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#laurea online
liveunict · 2 years
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Università online: come funziona la laurea?
La laurea online si rivela essere la soluzione migliore per migliaia di studenti che non desiderano o non possono permettersi il trasferimento presso un’altra città, a causa dei costi troppo elevati, o per chi non ha il tempo necessario per recarsi quotidianamente presso un ateneo e seguire tutte le lezioni, come gli studenti già lavoratori. Se fino a qualche anno fa l’università telematica era…
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omarfor-orchestra · 2 years
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laurea magistrale in Management
Una laurea in management può essere un ottimo trampolino di lancio per una carriera manageriale. Questo grado ti garantirà le competenze tecniche e trasversali necessarie per essere un manager di successo.
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falcemartello · 6 months
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+++Breaking DIgital Identidy News+++
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L’accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea sul portafoglio di identità digitale dell’UE è soggetto ad abusi e dà a Bruxelles la capacità di negare i diritti delle persone e di controllarli.
Secondo la nuova normativa europea, i portafogli, che per ora saranno volontari, conterranno le versioni digitali di tutte le carte d'identità, patenti di guida, certificati di laurea e documentazione medica. la mossa minaccia di fatto i valori europei, come sostenuto da 504 accademici ed esperti di 39 paesi che hanno firmato una lettera aperta che mette in guardia sui pericoli per la sicurezza e la libertà online delle persone.
Avere tutti i documenti in un unico posto significa che possono essere confiscati con un clic. Ciò è stato fatto dall’amministrazione Trudeau in Canada quando, durante il Covid, ha negato l’accesso ai propri conti a coloro che rifiutavano il vaccino e in seguito ha rimosso i diritti assicurativi agli automobilisti che partecipavano al blocco di protesta della capitale Ottawa. Significa anche che gli Stati membri iniziano a perdere il diritto esclusivo di revocare la documentazione rilasciata. Anche Bruxelles potrà farlo. Bruxelles e il commissario Breton vogliono andare ancora oltre introducendo la valuta digitale dell’euro. ( Breton è il commissario che cerca di censurare i social media).
Se le questioni finanziarie finiscono in questo portafoglio, sarà facilitato un maggiore controllo sulla vita delle persone con la possibilità di introdurre un sistema di crediti sociali o di sanzioni elettroniche per coloro che partecipano alle proteste.
Un sistema di questo tipo consentirà inoltre alle autorità di controllare il modo in cui le persone spendono i propri soldi , come è accaduto in Canada e Brasile. La valuta digitale semplifica gli affari, ma è anche uno strumento per eliminare i nostri diritti alla privacy.
La completa centralizzazione digitale delle transazioni rimuove il diritto all'anonimato. Quest’ultima mossa dell’UE è anche legata alle proposte di modifica del trattato, che includono l’eliminazione graduale di tutte le valute nazionali a favore dell’euro.
Non ci sono dubbi sul fatto che gli eurocrati vogliano creare un regime liberale in cui i cittadini siano sempre più controllati dalle autorità con sede a Bruxelles.
Tutto quello che puoi fare può esserti impedito con un click. Può essere visto, analizzato, usato. Mai dimenticarlo
Uso pratico Con questi portafogli i cittadini potranno dimostrare, in tutta l'UE, la propria identità quando necessario per accedere a servizi online, condividere documenti digitali o semplicemente dimostrare un attributo personale specifico, come ad esempio l'età.
Essere utilizzata in molti casi diversi, ad esempio per: -usufruire di servizi pubblici, come richiedere un certificato di nascita o certificati medici oppure segnalare un cambio di indirizzo - aprire un conto in banca -presentare la dichiarazione dei redditi -iscriversi a un'università, nel proprio paese o in un altro Stato membro - conservare una ricetta medica utilizzabile ovunque in Europa - dimostrare la propria età noleggiare un'automobile usando una patente di guida digitale - fare il check-in in albergo.
Usare l'identità digitale dell'UE per chiedere un prestito bancario Il portafoglio europeo d’identità digitale è un progetto che potrebbe arrivare già nella prima metà del 2024 e metterà a disposizione dei cittadini uno spazio accessibile da qualunque dispositivo, dallo smartphone al pc, rendendo ancora più facile l’interazione con le Pubbliche Amministrazioni, locali o nazionali.
Sarà possibile continuare ad accedere all’App IO sia tramite identità digitale SPID sia tramite CIE, cioè la carta d’identità digitale. All’interno dell’applicazione si potrà poi accedere all’IT Wallet cioè il portafoglio digitale che conterrà i documenti già citati e altri che saranno aggiunti negli stadi successivi del processo, tra cui, ad esempio, la Carta europea della disabilità e attestati come il titolo di studio.
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pizzettauniversale · 1 year
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Devo scrivere un articolo per un magazine online che si occupa di moda, l’articolo è tratto dalla mia tesi di laurea 🥹🥹🥹🥹
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stranomavero-o · 2 years
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Supercazzola il CV
Eccoci qui col post con qualche piccola dritta su come rendere il CV più “accattivante”. Premetto che io non faccio la HR e non sono un’esperta, sono solo qualcuno con qualche anno di esperienza lavorativa e di ricerca lavoro, che ha potuto seguire delle lezioni da gente più preparata di me.
1) Quello che si scrive nel CV deve essere reale, e qui non ci piove, però c’è modo e modo di raccontare qualcosa. Facciamo un esempio: “ho lavorato su progetto X facendo Y” --> “ero parte di un team che ha realizzato X e le mie responsabilità nel progetto erano a, b, c. ”. In generale è sempre bene sottolineare in che modo avete contribuito a un certo progetto/attività, di cosa eravate responsabili, e quali eventuali risultati avete ottenuto. Attenzione che “risultato” è molto relativo come concetto: non pensate in grande, anche solo avere ricevuto un feedback positivo da un cliente, capo o un collega è una cosa che vale la pena dire.
Io provo sempre a tenere a mente il metodo STAR (usato in Amazon) ovvero: Situation, Task, Action, Result (descrizione del contesto, cosa dovevi fare, cosa hai fatto e il risultato). Questo permette a chi legge il CV di farsi un’idea più chiara delle vostre esperienze.
2) Esticazzi level: ovvero valutare se quello che state scrivendo nel CV è effettivamente di interesse per chi lo legge o se penseranno “Esticazzi?”. Se vi candidate per un ruolo di sviluppatore software magari scrivere “hobby: calcetto” è poco interessante, usate saggiamente lo spazio mettendo solo cose che abbiano un motivo di essere lì. Aggiungo che personalmente il voto di laurea lo considero “Esticazzi”, mentre sapere che avete fatto dei corsi o delle certificazioni dopo l’università (o in generale) mi dice che siete interessati a quello che fate e continuate ad evolvere.
3) Le skill: mettete le skill più rilevanti per lo specifico lavoro per cui vi candidate in bella vista, togliete cose che possono essere fuori tema, inserite il livello di conoscenza non solo per le lingue e supportate quello che scrivete. In che senso? “Conoscenza Excel” --> “Conoscenza approfondita di MS Excel, uso di funzioni complesse, tabelle pivot, ecc.. maturata grazie a utilizzo dello strumento in ambito XX per 2 anni/grazie a corso online di 8h applicato in ambito di studio o lavoro”. Prendete la lista di cose che chiedono nella job description e mettete in evidenza skill o attività svolte che possano essere correlate. Attenzione alle tanto abusate soft skills, non scrivete che siete bravi nel lavoro in team perché fa bello, e poi magari nelle esperienze avete scritto di aver lavorato da soli su tutti i progetti, piuttosto dite che “grazie al lavoro indipendente avete maturato abilità di auto-organizzazione e motivazione ed eccellente time-management”. Discutete costantemente col cliente che non capisce un cazzo ma vi vuole dire come fare il vostro lavoro? “Capacità di negoziazione maturata in ambito consulenziale su progetti molto sfidanti”. Tutto è una skill se lo racconti nel modo giusto, non mettete lista copia/incolla cercando soft skill su google.
Questi sono alcuni spunti molto generici, che sicuramente andrebbero adattati all’esperienza singola, all’ambito, ecc. e sicuramente la maggior parte di voi ha già letto consigli simili altrove. Spero comunque che possa essere utile a qualcuno che magari sente che è il momento di “rispolverare” il CV, sono fresca da questa esperienza e so che può essere difficile trovare le parole per raccontarsi in poche righe a chi non sa nulla di noi. Se vi va rebloggate con ulteriori idee e suggerimenti :)!
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ross-nekochan · 2 years
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In questo periodo sto ascoltando i podcast dei Tlon del 2018 e penso: cosa abbiamo imparato dalla pandemia? A fare i colloqui online e poco più. Esme_psithurisma su Instagram giustamente sottolineava come anche per lei togliere la possibilità di seguire online è stato un errore per un milione di motivi diversi: mancanza di aule per accogliere tutti gli studenti, tempo meteorologico avverso, patologie fisiche, psicologiche e chi più ne ha più ne metta.
Ho avuto il privilegio di osservare le università italiane del Nord e del Sud in quel periodo: le università del Sud hanno semplicemente scaricato la responsabilità sul singolo docente, che ha dovuto mettersi su una piattaforma e fornire agli studenti gli strumenti per potersi collegare; l'università del Nord (quelle ricche) hanno creato piattaforme apposite per rendere l'esperienza quanto più fluida possibile, permettendo addirittura la fruizione delle lezioni registrate anche mesi dopo. Interi corsi di laurea caricati sulla piattaforma apposita.
Cosa se n'è fatto di questo materiale? Cosa se n'è fatto di milioni di euro per creare tutta questa organizzazione? Tutto buttato.
Di certo per le università del Sud non sarebbe stato fattibile propendere per una didattica online. Come detto, la responsabilità è stata scaricata sul singolo, che ora ha il dovere di andare in aula. Cosa dovrebbe fare? Portarsi il pc dietro e organizzare collegamenti online di propria iniziativa?
Le università del Nord invece, hanno preferito fare un passo indietro. Loro, capaci di monetizzare tutto, anziché fregiarsi dell'ennesimo atto di incisività e di progresso, hanno letteralmente vanificato un ingente investimento che avrebbe potuto cambiare la storia della didattica e del mondo universitario.
L'università è fatta per essere in presenza non c'è dubbio, come non c'è dubbio che molti sono pigroni e abusano della didattica online. Ma che io sappia la conoscenza dovrebbe anche essere inclusiva e democratica. Invece si è tornati a relegare la conoscenza a quei privilegiati che se la possono permettere (fisicamente, psicologicamente ed economicamente), quando in verità le lezioni universitarie sono state sempre aperte, libere e gratuite proprio in virtù del principio della democrazia del sapere.
Nel frattempo, su Instagram mi compaiono reels comici in cui gli anglofoni della GenZ rinunciano a una proposta di lavoro se questa non è 100% remote.
In conclusione, dunque, che cosa abbiamo imparato dalla pandemia? A fare i colloqui online e poco più.
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deathshallbenomore · 1 year
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oh no ho deriso mia madre che pretendeva di spiegarmi tutti i passaggi per accedere al modulo online per pagare la tari dicendo “non ci vorrà mica una laurea in ingegneria”. ma ho peccato di hybris ed è tutto ovviamente molto più complesso del previsto. mi pento e mi dolgo
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angiusmaker · 1 year
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Studia, consuma, crepa: il modello tossico dell'università
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Riporto integralmente un articolo molto interessante che ho letto online su TPI e che consiglio vivamente:
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Fuoriclasse o fuoricorso, non c’è via di scampo. O almeno è quanto vorrebbero farci credere tutti quei proclami, quelle “notizie” che spesso sono solo trovate di marketing per il giovane laureato prodigio e per la sua notabile famiglia o per la prestigiosa università privata a cui è iscritto.
Per mesi siamo stati bombardati da titoli come «Federica batte tutti», una goccia che lentamente ha scavato la coscienza collettiva convincendoci che l’università è una competizione. Come se ce ne fosse bisogno, come se non fossimo già abbastanza terrorizzati all’idea che – se ancora esiste qualche chance che l’ascensore sociale in Italia funzioni – bisogna eccellere, essere tanto più bravi quanto più si parte dal basso, altrimenti, banalmente, saremo spacciati.
E una volta fuori dal mondo dell’università – ormai vissuta come imprescindibile nel transito verso un mercato del lavoro sempre più precario e pertanto sempre più esigente – non saremo competitivi, non ci meriteremo una vita sopra la soglia della povertà relativa, con una carta che risulti ancora capiente quando, dopo aver pagato l’affitto e le bollette, staremo facendo i conti e incrociando le dita anziché goderci quella rara uscita fra amici.
Tutto questo (e molto di più) si nasconde dietro il disagio psicologico degli studenti universitari che talvolta si spingono a compiere gesti estremi: la consapevolezza e il disincanto. 
Non sono giovani viziati che non sanno più tollerare i piccoli fallimenti della vita, come vorrebbero farci credere; e non sono nemmeno dei pazzi con mille altri problemi collaterali, come si usa dire quando ci si vuole autoassolvere per aver assecondato quella mentalità, liquidando anche l’ennesimo suicidio come un caso isolato. 
Eppure, in queste storie non è difficile riconoscersi. Quando è estate e già senti il peso della sessione di marzo, l’ultima prima di finire fuoricorso e pagare il doppio delle tasse. «Sono nei tempi», ti ripeti, «mi mancano cinque esami». Ma solo il pensiero di dirlo ai tuoi genitori e vedere le loro facce deluse già ti devasta.
Fra quei cinque esami, poi, scopri col tempo di averne sottovalutato uno, o di aver fatto male i conti col grado di dettaglio richiesto da quella commissione, che che ti boccia due volte. Gli appelli non sono poi tanti, a volte passano mesi fra l’uno e l’altro: di colpo è Natale, tu sei molto più indietro di quanto avessi previsto; sei già proiettato sulla laurea perché l’hai annunciata e questo ti mette ansia, ti impedisce di studiare sereno. Così ti chiudi in casa, studi tutto il giorno, rinunci ad ogni occasione di socialità, finisci in una spirale di solitudine e confusione.
Forse avresti bisogno di aiuto ma non hai il coraggio di chiederlo: non credi di meritarlo. I tuoi compagni di corso postano la foto con la corona d’alloro, e tu sei in pigiama che li guardi dal telefono: a te manca una vita. Pensi a te stesso di lì a qualche anno, le insicurezze diventano giganti.
Ti senti sopraffatto, ti manca l’aria. E scopri che sei troppo stanco per continuare a giocare a quel gioco in cui già sai che perderai. 
Non abbiamo dovuto inventare niente: è solo una delle ultime fra le storie che non sono state raccontate. In questi mesi abbiamo raccolto persino la testimonianza di un’attrice che risponde ad un annuncio di lavoro e si ritrova al telefono con un ragazzo disperato: le chiede di fingersi una docente universitaria, nel periodo delle lauree da remoto, per simulare una discussione di tesi.
L’artificio non avrebbe portato al conseguimento del titolo, ovvio, ma forse appariva come l’unica maniera per procedere con la rinuncia agli studi senza rompere con la propria famiglia. Che fine avrebbe fatto la fiducia, se avessero scoperto mesi di bugie?
In una società che non tollera il fallimento, tu non vuoi deluderli. In una società che non tollera il fallimento, anche tu hai disimparato a tollerarlo. In una società che non tollera il fallimento, la procrastinazione non è pigrizia ma semplicemente paura di non avere successo.
Così prendi tempo, finché puoi, e rimandi il tempo della verità, che deve suonare come un’imperdonabile ammissione di colpe. 
Ma la verità è che ciascuno ha i suoi tempi; che i regolamenti delle tasse sono punitivi; che se sei povero paghi meno tasse nell’università pubblica ma devi essere anche molto bravo: se rimani indietro, perdi il “privilegio” di pagare meno, che è un diritto e che non dovrebbe cessare di esistere solo perché non corri veloce come gli altri.
E poi c’è chi lavora per pagarsi l’affitto da fuorisede, che spesso è una scelta obbligata. C’è chi dedica il proprio tempo a esperienze di cittadinanza attiva. C’è chi deve sopperire alle carenze del welfare e prendersi cura di un familiare.
Qualsiasi impegno che non sia la devozione allo studio diventa una perdita di tempo, nella narrazione polarizzata che si fa degli studenti universitari: veri fenomeni o falliti.
L’unica via è l’individualismo più cinico, la capacità che hai di reprimere i momenti di debolezza, per i quali non c’è tempo: la produttività è centrale nell’organizzazione aziendalistica dei luoghi della formazione.
I criteri di merito sembrano pensati per far sparire ogni disuguaglianza nelle condizioni di partenza, e ammantare tutto di un’aura di giustizia sociale.
Hai bisogno di supporto psicologico, in un momento storico di apparente grande slancio verso il superamento dello stigma sulla salute mentale? Prega di avere i soldi per pagartelo, perché i servizi di counseling offerti solo da alcuni atenei solo assolutamente insufficienti. 
La rappresentazione che di tutto questo (non) si offre è quanto mai fuorviante. Chi svetta da una posizione di potere invidiabile, di nascita, sembra essersela costruita, con un puntuale encomio al sacrificio e alle rinunce che ha compiuto sul piano personale per avere successo in quello universitario-professionale; chi perisce, invece, sembra fare la fine che merita, in questa sorta di darwinismo della realizzazione di sé.
Con lui sparisce la necessità di interrogarsi più profondamente sui criteri di valutazione, sull’insufficienza delle borse di studio e delle università stesse sul territorio nazionale (in Italia ci sono 67 università pubbliche e 190 istituti penitenziari), sulla funzionalizzazione dell’università pubblica al lavoro flessibile, in competizione diretta con le università private; su quanto abbiamo introiettato il concetto per cui siamo quello che facciamo.
Basteranno tre minuti di silenzio e potremo continuare a fingere che vada tutto bene. Tre minuti di silenzio, e mentre un’ambulanza porta via il corpo dell’ennesima studentessa che ha deciso di togliersi la vita pochi metri più in là, la commissione chiama il nostro nome. Dobbiamo sostenere l’esame. L’angoscia ci divora ma non possiamo permetterci di rimandarlo: il prossimo appello è fra un mese e sarà già troppo tardi.
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liveunict · 2 years
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Cybersecurity, 3 step per lavorare nel mondo della sicurezza online
Cybersecurity: se ne sente parlare sempre più spesso al giorno d’oggi, sia perché questo settore attira l’interesse di molti, sia perché esso si sta rivelando essenziale. Infatti, di questi tempi la sicurezza online è un elemento che non può essere sottovalutato dato che tutto passa per i canali virtuali. Dalle informazioni personali alle questioni lavorative, passando per i dati di sicurezza…
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automatismascrive · 2 years
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Su tumblr, per tumblr, con tumblr: what happens next
Vi ricordate i webcomic? No, non parlo di cose tipo Stand Still Stay Silent o Kill Six Billion Demons, fumetti pubblicati online che hanno come scopo ultimo quello di essere stampati in una bella edizione con copertina rigida e tavole immacolate. Pensavo più a roba tipo questa. O questa. O in generale tutte quelle serie nate dalla penna di un solo autore che partiva dal presupposto di non saper disegnare, spesso pure di non saper sceneggiare e in casi più gravi manco di saper fare lo spelling di parole oltre le tre sillabe; sì, c’era naturalmente un mucchio di robaccia di questo genere in giro per l’internet, ma il fascino di poter prendere carta e penna (o pennino e tavoletta grafica, ma siamo lì) e poter creare un prodotto finito da poter postare sul web che veniva letto e commentato da un mucchio di persone è qualcosa che è sempre più difficile da ricreare al giorno d’oggi – e in mezzo a questa pila gigante di spazzatura non mancavano i piccoli tesori che riuscivano a raccontare una storia che nei medium più tradizionali non avrebbe trovato spazio. Non che oggi i webcomic di questo tipo siano spariti per mancanza di mezzi o di piattaforme, sia chiaro, ma quando chi compete per l’attenzione del tuo pubblico è un illustratore con una laurea in arti figurative che ha pure fatto qualche corso di sceneggiatura è quasi impossibile costruirsi un pubblico che vada oltre lo stile incerto e l’iniziale mancanza di coerenza e continuità invece di scegliere qualcosa di più accattivante.
Il mondo dei webcomic così come si intendeva dieci-quindici anni fa è stato largamente sorpassato: ogni tanto però spunta fuori un’eccezione. Eccezione che, per essersi fatta largo in questo mercato ipercompetitivo e frenetico, deve avere qualche qualità che non la faccia istantaneamente ricondurre alla satura categoria dei three dudes talking about videogames (storico antenato dei three dudes with a podcast che oggi piagano la rete): è proprio il caso di what happens next, disegnato e sceneggiato da Max Graves, che si prefigge di narrare una storia che parte da un episodio di cronaca nera che cambia per sempre le vite dei protagonisti, per esplorare in che modo filtrare questi avvenimenti attraverso la rete può peggiorarli, distorcerli, o creare nuovi mostri che sarebbero stati impossibili da immaginare prima dell’avvento dei social. E già vi sento, come una sola voce, pensare: che due maroni. Che due gargantueschi, flaccidi maroni. Fermi, prometto che questo webcomic merita almeno il tempo che spenderete a leggere questo consiglio; anzi, per rientrare nelle vostre grazie, lancio l’amo: è un webcomic su tumblr. Proprio così, una parte significativa delle interazioni tra i personaggi avverranno tramite una versione di tumblr molto simile a quella attuale – l’autore ha specificato l’ambientazione è un mondo parallelo molto simile al nostro  – con interfacce ricreate minuziosamente e dinamiche così vicine a quelle reali da essere chiaramente state oggetto di uno studio accurato. A questo punto potrei avervi perso definitivamente, ma per chi di voi si è sentito intrigato alla menzione del tumblero, ecco di che cosa parla il consiglio di oggi.
Vikki, assistente in uno studio di pompe funebri e proprietaria di un canale YouTube dedicato al true crime, decide di chiedere assieme alla sua amica Xandra un’intervista a Milo Holliday, ragazzo trans coinvolto anni prima in un omicidio particolarmente efferato assieme al suo migliore amico-slash-fidanzato-slash cotta pre-eggcracking (Griffin Petty – uhm, è complicato) che ha portato alla morte di due ragazze. Pur essendo rimasto diversi anni in un istituto di igiene mentale a seguito della sentenza del processo, è attualmente in libertà e vive con suo padre e con sua nonna, cercando di mantenere il più possibile l’anonimato per lasciarsi il passato alle spalle. Oh, tranne per il fatto che ha un account su tumblr con il suo vero nome a cui arrivano ogni giorno messaggi crudeli, transfobici o semplicemente scioccati all’idea che un tizio coinvolto in un evento tanto traumatico scelga di passare diverse ore al giorno a discutere su che cosa dovrebbe o non dovrebbe meritarsi per il resto della sua vita. Su tumblr è però attivo anche Gage, attuale fidanzato di Griffin e proprietario di un account pieno di contenuti grafici e disturbanti che insiste per contattare Milo per avere più informazioni sull’omicidio in cui è stato coinvolto e sul rapporto che aveva con Griffin prima del tragico evento: come è facile immaginare, questo mix letale di riflettori sulla vita di Milo e di traumi passati che bussano alla porta innescherà una spirale che lo porterà a dover ripensare radicalmente come ha vissuto fino a quel momento e in che modo dovrebbe gestire le responsabilità di ciò che ha fatto. Spoiler: nulla andrà come dovrebbe.
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La prima tavola del primo capitolo, featuring Vikki che è ovviamente la mia preferita perché è la mean goth del cast.
La prima caratteristica di what happens next che salta subito all’occhio è l’estremo realismo della componente social che costituisce uno dei motori principali della vicenda. Ogni interfaccia è resa graficamente con un notevole livello di cura e dettaglio, e il modo in cui ciascuno dei personaggi interagisce con la rete è molto vicino alla realtà – nonché chiaramente basato sulle esperienze dell’autore: non mancano i riferimenti a meme, dinamiche e nerderie di vario genere che hanno fatto la storia di tumblr e di altre sottoculture online, ma non sono mai buttati nella storia fini a loro stessi, giusto per strappare una risata al lettore o per fargli un occhiolino come a dirgli “so che tu sai che io so”. Il fatto che Milo riguardi ossessivamente le prime stagioni di My Little Pony: Friendship is Magic e che non sia in grado di impegnarsi nella visione o nella lettura di alcuna narrativa che si allontani da ciò che guarderebbe un ragazzino di seconda media, o l’interesse che Vikki prova per il true crime, o ancora quei contenuti morbosi e talmente gore da risultare ridicoli che Gage posta sul blog sono tutti riflessi del modo in cui i personaggi hanno scelto di gestire i traumi e le difficoltà che li hanno accompagnati fino a quel momento. Ulteriormente significativo è il fatto che queste dinamiche sono presentate in modo molto realistico: persino io, che ai social propriamente detti mi sono avvicinata abbastanza tardi e che sono su tumblr da meno di un anno, non ho avuto nessuna difficoltà a riconoscere quanto le interazioni online presentate nel corso delle tavole rispecchino fedelmente moltissime situazioni che si evolvono tutti i giorni nella realtà – dai comportamenti più macroscopici, come bullismo o stalking, fino alla complessità dei comportamenti di persone depresse, terminally online e incapaci di gestire le proprie responsabilità in maniera diversa da come gestivano a tredici anni le liti tra fandom.
Va sottolineato come questo realismo non si limiti a permeare le relazioni che si costruiscono online tra i personaggi, che soprattutto nella prima parte del webcomic tendono a dominare la narrazione, ma anche a quelle che vediamo offline. Se vi aspettavate una storia con buoni e cattivi, o perzone tossike e brava gente, be’, what happens next non ha nessuna intenzione di raccontarvela; persino i personaggi più sgradevoli e con cui è più difficile empatizzare, come il padre di Milo, che non esita a ridicolizzare il figlio e si rifiuta di comprendere o di accettare la sua transizione, sono protagonisti di dialoghi rivelatori e credibili che riescono a farci percepire tutta la complessità racchiusa in una storia così dolorosa come quella che Graves vuole raccontare. In questo webcomic non ci sono persone “moralmente giuste”, e uno dei focus centrali della serie è proprio sul ruolo della vittima, che può essere indubbiamente liberatorio da vestire, ma che se cucito addosso troppo stretto impedisce di diventare qualsiasi altra cosa e porta a liberarsi di qualsiasi percezione di responsabilità, rifiutando la crescita e il cambiamento necessari per diventare adulti; quasi tutti i personaggi hanno comportamenti infantili e bizzarri, spesso esasperati da spazi online incapaci di rispondere alle loro esigenze ma più che felici di intrappolarli in dinamiche adolescenziali e prive di complessità: tu sei una persona moralmente corretta (hai rispettato il mio dni), tu un mostro che farebbe meglio ad ammazzarsi appena possibile (hai postato un contenuto con una ship incestuosa).
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Sì, Milo sta guardando una puntata di MLP. Grave che io sappia qual è anche se non l’ho mai visto in vita mia.
Persino la giustapposizione tra elementi comici e grotteschi ed eventi traumatici e violenti, che in altre mani avrebbe rischiato di risultare in un pastrocchio incoerente e privo di qualsiasi carica drammatica, in questo webcomic è dosata in modo da fornire sufficiente realismo alle interazioni senza per questo scadere in sterile citazionismo o nell’illusione che citare la realtà permetta di dare spessore alla finzione. Insomma, se siete arrivati fin qui è evidente il mio entusiasmo per questo webcomic, ma proprio in virtù del suo status indie presenta qualche limite. Il più evidente è il disegno: se le interfacce sono assai realistiche e i mezzibusti dei protagonisti molto espressivi nella loro semplicità, quando il tratto è costretto a rappresentare persone in movimento, composizioni complesse o gestualità peculiari viene messa in evidenza la sua inadeguatezza; è perlopiù abbastanza chiaro nel rappresentare ciò che sta succedendo, ma difficilmente è gradevole alla vista o bello in senso tecnico. Anche la colorazione è piatta e priva di ombre e luci, stratagemma che funziona nel primo capitolo che utilizza una palette molto limitata ma molto meno in quello successivo. Non dovrebbe sorprendere, considerando che si tratta di un webcomic vecchia scuola che è evidentemente frutto di anni di lavoro da autodidatta, ma contribuirà sicuramente ad allontanare qualche potenziale lettore abituato a standard grafici molto superiori.
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Ecco, appunto. Anche se hobbit!Milo ha il suo appeal.
Come già feci per Romulus, inoltre, sono costretta a segnalare che il webcomic è ancora in corso: il primo capitolo – dog names – è completo ed è leggibile anche come una storia a sé stante, com’era nelle intenzioni originarie dell’autore, mentre il secondo è ancora incompleto; viene aggiornato regolarmente e fino ad ora non ha dato segni di peggioramento qualitativo: sembra che l’autore sappia quello che fa e che non si stia affidando al caso o a una prima geniale intuizione per scriverlo, dunque mi sento di consigliarlo caldamente anche con questi caveat (e poi volevo ricominciare a scrivere sul blog, okay?). Se i temi citati vi interessano e avete almeno una qualche curiosità di vedere in che modo le dinamiche dell’Internet possono essere sfruttate per scrivere una storia complessa, competente e conscia dei medium di cui vuole parlare – o se vi è piaciuto Bokura no Hentai – what happens next potrebbe rivelarsi una lettura interessante.
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eyelinerda3euro · 1 year
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chi è la cogliona che deve verbalizzare un esame del primo anno e confida che il prof si fidi facilmente alla cieca perché l’ho fatto online durante il covid in un pre appello? io 🫠 chi rischia che non si laurea per questa cagata? sempre io 🫠
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kyda · 2 years
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dalla to do list di oggi: ✓ umiliarmi un'altra volta chiedendo scusa al professore (che da tre settimane non mi risponde) se gli ho riscritto sul terzo indirizzo email che sono riuscita a trovare online ma sono disperata e fra un mese c'è l'esame e io non so ancora che cosa devo iniziare a studiare e non so più che fare a parte andare apposta a Palermo e andarlo a cercare in aula mentre fa lezione e mettermi a gridare perchè questa laurea a queste condizioni per ogni materia che mi è rimasta non la voglio più
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pizzettauniversale · 2 years
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potresti spiegare meglio questo ultimo post?
Non ci si mangia con la critica cinematografica, né qui né in nazioni dove il cinema e il giornalismo ricevono molti più soldi es. USA.
Non ci si mangiava nemmeno nel secolo passato, Alberto Moravia ha scritto migliaia di critiche cinematografiche (lavoro che peraltro odiava perché riteneva, almeno all’inizio, il cinema come il figlio scemo della letteratura) e scriveva perché gli permetteva di arrotondare.
Ci sono grandi critici cinematografici italiani, nessuno lo fa come lavoro principale, è sempre affiancato ad altre cose (professori, scrittori, ricercatori, giornalismo di altro genere), perché con la critica non ci si mangia. Le pagine sui quotidiani, riviste, riviste online hanno un trafiletto che riguarda cinema e spettacoli, quindi chi scrive per un quotidiano scrive anche di altro, oppure affidano quel trafiletto a persone esterne, cioè quelli che citavo prima.
Non è che non lo puoi fare, ma o scrivi per 20 riviste differenti o non ci campi o lo affianchi a un altro lavoro, ripeto anche i migliori non lo fanno di primo lavoro.
Il fatto che alla ragazza, nel suo corso di laurea triennale in cinema comunicazione media, nessuno abbia spiegato questo è grave. Io ho fatto una tesi in critica cinematografica, con un professore esperto di critica cinematografica italiana ed estera e la prima cosa che disse a lezione è: non sperate di vivere facendo solo questo mestiere.
Si può scrivere per riviste specializzate, che sono poche, per lo più ci scrivono professori e ricercatori, non ci vivi e nella maggior parte dei casi non sono critiche, ma sono saggi, analisi e ricerca, quindi siamo di nuovo al punto di partenza.
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gushuwa · 2 years
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Ciao, come va? 🪷 Domanda molto random ma quale certificato vuoi prendere per diventare insegnante d'italiano per stranieri? Io sono spagnola ma ho studiato filologia italiana all'università e anche a me mi piacerebbe insegnare l'italiano, ma non so quali certificato esistono, se si deve prendere soltanto in Italia..... E poi, tu vuoi insegnare in Italia oppure al estero? Se al estero, dove? Nel mio paese non c'è nessuno che voglia impararlo :( se in Italia, sai se gli stranieri possono farlo? grazie 🤍
Ciao cara, scusa il ritardo della risposta ma non sapevo cosa scrivere. Ancora non lo so. Semplicemente perché non voglio restare in Italia e non mi sono mai informata bene sulle possibilità di insegnare qui italiano. Voglio sparire da questo paese e stabilizzarmi in Canada, o dove mi porta il vento 🌝 So che qui in Italia ci sono due certificazioni principali, CEDILS e DITALS. CEDILS è unica e rilasciata dall’università Cà Foscari di Venezia, DITALS può essere sia DILS-PG (di primo e secondo livello, dell’università per Stranieri di Perugia) e l’originale DITALS (di primo e secondo livello, dell’università per Stranieri di Siena). Tutte e tre università sono ottime. Puoi fare un corso (non necessario) in presenza o online, e l’esame, ovviamente a pagamento 😬 ho scelto CEDILS perché con un esame ho già una certificazione di secondo livello, l’unica considerata per accedere ai concorsi di stato, necessari per avere il tanto ambito “posto fisso”. Altrimenti puoi lavorare per le cooperative, cosa che vorrei fare se rimanessi in Italia, ma ovviamente pagano una miseria (per sentito dire, ma potrei sbagliarmi). Trovi le specifiche differenze tra certificazioni sul sito ditals.com, che stranamente è ben fatto e comprensibile. Sono sicura che puoi ottenere la CEDILS anche come cittadina straniera, l’importante è avere almeno una laurea triennale (meglio in lettere, ma non necessario). In generale, non ho idea di chi all’estero voglia imparare italiano, anche se è statisticamente una lingua molto studiata (da chi, non so 👀) - in Canada cercherò di insegnare, ma qualsiasi lavoro va bene, basta che mi lascino restare 🙆🏻‍♀️ spero di averti risposto lol - ti mando un abbraccio gigante 🧡
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ilgattonero · 2 years
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Ho scoperto che una ragazza con cui avevo fatto amicizia qui su Tumblr è del 2001 e non del 1998 come sosteneva. Okay, ha mentito di "soli" quattro anni, il fatto è che ha mentito. Ha mentito su molte cose però di conseguenza. L'ho conosciuta quattro anni fa (ormai non le parlo più da tantissimo), e mi aveva parlato della sua laurea, del suo periodo morto in cui non sapeva che cosa fare, ecc.
Poi mi chiedono perché ho così tanta difficoltà a fidarmi delle persone online e non riesco a fare amicizia nemmeno lì.
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