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#enrico castellani
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Enrico Castellani, Superficie rigata bianca e blu, 1963, Canvas in relief, 27 13/16 x 39 3/8 x 2 3/4 inches (70.7 x 100 x 7 cm)
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garadinervi · 1 month
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Gottfried Honegger, Enrico Castellani, Gottfried Honegger, Jan Schoonhoven, Ulmer Museum, Ulm, March 15 – April 26, 1981 [Flat & Bound, Integral Lars Müller GmbH, Zürich]
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topcat77 · 1 year
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ENRICO CASTELLANI
White Surface
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thunderstruck9 · 2 years
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Enrico Castellani (Italian, 1930-2017), Superficie bianca, 1979. Acrylic on shaped canvas, 33½ x 33½ in.
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Enrico Castellani, Superficie bianca, 1990
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jordi-gali · 2 years
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Enrico Castellani (Italian, 1930-2017)
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marcogiovenale · 2 years
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tornabuoni art (paris): la nuova concezione artistica 1960
tornabuoni art (paris): la nuova concezione artistica 1960
PDF dei materiali Tornabuoni Art Paris is delighted to be presenting, from the 12th of January, La nuova concezione artistica 1960 (A new artistic conception 1960) as its first appointment of 2023. This show looks into a 1960 exhibition which brought together for the first time a group of artists whose production was particularly emblematic of the changes which distinguished Italian art after the…
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pwlanier · 1 year
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Enrico Castellani, "Superficie", 1960
Acrylic on canvas
Dorotheum
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chez-mimich · 1 year
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AUGUSTO BETTI, ARTISTA+DESIGNER
Tra tanto parlare di design e di designers (veri o presunti), soprattutto in questa settimana che sta terminando, quella del Salone del mobile di Rho Fiera e della Design Week -Fuorisalone di Milano, la Fondazione Sozzani, ha pensato bene di mettere in vetrina le opere di un “designer vero”, ma poco conosciuto dal grande pubblico, ovvero Augusto Betti (1919-2013), che é stato allievo di un certo Giorgio Morandi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Le sue creazioni, anche a causa della sua ritrosia, sono sempre state esposte con parsimonia e, molto spesso, in esposizioni collettive, in mezzo a quelle di autori famosi o celeberrimi dell’arte e del design, come Enrico Castellani, Gianni Colombo, Dadamaino, Lucio Fontana, Ugo La Pietra, Piero Manzoni, solo per citarne alcuni. La mostra di Corso Como Dieci, offre una piccola ma preziosa rassegna delle sue opere d’arte e dei suoi oggetti d’arredo, a cominciare dalla magnifica poltrona “Noodle” del 1967, al tavolino “Glass”, anch’esso del 1967 e al divano “Prisma” del 1971. Gli oggetti, anche a prima vista, mostrano l’inconfondibile imprimatur degli oggetti progettati appunto da un designer “vero”: estetica che segue la funzione e non viceversa, purezza delle linee del disegno, rigore e nitore di cromie e materiali. È forse inutile ribadirlo, ma il design è tale quando sotto di esso c’è un pensiero e, le tante, forse troppe, cose inutili viste al Fuorisalone, lo dimostrano. La Fondazione Sozzani mette in mostra anche diverse “cassette”, opere sotto vetro, raffinate e ricercate, di buon impatto nel loro aspetto vagamente psichedelico, che possono ben sostituire le tradizionali tele e che ricordano, per elementi e materiali compositivi, le “diapositive preparate” di un mostro sacro del design internazionale quale fu Bruno Munari, insieme oltre a belle sculture in vetroresina. Ancora tra i pezzi d’arredamento, va ricordato il tavolo “Austere” del 1964, la sedia “Ciclope” e la magnifica lampada “Parete luce”. Il tutto concorre a ricreare quella indimenticabile e indimenticata atmosfera degli anni Sessanta e Settanta che videro la nascita del design italiano e, soprattutto, il posto di rilievo e il prestigio che seppe ritagliarsi nel mondo. Poi, storicizzando le creazioni, possiamo ben fare un paragone, con tutto il “resto”…
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kittesencula · 2 years
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Tano Festa, Enrico Castellani, Plinio de Martiis e Mario Schifano.
Galleria la Tartaruga, Roma
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distinktionsfetzen · 1 month
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Check out Enrico Castellani, Untitled (1971), From Repetto Gallery
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federicodeleonardis · 2 months
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Enrico Castellati ha fatto centro
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foto dell'Archivio Castellani
Quando più di mezzo secolo fa vidi per la prima volta tre delle sue tele (in casa di un grande gallerista, Carlo Grossetti, in via dei Piatti a Milano), insieme con qualche lavoro giovanile di Spagnulo, altri del dimenticato Hoinka e soprattutto quelli di Kolibal, mi sono immediatamente reso conto della capacità selettiva del Gallerista, del suo coraggio e della qualità del suo lavoro. Ero troppo timido per approfittarne, anche se a quell’indirizzo mi ci aveva spedito Pierre Restany (allora mi affacciavo cautamente al mondo dell’arte). La “vibrazione” di cui parla Vittorio Raschetti mi colpì già allora e non mi ha più abbandonato da quando in giro per il mondo incontro un lavoro di C (l’ultimo, p. e. da Lia Rumma a Milano (attualmente ancora in mostra): la grande tela che si mangia tranquillamente tutto quanto degli altri è stato esposto per documentare l’intramontabilità della Optical art.
Ma per quanto esauriente e molto vicino alla sensibilitù dell’artista V.R. ha detto tutto? Mi viene in mente che l’atteggiamento di attenzione che pone C in una qualsiasi delle sue tele potrebbe essere paragonato a quello di Flaubert sulla pagina da stampare (mai più di una al giorno, anzi spesso una a settimana) e per opposizione i lavori di un Bonalumi o di un Simeti, che per un certo tempo hanno diviso la scena con lui. E’ difficile aggiungere qualcosa al testo di Raschetti e allora perché intevenire? Tra l’altro, cosa deve fare un artista oltre a delimitare uno spazio e occuparlo come se fosse il mondo, il suo mondo, ma anche il nostro? Una lezione di rigore e di purezza, una lezione di Minimalità che è raro oggi incontrare: Il mondo in qualche centimetro quadrato, il mondo della tensione creativa, niente facili simbologie, niente interpretazioni astruse, niente elucubrazioni attraverso incubi personali, un mondo di linee e piccoli rilievi, di colori elementari bianco e grigio, un mondo aggredibile con gli strumenti a disposizione da sempre nel linguaggio elettivo, un mondo finalmente modesto, senza grandi voli pindarici (siamo artisti, dopo tutto, non pretendiamo di spostarlo più di tanto!): “il mondo in un cassetto”.
Ma è detto tutto? Quando, più o meno sempre mezzo secolo fa, incontrai la Natività di Piero della Francesca a Londra (N.G.) rimasi di stucco, in tutti i sensi: ne era rimasto solo poco più della metà, ma era bellissimo. Il tempo era intervenuto pesantemente e P.d F sarebbe svenuto a vedere come aveva ridotto la sua tela, ma per me conservava ancora tutta la sua forza.
Il Tempo; già, questo terribile signore delle nostre vite e soprattutto della nostra fine e purtroppo di quella delle persone e delle cose che amiamo. C’è il tempo nei lavori di C?  Non il tempo esecutivo, non il tempo interno all’opera, intendo il tempo esterno, quello della vita, quello di Beuys, come quello di Opalka. Il tempo della sporcatura, quella del fattorino che sposta il tuo lavoro con le mani zozze, il tempo dell’usura, il giallo che insidia la superficie purissima del tuo bianco (di zinco, di titanio o addirittura d’argento?), il tempo giallo che ha ridotto le opere di Manzoni a pura teoria!
La questione è ardua, me ne rendo conto, ma mi piacerebbe una risposta da parte di Vittorio Raschetti.
Grazie
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garadinervi · 1 year
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Vanni Scheiwiller, Omaggio a Dante, (list of artists, draft), 1965 [Centro Apice (Archivi della Parola, dell'Immagine e della Comunicazione Editoriale), Università degli studi di Milano, Milano]
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topcat77 · 1 year
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Enrico Castellani
Superficie bianca, Tokyo n. 7
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pikasus-artenews · 3 months
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ENRICO CASTELLANI
Rappresentazione dello spazio e luce sono al centro delle tele tridimensionali di Enrico Castellani
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braidedgraphite · 4 months
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Enrico Castellani. Grace Lidinsky-Smith, Ovid's charisma
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