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#madre inadeguata
fiorescente · 8 months
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Comunque mia madre e l'unica collega che ho in questa città hanno sminuito un sacco il risultato di francese e mi sono sentita molto abbattuta.
Mia madre ha detto che ormai gli esami all'università sono troppo facili e mi ha chiesto se l'esame fosse a crocette.
La mia collega mi ha presa in giro (giuro non in senso simpatico) e mi ha chiesto di cosa mi preoccupassi se l'esame era facile.
A me non interessava il voto a questo esame, non puntavo a nulla, volevo solo passarlo perché nessuno supera le seconde lingue nella mia facoltà, ero terrorizzata. Io non ci credo che ho preso trenta, ma in senso letterale, mi aspetto ancora che qualcuno abbia sbagliato qualcosa, che abbiano corretto male gli scritti e la professoressa voleva solo mettere un voto alto a qualcuno all'orale. Ho avuto paura per due anni di queste professoresse e di questo orale e se penso al fatto che la prof mi ha fatto i complimenti mi dispero e piango, ci sto male fisicamente, perché in parte credo che lei non lo pensi davvero e che la deluderò e in parte perché nessuno mi fa complimenti in modo così assertivo e sicuro. Uscita dall'esame piangevo disperata.
Però malgrado questo senso di colpa e questo pugno nello stomaco riesco ad essere contenta del risultato. Tendenzialmente non dico nemmeno i miei voti in giro (a meno che non sia ad amici stretti), ma mi sentivo di condividere quella che consideravo una notizia eclatante con la mia collega perché volevo festeggiare (non pensavo ci sarebbe stata peer pressure perché facciamo due lingua diverse), lei sembrava schifata, mi sono sentita inadeguata
E poi ho scelto francese come seconda lingua anche perché mia mamma l'ha studiato e volevo tanto coltivare un po' questo legame con lei
Raga se una persona vi dà una notizia e ne è felice gioite anche voi
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aculofan · 1 year
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La mia maestra.
La mia maestra si chiama Bianca,la incontro che porta a spasso la sua cagnolina, si ricorda perfettamente di me anche perché era diventata molto amica della mia mamma che lavorava come- bidella-ai tempi si diceva così.La mia maestra ha avuto tanta tanta tanta pazienza con me: venivo da una prima elementare fatta in un istituto rosminiano,io sono mancina e ho passato un anno intero in punizione dietro la lavagna per questo 'difetto'(promossa solo perché mia madre disse che mi avrebbe portato via da lì).Traumatizzata , praticamente immobile e muta ,Bianca mi ha lasciato fare come volevo i primi due mesi, scrivevo come gli Arabi da destra a sinistra, con le penne stilografiche,insomma un disastro.
Ho imparato a scrivere in terza elementare,quindi risolto quel problema siamo passate a cercare di farmi aprire la mente sulla matematica e anche quello in quinta elementare lo abbiamo tamponato diciamo.
Tutto questo per dire che,avendo letto di un' insegnante che ha rimproverato un alunno con DSA davanti agli altri compagni,mi sono tornate in mente tanti brutti ricordi: il nero della lavagna e la mia introversione a 6 anni,il mio sentirmi inadeguata sempre o difettosa.
Beh... ora scrivo bene,ho un ottima proprietà di linguaggio e sono una " rarità " per la cerchia di coscritti che a loro tempo furono co(st)rretti a scrivere con la mano bella.
La mia maestra non aveva fatto corsi particolari(45 anni fa non si parlava si dsa ma di bambini problematici, chiassosi, svogliati)ma sapeva gestire i bambini con difficoltà .
Grazie maestra Bianca.
La matematica mi fa schifo comunque.
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lamicacessa · 8 months
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"Ho cercato di insegnarti a mangiare, ma tu uscivi e mangiavi male con i tuoi amici"
Dimenticandosi che in casa potevo mangiare solo verdure e poco altro, avevo 10 anni.
"Ho cercato di fare qualsiasi cosa per darti le cose migliori da mangiare"
Dimenticandosi che a merenda a scuola mi dava la merendina perché non aveva il tempo di cucinare, avevo 7 anni.
"Tutte le altre sono magre, solo a me doveva capitare la figlia come una balena"
Avevo 14 anni.
"Mangia mangia, che diventerai come questo divano"
Avevo 16 anni.
"Oggi a pranzo solo verdure, così magari dimagrisci un po'"
Anche se dovevo andare a scuola, studiare, allenarmi e non avevo energie né forze, mi girava la testa, sentivo una voragine.
"La cena è un pasto inutile, devi fare come noi che ceniamo con una mela"
Anche se poi non riuscivo a dormire per la fame.
Mia madre era così.
Io ero una bambina, di costituzione robusta ma anche molto golosa.
Non amavo solo i dolci, amavo il cibo nella sua semplicità, mi piacevano le verdure, la carne, il pesce, le uova, la pasta, il pane, la pizza, i dolci, la frutta.
Amavo tutto.
Ma non ero una principessa, non ero grassa ma nemmeno magra.
Ero una bambina felice, in salute, sempre sorridente.
A mia madre facevo schifo, odiava il mio peso, seppur normopeso stando al pediatra.
Mi paragonava costantemente ad altre bambine.
Ho iniziato a sentirmi inadeguata, disprezzata da tutti, ma soprattutto da chi avrebbe dovuto amarmi incondizionatamente.
Così ho conosciuto il beneficio, seppur momentaneo, del cibo per consolazione.
Quando lei usciva di casa io svuotavo la dispensa.
Ma era troppo facile scoprirmi, così ho iniziato a spendere i soldi che avevo in supermercati e a nascondere il cibo nello zaino.
Mangiavo mentre piangevo.
Nascondevo le carte nello zaino e la mattina successiva, buttavo tutto in un cestino in stazione.
Mangiavo e non sapevo che ogni biscotto, ogni merendina, ogni patatina, erano solamente gli abbracci che non ricevevo.
E non li ricevevo perché facevo schifo, schifo persino a mia madre.
E quando nemmeno tua madre vuole sfiorarti, chi altro vorrebbe farlo?
Mi ritrovavo a mangiare fuori perché a casa non potevo mangiare, a casa mi erano consentite solo le verdure e qualsiasi mio piatto veniva rigorosamente controllato: la quantità, quanto tempo ci mettessi a mangiarlo, la voracità, tutto.
Ero entrata in un loop che non capivo e dal quale non riuscivo ad uscire.
Ad oggi so che ha un nome: Binge Eating Disorder.
Ne sono stata dentro per quasi 20 anni.
Poi pensavo di esserne uscita, invece avevo solo cambiato disturbo, passando dal Binge all'Anoressia Atipica.
E volete sapere la cosa più bizzarra?
Mia madre, ad oggi, è contenta, è felice, perché non mangio, perché mangio molto poco, perché ho ansia per il cibo, perché mi sento morire ad ogni boccone, perché se mangio poi vorrei solo punirmi in qualche modo, perché se mangio mi ripeto per tutto il giorno che faccio schifo, che sono una fallita, che meriterei di lasciare il mio posto a chi questa vita sa godersela.
E lei è felice.
E più lei è felice, più io mi sento morire dentro, perché una madre felice del fatto che sua figlia vorrebbe morire e invece è costretta a vivere, non so se mi fa più o meno schifo di quanto mi faccia schifo io.
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la-ragazza-segreta · 8 months
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L'ombra dell'abbandono l a storia di una ragazza adottata
Sin dai primi mesi della sua vita, questa ragazza è stata accolta da una famiglia amorevole e generosa, pronta ad offrirle tutto l'affetto e la cura di cui aveva bisogno.
Tuttavia, nonostante l'amore che la circonda, una profonda ferita rimane nel suo cuore: il senso di abbandono.
Quando la madre biologica ha deciso di partorire in anonimato e di lasciarla all'ospedale, questa ragazza ha dovuto affrontare un vuoto incolmabile.
Non ha mai potuto comprendere le ragioni che hanno portato la sua madre a prendere una decisione così dolorosa e difficile.
Il suo cuore è rimasto segnato da una ferita profonda, che continuerà a portare con sé per tutta la vita.
La paura di essere abbandonata si è radicata in lei fin da piccola, crescendo insieme alle sue paure e insicurezze.
Nonostante la sua famiglia adottiva faccia tutto il possibile per farla sentire amata e protetta, è difficile superare quel senso di insicurezza che l'accompagna costantemente.
Per proteggersi da ulteriori ferite, questa ragazza ha sviluppato una difesa: preferisce lasciare andare le amicizie e le relazioni, temendo che le persone possano abbandonarla o respingerla.
È un modo per evitare il dolore, ma allo stesso tempo si priva delle gioie che solo le relazioni umane possono offrire.
La madre biologica, con la sua scelta di anonimato, ha inflitto un duro colpo all'autostima di questa ragazza.
Si sente inadeguata, come se non fosse abbastanza buona per essere amata o accettata.
Questo senso di inadeguatezza si riflette nella sua percezione di sé stessa: si ritiene brutta, indesiderata, e si auto-impone una maschera di invisibilità per evitare di essere giudicata.
La paura di mostrarsi per ciò che è veramente è diventata un peso insostenibile.
Questa ragazza si nasconde dietro un muro di insicurezze, temendo di essere giudicata o respinta.
È come se portasse sempre con sé un'etichetta di "diversa", incapace di sentirsi parte integrante del mondo che la circonda.
Questa storia è un grido silenzioso, un richiamo all'emotività e alla comprensione.
È un invito a riflettere sulle conseguenze profonde che un abbandono può causare nella vita di una persona, anche quando questa è circondata da amore e sostegno.
La ragazza adottata, nonostante tutte le difficoltà che ha affrontato, ha una forza interiore straordinaria.
Ha imparato a convivere con la sua paura, a superare i momenti di tristezza e a trovare la sua strada nel mondo.
Ogni giorno, combatte le sue insicurezze e cerca di costruire un futuro migliore per sé stessa.
Questa storia ci ricorda che ognuno di noi può essere il punto di svolta nella vita di qualcun altro.
Possiamo offrire un sorriso, una mano tesa, un ascolto attento.
Possiamo essere luce nella vita di chi si sente abbandonato, donando speranza e amore incondizionato.
La ragazza adottata merita di essere vista, ascoltata e amata per ciò che è veramente.
Merita di superare le sue paure e di trovare la felicità che tanto desidera.
E noi, come lettori, possiamo contribuire a far sentire la sua voce e ad aprire i nostri cuori all'emotività di questa storia
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arte-miss7 · 2 years
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Sento così tanto vuoto, non riesco nemmeno a piangere. Questo comportamento, tutta questa apatia non sono da me, non riesco più a capirmi. È tornata quella maledetta sensazione di essere sul filo del rasoio, le cose per ora sono ancora stabili ma sento che tra poco crollerà tutto. In famiglia sono sempre stata quella con le reazioni eccessive, la lacrima facile e le reazioni di rabbia esplosiva, e ora non è rimasto nulla. Non trovo nemmeno le parole per provare a comprendere e ad esprimere questa condizione, mi sembra solo di non essere più in me. Penso che dovrei uscire, conoscere persone, ma non ho abbastanza coraggio per mettermi in gioco sentimentalmente e non credo nemmeno più nel valore dell’amicizia; ho questa continua convinzione di rimanere per sempre sola, che ormai mi tormenta da una vita e non se ne va, in aggiunta mi sento totalmente inadeguata nello stringere e soprattutto mantenere dei legami stabili. Ogni mattina mi sveglio male e faccio le cose solo perché le devo fare. Per la prima volta, forse, vivo completamente assorta nel presente: evito di pensare al passato, perché mi fa sentire in colpa, mi fa stare male, ed evito di pensare al futuro perché ne sono terrorizzata. Non sogno, non spero. Non riesco nemmeno a parlare con mia madre o con la mia famiglia, sono completamente chiusa in me stessa, ad un livello tale per cui fatico anche a scrivere su questo blog. Non ho nemmeno voglia di provare a cambiare questa situazione, mi lascio semplicemente trascinare dalla corrente degli eventi in modo totalmente passivo, cercando di allontanare l’ansia che se ne sta sempre nascosta, latente ma la sento, la percepisco ogni istante nel battito accelerato, nel respiro che mi manca, nelle mani ghiacciate che non riesco quasi a muovere. Quando qualche mese fa mia madre mi disse che ero cambiata e che non mi riconosceva più forse non aveva tutti i torti. Negli ultimi mesi mi sono accorta di un fatto molto strano, continuo a scrivere/scarabocchiare ovunque “sono stanca” “non ne posso più”, senza nemmeno pensarci, lo scrivo nei quaderni, sui post it, perfino nelle slide dell’uni. Arriverà il punto in cui sarò costretta a riprendere in mano la situazione ed attivarmi per risolverla, ma per ora non riesco nemmeno a pensarci, figuriamoci parlarne. fino a quel momento continuerò a farmi trascinare dagli eventi perché è l’unico modo che ho per sopravvivere
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violet-in-my-life · 4 months
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Un automa buono
Ho poche energie oggi, come ieri, come l’altro ieri. Tutta la settimana insomma passata senza energie. È la tristezza di un altro abbandono, io che li colleziono ma non ho neanche spazio per una mensola in camera. Sono tutti sotto il letto, i miei pezzi di vita non vissuti; impolverati, mi sussurrano alle orecchie nella notte, entrano nei miei sogni, mi fanno svegliare sudata. Guardo poco sotto il letto, prendo giusto le scarpe dalla prima fila di cianfrusaglie dimenticate li’ sotto per fare spazio nella mia minuscola stanza. Ci provo, a guardare le mie paure, a cercarle, a farle uscire allo scoperto… ma tanto so che lo faranno loro per me, senza che io abbia il potere di controllarle, vigliacche!
Sono di nuovo nel mezzo dell’Oceano, annaspo nell’acqua gelida, ho perso la voce e la speranza dei primi 5 minuti dei dispersi. Un altro compleanno si avvicina, e la mia idea di donna in carriera e in una relazione sana si allontana. Questa città sembra essere sempre più grande e grigia, mai come ora le distanze in metro sono meno sopportabili.
Ho un bel gruppo di amiche: Alessia la romana, Gaia la genovese, Valentina la sarda. Ragazze forti e fragili, che mi stanno dando la possibilità di fidarmi del genere femminile. È dura, considerato il mio passato con mia madre , ma piano piano, con attenzione, provo a parlare di me, provo ad ascoltare loro. È un sollievo poter avere delle amiche intelligenti e sensibili, simpatiche… buone. Buone. Perché tutte le donne che ho incontrato nella mia vita mi hanno sempre dimostrato invidia, instabilità, cattiveria. Sento meno la necessità di dover avere amicizie maschili per dovermi difendere da lingue biforcute - e quindi la possibilità di perderle, considerando che poi ogni uomo con cui creo un vero rapporto di amicizia, mi vuole portare a letto. Da un lato mi sento meno sola. Da un lato. Solo da un lato…
Il lavoro non va più. E per me, che il lavoro è come una relazione d’amore, se non va più è perché mi sono annoiata, ho perso ogni stimolo. I colleghi pensano che io sia un’asociale arrogante - e in effetti lo sono, come quando ero al liceo linguistico -, i ragazzini sono degli ignoranti maleducati, il sistema scolastico che esiste qui è troppo schematico, sterile; per non parlare dell’ora all'andata e l'ora a ritorno nella metro per raggiungere la scuola. Mi sento stanca. Mi sento così stanca… che mi sono trasformata in mia madre. Sono acida e severa con tutti i bambini, e questo atteggiamento me lo porto fuori dalle mura scolastiche. Dura, giudicante, insensibile, nevrotica, e trascurata. La necessità di sentirmi da esempio mi porta ad essere una specie di automa buono, privo di creatività e sensualità. Una maestra. Io non voglio più insegnare nulla a nessuno, non voglio più sacrificarmi per nessuno, voglio essere me stessa, con tutti i miei difetti, ed essere amata per quello che sono. Perchè io lo faccio… voglio bene a tutti anche con i loro difetti…
Vorrei tornare a lavorare nell’ambito turistico, hotel o ufficio. Stavo pensando alla guest relations negli hotel o la travel agent (anche se per quello bisogna studiare non so quale programma), l’accompagnatrice turistica… insomma qualcosa di più dinamico, libero, interessante; che si addica più al mio carattere curioso, in continuo movimento. - Tanto di farsi una famiglia qui, non se ne parla. - Voglio di nuovo stare fra gente simpatica, sorridente, un po’ matta, interessante, umile. Gli inglesi nelle scuole sono falsi, seriosi, inavvicinabili, e mi fanno sentire sempre inadeguata, diversa. Lavorare nell’hospitality era poco stimolante perché non legato molto all’ambito culturale, ma di sicuro ti riempiva la giornata, due risate, due chiacchiere, ed era andata. L’uniforme e i bei ragazzi in uniforme… ma questa è un’altra storia. La spensieratezza. Forse ora che ho più esperienza in altri campi, potrei apprezzare di più un lavoro del genere, senza sentire di aver sprecato i miei studi. Perché sono un’insegnante adesso, posso sempre fare lezioni online a mio piacere. Solo non full time. Posso tradurre per il turismo, se decido di tornare nel campo. Devo solo migliorare nell’organizzazione e nelle competenze informatiche (che per me è un bello scoglio). E forse studiare digital marketing, aprire un sito web sui viaggi… col turismo si possono fare mille cose. Voglio riprovarci. Devo solo capire quando. Devo solo trovare il coraggio di lasciar andare.
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chiarasolems · 8 months
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IL MIO #CORPO, L’#ANORESSIA, IL #BINGEEATING, LA #BULIMIA, IL #SESSO....Sono nata in una famiglia dominata dalla paura di vivere. Mia madre si è rifugiata nell‘anoressia, il “male minore per sopravvivere”, mio padre, traumatizzato dalla morte di suo padre, nell’iperprotettività. entrambi perfezionisti, mi hanno trasmesso un senso critico fortissimo, un abbraccio duro, pieno di spine. Ho sentito da parte di mia madre freddezza, ho provato la dolorosa sensazione di non essere voluta, di essere un peso e altre volte di essere invisibile. Mi vedevo brutta e grassa da piccola, odiavo le mie foto e mi sentivo inadeguata. da molto piccola, ero vivacissima, curiosa e sorridente. Mi arrampicavo ovunque, impazzivo per gli animali e amavo i colori. Era pieno di vita. Mia madre mi sgridava, non sapeva come gestirmi, ero troppo. TROPPO....CONTINUA: https://buff.ly/3s2vz30
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lamilanomagazine · 1 year
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Catturata l'orsa Jj4: non va uccisa. «La colpa non è sua»: le parole della madre di Andrea
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Ora l'orsoJj4 è stato catturato nella notte, attirata con della frutta in una “trappola a tubo”. Ll'orsa Jj4 è stata bloccata nella zona del torrente Meledrio. "La colpa va ricercata nella cattiva gestione del progetto Life Ursus, che ormai è sfuggito di mano" le parole di Franca Ghirardini la mamma di Andrea Papi. Il 5 Aprile pomeriggio Andrea Papi - laureato in Scienze Motorie e appassionato di corsa in montagna - era uscito di casa, per un'abituale sessione di allenamento, dirigendosi sopra l'abitato di Caldes, un piccolo comune di circa mille abitanti situato nella Val di Sole, in provincia di Trento e lì era stato aggredito e ucciso dall'orso. Ora l'orso Jj4 è stato catturato nella notte, attirata con della frutta in una “trappola a tubo”. L'orsa Jj4 è stata bloccata nella zona del torrente Meledrio. L'orso è stata trasferito al centro di recupero fauna alpina Casteller di Trento. L'orsa Jj4 era assieme a due cuccioli: "Nel tubo erano presenti due dei tre cuccioli, che sono stati rilasciati - così Raffaele De Col, dirigente del Corpo forestale - sono autosufficienti e autonomi, in quanto hanno circa due anni. Dopo lo svezzamento le femmine tendono ad avere un nuovo accoppiamento, cosa che avrebbe reso ancora più difficoltosa la situazione. JJ4 è stata sedata alla presenza di due veterinari e trasportata al Casteller, dove si trova M49 e altre due gabbie libere, una per JJ4, con l'attenta precauzione per la sicurezza degli operatori. La sua aggressività è molto alta. Il lavoro ora rasserena l'area coinvolta. Gli altri orsi problematici sono localizzati in zone differenti". Sull'orso pende un'ordinanza di "abbattimento" firmata dal presidente della Provincia Maurizio Fugatti, che per ora è sospesa dal Tar, e l'11 maggio i giudici amministrativi decideranno in merito all'uccisione dell'animale. Il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti: "Avremmo voluto abbattere orsa durante cattura". "Abbiamo rafforzata la presenza delle forze dell'ordine davanti al Casteller per eventuali manifestazioni degli animalisti che sono la conseguenza di quanto accaduto - così il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, durante la conferenza stampa convocata per illustrare i particolari della cattura - noi avremmo voluto abbattere l'orsa sul posto", "nei prossimi giorni sarà convocato anche il tavolo di confronto con il ministero dell'ambiente per studiare le modalità e la concreta possibilità del trasferimento degli orsi in eccesso". In realtà più che l'uccisione dell'orso, la famiglia di Andrea Papi chiede che le istituzioni competenti si assumano le responsabilità davanti a tutta la comunità. La rabbia, semmai, è nei confronti di chi ha gestito, così, il ripopolamento degli orsi in Trentino. La madre di Andrea Papi, Franca Girardini, durante la trasmissione "Zona bianca", ha ribadito: "L'orso? Non voglio che sia abbattuto. Il suo abbattimento non mi ridarà indietro mio figlio" La madre non punta il dito contro la fauna selvatica, e lo aveva già ribadito in una lettera indirizzata alle istituzioni: "Voglio chiarire una cosa: la colpa non è di mio figlio e neanche dell'orso. La colpa va ricercata nella cattiva gestione fatta da chi ha gestito, nel tempo, il progetto Life Ursus, che ormai è sfuggito di mano". "Come madre non posso accettare una morte così orribile": le parole di Franca Ghirardini. La donna, in una lettera diffusa dal suo avvocato Marcello Pajar, affermava: "Voglio chiarire una cosa: la colpa non è di mio figlio e neanche dell'orso. La colpa va ricercata nella cattiva gestione fatta da chi ha gestito, nel tempo, il progetto Life Ursus, che ormai è sfuggito di mano". "L'abbattimento dell'orso non mi ridarà Andrea - prosegue -. La gestione di questo progetto, man mano nel tempo, è diventata sempre più incauta e inadeguata e non ha tenuto conto e valutato la crescita del numero degli orsi e della popolazione". "Per la mancanza di tutela e prevenzione ci devono essere dei responsabili, che non possono passarla liscia. Chiedo a tutti i Comuni del Trentino e alle Amministrazioni di starci vicino, come atto dovuto, perché Andrea potrebbe essere stato l'Andrea di tutti, di tutte le comunità, il figlio di tutti. Mi auguro che il Governo, lo Stato, il Presidente del Consiglio ci aiutino e raccolgano questo che è l'urlo di dolore di una madre", conclude la mamma di Andrea. Chi era il responsabile della gestione del progetto Life Ursus e dei luoghi frequentati sia dalle persone che dagli animali? Chi doveva monitorare il progetto? A chi era affidata la sorveglianza del ripopolamento degli orsi? In Trentino ci sono 70 esemplari “di troppo” (circa 150 in totale) rispetto al progetto Life Ursus che ha permesso di ripopolare la zona dopo il rischio estinzione. Questo si trasforma in un problema per chi ci vive, per allevatori e agricoltori, oltre che per i turisti. Beh, che dire, un nobile e sicuramente innovativo "green" il progetto Life Ursus: ripopolare una zona di fauna selvatica, di orsi, sicuramente un progetto di tutto rispetto. La natura va salvaguardata. E come dice la parola stessa "progetto" è un progetto, e va seguito, studiato passo passo, riadattato alle esigenze, va valutato l'andamento dello stesso e in caso rivalutato e riadattato, rimodernizzato, ristudiato, insomma va seguito, ovviamente. Mah, il progetto Life Ursus ha avuto questo trend?  Come mai c'erano circa 150 orsi? 70 orsi in più di quanti dovevano essercene? Come veniva seguito il progetto, chi doveva sorvegliare e far si che fosse gestito nel più corretto e sicuro dei modi? E poi, come dice la stessa mamma di Andrea, uccidere Jj4, riporterà in vita suo figlio? Un orso è un orso, e fa l'orso. Gli orsi delimitano il territorio, proteggono la prole, cercano nuove zone dove poter vivere, si spaventano e poi a volte, contestualizzando il tutto, se si sentono in pericolo (o per se stessi o per la prole) magari attaccano: fanno gli orsi è la loro natura. Natura, appunto. Possiamo davvero dare la colpa alla natura? Oppure è ovvio, ipotizzabile, e può capitare che un orsa, dato che un orso è un orso, in situazioni particolari, diventi un pericolo?  Ed è giusto, dato che un orso è un orso, e di conseguenza si comporta da orso, dare la colpa all'orso? E' giusto "condannarlo a morte"?  Nel frattempo che il Tar si pronunci, chi era responsabile della gestione del progetto Life Ursus e dei luoghi frequentati sia dalle persone che dagli animali? Chi doveva monitorare il progetto? A chi era affidata la sorveglianza del ripopolamento degli orsi?  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 1 year
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Dolores Prato
https://www.unadonnalgiorno.it/dolores-prato/
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Nell’agone ho sempre vissuto, mai vincitrice, mai vinta, ma sempre resistente.
Dolores Prato è stata insegnante, scrittrice e poeta. Le circostanze della nascita, abbandonata dalla madre e con un padre sconosciuto, hanno sicuramente condizionato la sua vita, ha sempre avvertito la sua sorte tormentata come annunciata da un presagio di eccezionalità.
Voce fuori dal coro letterario e della cultura del Novecento, ha saputo raccontare la provincia italiana con delicata ruvidezza e sconcertante sincerità.
Nacque a Roma il 12 aprile 1892 dalla relazione extraconiugale di Maria Prato, vedova con cinque figli, con un avvocato calabrese che aveva un’altra famiglia.
Da neonata venne affidata prima a una balia e poi a un cugino della madre, un canonico che viveva con la sorella a Treia, un borgo in provincia di Macerata. Nel 1905 venne rinchiusa in un’educandato di suore di clausura. Si è sentita sempre inadeguata, non ha conosciuto il calore familiare e l’affetto che avrebbe meritato.
Laureata in lettere a Roma, nel 1919, ha insegnato in varie città italiane.
Nemica del fascismo e decisa a non prendere la tessera del partito, ha vissuto prima a Milano e poi a Roma, dal 1930, dove è rimasta per tutta la vita. Nei primi tempi insegnava all’Istituto Marymount ma a causa del suo cognome, ritenuto a torto di origine ebraica, venne costretta a lasciare la scuola e vivere in maniera precaria, collaborava con vari quotidiani, impartiva lezioni private prima di diventare assistente di una giovane con disabilità. Il suo appartamento fu un punto di ritrovo per intellettuali antifascisti.
Finita la guerra, scriveva articoli di cultura per Paese Sera e per Il Globo.
Non ha mai trovato un editore disposto a pubblicarla nonostante fosse segnalata in vari premi. Ha pubblicato a sue spese i primi due libri, nel 1963, Sangiocondo che aveva ottenuto una segnalazione speciale al Premio Prato nel 1948 col titolo Nel paese delle campane, e, nel 1965, Scottature, racconto lungo, che aveva vinto il Premio Nazionale Stradanova.
Aveva ricevuto dei premi anche per i suoi articoli giornalistici, senza mai ottenere particolare fortuna.
Soltanto nel 1980, ormai ottantasettenne, Einaudi ha pubblicato Giù la piazza non c’è nessuno, lunga narrazione autobiografica dedicata all’infanzia trascorsa a Treia a cui aveva lavorato incessantemente dal 1973, attingendo dal suo archivio personale di ricordi, memorie e documenti.
La versione, fortemente ridotta da Natalia Ginzburg, divenne un caso letterario forse anche per l’età avanzata della scrittrice considerata ‘esordiente’.
Il romanzo autobiografico, è la ricostruzione di un mondo e di anni perduti, la cronaca minuziosissima della vita quotidiana d’un piccolo paese italiano alla fine del diciannovesimo secolo. Lucidamente e impietosamente introspettivo, pungente e fluido, in cui risaltano metafore, stilemi e vocaboli insoliti, durezze improvvise, dialettalismi di grande carica evocativa.
L’autrice, però, fu scontenta di quell’edizione parziale e ha continuato a rivedere il testo che venne pubblicato per intero soltanto dopo la sua morte, grazie a Giorgio Zampa, saggista e germanista, editor di Eugenio Montale che ha curato anche l’edizione di Le ore, il seguito incompiuto di Giù la piazza non c’è nessuno.
Dolores Prato ha vissuto una vita di grande solitudine e precarietà in cui non ha mai smesso di scrivere. È diventata nota a quasi novant’anni, tre anni prima di spegnersi, il 13 luglio 1983 in una casa di riposo di Anzio.
Una parte consistente delle sue carte sono conservate all’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux di Firenze.
Ogni anno, il comune di Treia promuove un convegno sulla scrittrice che vi ha vissuto dai cinque ai diciotto anni.
Aveva la perentorietà, che poteva diventare asprezza, di chi non accetta le leggi usuali della vita – raccontava Zampa – i compromessi, le piccole e grandi viltà, aborriva le espressioni pietose, le parole di compassione. A 90 anni, quando potei frequentarla, era irriducubile, temeraria, esigentissima, avversa a ogni forma di prevaricazione (…) ma dolcissima in certi abbandoni che la facevano apparire senza età.
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occhidelmondo · 1 year
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Un po' di invidia
Forse non è invidia, ma è qualcosa di più profondo. Sono molto felice o meglio dovrei esserlo. Sono una donna che ha raggiunto e sta raggiungendo molti traguardi eppure sento un vortice che vuole tenermi in fondo.
Ultimamente è così difficile stare su in quella gioia. Vedo attorno a me l'amore vero ed io? Nessuno è capace di amarmi? Mi sento sempre che le persone mi sottraggono qualcosa, ma a me non rimane mai nulla. Cosa posso fare? Nulla echi di rintocchi bussano alla porta in modo incessante. Cosa farai adesso?
Sono sempre andata avanti da sola nel bene o nel male. Sempre sola. Qualcuno mi potrà amare senza che io mi senta inadeguata o giudicata per quella che sono?
Forse prima devo imparare a essere chi sono e a togliermi le maschere e avere più fiducia in me.
Mi sento una stronza perché non riesco a gioire alla felicità di una mia amica, ma mi sembra tutto così distante come se non riuscissi a comprendere quello che prova.
Cosa si prova ad essere amati davvero?
Non lo so... Nelle mie vecchie relazioni mi veneravano o mi identificavano come madre o provavano solo dell'affetto che non riuscivano a fare a meno, quasi come un'inutile droga. Tutti vogliono essere amati ed io ho amato tanto, ma quando sarà il mio turno? Ho il cuore a pezzi... Come si fa ad ammetterlo ora nel pieno della propria esistenza. Sorridi e vai avanti e scopri cosa succede.
Sei sicura di voler diventare vocal coach? No, non lo so. Voglio essere una cantante e lavorare di musica. Ne ho bisogno.
Forse sto solo vivendo un periodo di così grande cambiamento che è difficile identificare cosa provo.
Voglio stare a casa mia e piangere un po', ma nessuno verrà a consolarmi. O forse si?
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3mptyh34rt · 2 years
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io sono stanca di passare questo inferno ogni giorno. In futuro le cose andranno bene prima o poi, tornerò a sorridere e mi innamorerò di nuovo, sarò felice e non esisterà nient’altro al mondo; ma ad oggi io non riesco a comprendere come sia possibile, come posso andare oltre ciò che mi hai fatto. Voglio che qualcuno si sieda davanti a me e me lo spiega, voglio una spiegazione logica su come riuscire a dare il vostro cuore a qualcuno, amarlo con tutte le vostre energie, e smettere di provare quei sentimenti. Io lo odio con tutto il mio cuore, non voglio sapere neanche se respira ancora, per colpa sua la mia vita è andata a pezzi. Per colpa sua non sorrido più per davvero. Per colpa sua io non riesco più a fidarmi. Tu mi hai solo preso in giro, ti sei preso gioco del mio cuore, lo hai preso, ci hai camminato sopra mentre ridevi di me, lo hai strappato in mille pezzi, lo hai bruciato, e poi me lo hai restituito. TU NON MI HAI MAI AMATO. A te, a nessuno, interessa di me. NESSUNO. Sono così INCAZZATA CON IL MONDO INTERO. IO NON VOGLIO PIÙ VEDERE NESSUNO, NON VOGLIO CHE QUALCUNO MI DIA FASTIDIO, LASCIATEMI TUTTI IN PACE. Io ti ho dato TUTTO, ti ho dato letteralmente IL MIO MONDO, e mi hai fatto sentire SEMPRE sbagliata, INADEGUATA. Tu non mi hai mai fatto sentire bella, tu non mi hai MAI fatto sentire la migliore al mondo, unica, NO. Perché C’ERA SEMPRE QUALCUNA PER CUI MI MENTIVI. Tu hai solo giocato, hai detto di amarmi, e neanche mi conosci. Tu non hai mai voluto conoscere chi sono, senza limiti, folle, con tante idee strane per la testa. NO. Tu hai preso la persona che ero e l’hai SOLO SPENTA. TU AVEVI PAURA DELLA MIA ENERGIA. FOTTUTO MOSTRO TU MI HAI SOLO DISTRUTTA. DIMMI ALMENO PERCHÉ. AFFRONTAMI. Tu mi hai fatto ODIARE questa FOTTUTA VITA. Tu mi hai mandato a terra. PER COLPA TUA E DELLA TUA TESTA MALATA io ho dovuto passare mesi da una psicologa, ho dovuto fare delle VISITE DOVE HO PIANTO DAVANTI AI DOTTORI PER SPIEGARE IL MIO PROBLEMA. MA SAI COSA VUOL DIRE? TU MI HAI MANDATO IN depressione. Per MESI INTERI non sono voluta uscire di casa, non ho visto le mie amiche. Ho passato INTERE GIORNATE sul mio letto, senza far nulla. MIA MADRE, il mio angelo custode, HA DOVUTO ASSISTERE ME CHE PERDEVO IL CONTROLLO, CHE URLAVO DAL DOLORE E DAVO I PUGNI AL MURO PER LA RABBIA. Mia mamma MI HA VISTO A PEZZI. Ma sai quanto MALE HA PROVATO? Ho dovuto vedere MIA MADRE PIANGERE , perché non sopportava di vedermi SOFFRIRE. E INVECE TU TI SEI DIVERTITO, SEI PARTITO IN VACANZA, HAI PASSATO LE GIORNATE IN GIRO. ED IO NON HO AVUTO IL CORAGGIO DI PRENOTARE UN VIAGGIO. IO HO PASSATO L’INTERA ESTATE DENTRO LA STESSA STANZA. Brutto MOSTRO CHE NON SEI ALTRO, non ti permettere NEANCHE UN SOLO GIORNO DELLA TUA VITA di dire di avermi amato. PERCHÉ TU AMAVI SOLO IL MODO SPLENDIDO CON CUI IO TI AMAVO, IL MODO IN CUI IO TI GUARDAVO. Tu amavi solo il fatto che qualcuno ti facesse sentire una persona migliore, CHE NON SEI. Tu sei stato solo il riflesso del mio amore, E BASTA. Tu mi hai solo mentito, sei un FOTTUTO BUGIARDO. Tu e la tua gente schifosa, insensibili. MI FATE PAURA PER LO SCHIFO CHE SIETE. A TE NON È MAI IMPORTATO NULLA. MAI, MAI, MAI. Io passo le giornate intere a piangere, perché non posso capacitarmi. Come ho fatto a sbagliare ad amarti, come ho fatto a non riconoscere la falsità nei tuoi occhi, come ho fatto a credere che avresti lottato per me. IO ANCORA RICORDO QUANDO STAVO PIANGENDO E TU MI DICESTI CHE MI AVRESTI PORTATO VIA DA QUI, IN UN MONDO MIGLIORE, DOVE CI SAREMMO STATI SOLO IO E TE. ERANO TUTTE BUGIE, PERCHÉ ALLA FINE ME NE SONO ANDATA DA SOLA. LO HAI CAPITO? DA SOLA ME NE SONO ANDATA! NESSUNO MI HA SALVATO. IO MI SONO SALVATA. IO TI HO ASPETTATO PER SCAPPARE INSIEME E ALLA FINE TU MI HAI ABBANDONATO. TU HAI SEMPRE E SOLO PENSATO AI TUOI INTERESSI. TU HAI SEMPRE PENSATO A CIÒ CHE VOLEVI TU, MA MAI A CIÒ DI CUI AVEVO BISOGNO IO. SEI UN FALSO, IO TI ODIO CON TUTTO IL MIO CORPO. NON ODIERÒ MAI NESSUNO COME ODIO TE. MAI. LO GIURO. TU NON TI SEI MAI MERITATO IL MIO CUORE E LA MIA ANIMA.
“You know you really made me hate myself
Had to stop before I break myself
Should've broke it off to date myself”
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genitoriefigli-blog · 5 years
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Le difficoltà di essere madre
Essere genitori oggi non è semplice, tanto meno essere madri. Spesso diventare mamma fa affiorare sentimenti di inadeguatezza e fallimento, un senso d’angoscia e di smarrimento che si traduce in tristezza e nei casi peggiori in depressione, che non dipendono solo ed esclusivamente dalle notti insonni. Oggi le mamme si trovano a gestire lavoro, casa e figli da crescere, la mancanza di tempo si trasforma a lungo andare in senso di colpa per non potersi dedicare ai propri bambini come si desidera.
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Le madri oggi sono spesso stanche, una stanchezza generata dalla responsabilità di crescere un altro essere umano al meglio, che dipende da loro in tutto e per tutto. Generata dalla mancanza di sonno, dall’infinita pazienza e non solo, dai giudizi degli altri, dall’obbligo di occuparsi di se stesse, di amare, di alimentare passioni, interessi, amicizie. Di mantenersi in salute e in forma, di non trascurare il proprio benessere, per non mollare, perché quando hai un figlio non si può buttare tutto all’aria e scappare, ovunque vai sarai sempre una madre, un sentimento che non si può nascondere o ignorare.  
Quando si scopre di aspettare un bambino o perché voluto o capitato non si è ben consapevoli di quello che avverrà, anche se i sacrifici di una madre cominciano già in gravidanza, quando ci si trova di fronte al cambiamento, perché il corpo cambia e non tutte sono sempre pronte ad accettarlo. Sacrificare se stesse e il proprio corpo è per le donne necessario per provare un amore mai sentito prima, quello per un figlio, una creatura che hai fatto tu. Molti purtroppo però non comprendono quando una donna si fa travolgere da questi continui cambiamenti spesso senza riuscire a reagire ma facendosi trasportare da sensazioni e stati d’animo difficili da gestire da sole. Proprio quando ti senti inadeguata e credi di non poter essere una buona madre, perché impotente di fronte ad un mal di pancia o un pianto incessante, quando non sai cosa fare e il tuo bambino ha bisogno di te.
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Questo è uno dei tanti aspetti che si affrontano quando si diventa madri, anzi uno dei primi, a cui si susseguono tantissime incredibili emozioni ad altrettanti stati di ansia e difficoltà. Essere madri non è sempre tutto sorrisi e gioie, essere madri significa diventare molto più forti di quanto ci si immagina, una forza che sembra venire fuori quando per la prima volta guardi negli occhi la tua creatura.
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libero-de-mente · 2 years
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MADRE NOSTRA
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(2022)
Quante volte sei stata stanca, quante volte ti senti stanca. Le preoccupazioni che ti assalgono, appena ti svegli il mattino. Oppure la stanchezza mista alle paure, che ti accompagnano sotto le lenzuola la notte. Poi ascolti le voci, le senti dentro di te, fanno parte di te non le puoi non sentire. Sono quelle dei tuoi figli, sono quelle di chi ami a volte più di te stessa. Sono quelle dei tuoi figli, essi sono parte della tua anima, del tuo respiro della tua vita. Anche quando questi non ci sono più, perché lontani o perché la sorte è stata crudele. Non puoi permetterti dunque di smettere di respirare, o di nutrire la tua anima, o ancora di vivere. Vorrebbe dire uccidere e sopprimere una parte di loro, dei tuoi figli. Devi stare in piedi, comunque e nonostante di tutto. Anche quando sei stanca e lo sei spesso. Consumata dall'impegno, dall'esserci sempre, in alcuni momenti di stare solamente in piedi. Ma l'istinto di proteggere le tue creature è forte, ti porta a essere uno scudo, anche quando sei stremata nelle emozioni, anche se hai paure della gente, di cui non ti fidi ma con cui sei costretta a convivere. Ma per te i figli sono tutto, forse troppo così ti senti inadeguata, brutta e sbagliata. Non ti rendi conto che non sei nulla di tutto questo, il tuo essere fuori forma o non curata ti rende una madre stupenda. E le madri così sono le donne più belle, nelle loro fragilità, insicurezze e paure. Essere madre vuol dire esserlo dentro, quello che si vede fuori è un grumo di cose belle anzi meravigliose. Sii cosciente di tutto questo madre. Oggi è un giorno dove tanti ti festeggiano, ma la tua festa è ogni giorno della tua vita. Sei madre, una delle creature più belle di sempre. Buona festa madre. Per chi lo è, per chi non c'è più, per chi vorrebbe... Lasciati abbracciare madre te lo dobbiamo con tutto il cuore con tuta la nostra vita.
@libero-de-mente
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alittlebigwarrior21 · 3 years
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01/09
Caro diario,
Oggi è un’altra di quelle giornate in cui vorrei essere morta. Non trovo senso nel continuare nulla, le cose che mi rendevano felici ora mi ammazzano pure quelle, cerco di dormire tutto il giorno per evitare di pensare. Evitare di pensare che vorrei essere altrove, sai a volte penso che se mi ammazzassi davvero nessuno verrebbe al mio funerale a piangere la mia morte, l’unica sarebbe la mia mamma. Forse si, forse sulla tomba porterebbero dei fiori e solo allora si renderebbero conto dei dolori che mi portavo dentro, quando ormai non ci sarei più e l’ipocrisia regnerebbe sovrana. Sai diario, ieri mi sono ritagliata, ma non taglietti semplici... tagli profondi che sulla mia pelle chiara risaltano, li copro con una bendana dicendo che sono caduta e mi sono fatta male. Mi sono procurata tagli profondi sulla vena principale del braccio, vedevo uscire il sangue e nonostante il dolore che mi procuravo non era paraganabile al dolore che provavo interiormente. Poi ho incominciato a effettuare piccoli tagli sulle cosce, come se fosse possibile eliminare il grasso così facilmente. Poi sono rimasta stesa li sul balcone mentre pioveva con la lametta in mano, la sigaretta nell’altra e il tempo sembrava rispecchiare il mio umore, Sentivo cuhe ero viva perchè stavo provando dolore ma in quel momento forse viva non volevo esserlo. Sono sbagliata sai diario? E mi odio. Odio il mio corpo, non sto mangiando da giorni, non ho forze e continuo. a vedermi sempre più grassa e la cosa che mi fa più male è che uno dei miei sospetti si è avverato. Tramite sotterfugi ho scoperto che il mio ragazzo guarda e fa commenti su altre, e la cosa mi ha ucciso dentro. Erano un po’ che le cose non andavano bene fra di noi, e io stavo malissimo per questo, penso di aver consumato tutte le lacrime nelle ultime settimane. Le sue parole a volte tagliano più di una lama, ho messo un’altra volta il cuore e sono rimasta fregata. Sono distrutta. Era la mia ancora di salvezza e ora sto annegando. Non ho mai chiesto tanto, ho sempre solo voluto qualcuno che mi portasse al mare quando sono triste, che mi prendesse per mano e mi salvasse dal mostro che mi tiene imprigionata. So che non è facile stare con una persona come me, ma io non ho mai abbandonato nessuno e vorrei che lo stesso venne fatto con me. Sai come ci si sente ad essere sempre un ultima scelta? A sentirsi sbagliata, inadeguata, un fallimento in tutto. Caro diario vorrei dire alla mia anima che non ho più le forze per lottare perchè le uniche cose in cui credevo sono crollate come le mie speranze. Sai l’altro giorno mi hanno detto alcune persone passeggiando così se mi fosse successo qualcosa, avevo gli occhi spenti e una faccia sconvolta. Ecco come mi definisco ora. Occhi spenti, anima rotta, e cicatrici ovunque. Chiedo scusa alla bambina che si immaginava a questa etè di essere sposata, di essere una mamma, di essere felice, Ti chiedo scusa piccola Angelina, ti chiedo scusa per essere diventata tutto ciò che non volevi diventare, se ti incontrassi probabilmente mi vergognerei di dirti che a 22 anni vorresti toglierti la vita. Tu che la vita l’amavi, eri socievole, eri sempre colei che faceva sorridere tutti e invece ora vorresti solo che qualcuno quel sorriso te lo facesse ricomparire. Caro diario sento che non resisterò ancora per molto, probabilmente mia mamma mi vorrà fare ricoverare, ma come si può salvare una persona che crede di non essere salvata? Sai a volte penso alla favola di Peter Pan, lascio sempre la finestra aperta, vorrei essere in un posto migliore. Mi fa male vedere la mia mamma e il mio Almi stare male per colpa mia, anche per questo vorrei andarmene, non voglio essere un peso... è stupido voler solamente qualcuno con cui affrontare tutto questo? Trovare quel qualcosa che ti faccia ritrovare la voglia di vivere? E’ stupido? Caro diario io ho perso le speranze, se la vecchia me lottava per vivere, la me di oggi si sta lasciando andare. PPensavo di non dover più affrontare tutto ciò, tra l’altro in maniera peggiore e invece eccomi qua, a scrivere parole a caso che spaventerebbero tutti coloro che mi stanno vicino e che cercano di aiutarmi, mia mamma, la mia psicologa, quelle poche persone su cui posso contare. Chissà se nella mia vita passata ero felice, mi piacerebbe scoprirlo. Mi piacerebbe sapere che nella mia vita passata sono stata una donna contenta, amata... E’ assurdo pensare a voler farla finita, e ancora di più renderti conto che forse lo vuoi davvero; ma tu piccola anima fragile hai sempre temuto la morte, Hai paura del dopo, e sei combattuta, perchè da un lato senti che così non riesci più a vivere e dall’altra c’è la paura dell’ignoto, e del vuoto che lascerei nella mia mamma. La mia mamma che sto distruggendo, ma come glielo spieghi a tua mamma che l’unica cosa che vorresti è essere felice, smetterla di guardarsi allo specchio e vedersi uno schifo, dirle che il ragazzo che ami forse non ti ama più e tu continui a lottare per un qualcosa che non sai nemmeno se avrà un futuro? Come spieghi alla propria madre che quando ti tagli lo fai per colmare un dolore che hai dentro che a voce non si riesce a spiegare?
Ora diario devo andare, e mentre scrivo queste parole con le lacrime che scolpiscono il mio viso, voglio che tu sappia che sono stata una combattente, che sono stata sconfitta e che non mi sono mai arresa. Questa volta è dura lottare ma continuerò a provarci, se non per me per la mia mamma. 
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deeonisia · 3 years
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Più mi ritrovo a fare cose da adulta (concorsi pubblici, giri in uffici per documenti ecc.) più mi sento profondamente inadeguata, come se fossi una bambina che cerca di camminare con i tacchi della madre per fare la grande
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| 𝗙𝗢𝗕𝗜𝗔 𝗦𝗢𝗖𝗜𝗔𝗟𝗘: 𝗟𝗔 𝗠𝗜𝗔 𝗘𝗦𝗣𝗘𝗥𝗜𝗘𝗡𝗭𝗔 | 𝗖𝗥𝗢𝗡𝗔𝗖𝗛𝗘 𝗗𝗜 𝗨𝗡𝗔 𝗦𝗢𝗖𝗜𝗢𝗙𝗢𝗕𝗜𝗖𝗔 #𝟬𝟰
FOBIA SOCIALE (detta anche sociofobia o disturbo di ansia sociale) = "paura intensa e pervasiva di trovarsi in una particolare situazione sociale, da cui possa derivare la possibilità di subire un giudizio altrui".
Ciao a tutt*. Mi chiamo Beatrice e sono una ragazza sociofobica.
Fino ai 15 anni tutte le persone intorno a me mi etichettavano banalmente come una ragazza molto timida e introversa. E io mi convinsi per molto tempo che potesse essere questa la verità.
Tuttavia, dopo aver fatto l'ennesima scena muta a un'interrogazione in classe, i professori del liceo che frequentavo si resero conto che il problema era molto più serio. Dal momento che non avevo difficoltà nello studiare le diverse materie (nei compiti scritti prendevo sempre bei voti) decisero di convocare mia madre e le consigliarono di mandarmi da una psicologa.
Fu allora, durante il primo colloquio con la dottoressa, che scoprii l'esistenza del disturbo d'ansia sociale, il vero nome della mia “eccessiva timidezza”.
In realtà però, anche se prima di quel giorno non ne ero mai stata consapevole, la mia esperienza da sociofobica era iniziata molto tempo prima del liceo...
Ricordo ancora, per esempio, le recite scolastiche delle elementari, durante le quali non riuscivo a dire una parola, e l'espressione d'imbarazzo di mia madre quando tutti i genitori le chiedevano come mai mi comportassi così. Oppure quando una mia compagna di classe mi si avvicinò, mentre ero in disparte (come sempre) e guardandomi mi domandò: “Perché non sorridi mai?”.
Ricordo i giochi di squadra che le maestre e i professori delle medie organizzavano in classe e io che venivo sempre scelta per ultima dagli altri.
Ricordo l'agitazione e la voglia di piangere che mi veniva quando l'insegnante mi chiedeva di andare alla lavagna o mi incalzava ad alzare la voce perché parlavo troppo piano e nessuno avrebbe capito quello che io stessi dicendo. Ed io bloccata nella paura del giudizio degli altri.
Tutti questi episodi, a distanza di anni, mi fanno ancora male. Non passa un giorno senza che io mi senta inadeguata a causa dei momenti passati e abbia paura di fare nuove conoscenze, nuove esperienze, di prendere la vita con leggerezza.
Eppure, oggi posso dire finalmente di sentirmi bene. Non sono certa di aver sconfitto del tutto l'ansia ma ora so come conviverci.
Un giorno, semplicemente, mi sono chiesta: ma se ho affrontato tante cose brutte (prima fra tutte la morte di mio padre quando avevo 6 anni) allora perché non posso provare a combattere anche questa? E così, da più o meno 2 anni, ho deciso di rimettermi in gioco e tra alti e bassi, tra momenti belli e brutti, sono riuscita a fare tanti progressi. Ho delle amiche fantastiche, non mi sento più a disagio quando esco e mi trovo in mezzo a degli sconosciuti, ho conosciuto il mio fidanzato (uno dei regali più belli che la vita potesse farmi), esco a fare la spesa senza sentirmi come se stessi andando in guerra…
Insomma, piccoli traguardi che mi hanno reso un po' più sicura di me stessa.
Ho deciso di raccontarvi una parte della mia esperienza con la fobia sociale per dirvi una cosa che sto iniziando a capire ultimamente: non siete soli. Sia che soffriate come me di fobia sociale, sia che abbiate qualsiasi tipo di problema, tutt* siamo in grado di affrontare gli ostacoli che la vita ci mette davanti. Possiamo farlo da soli o con l'aiuto di qualcuno, impiegarci poco o tanto tempo. Non importa! Quello che conta è continuare a provare senza aver paura di fallire e senza temere le possibili ricadute.
Non ascoltate chi vi dice che se non ce la fate è perché non avete abbastanza forza di volontà…  Ognuno di noi ce l'ha! Semplicemente questa non è sufficiente perché ognuno di noi ha bisogno di aspettare il momento giusto per se stess*, il momento in cui siamo NOI a decidere che ci siamo stancati della situazione in cui ci troviamo e che vogliamo cambiare. Abbiamo il diritto di provare a migliorarci così come abbiamo diritto a sentirci inadeguati, a riconoscere di avere dei limiti e a decidere che - in questo momento - non abbiamo voglia di farlo.
L'importante è che siamo noi a stabilirlo.
Io ho scelto di combattere l'ansia sociale ora, perché prima non mi sentivo pronta. Ho deciso che mi sono stancata di questa fobia e lo sto facendo PER ME! Allora, vorrei che tutte le persone che vivono un disagio come il mio capiscano che il modo in cui decidono di affrontarlo è personale e merita rispetto. Siate voi a decidere quando è tempo di cambiare, e fatelo per voi!
~Beatrice, @una-sociofobica-ribelle
(Instagram: lettrice_sociofobica)
http://www.instagram.com/lettrice_sociofobica
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