Tumgik
#natale del male
exterminate-ak · 1 year
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✨ CI SIAMO! ✨
È giunto il momento del #repost più triste (per ora) dell’anno. piangete in pace, come il vecchio rossovestito.
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(post su Facebook di Daniel Cuello)
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buscandoelparaiso · 2 years
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ho appena rivisto questo:
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yomersapiens · 5 months
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Ratti auguri di buon Rattale!
A Vienna si calcola esistano una cosa come tre milioni di ratti che vivono nel sottosuolo della città. C'è un tour che ti fa esplorare le complesse linee fognarie dove ti raccontano di tutti questi ratti che girano. Tre milioni di ratti sono quasi due ratti a testa per ogni abitante della città. Quindi, in un mondo perfetto, questo Natale in casa saremmo in quattro: io, Ernesto e due ratti. I due ratti durerebbero poco. Uno Ernesto se lo mangerebbe in un secondo. L'altro lo difenderei a spada tratta e diventerebbe il mio alleato eterno e lo chiamerei Ratteo, così, per avere un essere vivente a cui tramandare quello che ho imparato durante la mia esistenza.
Ho deciso di passare il Natale lontano dall'Italia perché negli ultimi mesi sono stato troppo in giro e mi stavo dimenticando di uno dei valori principali su cui è fondata la mia stabilità: la solitudine. Ho fatto in modo di andare a cena da mio fratello molto molto presto, per essere in grado di finire prestissimo e tornare a casa quando il resto delle famiglie si stanno sedendo a tavola. È stupenda Vienna quando in giro non c'è anima viva. O per meglio dire, quando in giro ci siamo solo noi immigrati, senza famiglia, senza nessuno. No ok io ho un gatto e un ratto a cui sto insegnando tutto di me e che spero un giorno prenda il mio posto nella società. Lo vestirei con i miei stessi abiti. Forse gli farei pure gli stessi tatuaggi.
Vienna di per sé non è mai troppo affollata, c'è da dire. Ma vederla ancora più deserta del solito è rinvigorente. La solitudine che tanto mi manca è ovunque. Il bus si muoveva sinuoso tra le strade senza l'ombra di una macchina in movimento. I semafori lampeggiavano sincronizzati con le luci degli alberi negli appartamenti di chi non vedeva l'ora di festeggiare. Tante lingue diverse. Del tedesco neanche una lontana eco. Prima di rientrare sono passato dal supermercato turco, loro sono sempre aperti. Ecco un altro pilastro della mia stabilità. Due ragazzini prima di me stavano comprando quella che penso fosse la loro cena natalizia. Una confezione di pane da toast, del formaggio già tagliato a fette, del prosciutto, qualche sacco di patatine e una marea di coca zero. Quanto li ho invidiati. Non dovevano essere di qua, intendo abitanti della zona. Avevano l'aspetto dei turisti. Erano giovani, vestiti male, capelli orrendi, con pochissimi soldi ma stavano avendo la serata che vorrei tanto aver avuto io con te. In una città di cui non sappiamo niente, in un momento in cui tutti si ricongiungono con i familiari, noi, andare via da tutto e avere tutto quello che ci serve tra i filamenti del formaggio sciolto del toast. Unica differenza, lo si farebbe senza prosciutto, che lo diamo a Ernesto e Ratteo.
Quando ottieni quello che hai sempre voluto è il momento in cui ti rendi conto di quanto era bello semplicemente desiderare, senza le responsabilità che derivano dall'ottenere. La felicità è un atto di responsabilità e va difesa. Devi lavorare ancora più di prima per mantenerla. Consuma un sacco. Ha sempre fame. Ci mette un attimo ad ammalarsi e deperire e mutare e non appena diventa anche solo di un gradiente meno luminosa ecco che pensi di averla persa. Sono successe tante cose in questo anno terribile che mi hanno reso felice e solo dire la parola "felice" mi fa sentire sporco perché quella voce che costantemente urla in testa "tu non meriti di essere felice!!!" non è che ha smesso di urlare eh, continua a farlo, ma vedendo che un pochino io sono sereno ha fatto il broncio, incrociato le braccia, sbattuto forte i piedi per terra e si è andata a mettere in un angolo del cranio a escogitare un piano per farmela pagare.
Ho lavorato tanto in questi anni e neanche me ne sono reso conto. Tutte le volte che venivo qua a scrivere mi stavo preparando per fare qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Non ho la forza ahimè, per raccontare la mia storia a tutti, ancora, cosa che dovrei fare dato che devo andare in giro e promuovere la mia carriera di autore e spiegare pure tutte le altre attività che svolgo e cercare di sembrare interessante e intelligente e sagace e invece sono solo a pezzi e la socialità mi esaurisce.
Questo Natale lo sto passando come John McClane. Decisamente lurido e unto, senza scarpe, con un gran mal di testa, chiuso nel condotto di areazione mentre scappo da tutti. Mi farei portare di tanto in tanto qualche biscottino da Ratteo ma poi come cacchio riesco a strisciare fuori da qua dentro. La mia pancia ha raggiunto livelli che mai avrei pensato potesse raggiungere e il bello è che non mi interessa minimamente. Solo quando mi allaccio le scarpe dai, lì un po' intralcia. Non mi interessa perché sono entrato nei quaranta e finalmente "ho dato". Posso dirlo con fierezza. Ho dato. Ora tocca a qualcun altro darsi da fare ed essere bello e atletico e magro e muscoloso e pieno di talento io, ho dato. C'ho provato. Ha funzionato per un frangente e poi ha smesso e ho passato anni a cercare di rimanere come nei miei ricordi finché non mi sono reso conto che ero rimasto fermo. Bloccato. E non nel sistema di areazione come questa notte.
Ernesto non è più abituato a guardarmi scrivere, in effetti sono passati parecchi mesi. Non riuscivo più ad avvicinarmi a una tastiera se non per piccoli frangenti di tempo. Per rispondere a delle mail o per digitare nel motore di ricerca la categoria con la quale mi piacerebbe masturbarmi. Ernesto mi ha attaccato un piede, segnale che non accetta io sia distratto e che non lo stia degnando delle attenzioni che ritiene di meritare e meno male che non mi stavo adoperando per masturbarmi altrimenti sai che dolore se mi avesse addentato altro. Tipo il piccolo Ratteo che ho tra le gambe e che, nonostante la pancia sia cresciuta, resta sempre delle stesse dimensioni contenute.
Lo psicologo l'altro giorno mi ha chiesto cosa vorrei fare se scoprissi che in sei mesi tutto sarebbe finito. Gli ho chiesto cosa intendesse con tutto. Ha risposto tutto. Tu, il mondo. L'umanità: tutto. Anche la mia famiglia? Sì, anche la tua famiglia. No aspetta ma quindi anche mio nipote? Sì, anche tuo nipote. Cercherei di salvare la mia famiglia. Ha detto che non potrei farci nulla. Allora ho detto che andrei per strada e urlerei a tutti che il mondo sta per finire e che mancano solamente sei mesi anche se poi sembrerei uno di quei pazzi che urlano che siamo fottuti con un cartello scritto male e un cappello di stagnola e che quando li becchi mica gli dai retta, pensi che siano pazzi e torni a casa e te ne dimentichi mentre cerchi qualcosa di nuovo con qui masturbarti. Mi ha detto che non posso dirlo a nessuno, che sono l'unico ad essere informato e devo tenermelo per me. Allora ho pensato davvero a cosa avrei voluto fare, ma c'era un'altra domanda da porgli. Dovrei continuare a prendere farmaci oppure sarei senza la mia malattia? Ci ha riflettuto un attimo e poi mi ha fatto un grande dono. Saresti senza. Allora ho elencato tutti i posti che vorrei vedere e le cose che vorrei fare e il Giappone e nuotare con le balene e i cibi che vorrei mangiare e le droghe che vorrei provare per poi finire dicendo che un mese lo vorrei passare abbracciato a mio nipote, che non capirebbe e anzi, probabilmente mi caccerebbe via dicendo "zio Pattejo coza fuoiii" però a me andrebbe bene lo stesso. Voi cosa fareste, se rimanessero solo sei mesi?
Mi mancava la solitudine e sentirmi solo e parlare da solo e scrivere in questa condizione di silenzio totale. Nel palazzo di fronte non c'è nessuna luce accesa. Forse sono tutti usciti per cena o forse sono tutti rientrati nei loro paesi di appartenenza. Se ancora sono a Vienna è per questo motivo, da nessuna altra parte del pianeta riesci a sentirti così solo come qua. Per questo poi ti affidano due ratti.
Ernesto si è appallottolato sul divano. Ratteo si è addormentato sulla mia spalla. Spengo le luci, apro i regali che mi sono fatto e aspetto sia domani. È un Natale bellissimo ma sarà ancora più bello quando potremo farci dei toast insieme e raccontarci cosa ci ha insegnato il silenzio.
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mikaelarebel · 6 months
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Gli addii sono addii. Niente auguri di Natale, Capodanno, Pasqua. Niente auguri di buon compleanno o buon onomastico.
Niente scambi di sguardi, niente "Che fai?", "Come stai?" o messaggi mandati a caso facendo finta di aver sbagliato mittente.
Niente chiamate col privato per ascoltarne la voce. Eliminare ogni traccia, è questo un addio. Non seguire più una persona su Facebook, non spiare il suo profilo e i contatti con le sue amiche, non controllare il suo ultimo accesso su Whatsapp o ancora meglio, cancellare il numero. Gli addii devono essere tali e non "Arrivederci" è inutile chiudere la porta e lasciare la chiave sotto il tappeto, serve solo a farci del male.
Web
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Gaby Del Valle at Politico Magazine:
The threat, we are told here this weekend, is existential, biological, epoch-defining. Economies will fail, civilizations will fall, and it will all happen because people aren’t having enough babies.
“The entire global financial system, the value of your money, and every asset you might buy with money is defined by leverage, which means its value depends on growth,” Kevin Dolan, a 37-year-old father of six from Virginia, tells the crowd that has gathered to hear him speak. “Every country in the developed world and most countries in the developing world face long-term population decline at a level that makes growth impossible to maintain,” Dolan says, “which means we are sitting on the bubble of all bubbles.” Despite this grim prognosis, the mood is optimistic. It’s early December, a few weeks before Christmas, and the hundred-odd people who have flocked to Austin for the first Natal Conference are here to come up with solutions. Though relatively small, as conferences go, NatalCon has attracted attendees who are almost intensely dedicated to the cause of raising the U.S. birth rate. The broader natalist movement has been gaining momentum lately in conservative circles — where anxieties over falling birth rates have converged with fears of rising immigration — and counts Elon Musk, who has nearly a dozen children, and Hungarian prime minister Viktor Orbán among its proponents. Natalism is often about more than raising birth rates, though that is certainly one of its aims; for many in the room, the ultimate goal is a total social overhaul, a culture in which child-rearing is paramount.
NatalCon’s emphasis on childbirth notwithstanding, there are very few women in the cavernous conference room of the LINE Hotel. The mostly male audience includes people of all ages, many of whom are childless themselves. Some of the women in attendance, however, have come to Austin with their children in tow — a visual representation of the desired outcome of this weekend. As if to emphasize the reason we’re all gathered here today, a baby babbles in the background while Dolan delivers his opening remarks.
Broadly speaking, the people who have paid as much as $1,000 to attend the conference are members of the New Right, a conglomeration of people in the populist wing of the conservative movement who believe we need seismic changes to the way we live now — and who often see the past as the best model for the future they’d like to build. Their ideology, such as it exists, is far from cohesive, and factions of the New Right are frequently in disagreement. But this weekend, these roughly aligned groups, from the libertarian-adjacent tech types to the Heritage Foundation staffers, along with some who likely have no connection with traditionally conservative or far-right causes at all, have found a unifying cause in natalism. At first glance, this conference might look like something new: A case for having kids that is rooted in a critique of the market-driven forces that shape our lives and the shifts that have made our culture less family-oriented. As Dolan later tells me in an email, declining birth rates are primarily the fault of “default middle-class ‘life path’ offered by our educational system and corporate employers,” which Dolan says is “in obvious competition with starting a family.” These systems, he believes, have created a consumer-driven, hedonistic society that requires its members to be slavishly devoted to their office jobs, often at the expense of starting a family.
But over the course of the conference, the seemingly novel arguments for having children fade and give way to a different set of concerns. Throughout the day, speakers and participants hint at the other aspects of modern life that worried them about future generations in the U.S. and other parts of the West: divorce, gender integration, “wokeness,” declining genetic “quality.” Many of the speakers and attendees see natalism as a way of reversing these changes. As the speakers chart their roadmaps for raising birth rates, it becomes evident that for the most dedicated of them, the mission is to build an army of like-minded people, starting with their own children, who will reject a whole host of changes wrought by liberal democracy and who, perhaps one day, will amount to a population large enough to effect more lasting change. This conference suggests there’s a simple way around the problem of majority rule: breeding a new majority — one that looks and sounds just like them.
In recent years, various factions of the old and the new right have coalesced around the idea that babies might be the cure for everything that’s wrong with society, in the United States and other parts of the developed West. It’s not a new argument. Natalists made similar claims in the early 20th century, when urbanization drove birth rates down and European immigration kept the U.S. population afloat. Then, too, people attributed the drop in fertility rates to endemic selfishness among young people.
Throughout it all, some religious conservative cultures have continued to see raising large broods as a divine mandate. White supremacists, meanwhile, have framed their project as a way of ensuring “a future for white children,” as declared by David Lane, a founding member of the white nationalist group The Order. More recently, natalist thinking has emerged among tech types interested in funding and using experimental reproductive technologies, and conservatives concerned about falling fertility rates and what they might mean for the future labor force of the United States and elsewhere in the developed world. The conservative think tanks the Center for Renewing America and the Heritage Foundation — the latter of which was represented at NatalCon — have proposed policies for a potential second Trump administration that would promote having children and raising them in nuclear families, including limiting access to contraceptives, banning no-fault divorce and ending policies that subsidize “single-motherhood.”
[...]
The speakers who lay out this bleak state of affairs are a motley crew of the extremely online right, many of whom go by their X (the website formerly called Twitter) handles rather than their names. Via Zoom, anonymous Twitter user Raw Egg Nationalist warns us about endocrine disruptors in everything from perfume to bottled water. Ben Braddock, an editor at the conservative magazine IM-1776, claims that antidepressants and birth control pills have permanent, detrimental effects on women’s fertility. Together, the speakers paint a dire picture of a society that has lost its way, abandoning fundamental biological truths and dooming itself to annihilation in the process. The solution, of course, is to have more babies. Peachy Keenan, a pseudonymous writer affiliated with the conservative Claremont Institute, urges attendees to “seize the means of reproduction” — as in, to out-breed liberals, who are already hobbling their movement by choosing to have just a couple children, or none at all. “We can use their visceral hatred of big families to our advantage,” Keenan says. “The other side is not reproducing; the anti-natalists are sterilizing themselves.”
Here lies the project, spelled out in detail: The people who disagree have bloodlines that are slowly going to die out. To speed up that process — to have this particular strain of conservative natalist ideology become dominant quickly in the United States — everyone in this room has to have more kids, and fast. But it’s only when the speakers get to who should have babies and how they should raise them that their deeper concerns, and the larger anxieties behind this conference, become clear. The goal, as put by Indian Bronson, the pseudonymous co-founder of the elite matchmaking service Keeper, is “more, better people.” But the speakers lack consensus on the meaning of the word “better,” as they do on the subject of using technology to encourage the best and brightest among us to breed.
Keenan, who has previously celebrated her sense that it is now acceptable to say “white genocide is real,” says better means conservative. Pat Fagan, the director of the Marriage and Religion Institute at the Catholic University of America, says good children are the product of stable, two-parent Christian households, away from the corrupting influences of public school and sex ed. (Christian couples, he adds, have “the best, most orgasmic sex,” citing no research or surveys to support this.) To protect these households, we must abolish no-fault divorce, declares Brit Benjamin, a lawyer with waist-length curly red hair. (Until relatively recently, Benjamin was married to Patri Friedman — grandson of economist Milton Friedman — the founder of the Seasteading Institute, a Peter Thiel-backed effort to build new libertarian enclaves at sea.) And to ensure that these children grow up to be adults who understand their proper place in both the family and the larger social order, we need to oust women from the workforce and reinstitute male-only spaces “where women are disadvantaged as a result,” shampoo magnate and aspiring warlord Charles Haywood says, prompting cheers from the men in the audience.
The far-right natalist movement's goals are to cause a population explosion of people who think like them.
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mermaidemilystuff · 5 months
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Inutile, questa infinita tristezza non mi fa dormire. Mi vibra il telefono e mi chiedo, quasi felice, chi sia che mi cerca a quest'ora. Iliad.
Dicembre dovrebbe essere un mese bellissimo: il mio compleanno e Natale. Dicembre ogni anno che passa è sempre e solo più pesante del precedente.
Quest'anno ho ricevuto, se possibile, meno auguri del solito. Quest'anno per Natale ero sorpresissima di avere anche io un pacchetto da scartare.
Natale è famiglia e amici e io non credo di avere più né una nell'altro da tempo. Il calore di una famiglia non so più cosa sia, avere persone con cui passare un poco di tempo, distrarsi e fare due chiacchiere non so più cosa sia.
Solitudine è la parola che mi porto dietro ogni giorno e che a dicembre si fa ingombrante. Ogni dicembre che passa sempre di più.
Dicembre, il mio compleanno e Natale mi sono stati tolti che ero poco più che una bambina e lì credo di essere rimasta, come se aspettassi di rimediare a tutti questi anni. Ogni anno a dicembre divento bimba e mi faccio un male enorme, sperando e aspettando il successivo.
Oh oh oh, buon Natale piccola emi. Un giorno a dicembre ti tornerà il sorriso e passerai le feste che meriti. E sarai felice ❤️
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chouncazzodicasino · 5 months
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Amavo il Natale da piccola. Ricordo perfettamente la vigilia, la strada per arrivare a casa di nonna con una Roma notturna che mi affascinava tanto, soprattutto passare sopra Corso Francia illuminato con quelle luci gialle, io lo chiamavo il ponte di nonno. Arrivare a casa e trovarla sempre perfetta con le sue decorazioni elegantissime in ogni angolo, il presepe con decisamente troppe pecore e il terreno fatto di ceci e lenticchie, le tante candele rosse sparse per casa (sì, una volta sono venuti i pompieri), i rami di eucalipto rosso, i fazzoletti ricamati a tema natalizio, il vassoio gigante degli antipasti con pomodorini, mozzarelline, carciofini, cipolline, olive e salamini tutto rigorosamente disposto in fasce precisissime, il pandoro con la candela sopra, il Mont blanc enorme e il dolce della castagna, noi tanti cugini che dopo cena andavamo ad addormentarci tutti accalcati sui divani di velluto mentre i grandi facevano la cioccolata (o in realtà preparavano i regali) e chi voleva andava a messa. Al loro ritorno si mangiavano i dolci e poi i regali. Scatola grande "aaah questi sono calzini!" e scatola piccola "finalmente delle scarpe", classica battuta degli zii o che adesso faccio io. Era molto bello.
Poi una grande fase di Natali divisi per due nuclei familiari, ma sempre belli bene o male. Vigilia con papà e nonna poi la mattina del 25 in macchina per scendere dagli zii e da mamma.
Da un po' di tempo abbiamo ricominciato a fare il Natale uniti. La famiglia allargata. I primi istanti non senza un pochino di imbarazzo ma per fortuna il ruolo di giullare mi riesce benissimo e devo dire ha aiutato tanto in quei momenti. In questi ultimi anni per me l'unica vera cosa che significa Natale è passare queste giornate con mia nonna. È l'unica cosa che mi preme. L'unica cosa per cui mi impunto.
Lo scorso Natale l'ho passato a casa col covid. Piangendo. Non per il covid, ma perché avevo infettato tanti miei amici ad una cena qualche giorno prima, rovinando il loro Natale e quello delle loro famiglie. Gli unici due giorni senza olfatto e gusto sono stati 24 e 25, come beffa del menù godurioso, credo. Col senno di poi ci rido e ci ridiamo sopra, soprattutto perché mi sono beccata il soprannome di Cavallo di Troia.
Quest'anno non sento il Natale ma non me ne dispiaccio. Nelle ultime 48 ore si sono susseguite una serie di notizie e cambiamenti di programma per cause di forza maggiore che all'ultima ho reagito ridendo. Si naviga a vista. Io, alla fin fine, vorrei solo mantenere la certezza del vedere nonna, controllare se il presepe ha sempre troppe pecore e il terreno fatto di ceci e lenticchie anche se adesso non lo fa più lei, portarle dei rami di eucalipto rosso, accendere tante candele rosse in giro per la casa, farla ridere e farle assaggiare il dolce della castagna.
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l-incantatrice · 2 months
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La scuola di Pioltello,di cui le cronache si sono occupate nei giorni scorsi,ha deciso di sospendere le attività il 10 aprile,giorno di fine del Ramadan. Il collegio docenti all’unanimità (!) ha votato la proposta del consiglio di istituto per la chiusura. La motivazione è stata che quel giorno sarebbero assenti la metà degli studenti. E allora? I ragazzi fanno assenze durante l’anno scolastico. Quando ci sono le epidemie influenzali in ogni classe più di un terzo sono a casa malati. Ora non basta più non fare presepi a Natale,alberi addobbati o mercatini per non offendere chi non è cristiano; ora si chiude la scuola per le festività religiose di altre fedi. Che poi in realtà si tratta solo della fede islamica,mentre per altre religioni non è così. A questo punto però gli studenti che non sono cristiani,durante le feste di Natale e Pasqua, dovrebbero andare a scuola e non stare a casa in vacanza.
Meno male che la scuola dovrebbe essere laica
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swingtoscano · 1 year
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Sarebbe bello se tu mi amassi. Se tu mi chiamassi tra tre minuti esatti. Se ti arrabbiassi a vedermi parlare con un altro. Se ti preoccupassi quando fuori è buio e io non sono ancora tornata a casa. Se ti sfogassi con me. Se mi regalassi un libro. Se mi scrivessi una lettera. Se tu volessi andare a fare l’amore in macchina, stasera. Se mi aspettassi sotto casa ogni domenica. Se tu mi amassi. Se ti piacessero i miei capelli. Se mi prendessi in giro per la mia voce da bambina. Se piangendo mi confessassi cosa non smetterà mai di farti male. Se fossi l’unica di cui ti fidi davvero. Se potessimo mangiare un gelato insieme sul letto. Se potessimo ubriacarci insieme. Se potessimo fare un figlio, o anche due, o magari tre. Se ci prendessimo un cane e un gatto o tutti e due. Se tu mi amassi. Se i miei occhi ti incantassero. Se la voglia del mio corpo ti tenesse sveglio. Se tu volessi baciarmi ORA. Se tu volessi cenare con me. Se tu volessi svegliarti con me. Se tu volessi prendere un aereo con me, un treno con me. Se tu volessi camminare accanto a me. Se tu volessi baciarmi a Natale. Se tu volessi baciarmi l’8 di ottobre, il 5 di dicembre, il 6 di febbraio, il 12 di agosto. Se tu volessi baciarmi sempre. Se fossi la più piccola, la più fragile e la più dolce per te. Se fossi la più grande, la più incantevole, la più forte per te. Se ti stessi simpatica. Se tu ridessi pensando a me. Se capissi il mio passato. Se potessimo andare in America. Se potessimo andare in Australia. Se potessimo restare in casa. Se ti piacessero le mie ciglia. Se ti piacessero le mie gambe. Se ti piacesse quello che scrivo. Se ti piacesse quello che dico. Se ti piacesse quello che non dico. Se ti piacesse vedermi invecchiare. Se ti piacesse sentirmi cantare. Se ti piacesse vedermi felice. Se ti piacessi quanto tu piaci a me. Sarebbe bello, non ho nemmeno un dubbio...
Susanna Casciani
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intotheclash · 6 months
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Mezz'ora dopo bussammo alla porta di casa del mio amico Pietro. Il vecchio si era lamentato per tutto il viaggio. Ma che cazzo di strada, che cazzo di posto, che cazzo di buio, non c'era una cosa che gli andasse bene. E giù una sfilza di cazzi che, se li avessi detti io, avrei preso sberle fino ai venti anni. Non vedevo l'ora di diventare maggiorenne per poter dire quello che volevo senza problemi.
Ci venne ad aprire il fratello di Pietro, che, appena ci vide, sfoderò un sorriso sfavillante. "Ciao giovanotto, che piacere rivederti!" Disse. E sembrava davvero che fosse felice. "Ciao, Antonio." Risposi. E basta. Senza sorridere e con troppo distacco. Iniziavo a comprendere la gravità della situazione. Lui sembrò non accorgersene, o fece finta, mi arruffò i capelli e rivolse la sua attenzione al mio vecchio: "Buonasera, con chi ho il piacere di parlare?" Mio padre ci mise un po' a rispondere, rimase lì a fissarlo con la bocca leggermente aperta. non si aspettava che dietro il primo portone, ce ne fosse un altro, altrettanto imponente e massiccio. Antonio era un vero gigante. "Piacere di conoscerti, Antonio. Io sono il papà di questo fringuello e mi chiamo Alfredo." E gli porse timidamente la mano, credo avesse paura di riaverla indietro mezza stritolata. Antonio gli strinse la mano con vigore contenuto, chissà se fosse possibile uccidere un uomo soltanto stringendogli la mano. "Prego, entrate pure, abbiamo appena finito di cenare ed il caffè è sul fuoco. Potete farci compagnia, se volete." E disse tutto senza mai smettere di sorridere. Entrammo in cucina e la bocca di mio padre si allargò a dismisura. "Caspita!" borbottò sottovoce, "E' enorme! Qua dentro c'entra tutta casa nostra. E, se lo parcheggio bene, anche il mio camion."
Il papà di Pietro, non appena ci vide, ci venne incontro, anche lui sorridente, come se fossimo amici di vecchia data, o, meglio, dei parenti stretti. Anche sua moglie sembrava felice dell'inattesa visita. Insomma, erano tutti felici; manco fosse stata la vigilia di Natale. Io però non sorridevo affatto. E di felicità neanche l'ombra. Ero triste. Triste dentro. E traditore. Incrociai lo sguardo del mio amico, sembrava scrutarmi come volesse leggermi l'anima. Ma credo fosse soltanto la mia impressione di traditore, anche perché ero convinto che lui sapesse sempre ogni cosa in anticipo. Era serio e distaccato, niente affatto preoccupato, chissà come cazzo faceva. Cercai di scusarmi, di fargli capire con gli occhi che non volevo fare la spia. Che ero stato costretto a farlo, per il mio e per il suo bene. non so se ci riuscii.
"Benvenuto. Prego, si sieda, mia moglie le verserà subito una tazza di caffè appena fatto. Poi, se gradisce, sarò io ad offrirle un bicchierino, magari anche due, di grappa fatta in casa." Disse l'altro papà al mio.
"In vita mia, mai che mi sia capitato di rifiutare un bicchierino di grappa, figurarsi se ho intenzione di dire no a quella fatta in casa." Rispose il vecchio, perfettamente a proprio agio.
"Benissimo allora. A cosa devo l'onore e il piacere di questa visita?"
"Vede, per quanto riguarda l'onore, spero che rimanga tale anche quando usciremo da quella porta, ci terrei, sul serio. Ma so già che non sarà un piacere ascoltare quanto ho da dirle. E quanto ha da dire mio figlio."
Una pugnalata mi avrebbe fatto meno male. Ecco quindi qual era il suo piano. Farmi fare una figura di merda davanti a tutti. Abbassai lo sguardo e mi concentrai sulla punta delle mie scarpe. In quel momento erano il mio centro del mondo. Nient'altro sembrava degno della mia attenzione e...E odiai mio padre! Lo odiai con tutte le mie forze per quella vile carognata. Lui avrebbe dovuto proteggermi, sempre, questo si fa con un figlio, non metterlo in mezzo. Ma che cazzo di padre era? Perché mi faceva quella vigliaccata?
Il racconto ebbe inizio. Li mise al corrente dell'incontro-scontro con l'avvocato Terenzi, di come quel figlio di cagna li avesse aggrediti verbalmente al bar, della sua falsa versione dei fatti e delle sue intenzioni di portare in tribunale tutti i ragazzini, padri compresi nel prezzo. non ci mise molto, fu preciso e conciso. Una volta esaurito il preambolo, mi chiamò vicino a se. Era il mio turno. Ero io che dovevo illustrare l'antefatto, che dovevo illustrare la scena del crimine. Mi sentivo peggio di quella volta che mi avevano portato dal dentista. L'attesa in quella saletta squallida era stata massacrante, eppure avrei aspettato tutta la vita, pur di non finire sotto ai ferri. Ma, inesorabile come la morte, toccò anche a me. L'unico ricordo sopravvissuto è il desiderio che si finisse in fretta. Ora ero nella stessa situazione. Doveva finire in fretta. Presi un lungo respiro e iniziai a parlare. Parlai senza mai fermarmi e senza mai, neanche una volta, neanche per sbaglio, guardare in faccia i presenti. Dissi tutto, a testa ostinatamente bassa, ma dissi tutto. Dissi tutto senza togliere, o aggiungere, particolari, cercando, a mo' di discolpa, di calcare la mano sulla prepotenza e la bastardaggine dei grandi. Quando ebbi finito, scese il silenzio, Un silenzio denso, pesante, non era un bel segno. Non lo era affatto.
Il primo a risorgere dalla paralisi generale fu il papà di Pietro. Si alzò lentamente dalla sedia, come avesse un grosso fardello sulle spalle, si avvicinò al mio amico, che era rimasto, per tutto il tempo, in piedi vicino al camino, senza mutare mai espressione, come se si parlasse di cose che non lo riguardavano, e con un manrovescio terrificante gli fece girare la testa dall'altra parte. Una sberla della Madonna! Io al posto suo avrei pianto per una mezz'ora. tuttavia al padre sembrò non bastare. Non ancora. Alzò il braccio per colpire di nuovo, ma non lo fece, non gli riuscì, l'altro figlio, quello più grande, gli afferrò il braccio bloccandolo a mezz'aria.
"Lasciami, perdio!" Urlò, per la rabbia e per lo sforzo.
Antonio, che invece non sembrava sforzarsi affatto, con un tono calmo e glaciale, in verità molto simile a quello del suo fratellino, rispose: "Basta botte. Non servono. Non toccarlo più."
Fu mio padre ad allentare la tensione che si era venuta a creare. "So che non sono affari miei, signore, ma mi permetto lo stesso di dire la mia. E mi scuso fin d'ora per l'intromissione. Suo figlio non merita di essere rimproverato. E, tanto meno, di essere picchiato. Si è dimostrato coraggioso ed altruista, sono qualità rare, specialmente tra i giovani d'oggi. Si è battuto, da solo, contro tre balordi più grandi di lui e lo ha fatto per difendere gli amici, tra i quali, mio figlio. Amici che, tra le altre cose, non hanno mosso un dito per aiutarlo. Meriterebbe un premio, non una punizione! Personalmente, sono venuto per ringraziarlo, ed è esattamente quello che farò." Si alzò dalla sua sedia, si avvicinò al Maremmano, gli tese la mano e aggiunse:" Non sono tuo padre, giovanotto, ma sono lo stesso fiero di te. E sono felice che tu sia amico del mio ragazzo. Grazie, ti sono debitore." Pietro fece un impercettibile segno di ringraziamento con il capo e gli strinse la mano. Suo padre si voltò verso il mio, lo soppesò con gli occhi, poi: "Le va di uscire un attimo? Vorrei parlarle in privato." Disse.
"Volentieri, ma prima di uscire, vorrei aggiungere un'ultima cosa, prima non me ne ha dato il tempo. Comunque vada avanti questa storia, qualunque piega prenda, voglio che sappiate che non resterete mai da soli. Io sto con voi, anche i miei amici sono della partita. Avete la mia parola. Gli facciamo il culo a quel figlio di padre ignoto dell'avvocato!"
E uscirono.
Un coro di emozioni mi stava cantando negli orecchi. Tante voci confuse insieme, con il risultato di confondermi ancora di più. Ero deluso da me stesso, ero triste, arrabbiato, confuso, affamato. Si, tra le tante cose, mi era arrivata anche la fame. Ma soprattutto sentivo il bisogno di parlare con Pietro. Volevo scusarmi, spiegare le mie ragioni, volevo che capisse, doveva capire! Con fare incerto, mi avvicinai, eravamo rimasti soli. Antonio era uscito, non so per dove, ma non era più lì e la madre era salita al piano superiore, forse per preparare i letti.
Avevo un groppo in gola, ma non mi avrebbe fermato. "Io non volevo...Scusami, Pietro, avrei dovuto tacere, non dire nulla, ma mio padre mi ha costretto. mi avrebbe ammazzato di botte!" Che figura di merda! Lui aveva preso una sventola paurosa senza fare un fiato ed io mi ero cagato addosso solo per la promessa di prenderle. Proprio una gran bella figura di merda. Poi mi ricordai che non era solo per quello, che avevo parlato anche perché, al mio vecchio, avevano raccontato delle falsità. "Poi Alberto Maria aveva raccontato un mucchio di stronzate, per non dire al padre che le aveva buscate da uno più piccolo, così ho dovuto dire la verità! Io..."
"Chi è Alberto Maria?" Mi chiese, come se fosse appena arrivato. Come se in tutto il casino che era scoppiato lui non c'entrasse affatto.
"Come chi è? Quello che se ne è tornato a casa con il naso spappolato!" Risposi tutto d'un fiato. Poi feci una cosa di cui mi vergognai immediatamente. E di cui mi vergogno ancora. Scoppiai a piangere come un poppante cui hanno rubato il ciuccio. Saranno state le troppe emozioni accumulate, non saprei, il fatto è che un fiume di lacrime mi sgorgò dagli occhi e non riuscii a trattenerne neanche una.
Pietro rimase immobile e immobile la sua espressione distante, poi si voltò, mi guardò serio, mi cinse le spalle in un abbraccio e disse: " Non stare lì a preoccuparti, amico mio. Hai fatto la cosa giusta. Tanto, prima o poi, i miei lo avrebbero saputo lo stesso. Al tuo posto, avrei fatto la stessa cosa."
Non era vero, lo sapevo. lui era un duro, un duro vero, non gli avrebbero cavato una parola, neanche con le pinze. Però gli credetti lo stesso. Avevo bisogno di crederci e lo feci. Mi sentii subito meglio. Eravamo ancora amici. Era proprio forte il Maremmano, sapeva sempre cosa dire e fare. Era un grande. Più grande degli adulti.
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firewalker · 5 months
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Una spalla su cui piangere... per fortuna, forse, non troppo
All'età di 16 anni ebbi il mio primo infortunio grave sugli sci: finii contro un muro di roccia, sostanzialmente, sbregandomi (voce del verbo sbregare, ossia aprire malamente) un ginocchio e un avambraccio, spaccando in due il casco e rompendomi l'omero sinistro. Durante la convalescenza, mi accorsi che ogni tanto sentivo dolore alla spalla destra, una cosa passeggera, che io attribuii al cambio di tempo (tipo i dolori ai calli)
Passano gli anni e il dolore alla spalla destra è sempre lì, occasionale, ma mi impedisce, ad esempio, di sdraiarmi di fianco poggiato sul gomito destro, perché poi mi fa malissimo. La cosa nel tempo peggiora tanto che se guido un po' di più il braccio mi fa male.
Decido quindi di fare un'ecografia nel 2020, che sancisce un'infiammazione degenerativa al tendine sovraspinato. L'ecografista dice "non ci si può fare niente, ti tieni il dolore". E io mi tengo il dolore.
Finché, a dicembre 2023, la spalla non si blocca totalmente. Non riesco più ad alzare il braccio né in avanti, né di lato. Verso dietro è praticamente impossibile arrivare oltre il sedere. L'arco di movimento è di circa 20° in tutte le direzioni. Vado dal medico di base che dice
"o ti si è rotta la cuffia dei rotatori, oppure c'è un'infiammazione molto forte"
e mi spedisce a fare RX, ecografia e visita ortopedica.
La lastra la faccio immediatamente, c'è una clinica che le fa senza prenotazione, vai lì e prendi il bigliettino. Dice che ho i tendini calcificati (la famosa "bella calcificazione" che dicevo giorni fa), riesco a fare l'ecografia dopo soli tre giorni appoggiandomi al poliambulatorio dove lavoro e prenoto, subito dopo, la visita ortopedica in sanità privata.
L'ecografia dichiara che non c'è rottura dei legamenti ma c'è questa famosa calcificazione. Il medico ecografista (fisiatra e medico dello sport) si sbilancia e dice "morbo di Duplay", che non ho idea di cosa sia, ma evidentemente è così che si chiama la mia calcificazione. Suggerisce delle onde d'urto. Meglio dell'operazione e più veloci nel recupero, ma non simpatiche.
L'ortopedico visiona tutto, fa la sua visita e dice "no, mi ci vuole una risonanza". Ora, siccome io a Natale parto, la risonanza la farò come minimo a fine anno, se non nel 2024, prenotazioni permettendo, sperando di farla col pubblico perché costa parecchio. Ha prospettato anche un'altra soluzione, che non ricordo come si chiama ma è praticamente un'aspirazione di questa calcificazione (il fisiatra l'ha definita "morbida", lui dice che ha la consistenza della pasta dentifricia), soluzione forse anche più rapida delle onde d'urto, ma invasiva.
E quindi ecco, per fortuna - forse! - non devo operarmi, e probabilmente riesco a non saltare nulla riguardo al Nordic Walking, nemmeno gli impegni che ho come Maestro a inizio anno (ho in ballo la formazione di alcune persone che vogliono diventare istruttori), ma passare il Natale con la spalla fuori uso era qualcosa che mi sarei decisamente risparmiato.
PS: il 20 era il mio compleanno. Con un braccio solo. Sono stato in convalescenza per tutto il giorno, sul divano. Bellissimo.
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ideeperscrittori · 5 months
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THREADS
Io non volevo davvero iscrivermi a Threads.
Poi sapete come vanno a finire certi buoni propositi: una birra, due chiacchiere al bar, la mente libera e poco vigile, il senso del pericolo annullato, un calo di autostima, un amaro, le luci natalizie, i parenti incombenti, la tombolata imminente, la vista di un babbo natale rampicante, un momento di solitudine, la voglia di farmi del male, la vita reale, i sogni che restano nei cassetti, il telefonino a portata di mano, una cosa tira l'altra... e ho fatto 'sta cazzata.
(Sono ideeperscrittori anche lì)
[L'Ideota]
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Oggi è Natale e io devo essere sempre la voce fuori dal coro. Quello che viaggia controcorrente.
Io il Natale non l'ho mai percepito né vissuto. Quei pranzi in famiglia dove si ride, si scherza. Dove i parenti ti chiedono "Ma la/il fidanzatina/o?".
Non ho mai vissuto questo giorno come fosse una festa. Non lo sento "lo spirito del Natale". Spesso mi definisco come il Grinch, che odia le persone. Ma la verità è che non ci trovo niente di diverso dagli altri giorni. Un po' come il mio compleanno.
Natale mi ricorda solo chi si ricorda di farmi gli auguri, chi non sento da una vita ma che li invia perché ha inviato "Buon Natale a te e famiglia" a tutta la sua rubrica.
I regali? Se volete farlo alle persone a cui tenete avete 365 giorni dell'anno. Non serve aspettare Natale.
Sto male come gli altri giorni. Non cambia niente.
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mermaidemilystuff · 5 months
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Natale per me finisce nell'esatto momento in cui all'una del mattino del 26 esco dalla porta di casa dei parenti. Punto. A casa mi aspetta il freddo, nulla di nuovo regalato da sfoggiare o guardare o provare e una montagna di piatti da lavare. Provo a dormire e il 26, sola, mi alzo tardi. Niente pandoro o panettone per me per una colazione al posto del pranzo o per qualunque momento dal 26 in poi. Di questi, quest'anno, ho mangiato in totale due fette. Cucino ininterrottamente da tre giorni e di nuovo devo pensare al pranzo.
Il Natale per me è morto e anche finito. Non vedo l'ora finisca anche per tutti gli altri perché stare in mezzo a tutto questo fa male.
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passeracea · 11 months
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Tumblr media
Brevi considerazioni non richieste di inizio estate
Il mare è sopravvalutato
Ieri mi son ritrovata un piccolo cerbiatto praticamente sulla porta di casa, sembrava Bambi e per un attimo mi sono chiesta se fosse vero. Temevo rimanesse intrappolato nel recinto che circonda il mio terreno, invece meno male è tornato nel bosco
Lungolago di un paese del Lago di Como, sono entrata in un bar e mi hanno salutato in tedesco. Mi capitava a volte quando ero più giovane e più bionda, per cui mi sono sentita subito più giovane (e ovviamente anche più bionda)
Sono un po' più ciccia dell'anno scorso, per la prova costume ho comprato un costume di una taglia in più. Prova superata senza problemi.
Tra 6 mesi esatti è Natale, ho già comprato un regalo
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illsadboy · 5 months
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Mi hanno sempre messo tristezza il mio compleanno, Natale e capodanno ma quest’anno è andata più di merda del solito. Natale è stato deprimente da far schifo e capodanno uguale se non peggio. È stato il capodanno peggiore da che io ricordi. Non so perché ma mi va sempre tutto a puttane, è proprio vero che è meglio avere zero aspettative però ci si rimane comunque male perché si ha sempre un briciolo di speranza. Un abbraccio a tutti quelli che non hanno una famiglia e si sentono soli e a chi ce l’ha ancora tenetela stretta e non datela per scontata perché siete molto fortunati.. buon anno nuovo!
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