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#monopolistas
smentarzysko · 4 months
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twoja stara chyba lol dla mnie nie ma nic kojarzacego sie z nadzieja w tym pierdolonym januszexie wykorzystujacym pracownikow
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elbiotipo · 29 days
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bio, mi viejo es técnico y siempre nos dijo (por no decir obligó) a mi y a mi hermana de usar google. nunca nos dijo porqué, pero se me hace gracioso porque siempre anda con diciendo del chrome esto, que el chrome aquello y después lo ves usando el explorer de lo más pancho sjjdjs
Pasa que antes Google tenía buena fama. "Don't be evil" era, fuera de joda, el eslogan de ellos. Yo me acuerdo cuando todavía se usaba Yahoo (perdón, soy así de viejo) y mi primo hablaba también de Google como algo nuevo y una de esas empresas super copadas que tenían arcades y dejaban que sus programadores jueguen videojuegos y tenían los doodles super copados y demás
Muchos capaz sigan con esa percepción, pero Google siempre tuvo tendencias monopolistas (es una empresa más de Silicon Valley después de todo) y ahora se manifestaron del todo. Igual yo para cuando me di cuenta que compraban Youtube y sacaban su navegador me parecía demasiado, así que nunca me pasé a Chrome. (Aparte me gustan los zorros)
Ahora lo de "Don't be evil" es una joda, pero hace no mucho Google tenía buena fama.
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abr · 8 months
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E' FURNUTA, SE N'E' ACCORTO PURE IL MANIFESTO -
Nei grandi circoli della finanza capitalistica (...) la transizione ecologica non sembra più raccogliere i consensi di un tempo.
Tra i grandi proprietari cresce la fazione che contesta l’eccessiva rigidità delle misure necessarie a ridurre le emissioni inquinanti. L’idea che ora va di moda è che la transizione “green” è troppo veloce e che l’aumento dei costi di produzione rischia di diventare insostenibile.
Il cambio di orientamento ai vertici del potere si avverte un po’ ovunque nel mondo. Attuale capofila è il premier britannico conservatore Rishi Sunak, che ha messo in discussione non solo il ritmo di abbattimento delle emissioni ma anche gli obiettivi di eco-compatibilità fino ad oggi vigenti nel Regno Unito.
Ma anche nel nostro paese si avvertono riverberi della nuova tendenza. Al recente Italian Energy Summit del Sole 24 Ore, l’amministratore delegato di Eni è intervenuto sulla nuova “dottrina” di Sunak sostenendo l’esigenza di ridimensionare gli obiettivi europei della transizione verde, e possibilmente di adattarli alle specifiche caratteristiche di ciascun paese. Un adattamento al ribasso, ovviamente.
Questi nuovi venti di «capitalismo anti-ecologico» sembrano esser diventati dominanti anche nella topica vicenda dell’Ex Ilva di Taranto. L’idea della ricapitalizzazione da parte dello Stato, per portare avanti la riconversione ecologica dell’impianto e la bonifica del territorio, appare ormai sconfitta. Il governo Meloni non ha nessuna voglia di mettere altri soldi pubblici sul progetto di acciaieria «verde», e si para affermando che i contribuenti non capirebbero. (...)
I capitalisti nemici dell’ambiente stanno pescando consensi in una classe lavoratrice frammentata e già martoriata dall’inflazione, (...) che ciò nonostante appare sempre più insofferente verso i costi della transizione ecologica. Con qualche ragione, a ben vedere. (...)
In questo scenario, c’è il rischio concreto che nei circoli dell’alta finanza la questione ecologica perda il suo glamour. (...)
Ci potremo arrivare con il libero mercato, come i circoli del capitalismo ecologista talvolta amano suggerire? Con buona pace delle fantasiose storielle sui benefici della cosiddetta «finanza verde», la risposta è negativa. Per quanto turbi gli animi dei ricchi, ecologisti o meno che siano, la soluzione potrà essere una soltanto: una versione, inedita e innovativa, di piano collettivo.
Da IL MANIFESTO, https://ilmanifesto.it/perche-ai-capitalisti-non-piace-piu-il-green
I sapientoni benecomunisti se ne sono finalmente resi conto: la transizione eco energetica - t.e.e. - non tira più come prima tra chi ci ha messo i capitali e ne ricava i profitti (mentre i costi rimangono a chi é lasciato vivere purché consumi). La t.e.e. non ha MAI tirato tra chi lavora, ha sempre suscitato la perplessità di chi ha acquisito con profitto la matematica di terza media ma era un affarone troppo ghiotto per la finanza globale. I benecomunisti, sempre i più boccaloni perché confondono i loro desideri con la realtà, non hanno mai voluto capire è che la t.e.e. era solo un calesse momentaneo dopo altri per la speculazione finanziaria. Si sono illusi che fosse una reale conversione del Globalismo finanziario alle loro Verità, ma il loro statalismo era il solito riflesso monopolista, i soldi ai burattini da Greta ai giornalai era cibo a cani da guardia, quelli ai ricercatori era per ottenere ricerca sc sc scientifica "educated" e guidare il parco buoi. Ora non più, è furnuta: il grido che non si sente ma c'è è RIENTRARE, chi ha dato ha dato ... rimangono solo le retroguardie retrò provinciali tipo Elkann. Ai compagni delle Ztl che girano per i terrazzi a caccia di apericene, non resta che chiagnere ...
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pettirosso1959 · 1 year
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Se qualcuno ha ancora dubbi sul fatto che l’obbligo di auto elettriche darà una formidabile spinta al crollo definitivo dell’Europa, consulti il grafico. Da cui si evince che la Cina - contro la quale molti carciofari europei mostrano addirittura i muscoli - controlla quasi l’80% della produzione mondiale di batterie. Polonia e Ungheria sono delocalizzazioni dell’industria tedesca, in classifica appare la Francia dopo la francesizzazione di Stellantis, l’Italia come d’uso non esiste. Però mandiamo la portaerei contro il monopolista mondiale delle batterie che a breve saranno l’unica possibilità di mobilità.
Siamo talmente fessi che sembra quasi impossibile…
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demonfowl · 1 year
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Tuntematon tonttu 2022 🎄
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Korsujouluilua lahjottavana @sydanhaavoilla
Promptina yhteinen Joulu rintamalla, Monopolista sen verran että on historiallisesti oikeaoppista, sitä on myyty meillä noin vuodesta 36. Ja ajatus pojista käyttämässä asemasotaa vanhaan kunnon Monopoliraivoon (kieltäydyn kirjottamasta sitä y:llä) antaa mulle jostain syystä kovasti elinvuosia.
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falcemartello · 2 years
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Il problema di oggi non è che c'è troppa violenza sparsa dappertutto nella nostra società.
È esatto opposto: l'uso della forza non è distribuito ma concentrato dal detentore monopolista della violenza, lo stato.
Ed è grazie a questo che l'elite può fare quello che vuole impunemente.
Fabristol
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Parecía que se opusieron principalmente a los monopolios privados sin criticar el capitalismo de Estado, ya fuera en términos de poder o de monopolio de capital, llegando a un análisis superficial del poder y el Estado. Estos movimientos tenían una fe profunda en su capacidad para construir el socialismo si podían tomar el Estado y devenir el poder dominante. (…) Incluso interpretaron la democracia como la dictadura de una de las dos clases (la burguesía o el proletariado). Desarrollaron un análisis muy superficial del capitalismo como resultado de su confianza en la Economía Política inglesa.
(…) No analizaron el poder en general, ni el Estado-Nación en particular, y concebían el Estado-Nación como una suma de comisiones que gestionaban los asuntos de la burguesía. El defecto más importante de su teoría fue la incapacidad de ver que el poder, en particular el Estado-Nación, era la forma más concentrada de capitalismo monopolista. Su análisis no era más que una afirmación del Estado-Nación. Estaban seguros que el socialismo se construiría de la mejor manera a través de un Estado-Nación. No solo fueron incapaces de superar el análisis de Hegel sobre el Estado, sino que estaban seguros que si pueden apoderarse del Estado, lo podrían utilizar para llevar a cabo todo tipo de ajustamientos y establecer la libertad y la igualdad. La relación entre socialismo y democracia es una de las cuestiones más importantes que abordaron de manera más superficial e incorrecta. Las revoluciones rusa y china se desarrollaron utilizando esta perspectiva. Otras aplicaciones del poder desde perspectivas de liberación nacional o socialdemócratas fracasaron en el intento de producir algo diferente. Lo único que las distinguía del capitalismo privado era su preferencia por el capitalismo estatal, tal como su uso del poder claramente muestra.
(…) Una perspectiva metodológica positivista, universalista y de progreso lineal en cuanto a la natura social condujo a una concepción del socialismo como inevitable y una cuestión de tiempo. La escatología de los libros sagrados se reflejaba en cierto modo como socialismo. Las sociedades se representaron como modelos que se desarrollaban linealmente, desde la sociedad primitiva al esclavista, del feudalismo al capitalismo para llegar finalmente al socialismo. Aquí está en juego un tipo de fatalismo. A la raíz de estas concepciones dogmáticas, que nos han afectado a todos profundamente, había un fatalismo religioso y la creencia en el apocalipsis. La comprensión de esto llegó demasiado tarde. No fueron capaces de ver que la natura social tiene esencialmente un carácter moral y político, y que los sistemas de la civilización erosionaron estos componentes, sustituyéndolos por las normas vulgares de la ley y la administración estatal. La modernidad capitalista ha desarrollado este proceso a una profundidad y amplitud ilimitadas, resultando en una crisis económica y social, así como una crisis del poder y del Estado. No vieron que aquello correcto, bueno y bello es un sistema democrático confederal que asegure completamente el carácter moral y político de la sociedad y, para avanzar hacia aquí, hay que basarse en la política democrática.
Abdullah Öcalan, «Manifesto of the Democratic Civilization. Volume III: The Sociology of Freedom», publicado en 2009, apartado «The Legacy of Real Socialism».
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thenerdkingqueen · 2 years
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QUEM TEM MEDO DO COMUNISMO? SÃO OS LATIFUNDISTA, SÃO OS MONOPOLISTA, SÃO OS COLONIALISTAS
ENFIM, OS PARASITAS
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gilmirandajr · 1 year
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Um erro conceitual do Aceleracionismo do NRx
Parece-me muito claro que um dos maiores erros conceituais na raiz do Aceleracionismo do NRx, é a ideia de que a concorrência está na base da Inovação Tecnológica que levaria à singularidade proposta por Lang. Essa falsa ideia (fruto de uma clara percepção errônea acerca da causa final e causa eficiente no capitalismo), leva à proposição de gov-corp (cidades-estados autoritárias geridas por CEOs) aos moldes prototípicos de Cingapura ou Dubai, ou, mais conceitualmente, ao neocameralismo de Curtis Yarvin.
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Este tipo de construção ideológica tem levado não só a ascenção da Alt-Right supremacista a difundir seu etno-nacionalismo fascista, como tem incentivado a profusão de lobos-solitários racistas promovendo chacinas para acelerar os conflitos que levariam ao fim da democracia burguesa.
Os aceleracionistas argumentam que a tecnologia, particularmente a tecnologia computacional, e o capitalismo, especialmente em sua versão globalizada e mais agressiva, deveriam ser massivamente acelerados — seja porque essa seria a melhor maneira de empurrar a humanidade para frente, seja porque não há alternativa. Os aceleracionistas apoiam a automação. Apoiam uma futura fusão entre digital e o humano. Não raro, apoiam a desregulamentação dos mercados e a redução drástica do governo. Frequentemente acreditam que a revolta social e política têm valor em si mesmas. - Andy Backet para o The Guardian
Segundo o Corpus Neoreaction, sendo a concorrência a característica essencial do capitalismo, portanto, sua causa final, seu Thelos, a melhor maneira de gestão da vida social seria uma descentralização radical da sociedade em pequenas cidades-estados (preferencialmente de caráter étnico) com gestores que concorreriam entre si para atrair e manter cidadãos-consumidores pagadores de impostos em troca de proteção, segurança e bem-estar. Destarte, toda vida social estaria submetida à lógica de mercado enquanto Proxy que proporcionaria o chamado feedback de alta-frequência que Yarvin se apropriou conceitualmente de Hayek.
O problema é que, mesmo que nos esforcemos para fazer sentido esse feudalismo hitech, esse monarquismo geek, o Thelos capitalista jamais foi a concorrência, mas sim a acumulação. Há uma estética highlander no capitalismo, que leva primeiro a oligopólios e depois a uma encarniçada luta por hegemonia monopolista, e por fim, a seu protagonismo final globalizado enquanto metafísica escravocrata em troca da mera existência de cada um de nós.
Esse equívoco conceitual é irremediável, pois seria necessário algo como um Estado para manter a concorrência e o anti-trust; coisa que eles querem abolir logo de entrada.
No capitalismo, a Inovação constante, escalar e geométrica se dá sob o Proxy da concorrência, mas não por causa dela, e sim por causa de seu princípio basilar de acumulação e reprodução incessante. E sua consequência direta é, paradoxalmente, a corrosão do Proxy. Qualquer coisa que se possa pensar sobre um futuro utópico, transumano e disruptivo, onde, finalmente, a tecnologia funcione como redenção ou aniquilação da vida, prescinde desta essencialidade basilar.
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alternativaportugal · 19 days
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penso-quindi-sono · 1 month
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youtube
¡Ciao!
En nuestra publicación de hoy les traemos una entrevista muy interesante sobre el monopolio y la competencia monopolista.
Esperamos que juntos descubramos más sobre esto.
Atentamente...I tuoi filosofi preferiti
¡Nos vemos pronto!
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abr · 2 years
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Vere assurdità vere.
Secondo i fautori dello Stato Minimo, la caratteristica dello Stato è di imporre il controllo violento coercitivo sul suo territorio, fondandosi su una estorsione detta tassazione; in cambio offrendo agli abitanti PROTEZIONE: "pace", "lavori", "autorizzazioni", "welfare".
HAI DESCRITTO MAFIA CAMORRA 'NDRANGHETA, SCO etc.etc., ma anche Yakuza, Cartelli sudamericani, voodo nigeriani etc. Il modello è il medesimo. In tal senso, la lotta alle mafie è uno sforzo per affermare un monopolio delle estorsioni.
La differenza è che le mafie sono sottoposte alla pressione competitiva di altre mafie o spinoff interni, quindi o funzionano o vengono velocemente rimpiazzate (es, calabresi vs. immigrati al Nord); invece l'essenza profonda degli Stati - LA BUROCRAZIA - è l'inefficienza del monopolista: continuano ad estorcere anche senza offrire in cambio alcuna protezione efficace. Al più fanno Cupola tra loro, per colpire assieme il Mandamento "fuori controllo" (la Russia).
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Manna dal cielo per i conti di Telecom Italia
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Telecom Italia si ritrova con un miliardo di euro in più senza senza colpo ferire. In realtà è una storia giuridicamente poco edificante che dice moltissimo del sistema legislativo italiano, con una figuraccia anche della giustizia amministrativa, in testa il Consiglio di Stato. La corte d’appello del tribunale civile di Roma ha dato ragione all’ex monopolista sui canoni di licenza per l’anno 1998 indebitamente versati al ministero dell’Economia e che ora si vedrà restituire: 528 milioni di euro, più interessi e conguagli che dovrebbero portare la cifra finale a circa un miliardo di euro (più spese legali che partono da 550mila euro). A pagare sarà la Presidenza del Consiglio dei ministricostituita in giudizio e difesa dall’avvocatura di Stato. La notizia, anticipata da Bloomberg nel tardo pomeriggio, ha fatto schizzare il titolo di Tim in Borsa che ha chiuso con un rialzo del 5,19% dopo settimane di passione e crolli innescati dal nuovo piano industriale che prevede la cessione della rete al fondo Usa Kkr. Un piano non proprio gradito al mercato visto che i livelli di debito che resteranno più elevati del previsto. Palazzo Chigi ha annunciato ricorso e la richiesta di sospendere il pagamento, che è subito esecutivo. La vicenda processuale è un vero gioco dell’oca durato 25 anni ed è una delle prime volte in cui viene condannata la presidenza del Consiglio dei ministri per una sentenza del Consiglio di Stato considerata errata. Nel 1998 l’allora Telecom si vede costretta a versare il canone di licenza (386 milioni per Telecom Italia e 143 milioni di euro per l’ex Tim, oltre agli interessi) a causa di norme nazionali che avevano prorogato l’obbligo di pagamento di un anno nonostante una direttiva Europea del ’97 lo avesse annullato a seguito della liberalizzazione del settore. Tim ricorre al Tar del Lazio, che rimanda la questione alla Corte di Giustizia europea che – siamo già arrivati a febbraio 2008 – gli dà ragione visto che la direttiva ha eliminato il canone. Il Tar però ignora la decisione e dà ragione al Tesoro: il canone va versato. Tim fa di nuovo ricorso ma il Consiglio di Stato nel 2009 dà ragione al Tar e conferma la sentenza. Sul fronte amministrativo il caso si chiude. A quel punto il colosso si rivolge al tribunale civile chiedendo mezzo miliardo di danni a Palazzo Chigi per “violazione manifesta del diritto comunitario dei magistrati del Consiglio di Stato”, ai sensi della legge 117 del 1998. A quel punto parte il vaglio di ammissibilità per valutare la competenza del tribunale di Roma a decidere sulla questione. Il tribunale prima dichiara inammissibile la domanda di Tim, poi in appello la decisione viene ribaltata e quindi il ricorso diventa ammissibile. A marzo 2015 però arriva l’ennesima giravolta e la sentenza di primo grado dichiara la domanda della società inammissibile. Tutto finito? Nemmeno per sogno perché Tim fa ricorso: la decisione era attesa per il 2 aprile 2019, invece è stata rinviata di anno in anno fino ad oggi, quando la Corte d’appello di Roma ha dato ragione a Tim: quei soldi non erano dovuti. La sentenza parla di “macroscopicità della avvenuta violazione del diritto comunitario”. I giudici della Corte scrivono che “i termini della prospettata violazione ad avviso di questa Corte paiono come detto integrare addirittura una ‘negligenza inescusabile’ tenuto conto del grado di chiarezza delle norme violate, della esistenza di una giurisprudenza della Corte di Giustizia che ha chiarito la illegittimità degli oneri pecuniari quali il canone concessorio”. Tutto questo a 25 anni dai fatti contestati. Come detto, Palazzo Chigi in una nota fa sapere che farà ricorso e chiederà nel frattempo di sospendere il pagamento. Stando a quanto risulta al Fatto, durante il governo Draghi sarebbe stata scartata l’ipotesi di una transazione intorno ai 350 milioni per chiudere la vicenda. Adesso il conto per lo Stato è di un miliardo, soldi che andranno ad alleviare i conti del gruppo guidato da Pietro Labriola, gravato da un maxi debito da oltre 20 miliardi che obbliga a bruciare cassa ogni giorno. Se la condanna verrà confermata in Cassazione, la palla potrebbe anche passare alla Corte dei conti per possibili danni erariali. Read the full article
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senriii · 1 month
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Somos humildes siervos de los señores de la nube: bienvenidos al tecnofeudalismo.
Un nuevo capital mutante ha matado y sustituido al capitalismo: el capital en la nube. No fabrica cosas, sino que se compone de dispositivos concebidos para modificar nuestro comportamiento. Y le va de maravilla.
Yanis Varoufakis 11.02.2024
Miremos hacia donde miremos, estamos presenciando el triunfo del capital. En almacenes, fábricas, oficinas, universidades, hospitales públicos, medios de comunicación, incluso en el espacio, pero también en el microcosmos de las semillas patentadas. ¿Cómo me atrevo, entonces, a afirmar que el capitalismo ha muerto asesinado? ¿Quién lo ha matado? La respuesta es de una ironía deliciosa: el capitalismo ha muerto asesinado por su propia mano: por el capital.
Si estoy en lo cierto, lo preocupante no es lo que la Inteligencia Artificial (IA) nos vaya a hacer en el futuro, sino lo que ya ha hecho: el capital ha llegado a ser tan dominante y ha mutado en una variante tan tóxica que, como un virus estúpido, ha acabado matando a su anfitrión, el capitalismo, para sustituirlo por algo muchísimo peor.
El capital en la nube, por supuesto, no vive realmente en la nube, sino en la Tierra; reside en equipos conectados en red, granjas de servidores, torres de telefonía móvil, programas, algoritmos basados en inteligencia artificial y en el fondo de nuestros océanos, donde se extienden incontables kilómetros de cables de fibra óptica.
A diferencia de lo que ocurre con los medios de producción del capital tradicional, como los motores de vapor o los robots industriales modernos, que son medios fabricados, el capital en la nube no fabrica cosas, sino que está compuesto por dispositivos concebidos para modificar el comportamiento humano. Eso es lo que son Alexa de Amazon o el Asistente de Google: un medio de modificación del comportamiento construido precisamente para eso. Es una máquina, una pieza del capital, a la que entrenamos para que nos entrene para que la entrenemos para que ella decida qué queremos. Y, una vez decidido lo que queremos, la misma máquina nos lo vende directamente, sin pasar por los mercados.
Por si fuera poco, esa misma máquina consigue que sostengamos la enorme red de modificación del comportamiento a la que pertenece con nuestro propio esfuerzo, de forma voluntaria y gratuita. Cuando publicamos reseñas, valoramos productos o publicamos en la red vídeos, diatribas y fotos, estamos ayudando a reproducir el capital en la nube sin recibir un céntimo por nuestro trabajo. La máquina, en definitiva, nos ha convertido en siervos de la nube. Mientras tanto, en las fábricas y los almacenes, los mismos algoritmos que modifican nuestro comportamiento y nos venden productos se utilizan —normalmente, mediante dispositivos digitales en la muñeca del trabajador— para hacer que trabajen más deprisa, dirigirlos y vigilarlos minuto a minuto.
Impresiona ver de qué forma el capital en la nube consigue desempeñar cinco funciones que antes estaban fuera del alcance del capital tradicional. Capta nuestra atención. Fabrica nuestros deseos. Nos vende directamente, sin pasar por los mercados tradicionales, lo que nos ha hecho desear. Fomenta el trabajo proletario en los centros de trabajo. Y crea una ingente mano de obra gratuita (los siervos de la nube).
¿A alguien le extraña que los propietarios de este capital en la nube —llamémoslos los nubelistas— tengan un poder hasta ahora inimaginable para obtener una plusvalía gigantesca de los proletarios, un volumen incalculable de trabajo no remunerado de casi todo el mundo y, de los capitalistas vasallos, unas rentas de la nube inconcebibles? ¿Cómo no van a ser mucho más poderosos de lo que pudieron ser jamás Henry Ford o Rupert Murdoch?
“Un momento”, me dirán. “¿En qué se diferencia Jeff Bezos de Henry Ford? ¿No son todos monopolistas?”. No. Amazon.com no es una empresa capitalista monopolista. En el momento en que entramos en amazon.com hemos salido del capitalismo. Es cierto que es un sitio lleno de compradores y vendedores, así que es una enorme plataforma comercial, pero no es un mercado. El dueño de todo es un hombre llamado Jeff, que es muchísimo más que un monopolista.
Jeff no posee las fábricas en las que se producen los artículos que los capitalistas tradicionales no tienen más remedio que vender en su plataforma. Lo que sí posee es el algoritmo que decide qué productos vemos, el mismo algoritmo que nosotros hemos entrenado para que nos conozca a la perfección y nos empareje con un vendedor —al que también conoce a la perfección— de forma que cada emparejamiento tenga las máximas probabilidades de permitirle a Jeff extraer el mayor margen posible del vendedor por cada cosa que se compra: hasta el 40% de lo que pagamos.
La mente se revuelve ante una explotación de tal dimensión y tan radicalmente nueva. El mismo algoritmo que ayudamos a entrenar en tiempo real para que nos conozca de arriba abajo modifica nuestras preferencias y administra la selección y la entrega de los productos que van a satisfacer esas preferencias. Si dos personas escriben “bicicletas eléctricas” en amazon.com, obtendrán recomendaciones totalmente diferentes. Es como si, en un mercado o centro comercial tradicional, las dos personas caminasen una al lado de la otra, mirando en la misma dirección, pero viendo cosas distintas en función de lo que el algoritmo de Jeff quiere que vea cada una.
Todos los que entramos en amazon.com navegamos en un aislamiento construido por el algoritmo, como si estuviéramos en un panóptico en el que no podemos vernos unos a otros sino solo el algoritmo que todo lo ve o, para ser más exactos, lo que el algoritmo nos permite ver para sacar el máximo dividendo de la nube, la versión actual de la renta que los señores feudales cobraban por las tierras a sus vasallos y sus campesinos.
Esto no es capitalismo. Señoras y señores, bienvenidos al tecnofeudalismo.
El capitalismo, no lo olvidemos, tenía dos pilares: los mercados y los beneficios. Por supuesto, los mercados y los beneficios siguen estando omnipresentes. Pero el capital en la nube los ha desplazado del centro de nuestro sistema socioeconómico, los ha empujado hacia los márgenes y los ha reemplazado.
Los mercados, el medio en el que se desarrolla el capitalismo, se han visto sustituidos por feudos en la nube, plataformas de comercio digital como amazon.com o Alibaba que, como hemos visto, parecen mercados, pero no lo son.
¿Y los beneficios, que son el combustible del capitalismo? Pues los han sustituido sus antecesoras feudales: las rentas. En concreto, las rentas de la nube, una nueva forma de alquiler que hay que pagar por el acceso a esos feudos o plataformas digitales.
¿Cómo surgió el capital en la nube? Nació a finales de los años noventa, cuando el internet original, que era un bien común —funcionaba como una zona libre de capitalismo—, aquel internet 1.0, por así decir, cayó en manos de las grandes empresas tecnológicas que estaban naciendo, que lo privatizaron.
¿Quién pagó los billones de dólares que costó fabricar y acumular el capital de la nube con tanta rapidez en manos de unos pocos nubelistas? Lo sorprendente es que fueron, sobre todo, los bancos centrales de los países del G-7. ¿Cómo es posible? Pues por accidente, o, para ser más exactos, por culpa de la crisis.
Tras el hundimiento del sector financiero en 2008, los banqueros centrales imprimieron nada menos que 35 billones de dólares para rescatar a los bancos mientras nuestros gobiernos sometían al pueblo a duras medidas de austeridad. Los capitalistas fueron suficientemente astutos como para prever que la gente no iba a tener un céntimo y no iba a poder comprar sus productos. Así que, en lugar de invertir, llevaron el dinero del banco central a la Bolsa y a los mercados de bonos, donde compraron acciones, bonos y, de paso, yates, arte, bitcoins, NFT y cualquier “activo” que pillaron.
Los únicos capitalistas que realmente invirtieron en capital fueron los dueños de las grandes tecnológicas. Por ejemplo, nueve de cada diez dólares que se invirtieron en crear Facebook procedían de ese dinero de los bancos centrales. Así se financió el capital en la nube y así se convirtieron los nubelistas en nuestra nueva clase dirigente.
Como consecuencia, el verdadero poder hoy no lo tienen los dueños de maquinaria, edificios, ferrocarriles, compañías telefónicas o robots industriales. Estos anticuados capitalistas terrestres siguen obteniendo plusvalías del trabajo asalariado, pero ya no son los que mandan. Se han convertido en vasallos de los propietarios del capital en la nube, de los nubelistas. En cuanto a los demás, hemos vuelto a nuestra antigua condición de siervos y contribuimos a la riqueza y el poder de la nueva clase dominante con nuestro esfuerzo no remunerado, que se añade al trabajo asalariado que hacemos cuando tenemos la posibilidad.
¿Todavía no están convencidos? Ya, es difícil dejar atrás la palabra capitalismo. Los liberales no son los únicos para los que es como el agua para los peces. Los socialistas también necesitamos sentir que nuestro propósito en la vida es derrocar al capitalismo. Resulta difícil aceptar que el capital se nos ha adelantado y lo ha sustituido por algo peor. De hecho, mis amigos de izquierdas son los que más intentan disuadirme y convencerme de que sí, puede que el capital en la nube sea importante, pero “esto sigue siendo capitalismo, colega”.
Llamémoslo capitalismo rentista o capitalismo monopolista, me sugieren. Pero no es suficiente. El alquiler de la nube no es como el alquiler del suelo, porque exige una enorme inversión en nuevas tecnologías. Y tampoco son rentas procedentes de un monopolio, porque Bezos y Zuckerberg no monopolizan mercados para vender lo que fabrican (como hacían Ford y Edison), sino que han sustituido a los mercados y no están interesados en fabricar nada (a diferencia de Ford y Edison).
¿Qué tal capitalismo de vigilancia? Tampoco. Los nubelistas no se limitan a utilizar algoritmos para lavarnos el cerebro en nombre de los anunciantes en un entorno capitalista. No, el capital en la nube se reproduce gracias a nuestro trabajo gratuito, explota directamente el trabajo asalariado y exprime las rentas de la nube de los capitalistas vasallos en plataformas comerciales que no son mercados. Esto no es capitalismo, señores.
¿Pero qué pasa con la afirmación de que el tecnofeudalismo es parasitario del sector capitalista integrado en él? Es verdad. Si los capitalistas convencionales se extinguieran, los nubelistas desaparecerían, incapaces de cobrar rentas de la nube a los fabricantes. ¿Y qué? Cuando el capitalismo acabó con el feudalismo, los capitalistas pasaron a ser parásitos de los terratenientes, en el sentido de que, sin tierras privadas que produjeran alimentos, el capitalismo habría desaparecido. Ahora, el sector capitalista tradicional también alimenta el tecnofeudalismo, pero los que dominan son el capital y las rentas de la nube.
El concepto de tecnofeudalismo demuestra que el hecho de que los trabajadores del automóvil y los enfermeros se organicen, aunque sigue siendo esencial, es insuficiente. Aclara lo que va a costar movilizarse contra el cártel de los combustibles fósiles cuando nuestros medios de comunicación funcionan gracias a un capital en la nube preparado para envenenar a la opinión pública. Explica por qué el paso a los coches eléctricos ha provocado la desindustrialización de Alemania, a medida que los beneficios de la ingeniería mecánica de precisión se sustituyen por los dividendos que obtienen los propietarios del capital en la nube dedicados a observar las rutas y los hábitos de los conductores. De repente tiene mucho más sentido la decisión de Elon Musk de comprar Twitter, como interfaz entre sus acciones de capital mecánico en Tesla y SpaceX y el capital en la nube. La nueva guerra fría entre Estados Unidos y China, especialmente desde que empezó la guerra de Ucrania, se explica como la repercusión de un enfrentamiento de fondo entre dos tecnofeudalismos con rentas de la nube, uno en dólares y el otro en yuanes.
¿No es alucinante? Todos esos avances científicos increíbles, esas fantásticas redes neuronales y esos programas de inteligencia artificial inimaginables, ¿para conseguir qué? Para crear un mundo en el que, mientras la privatización y el capital de riesgo vacían nuestro entorno de toda la riqueza física, el capital en la nube se dedica a vaciar nuestros cerebros. Para que podamos ser dueños individuales de nuestra mente, debemos ser dueños colectivos del capital en la nube. Cuando hayamos recuperado nuestra mente, podremos trabajar todos unidos para encontrar la manera de crear un nuevo capital común en la nube. Será rematadamente difícil, pero es la única forma de conseguir que nuestros artefactos basados en la nube dejen de ser un medio fabricado para modificar el comportamiento y se conviertan en un medio para la colaboración y la emancipación humanas.
Siervos de las nubes, proletarios de las nubes y vasallos de las nubes del mundo, ¡uníos! No tenemos nada que perder, salvo nuestras cadenas mentales.
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leiabomsenso · 2 months
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O argumento a favor da liberdade não é um argumento contra a organização, […], mas um argumento contra toda organização exclusiva, privilegiada e monopolista; contra o uso da coerção.
Friedrich Hayek
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cchiroquesblog · 2 months
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Por Yanis Varoufakis*- El País
*Un nuevo capital mutante ha matado y sustituido al capitalismo: el capital en la nube*
. No fabrican cosas, sino que se componen de dispositivos concebidos para modificar nuestro comportamiento. Y le va de maravilla
Miremos hacia donde miremos, estamos presenciando el triunfo del capital. En almacenes, fábricas, oficinas, universidades, hospitales públicos, medios de comunicación, incluso en el espacio, pero también en el microcosmos de las semillas patentadas . ¿Cómo me atrevo, entonces, a afirmar que el capitalismo ha muerto asesinado? ¿Quién lo ha matado? La respuesta es de una ironía deliciosa: el capitalismo ha muerto por su propia mano: por el capital.
Si estoy en lo cierto, lo preocupante no es lo que la Inteligencia Artificial (IA) nos vaya a hacer en el futuro, sino lo que ya ha hecho: el capital ha llegado a ser tan dominante y ha mutado en una variante tan tóxica que , como un virus estúpido, ha acabado matando a su anfitrión, el capitalismo, para sustituirlo por algo muchísimo peor.
Este nuevo capital mutante que ha matado al capitalismo vive en la famosa nube , así que llamémoslo capital en la nube.
El capital en la nube, por supuesto, no vive realmente en la nube, sino en la Tierra; residen en equipos conectados en red, granjas de servidores, torres de telefonía móvil, programas, algoritmos basados ​​en inteligencia artificial y en el fondo de nuestros océanos, donde se extienden incontables kilómetros de cables de fibra .
A diferencia de lo que ocurre con los medios de producción del capital tradicional, como los motores de vapor o los robots industriales modernos, que son medios fabricados, el capital en la nube no fabrica cosas, sino que está compuesto por dispositivos concebidos para modificar el comportamiento humano. Eso es lo que son Alexa de Amazon o el Asistente de Google : un medio de modificación del comportamiento construido precisamente para eso. Es una máquina, una pieza del capital, a la que entrenamos para que nos entrene para que la entrenemos para que ella decida qué queremos. Y, una vez decidido lo que queremos, la misma máquina nos lo vende directamente, sin pasar por los mercados.
Por si fuera poco, esa misma máquina consigue que sostengamos la enorme red de modificación del comportamiento a la que pertenece con nuestro propio esfuerzo, de forma voluntaria y gratuita. Cuando publicamos reseñas, valoramos productos o publicamos en la red vídeos, diatribas y fotos , estamos ayudando a reproducir el capital en la nube sin recibir un céntimo por nuestro trabajo. La máquina, en definitiva, nos ha convertido en siervos de la nube. Mientras tanto, en las fábricas y los almacenes, los mismos algoritmos que modifican nuestro comportamiento y nos venden productos se utilizan —normalmente, mediante dispositivos digitales en la muñeca del trabajador— para hacer que trabajen más deprisa, dirigirlos y vigilarlos minuto a minuto .
Impresiona ver de qué forma el capital en la nube consigue desempeñar cinco funciones que antes estaban fuera del alcance del capital tradicional. Capta nuestra atención . Fabrica nuestros deseos. Nos vendemos directamente, sin pasar por los mercados tradicionales, lo que nos ha hecho desear. Fomenta el trabajo proletario en los centros de trabajo. Y crea una ingeniosa mano de obra gratuita (los siervos de la nube).
¿A alguien le extraña que los propietarios de este capital en la nube —llamémoslos los nubelistas— tengan un poder hasta ahora inimaginable para obtener una plusvalía gigantesca de los proletarios, un volumen incalculable de trabajo no remunerado de casi todo el mundo y, de los capitalistas vasallos, unas rentas de la nube inconcebibles? ¿Cómo no van a ser muchos más poderosos de lo que pudieron ser jamás Henry Ford o Rupert Murdoch ?
“Un momento”, me dirán. “¿En qué se diferencia Jeff Bezos de Henry Ford? ¿No son todos monopolistas?”. No. Amazon.com no es una empresa capitalista monopolista. En el momento en que entramos en amazon.com hemos salido del capitalismo. Es cierto que es un sitio lleno de compradores y vendedores, así que es una enorme plataforma comercial , pero no es un mercado. El dueño de todo es un hombre llamado Jeff , que es muchísimo más que un monopolista.
Jeff no posee las fábricas en las que se producen los artículos que los capitalistas tradicionales no tienen más remedio que vender en su plataforma. Lo que sí posee es el algoritmo que decide qué productos vemos, el mismo algoritmo que nosotros hemos entrenado para que nos conozca a la perfección y nos empareje con un vendedor —al que también conoce a la perfección— de forma que cada emparejamiento tenga las máximas. probabilidades de permitirle a Jeff extraer el mayor margen posible del vendedor por cada cosa que se compra: hasta el 40% de lo que pagamos.
La mente se revuelve ante una explotación de tal dimensión y tan radicalmente nueva . El mismo algoritmo que ayudamos a entrenar en tiempo real para que nos conozcan de arriba abajo modifica nuestras preferencias y administra la selección y la entrega de los productos que van a satisfacer esas preferencias. Si dos personas escriben “bicicletas eléctricas” en amazon.com , obtendrán recomendaciones totalmente diferentes. Es como si, en un mercado o centro comercial tradicional , las dos personas caminan una al lado de la otra, mirando en la misma dirección, pero viendo cosas distintas en función de lo que el algoritmo de Jeff quiere que vea cada una.
Todos los que entramos en amazon.com navegamos en un aislamiento construido por el algoritmo, como si estuviéramos en un panóptico en el que no podemos vernos unos a otros sino solo el algoritmo que todo lo ve o, para ser más exactos, lo que el El algoritmo nos permite ver para sacar el máximo dividendo de la nube, la versión actual de la renta que los señores feudales cobraban por las tierras a sus vasallos y sus campesinos.
Esto no es capitalismo. Señoras y señores, bienvenidos al tecnofeudalismo.
El capitalismo, no lo olvidemos, tenía dos pilares: los mercados y los beneficios . Por supuesto, los mercados y los beneficios siguen estando omnipresentes. Pero el capital en la nube los ha desplazado del centro de nuestro sistema socioeconómico, los ha empujado hacia los márgenes y los ha reemplazado.
Los mercados, el medio en el que se desarrolla el capitalismo, se han visto sustituidos por feudos en la nube, plataformas de comercio digital como amazon.com o Alibaba que, como hemos visto, parecen mercados, pero no lo son.
¿Y los beneficios, que son el combustible del capitalismo? Pues los han sustituido sus antecesoras feudales: las rentas. En concreto, las rentas de la nube, una nueva forma de alquiler que hay que pagar por el acceso a esos feudos o plataformas digitales.
¿Cómo surgió el capital en la nube? Nació a finales de los años noventa, cuando el internet original, que era un bien común —funcionaba como una zona libre de capitalismo— , aquel internet 1.0, por así decir, cayó en manos de las grandes empresas tecnológicas que estaban naciendo, que lo privatizaron.
¿Quién pagó los billones de dólares que costó fabricar y acumular el capital de la nube con tanta rapidez en manos de unos pocos nubelistas? Lo sorprendente es que fueron, sobre todo, los bancos centrales de los países del G-7. ¿Cómo es posible? Pues por accidente, o, para ser más exactos, por culpa de la crisis.
Tras el hundimiento del sector financiero en 2008 , los banqueros centrales imprimieron nada menos que 35 billones de dólares para rescatar a los bancos mientras nuestros gobiernos sometían al pueblo a duras medidas de austeridad. Los capitalistas eran suficientemente astutos como para prever que la gente no iba a tener un céntimo y no iba a poder comprar sus productos. Así que, en lugar de invertir, llevaron el dinero del banco central a la Bolsa ya los mercados de bonos, donde compraron acciones, bonos y, de paso, yates, arte, bitcoins, NFT y cualquier “activo” que pillaron.
Los únicos capitalistas que realmente invirtieron en capital fueron los dueños de las grandes tecnológicas . Por ejemplo, nueve de cada diez dólares que se invirtieron en crear Facebook procedían de ese dinero de los bancos centrales. Así se financió el capital en la nube y así se convirtieron los nubelistas en nuestra nueva clase dirigente.
Como consecuencia, el verdadero poder hoy no lo tienen los dueños de maquinaria, edificios, ferrocarriles, compañías telefónicas o robots industriales. Estos anticuados capitalistas terrestres siguen obteniendo plusvalías del trabajo asalariado, pero ya no son los que mandan . Se han convertido en vasallos de los propietarios del capital en la nube, de los nubelistas. En cuanto a los demás, hemos vuelto a nuestra antigua condición de siervos y contribuimos a la riqueza y el poder de la nueva clase dominante con nuestro esfuerzo no remunerado, que se añade al trabajo asalariado que hacemos cuando tenemos la posibilidad .
¿Todavía no están convencidos? Ya, es difícil dejar atrás la palabra capitalismo. Los liberales no son los únicos para los que es como el agua para los peces. Los socialistas también necesitamos sentir que nuestro propósito en la vida es derrocar al capitalismo . Resulta difícil aceptar que el capital se nos ha adelantado y lo ha sustituido por algo peor. De hecho, mis amigos de izquierdas son los que más intentan disuadirme y convencerme de que sí, puede que el capital en la nube sea importante, pero “esto sigue siendo capitalismo, colega”.
Amazon está lleno de compradores y vendedores, pero no es un mercado, el dueño de todo es Jeff Bezos.
Llamémoslo capitalismo rentista o capitalismo monopolista, me sugiere. Pero no es suficiente. El alquiler de la nube no es como el alquiler del suelo , porque exige una enorme inversión en nuevas tecnologías. Y tampoco son rentas procedentes de un monopolio, porque Bezos y Zuckerberg no monopolizan mercados para vender lo que fabrican (como hacían Ford y Edison), sino que han sustituido a los mercados y no están interesados ​​en fabricar nada (a diferencia de Ford y Edison). ).
¿ Qué tal capitalismo de vigilancia ? Tampoco. Los nubelistas no se limitan a utilizar algoritmos para lavarnos el cerebro en nombre de los anunciantes en un entorno capitalista. No, el capital en la nube se reproduce gracias a nuestro trabajo gratuito, explota directamente el trabajo asalariado y exprime las rentas de la nube de los capitalistas vasallos en plataformas comerciales que no son mercados. Esto no es capitalismo, señores.
¿Pero qué pasa con la afirmación de que el tecnofeudalismo es parasitario del sector capitalista integrado en él? Es verdad. Si los capitalistas convencionales se extinguieran, los nubelistas desaparecerían, incapaces de cobrar rentas de la nube a los fabricantes. ¿Y qué? Cuando el capitalismo acabó con el feudalismo, los capitalistas pasaron a ser parásitos de los terratenientes, en el sentido de que, sin tierras privadas que produjeran alimentos, el capitalismo habría desaparecido. Ahora, el sector capitalista tradicional también alimenta el tecnofeudalismo, pero los que dominan son el capital y las rentas de la nube.
El concepto de tecnofeudalismo demuestra que el hecho de que los trabajadores del automóvil y los enfermeros se organicen , aunque sigue siendo esencial, es insuficiente. Aclara lo que va a costar movilizarse contra el cártel de los combustibles fósiles cuando nuestros medios de comunicación funcionan gracias a un capital en la nube preparado para envenenar a la opinión pública. Explica por qué el paso a los coches eléctricos ha provocado la desindustrialización de Alemania , a medida que los beneficios de la ingeniería mecánica de precisión se sustituyen por los dividendos que obtienen los propietarios del capital en la nube dedicadas a observar las rutas y los hábitos de los conductores. De repente tiene mucho más sentido la decisión de Elon Musk de comprar Twitter , como interfaz entre sus acciones de capital mecánico en Tesla y SpaceX y el capital en la nube. La nueva guerra fría entre Estados Unidos y China, especialmente desde que comenzó la guerra de Ucrania, se explica como la repercusión de un enfrentamiento de fondo entre dos tecnofeudalismos con rentas de la nube, uno en dólares y el otro en yuanes.
¿No es alucinante? Todos esos avances científicos increíbles, esas fantásticas redes neuronales y esos programas de inteligencia artificial inimaginables , ¿para conseguir qué? Para crear un mundo en el que, mientras la privatización y el capital de riesgo vacían nuestro entorno de toda la riqueza física , el capital en la nube se dedica a vaciar nuestros cerebros . Para que podamos ser dueños individuales de nuestra mente, debemos ser dueños colectivos del capital en la nube. Cuando hayamos recuperado nuestra mente, podremos trabajar todos unidos para encontrar la manera de crear un nuevo capital común en la nube. Será rematadamente difícil, pero es la única forma de conseguir que nuestros artefactos basados ​​en la nube dejen de ser un medio fabricado para modificar el comportamiento y se conviertan en un medio para la colaboración y la emancipación humanas.
Siervos de las nubes, proletarios de las nubes y vasallos de las nubes del mundo, ¡uníos! No tenemos nada que perder, salva nuestras cadenas mentales.
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*Yanis Varoufakis (Falero, Grecia, 1961) es economista, ensayista, activista y político. Fue Ministro de Finanzas en Grecia y es cofundador junto a Bernie Sanders de la Internacional Progresista (IP). Este es un texto escrito por él para 'Ideas' al hilo del lanzamiento de su último libro, Tecnofeudalismo. El sigiloso sucesor del capitalismo, de Deusto, que se publica el próximo 14 de febrero. Traducción de María Lu
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