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e cosa si fa alle 4 di notte? si cercano fanfiction su ao3
ci saranno fanfiction della Melevisione? onestamente ho i miei dubbi ma hey sto già cercando proprio per questo motivo
update 1: sorprendente, su ao3 non ce ne sono. strano, vero? di solito lì c'è qualunque cosa ma tipo letteralmente di tutto, ma non stavolta
però
PERÒ
una c'è
su efp
quindi adesso vado a leggerla perché ero quale motivo dovrei andare a dormire a un orario normale quando posso leggere fanfiction
update 2: ERA MEGA CARINA OMMIODDIO (si chiama Il guardiano delle Fiaccole Magiche, corta ma per un fandom mezzo morto di una serie che esiste solo in Italia è tanto)
inoltre ho scoperto che c'è un account Twitter di Strega Varana e uno di Fata Lina e accipigna quello di Varana fa morir dal ridere, peccato siano entrambi inattivi (ho visto che li segui @lovinglapislazuli e grazie perché mi sono messa a girare tra i tuoi tweet e ho trovato le perle di Melevisione out of context)
niente che dire basta fine ciao enonseneparlipiù
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“ Le foglie si stavano già diradando. "L'autunno, l'autunno è vicino," dicevamo scuotendo la testa. All'improvviso trillò un campanello, e su un tendone, alle cui porte gridavano "correte a vedere" si accese una scritta di luci colorate: Fotografia animata. Per entrarci ci volevano dei biglietti a parte, ci consultammo e li comprammo. Dentro c'erano delle sedie, di fronte vi era appesa una tela, e quando tutti si furono seduti la luce si spense, il pianoforte e il violino presero a suonare, e noi vedemmo Giuditta e Oloferne, dramma storico a colori. Colpiti, ci guardammo. Le persone dipinte sul quadro si muovevano e i rami degli alberi disegnati si muovevano pure loro. Al mattino, mentre mi accingevo a scrivere a Serge di Giuditta, Evgenija entrò e mi diede un biglietto arrotolato a forma di tubicino. "Vi è piaciuta la fotografia viva?" mi scrivevano. "Ero seduta dietro di voi. Permettetemi di fare la vostra conoscenza. S." La compositrice di questa lettera attendeva una risposta seduta sulla panchina davanti a casa, e quando uscii dal portone si alzò. "Sono Stefanija Grikjupel'," sì presentò, e facemmo quattro passi. Ammirammo la ciambella di rame sulla porta della panetteria e la chiesa di zucchero. "Il mio amico Serge è partito per Jalta," raccontai, "invece Andrej Kondrat'ev è in colonia. Potrei starci anch'io per un po', ma Andrej non mi va molto a genio perché vuole sempre dire la sua su tutto." Venne fuori che anche Stefanija Grikjupel' stava per cominciare la scuola, e aveva una paura tremenda che fosse difficile: i numeri arabi, comporre composizioni. Contenti l'uno dell'altro ci separammo. Avvicinandomi al mio cancelletto vidi un funerale: portatori di fiaccole in grossi sai bianchi, carri con la cupola decorata da una corona, dietro il carro la vedova. Vasja Strižkin le dava il braccio. Quando maman tornò, mi presi una bella sgridata. Mi proibì gli incontri con Stefanija e la definì una corruttrice. La Čigil'deeva, che era venuta a sentire, prese le mie difese: "Ma è una cosa così naturale," disse e si mise a pensare non so cosa. Sorridendo salì di sopra e mi portò Gentilezza per gentilezza. "Te lo regalo," mi disse. “
Leonid Dobyčin, La città di enne, traduzione e postfazione di Pia Pera, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 49-50.
[Edizione originale: Город Эн, Krasnaya Nov editore, Mosca, 1934]
#Leonid Dobyčin#La città di enne#Pia Pera#citazioni letterarie#Letteratura russa del XX secolo#letture#leggere#invenzioni#narrativa del '900#Russia#innamoramento#cinema#novità#ricordi adolescenziali#adolescenza#giovinezza#corteggiare#Fotografia animata#corteggiamento#libri#giovani#Europa#letteratura europea del XX secolo#Le anime morte#innamorati#scrittori russi del '900#Gogol'#scuola#divertimenti#genitori
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Il guardiano della torre
Il sole colora di rosso le montagne che hanno accolto la prima, precoce nevicata. Ne sento l’odore, prima ancora del freddo. Sollevo leggermente le labbra e lascio che la sensazione entri tra i denti e solletichi la lingua. Tra poco la neve arriverà anche a Santo Stefano di Sessanio, ricoprendo il paese di pensieri sospesi e rimpianti. Sono salito sul merlo più alto della torre, quello da cui posso controllare ogni movimento nella piana sottostante. Socchiudo gli occhi nella luce che si spegne, colgo i bagliori dei fuochi che via via vengono accesi dai pastori per tenere lontani i lupi e le altre bestie che potrebbero attaccare le pecore durante la notte. Decine di migliaia di ovini, raccolti nella conca davanti a Rocca Calascio, pronti al viaggio lungo il Tratturo Magno, che li porterà, in poco più di due settimane, sul Tavoliere delle Puglie, dove trascorreranno i mesi più rigidi. Domani è San Michele, protettore dei pastori, e la transumanza avrà inizio. Le donne guarderanno partire i mariti e i figli più grandi, restando con pochi viveri e molto coraggio a fronteggiare il graffiante inverno della Baronia di Carapelle. Il luogo dove sono nato nel 1577, quando i Piccolomini erano i signori e padroni di queste terre. Sul torrione attenderò come ogni primavera il ritorno degli armenti, l’orecchio teso alle prime campanelle. Apparterranno alle pecore più inquiete e incoscienti, desiderose di ritornare sui monti su cui sono nate. Ancora una volta, i mantelli neri e cappelli flosci dei pastori emergeranno nella nebbia del mattino, alla guida di un mare bianco in lento movimento nel verde dei pascoli flagellati dal vento. La lastra sotto la mia pancia è fredda, ma non mi disturba. Voglio imprimere nella memoria ogni dettaglio dell’antica costruzione. Sfioro le pietre scabrose, cerco le orme dei miei antenati che hanno trascorso la vita come guardiani della torre, come lo sono io e come lo saranno i miei figli. Noi proteggiamo le derrate alimentari che, in caso di carestia o assedio, significano la differenza tra la vita e la morte degli abitanti del paese. Quando la notte scivola dentro al giorno, scendo la scala a chiocciola per raggiungere il luogo dove, come di consueto, cercherò le tracce del mio nemico: è rimasto solo lui a sfidarmi. Scorgo la sua ombra che si allunga alla luce delle fiaccole, dietro un orcio. In un balzo lo raggiungo e lo inchiodo a terra. Il suo pelo sa di polvere e sconfitta. Ucciderlo non mi darebbe gioia, è stato un avversario degno e io sono stanco di questa vita. Forse lo so da tempo o forse lo capisco solo adesso che ho catturato l’ultimo topo della torre. Lo tengo sospeso per la collottola, come un cucciolo. Attraverso il paese in pochi balzi; nessuno assiste al mio dilemma, nessuno mi biasima per la mia scelta. Lo conduco fuori dalle mura e poi in mezzo alle brughiere. Il ghiaccio scricchiola sotto la mia corsa, il fiato gelato che inumidisce la sua schiena. Mi fermo stremato ma leggero e depongo il prigioniero sull’erba: «Ti lascio vivere se resterai lontano dalla torre per sempre.» «Perché?» Mi osserva senza comprendere. «Desidero vedere il mondo e non voglio farlo con il peso della tua morte sul mio nuovo inizio.» «Hai sterminato la mia famiglia.» «Lo ricordo. Era il mio dovere, il mio lavoro di guardiano della torre» «E cosa è cambiato, adesso?» «Io.» Mi allontano senza voltarmi e raggiungo il gregge che guiderà la transumanza. Scorgo Giovanni, seduto nell’oscurità. È il giovane pastore che, armato solo di un bastone, ha messo in fuga un orso lo scorso inverno. Guarda verso est, in direzione del chiarore che cerca di farsi spazio tra la pioggia e il buio. Si gira piano verso di me e il suo sorriso rischiara le tenebre. Una cicatrice gli attraversa il volto, ricordando a tutti la sua impresa. «Benvenuto, Rosso, ti stavo aspettando.» Mi siedo al suo fianco e osservo la luce che si stira pigra nel nuovo giorno. «Hai fame?» mi offre un pezzo di formaggio, ho fame davvero. La sua mano sulla testa segnata dalle battaglie con gli altri gatti. Chiudo gli occhi e sento che il nodo nel mio petto si scioglie. Ho fatto la scelta giusta, sono pronto a intraprendere il viaggio lungo il tratturo, oltre duecentoquaranta chilometri con le pecore e i pastori che per anni ho guardato da lontano. Invidiavo i loro passi cadenzati, uguali e liberi. Liberi. Come lo sono io, finalmente. L’alba esplode colorando di rosa gli animali che mi circondano, ancora addormentati. Il vecchio cane da pastore alza la testa, la piega di lato, chiedendomi spiegazioni. Poi si arrende al mio silenzio e riabbassa la testa sulle zampe anteriori. Ne ha viste tante, nulla lo sorprende più. Giovanni si alza, batte le mani sul mantello consunto, per liberarlo dall’erba che è rimasta impigliata nella stoffa grezza. Le sue pecore producono una lana pregiata, destinata ai signori di Firenze, i nuovi padroni della baronia, i Medici. Lana che non carezzerà mai la pelle di miserabili come lui. «Andiamo, Rosso, oggi comincia l’avventura» gira la testa di lato, come il vecchio cane, e il suo fischio allegro irrompe nella piana, inaugurando la mia nuova vita. Mi incammino accanto al mio nuovo amico. «È così facile essere felici?» Foto di Susanna Albertini per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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#Sapiens #KnowWhat
Origins of the Christmas Tree & its decorations 🎄
The origins of the Christmas Tree are very ancient and can be found in the cult of the Tree of Life, widespread in almost all European cultures.
Even before the adoption of this tradition in the so-called Christian religion, Celts, Romans and Germans decorated fir trees with fruits, ribbons and torches or decorated their homes with branches of the same plant.
With the fusion between State and Church, and the prevalence of apostasy which gave rise to pseudo-Christianity as it is known today, the fir tree became a symbol of Christ and his immortality, overlapping with its meaning of death and rebirth in the pagan cultures.
🎄The Christmas Tree was a purely Germanic tradition for a long time, and then spread to Anglo-Saxon countries and subsequently to the rest of Europe.
It seems that its use as a decoration in public ceremonies originated in the city of Tallinn, Estonia.
Starting after the Second World War, the Christmas Tree became the symbol par excellence of Christmas throughout the world, leading to the creation of a new commercial sphere linked to Christmas decorations.
📚SOURCE: Sapiens³
📚🔍If you want to learn more you can find other interesting information by typing:
"Christmas tree origins jw.org"
in the internet search bar.
https://jw.org
#Sapiens #SapeviChe
Origini dell'Albero di Natale & sue decorazioni 🎄
Le origini dell'Albero di Natale sono molto antiche e da ricercarsi nel culto dell'Albero della Vita, diffuso pressoché in tutte le culture europee.
Ancor prima dell'adozione di questa tradizione nella religione sedicente cristiana, Celti, Romani e Germani ornavano gli alberi di abete con frutti, nastri e fiaccole o decoravano le proprie case con rami della stessa pianta.
Con la fusione tra Stato e Chiesa, e il sopravvento della apostasia che diede il via allo pseudo-cristianesimo com'è conosciuto oggi, l'abete divenne simbolo di Cristo e della sua immortalità, sovrapponendosi al suo significato di morte e rinascita presso le culture pagane.
🎄L'Albero di Natale è stato per molto tempo una tradizione prettamente germanica, per poi diffondersi nei paesi anglosassoni e successivamente nel resto d'Europa. Pare che il suo utilizzo come decorazione nelle cerimonie pubbliche sia nato nella città di Tallinn, in Estonia.
A partire dal secondo dopoguerra, l'Albero di Natale divenne il simbolo per eccellenza del Natale in tutto il mondo, portando alla creazione di una nuova sfera commerciale legata agli addobbi natalizi.
📚FONTE: Sapiens³
📚🔍Se vuoi approfondire puoi trovare altre interessanti informazioni digitando:
"Albero di Natale origini jw.org"
nella barra di ricerca internet.
https://jw.org
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Giulia Cecchettin, i liceali contro il minuto di silenzio nelle scuole | In migliaia alle fiaccolate per la ragazza uccisa
21 novembre 2023 11:27 I movimenti studenteschi chiamano a “una giornata di rabbia contro ogni femminicidio”. Zaia: “Portare il nastro rosso tutto l’anno” Tgcom24 In migliaia alla fiaccolata per dire no alla violenza sulle donne Sono migliaia le persone che lunedì sera hanno partecipato alla manifestazione organizzata a Padova in ricordo della 22enne di Vigonovo (Venezia). “Se toccano una…
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Facta, no verba...
Ostentare pensieri avversi a ciò che si è fatto fino al giorno prima, una moda oramai che a me fa ridere. Sarebbe un po' come se Totò Riina ostentasse legalità, la risposta vien da sé. Chissà, forse credono che in quel modo riusciranno a non far trapelare la loro vera identità. Un po' come è accaduto nella cronaca nera, dove i colpevoli partecipavano alle fiaccolate delle vittime inviando messaggi di speranza nel ritrovamento.
È evidentemente un segno distintivo di queste personalità, nelle piccole e grandi cose.
Non dico che ad ogni condivisione saggia (scritta o parlata) io ci veda una finta ostentazione, ma per esperienza non le calcolo neanche più.
Del resto: "facta, no verba".
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ATTENTI ALLA LUCE
Pubblico questa bellissima immagine che ho trovato sul web perchè la trovo particolarmente significativa, oltre che essere graficamente monto bella ed emotivamente molto pregnante. Purtroppo non sono riuscito a risalire all'autore, perchè sicuramente avrà prodotto altre interessantissime immagini.
L'opera è un sunto perfetto della nostra condizione di vita, e non solo, siamo portati ad essere attratti dalla luce, ma dobbiamo sempre stare in guardia perchè le forze maligne non albergano solo nel buio, le forze del male sono abilissime nell'arte dell'inganno e della trasformazione, pur di soggiogare le nostre anime e rubare energia vitale.
Ci sono molte teorie contrastanti, e la luce potrebbe non essere esattamente la salvezza, potrebbe essere un grande inganno, non a caso in molte simbologie dell'occulto si fa riferimento alla luce come ad una guida superiore, con profusione di personaggi che portano e sorreggono fiaccole, simboli solari e luminosi, concetti come illuminazione. Siamo stati abituati a considerare nero e buio il male, mentre il bene e la vita stanno nle candore e nella luce, ma siamo proprio sicuri che le cose stiano così ? Siamo sempre stati ingannati su tutto, non fidatevi vi dico ! Questa immagine è emblematica, l'indifesa anima vestita di rosso si sente al sicuro in quell'angolo illuminato, ma quell'angolo nasconde un grande pericolo, la luce è solo un riflesso ingannevole, uno specchietto per le allodole.
Anche dopo la morte è diffusa la leggenda metropolitana che una luce ci accolga per accompagnarci nel cammino, leggende riferite spesso anche da chi ha avuto esperienze post-mortem, ma alcune fonti ci mettono anche in guardia: quella luce potrebbe essere una trappola, un inganno per tenerci legati a questa matrix, a questo gioco di morte e rinascita per tenerci incatenati a questo pianeta, per riportarci sulla Terra a rivivere le stesse esperienze, schiavi di queste forze oscure che si nutrono della nostra energia, e possono farlo solo se noi ne siamo inconsapevoli.
La luce permette a tutti di essere visibili, e quindi controllabili, nella luce nulla può essere nascosto, solo nell'ombra potrete muovermi in uno spazio di relativa libertà. Le grandi tradizioni iniziatiche e spirituali non sono mai state alla luce del sole. Poi è vero, nella storia c'è sempre stato qualche strano personaggio che ha osato sbandierare la verità ai quattro venti, ma ogni società ed ogni epoca ha le sue strategie per isolare queste schegge impazzite prima che diventino contagiose, prima con lammonimento verbale: pazzo, eretico, visionario ! Poi, il passaggio successivo, con la neutralizzazione, ed ogni società in ogni tempo ha ed ha avuto i suoi strumenti efficaci: rogo, manicomio, gulag, radiazione dall'albo... che giocano tutti sulla paura! Solo quando non hai più paura puoi veramente definirti libero.
La Natura ci offre sempre tanti e validi esempi, pensate alle falene, alla farfalline notturne o altri piccoli volatili per esempio: attratti come sono dalla luce, finiscono sempre con il bruciarsi.
Nulla è quello che sembra, per questo siate sempre vigili, e non accontentatevi mai delle spiegazioni comuni, abbandonate le cose normali, sono solo distrazioni, siate sempre curiosi, indagate e cercate, instancabilmente...
Watch out for the light!
I publish this beautiful image that I found on the web because I find it particularly significant, as well as being graphically beautiful and emotionally very pregnant. Unfortunately I have not been able to trace the author, because surely he will have produced other very interesting images.
The work is a perfect summary of our life condition, and not only that, we are led to be attracted by light, but we must always be on guard because evil forces do not dwell only in the dark, the forces of evil are very skilled in art of deception and transformation, in order to subjugate our souls and steal vital energy.
There are many conflicting theories, and the light may not exactly be salvation, it could be a great deception, it is no coincidence that in many occult symbols light is referred to as a superior guide, with a profusion of characters who carry and support torches, sun and light symbols, concepts such as lighting. We have been used to considering evil black and dark, while good and life are in candor and light, but are we really sure that this is the case? We have always been deceived about everything, don't trust me I tell you! This image is emblematic, the defenseless soul dressed in red feels safe in that illuminated corner, but that corner hides a great danger, the light is only a deceptive reflection, a lark mirror.
Even after death, the urban legend is widespread that a light welcomes us to accompany us on our journey, legends often referred to even by those who have had post-mortem experiences, but some sources also warn us: that light could be a trap, a deception to keep us tied to this matrix, to this game of death and rebirth to keep us chained to this planet, to bring us back to Earth to relive the same experiences, slaves of these dark forces that feed on our energy, and can only do so if we we are unaware.
The light allows everyone to be visible, and therefore controllable, in the light nothing can be hidden, only in the shadow will you be able to move in a space of relative freedom. The great initiatory and spiritual traditions have never been out in the open. Then it's true, in history there has always been some strange character who dared to flaunt the truth from the rooftops, but every society and every era has its own strategies to isolate these crazed splinters before they become contagious, first with the verbal warning: crazy , heretic, visionary ! Then, the next step, with neutralization, and every society in every age has and has had its effective tools: stake, mental hospital, gulag, disbarment… all of which play on fear! Only when you are no longer afraid can you truly define yourself as free.
Nature always offers us many valid examples, think of moths, moths or other small birds for example: attracted by the light, they end up getting burned.
Nothing is what it seems, that's why always be vigilant, and never settle for common explanations, abandon normal things, they are just distractions, always be curious, investigate and search, tirelessly…
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10 dicembre
And between sounds, parties and songs /the feast of the Lady arrives of Guadalupe,/ and floods the streets of cyclists in procession/ of cars and motorbikes An entire population on the move/ runs, carries torches,/ barrel explosion and party of people/, who neglects his chores a little /to join in this journey of joy and homage. /One day meeting / which leaves a trace/in hearts and dreams/ this desire to unite/ recognize and act/ with a story behind it, /shadows of other wome/n of other goddesses, who ogle/ and merge into this sacred image,/ but they don't cancel /they stay there for those who succeed /looking for them in the water / in the fire, in the wind,/ in the earth, in the roots.
Good night, let the party work, and good awakening in the new day, with the desire to understand and love every aspect of the world. With love
E tra suoni, feste e canti arriva la festa della Signora di Guadalupe, e inonda le strade di ciclisti in corteo di macchine e moto Un popolo intero che si muove corre, porta fiaccole, esplosione di botti e festa di gente, che tralascia un poco le sue faccende per unirsi in questo cammino di gioia edi omaggio. L'incontro di un giorno, che lascia una traccia nei cuori e nei sogni questa voglia di unirsi riconoscere e agire con una storia alle spalle, ombre di altre donne di altre dee, che ochieggiano e si fondono in questa immagine sacra, ma non si annullano rimangono lì per chi riesce a cercarle nell'acqua nel fuoco, nel vento, nella terra, nelle radici. Buonanotte, lasciate agire la festa, e buon risveglio nel giorno nuovo, con la voglia di comprendere e amare ogni aspetto del mondo. Con amore
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La cultura è inutile? E allora chiudiamo una buona volta le facoltà di lettere e filosofia.
È questa la provocazione che lancia la professoressa Federica Ricci Garotti su Repubblica. E non ha tutti i torti. Si perché è inutile prenderci in giro: le facoltà umanistiche vengono disprezzate, il pensiero viene continuamente snobbato in una società che ha fatto dell’ignoranza un vanto, della presunzione una virtù, una società che si eccita e va in visibilio davanti alle affermazioni di una Chiara Ferragni, che freme per scoprire quale concorrente del Grande Fratello vincerà la prossima edizione, che sa a malapena chi sia Leopardi, che crede che Moravia sia il nome di qualche strana malattia e che è convinta che Dostoevskij abbia combattuto durante la prima guerra mondiale.
Del resto chi ha la cattiva abitudine di leggere e pensare, non si presta a obbedire senza porre domande, a omologarsi quando dovrebbe, ad assentire quando gli viene richiesto. Lavorare, comprare, consumare, a questo deve ridursi l’uomo. La cultura è un impedimento a ciò, non soltanto è superflua ma perfino contro producente. Naturale che non venga incoraggiata. «E allora chiudiamole,»dice l’insegnante, «queste fabbriche delle illusioni che sono le nostre facoltà, che formano sì persone competenti, ma disoccupate, sotto occupate o emigranti questuanti come furono i nostri nonni negli anni Cinquanta».
Sì perché i giovani delle belle parole e delle vuote promesse non sanno che farsene. È inutile dire loro che la cultura è importante, quando i programmi di Maria di Filippi e Barbara d’Urso sono i più seguiti in Italia. Quando guardo la televisione sento una voragine che mi si apre nel petto, perché se trasmettono questa roba è perché la gente la guarda. Forse è il caso che le istituzioni e la sinistra si diano davvero una smossa e facciano qualcosa in favore della scuola e della cultura. Lo facciano ora o smettano di parlarne. E forse, dico forse, qualcosa anche noi possiamo farla.
Non regalate ai bambini smartphone e tablet ma un bel libro, non parcheggiateli il sabato pomeriggio davanti alla televisione, ma portateli a visitare un museo, una galleria, una mostra d’arte. Leggete loro fiabe e libri per l’infanzia, fateli appassionare insomma, fate delle loro menti “non dei vasi da riempire ma delle fiaccole da accendere”.
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X #cultura #scuola #istruzione
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Ma chi l’ha detto che i pacifisti in piazza non sono contro Putin? Schiacciati dalla propaganda che sovrintende al morale di un paese in guerra a sua insaputa, i pacifisti in piazza sono accusati di indifferenza o di sostenere Putin. Ma la storia di questi anni ci dice esattamente il contrario. La stampa italiana e il palazzo politico hanno ignorato completamente la grande manifestazione per la pace di sabato, dove per “pace”, molto semplicemente, per i campioni delle forzature interpretative, s’intende il concentrare gli sforzi della comunità internazionale su ogni iniziativa diplomatica per far cessare la guerra, e non prodigarsi con l’invio di armi al fronte. Ma invece i guerrafondai da tastiera, con l’appoggio dei media con l’elmetto in testa (come l’inviata di LA7 che qualche giorno si collegava in assetto da guerra parlando concitatamente da un parcheggio mentre alle sue spalle si vedevano persone che camminavano tranquillamente con le buste della spesa tra le mani) vogliono convincerci che il Paese è interventista quanto e più del pugnace Riotta, che pubblica direttamente su repubblica la lista degli italiani “amici di Putin”, in cui mancavano solo gli indirizzi di casa. L’informazione generale è infarcita di pornografia dei sentimenti ma non da alcuna notizia: gli inviati sono appostati in stazioni, alberghi e si limitano a intervistare povera gente che scappa dalle bombe e chiede loro: “Signora, cosa prova?”. E cosa si può provare?! Tutto ciò ha ben poco a che fare con l’informazione ma appare più un modello “orwelliano” da Ministero della Propaganda che sovrintende al morale di un paese in guerra a sua insaputa. Tutto questo si riversa inevitabilmente su tutte quelle persone che hanno il torto di fermarsi un istante a ragionare su quello che sta accadendo e che si trovano immediatamente col dito puntato contro, accusati di “vigliaccheria” o di essere direttamente fiancheggiatori dell’invasione russa. Quel che volutamente si strumentalizza è che, un conto è ragionare sulla geopolitica e uscire dalle logiche della propaganda, della narrazione di guerra a senso unico, che è quello che si prova a fare, un altro è “appoggiare” qualcuno o essere “indifferenti” come citano a sproposito e male gli opportunisti guerrafondai di casa nostra. Chi è per la pace, lo fa ragionando. E soprattutto, lo è sempre. I pacifisti in piazza sono forse tra i pochi che in questi anni hanno denunciato il problema dell’autoritarismo di Putin. Io me la ricordo la manifestazione per la pace del 2003 contro la guerra in Cecenia. E mi ricordo le fiaccolate in memoria di Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa per aver indagato su quello che accadeva in quella regione martoriata. Così come mi ricordo di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov, giornalisti freelance, uccisi volontariamente dalle milizie nazionaliste di Kiev, come le inchieste hanno poi svelato, a colpi di mortaio il 24 maggio 2014 in Ucraina, alla periferia della città di Sloviansk, mentre documentavano i massacri nel Donbass, ignorati da quello stesso sistema mediatico che ora accusa i pacifisti di “indifferenza”. In quei casi, dov’erano tutti quelli che ora si agitano, come ad esempio il senatore di Rignano Flaminio e tutto il suo “giglio magico”, con l’ineffabile portavoce Luciano Nobili, che ora danno patenti di “libertà”? Ah, si, era a Mosca per fare affari nel consiglio di amministrazione della Delimobil. Alexandro Sabetti
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Se la magia non puoi usare, non ti conviene entrare;
Il Charleston Castle non ha niente a che vedere con Hogwarts, ma risulta un castelletto che si sviluppa molto in altezza, oltre ad avere un ampio giardino. Dove ora i ragazzi stanno sostando; la neve in terra e sugli alberi e cespugli, il clima di un natale appena concluso ma non del tutto passato. Intorno al giardino sono accese una serie di fiaccole e “lampioni” magici, tutto fuoco freddo il cui unisco scopo è quello di garantire la vista a chiunque si inoltri nel giardino dopo il calare del sole. La serpeverde indossa un’adorabile mantellina verde scuro, pesante abbastanza, una sciarpa bianca al collo e dalla mantella sbucano le sue gambe, avvolte in un paio di lunghe calze nere pesanti e calde, mentre ai piedi un paio di anfibi nuovi, neri. Le guancine lentigginose più rosee dal freddo, una nuvoletta di fumo esce dalla bocca della tredicenne « Non badate al cartello. » sventola una mano nel fendere l’aria, e torna sul fianco contro il fodero della bacchetta in pelle di drago. Sul famoso cartello v’è scritto “Se la magia non puoi usare, non ti conviene entrare.” L’ingresso del labirinto.
« Gnn » mugugna « se mi perdo io.. » e inizia a sghignazzare « questo labirinto viene dato alle fiamme » ed è chiaro che si riferisca al fatto che già una volta è stato “perso”. Ma sembra riderci sopra, quindi va bene così. « Alla fine ci troviamo del cibo? » chiede per poi mugugnare di nuovo un « Gnn » e « ..al centro » si corregge.
«Maaa a che vi serve, `sto posto?» domanda non senza una punta di effettiva curiosità, attardandosi a considerare il cartello nonostante le parole della padrona di casa «Per intrappolare i Babbani che vi entrano in giardino?» sbuffa una risata che assume i contorni d`una nuvoletta di condensa, tranquillissimo nel fare ironia su di una questione del genere.
« Quindi ci vuoi intrappolare qua? » si accoda alla domanda di NIALL lanciando uno sguardo a CHARLIE. « No perché sinceramente sono troppo giovane per morire in un labirinto » un po` esagerato, come se sotto sotto non si fidasse neanche della padrona di casa. « Io sicuro » e se TRIS è certo di non perdersi, lui un po` meno.
« Al centro.. » confermando « C’è tipo un albero speciaaaale che TRIS già sa, quindi ssshh! » beh, un po’ di spoiler l’ha fatto solo al GRIFONDORO ma poco male. È proprio a quest’ultimo che comunica i motivi dell’esistenza del labirinto, i più motivi. « Beh-beh, un Sir come te dovrebbe immaginarlo! » putandogli contro un dito, voltando a metà il busto. « Protegge l’albero speciale eeeeee.. tipo una cifra d’anni fa, quando c’erano dei confini molto diversi da ora qua non c’erano tutte ‘ste case eccetera, quiiiindi i babbani arrivavano con la loro poca favolosità. » sksate, siamo pur sempre a casa Charleston qua nessuno tifa per i babbani. « Perciò, prima di arrivare a casa si perdevano qui. » ipotizzando, dunque che ci siano altre entrate al labirinto oltre quella che hanno preso. « Però sì, in realtà voglio intrappolarvi io. » facendo un occhiolino a WES, che si aggiunge ad una risatina adorabile, mentre continua a fare strada tra una siepe e l’altra. Ora non c’è niente in fiore, ed anche le foglie che ci sono, sono quelle di piante sempreverdi che resistono bene alle basse temperature. « Ahn, il cartello i babbani non lo leggono e prima ci stavano delle trappole, ecco. » per questo si invita ad esser muniti di bacchetta. « Vi conviene stare attenti agli gnomi, piuttosto. »
Di fatto rimane lì qualche attimo lasciando che la gang di ragazzacci facciano i carini e coccolosi col crup, ma dal momento che WES si allontana prima « ’ndiamo! Corri WES, corri fortissimo! Facciamo prima di loro! » provando a prendergli la mano per trascinarlo verso il giusto corridoio di siepi, correndo. E poi, dopo qualche corridoio, svolte a destra e a sinistra, eccolo lì: albero sempreverde, le foglie piccole, il tronco invece dimostra l’antica età che possiede, con tanti rami ora innevati, che raggiunge circa i nove metri in altezza, niente di eccessivo ma nemmeno così piccolo. L’imponente chioma dell’albero fa spostare il collo indietro alla Serpeverde che spalanca le braccia. « Ta-dàààààànnn!! » (...) « Signori maghi, Sir Goltraighe » distinguendo i titoli nobiliari (?) « Questo è un Carrubo da bacchetta! » presentandolo agli altri, facendosi più vicino all’albero, anche se si volta verso NIALL stringendosi nelle spalle « Purtroppo no. » ammette riguardo gli onischi. « Credo che Myron li abbia nutriti prima, tra l’altro. » dice sbuffando, più delusa di loro. Gli asticelli, a differenza del crup che li ha portati lì, sono meno facili da vedere e da richiamare.
E quando vede gli altri che corrono, o comunque se ne vanno, lui procede con calma, fino all’albero che osserva, da radici a chioma. Apre pure la bocca per lasciar trasparire l’emozione, « C’hai gli onischi? » chiede a CHARLOTTE, anche se pensa già di ricevere un no.
E` con il fiato un po` corto, le mani infilate nelle tasche e l`atteggiamento di finta casualità che si ferma accanto a CHARLOTTE, girandoci un pochino intorno prima di chiedere «Se stacco qualche foglia di `sto giardino... il guardiano s`offende? O mi staccano una mano con violenza proprio loro?» indica con un cenno del capo una siepe lontana, sporcando le sue parole di una nota irridente «... Che piante sono, a proposito? E questo?» si interessa con insolita curiosità, indicando col mento prima le siepi e poi l`albero, intanto che una delle sue mani scenderebbe a giocherellare distrattamente con un lembo della mantellina della SERPEVERDE.
« Wow » commenta « Ma è un sacco grinzafico oh » e resta a guardarlo anche mentre gli altri li raggiungono. La domanda di TRIS gli fa deviare lo sguardo in uno favore solo per uscirsene con un « Fattela staccare » solo perché ancora ci è rimasto un po` male per il commento di prima.
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“ Adesso Serge e Andrej erano entrambi nella prima classe. Serge era alla sezione "principale" e Andrej alla "parallela". Avevano in comune le lezioni di catechismo, e allora si sedevano accanto. Una volta Andrej disegnò una vignetta durante l'ora di catechismo. Si chiamava Vogliate favorire, miei cari ospiti. La Karmanova la vide e ne fu molto scontenta. "Tutte queste pasquinate," prese a dire disgustata. "Solo chi è perfetto può permettersi di criticare." Ordinò a Serge di cambiare banco. Avevamo già festeggiato l'onomastico dell'erede e avevamo partecipato alla liturgia nell'anniversario della "salvezza a Borki"¹. L'indomani, non so in che posto molto vicino, una bomba esplose all'improvviso e fece un boato spaventoso, proprio mentre suonava la campanella e l'insegnante entrava lisciandosi la barba e facendosi il segno della croce davanti all'immagine, mentre il supplente aveva cominciato a recitare il Beatissimo. Quel giorno la scuola fu chiusa a tempo indeterminato. Mentre pranzavamo, nelle officine all'improvviso le sirene risuonarono in un modo particolare. Dopo un po' udimmo degli spari. Sul far della notte Evgenija andò a informarsi per noi e venne a sapere che quattro uomini erano stati fucilati. I rivoltosi li avevano presi e li portavano per la strada al lume delle fiaccole per sollevare il popolo. Andammo a vedere la sepoltura. I preti avanzavano con visi solenni. "Ecco quelle canaglie," disse la Karmanova e ci spiegò che secondo la religione sarebbero tenuti a stare per il governo, ma loro odiano la Russia e sono pronti a tutto pur di farci carognate. Dietro le tombe suonavano le orchestre delle officine e dei pompieri. Bandiere e stendardi con scritte avanzarono oscillando per quasi un'ora intera davanti alle nostre finestre e alla fine perdemmo interesse. Più tardi venimmo a sapere che al cimitero c'era stata una sparatoria durante la quale Vasja Strižkin era stato ferito da una scheggia. Poveretto, fino alla guarigione non poté né stare sdraiato sulla schiena, né mettersi a sedere. Perché non chiacchierassi, maman mi ordinò di leggere Opere di Turgenev. Le lessi con zelo, ma non mi piacquero più di tanto. Ricominciammo le lezioni più volte per poi rismettere. Cominciammo a usare parole come "meeting", "Centuria nera", "arancia",² "speck". Una volta, quando di nuovo ci fu sciopero, Serge e Andrej vennero da me e mi dissero che avevano appena sgominato la scuola tedesca. Si erano appropriati del giornale di classe. Il "Registro" iniziava così: "Anòchina, Bòldyreva"³. Mi misi a ridere, ma verso sera mi rattristai. Pensai che facevano tutti qualcosa di interessante, mentre a me invece non veniva mai nulla in mente. Anche dove lavorava maman c'erano ogni tanto degli scioperi. Lei era "di destra", ma scioperava volentieri. Una volta mi raccontò che il suo capufficio era stato a un meeting ma aveva deciso di non andarci più, perché mentre si trovava lì s'era accorto di condividere opinioni inammissibili. Lo lodammo. Anche Jampol'skij e Livšic davano dei talloncini con l'indicazione della somma spesa a ogni acquisto, e chi poteva esibirne per dieci rubli riceveva qualcosa. L'allievo Martinkevič, che su incarico del padre aveva comprato gli accessori di cancelleria, ricevette da Jampol'skij un album per versi. Quando noi eravamo a scuola a studiare lui esigeva che gliene scrivessimo. Io lo tenni a lungo quel piccolo album, mi tormentavo perché non sapevo che scriverci. C'erano dei versi intitolati Decotto di salvezza. Cominciavano così: Prendete un'oncia di mitezza aggiungetene due di pazienza. ed erano firmati "Con la mia benedizione, ieromonaco Gavriil". Risultò che il monaco della chiesa di fronte casa nostra era parente di Martinkevič. “
¹Il 17 ottobre 1888 a Borki, una stazione sulla linea ferroviaria Kursk-Charkov-Sevastopol', il treno su cui viaggiava Alessandro III fu colpito da una bomba dei terroristi di Narodnaja volja, ma lo zar e la sua famiglia restarono illesi; in ricordo vi fu fondato un monastero [N.d.C.]. ²Le “Centurie nere” erano organizzazioni antisemite che perseguitavano gli ebrei e organizzavano pogrom; le bombe artigianali fatte dai terroristi erano soprannominate "arance" [N.d.C.]. ³Ossia dei normalissimi cognomi russi [N.d.C.].
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Leonid Dobyčin, La città di enne, traduzione e postfazione di Pia Pera, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 70-72.
[Edizione originale: Город Эн, Krasnaya Nov editore, Mosca, 1934]
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È una scena immersa nell’oscurità quella abitata dalle figure di Tutto Brucia. Siamo in teatro, finalmente, per la residenza creativa del nuovo progetto di Motus che ci mostra una prima tappa del lavoro in attesa del lontano debutto previsto in autunno. Torna alla tragedia antica Motus e lo fa approdando a Le Troiane, testo che amplifica ancora di più il tema del lutto e del rito funebre già presente nel precedente lavoro sull’Antigone. Dalla tragedia all’orazione, da una donna che lotta contro il potere maschilista e militarista che distingue la cultura greca del V secolo a un gruppo di donne che attraverso il lamento condannano quelle stesse leggi violente. L’intreccio è noto: abbandonate su una spiaggia, mentre dietro la loro città è in fiamme, le donne di Troia sono prigioniere in attesa di essere vendute come schiave ai vincitori. E non c’è altro spazio che per il lamento: per le perdite subite, per le violenze e le atrocità senza scopo che ancora sono perpetrate su di loro dai greci, per l’insensata crudeltà della guerra.
Tra terra e cenere, in un paesaggio cyberpunk post-apocalittico fatto di scheletri di un nero che sembra petrolio e di laser luminosi che, come resti di fiaccole dell’antropocene, fendono il buio, si muovono le figure che abitano la scena di Tutto Brucia. Silvia Calderoni e Stefania Tansini attraversano le molteplici figure della tragedia immerse nelle sonorità travolgenti di R.Y.F. (Francesca Morello) che come il deus ex machina della tragedia scandisce e a tratti determina lo svolgimento dell’azione.
Si muovono sulla scena tracciando i passi di donne ferite ma rabbiose, facendo emergere una scrittura scenica che amalgama perfettamente l’aspetto più dolorosamente lirico delle troiane di Euripide e quello più disperatamente rabbioso che caratterizza le troiane nell’adattamento che ne fece Sartre nel 1964. Così Ecuba/Calderoni trascina disperatamente il suo corpo aggrappandosi a un bastone mentre Cassandra/Tansini danza perturbante evocando il dramma che verrà. E ancora Andromaca/Calderoni illuminata dal rosso che penetra da una tenda di fortuna lamenta il triste destino di regina emblema del focolare domestico ridotta a schiava in un paese straniero. E di nuovo Andromaca/Tansini soffre per l’estremo gesto crudele e barbaro dell’esercito greco che getta il piccolo Astiannatte ancora in fasce dalle mura della città.
Sono forti gli echi delle violenze e delle barbarie odierne a tratti evocate nelle brevi frasi che vengono scagliate come per andare a comporre un manifesto di accusa, quel manifesto che aveva composto lo stesso Sartre per condannare ogni guerra imperialista sostituendo, nella sua attualizzazione del testo antico, i Greci conquistatori dei barbari con l’Europa, per non dire l’Occidente tutto.
«Hommes de l’Europe, vous méprisez l’Afrique et l’Asie et vous nous appelez barbares, je crois, Mais quand la gloriole et la cupidité vous jettent chez nous, vous pillez, vous torturez, vous massacrez.»
faceva gridare Sartre alla sua Andromaca mentre stringe il corpo a pezzi del piccolo Astianatte, così l’Andromaca di Tutto Brucia denuncia e la mente non può non andare alle immagini contemporanee dei bambini, quelli che oggi sono nel Mediterraneo, quello che oggi sono lungo la rotta balcanica, quelli che oggi sono in Siria, quelli che oggi sono….
Dietro alla spiaggia descritta da Euripide la guerra di Troia si era da poco conclusa. Vicino alla spiaggia che ospita le troiane di Sartre la guerra d’Algeria era da poco terminata mentre la guerra in Vietnam continuava a produrre morte. Fuori dalla spiaggia di Tutto Brucia «the city is burned» canta R.Y.F.
Motus scarnifica la scena, lascia tutto lo spazio all’azione delle performer, svuota il testo delle parole, e i corpi sofferenti in scena lanciano frammenti di frasi che arrivano ancora più fulminee. E quel lamento stridente, quell’orazione funebre rabbiosa, è ancora più necessaria ora.
*I passages dalla residenza
#passages#Motus#jean paul sartre#le troiane#teatro contemporaneo#performing art#residenze 2021#euripide#Tutto Brucia
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Giulia Cecchettin, un minuto di silenzio nelle scuole | In migliaia alle fiaccolate per la ragazza uccisa
21 novembre 2023 09:26 I movimenti studenteschi, invece, chiamano a “una giornata di rabbia contro ogni femminicidio”. Zaia: “Portare il nastro rosso tutto l’anno” Tgcom24 In migliaia alla fiaccolata per dire no alla violenza sulle donne Sono migliaia le persone che lunedì sera hanno partecipato alla manifestazione organizzata a Padova in ricordo della 22enne di Vigonovo (Venezia). “Se…
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Posted @withrepost • @angidere #4giugno 1989: ricordiamo la strage di piazza #Tienanmen, #Cina #pernondimenticare. La protesta di piazza Tienanmen, denominata in Cina come incidente di piazza Tienanmen o incidente del 4 giugno, fu una serie di dimostrazioni di massa che ebbero luogo principalmente in piazza Tienanmen a Pechino dal 15 aprile al 4 giugno 1989. Esse videro la partecipazione di studenti, intellettuali e operai. Il simbolo forse più noto della rivolta è il Rivoltoso Sconosciuto, uno studente che solo e disarmato si parò davanti a una colonna di carri armati per fermarli: le fotografie che lo ritraggono sono diventate celebri in tutto il mondo. Nonostante l'esito drammatico e un numero complessivo di vittime (morti, feriti e arrestati) ancora oggi incerto, la protesta diede modo all'estero di conoscere la repressione del governo cinese in tema di diritti umani e libertà di espressione. Inoltre, gli eventi in Cina infervorarono ancor di più gli animi dei manifestanti europei, dando nuovo slancio alle rivolte contro i regimi dell'URSS e degli altri Stati del Blocco orientale (stati-satelliti) che avrebbero portato alla caduta del muro di Berlino (quindi anche del Blocco orientale) e alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, evento che segna ufficialmente la fine della guerra fredda, avvenuta nel 1991. In Occidente la protesta di piazza Tienanmen viene considerata un evento fondamentale e importantissimo del XX secolo, ma in Cina il solo parlarne è un vero e proprio tabù. Sebbene su Internet, giornali e documentari si possano trovare varie testimonianze, filmati e immagini riguardanti la protesta, molti documenti di questi e altri generi sono stati occultati dal Partito Comunista Cinese tramite l'utilizzo di censura e disinformazione, permesse dal controllo pressoché totale dei mass media. Ciò diviene particolarmente evidente durante le commemorazioni organizzate per l'anniversario del massacro: ogni anno, in occasione del 4 giugno, si tengono marce o fiaccolate nel silenzio dei mezzi di comunicazione e sotto lo stretto controllo delle autorità... ( continua a leggere: https://www.instagram.com/p/ByRz5NxCPk1/?igshid=1mp2os3bx7b1z) https://www.instagram.com/p/CA_8h9Xq39A/?igshid=lealayxxgg5x
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Le stagioni del mondo d’inchiostro
Sostengo che ogni libro abbia la propria stagione. Non parlo di mode come per i vestiti o gli oggetti. Parlo semplicemente di stagioni, di periodi dell’anno. Ci sono libri che per la loro trama vengono letti tutto l’anno, sono un must, sono accomodanti, sanno adattarsi alla temperatura e al nostro stato d’animo, vanno benissimo sia con la neve sia con l’afa estiva. Ci sono libri, invece, che preferiamo leggere in primavera perché magari la storia è leggera ma intrisa di un significato nascosto che ci apre al mondo e che ci inizia alle calure estive. Trame sottili, fresche, romantiche adatte ad essere vissute sotto l’ombrellone oppure sotto un lucernario, di una casa di montagna quando la temperatura è alta. E poi, viaggi immaginifici che vanno intrapresi d’autunno quando le variazioni cromatiche delle foglie diventano un tutt'uno con il colore dei personaggi e nell'aria c’è quell'odore di castagne che fa venire l’acquolina in bocca. E che dire dell’inverno? Quando la temperatura è talmente fredda che l’unica cosa che puoi fare è coccolarti con un romanzo ristoratore dell’animo? Certo, qualsiasi libro può essere letto in qualsiasi periodo dell’anno, è ovvio. Non si discute. Non è che se si legge Canto di Natale di Dickens, sotto i quaranta gradi cocenti di luglio, si commette un reato. Semplicemente le atmosfere – a parer mio, sia chiaro – stonano un pochino. Mi spiego: se leggessi Canto di Natale d’estate, mi verrebbe voglia di addobbare casa con luminarie e decorazioni varie natalizie oppure mi verrebbe una gran voglia di cioccolata calda. Solo questo. Il libro che sto leggendo in questo momento, è esattamente un libro invernale, anzi, direi che si potrebbe collocare in quel periodo di passaggio tra l’autunno e l’inverno: in cui le giornate sono ancora belle soleggiate, gli alberi hanno ancora le loro foglie gialle, rosse, marroni, verdi ma basta un soffio di vento perché queste vengano strappate bruscamente dai rami e dopo alcune capovolte e giravolte, posate sull'asfalto delle strade e le sere, beh, le sere cominciano ad essere talmente fredde che si è costretti a svegliare dal letargo, quella coperta grigia morbidosa nella quale non si vede l’ora di lasciarsi avvolgere, lasciarsi coccolare. Il libro di cui sto parlando, o meglio, la trilogia di cui sto parlando è La trilogia del mondo d’inchiostro. In pochi giorni ho quasi finito il primo libro. Ora, piccola confessione, in realtà conoscevo già la trama del primo volume perché ne è stato tratto un film che personalmente adoro: Inkheart – cuore d’inchiostro. Certo, più vado avanti con la lettura, più mi sto rendendo conto che libro e film sono molto diversi tra loro, soprattutto nei particolari ma non posso che amarli entrambi. Cuore d’inchiostro è uno di quei libri densi di magia sottile, appena accennata, che si legge quando si ha voglia di evadere in un mondo totalmente sconosciuto dove le storie diventano letteralmente la realtà e i personaggi, da burattini di carta e inchiostro dell’autore, diventano persone di carne, in mondo non loro. È una di quelle storie che si vive fin dai primissimi particolari, fin dalle primissime righe, ci si addentra in punta di piedi per poi ritrovarsi completamente immersi, tanto da non sapere più come venirne fuori. Cuore d’inchiostro è una storia da leggere sul divano, con una tazza fumante al proprio fianco e un bel fuoco crepitante di fronte, in un pomeriggio in cui fuori infuria la tempesta e il freddo avanza. Sembra quasi che i personaggi siano reali e ci si aspetta quasi che da un momento all'altro, da in fondo alla pagina, sbuchi la martora di Dita di Polvere, uno dei personaggi cardine della storia oppure ci si trovi davanti allo stesso Dita di Polvere che con il fiaccole, incanta il pubblico con le sue abilità da mangia-fuoco. Quando si legge la storia e si capisce il suo tradimento iniziale, non si può detestare come tanti altri personaggi, come, per esempio Capricorno. Dita di Polvere è mosso dalla nostalgia della sua casa, è mosso dalla malinconia del suo mondo. Agisce per paura, è tormentato dalla paura. Poi, certo, le sue azioni sono frutto anche dell’egoismo, è vero, ma lui fondamentalmente, è un personaggio buono. A volte incomprensibile, certo, ma pur sempre buono. Cuore d’inchiostro è mondo incantato, senza tempo, non c’è lo spazio per scandagliare i minuti e le ore con una lancetta, accoglie a braccia aperte senza troppe pretese, si adatta, si fa accomodante, prende per mano e guida il lettore tra le strette viuzze dei paesi che lo attraversa, illumina la strada, non incespica, non inciampa, non sbatte il naso ma si confonde tra la boscaglia, si nasconde dal pericolo e aspetta il momento buono per agire.
È un libro, dal quale, non ci si vorrebbe svegliare.
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