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#monasteri benedettini europa
jacopocioni · 8 months
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I monaci in Italia e a Firenze.
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Il primo vero e più importante monastero in Italia fu quello di Montecassino, voluto da San Benedetto da Norcia ed edificato nel 547. Fondatore dell’Ordine dei benedettini, fu proprio lui a scriverne la Regola. Il suo ordine si diffuse in tutta Italia fondando numerosi altri monasteri.
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Ma come vivevano i monaci? La loro giornata era divisa in tre parti uguali: una destinata al lavoro; una alla preghiera e l’altra a riposo. Vivevano generalmente una realtà separata da quella del tessuto sociale e spesso non era coinvolta dalle vicende esterne. Oltre a coltivare e a disboscare, cercavano di tenere in buono stato strade e ponti della zona per garantire una buona circolazione e il commercio. Organizzavano poi dei mercati e promuovevano attività artigianali.
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L’ordine e i monasteri erano ben organizzati ed autonomi. Avevano proprie cucine e un forno per il pane, un orto dove coltivare sia le piante aromatiche che quelle medicamentose. Nella loro spezieria trattavano poi queste erbe, per preparare i loro medicamenti. Avevano delle stalle per ricoverare gli animali che allevavano ed una struttura ricettiva per pellegrini ed ospiti. Ovviamente non poteva mancare una biblioteca sempre molto fornita, dove monaci preparati trascrivevano e conservavano i loro codici miniati. All’interno del monastero vi erano spesso dei laboratori per il trattamento della lana, dei metalli, della ceramica e del cuoio, molto diffusi soprattutto nella zona di Firenze. Tutto questo garantiva una certa autonomia alla comunità e gli permetteva di compiere opere di carità per i bisognosi. Alacri lavoratori, adottarono il motto “Ora et labora”, prega e lavora.
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I monasteri accoglievano poi anche gli orfani e i trovatelli, avevano delle proprie scuole in cui istruire questi ragazzi. Tra loro vi erano anche i novizi,  figli di famiglie in difficoltà che i genitori portavano qui non riuscendo  a mantenerli. Nei monasteri trovavano sicuramente una situazione migliore; potevano nutrirsi, farsi un istruzione e in seguito scegliere di prendere i voti. Generalmente i monaci si astenevano dalla carne, dunque si alimentavano per lo più di pesce, così non mancavano nei monasteri delle grandi vasche per l’ allevamento ittico. Questa particolare abitudine alimentare creava però dei problemi, soprattutto a quei monaci che appartenevano alla classe agiata o nobiliare, abituati ad un consumo quotidiano di carne. Così all’interno dei monasteri si venivano a creare delle differenti classi sociali con le loro diverse abitudini alimentari. La carica di abate e le mansioni più importanti erano sempre riservate ai figli dei nobili, così come l'occupazione amanuense, riservata ai monaci più istruiti. Gli altri, quelli di bassa estrazione sociale, erano preposti a lavori più umili.
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Pecorelle sulla Certosa. Discendenti dei benedettini sono i camaldolesi, i vallombrosiani ed i certosini, questi ultimi ispirandosi alla regola benedettina, formeranno il loro ordine a San Brunone nel 1084, alla Chartreuse, vicino a Grenoble in Francia, diffondendosi poi in Italia ed arrivando a Firenze con precisione a Galluzzo, dove ancora oggi è possibile visitare la loro Certosa. La leggendaria pazienza dei certosini è ancora oggi ricordata, questa particolare virtù diede modo a questi monaci di creare i più belli codici miniati esistenti ed ancora oggi conservati.
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Nei poderi legati ai monasteri prese vita e si diffuse tutta una serie di tecniche innovative tra cui: la bardatura del petto degli animali da lavoro, la ferratura dei cavalli, l'uso dell'aratro a vomere e dell'erpice, con la rotazione triennale dei terreni atta a renderli più produttivi, idearono macchinari per la tessitura e per movimentare le acque per uso agricolo. Tecniche che qui si svilupparono, ma che poi si diffusero in tutta Europa.
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I cistercensi giunsero a Firenze nel 1233 provenienti da San Galgano per insediarsi alla Badia a Settimo, nota come abbazia di San Salvatore e San Lorenzo (badia è una distorsione popolare del vocabolo abbazia). Questo è uno dei monumenti fra i più eccelsi della Toscana e d’Italia. Ricolmo di memorie storiche ed artistiche, raccolta e protetta dentro delle mura si estende su una pianura alla sinistra dell’Arno che passa a breve distanza. Solo più tardi i monaci si trasferirono in città ad Oltrarno nel monastero detto di Cestello, anche questo vocabolo altro non è che la semplificazione fiorentina del termine Cistercium. La chiesa di San Frediano in Cestello, che si trova in piazza di Cestello, nel quartiere Oltrarno a Firenze. L’edificio fu costruito sui resti di una più antica chiesa, il monastero di Santa Maria degli Angeli eretta nel 1450.
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Riccardo Massaro Read the full article
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cesarecitypilgrim · 6 years
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10 abbazie benedettine da non perdere in Europa (parte 1) - 10 Benedictine abbeys you can't miss in Europe (part 1)
10 abbazie benedettine da non perdere in Europa (parte 1) – 10 Benedictine abbeys you can’t miss in Europe (part 1)
Le abbazie benedettine sono uno dei principali elementi storici, artistici e soprattutto spirituali  nel paesaggio europeo. Nel corso dei secoli sono state più volte saccheggiate, distrutte, soppresse ma hanno saputo spesso “risorgere”, mutando talvolta la forma esteriore ma non lo spirito che le ha viste nascere. Nel mio tentativo di costruire una sorta di Atlante Monastico Europeo vi porto oggi…
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San Benedetto da Norcia
La ricerca di Dio come primo fine dell’uomo e i monasteri benedettini sorti in ogni angolo del Vecchio Continente testimoniano la grandezza dell’opera di san Benedetto (480-547), patrono d'Europa, che con la sua vita ha al tempo stesso glorificato il Creatore e dato un fondamentale contributo alla formazione della civiltà europea.
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di Ermes Dovico (11-07-2019)
La ricerca di Dio come primo fine dell’uomo e i monasteri benedettini sorti in ogni angolo d’Europa, con tutto quello che hanno significato per l’unità spirituale e culturale del nostro continente, testimoniano la grandezza dell’opera di san Benedetto (480-547), che con la sua vita ha al tempo stesso glorificato il Creatore e dato un fondamentale contributo alla formazione della civiltà europea. Per questo  il 24 ottobre 1964, consacrando la chiesa dell’Abbazia di Montecassino, ricostruita dopo i bombardamenti, Paolo VI volle proclamarlo patrono d’Europa. E ricordò a tutto il Vecchio Continente, nel secolo delle due guerre mondiali e dei totalitarismi atei (nazismo e comunismo), che la storia benedettina «tocca l’esistenza e la consistenza di questa nostra vecchia e sempre vitale società ma oggi tanto bisognosa di attingere linfa nuova alle radici, donde trasse il suo vigore e il suo splendore, le radici cristiane, che san Benedetto per tanta parte le diede e del suo spirito alimentò».
Benedetto, fratello di santa Scolastica, era nato a Norcia intorno al 480, nel bel mezzo dell’epoca segnata dalle invasioni barbariche e dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Era discendente della nobile gens Anicia, la stessa a cui apparteneva papa Gregorio Magno (540-604), che attingendo alle informazioni di quattro discepoli del santo ne scrisse una famosa Vita, contenuta nel secondo libro dei suoi Dialoghi. Da adolescente era stato mandato dai genitori a compiere gli studi letterari a Roma, ma la constatazione della vita dissoluta di molti giovani, unita alle insidie per l’anima che trovava in parte del sapere mondano, lo convinse presto a lasciare la città in cerca di un luogo solitario, dove poter stare in raccoglimento con Dio. Dopo una tappa intermedia, il giovane raggiunse Subiaco. Qui visse per tre anni in una grotta in totale solitudine, senza che nessuno sapesse nulla, tranne un monaco di nome Romano che in giorni stabiliti gli faceva avere del pane.
Quel primo periodo a Subiaco segnò la maturazione spirituale di Benedetto, al quale non mancarono gli assalti del diavolo e in particolare tre grandi tentazioni: l’amor proprio, la sensualità e l’ira, che il santo superò con la preghiera e la penitenza. Accettò poi di fare da guida a dei monaci che vivevano in un monastero lì vicino, ma li lasciò presto perché questi si stancarono della sua austera disciplina e cercarono di avvelenarlo. Con il tempo la sua fama di santità crebbe a dismisura. Nell’arco di circa trent’anni arrivò a fondare 13 monasteri nella valle dell’Aniene. Venne poi il 529, un anno cruciale nella storia benedettina e dell’intero monachesimo occidentale, perché il santo si stabilì a Cassino, decidendo stavolta di edificare il monastero in un punto ben visibile: in cima al monte. Benedetto XVI, prendendo spunto dalle parole di papa Gregorio, ha visto in questa scelta un valore simbolico, legato allo sviluppo interiore del santo patrono d’Europa: «La vita monastica nel nascondimento ha una sua ragion d’essere, ma un monastero ha anche una sua finalità pubblica nella vita della Chiesa e della società, deve dare visibilità alla fede come forza della vita».
Sull’altura di Montecassino, san Benedetto compose la sua celebre Regola, che fissa il principio della stabilità del luogo per i monaci e raccoglie il meglio dell’antica tradizione monastica, da san Pacomio a san Basilio, del quale richiamò esplicitamente gli insegnamenti. Perciò san Gregorio ebbe ragione a scrivere: «L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina», spesso riassunta con la massima Ora et labora, perché Benedetto scandì mirabilmente la giornata in momenti di lavoro e preghiera (fu lui a codificare la Liturgia delle Ore, rifacendosi alle parole del salmista: «Sette volte al giorno ti ho lodato»), indicando nell’equilibrio tra azione e contemplazione la via verso Dio. Centrale è il proposito di fare la volontà divina, attraverso l’obbedienza: «Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che avendo deciso di rinunciare alla volontà propria impugni le fortissime e valorose armi dell’obbedienza», scrisse nel prologo della Regola.
Grazie all’obbedienza, dovuta anzitutto all’abate, che nel monastero «fa le veci» di Cristo e deve a sua volta essere tenero padre e severo maestro, l’anima può progredire nella virtù dell’umiltà, secondo un cammino suddiviso dal santo in 12 gradi. Nel pensiero di Benedetto, ogni attività - dallo studio della Parola al lavoro manuale, che rese i monasteri benedettini degli straordinari centri di diffusione del sapere tecnico, oltre che di conservazione della cultura classica - deve essere orientata alla maggior gloria di Dio e perciò alla conquista del Paradiso. «Come c’è un cattivo zelo, pieno di amarezza, che separa da Dio e porta all’Inferno, così ce n’è uno buono, che allontana dal peccato e conduce a Dio e alla vita eterna».
La sete di salvezza, per se stesso e per le anime, staccandosi dalla mentalità del mondo e pensando secondo Dio, fu dunque la stella polare di tutta la sua vita. È ben nota la visione che Benedetto ebbe nei suoi ultimi anni terreni, quando, mentre vegliava in preghiera, poco prima di vedere l’anima di san Germano salire in cielo avvolta in un globo di fuoco, «fu posto davanti ai suoi occhi tutto intero il mondo, quasi raccolto sotto un unico raggio di sole». Commentò papa Gregorio: «Tutto il mondo si dice raccolto davanti a lui, non perché il cielo e la terra si fossero rimpiccioliti, ma perché lo spirito del veggente si era dilatato, sicché, rapito in Dio, poté senza difficoltà contemplare quel che si trova al di sotto di Dio». È uno sguardo, quello di san Benedetto, che l’Europa è chiamata a riscoprire.
Patrono di: agricoltori, agronomi, architetti, chimici, ingegneri, speleologi; Europa
Per saperne di più: Regola di San Benedetto (in latino e italiano)
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tmnotizie · 5 years
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CASTIGNANO – Prende il via questa sera la XXX  Edizione di Templaria, le magiche notti del medioevo che si protrarrà fino a mercoledì prossimo 21 agosto. Il prof. Andrea Fioravanti la presenta così.
“Esiste la scienza storica ed esiste l’epopea del passato. Esiste la dottrina filologica ed esistono gli archetipi stratificati nel tempo. Due ambiti diversi, a volte opposti, ma entrambi concreti e reali ognuno con le proprie ragioni. Da sempre Templaria Festival-Notti da Medioevo si è mossa come un equilibrista in bilico sul filo immaginario che separa la verità storica dalla sua riproduzione.
Ex Tenebris Lux, il passaggio dal buio alla luce è la sintesi perfetta di un percorso che ci ha permesso di raccontare l’Ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, di comprendere come mai in così poco tempo i Templari siano entrati prepotentemente nella Storia, ma soprattutto di mostrare come quegli anni, a partire dalla prima crociata fino allo scioglimento dell’ordine del Tempio, siano un inesauribile serbatoio di suggestioni culturali, religiose e politiche dal quale estraiamo ancora materiale a volontà per racconti e narrazioni di vario genere.
Nell’immaginario collettivo il Medioevo è spesso considerato un’epoca oscura, violenta, malvagia, arretrata culturalmente. Giornali, televisione, cinema e rievocazioni storiche propongono sempre gli stessi argomenti: ignoranza, tirannia, abusi, oscurantismo, sono concetti che confermano e rafforzano la famosa espressione “secoli bui”. Una chiave di lettura del passato, circondata di un alone macabro, che nell’alimentare tali stereotipi, continua a esercitare un indubbio fascino nell’interlocutore.
La 30 edizione di Templaria, Ex Tenebris Lux, è il riassunto di un lungo viaggio irto di misteri, imprigionato nelle superstizioni, dominato da quel genere di paure che spesso nella storia, sono state un potente strumento di manipolazione. Fuori dalle tenebre è la luce di un approdo lucido e consapevole che tenterà di squarciare il buio, di svelare la verità sui tanti luoghi comuni che ancora caratterizzano l’età medievale.
 Dopo esserci nutriti per anni di quel medioevo mitico rielaborato e rappresentato ad uso e consumo della spettacolarizzazione, le Notti da Medioevo castignanesi propongono un salto di qualità che colloca il Festival tra gli appuntamenti più importanti a tematiche medioevali del territorio italiano. L’edizione 2019 illumina di luce nuova quell’affascinante lasso di tempo dopo il XI secolo.
Un bagliore che coinvolge tutta la manifestazione, dagli spettacoli agli incontri passando per la rievocazione storica. Un periodo ricco di arte, cultura, innovazioni scientifiche e scoperte geografiche, capace di trasformare per sempre le abitudini e la mentalità della nostra società.
Segnato certamente anche da pagine oscure, scritte con il sangue di battaglie e guerre per il potere; intriso di pregiudizio, fanatismo, preconcetti e tutte quelle credenze popolari  che, per il presunto ricorso alla magia e alle divinazioni, fornirono l’alibi a secoli di persecuzioni, torture e soprusi.
Aspetti, questi, non così distanti dalla nostra attualità. Ed è per questo che il passaggio dal buio alla luce si rende ancor più necessario: per ricordare ciò che giace nell’immenso territorio del tempo ma, soprattutto, per comprendere le criticità del nostro presente.
Il medievista Massimo Montanari a proposito di “Medioevo e luoghi comuni” non ha usato giri di parole per affrontare la questione. «Gli stereotipi e le false immagini connessi all’idea stessa di quell’età storica sono così “veri” che la coerenza storiografica dovrebbe imporre una soluzione paradossale: Eliminare il Medioevo dal nostro vocabolario sarebbe una soluzione radicale e forse traumatica ma personalmente la riterrei una conquista intellettuale». L’affermazione radicale dello storico testimonia l’intransigenza di medievisti, accademici e specialisti del settore nei confronti del giusto approccio allo studio della Storia Medioevale.
Uno degli storici più importanti del periodo, Jacques Le Goff, ha testimoniato nell’arco della sua intera esistenza che il Medioevo, lungi dall’essere quel periodo oscuro che avrebbe determinato una sorta di “notte” dell’umanità è, al contrario da considerarsi come un interrotto cammino dell’uomo verso il progresso.
Alessandro Barbero, ordinario di Storia Medievale presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale, testimonia attraverso il suo lavoro di docente, i suoi incontri e le sempre più frequenti apparizioni televisive che «nel nostro immaginario è troppo forte il piacere di credere che in passato c’è stata un’epoca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e siamo migliori di quelli che vivevano allora».
I pregiudizi sono così forti nella cultura di massa che ancora oggi giornalisti, politici e persone comuni usano ancora espressioni come ritorno al Medioevo per commentare l’attualità. Eppure nel Medioevo nacquero le Università, precedute da quei luoghi di inestimabile valore culturale che furono i monasteri Benedettini prima e degli altri ordini poi, che recuperarono e trascrissero preziosi manoscritti destinati all’oblio.
L’architettura espresse la bellezza del sacro e della fede con le sue incredibili cattedrali. In questo periodo nacquero le opere filosofiche, i romanzi cavallereschi le grandi innovazioni scientifiche, le tecniche rivoluzionarie nel campo dell’agricoltura, dell’ingegneria, della cartografia ed infine nacque l’idea di Stato moderno così come lo conosciamo ora.
Insomma il Medioevo, al netto delle distorsioni ed atrocità che appartengono purtroppo ad ogni periodo storico, fu un epoca di raro splendore in cui nacque la nostra e le altre lingue europee. A differenza di quel che si immagina, basandosi sul concetto di istituzione feudale, la società dell’epoca non visse di chiusure e confini, piuttosto su vivaci scambi culturali, confronti e soprattutto viaggi.
Paradossalmente, rispetto alle attuali possibilità di spostamento che i mezzi di trasferimento offrono, i nostri antenati viaggiarono e si spostarono molto di più. Re imperatori, intellettuali, monaci, artisti, ma anche mercanti, artigiani, mercenari oltre che pellegrini, erano in costante movimento battendo percorsi come la via Francigena, la via Romea, per viaggi diplomatici, lavoro, incontri o pellegrinaggi come quello verso Roma Gerusalemme o Santiago De Compostela. Gli scambi tra Europa ed Islam furono intensissimi e fruttuosi, al di là di quei pellegrinaggi armati che successivamente furono indicate col termine Crociate.
Ma anche il termine Medioevo che usiamo per indicare quel periodo storico di circa mille anni compare per la prima volta nel XV secolo, in pieno Rinascimento, quando con la riscoperta della cultura classica l’enorme intervallo di tempo dopo la caduta dell’impero romano venne caratterizzato in senso negativo. Connotazione che proseguì per tutta la modernità fino all’illuminismo e oltre.
E che ancora oggi prosegue, visto che il presente, vittima del sortilegio della sintesi e della velocità, scivola nelle semplificazioni, tanto da usare ancora scorciatoie linguistiche come “guerra santa”, “roghi”, “oscurantismo”, “barbarico” oltre l’immancabile e già citato “secoli bui” sempre riferiti al medioevo.
Una riflessione sul passaggio dal buio alla luce si rende dunque necessaria e l’occasione sarà Templaria Festival 2019. Un evento unico nel suo genere, arricchito da un patrimonio urbano unico, fatto di paesaggi mozzafiato come quello di una rocca di cui rimane solo una perfetta metà. Qui attraverso la rievocazione di antichi mestieri, scene di vita quotidiana e tradizioni popolari si svolge da trent’anni il nostro festival.
Un appuntamento irrinunciabile per gli appassionati, cresciuto in direzione di una sempre maggiore verosimiglianza filologica. Templaria immerge i suoi spettatori all’interno di vere e proprie “notti da medioevo” con l’accuratezza degli abiti indossati, con la meticolosità degli allestimenti, con la ricchezza degli spettacoli itineranti e l’attendibilità dell’ambientazione di ogni angolo del vecchio borgo.
Dove un musico suona, un frate predica o armigeri combattono sentiamo palpitare la luce della storia. Ed ancora osterie, giullari, poveri straccioni e ricchi sovrani, vassalli e servi della gleba, ma soprattutto loro: i Cavalieri Templari che passarono dal buio alla luce segnando un intero periodo della storia universale.
Il desiderio di confrontarsi con “un medioevo” sempre meno buio che si rischiara attraverso la sua autentica rappresentazione vibra nelle mura, nelle chiese, nei selciati delle pietre millenarie del piccolo Borgo Piceno. In occasione del trentennale Notti da Medioevo chiude un affascinante percorso fatto di Enigmi, Leggende, Guerre, Crociate, Magia, Alchimia, Paure millenarie, Superstizioni, Caccia alle streghe, Roghi e ricerca al Santo Graal.
La trentesima edizione del festival vuole comprendere come mai questi aspetti siano così profondamente radicati nell’immaginario collettivo tali da risultare veri, cercando di far luce dove fino ad ora l’oscurità ha regnato”.
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cesarecitypilgrim · 4 years
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ABBAZIE BENEDETTINE IN EUROPA/Benedictine abbeys in Europe.
Visto il grande interesse che questo argomento sta suscitando nelle ultime settimane ho pensato di raggruppare alcuni post da me realizzati in questi anni relativi alle abbazie benedettine .
Considering the great interest that this topic is arousing in the last few weeks, I have thought of grouping together some posts that I have made in recent years concerning the Benedictine abbeys.
Abbazie…
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