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#neoborbonismo
gregor-samsung · 2 years
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“ «Fatti orribili funestarono ieri sera la città di Palermo», dice il Giornale Officiale del 2 ottobre. Alla stessa ora, in diversi punti della città tra loro quasi equidistanti, una stella a tredici punte sulla pianta di Palermo, tredici persone venivano gravemente ferite di coltello, quasi tutte al basso ventre. «I feriti dànno tutti gli stessi contrassegni dei feritori, i quali vestivano a un sol modo, erano di pari statura, sicché vi fu un momento che si poté credere fosse un solo. Fortunatamente...» Fortunatamente nei pressi del palazzo Resuttana, dove vicino al portone cadde, gridando di spavento e di dolore, il ventre squarciato, l’impiegato di dogana Antonino Allitto, si trovavano a passare il luogotenente Dario Ronchei e i sottotenenti Paolo Pescio e Raffaele Albanese, del 51° fanteria. Accorsero, videro il feritore fuggire, lo inseguirono. A loro si unirono il capitano delle guardie di Pubblica Sicurezza Nicolò Giordano e la guardia Rosario Graziano: e non persero di vista l’uomo che inseguivano fino al cantone del palazzo Lanza, nei cui bassi era una bottega di calzolaio, ancora aperta nonostante fosse vicina la mezzanotte; e vi si lavorava, forse per una consegna che urgeva, da fare al mattino: un matrimonio, un battesimo. E nella bottega, fidando nella solidarietà che non poteva mancare ad uno inseguito dalla polizia, credette poter trovare scampo il feritore: vi entrò, spinse giù da uno sgabello, davanti al deschetto, un dei lavoranti; e si mise a quel posto come stesse lavorando. Ma la guardia Graziano, entrato qualche secondo dopo, si trovò di fronte a una scena non ancora assestata; a colpo d’occhio capì che l’uomo da acciuffare era quello che meno mostrava stupore; gli balzò addosso, lo immobilizzò, lo consegnò al capitano Giordano e agli ufficiali che sopraggiungevano. Perquisito, gli trovarono un coltello a molla di acuminatissima lama; e insanguinato. Più tardi, al posto di polizia, fu identificato: Angelo D’Angelo, palermitano, trentotto anni, lustrascarpe (mestiere cui era passato da quello più faticoso di facchino alla dogana). Naturalmente, nonostante il coltello insanguinato che gli avevano trovato addosso, D’Angelo negò di aver ferito Antonino Allitto, di aver ferito qualcuno davanti al palazzo del principe di Resuttana. Si trovava, sì, a passare da quella strada: e alle grida del ferito e all’accorrer di gente era fuggito nel timore che per lui, innocente, ne venisse qualche guaio, prevenuta com’era nei suoi riguardi la polizia del Regno d’Italia per il sospetto che di quella del Regno delle Due Sicilie fosse stato assiduo delatore. E si mantenne a negare per tutto l’indomani, davanti al giudice; «però il giorno seguente 3 ottobre, questo sciagurato sopraffatto dall’enorme peso del crimine, scosso dal fremito dell’universale indegnazione, lacerato forse dai rimorsi della coscienza ed atterrito dalle maledizioni di un popolo, determinavasi non solo a confessare la sua reità, ma ben pure a svelare la serie dei fatti e tutto ciò che era a sua conoscenza, intorno all’orribile macchinazione di cui egli aveva preso parte, allo spaventevole attentato del quale era stato uno degli autori». “
Leonardo Sciascia, I pugnalatori, Einaudi (collana Nuovi Coralli n° 168), 1976¹; pp. 5-7.
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pollicinor · 4 months
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Spero quindi che non mi si accusi – che so – di “neoborbonismo” se dico che storicamente, oggettivamente, la debolezza strutturale del Sud, il divario con il Nord che cresce, la carenza insopportabile di servizi accettabili, la pochezza delle sue classi dirigenti, sono tutti fattori quantomeno legati alla sua storia fatta di subordinazione e dipendenza. Le cose sarebbero andate diversamente con un Sud più autonomo? Non lo so, la domanda è legittima. Ma il dato di fatto è sotto gli occhi di tutti. Tutti gli standards di crescita, sviluppo, formazione, infrastrutture, qualità della vita etc… dicono che il Sud è indietro, sempre più indietro.
Dall'articolo "Caro Sud, ma ce l’hai un briciolo di orgoglio?" di Claudio Velardi
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staipa · 8 months
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Un nuovo post è stato pubblicato su https://www.staipa.it/blog/il-fantastico-regno-delle-due-sicilie/?feed_id=1069&_unique_id=653bf6d1c9e88 %TITLE% Ho creduto a una Fake News. Non solo. Ho creduto a un libro zeppo di Fake News, ne ho parlato in giro e l'ho pubblicizzato inconsapevole di quanto fosse pericoloso e inutilmente divisivo. Si tratta di Terroni di Pino Aprile, l'ho anche recensito (https://short.staipa.it/1o3iu). A mia discolpa posso dire di averne sentito parlare da una persona cara, a sua discolpa posso dire che il libro prova a rispondere a molte delle domande che chiunque viva al sud giustamente si fa. Domande sulle disparità tra il nord e il sud, disparità nella sanità, nell'industria, nei trasporti, più in generale disparità sulle possibilità che chi nasce in una zona della nazione può avere rispetto a chi nasce in un'altra zona. Tutte domande lecite le cui risposte non sono certo quelle fornite dallo sprezzante senso di superiorità di alcuni nordici, soprattutto quelli riuniti in un certo gruppo politico. Domande a cui certamente non rispondono gli stereotipi. Sempre risposte troppo semplici. Sempre risposte in cui si punta il dito contro qualcuno che è il colpevole, ci si assolve in toto e si risolve la questione. Ho pure scritto un articolo che parla di questo meccanismo: Quando siamo estremamente divisivi è probabile siamo vittime di Fake News (https://short.staipa.it/gsin5). Purtroppo nessuno è immune ai bias e alle Fake News ed è bene ammetterlo anche a sé stessi. Credo sia qualcosa di importante anche su temi più recenti e attuali come quando ci si schiera sulla questione Israelo-Palestinese, la scelta giusta non è mai fidarsi di quello che si legge solo perché la risposta ci piace o arriva da qualcuno di cui abbiamo fiducia, è necessario fare quel passo in più per capire informandosi anche dalle fonti contrapposte. Anche di questo ho parlato spesso nei miei articoli sulle Fake News (https://www.staipa.it/blog/fakenews). Ho cominciato a sentire il dubbio di aver creduto a qualcosa di forzato ascoltando alcune conferenze di Alessandro Barbero quando parlando dell'Unità d'Italia spesso nomina e liquida i cosiddetti Movimenti Neoborbonici (https://it.wikipedia.org/wiki/Neoborbonismo) come revisionismo storico spesso senza dilungarcisi ulteriormente. Di Barbero ho una grande fiducia, come immagino chiunque sia un minimo appassionato di storia, ma qui ho scelto di non cadere nell'errore opposto. Per di più io non sono uno storico e non ho modo di verificare determinate informazioni. Nel suo libro Pino Aprile snocciola una grandissima quantità di dati e informazioni, a mente fredda forse ci si rende conto che molti dei dati sono tacciabili della definizione di troppo, troppi morti, troppe cose nascoste, troppo troppo per essere fatti così rimasti nell'ombra. Finalmente poi ho trovato Il fantastico regno delle Due Sicilie: Breve catalogo delle imposture neoborboniche di Pino Ippolito Armino (https://short.staipa.it/b7nmw). Non si tratta prettamente di un libro di storia, ma proprio di un libro di analisi di quanto affermato dai Movimenti Neoborbonici, analizzando ogni affermazione e ogni dato in maniera razionale. Parte proprio analizzando Terroni di Pino Aprile, mostrando in maniera chiara e difficilmente controvertibile come molti dei dati utilizzati per la scrittura di quel libro non tornano, anche basilarmente dal punto di vista aritmetico ma non solo. Non di tratta di un libro rivoluzionario e non dà grandi rivelazioni, e contrariamente a quello di Pino Aprile è giusto che sia così. Semplicemente torna ad analizzare nuovamente i dati e le informazioni sull'Unità d'Italia e sul risorgimento, in maniera decisamente più chiara ed estesa di come ci è stato raccontato a scuola. Facendo continuamente riferimento al libro di Pino Aprile poi ha senso leggerlo se si ha letto quello o comunque si conosce bene le idee Neoborboniche. La sua importanza risiede nel tentativo di sedare alcune posizioni inutilmente
divisive che finiscono per creare uno scontro interno a una nazione già piena di scontri interni, nulla di diverso dalla narrazione leghista con la Padania o il mito di Alberto da Giussano. Non sarà mai dando colpe passate o alimentando la rabbia che si risolveranno i problemi. Al massimo si potrà crearne di nuovi.
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spokenitalics · 2 years
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il neoborbonismo riparta da LIBERATO
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iphisesque · 3 years
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Faccio la mia parte nel neoborbonismo ascoltando la Marcia di Radetzky
dove saremmo senza di te king. ognuno deve fare la sua parte 🙏
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tenitchyfingers · 7 years
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Mi sa che è un misto di neoborbonismo alla Garibaldi ci ha invaso!!!11 prima stavamo megliooo (non credo che i contadini dei latifondi stessero una meraviglia) mescolato a un più generale disprezzo ereditato dai rispettivi nonni per le istituzioni italiane che a loro vedere non hanno saputo garantire un futuro a quella gente in madrepatria (e il disprezzo dei nordici per i terroni).. Aggiungi il vittimismo da tumblr (meglio essere poc che oppressive white) e vengono fuori questi mostri
non so perché non abbia risposto prima ma sì, immagino sia così. Secondo me gli italo-americani dovrebbero farsi una nazione a parte e non rompere il cazzo a noi italiani veri ecchemminchia ormai sta gente di italiano c’ha solo la bandiera sbiadita sulle tazze comprate a Brooklyn. 
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saveriopaletta1971 · 6 years
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In un recente dibattito all'Università della Calabria gli storici prendono posizione sulla fake history lanciata nel dibattito pubblico dai "revisionisti" antirisorgimentali sulla scia dei libri di Pino Aprile Sudismo, terronismo, borbonismo e neoborbonismo. Se n’è parlato all’Università della Calabria l’8 novembre, in un convegno intitolato Il borbonismo. Genesi, diffusione, discorsi e linguaggi. In altre parole,...
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gregor-samsung · 2 years
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“ In quel 1862, le condizioni della Sicilia dovevano apparir [ai nobili siciliani] in tutto uguali a quelle del 1849: tali cioè che sarebbe bastato lo sbarco di qualche reggimento borbonico in un qualsiasi punto della costa a far sì che tutta la Sicilia violentemente insorgesse contro i piemontesi. Nel popolo, nella piccola «burgisia» agraria (ogni volta che per le cose siciliane si deve parlare di borghesia è opportuno o lasciare la parola in dialetto o farla seguire da un aggettivo; per esempio: borghesia mafiosa), la delusione era grande: le tasse; la leva militare obbligatoria alla quale gli abbienti sfuggivano pagando e i poveri dovevano sottostare da tre a sette anni; l’esproprio dei beni ecclesiastici che andava a tutto vantaggio della grande «burgisia» fondiaria, tanto più rapace e dura dell’aristocrazia feudataria. C’era poi, gravissimo, il problema dell’ordine pubblico: e pare ci fosse davvero differenza tra come, dal ‘48 al ‘60, Maniscalco aveva diretto la polizia e le incertezze, gli avventati rigori e le non meno avventate debolezze, gli sciocchi machiavellismi con cui la dirigevano i questori sabaudi. Al modo del Bolis «prelodato», per dirla col linguaggio del Giornale Officiale. Insomma, la restaurazione borbonica doveva sembrare non solo possibile, ma sicura e vicina. Comitati borbonici si costituivano spontaneamente - e, si capisce, segretamente - in ogni parte dell’isola: e crediamo se ne meravigliassero lo stesso Francesco e il suo fedele ministro Ulloa, che sulla devozione dei siciliani non contavano per nulla. Era il momento, per i siciliani che avessero fiuto, di preparare i loro titoli di fedeltà a Francesco Secondo: ma cautamente, ma accortamente; e insomma facendo quel doppio gioco che abbiamo visto andar bene, tra fascismo e antifascismo, giusto ottant’anni dopo. E di fiuto la classe aristocratica ne aveva, e affinato da secoli. “
Leonardo Sciascia, I pugnalatori, Einaudi (collana Nuovi Coralli n° 168), 1976¹; pp. 77-78.
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