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#mondo contadino
collasgarba · 10 months
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Richelmy e quelle cose che i libri non dicono
Da un bigliettino battuto a macchina e rinvenuto fra le sue carte, si apprende che la collaborazione di Richelmy con il quotidiano torinese della sera [“Stampa Sera”] durò dal 1965 al 1979; ma dallo spoglio che ho eseguito – tramite microfilm – su “Stampa Sera” risulta che il primo articolo di Richelmy non apparve che nel numero del 5-6 ottobre 1966, mentre l’ultimo risale a dieci anni dopo (2…
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adrianomaini · 10 months
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Richelmy e quelle cose che i libri non dicono
Da un bigliettino battuto a macchina e rinvenuto fra le sue carte, si apprende che la collaborazione di Richelmy con il quotidiano torinese della sera [“Stampa Sera”] durò dal 1965 al 1979; ma dallo spoglio che ho eseguito – tramite microfilm – su “Stampa Sera” risulta che il primo articolo di Richelmy non apparve che nel numero del 5-6 ottobre 1966, mentre l’ultimo risale a dieci anni dopo (2…
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bagnabraghe · 10 months
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Richelmy e quelle cose che i libri non dicono
Da un bigliettino battuto a macchina e rinvenuto fra le sue carte, si apprende che la collaborazione di Richelmy con il quotidiano torinese della sera [“Stampa Sera”] durò dal 1965 al 1979; ma dallo spoglio che ho eseguito – tramite microfilm – su “Stampa Sera” risulta che il primo articolo di Richelmy non apparve che nel numero del 5-6 ottobre 1966, mentre l’ultimo risale a dieci anni dopo (2…
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susieporta · 4 months
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LA SOLITUDINE
“Esistono tre modi con cui l’uomo tenta di superare il senso di solitudine: la sessualità, il conformismo e l’attività creativa. Nel primo caso il risultato è un sempre crescente senso d’isolamento, poiché l’atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo assolutamente momentaneo.
La soluzione più frequente scelta dall’uomo è l’unione col gruppo. Se io sono uguale agli altri, sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine. L’unione ottenuta mediante il conformismo, non è intensa né profonda; è superficiale e, poiché è il risultato della routine, è insufficiente a placare l’ansia della solitudine.
Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa: sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, l’uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. Questo, tuttavia, vale solo per il lavoro produttivo, per il lavoro nel quale io progetto, produco, vedo il risultato della mia fatica. Ma nel moderno processo di lavoro, il dipendente, anello di una catena senza fine, è un’appendice della macchina o dell’organizzazione burocratica”.
Erich Fromm, “L’arte di amare”
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intotheclash · 7 months
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A mio nonno
Si, Mi ricordo di te, che ora osservi il mondo con ironia e diffidenza da quella vecchia foto ingiallita, tua definitiva dimora. Dietro di te, da buon contadino, hai lasciato una scia di piccoli semi, che difficilmente attecchiranno su questo terreno ostile, caparbiamente in difesa della propria aridità. Ma l'esempio è un guerriero che il coraggio e la paura hanno reso invincibile. Non avevi abitudini, ma conoscevi quelle degli altri. La tua speranza era la tua certezza. La certezza che un seme, prima o poi, riuscirà a germogliare.
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scogito · 8 months
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🎯
Parole chiave: il contadino e l'agricoltura valgono di più di tutto l'oro del mondo... E invece di essere solidali e coesi non vi sta bene perché voi avete il culo al riparo.
(fonte Instagram: zio_command)
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LA SOLITUDINE
Esistono tre modi con cui l’uomo tenta di superare il senso di solitudine: la sessualità, il conformismo e l’attività creativa. Nel primo caso il risultato è un sempre crescente senso d’isolamento, poiché l’atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo assolutamente momentaneo.
La soluzione più frequente scelta dall’uomo è l’unione col gruppo. Se io sono uguale agli altri, sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine. L’unione ottenuta mediante il conformismo, non è intensa né profonda; è superficiale e, poiché è il risultato della routine, è insufficiente a placare l’ansia della solitudine.
Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa: sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, l’uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. Questo, tuttavia, vale solo per il lavoro produttivo, per il lavoro nel quale io progetto, produco, vedo il risultato della mia fatica. Ma nel moderno processo di lavoro, il dipendente, anello di una catena senza fine, è un’appendice della macchina o dell’organizzazione burocratica.
Erich Fromm, “L’arte di amare”
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colonna-durruti · 4 months
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OBBLIGO CIVILE
Alle riprese del film "Lazzaro felice" partecipò un contadino di nome Remo che aveva un’ossessione: il servizio militare. Parlava solo di quell’unica occasione che aveva avuto nella vita per viaggiare, per visitare un altro mondo. Non c’era giorno che non ci raccontasse le sue avventure di naja. Ma poi alla cena per la fine delle riprese ci disse: fare questo film è stato molto meglio del servizio militare. Mi riempì di speranza: si può essere attraenti anche disarmati! Raccontando una storia, come si fa in un film, si può viaggiare attraverso altri mondi come è successo a Remo, ma soprattutto si può disinnescare l’immagine del nemico che tanto serve alla violenza. Ora si parla di tornare al servizio militare obbligatorio, e mi sembra di sentire l’ennesima vecchia storia che finisce male. Se proprio siamo costretti a fare qualcosa di obbligatorio, perché deve essere militare? Un paese è come una grande casa in cui bisogna fare i turni per pulire il bagno: i lavori considerati meno dignitosi andrebbero divisi tra tutti. Sono pure disposta a immaginare una divisa per questo servizio civile obbligatorio, magari con stelle, nastrini e qualche pennacchio per fare tutti più felici e dire orgogliosi: ecco i nostri ragazzi del servizio civile! Ma che si debba passare per le armi mi sembra una follia. Ci sono tanti altri modi di conoscere il mondo, senza un fucile in mano.
(Alice Rohrwacher, Internazionale)
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canesenzafissadimora · 8 months
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Esistono tre modi con cui l’uomo tenta di superare il senso di solitudine: la sessualità, il conformismo e l’attività creativa. Nel primo caso in risultato è un sempre crescente senso d’isolamento, poiché l’atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo assolutamente momentaneo.
La soluzione più frequente scelta dall’uomo è l’unione col gruppo. Se io sono uguale agli altri, sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine. L’unione ottenuta mediante il conformismo, non è intensa né profonda; è superficiale e, poiché è il risultato della routine, è insufficiente a placare l’ansia della solitudine.
Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa: sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, l’uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. Questo, tuttavia, vale solo per il lavoro produttivo, per il lavoro nel quale io progetto, produco, vedo il risultato della mia fatica. Ma nel moderno processo di lavoro, il dipendente, anello di una catena senza fine, è un’appendice della macchina o dell’organizzazione burocratica.
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Erich Fromm, L’arte di amare
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solosepensi · 6 days
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Il suo paesaggio cambiò. Se aveva vissuto a Parigi come un estraneo e a Roma come un ospite, ora la sua vera casa era la pineta di Roccamare, presso Castiglione della Pescaia. In qualche modo, ripeteva il paesaggio ligure. Anche qui, tutto era limitato: una striscia di sabbia chiusa tra due promontori, una pineta, una macchia, un piccolo giardino dove tutto sembrava miniutarizzato. Scriveva nel cuore della casa, in alto, in uno studiolo raggiunto da una scala pericolosissima, come in un pollaio aereo o in una colombaia. Sotto i suoi piedi, la moglie parlava con le amiche o con la domestica, entravano i fornitori, arrivavano gli amici; e lui continuava a scrivere, immerso nel rumore dell'esistenza, vegliando sulla casa come una cicogna. Non diceva mai di no alle cosa. Ma si era ormai allontanato profondamente dalla realtà, chiuso nel suo mondo di ombre leggere. Sulle soglie tra lui e la vita, tra lui e gli altri, aveva disposto la moglie, che doveva riferirgli tutto: che volti avessero gli altri uomini, cosa accadesse nella pineta, che ombre gettassero gli alberi, che odori attraversavano il prato, che sapori avevano i cibi, che suoni la musica. Lassù in alto, come un'ape riceveva il miele che la moglie aveva raccolto, e lo depositava nella delicatissima arnia della sua mente. (…)
Poi sulla pineta scesero, troppo rapidamente gli ultimi anni. Volgendo le spalle a qualsiasi idea generale, Calvino si accontentava di contemplare un'onda, un ciuffo d'erba nel giardino, un uccello che cantava (…) L'ultima estate fu difficile. Scriveva le sue Lezioni americane: un libro bellissimo, l'Ars poetica della nostra fine di secolo, dove la letteratura antica e moderna si riflettono in un limpido specchio. Non era di buon umore: non usciva più di casa, chiuso nell'alta colombaia, non faceva il bagno. Pensava di perdere tempo: era uno scrittore, doveva dar forma alle decine di racconti che gli gremivano il capo, non riflettere sulla letteratura. Ai primi del settembre 1985 le Lezioni erano quasi finite: ma, per lui appartenevano già ad un tempo passato. In quegli ultimi giorni lo vidi due volte; e fu tenero, affettuoso, divertente, quasi felice. (…) Poi non ci fu più niente. Ci fu la caduta al suolo, la cosa dell'autoambulanza fino a Siena, l'orribile ospedale dove avevo conosciuto altre morti, i visi stravolti dei medici, l'operazione inutile, i discorsi inutili, le attese inutili, il capo bendato, la piccola tomba sul mare di Castiglione. Una mattina i medici ci dissero, per consolarci, che tutto era andato benissimo. Quella di Italo era una malformazione cerebrale congenita. Avrebbe dovuto morire a venticinque o trenta anni al più tardi. Quanto tempo aveva guadagnato; quanti libri aveva scritto, col suo passo da marinaio-contadino che si inoltrava nei gerbidi. Come era stato accorto nel sottrarre tempo - l'unica ricchezza che importa - alle divinità che si prendono gioco di noi. E mi dissi che nemmeno lui, forse, sapeva di essere così fragile. Aveva eluso la propria fragilità colla pazienza, il lavoro, la discrezione e quella terribile maga, che trasforma ogni fragilità in forza, ogni forza in fragilità: la letteratura.
Non sogno mai. Due anni più tardi, Italo mi apparve in sogno. Aveva ancora la fronte bendata, ma il sorriso era quello, luminosissimo, dell'ultima sera. Mi diceva: «Sai, è stato tutto uno sbaglio. I medici non hanno capito. Non sono morto».
Pietro Citati in ricordo di Italo Calvino
#ciaoitalo
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mezzopieno-news · 27 days
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BIMBO DI 6 ANNI DISPERSO NELLA GIUNGLA, RITROVATO VIVO DOPO 5 GIORNI
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Un bimbo di sei anni disperso nella giungla vietnamita, è stato ritrovato dopo cinque giorni, ancora vivo.
Dang Tien Lam, che vive nella provincia nord-occidentale di Yen Bai, stava giocando in un ruscello con i suoi nove fratelli quando si è addentrato tra le colline perdendosi. Oltre 150 persone tra cui agenti di polizia, soldati e tanti volontari locali si sono messi in moto per condurre le ricerche giorno e notte con ogni mezzo e proprio quando le speranza di trovare il bambino erano quasi svanite, Lam è stato visto da un contadino locale che ha sentito il suo pianto, mentre puliva un campo di cannella vicino alla foresta. Il bambino era seduto tra alcuni cespugli di manioca a circa 6 chilometri dal luogo della sua scomparsa, esausto ma fuori pericolo.
Lam è sopravvissuto nutrendosi di foglie e frutti selvatici e bevendo acqua di un ruscello, è riuscito a rimanere indenne dalle tigri, dai serpenti e dalle innumerevoli minacce che popolano le fitte foreste del Vietnam. La polizia ha detto che è stato un “miracolo” che sia stato trovato vivo, aggiungendo che le sue condizioni di salute sono sorprendentemente buone.
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Fonte: Malaysia Gazette
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stelladilemmen · 2 months
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July, Harvest Time
Our neighbor Luciano told us that wheat was once cultivated in Lemmen. He reported that the community square, where the small church now stands (originally a farmhouse ruin donated to the people of the village to make it their chapel), was once slightly concave precisely to allow for the threshing of wheat.
This supports the hypothesis that Lemmen was one of the primordial settlements in the area that later gave rise to the village of Riomaggiore. Some of its terraces, exceptionally wide compared to the average, allowed for the sowing of wheat for the community.
We wanted to conduct an experiment to commemorate ancient times and to add another small piece to the biodiversity and varied food production of Stella di Lemmen.
Wheat has always been the food of man. The collection of spontaneous species that constituted its origins - a natural hybridization between pseudocereals and grasses - began with Paleolithic man and stabilized in the Neolithic with the practice of agriculture. Today wheat is cultivated all over the world - it is the second most produced cereal after corn and hundreds of species are counted - but it was already placed in Egyptian tombs as "food to take to the afterlife", and described in the Gospel of John by Jesus as a symbol of resurrection, through the analogy of the grain that dies to give the ear, survival, eternal life.
We wanted to reintroduce the cultivation of wheat in our farm, as a symbol of rebirth linked to food, nutrition, and prosperity. We have sown an ancient Lucchese wheat that has grown healthy and strong. Now that we have harvested and threshed it, all that remains is to make bread. We hope it is a good omen of growth and transformation for all humanity.
Luglio, tempo di mietitura
È stato Luciano (Bonanni n.d.r.) a raccontarci che a Lemmen un tempo si coltivava il grano. Ci ha riferito che la piazzetta della comunità, dove si affaccia ora la piccola chiesa (in origine un rudere contadino donato alle genti del borgo perché ne facessero la loro cappella), un tempo era leggermente concava proprio per permettere la battitura del grano.
Questo avvalora l’ipotesi che Lemmen fosse uno degli insediamenti primordiali della zona che in seguito diedero origine al paese di Riomaggiore. Alcune delle sue fasce, eccezionalmente larghe rispetto alla media, consentivano di seminare il grano per la comunità.
Noi abbiamo voluto fare un esperimento che commemorasse i tempi antichi, per aggiungere un altro piccolo tassello alla biodiversità e alla variegata produzione alimentare di Stella di Lemmen.
Il grano è da sempre il cibo dell’uomo. La raccolta delle specie spontanee che costituirono le sue origini - una naturale ibridazione tra pseudocereali e graminacee - iniziò con l’uomo del Paleolitico e si stabilizzò nel Neolitico con la pratica dell’agricoltura.
Oggi il grano è coltivato in tutto il mondo - è il secondo cereale per produzione dopo il mais e se ne contano centinaia di specie - ma venne già riposto nelle tombe egizie in quanto “alimento da portare nell’aldilà”, e descritto nel Vangelo di Giovanni, da Gesù, come simbolo di resurrezione, attraverso l’analogia del chicco che muore per dare la spiga, la sopravvivenza, la vita eterna.
Ci tenevamo a riproporre la coltura del grano nella nostra azienda, come simbolo di rinascita legato al cibo, all’alimentazione, alla prosperità. Abbiamo seminato un grano antico lucchese che è cresciuto sano e forte. Ora che l’abbiamo mietuto e battuto, non resta che fare il pane. Speriamo sia buon auspicio di crescita e di trasformazione per l’intera umanità.
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gregor-samsung · 9 months
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“ Immaginatevi un vasto cortile, di un duecento passi di lunghezza e centocinquanta circa di larghezza, tutto recinto all'intorno, in forma di esagono irregolare, da un'alta palizzata, cioè da uno steccato di alti pali, profondamente piantati ritti nel suolo, saldamente appoggiati l'uno all'altro coi fianchi, rafforzati da sbarre trasverse e aguzzati in cima: ecco la cinta esterna del reclusorio. In uno dei lati della cinta è incastrato un robusto portone, sempre chiuso, sempre sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle; lo si apriva a richiesta, per mandarci fuori al lavoro. Di là da questo portone c'era un luminoso, libero mondo e vivevano degli uomini come tutti. Ma da questa parte del recinto ci si immaginava quel mondo come una qualche impossibile fiaba. Qui c'era un particolare mondo a sé, che non rassomigliava a nessun altro; qui c'erano delle leggi particolari, a sé, fogge di vestire a sé, usi e costumi a sé, e una casa morta, pur essendo viva, una vita come in nessun altro luogo, e uomini speciali. Ed ecco, è appunto questo speciale cantuccio che io mi accingo a descrivere.
Appena entrate nel recinto, vedete lì dentro alcune costruzioni. Dai due lati del largo cortile interno si stendono due lunghi baraccamenti di legno a un piano. Sono le camerate. Qui vivono i detenuti, distribuiti per categorie. Poi, in fondo al recinto, un'altra baracca consimile: è la cucina, divisa in due corpi; più oltre ancora una costruzione dove, sotto un sol tetto, sono allogate le cantine, i magazzini, le rimesse. Il mezzo del cortile è vuoto e costituisce uno spiazzo piano, abbastanza vasto. Qui si schierano i reclusi, si fanno la verifica e l'appello al mattino, a mezzogiorno e a sera, e talora anche più volte durante il giorno, secondo la diffidenza delle guardie e la loro capacità di contare rapidamente. All'interno, tra le costruzioni e lo steccato, rimane ancora uno spazio abbastanza grande. Qui, dietro le costruzioni, taluni dei reclusi, più insocievoli e di carattere più tetro, amano camminare nelle ore libere dal lavoro, sottratti a tutti gli sguardi, e pensare a loro agio. Incontrandomi con essi durante queste passeggiate, mi piaceva osservare le loro facce arcigne, marchiate, e indovinare a che cosa pensassero. C'era un deportato la cui occupazione preferita, nelle ore libere, era contare i pali. Ce n'erano millecinquecento e per lui erano tutti contati e numerati. Ogni palo rappresentava per lui un giorno; ogni giorno egli conteggiava un palo di più e in tal modo, dal numero dei pali che gli rimanevano da contare, poteva vedere intuitivamente quanti giorni ancora gli restasse da passare nel reclusorio fino al termine dei lavori forzati. Era sinceramente lieto, quando arrivava alla fine di un lato dell'esagono. Gli toccava attendere ancora molti anni; ma nel reclusorio c'era il tempo di imparare la pazienza. Io vidi una volta come si congedò dai compagni un detenuto che aveva trascorso in galera venti anni e finalmente usciva in libertà. C'erano di quelli che ricordavano come egli fosse entrato nel reclusorio la prima volta, giovane, spensierato, senza pensare né al suo delitto, né alla sua punizione. Usciva vecchio canuto, con un viso arcigno e triste. In silenzio fece il giro di tutte le nostre sei camerate. Entrando in ciascuna di esse, pregava dinanzi all'immagine e poi si inchinava ai compagni profondamente, fino a terra, chiedendo che lo si ricordasse senza malanimo. Rammento pure come un giorno, verso sera, un detenuto, prima agiato contadino siberiano, fu chiamato al portone. Sei mesi avanti aveva ricevuto notizia che la sua ex-moglie aveva ripreso marito, e se ne era fortemente rattristato. Ora lei stessa era venuta in vettura al reclusorio, lo aveva fatto chiamare e gli aveva messo in mano un obolo. Essi parlarono un paio di minuti, piansero un poco tutti e due e si salutarono per sempre. Io vidi il suo volto, mentre tornava nella camerata... Sì, in questo luogo si poteva imparare la pazienza. “
Fëdor Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti [Testo completo]
 NOTA:  Questo romanzo, pubblicato negli anni 1861-62 a puntate sulla rivista Vremja, pur non essendo un resoconto è fedelmente autobiografico. Nel 1849 l'autore era stato condannato a morte per motivi politici e, dopo un'orribile messa in scena che tra l'altro peggiorò la sua epilessia, la sentenza di morte fu commutata in condanna ai lavori forzati a tempo indefinito; ottenne la liberazione per buona condotta nel 1854 ma le sue condizioni di salute erano ormai irrimediabilmente compromesse.
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susieporta · 1 year
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LA SOLITUDINE
“Esistono tre modi con cui l’uomo tenta di superare il senso di solitudine: la sessualità, il conformismo e l’attività creativa. Nel primo caso in risultato è un sempre crescente senso d’isolamento, poiché l’atto sessuale, senza amore, non riempie mai il baratro che divide due creature umane, se non in modo assolutamente momentaneo.
La soluzione più frequente scelta dall’uomo è l’unione col gruppo. Se io sono uguale agli altri, sia nelle idee che nei costumi, non posso avere la sensazione di essere diverso. Sono salvo: salvo dal terrore della solitudine. L’unione ottenuta mediante il conformismo, non è intensa né profonda; è superficiale e, poiché è il risultato della routine, è insufficiente a placare l’ansia della solitudine.
Un terzo modo per raggiungere l’unione è l’attività creativa: sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, l’uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. Questo, tuttavia, vale solo per il lavoro produttivo, per il lavoro nel quale io progetto, produco, vedo il risultato della mia fatica. Ma nel moderno processo di lavoro, il dipendente, anello di una catena senza fine, è un’appendice della macchina o dell’organizzazione burocratica”.
Erich Fromm, “L’arte di amare”
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t-annhauser · 2 years
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Il grande Odisseo
Non era niente di più che un contadino il Re di Itaca, il grande Odisseo, eppure la sua vita è stata raccontata in versi e in una lingua bellissima e raffinata, più raffinata della povera letteratura che si produce oggi, nell'avanzatissima età della tecnica. Gli dei dell'Olimpo compartecipano delle sofferenze dei mortali, la natura è un palcoscenico regale, il mare un grande animale da cavalcare, nell'epica di Omero c'è già tutta la storia degli uomini, senza bisogno di motori di ricerca e di database. Eppure non si erano laureati, non avevano conseguito un dottorato di ricerca, non avevano sottoposto il loro lavoro alla critica di severissime case editrici, tutta la prima e più grande letteratura del mondo è stata prodotta da uomini semplicemente ispirati. Preferire un uomo che sa scrivere a un dotto senza talento.
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fantasticazioni · 1 year
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DECALOGO DEL 25 AGOSTO
1. Chiediti quale sia il tuo orizzonte, se un Dio o un volto.
2. Ormai puoi essere sereno. Senza che nemmeno te ne sei accorto, hai fatto tutto quello che dovevi fare per essere sereno ogni tanto.
3. Ricordati della vita degli altri, del contadino ucciso dal suo toro.
4. Se il dito rotto di una statua ti fa compassione, sei sulla buona strada.
5. Saluta con gentilezza, non lasciare debiti, e poi vai per la tua strada.
6. Siediti in mezzo al mondo e vedi cosa fa.
7. La candela quando trema combatte.
8. Abbassa le palpebre e fatti entrare un raggio di sole in bocca.
9. Vai da tuo padre, chiedigli della vigna di suo padre.
10. Fai l'amore per amore, per amicizia, per gioia, per salute. Fai l'amore anche solo con uno sguardo, con una carezza, con un abbraccio. Fai l'amore quando ti sembra strano. Fai l'amore quando hai paura di farlo. Fai l'amore e non dimenticarlo.
Franco Arminio
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