oltre che interrotto nel corso di un bacio
“Ma che stai dicendo!” sbotta Marco “Ma si può sapere dove cazzo sei?!”
“ALLA FESTA!” sbotta a sua volta, scoccando uno sguardo a Fabrizio che si è messo una mano sulla bocca come a nascondere una risata alla sua esasperazione “In questo stracazzo di vicolo, al numero 104, alla stracazzo di festa di Halloween allo stramaledettissimo quinto piano!” ulula contro al telefono
Sclero a cui segue un minuto di silenzio, pieno, denso, che nemmeno lui osa rompere sentendo che qualcosa di imprevedibile e terribilmente divertente nel suo orrore deve essere accaduta
“Al sesto” dice solo Marco, piano, tanto piano che quasi non lo sente “La festa è al sesto piano”
“Sesto? Ma allora io a che cazzo di festa-” dice prima di interrompersi
Rimane immobile, congelato quasi sul posto, Fabrizio che lo guarda come in cerca di una spiegazione ed è così che mormora “Scusa un secondo” a Marco prima di tirare giù il telefono dall’orecchio per guardarlo “Questo è il quinto piano, vero?” chiede, guardandolo poi annuire “Ok. E la festa è di...?”
“...Roberto?” chiede piano Fabrizio, confuso dal fatto che il ragazzo davanti a lui abbia prima peso poi perso colore e che ora stia tornando di una sfumatura tendente al viola mentre un attacco improvviso di risa lo scuote
“Ho sbagliato piano” ride, nella cornetta, non riuscendo a trattenersi per quanto assurdo sembri “Macco ho sbagliato piano. Sono alla festa sotto di... Roberto, apparentemente” dice, scuotendo la testa, imbarazzato ma anche troppo incredulo per trattenersi
E anche Fabrizio, accanto a lui, ride
Ride forte, lasciandosi andare su una sedia, cosa che lo fa ridere ancora di più a sua volta
“SEI UN COGLIONE MA COME CAZZO PUOI SBAGLIARE PIANO” sbraita Marco dall’altro lato, anche se Ermal può sentire che, in fondo, sta ridendo anche lui “Ci hai fatto morire di paura” spiega prima di dire  “Ci raggiungi? Aspetta, ma sei con qualcuno?”
“Succede, se il citofono fa schifo e non si sente nulla” replica prima di guardare Fabrizio alla domanda “Si” dice, scuotendo poi la testa “No. Cioè... si, c’è. E sai cosa? Credo proprio che rimarrò qui” replica, spegnendo pian piano la risata per guardare Fabrizio con malizia “Ci vediamo a casa Macco” dice, chiudendo poi il telefono che abbandona a terra, avvicinandosi di nuovo a Fabrizio che, rosso in viso, è ancora scosso da brevi sprazzi di risata
“E così” gli dice, guardandolo mentre si avvicina “Hai sbagliato piano”
“Già” replica, sorridendo mentre si sistema piano su di lui, inclinando appena il capo “Solo mi chiedo... com’è che c’era la porta aperta?”
Fabrizio scuote la testa a quella domanda, posandogli piano una mano sul fianco e l’altra sulla schiena, andando poi ad affondarla tra i ricci “I ragazzi che sono sbucati dopo di te. Loro hanno suonato. Probabilmente mentre tu salivi loro so arrivati ed è successo” cerca di spiegare, mentre Ermal annuisce
Probabile, sì
“Beh” dice, leccandosi piano le labbra “in fondo, meglio così” sussurra, avvicinandosi piano a lui, un brivido leggero che lo percorre quando sente il suo respiro caldo sul viso “Dove eravamo?” domanda, poi, avvicinandosi appena a lui
“Al cosa succede se baci un vampiro” replica Fabrizio, sorridendogli, guardandolo, per nulla contrario alla svolta degli eventi
“Mh giusto” replica Ermal, sfregando appena il naso contro al suo “Però sappi che questo vampiro potrebbe anche decidere di morderti, prima o poi” lo prende appena in giro, sorridendo quando lo sente ridere appena, una risata bassa e roca che lascia sul suo collo che lui inclina appena indietro per lasciargli spazio
“E se volessi morderti io?” chiede poi, posando piano le labbra sulla sua pelle pallida e accaldata “Cosa succede, mh? Che succede se mordi un vampiro?” domanda
Ermal sospira, rabbrividendo appena mentre socchiude gli occhi, le labbra schiuse in un sorriso e lo sguardo che, rivolto al soffitto, pensa a cosa si sarebbe perso se avesse imbroccato il piano giusto
“Non saprei. Scopriamolo”
Ed ecco va beh è una cazzata ma insomma si abbiamo pensato per un buon periodo di tempo di aver sbagliato piano solo che io e i miei amici eravamo infine alla festa giusta xD
Spero ve lo siate goduto!
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giotanner · 6 years ago
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Guys on AO3 finally MetaMoro fandom has +400 fanfictions
WOW, thank to you 💕💕
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poluumnia-blog · 6 years ago
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REGA'
Socia and I abbiamo postato but il fatto è che it doesn't show nei tag e non sappiamo why e stiamo uscendo crazy.
Il capitolo è su Ao3!
@roses-symphony
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unaltravoltadarischiare · 6 years ago
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Non te ne farò pentire, mai
Mi ha lasciato, sono riuscito a rovinare pure questo. Io la gente che amo non riesco proprio a tenermela stretta, che si parli di nove anni o di cinque mesi, devo sempre fottutamente incasinare tutto. Come l'ho perso poi? Ho fatto uno dei miei stupidi selfie in più, ci hanno quasi scoperti e lui ha avuto paura. Paura per i suoi figli, la sua, la mia immagine. Lui ha avuto paura per tutti e non penso sia sbagliato, la paura rende attenti, rende vigili. A me semplicemente non mi interessa se scoprono che sto con un uomo. Stavo con un uomo. Ed è questo il problema, lui ha faticato così tanto per arrivare dove sta adesso e a me è bastato cantarle quelle mie canzoni rese famose da altri. Lui ha ragione ad avere paura, a voler difendere se stesso e i suoi figli. Non immagino nemmeno cosa possa significare una cosa del genere per dei bambini e lui, grazie a Dio, i suoi figli li ama. Mi ha lasciato dicendo che doveva proteggere loro, che doveva impedire a tutti i costi che lo scandalo cadesse non solo su di lui ma anche sulla sua famiglia. E io lo capisco, davvero, ma avrei voluto chiedergli chi avrebbe protetto me ora che lui se ne andava. Mi ha lasciato una sera, le due valige e il borsone alla spalla e se n'è andato. Per proteggere i suoi figli, per proteggere lui, per proteggere me. E intanto mi uccideva, lo faceva nel modo più lento e doloroso possibile. Prima di andare via si è girato, era sulla porta del mio appartamento, del nostro ex appartamento, e mi ha mormorato "scusa, mi dispiace ma non possiamo proprio, è troppo". Piangeva, il viso percorso dalle lacrime che gli segnavano gli zigomi, fino al collo e poi giù, a nascondersi sotto la stoffa leggera della maglietta. La mia maglietta, quella che si era tenuto la prima notte che si era fermato qui.
A quel punto mi sono messo pure io a piangere, l'amore della mia vita se ne stava andando e io non potevo fare nulla. Era colpa mia, della mia disattenzione, del mio non avere paura. E in quel momento di paura ne avevo, avevo paura di perderlo ma la realtà era che l'avevo già perso nel momento in cui avevo fatto l'ennesima cazzata senza pensarci troppo.
Sono rimasto in silenzio a piangere di fronte a quella porta chiusa per almeno tre ore dopo che lui se n'era andato. Avevo perso Fabrizio, avevo perso l'amore della mia vita in un soffio, e non riuscivo a fare nulla se non piangere e insultarmi come non facevo da tempo. In alcuni momenti mi fermavo perché i singhiozzi mi spezzavano il fiato, mi ci voleva un po' per tornare a respirare normalmente e poi ricominciavo a piangere come se lo avessi appena visto uscire di nuovo. Non ho mai pianto tanto, non ho mai fissato così a lungo una porta aspettando che qualcuno tornasse.
Fabrizio non tornerà, me lo ripeto anche adesso. Penso sia passata una settimana ma io sono ancora qua, seduto sul divano del salotto a fissare quella porta che non si apre, ad aspettare lui che non tornerà, a sperarci con tutto quello che mi rimane del cuore.
Adesso immagino sia a casa, starà giocando con Anita come suo solito. Lui ama sua figlia, è tutto il suo mondo. Io sono venuto sempre dopo, ma andava bene così, in fondo lei è sua figlia e ogni figlia merita di essere il mondo del padre. Non ho mai sopportato i padri menefreghisti, violenti. Non ho mai sopportato mio padre ed è per questo che ho sempre amato il modo di essere di Fabrizio. Un cantautore da paura, uno con un passato pesante alle spalle ma con una voglia di rivalsa incredibile, uno che ama forte e un padre meraviglioso. Tutto quello che ammiro contenuto in un'unica persona, come potevo pensare di non innamorarmi di lui? A volte una vita di convinzioni non conta nulla se ti ritrovi davanti la persona che il destino ti ha riservato e non è quello che ti aspettavi, non si può fuggire, si può solo lasciarsi travolgere e pregare che non finisca male. Non che serva a molto, a quanto pare.
Sono contento abbia più tempo per i suoi figli ma lui mi manca. Mi manca svegliarmi con lui che mi fissa e mi accarezza i ricci, mi manca guardare i film con lui che borbotta insulti contro tutti i personaggi, che si mette a shippare chiunque respiri nella stessa stanza. Mi mancano le sue coccole, i suoi abbracci, i suoi baci. Mi manca la sua presenza, il suo essere lui che completa il mio essere me. E adesso sono incompleto, sono a pezzi e non riesco a rialzarmi. Me ne sto qua, con le mie speranze già vane in partenza e i miei sogni per il futuro sgretolati in mano.
Il telefono si è spento giorni fa, mi sono alzato a malapena e non era certo fra i miei pensieri metterlo in carica, ma poco importa. Mi sono fatto un selfie sorridente in cui dicevo di andare per un po' di giorni in barca con gli amici e che non ci sarei stato, non volevo far preoccupare i miei fan e forse la copertura regge ancora. So che se mettessi in carica il telefono scoprirei che sono troppi giorni che sono su questo divano, troverei troppe persone preoccupate per me e troppa poca voglia di rassicurare ognuna di esse. In fondo non è così male, sono solo lacrime, un po' di acqua con il sale, e un vuoto incredibile. Niente di che, insomma. Quando sarò pronto metterò su un sorriso e dirò a tutti che il telefono era rotto, che stavo e sto ancora bene. Perché nessuno sa di Fabrizio, nessuno tranne me e lui. E ormai è finita e un ricordo non mi è mai sembrato così fragile come questo.
In fondo dovevo aspettarmi finisse tutto, era solo un'impalcatura di illusioni che tenevamo su a fatica. A volte l'amore non basta, a volte serve davvero quella normalità e quella libertà che non ci appartengono più da anni.
Sposto lo sguardo alla portafinestra e rimango incantato a guardare le stelle. Il desiderio di lui si fa sempre più forte la sera. Mi sale di nuovo la solita triste idea che non mi abbandona dalla prima sera. Penso seriamente di mollare tutto e andare a Roma e riprendermelo, fregandomene altamente del resto, ma so che non posso farlo. Mi rendo conto che se qualcuno se ne accorgesse sarebbe la fine, la fine definitiva, intendo. Se adesso ho una minima possibilità di contatto attuando il mio piano probabilmente finirei col fargli rimpiangere seriamente il giorno in cui ci siamo conosciuti e per quanto la voglia mi stia consumando non lo farò, già ho ucciso la nostra storia, non voglio essere il boia anche della nostra amicizia.
Mi rigiro sul divano sospirando, la porta torna di nuovo al centro del mio campo visivo e, se possibile, riesce a deprimermi ancora di più. Dio, quanto odio quella porta.
Prendo in considerazione l'idea di trasferirmi il più lontano possibile da quella cazzo di porta quando sento la serratura scattare e quasi mi prende un infarto quando mi rendo conto che sono le quattro del mattino e che le porte non dovrebbero decisamente aprirsi a queste ore.
Mi alzo lentamente e mi sento le mani tremare leggermente, mentalmente ripercorro chi ha le chiavi del mio appartamento e mi rendo conto che la lista è piuttosto breve. Sono sicuro che una copia l'ho lasciata a Dino e l'altra ce l'aveva Fabrizio fino alla settimana scorsa, adesso mi rimanda un leggero riflesso appoggiata al mobile accanto all'entrata. Fisso la porta aprirsi lentamente piuttosto disorientato e ansioso, certamente Dino ha cose migliori da fare che intrufolarsi in casa mia alle quattro. E in effetti pochi secondi dopo non mi ritrovo davanti Dino ma bensì quel disgraziato che non riesco a togliermi dalla testa nemmeno morto, quello le cui chiavi sembrano lampeggiare sul mobile.
<Ermal...> Si ferma a pochi passi da me e io lo fisso come se avessi un fantasma davanti. <Bizio... Tu, come... Io...> Lo guardo negli occhi e mi sembra di aver appena ricominciato a respirare. Il fatto che lui sia qui e che sia così bello e scompigliato non aiuta le mie capacità mentali. Anche l'ora non mi viene in aiuto.
Un timido sorriso gli aleggia sulle labbra prima che torni a rivolgermi la parola. Dio, sto per morire.
<Non immagini che casino ho fatto per venire fin qua e... beh, forse Dino ha qualche sospetto su di noi.> Si passa una mano fra i capelli pieno di imbarazzo e io finalmente mi sciolgo a quella vista e mi butto fra le sue braccia. Non faccio nemmeno in tempo a finire di circondargli il collo che lui mi sta già stringendo contro di se. Rimaniamo così per un po', con la paura folle che se riaprissi gli occhi finirei col ritrovarmi a mani vuote.
Alla fine mi allontana delicatamente poggiandomi le mani sulle spalle e mi rivolge uno sguardo pieno di supplica, quasi lo sento urlare tutte quelle cose che gli passano per la testa. Ha gli occhi più rumorosi che abbia mai visto.
<Ti prego, non farmene pentire. Non farmi scegliere perché non penso di esserne in grado.> Me lo sussurra e gli occhi gli scintillano pieni di lacrime, qualcosa da qualche parte mi si spezza a quella vista e non riesco a fermarmi, prima ancora di rendermi conto di che cosa sto facendo mi ritrovo con le labbra premute contro le sue. Mi stacco appena solo per sussurrargli <Non te ne farò pentire, mai.>
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the-little-dreamer · 7 years ago
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MetaMoro Radio!AU 
Aesthetic per un prompt di  @nuvoladimiele (non è un granché ma spero ti piaccia ♡)
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bunny-banana · 6 years ago
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Ermal is ready to have a conversation with Fabrizio
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roses-symphony · 6 years ago
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Prima che iniziate a leggere questa cosa (che ff non si può definire) vi devo specificare due cose:
1) Questa ff è ispirata ad una canzone che si chiama Tokyo Shinjuu di una band giapponese chiamata The Gazette (vi invito ad ascoltarla)  2) Shinjuu vuol letteralmente dire "Doppio Suicidio" ed è un termine utilizzato in letteratura per indicare il suicidio simultaneo di due innamorati. If you like it, please let me know xD
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gloriabourne · 4 years ago
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Non vorrei allarmare nessuno, ma qua qualcuno potrebbe aver iniziato a scrivere una piccola OS... 👀
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astradelta-undomiel · 6 years ago
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raga ma una oneshot meamoro ispirata a questa canzone??
vi riporto il testo, perché credo sia davvero perfetto
"Tough, you think you've got the stuff
You're telling me and anyone
You're hard enough
You don't have to put up a fight
You don't have to always be right
Let me take some of the punches
For you tonight
Listen to me now
I need to let you know
You don't have to go it alone
And it's you when I look in the mirror
And it's you when I don't pick up the phone
Sometimes you can't make it on your own
We fight, all the time
You and I, that's alright
We're the same soul
I don't need, I don't need to hear you say
That if we weren't so alike
You'd like me a whole lot more
Listen to me now
I need to let you know
You don't have to go it alone
And it's you when I look in the mirror
And it's you when I don't pick up the phone
Sometimes you can't make it on your own
say, say, say
I know that we don't talk
I'm sick of it all
Can you hear me when I
Sing, you're the reason I sing
You're the reason why the opera is in me
We're here now
I've still got to let you know
A house doesn't make a home
Don't leave me here alone
And it's you when I look in the mirror
And it's you that makes it hard to let go
Sometimes you can't make it on your own
Sometimes you can't make it
Best you can do is to fake it
Sometimes you can't make it on your own"
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poluumnia-blog · 6 years ago
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Annuncio!
Prima di andare a nanna (sì, di sabato sera, sì c’ho venti e rotti anni, sì so vecchia dentro), vi dico che... CI SIAMO QUASI! Domani dovrebbe arrivare il nuovo chap!  Grazie per la pazienza, un morobacetto!
@roses-symphony
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unaltravoltadarischiare · 6 years ago
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Eppure mi hai cambiato la vita
Prima parte
Fabrizio. Ho visto per la prima volta Fabrizio Mobrici quando avevo poco più di diciassette anni. Ci aveva presentati un nostro amico in comune durante la cena del suo compleanno; era convinto che saremmo andati subito d'accordo ed effettivamente così è stato, dopo cinque minuti che ci stavamo parlando era già come se ci conoscessimo da tutta la vita.
Di lui mi aveva colpito tutto, dallo sguardo deciso alla parlata sciolta che ti teneva incollato alla sedia finché non aveva detto l'ultima parola. Aveva quel suo modo particolare di fare, anche quando si comportava da scemo c'era sempre una punta di intelligenza che ti faceva capire subito che tanto scemo alla fine non era, che se avesse voluto sarebbe stato in grado di capovolgerti completamente il cervello, rivoltarti come un calzino. Ed io ne ero fortemente affascinato, perfino pure più di tutti gli altri riuniti attorno a quel tavolo traballante della nostra pizzeria preferita. Già dal primo momento in cui aveva aperto bocca avevo capito che era quel genere di persona che si attira dietro le masse, il genere di persona dalla quale era mio solito fuggire il più lontano possibile -mi porto dietro la paura di farmi condizionare da tutta vita-, eppure quella sera non ci ho nemmeno provato a scappare. Mi sono lasciato convincere ad ascoltare quel ragazzo, "che vuoi che sia, -mi dicevo- se per una volta mi lascio trascinare dall'anima della folla non succederà nulla, no?" Eppure avevo capito già di sbagliarmi nel momento esatto in cui avevo ricambiato il suo sorriso per la prima volta e i suoi occhi si erano accesi di interesse, e per una volta mi ero concesso il permesso di crogiolare nella piacevole sensazione che quell'interesse fosse unicamente per me. Un tavolo affollato di persone mille volte più interessanti, intelligenti e belle di me e nonostante ciò i suoi occhi erano incollati alla mia figura. E' interessato a me, assurdo, pensavo mentre lui allungava la mano sopra il tavolo e sfiorava la mia con il sorriso più bello che avessi mai visto in vita mia stampato in faccia. Assurdo.
Dopo due ore dalla prima volta in cui ho sorriso a Fabrizio Mobrici io e lui eravamo in un angoletto di una strada dimenticata da Dio a baciarci come i pazzi che sanno che stanno per perdersi per sempre. Era scoppiata la scintilla in tutti e due, eravamo stati travolti da una forza attrattiva che ci sembrava incontrastabile, come fossimo sempre stati magneti di poli opposti e ce ne fossimo resi conto solo una volta usciti da quella pizzeria che si era fatta troppo stretta per quella cosa che ci spingeva uno verso l'altro fino allo spasmo. Quella notte ho sperimentato cose mai fatte, emozioni mai provate e che non potrò mai dimenticare. Ricordi che mi si sono piantati in testa e che non sono mai riuscito a togliermi dalla mente nemmeno in quelle sere in cui non sognavo altro che dimenticarmi di lui, della sua breve e sconvolgente presenza nella mia vita. Perché sì, alla fine della sua settimana di vacanze lui se né andato lasciandomi con in mano solo il mio cuore infranto e la delusione più grande della mia vita. Eppure in così poco tempo era stato in grado di cambiarmi la vita, di rivoluzionarmi, aprirmi ad un mondo che avevo sempre provato ad ignorare, mi aveva messo in testa di essere qualcuno e che valesse la pena esserlo. Nessuno era mai riuscito in un'impresa del genere con me, eppure lui ci era riuscito. Eccome se ci era riuscito.
Niente mi ha mai scosso tanto come l'ultima volta in cui mi ha sorriso prima di darmi le spalle e sparire con la valigia al seguito. Ne sono uscito talmente distrutto da finire col far preoccupare perfino mia madre, che in quel periodo aveva più impegni che tempo per respirare, figuriamoci per stare dietro al figlio adolescente con tendenze bipolari. Ricordo vagamente quel periodo, io me ne stavo chiuso in me stesso senza nemmeno aprir bocca, sommerso da ricordi che pensavo mi avrebbero torturato a vita. Come faccio a continuare a vivere sapendo che ho perso per sempre l'amore della mia vita? Continuavo a ripetermelo all'infinito, convinto che la vita non avesse senso se vissuta da soli, certo che non poteva esserci altra persona al mondo che potessi definire l'amore della mia vita se non lui. Guardavo mia madre e provavo infinita pena per lei che doveva gestire tre figli che la facevano dannare da sola, senza avere nessuno a cui appoggiarsi se non sé stessa, e avevo paura di ritrovarmi in una vita simile alla sua, così distante da quello che sognavo da sempre per me.
Ho iniziato a soffocarmi da solo, con le stesse idee che mi mettevo in testa quando non riuscivo a dormire la notte. Non avendo nessuno attorno a torturarmi ci pensavo da solo, perché non conoscevo e non prendevo nemmeno in considerazione l'idea di una vita basata sullo stare bene con sé stessi, mi sembrava impossibile riuscirmi a perdonare tutto quello che avevo o non avevo fatto, tutte quelle cose che avevo avuto e perso per sempre. Così mi sono autodistrutto lentamente per mesi, sono arrivato a toccare un fondo che pensavo di aver già toccato ancora prima che mia madre mi spedisse dallo psicologo. Avevo diciassette anni e due volte a settimana andavo nello studio di uno psicologo a stare zitto solo perché mi ero lasciato avvicinare e travolgere da una sola persona che probabilmente non aveva nemmeno più pensato a me. La mia debolezza mi faceva pena per non dire schifo, peggio ancora era la consapevolezza che il mio problema principale ero io. Perché non potevo vivere la fine di una storiella estiva come chiunque?
Un giorno me ne sono semplicemente stancato. Basta Ermal. Lui è andato, riprenditi cazzo. E ho iniziato a riprendere in mano la mia vita sul serio, dopo mesi ho riaperto bocca e con la voce che mi tremava ho detto a mia madre che le volevo bene, che mi dispiaceva essermi lasciato trascinare così tanto da me stesso e ho rischiato di cedere anch'io quando lei mi ha abbracciato con le guance rigate di lacrime. Mia madre non ha mai saputo dell'esistenza di Fabrizio -o almeno non da me-, non ha mai preteso che le spiegassi che mi fosse preso, semplicemente mi è sempre rimasta accanto mentre mi riprendevo, con un sorriso sempre pronto a confortarmi in qualsiasi momento. Lentamente ho ricominciato ad uscire, ho iniziato a parlare con lo psicologo e finalmente mi sembrava di esserne uscito. Quanto sei stupido Ermal, guarda in che casino eri cascato per una sola settimana con un ragazzo, sei proprio un caso perso.
Dopo mesi mi sembravo di nuovo padrone di me stesso e quella sensazione mi aveva inebriato, era un po' come quando stai tante ore al freddo che quasi ti dimentichi che significa sentire caldo e poi entri in casa e ti senti circondato da un calore avvolgente. In poche settimane mi sentivo rinato, frequentavo persone con le quali non avevo mai parlato prima, non c'era fine settimana in cui fossi a casa e poi, forse un po' troppo per ripicca nei suoi confronti, sono finito con una ragazza che era l'esatto opposto di Fabrizio. Mi faceva bene l'idea di essermi potuto innamorare di una ragazza così, pensavo che alla fine Fabrizio non fosse stato tutta sta gran cosa e dopo tutti quei mesi ero riuscito a riprendere fiato. Forse alla fine non è ancora finita per me. Lo avevo già pensato quando avevo ricominciato a parlare ma quello, quello era la prova concreta che mi serviva per pensare che oltre a quel ragazzo avevo ancora una speranza. Illuso. Ero solo un grandissimo e fottutissimo illuso, come al solito ovviamente.
Sto passeggiando sulla battigia quando mi arriva il messaggio di un mio vecchio amico, uno di quelli conosciuti nel periodo in cui mi stavo riprendendo da Fabrizio. A Bari fa ancora un caldo atroce, è quasi metà settembre e sembra quasi di essere in pieno luglio. Lancio uno sguardo al sole che tramonta con una nota di malinconia prima di decidermi ad aprire la notifica.
Ehi, Ermal! Come va la vita? So che è passato un po' dall'ultima volta in cui si siamo sentiti ma non ho fatto a meno di pensare a te in questi giorni. Il mio coinquilino si è trasferito da qualche parte in culo al nord e mi chiedevo, dato che di spazio ne ho pure troppo, se tu fossi ancora interessato a trasferirti a Roma. Aspetto risposta!
"E' passato un po'" non pensavo funzionasse in un contesto di sette anni ma a quanto pare Leo non la pensa in questo modo. Lui, a mia differenza, appena ha potuto ha preso ed è andato alla ricerca della sua grande occasione a Roma. Quando eravamo ragazzini non parlavamo d'altro, l'eterna Roma ci appariva la salvezza da quella vita che non ci piaceva proprio. Lui sognava l'indipendenza e la lontananza da quella famiglia che non sopportava più da anni e io si sa, anche a distanza di anni in cuor mio sognavo di rivedere il bel romano che mi aveva fatto volare tanto in alto quanto mi aveva fatto precipitare in basso. Parlavamo sempre di opportunità di lavoro però, nessuno dei due accennava mai alla cosa dalla quale stava scappando o che stava rincorrendo. Forse avevamo paura ad ammetterlo con gli altri e soprattutto con noi stessi, perché fa male rendersi conto di essere solo dei ragazzini in fuga alla ricerca di un mondo che poi non era poi così tanto migliore di quello dal quale scappavano.
Ricordo una sua chiamata che mi aveva lasciato addosso una sensazione orribile; era passato poco meno di un anno da quando se n'era andato, era sbronzo come poche volte prima di allora e con il tono più triste del mondo mi aveva detto "Sai Ermal, tu puoi anche scappare ma alcune cose ti rimangono cucite addosso e basta, non importa cosa fai o dove vai, sono più parte di te quelle cose che te stesso" ed è stata l'ultima volta che l'ho sentito. Fino ad ora.
Alla fine deve essere cambiato qualcosa da quella chiamata se ha deciso di scrivermi questo messaggio. Forse le cose che dominano i nostri pensieri non sono così tanto parte di noi da non poter più vivere. Forse c'è davvero speranza. Mi guardo di nuovo attorno come se la cosa giusta da fare fosse scritta sulla sabbia o volteggiasse a mezz'aria proprio davanti a me. Dopo pochi minuti riporto lo sguardo al cellulare, mi concedo un piccolo sorriso mentre digito velocemente una risposta e schiaccio "invia" con un leggero brivido di eccitazione lungo la schiena. A quanto pare alla fine vedrò anch'io la grande Roma. La grande Roma di Fabrizio.
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giotanner · 6 years ago
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Chapters: 20/20 Fandom: Eurovision Song Contest RPF, metamoro - Fandom, Festival di Sanremo RPF, Artists RPF Rating: Explicit Warnings: Creator Chose Not To Use Archive Warnings Relationships: Ermal Meta/Fabrizio Moro, Ermal Meta & Fabrizio Moro Characters: Ermal Meta, Fabrizio Moro, Personaggi secondari Additional Tags: Drug Use, Implied/Referenced Drug Addiction, Tematiche delicate, Primi anni 2000, Ermal si è trasferito per un contratto discografico a Roma, Nel mentre lavora in un negozio di musica, Fabrizio ha fatto Sanremo Giovani un paio d'anni prima, Sottovaluta la sua dipendenza, Anfetamine, È squattrinato, Slice of Life, what if, Angst and Hurt/Comfort, Hypochondria, Explicit Language, Explicit Sexual Content
My fanfiction is FINISHED but I saw a few of followers have REMOVE my story from Bookmarks so I’m a bit sorry-disappointed 😢 Yup, this is a little spam and if you want… put a kudos or Bookmarks, thank you for your support  ♡
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bunny-banana · 6 years ago
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One sleepless night makes Fabrizio explore the endless World Wide Web in hope to find some slumber sooner or later. And indeed, once he comes across certain kinds of videos where clothes are long gone and the bodily needs rule over the mind, Fabrizio's thoughts find themselves drifting off to a certain curly haired man.
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roses-symphony · 7 years ago
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Shaving
ALLORA....come al solito è una cazzata, voi lo sapete che io scrivo tanto per, senza alcun reale fine né culturale né di intrattenimento u.u  MA ieri ho trovato questo video per caso e @lucrezianellenuvole ha giustamente  suggerito che potesse essere un bel prompt metamoro.
Io c’ho provato ma vi prego di prendere il prompt e rivisitarlo come vi pare.
“Ma perché hai tutti questi rasoi se la barba te la fai una volta l’anno?” Fu la domanda con cui esordì Ermal stando in piedi davanti al mobiletto del bagno aperto, addosso un paio di boxer larghi con una fantasia alquanto discutibile ma - a detta del proprietario- comodissimi per dormirci e una vecchia maglietta di Fabrizio alla quale era stato malamente tagliato il collo lasciando che ora ricadesse morbida sulle spalle, facendo intravedere le clavicole. “Perché pure se nun me raso completamente devo sistemarla lo stesso ogni tanto, capito? Comunque piglia quello blu che è novo, gli altri non so manco se tagliano bene”. Fabrizio se ne stava seduto sul bordo della vasca, la prima sigaretta della giornata stretta tra le labbra mente osservava il compagno scegliere con attenzione gli strumenti da usare. 
Entrambi avevano finito i rispettivi tour e finalmente gli era concesso un po’ di riposo e un po’ di tempo solo per loro, cosa che li aveva portati a passare gli ultimi due giorni chiusi nel loro appartamento a recuperare il sonno perduto e il tempo passato lontani e quella mattina, complice il sonno che ancora li pervadeva e la voce dolce di Ermal appena sveglio - alla quale Fabrizio non sapeva resistere- quest’ultimo aveva acconsentito a lasciare che gli sistemasse la barba.  Tutto era partito da una sua semplice constatazione sul fatto che fosse cresciuta troppo e il più giovane, dopo essersi preso il suo tempo a carezzargli il viso e baciarglielo dolcemente, aveva deciso che gli avrebbe dimostrato, in quell’occasione, le sue doti da barbiere.
“Vieni qua” Ermal l’aveva preso per mano per tirarlo in piedi e Fabrizio, dopo aver buttato velocemente la sigaretta ormai finita, si era posizionato di fronte a lui sorridendogli, per poi sporgersi leggermente rubandogli un bacio leggero. “Non mi distrarre che qui ho armi pericolose e ho tutte le intenzioni di usarle” rise Ermal mentre metteva via il rasoio per prendere un po’ di schiuma da barba sulle dita e, delicatamente, passarla sulle guance di Fabrizio che, per essere sicuro di quello che stesse facendo, ogni tanto lanciava un’occhiata allo specchio di fronte a loro. “Si però nun a’ devi mette ovunque la schiuma da barba” “Lasciami lavorare per favore” e figuriamoci se Ermal avesse mai dato ascolto a qualcuno, lui aveva i suoi piani e procedeva come si era prefissato e, in quel momento, il piano era ricoprire la faccia di Fabrizio di schiuma bianca mente lui ridacchiava, mordendosi le labbra per nasconderlo. Le risate finirono presto però quando, preso in mano il rasoio, davvero non aveva idea di dove iniziare. Si radeva anche lui tutti i giorni ma era diverso, tagliava via quel poco che era ricresciuto durante la notte e aveva concluso, ma ora guardava alternativamente il viso di Fabrizio e il rasoio nella mano destra con un velo di panico negli occhi che Fabrizio non poté non notare. “Non devi fare come fai te, devi annà nello stesso verso del pelo si no me fai male che c’ho la barba lunga, ok?” e mosse la mano per chiarirgli il verso in cui usare il rasoio. Ermal aveva annuito ma quando le lame erano sul punto di toccare la pelle di Fabrizio, questo si era allontanato e l’aveva guardato fisso “Nun è che me fai a fettine mo? Io ci tengo a sta faccia, eh” e di tutta risposta Ermal roteò gli occhi “Ma se ho una precisione chirurgica ... e poi ci tengo pure io alla tua faccia, che credi?” e nonostante il suo solito essere spavaldo, la mano gli tremava un po’ per la paura di fargli male sul serio, ma alla fine prese coraggio e rasò via un primo pezzo di barba. Il risultato non fu dei migliori “Più forte!” Gli aveva suggerito Fabrizio guadagnandosi un’occhiata maliziosa prima che Ermal rispondesse “Stai zitto che se ti muovi ti taglio sul serio “ e con un po’ più di coraggio, il risultato questa volta fu migliore : parte della guancia destra di Fabrizio era pulita. Ermal sorrideva soddisfatto, passando le dita sulla pelle morbida mentre Fabrizio gli teneva i fianchi e lo guardava sorridendo a sua volta “Si però mo continua, non mi puoi lasciare solo con mezza faccia rasata” ed Ermal ricominciò, rasando una piccola parte alla volta e ripulendola con un po’ d’acqua - che andava puntualmente a finire completamente addosso al più grande bagnandogli la maglietta che indossava- continuando a ripetere “Ti faccio male? Ti ho fatto male?” e Fabrizio sorrideva scuotendo la testa.
Il patto era di “sistemare” la barba di Fabrizio, rasando l’eccesso sulle guance, ma probabilmente Ermal si lasciò prendere la mano e ora si trovava a fissare il viso del suo compagno con un’espressione sconvolta “Che hai fatto? Che è quella faccia?” “Mi sa che ho esagerato…” Fabrizio si voltò di scatto verso lo specchio notando la mancanza di parte del suo pizzetto  “Ermal….” lo richiamò con tono rassegnato, andando a risedersi sul bordo della vasca mentre osservava il più piccolo guardarlo con l’aria da cagnolino bastonato “Non volevo, mi son lasciato prendere la mano. Lo sai che mi piaci di più con la barba, figurati se te la volevo tagliare tutta” e gli si avvicinò, sulle labbra un broncio che mal si addiceva al suo viso e al suo solito caratterino piccato. “Nun fa quella faccia, non sei proprio credibile” “E ora che facciamo?” Fabrizio fece finta di pensarci un attimo e poi sospirò “Taglia via tutto, dai. Tanto in un paio di giorni mi ricresce” ed Ermal l’aveva guardato quasi offeso da quell’affermazione, come avrebbe sopravvissuto due giorni senza la sensazione della barba di Fabrizio sulla sua pelle ogni volta che lo baciava o l’accarezzava? “Non abbiamo alternative, taglia tutto e basta. Se no lo faccio io, eh.” aveva intimato Fabrizio. “No no, faccio io” avrebbe continuato con la sua impresa e sarebbe andato fino in fondo. Si posizionò tra le gambe di Fabrizio, che se ne stava ancora seduto sul bordo della vasca, e ricominciò la sua opera. Gli rasò piano il mento e ancora più delicatamente la parte sopra le labbra e anche se ci stava mettendo un tempo infinito e gli stava stravolgendo il look che portava ormai da anni, Fabrizio lo guardava con un sorriso dolce sulle labbra, trovandolo estremamente adorabile in quel momento. “Stai andando bene adesso, bravo” “Mi piace quando mi fai i complimenti” aveva sorriso Ermal, tutto soddisfatto, scatenando la risata di Fabrizio proprio mentre gli passava il rasoio sul suo collo “Cazzo Fabrì non ridere” ma le parole si bloccarono a metà continuando con un “oh Gesù, ti ho tagliato” “Dove?” “Sul collo” nella voce il panico totale mentre vedeva una gocciolina di sangue scendere giù per il collo di Fabrizio insieme all’acqua che aveva usato per ripulirlo. “Dai non fa niente, è un taglietto, non moro mica. Continua.” e aveva sorriso di nuovo, stringendogli le mani intorno ai fianchi sottili, incoraggiandolo a continuare.
Furono necessari altri quindici minuti affinché Ermal riuscisse a completare la sua opera di rasatura, ripulendo il viso di Fabrizio con un asciugamano umido e restando a fissarlo per un po’. “Chi sei tu? Che ne hai fatto del mio Bizio?” aveva detto infine ridendo, mentre osservava il viso del più grande che, alle sue parole, si era alzato per guardarsi allo specchio ed aveva riso, passandosi la mano sul viso. “Non mi vedevo così da anni” era stata la sua constatazione mentre Ermal si rimetteva al suo fianco e osservava il suo riflesso. “Non stai male, ma sei…diverso” era stato il suo commento, abbracciandolo e baciandogli la guancia fresca. “In realtà sembri più giovane così” “Ah si? Allora dovrei iniziare a farmela sempre” “NON CI PENSARE NEANCHE” e quasi l’aveva fulminato con lo sguardo “È stato un mio errore e ne pago le conseguenze. Ma devi farla ricrescere assolutamente” e Fabrizio aveva riso, annuendo. “Si però adesso me lo dai un bacio?” se n’era allora uscito, il viso incredibilmente vicino a quello del più giovane che continuava ad osservarlo come per imprimere nella sua mente i dettagli di quel cambiamento per poi alla fine avvicinarsi e baciarlo, la mano sulla guancia, le labbra morbide contro le sue, constatando quanto quel bacio avesse una sensazione diversa senza la barba, a cui era ormai abituati, a solleticargli il viso, ma era pur sempre il suo Fabrizio. “Mah, forse potrei anche abituarmi a vederti così alla fine” dichiarò, continuando a carezzargli le guance e il mento “ E poi, questa fossetta, devo dire che mi piace un sacco” e le ultime parole le sussurrò quasi, poggiando le labbra sul mento del suo compagno.
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