Tumgik
#era meglio quando si stava peggio
scogito · 6 months
Text
Il progresso femminile per cui le donne vogliono essere prese sul serio, trattate con rispetto e volute non solo per il corpo, emerge in tutta la sua coerenza quando si approcciano agli uomini usando il profumo ai feromoni.
Adorabili burlone sconclusionate prive di attività cerebrale. Viene quasi voglia di adottarne una.
(A distanza).
48 notes · View notes
sofysta · 1 year
Text
«È una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose».
La vera ricchezza oggi è saper guardare. Ieri mattina ero con un gruppo di escursionisti. A un tratto uno scoiattolo ci salta davanti. Zampetta sulla neve e poi si arrampica su un albero. «Guarda, uno scoiattolo», dice un ragazzo alla sua fidanzatina. «Fai il video, così lo carico su Instagram», gli risponde lei, senza neanche sollevare gli occhi dal suo telefonino.
Lo scoiattolo era proprio lì, davanti ai suoi occhi e le sarebbe bastato sollevare appena gli occhi dallo schermo del telefono per vederlo, ma niente! E c’è purtroppo tanta gente così: quando viaggiano, quando vanno al ristorante, perfino nei musei o davanti a un dipinto, non vivono il momento, non sanno guardare, l’unica cosa a cui pensano è realizzare uno scatto da condividere sui social.
Le persone camminano, mangiano, parlano con gli occhi incollati al telefonino, incuranti di ciò che sta loro intorno. «Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare». Aveva ragione Bauman nel dire che l’introspezione sta scomparendo. Ma non sta scomparendo solo l’introspezione. Nessuno si emoziona, si stupisce, si meraviglia più di nulla. Ma vivere così significa essere come morti.
Spegnete i cellulari, uscite in strada e guardate per un istante, solo per un istante, il cielo che vi sta davanti. Che emozioni vi suscita? Guardate gli alberi, la luna, la stelle. Guardate in faccia le altre persone. Andate in un museo, dimenticatevi dei social, dei messaggini, dei mille impegni e pensieri che vi attraversano la mente e guardate i dipinti. Guardateli davvero. Io ho visto gente piangere davanti a un dipinto di Caravaggio o di Michelangelo. Benedico queste persone, perché ridere, piangere, emozionarsi, riuscire ancora in questi tempi moderni a provare stupore è la più grande ricchezza che si possa avere nella vita.
G.M
34 notes · View notes
vaerjs · 10 months
Text
unpopular opinion: lasciate stare le nuove generazioni
sono un po' annoiata dalla retorica di questi post che leggo sui social in cui si confronta lesame di maturità dellə millennial alle generazioni precedenti.
"io me la ricordo la mia maturità. jeans e maglietta sgualcita, sudata fradicia, pallida come una dama dell'Ottocento e con le occhiaie fino alle ginocchia. ore sono tutte con il completo, la piega fatta e il bouquet di fiori"
commenti di questo tipo ne leggo a decine, a centinaia. e onestamente, ME COJONI.
anche io me la ricordo la mia maturità. il giorno della prima prova scritta mi è arrivato il ciclo, sono corsa in bagno per cambiare l'assorbente e il flusso era talmente abbondante che non riuscivo a tirarmi su i pantaloni. mentre con una mano scrivevo, con l'altra stringevo il banco per il dolore dei campi. il giorno della terza prova ho avuto una gastrite acuta da stress che mi ha fatto vomitare sangue e non mi sono presentata. mi ha telefonato sul cellulare la professoressa di inglese chiedendomi come stessi e promettendomi che avrebbe trovato una soluzione. ho svolto la terza prova due giorni dopo da sola circondata da 10 professori che mi fissavano. il mio esame orale è stato posticipato all'ultimo giorno in extremis. ho fatto un'interrogazione da ottimi voti, ed ero completamente sola - neanche la mia migliore amica che era passata prima di me era rimasta ad aspettarmi. ho ringraziato e sono uscita. la professoressa di inglese mi ha abbracciata e mi ha detto "mi dispiace che sei rimasta da sola". ho camminato fino alla stazione, ho aspettato il treno per un'ora. scesa a destinazione ho scritto alla mia famiglia per chiedere un passaggio in paese ma si erano dimenticati che sarei dovuta tornare e non potevano venirmi a prendere. così mi sono fatta altri 6 km a piedi risalendo sotto il sole cocente di luglio le vigne del Monferrato.
questo è il ricordo della mia maturità. io, sola, sempre. quando sono arrivata a casa mi sono fatta una doccia e sono andata a dormire. nessuno mi ha chiesto come fosse andata. come stavo. cosa avrei voluto fare, dopo l'esame, durante l'estate o nella vita. vuoto.
è un bel ricordo? no. lo avrei voluto diverso? sì.
perciò lasciate stare lə ragazzinə che hanno qualcunə che lə supporta. lasciate che festeggiano questo traguardo - perché, fidatevi, con il tasso di abbandono scolastico italiano, il diploma è un traguardo non da poco. lasciate che si facciano bellə e che si cimentino nelle cose da grandi per un giorno con tailleur e completo formali mentre convincono la commissione che la loro tesina sulla seconda guerra mondiale è originalissima. lasciate che si godano quel momento di gioia misto nostalgia che si prova quando si termina un percorso faticoso. e applauditelə, coccolatelə, celebrate i loro traguardi perché non c'è nessun vanto nell'aver avuto possibilità diverse, non c'è vanto nell'aver sofferto. insegniamo alle nuove generazioni che le quelle che per noi sono state cose banali possono essere bei ricordi, insegniamo loro che si possono celebrare le vittorie piccole o grandi che siano, che è bello condividere le emozioni. non diventiamo la nuova generazione del "ai miei tempi era meglio perché si stava peggio e si sgobbava". io non voglio appartenere a chi pensa che stare male e lavorare il triplo senza garanzie sia non solo norma ma dignità. io voglio essere parte di chi accetta che la vita è anche festeggiare con un mazzo di fiori un esame. fotografare la patente dopo averla presa, regalarsi un giorno di permesso per una bella notizia.
non siamo fatti per soffrire.
74 notes · View notes
francescosatanassi · 11 months
Text
QUANDO C'ERA LUI
Tumblr media
Berlusconi era postfascista sionista sessista sfruttatore approfittatore megalomane e tutto il peggio che già sappiamo. Ha raccontato così tante volte le stesse cazzate che per molte persone queste sono diventate vere. Non lo rispettavo da vivo, ma molti dicono che dovrei farlo ora che è morto. Perché i morti meritano rispetto. Questa è un'altra cazzata partorita dal grande appiattimento culturale operato da lui e dai suoi collaboratori dal 1994 a oggi sfruttando i mezzi d'informazione e plasmando le leggi a suo piacimento. Un meccanismo che dopo un po' non ha avuto più bisogno di energia per macinare del marcio, andava avanti da solo, in automatico, iniettando oscenità e buffonate quotidiane nei cervelli, tanto da arrivare a dedicare a una persona del genere il lutto nazionale. Non che mi importi della nazione, concetto per me senza valore, ma il grande piano di pacificazione, del siamo tutti uguali, del "nel bene e nel male ha fatto la storia dell'Italia" e del santificare chi ha devastato un Paese, continua e continuerà finché esisterà una gestione del potere tale da dividerci in sfruttati e sfruttatori. Un sistema talmente corrotto e insito nella società che gli sfruttati piangeranno lo sfruttatore dopo la sua morte, mettendolo a pieno titolo dentro al grande insieme del "si stava meglio quando c'era lui." Di una cosa però quasi lo ringrazio, aver fatto capire a quelli della mia generazione da che parte stare. Quella degli ultimi, degli sfigati, degli emarginati, degli insoddisfatti, dei sempre arrabbiati. La stessa parte degli antifascisti, dei solidali, degli ironici, dei romanticamente illusi. Dei perennemente sconfitti, ma invidiosi mai.
[foto: 3.000 persone si radunano a Londra nel 2013 per festeggiare la morte di Margaret Thatcher]
20 notes · View notes
mewscarrafone · 2 months
Text
TOKYO MEW MEW REWATCH EP 43
Tumblr media
- Che t'importa di perdere un compagno di squadra?
In linguaggio psicoanalitico, questo si chiama 'proiettare peggio che in un drive-in anni 50'.
Comunque questa scena si conclude in niente. Kisshu spiffera tutto di Deep Blue alle Mew Mew, chiede in modo molto vago a Zakuro di unirsi a lui, e poi se ne va piantandola in un cantiere. Boh? Io quando ho visto questa scena per la prima volta a sette anni mi aspettavo/speravo che Kisshu si alleasse con le Mew Mew per trovare un modo di salvare la sua gente senza ricorrere a Deep Blue, e ci rimasi abbastanza stranita quando di quella scena non se ne fecero nulla. Ho il sospetto che agli sceneggiatori sarebbe piaciuto andare in quella direzione, visto come hanno sviluppato il personaggio rispetto al manga, ma si siano dovuti trattenere per non discostarsi troppo. Il risultato sono scene molto belle e interessanti che però non sfociano da nessuna parte.
Tumblr media
Adoro quando mostrano le altre ragazze, oltre a Ichigo, comunicare con animali loro affini.
Tumblr media
La pesomortaggine si diffonde in fretta da queste parti!
Pace, almeno Minto ha cambiato idea ... Letteralmente un secondo dopo rispetto a quando sarebbe stato utile.
Tumblr media
Ryou che come al solito si sente tutte le responsabilità addosso. Certo che quando il suo personaggio è usato bene funziona alla grande: non può condividere la situazione delle ragazze Mew per quanto lui voglia, non riesce davvero a capire i loro problemi perché poveretto è pure presissimo dai suoi e immedesimarsi negli altri non gli viene facile, e al contempo si addossa tutte le colpe non appena qualcosa va male. Un piacevole disastro umano.
Tumblr media
E rissa! Minto effettivamente dimostra una certa forza morale nell'affrontare quella che è sempre stata il suo idolo, ma con il suo atteggiamento Zakuro, come le ribadisce Ichigo, sta davvero passando il limite. Come ho letto da qualche parte, Minto si è quasi sacrificata per salvarla mentre faceva il peso morto; non avrebbe imparato una grande lezione se fosse morta disciolta da un getto d'acido.
Tumblr media
Questo sarebbe stato un ottimo momento per fare usare il Mew Aqua Rod a Minto! Era il suo momento, il focus di questa scena è il suo coraggio e la sua forza d'animo. Perché il vecchio anime stava tanto in fissa con Ichigo?
Altra cosa in cui New fa di meglio, lasciando a ognuna delle ragazze il suo momento.
Tumblr media
- Ero arrabbiata perché avete creduto alle notizie senza prima consultarvi con me.
L'hanno fatto! È stata la prima cosa che Ichigo le ha chiesto, una conferma! Le uniche a crederci erano Minto e Purin!
Okay, d'altronde capisco che il punto di questi episodi sia che Zakuro abbia veramente esagerato. Quelle briciole del suo passato accennano a un evento traumatico che coinvolge qualcuno che non le ha creduto, e quello che le è sembrato un ripetersi della situazione ha probabilmente fatto da trigger per una reazione sproporzionata e totalizzante. Alle fine, il personaggio resta coerente con sé stesso, e alla fine riesce a svilupparsi in positivo ammettendo di aver avuto torto.
2 notes · View notes
kyda · 1 year
Text
due sere fa sono rimasta sveglia a studiare fino alle 3 e ieri alle 8 ero già in macchina verso l'università. per fortuna non ero fra i primi dell'appello perché la prof procedeva per verbali e ho aspettato 5 ore prima che toccasse a me. ripassare prima dell'esame è una cosa che ho smesso di fare qualche anno fa e di solito se i prof danno la possibilità di scegliere sono la prima a propormi ma ieri non dovevo ripassare, dovevo studiare. ho studiato fino all'ultimo secondo, con l'acqua alla gola, quando la prof mi ha chiamata alle 14:52 e io ero lì fuori che cercavo di finire le 50 pagine centrali di wide sargasso sea dopo aver provato in tutti i modi a memorizzare opere e date di autori degli ultimi due secoli, mentre leggevo su wikipedia le teorie di godwin e rousseau che hanno influenzato shelley e la storia coloniale dell'impero della regina vittoria e cosa questo avesse a che fare con dracula, associando i punti principali della poetica di lawrence forster e ford a immagini improbabili nella mia mente con giochi di parole che difficilmente dimenticherò. quando mi sono seduta lei si è ricordata di me perché l'altro giorno per letteratura1 aveva notato il mio dilatatore. stava mangiando dei biscotti e mi ha detto dopo gliene offro uno, ora facciamo l'esame. mi ha chiesto di nuovo un solo autore del manuale, blake, l'ultimo preromantico, uno di quelli che ricordavo meglio. poi in italiano mi ha fatto una domanda sugli studi postcoloniali. quando ho preparato letteratura1 sono andata così a fondo in quest'argomento per cercare di capire cose che non capivo (tipo il discorso di foucault e il pensiero della spivak), che a questa domanda ho risposto così bene che mi ha interrotta dicendomi che non c'era bisogno di continuare. poi mi ha chiesto di prendere la mia copia di jane eyre e quando l'ho posata sulla scrivania ha riso e ha detto oh finalmente un libro vissuto, le è piaciuto? mi sono rilassata immediatamente e ho detto di sì, soprattutto perché era la prima volta che lo leggevo, e mentre lo sfogliava per decidere quale parte farmi analizzare pensavo glielo dico o non glielo dico e alla fine ho detto che in realtà però mi ha turbata perché mi dispiace non aver odiato mr rochester e berta è così silenziata in jane eyre che quasi mi dimenticavo di lei e sapevo che era sbagliato e quindi sono stata combattuta e lei ha riso e mi ha chiesto di analizzare un paragrafo e fare un confronto con quello che succede su wide sargasso sea e mi ha chiesto di approfondire quel pensiero e se leggere la riscrittura della rhys mi aveva fatto cambiare idea. poi mi ha fatto un'ultima domanda sulla warner che non ho capito bene ma alla quale ho risposto con tutto quello che mi veniva in mente e poi mi ha fermata e mi ha detto va bene così, le metto 30. ho rifiutato il biscotto che mi aveva offerto perché tanto comunque stavo andando a casa, ho salutato e sono scappata via. non ho preso neanche l'ascensore, ho fatto sette piani piangendo al telefono con mia mamma e quando sono uscita mi sono accorta a contatto con l'aria gelida di non aver messo neanche il cappotto e di avere in mano ancora il raccoglitore le fotocopie jane eyre e sono andata di corsa verso la macchina di mio padre e da lontano gli ho gridato indovina chi ha preso 30 all'ultimo esame? e per tutto il viaggio verso casa ho solo sorriso, sorriso e pensato che non solo ce l'avevo fatta, ma che è stato anche un successo quando io pensavo a come in caso avrei dovuto chiedere un'altra domanda per arrivare al 18. negli ultimi 10 giorni sono stata veramente soffocata dall'ansia di non farcela e dover rimandare la laurea, di sentirmi chiedere cose di cui non avevo la minima idea o, peggio, di cui avrei saputo parlare se avessi studiato meglio. ora devo iniziare la prova finale ma mi sembra incredibile essere arrivata a questo traguardo e in questo modo. ho pensato che in fin dei conti mi piace studiare (assurdo, lo so) e che sono stata veramente brava e sono contenta perché non sono stata davvero sola. quest'ultima in particolare è la mia gioia più grande in questo momento
31 notes · View notes
ambrenoir · 5 months
Text
VERGOGNOSO QUANTO ABBIA SOFFERTO
Ero una sposa e una madre felice
«Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose.
Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio.
Fu lì che credetti di impazzire
Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.
Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire.
Mi ribellai. E fu molto peggio
La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti.
Non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione? Un po’ per l’effetto delle medicine e un po’ per il grave shock che avevo subito, rimasi in istato di coma per tre giorni e avvertivo solo qualche voce, ma la paura era scomparsa e mi sentivo rassegnata alla morte.
Quella scarica senza anestesia
Dopo qualche giorno, mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Avevo imparato a risconoscere in lui un nemico e poi ero così debole e confusa che a casa non avrei potuto far nulla.
E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercitiva punizione. Il manicomio era sempre saturo di fortissimi odori. Molta gente addirittura orinava e defecava per terra. Dappertutto era il finimondo. Gente che si strappava i capelli, gente che si lacerava le vesti o che cantava sconce canzoni.
Noi sole, io e la Z., sedevamo su di una pancaccia bassa, con le mani raccolte in grembo, gli occhi fissi e rassegnati e in cuore una folle paura di diventare come quelle là.
In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroshock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento.
Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra.
Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo».
Alda Merini
3 notes · View notes
deathshallbenomore · 10 months
Note
Ti prego sono consumata dal desiderio di leggere il post incriminato che ha scatenato questi rabid promessi sposi fans
no ma in realtà è una cosa assai contenuta, e spero che la persona in questione abbia detto quello che doveva (un paio di reblog con annesso commento e passa la paura) e sia poi andata a farsi un meritato beauty sleep
ma in sostanza il post in sé non era nemmeno sui promessi, bensì un ilare commento volutamente ironico-polemico su come i vari booktok etc abbiano rovinato l’esperienza della lettura e quanto si stava meglio quando si stava peggio e non ci sono proprio più le mezze stagioni signora mia. al che, ponevo come esempio di sana e retta educazione la forzata lettura liceale di questi poveri promessi, che ormai si saran pure sposati, a occhio. ma a quanto pare le mie provocazioni contro il sistema sono state troppo scomode e hanno dato fastidio alla BigManzoni Spa. ora mi unirò ai terrapiattisti, la mia nuova gente, poiché loro non hanno paura di dire le cose come stanno [didascalia per chi ne necessitasse: è tutto volutamente ironico mamma mia è un gioco.mp3]
6 notes · View notes
scogito · 6 months
Text
Credi che siamo già arrivati alla frutta?
No. Non ancora.
Tra approcci virtuali e volontari stordimenti psico emotivi, questo è solo l'inizio.
13 notes · View notes
sofysta · 1 year
Text
Ma esattamente, quandè che tutto è finito? Con l'arrivo della tecnologia. Se mettessimo sulla bilancia i progressi positivi e quelli negativi non ci vorrebbe poi molto a capire che era meglio quando si stava peggio.
10 notes · View notes
vecchiodimerda · 1 year
Text
Nella
notte arriva la chiamata dal Grande H.
Era un po' che non.
Bestemmio, mi vesto, vado e in portineria c'è l'AmoreMio ma è più giusto dire che sono io l'AmoreSuo.
La chiamo così con presunzione ma era l'unica che quando mi apriva la sbarra per entrare dalla corsia riservata, ogni volta prima di alzarla mi diceva: un momento, ecco fatto, buongiorno. Ogni volta, a ogni passaggio, quando stava in portineria.
Quindi MyLove, e che altro?
Al LabAnal c'è la TigreRossa che mi accoglie con un bel tampone dalla Rianimazione che acchiappo e porto al CRREM.
Qui c'è la ragazza che somiglia a @vpervaffanculo di turno.
Assonnata e un po' fuori fase è rallentata nelle reazioni, al mio saluto risponde con ritardo ma è comprensibile, alle tre del mattino di una giornata piovosa di Marzo vorrebbe stare in un letto a sognare.
Ritorno per l'A14, un euro e trenta spesi male per via dei lavori che restringono le corsie da tre a una con velocità novanta contachilometri, diolento.
Potrebbe andar peggio, potrebbe piovere, infatti piove per un tratto ma la notte è bella proprio per il traffico ridotto a zero virgola anche se c'è pioggia.
Arrivo a casa e Puccio si affaccia come apro la porta. Mi scappa da pisciare e come ogni volta che mi scappa, devo pisciare e che c'è di meglio da fare che vedere le notizie di Televideo mentre si svuota la vescica?
Notizia principale: Jet Russo abbatte drone USA. Ottimo, termino, sgrullatina e visto che ci siamo, toccatina ai maroni.
Adesso che si fa? Si dorme? E se nel frattempo partono i missili? Non è meglio star svegli per godersi gli ultimi istanti?
Boh, intanto Puccio ha finito la scatoletta del filetto di pollo e siccome non legge Televideo si mette a dormire.
Mi sa che dovrò vegliarlo nel sonno, che ogni tanto deve avere degli incubi e si agita.
11 notes · View notes
spettriedemoni · 2 years
Text
Las cinco de la tarde
È una poesia di Garcia Lorca dedicata a un amico torero morto durante una corrida. L'ora delle corrode è quella: "las cinco de la tarde", le cinque della sera.
Il 5 luglio del 1982 ero in attesa di una partita di calcio, quella che per me sarebbe diventata "la" partita.
Mi fa strano pensare che sono passati 40 anni da allora, mi fa strano scriverlo. Possibile sia passato tutto questo tempo? Zoff aveva 40 anni all'epoca, vuol dire che ne ha 80 oggi? Sì, ha 80 anni. L'ho visto ieri in una intervista concessa proprio in concomitanza del suo compleanno.
Rivedo il vecchio televisore Gunding a colori con quel telaio in plastica che riproduceva le venature del legno, gli 8 canali senza telecomando, il telecomando a volte lo facevo io, a volte mia sorella. Ricordo il caldo, i calzoncini cortissimi, la tapparella abbassata perché di lì a poco si sarebbe abbassato il sole sull'orizzonte e lo avremmo avuto negli occhi seduti sul divano. Un divano di velluto marrone coperto in estate da un lenzuolo perché era davvero troppo caldo per avere il velluto sotto le chiappe.
Avevo cominciato a vedere i replay durante quel mondiale, poi la partita con l'Argentina l'avevo vista ma solo dal secondo tempo in poi. Stava cominciando a piacermi quello sport e non ne ero ancora consapevole. Mi avevano tutti avvisato dell'importanza di quella partita da dentro o fuori per entrambi ma il Brasile aveva battuto l'Argentina 3-1 noi solo 2-1 quindi in caso di parità saremmo tornati a casa. Loro sarebbero stati tra le prime 4 squadre del mondo.
Avevo sentito il nome di Paolo Rossi, Tele Sette lo aveva messo in copertina e presentato come salvatore della patria ma con un bel punto interrogativo. Avevo imparato a riconoscerne la sagoma e il numero, il 20. Ricordavo di averlo visto sfilare davanti alla porta argentina dopo il gol di Tardelli senza però fare gol. Nulla faceva presagire che davvero potesse essere il salvatore della patria.
Invece...
Cinque sembra essere il numero del destino: 5 luglio, alle 5 di sera al quinto minuto Rossi segna. Mi sembra troppo presto, come se un gol non fosse valido se segnato così presto. Invece vale è anche un bel gol nato da una azione corale perfetta o quasi.
Esultiamo in casa, temiamo la reazione del Brasile che come un toro stuzzicato dalle banderillas ora attaccherà a testa bassa con rabbia e orgoglio.
Bastano solo 7 minuti e Zico scappa alla marcatura asfissiante di Gentile, prende quel metro che gli basta per inventare. Un giocatore normale forse allargherebbe il gioco dall'altra parte verso Eder, lui no. Zico ha visto il suo capitano Socrates scattare e passargli davanti. Sembra che il suo piede si giri di 90 gradi invece ha colpito di esterno destro e il pallone è andato verso la porta nostra, davanti ai piedi di Socrates che neppure cambia passo. La palla se la ritrova davanti alla velocità giusta ed è solo davanti a Zoff anche se un po' defilato. Scirea prova a recuperare in scivolata, un giocatore normale la passerebbe in mezzo e così la pensa anche il nostro portiere che però aspetta un attimo prima di spostarsi troppo al centro, tiene il piede sinistro più vicino possibile al palo della porta perché può darsi che Socrates ci provi a tirare da lì però Socrates aspetta, aspetta. E poi aspetta. Quando tira Zoff è troppo spostato e col piede non ci arriva. Si alza una nuvola di calce sulla scivolata di Scirea, se ne alza un'altra alle spalle di Zoff sollevata dal pallone che entra in rete.
Non mi alzo dal mio posto. Mi ero ripromesso di guardare qualche azione, magari solo il primo tempo ma non sarà così. Sento quei suoni in sottofondo, sono le trombette da tifo che fanno un frastuono assordante. Non le sopporto, ma dopo un po' non ci faccio più molto caso.
Mia madre ci crede, chissà perché, mio padre è scettico e vai a sapere se è scaramanzia, invece. Preparati al peggio ma spera nel meglio, come si dice.
Vedo le maglie dei calciatori sudate, Cabrini mi sembra sudato già dagli inni nazionali con i suoi riccioli da divo. Chissà com'è, però i brasiliani non passano in vantaggio, teniamo botta. Verso il 25' una punizione di Antognoni finisce tra le braccia di Waldir Perez, il portiere brasiliano. Ha una faccia un po' anonima, pochi capelli, sembra l'unico normale lì tra loro. Passa la palla con le braccia a Leandro, da questi a Cerezo che viene avvicinato da Graziani che sembra ringhiare come un mastino. Cerezo non pare curarsene e passa in orizzontale verso 3 suoi compagni ma il passaggio è impreciso e nessuno capisce per chi sia quel pallone, si guardano come a dire: "Ma... è per te?" e chissà da dove sbuca Rossi che quel pallone lo prende lui e fa gol. Di nuovo. Stavolta tira forte quasi dal limite dell'area, forse potrebbe avvicinarsi, forse potrebbe tirare meglio ma che importa? È gol.
Sta succedendo qualcosa, il Brasile è già andato in svantaggio contro l'URSS e contro la Scozia ma poi aveva vinto rispettivamente per 2-1 e per 4-1. Stavolta però è diverso: stavolta due gol li ha presi in un'unica partita.
Mio padre salta sul divano e lo rompe, vorremmo abbracciarci ma siamo terrorizzati per la reazione di mamma che ha sentito quell'improvviso "crack". Non c'è tempo per verificare i danni, c'è da soffrire fino al 45'.
Soffriamo ma teniamo il vantaggio, Gentile, nel tentativo di fermare Zico, gli ha afferrato la maglia e gliel'ha strappata, se la cambierà. Noi, una volta al riposo, verifichiamo i danni. Il divano ha una traversina in legno spezzata. Papà la riparerà con una vite, per ora la consegna è di non sedersi assolutamente da quel lato.
Inizia il secondo tempo, come previsto il sole si abbassa e mi arriva la luce negli occhi. Mi sposto, continuo a seguire con il patema questa partita che ora pare interminabile. Ci provano i brasiliani. In tutti i modi, ma Zoff e gli altri difensori sono attenti. Dal 30' poi non abbiamo più il nostro stopper titolare che non riesce più a muovere la caviglia. Bearzot chiama un ragazzo di 18 anni a scaldarsi. Ha i baffoni folti che lo fanno sembrare già adulto, lo chiamano "zio" ma all'anagrafe è registrato come Giuseppe Bergomi e deve prendere in consegna il loro centravanti, un gigante di nome Serginho, uno un po' irascibile, pare abbia sparato alla ex moglie, nel '78 invece ai mondiali non ci è andato perché aveva tirato un calcio a un gurdalinee. Abbiamo pure qualche occasione da gol ma non riusciamo a segnare. A segnare ci riescono loro con il numero 15 Paulo Roberto Falcao. Gioca a Roma da qualche anno, grazie a delle apposite scarpe gioca nonostante un problema all'alluce, ha la tendenza all'alluce valgo. Per non deludere lo sponsor, però, ha dipinto sulle scarpe le tre strisce della Adidas, suo sponsor tecnico. Ha ricevuto palla al limite della nostra area di rigore da Junior, il terzino sinistro. Ha diversi giocatori davanti a sé, non c'è spazio poi però arriva Cerezo, velocissimo che gli passa dietro e se ne va sulla fascia destra. Questo movimento inganna Tardelli e Scirea che seguono Cerezo a cui Falcao ha fatto finta di passare il pallone. Si è accentrato ma ha la palla sul sinistro, il piede debole. Non c'è tempo: deve tirare. Il tiro è fortissimo, Bergomi la sfiora appena con la coscia e Zoff, che ha intuito la direzione, vede la palla passargli a pochissimo dalla sua mano protesa in tuffo. È il 2-2.
Falcao esulta, si vede la vena del collo gonfiarglisi, le riserve che gli corrono incontro in quel momento è lui il salvatore della patria. Non la nostra, però. Chissà come lo accoglieranno a Roma se passano loro.
Mia madre è sicura: "Gliene facciamo un altro" come fosse facile fare un terzo gol al Brasile ora.
Succede che arriva un calcio d'angolo per noi. Il pallone lo ha Waldir Perez. Rossi gli si avvicina: ha fretta, vuole riprendere subito il gioco e si fa dare il pallone. Il portiere brasiliano non cincischia come si fa normalmente in questi casi, non butta il pallone a parabola oltre la testa del nostro attaccante per innervosirlo, no lui gli consegna il pallone e Rossi lo lancia con le mani verso la bandierina dove Conti è pronto a battere il calcio d'angolo.
Il cross è alto, Oscar è Socrates si ostacolano e Tardelli può tentare un tiro al volo per la verità neanche troppo potente. La palla è lenta ma il portiere brasiliano ha il sole negli occhi. Ecco il regalo di Zoff che al momento del sorteggio: ha scelto la metà campo invece del calcio d'inizio. A quell'ora della sera il sole è basso e illumina la porta del Brasile. Graziani in scivolata cerca di prendere la palla ma di fronte a lui c'è Rossi che colpisce di nuovo il pallone.
Aveva ragione mia madre: gliene abbiamo fatto un altro, 3-2.
Ci sarà tempo per il gol di Antognoni annullato ma soprattutto la parata di Zoff all'ultimo minuto.
Vinciamo noi e tutto sembra possibile, incluso vincere un mondiale dopo essere stati dati per spacciati.
È come se l'orgoglio di quegli unici giocatori in campo fosse diventato una metafora del nostro. Come se fossimo tutti Zoff che si alza e fa no con il dito: "No, mi spiace ora è il nostro momento".
Ero rimasto seduto a vedere quella partita dal primo all'ultimo minuto, mai successo fino ad allora. Esultiamo alla fine, ci abbracciamo e vorresti non finisse mai quell'attimo di felicità.
Si, perché eravamo felici e non lo sapevamo.
27 notes · View notes
danilacobain · 1 year
Text
Selvatica - EXTRA Nella mia macchina?!
Nel capitolo 46. Adesso Ante e Corinna si erano lasciati travolgere dalla passione nella macchina di Rade e spesso mi era capitato di pensare come avrebbe potuto reagire il suo amico se avesse saputo. In questo piccolo extra vedremo se Ante è riuscito a mantenere il segreto o se Rade ha scoperto tutto.
***
Non appena varcò di nuovo la soglia del locale si pentì di non essere uscito con la propria macchina. Desiderava solo poter stare da solo e pensare con più lucidità agli ultimi avvenimenti.
Una parte di lui avrebbe voluto raggiungere Corinna e rannicchiarsi al suo fianco, sotto le coperte. Il corpo la voleva ancora ma la mente esigeva il tributo per tutte le stronzate che gli aveva raccontato. O meglio, per quelle piccole informazioni insignificanti che aveva omesso. Talmente piccole e insignificanti che riguardavano persino una mamma malata. Un sorriso amaro gli si dipinse sulle labbra mentre pensava a tutte le volte che Corinna aveva deviato il discorso su sua madre. Perché glielo teneva nascosto?
Raggiunse il privé e si sedette accanto a Mario, il quale sorseggiava una birra e batteva i piedi a tempo di musica.
Gli fece un cenno del capo e si accostò. «Ante, allora come è andata? Siete riusciti a parlare?»
Ante scosse la testa. «Non hai visto in che condizioni era?»
Mario annuì. «Beh, però avete fatto pace.»
Lui sollevò le sopracciglia, con l'aria interrogativa. Come poteva pensare che avevano fatto pace senza neanche parlare?
«Hai il suo rossetto sul collo e la patta dei jeans aperta» continuò l'amico.
Ante abbassò lo sguardo sui suoi jeans e richiuse velocemente la zip. Pensare a come Corinna era stata in macchina, calda e senza alcun tipo di freno, pensare a come era stato bello poter fare l'amore senza il peso dei pensieri che lo avevano ucciso per tutta la giornata... forse Mario non aveva tutti i torti, forse era davvero così facile fare pace. Bastavano loro due uniti, pelle contro pelle. Bastavano i loro occhi intrecciati e le loro mani strette strette.
Si accorse che stava sorridendo, alzò di nuovo lo sguardo verso Mario, che sorrideva a sua volta.
«Eh sì, deve essere stata proprio una gran bella riconciliazione.»
Tornò serio e si passò nervosamente la mano sul collo.
Era stato bellissimo, ma non era stata una riconciliazione. Avrebbe voluto poter dimenticare tutto e ripartire da quel momento in macchina. Aveva ancora il suo sapore sulle labbra. Non era riuscito nemmeno ad arrivare a casa, l'aveva fatta sua in mezzo alla strada, senza potersi controllare. Fortuna che la macchia di Rade avesse i vetri oscurati. Già, la macchina di Rade... se l'amico lo avesse saputo lo avrebbe strangolato.
Si guardò la mano, per cercare tracce di rossetto. «Le ho detto che ho bisogno di un po' di tempo per stare da solo e pensare a tutta questa faccenda. Ne parleremo quando tornerò dalla trasferta.»
Mario annuì e fece l'ultimo sorso dal bicchiere di birra. «Però ti vedo già più tranquillo.»
Di sicuro non era più teso, adesso sapeva come stavano le cose. Era amareggiato e forse era anche peggio.
«Ragazzi, ce ne andiamo?» Rade comparve accanto a loro, tenendo per mano Isotta.
«Sì.» Ante scattò in piedi e raggiunse in fretta l'uscita.
Provò una sensazione di sollievo quando l'aria fredda della notte gli cadde addosso, respirò a pieni polmoni e si lasciò andare ad un sospiro.
«Allora, come è andata?» Rade gli si accostò e gli puntò i suoi occhi scuri addosso. Isotta era rimasta indietro con le amiche.
«Come vuoi che sia andata, aveva bevuto un po' troppo. Le ho detto che parleremo quando torno.»
L'amico annuì e gli poggiò una mano sulla spalla. «Vedrai che si risolverà tutto.»
«Non ti preoccupare, Rade, hanno già cominciato a fare pace sui sedili posteriori della tua macchina», intervenne Mario, battendo due volte la mano sul tettuccio dell'auto.
Ante si irrigidì e fissò Mario con gli occhi sbarrati. Come diavolo faceva a saperlo? Gli era sfuggito qualcosa nel locale? Era piuttosto sicuro di averlo solo pensato.
Rade si immobilizzò davanti alla portiera, la mano sospesa a pochi centimetri dalla maniglia. Si voltò a guardare Ante. Il volto era diventato paonazzo e Ante per poco non scoppiò a ridere.
«Come? Hai fatto sesso con Corinna sui sedili posteriori della mia macchina?»
Scosse in fretta la testa. «No.» Rade sembrò rilassarsi. «Su quello davanti» buttò fuori lui, e sorrise nel modo più angelico possibile.
«Che cosa?» Rade sembrava scioccato.
«Che cosa? Dici davvero?» gli fece eco Mario.
«Mi spieghi come cazzo facevi a saperlo?» chiese a Mario, guardandolo truce. Non perdeva mai occasione per combinare guai con quella linguaccia lunga.
Mario scoppiò in una fragorosa risata. Allargò le braccia. «Non lo sapevo! Volevo solo fare una battuta!»
«Oh, Ante, che schifo! Non potevi aspettare di arrivare a casa?»
«Andiamo amico, che sarà mai? Giuro che sono stato attento, non ho sporcato niente.»
Rade rimase in silenzio, a fissarlo in cagnesco. Poi gli puntò un dito contro. «Domani la porti a lavare.»
Isotta si avvicinò a loro e scoccò un bacio sulle labbra del fidanzato. «Andiamo? Non ce la faccio più a stare in piedi su questi tacchi.» Lasciò andare Rade e fece un passo avanti per raggiungere il lato del passeggero. Rade la afferrò per un braccio.
«No. Tu ti siedi dietro. Davanti c'è Ante.»
Lei sbuffò e scosse la testa. «Sono troppo stanca per capire cosa vi passa per la testa.»
Ante sorrideva, divertito da tutta quella situazione. Le reazioni di Rade erano esagerate, ma se lo aspettava, sapeva che all'amico avrebbe potuto dare fastidio. Cavolo, avrebbe dato fastidio anche a lui se si fosse trattato della sua macchina. Ma davvero non era riuscito a fermarsi. Ci aveva provato, ma con Corinna che lo provocava in quel modo a un certo punto non gli era importato più nulla.
Salì in macchina e subito si ritrovò la mano di Isotta sulla spalla. Si era sporta in avanti, con la testa tra i sedili.
«Ante, stasera Corinna era strana. Avete litigato, per caso?»
Lui rivide davanti agli occhi la sua ragazza ubriaca che gli chiedeva perché era arrabbiato con lei. «Che ti ha detto?»
«Nulla. Però era pensierosa e guardava sempre il cellulare.»
«Amore, non rivolgergli la parola, siamo arrabbiati con lui.» Rade si voltò un secondo verso la sua ragazza e verso Ante.
Lui alzò gli occhi al cielo e Isotta rise. «Ah sì? Come mai siamo arrabbiati con lui?»
«Lui sa perfettamente il motivo.»
Isotta scosse la testa. «Dove siete stati stasera?»
«A fare a botte» rispose Mario, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a guardare fuori dal finestrino e forse avrebbe fatto meglio a continuare a tenere la bocca chiusa.
Isotta si sporse ancora più avanti. «Davvero? Rade, amore, anche tu?» sembrava eccitata più che arrabbiata e questo destabilizzò un attimo Ante.
«No, Rade no. Lui ha piagnucolato impaurito tutto il tempo, come una femminuccia.»
Ok, questa risposta gli era piaciuta. Ante rise di gusto, scoccando un'occhiata di intesa a Mario. Rade si agitò sul sedile, nervoso sotto il tocco di Isotta che gli passava la mano tra i capelli.
«Oh, amore...»
«Non è vero» disse secco. «Stavo solo cercando di farli ragionare.»
«Beh, ad ogni modo...» Isotta spostò di nuovo lo sguardo verso Ante. «Cerca di non fare l'idiota anche con questa ragazza.»
Incredibile, Isotta non aveva creduto a una parola di quello che avevano detto, credeva che stessero scherzando. «Si può sapere che te ne importa? Neanche la conosci.»
Ante non tollerava che altri gli dicessero come doveva comportarsi con Corinna.
«Non la conosco, però mi sono già affezionata a lei.»
Suo malgrado, sorrise. Corinna era fatta così, entrava subito nel cuore delle persone. Peccato che anche lui non la conoscesse e quella consapevolezza faceva davvero tanto male.
Si girò a guardare Rade e poi Mario. Era stata una giornata dura per lui ma loro non lo avevano mai lasciato solo, lo avevano persino aiutato a pestare quel tizio. Erano dei veri amici.
«Rade, Mario, grazie. Senza di voi non so cosa avrei fatto.»
«Ehi fratello, ma ti pare» Rade lo colpì con un pugno sulla spalla. «Su di noi puoi sempre contare.»
«Per qualsiasi cosa», intervenne Mario.
Erano la cosa più cara che avesse lì vicino e lo stavano facendo sentire meno solo in mezzo a quella tempesta di emozioni che lo stava attraversando.
2 notes · View notes
Text
Vorrei … ma non posso!
Ciao … Come stai ?
Domanda sciocca da parte mia penserai , eppure vorrei saperlo anche se la risposta potrebbe non piacermi .
Probabilmente mi risponderesti in maniera generica e dopo , se l’orgoglio non ti frenerebbe , mi chiederesti come sto anch’io e li poi sarei costretto a inventarmi una bugia o dirti una mezza verità .Perché è una legge non scritta quella che dice che :”Chi lascia non può stare male ,né tanto meno tornare sui suoi passi .!” È giusto dovrei lasciarti vivere la tua vita mentre io vivo la mia , eppure vivere mi sembra l’ultima delle cose che riesco a fare da quando non ci sei !
Sono incoerente ?… Non lo so! … So soltanto che mi manchi e che il mio cuore c’ha messo un po’ per capirlo o semplicemente io ciò messo più tempo del previsto a sentirlo .
Ma c’è un “Ma” e quel “MA” e la ragione per cui non riceverai mai questo messaggio , io non posso dirti tutto questo è poi non avere l’assoluta certezza che tornando insieme … poi ti renda finalmente di nuovo felice .
Ad oggi di solo due cose sono convinto la prima e che cio che ci univa è sempre stato reale … puro e la seconda e che anche tutto ciò che ci ha diviso ,purtroppo ,lo è .Ed ammetto che ora come ora ancora non so come e se si può rimediare .
Ero cambiato ? probabilmente avevi ragione ,il ripetermelo ogni giorno per mesi sicuro non ha aiutato ,ero calato nel attrazione e attenzione nei tuoi riguardi ? Vero ! Tu non hai fatto altro che sottolinearlo ogni giorno ascoltando ogni tanto qualche mia spiegazione è non capendo ma solo rincorrendo ciò che per te era l’essenziale ,cioè riavermi a tutti i costi come ero prima ,senza contare che forse davvero in un rapporto ci si evolve e non per forza in peggio … Si cresce ,si matura e si fa spazio a versioni di se piu adulte che però non vuol dire meno innamorate. Perché si può cambiare il modo di amarsi basta non smettere di farlo!
Per non parlare poi della nostra sfera intima dove tutto era diventato ormai monotonia e non pensare che io non abbia apprezzato i tuoi sforzi nel cercare di migliorarti .. anzi… ma forse tu non hai capito e dato valore ai miei che per mesi mi hanno lentamente consumato .
Tante cose in quest’ultimo anno non sono andate per il verso giusto ,entrambi a modo nostro ,col
dialogo e con le nostre ragioni abbiamo provato ad andare avanti ma qualcosa c’ha suggerito che non potevamo continuare così . Tu stavi male e io non potevo sopportalo ,paradossalmente sopportavo di soffrire io ma non te. E so che forse in qualche raro momento avrai pure pensato di mandare tutto a puttane ma per amore e per un pizzico di paura non l’hai fatto ! Infondo perchè avresti dovuto il problema principale hai sempre saputo e sostenuto fossi io … da un lato come darti torto … Io e soltanto io potevo liberarti da noi. Un noi che ormai ti stava e ci stava facendo male… non potevo permetterlo .
Ora come ora nel cuore della notte sappi che ti penso …mi capita spesso e cerco in cuor mio la soluzione per poter sistemare tutto e tornare a come eravamo prima , e non puoi lontanamente immaginare cosa darei o farei per farlo ma di certi problemi ne cuore ,ne testa ne altri hanno la soluzione .
Quindi resto qui immobile vivendo sto momento che per quanto faccia male spero mi aiuti a crescere non dimenticando mai e stringendo a me solo i ricordi belli e ripetendomi che forse doveva andare così che è giusto per entrambi e che solo da una storia vera ,intensa e bella come la nostra che finisce si può ricominciare … rinascere …. Forse anche meglio di prima .
Almeno lo spero …. !
3 notes · View notes