#non importare nulla
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chi-va-piano-arriva-dopo · 1 year ago
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“Il mare se ne frega. Al mare non importa nulla di te. Succede a chi è così grande. Non ha tempo per curarsi delle cose insignificanti. Come me. Il mare se frega perché sa che lui ci sarà anche domani. E’ un lusso che a te non è concesso. Hai meno tempo del mare. Per questo dovresti dare valore al tempo che ti rimane. Perché non ne hai. Finché non arriva il giorno in cui fai il punto e di momenti importanti te ne vengono in mente quattro o cinque. Gli altri? Gli altri se li è portati via il mare.”
― Manuel Bova, “Al mare non importa”.
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ROMA. TRUMP-MELONI COMMEDIA TRAGICOMICA IN DIRETTA MONDIALE.
L’incontro tra Meloni e Trump ha confermato che non c’è nulla di nuovo sul fronte occidentale e confermato tutto quello che già sapevamo senza il bisogno di percorrere 7.300 km per andare e altrettanti per tornare con un carico di spese che superano i 10 miliardi di Euro all’anno e l’obbligo di importare il gas liquido americano, con l’aumento dei costi a carico delle famiglie. Niente accordo sui…
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nikysims05 · 3 months ago
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Una promessa di matrimonio fallita:
Nel ritorno a casa Vladislaus è lì ad accoglierli. Leslie non essendo contenta ,lo guarda su tutte le furie... I due parlano subito con toni accesi. Alchè Caleb si avvicina, chiedendo a Leslie come mai conoscesse il suo maestro di vampirismo.
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I due sembrano vaghi,raccontano solo che in passato hanno avuto un battibecco,ma nulla di più. Vlad e Leslie non avendo occasione di parlarsi Senza nessuno intorno... Decidono di salutarsi,e rimandare la loro strana visita alla prossima volta. Finalmente possono mettersi comodi,e Leslie può fare ciò che desiderava... Chiama a lavoro,ormai si era realizzata come scienziata,aveva anche raggiunto il massimo del suo livello lavorativo dopotutto. Si licenzia,ma per iniziare una sua nuova passione.
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Va da Caleb,dicendogli che se non voleva figli,dovevano almeno traslocare...e iniziare una nuova vita,anche nella stessa città...ma con l'hobby di aprire un piccolo asilo,e Caleb accetta. Così è,dopo poco cambiano appartamento nella stessa città,prendendo una casa abbastanza ottima. Metà casa era dedicata all'asilo,e l'altra metà alla loro convivenza,il personale e la famiglia non si sarebbero mai incontrati,e non avrebbero interrotto uno la privacy dell'altro.
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Leslie mette su la squadra...e sotto consiglio di Caleb,per compiacerlo,assume Vladislaus (con cui litigherà spesso anche a lavoro).
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Per il resto Leslie fa di testa sua,prendendo con sé Lilith,e Caleb.
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Tutto trascorre alla grande,ben presto il suo Hobby,diventa un attività ben conosciuta e apprezzata dai genitori del quartiere,
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a Leslie piace molto stare a contatto con i bambini... Visto che lei non può averne per via del suo compagno. Dopo una delle tante giornate terminate,Leslie viene presa da parte da Caleb... "Ascolta Leslie...sei una persona fantastica,ma io voglio ancora divertirmi,capisci? Sono ancora un giovane adulto,non voglio una famiglia,ti amo... Ma voglio essere libero,e frequentare chi voglio,Senza bambini... questo lavoro è nauseante,li detesto!"
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Leslie aveva ben capito la triste verità...voleva lasciarla,se pur amichevolmente. Ma tutto ciò che aveva provato per lui? Venir...spezzato così? A lui sembrava... Non importare... Forse non avrebbe mai dovuto riverargli la voglia di avere una famiglia con lui,ma forse ciò le ha fatto solo capire la persona che era. A malincuore Caleb raccoglie le sue cose,e lascia l'abitazione quel giorno stesso. Leslie chiama Lilith,dicendogli tutto... Lilith stessa capisce la situazione e decide di andare anche via dalla piccola attività di Leslie per non urtarla... probabilmente anche Caleb avrebbe smesso di andarci, e soprattutto Leslie avrebbe sicuramente cacciato anche Vlad,cosa che sicuramente accadrà. Ormai sola...cerca di farsi forza,mettendo su una nuova squadra... Non vuole saperne per ora,forse... Chissà se per lei ci sarà l'occasione di amare dinuovo e di diventare...madre. Nel mentre si perde nelle sue letture maliziose e logiche...
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Sul Sul 💚
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worldofdarkmoods · 6 months ago
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Ci sono momenti nella vita in cui l’urgenza di capire diventa il nostro unico faro. Ci aggrappiamo disperatamente a domande che non trovano risposta, come se il solo sapere potesse curare la ferita, sanare il vuoto, placare il dolore. “Perché è successo? Cosa ho sbagliato? Perché non sono stata abbastanza?” Sono domande che ripetiamo come un mantra, nella speranza che ci diano un senso, un appiglio, una ragione per non crollare.
Eppure, arriva un punto in cui anche l’urgenza di capire si esaurisce. Non succede di colpo, ma lentamente, come un fuoco che si spegne quando finisce la legna. Ti ritrovi a fissare il vuoto con la stessa intensità con cui prima scrutavi il passato, ma senza più la forza di chiedere spiegazioni. È in quel momento, in quella resa silenziosa, che inizia qualcosa di diverso. Non è pace, non ancora, ma una forma sottile di sopravvivenza: l’eleganza di fregarsene.
Ma fregarsene non è come molti pensano, non è un atto di superficialità o indifferenza. È, al contrario, una decisione dolorosa, presa dopo aver dato tutto ciò che potevamo dare, dopo aver lottato con tutto ciò che avevamo dentro. È la scelta di smettere di cercare risposte dove non ce ne sono, di smettere di inseguire chi non vuole essere trovato, di smettere di credere che ogni cosa debba avere un senso.
Quando arriva quel momento, non è liberatorio come ci avevano detto. È strano, quasi inquietante. Ti senti vuota, ma allo stesso tempo più leggera. È come se un peso immenso fosse stato tolto dalle tue spalle, ma insieme a quel peso se ne fosse andata anche una parte di te, quella parte che credeva ancora, che sperava ancora. E ti chiedi se sia giusto così, se sia giusto smettere di voler capire, smettere di lottare, smettere di importi.
L’eleganza di fregarsene non è un traguardo glorioso, ma una conquista silenziosa, quasi amara. È imparare a lasciar andare, non per forza perché vuoi, ma perché devi. È guardare ciò che un tempo ti distruggeva e riuscire, con uno sforzo immenso, a non lasciare che ti tocchi più. È camminare su una strada disseminata di ricordi e ferite e promettere a te stessa che non ti fermerai, che non ti volterai più indietro.
Ma ciò non significa che il dolore sparisca. Lo porti con te, come un’ombra, come un peso che non senti più sulle spalle ma che ti accompagna comunque, in silenzio. E a volte ti chiedi se fregarsene sia davvero una forma di eleganza, o se sia solo una maschera che indossi per nascondere il fatto che ti sei arresa.
Ci vuole coraggio per smettere di voler capire, per accettare che alcune cose non hanno un perché, che alcune persone non hanno un posto fisso nella tua vita, che alcune ferite non avranno mai una cura. E forse l’eleganza di fregarsene sta proprio qui: nella capacità di convivere con l’incertezza, con l’assenza di risposte, con il vuoto che rimane.
Fregarsene non significa non sentire più nulla, ma imparare a non permettere a ciò che senti di consumarti fino all’osso. È un equilibrio delicato, una danza fragile tra ciò che eri e ciò che stai cercando di diventare. È un atto di ribellione contro un mondo che ti ha ferito e un atto di amore verso te stessa, verso ciò che resta di te dopo tutto questo.
E così continui a camminare, non perché hai smesso di sentire, ma perché hai imparato a convivere con il peso di ciò che hai perso. Non perché hai trovato risposte, ma perché hai accettato che non tutte le domande ne hanno una. Non perché non ti importa più, ma perché hai scelto di importare di più a te stessa. E in questa scelta, dolorosa e difficile, c’è una bellezza strana, una forma di eleganza che non tutti possono capire.
Forse è questa la vera forza: fregarsene non di ciò che è stato, ma di ciò che avrebbe potuto essere, per tornare finalmente a ciò che sei.
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precisazioni · 1 year ago
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penso alla morte abbastanza spesso, a volte anche ogni giorno. è un pensiero che mi accompagna da diverso tempo e che si è sviluppato congiuntamente a maturità emotiva e umore: dieci anni fa ci pensavo quasi a indicare una comfort zone, mi addormentavo fantasticando il suicidio e, uscendo di casa, guardavo dal finestrino dell'autobus quali condomìni avessero i portoni aperti, nell'idea di trovare le forze per salire fino all'ultimo piano. oggi il pensiero della morte è assai diverso e assume un significato metafisico; non sono credente ma neppure ateo: penso che non abbiamo i mezzi per sapere, che si tratti di atti di fede, ma in genere, nel caso una divinità esistesse, non credo gli possa importare qualcosa dei nostri comportamenti. sono appassionato di astronomia dalla prima infanzia: l'universo è enorme da essere inimmaginabile e l'idea che esista un essere senziente a cui importi se ci masturbiamo o altro, ben poco si allinea all'imponenza di una supergigante blu o alla pressione gravitazionale che esercita un buco nero. quindi, la morte, è divenuta nei miei pensieri l'annullamento del proprio io e, risolta la depressione, ha iniziato a farmi paura; mi capita di pensare al nulla e di angosciarmi per questo. un conforto lo reca il pensiero di una possibile anima o della reincarnazione, ma anche qui si tratta di fede e non so se un concetto simile possa essere compatibile in un universo che, per come si suppone andrà a finire, sarà destinato alla massima entropia e cioè alla disgregazione di tutto. non ho ancora assimilato che, una volta terminata la mia coscienza, tutto questo non sarà un problema per me; questa stessa cosa, al contempo, aiuta a ridimensionare i problemi e mi da una mano nel dare la giusta percezione alle mie ansie. soprattutto, mi fa pensare quanto sia inutile l'attitudine bellicosa, xenofoba, capitalista, razzista, e quanto sia ridicola la megalomania di chi fa figli per diffondere il proprio genoma o di chi vede nei grandi letterati o condottieri dell'antichità esseri immortali, come se non fossero comunque relegati al nostro angolino di mondo, come se la storia umana non sia solo una cultura, una delle possibili narrazioni e che una volta morti non ce ne fregherà nulla
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sillywinnerpatrol · 14 days ago
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Tanto rumore per nulla, per me invece era prevedibile che Giorgia Meloni non votasse al referendum. I quesiti sul lavoro sono a tutela dei diritti dei lavoratori, contro i licenziamenti ingiusti, contro il precariato, per la loro sicurezza. Se avesse voluto fare qualcosa per loro non avrebbe demolito il decreto dignità, avrebbe preso seri provvedimenti per garantire la sicurezza, avrebbe accettato di dare a chi lavora un salario dignitoso.
Ma la verità è che Giorgia Meloni nel suo cv ha un certo “vuoto” alla voce “LAVORI SVOLTI”. In pratica non ha mai lavorato, cosa ne può mai capire delle difficoltà di chi ai spezza la schiena per sopravvivere, di chi subisce ingiustizie, di chi viene sfruttato, di chi rischia la vita sul posto di lavoro? Cosa può mai importare della povera gente a una che fa politica da trent’anni e che occupa uno scranno in parlamento dal 2006?
Ha detto che andrà a votare ma non ritirerà le schede (che equivale a non votare)🤣
Siamo curiosi, quando va a mangiare il gelato, il gelato lo compra?
Se va al cinema, in sala ci entra?
E per quanto riguarda il 5º quesito, a ognuno libertà di coscienza ma mica stiamo chiedendo di dare la cittadinanza agli irregolari o ai delinquenti! Parliamo di persone già stanziate e incluse. Suvvia, siamo seri.
Neanche nei film comici potevano disegnare una presidente del consiglio così ridicola.
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alephsblog · 2 months ago
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È stata una giornata di caos, dentro e fuori dai mercati, amplificata dai social, alimentata dal panico e dai tentativi scoordinati di diversi Paesi di spegnere l’incendio, implorando gli Stati Uniti di tornare al tavolo delle trattative. Qualcuno cercherà di leggerci una vittoria, magari perfino di celebrarla come prova della brillante strategia di Trump. Ma non c’è nessuna vittoria in una borsa che crolla a picco, nei miliardi bruciati dai fondi pensione della gente comune, nelle piccole imprese che soccomberanno sotto il peso dei dazi, o in quelle che non resisteranno alla tempesta finanziaria scatenata da una politica improvvisata e rabbiosa. Ogni azienda che chiude si porta dietro posti di lavoro cancellati, vite stravolte. E l’effetto domino del 2008 è lì a ricordarci che, in certe crisi, gli unici a sorridere sono gli hedge fund, gli speculatori dello short selling, chi punta al ribasso e poi raccoglie i resti a prezzi scontati.
E in mezzo a queste rovine fumanti, in questo panorama di incertezza e miliardi andati in fumo, chi mai dovrebbe investire nelle tanto sbandierate industrie manifatturiere americane? Le fabbriche non nascono dal nulla: servono capitali, competenze, una filiera che si costruisce nel tempo. Ma in un Paese che da decenni ha abbandonato certe pratiche industriali, questo significa inevitabilmente dover importare tecnici e manodopera qualificata, facendo ricorso proprio a quella immigrazione che la retorica populista non smette di demonizzare. È un paradosso grottesco. E anche ammesso che, per miracolo, si trovassero oggi investitori pronti a rischiare — investitori che stanno già vedendo i loro capitali prosciugarsi — ci vorrebbero comunque anni per mettere in piedi una produzione locale. E a quale costo? Dieci volte superiore rispetto alle importazioni, in un’economia impoverita, in cui difficilmente esisterebbe un mercato per acquistare prodotti così cari.
È il cortocircuito perfetto di una strategia che ha bruciato il futuro prima ancora di iniziare a costruirlo. O forse, verrebbe da pensare, senza neanche essersi mai posta davvero il problema. Perché questa è l’essenza stessa del populismo: cavalcare la rabbia del presente senza preoccuparsi delle conseguenze, alimentare promesse impossibili senza un piano per realizzarle. Il populismo funziona nell’immediato, vive di slogan, di risposte facili a problemi complessi, ma si scontra puntualmente con la realtà quando si tratta di trasformare la rabbia in costruzione, il consenso in progettualità.
Il populismo è il tramonto della democrazia, la devastazione di una società che si autocannibalizza, è il deserto del pensiero razionale, dove le illusioni crescono solo per bruciare al primo sole della realtà. È la terra sterile della post-verità, che promette raccolti miracolosi ma non produce altro che macerie.
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r-roiben-r-blog · 8 months ago
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Capitolo Quattro
Si sono appena accomodati attorno a un tavolaccio in una taverna sovraffollata, una delle tante che si possono trovare a Santarém. Al pilota in sua compagnia non sembra tuttavia importare troppo di essere circondato da così tanta gente, voci, luci, musica e odori spesso discordanti o incomprensibili. Sorride, invece, appoggiando la schiena contro il muro alle sue spalle, lo sguardo che vaga sfarfallando per il locale.
Salud approfitta della sua distrazione per studiarlo con più cura. È così orribilmente giovane. Il piccoletto ha il suo bel da proclamare di essere ormai quasi maggiorenne: sembra un ragazzino anche guardandolo da così vicino e in piena luce. Chissà da dove diavolo è saltato fuori quel folletto biondo con le sue piccole ali rosse e bianche. Forse glielo chiederà, dopo tutto. Anzi, che diavolo: sicuramente glielo chiederà. È troppo vergognosamente curioso di saperne di più per potersi permettere di essere discreto, di avere la pazienza di aspettare che si decida a sbottonarsi spontaneamente.
Ma intanto sarà il caso di fare, finalmente, le dovute presentazioni, perché ancora non ha la più pallida idea di come dovrebbe chiamarlo. «Ehi, io sono Salud, a proposito» annuncia, tendendogli una mano e sfoggiando un gran sorriso per provare a invogliarlo.
Il pilota non sembra troppo impressionato dai suoi maldestri tentativi. Reclina appena un poco il capo di lato e lo sogguarda pensieroso, spostando i suoi occhi blu dal largo viso bonario alla grossa mano tesa di Salud e viceversa. Sembrerebbe indeciso sul da farsi. Eppure infine si risolve a offrirgli una qualche replica, anche se forse non era quel che il meccanico si attendeva.
«Penso tu possa chiamarmi Plata» proferisce in un bizzarro tono pensieroso.
Salud sfarfalla le ciglia, perplesso. «Vuol dire cosa: che non sei sicuro di come ti chiami? O che non lo sei riguardo al dirlo a me?»
Ora il pilota torna a sorridergli. Così è molto meglio, deve ammettere Salud. «Nessuna delle due. Conosco il mio nome, ma non lo uso da un po’, da quando sono partito per questo viaggio. Quindi, se non ti dispiace, continuerò a fingere che non esista.»
È un po’ sorpreso. Parecchio, in verità. E non sa se ha capito nel modo corretto quel che gli sta dicendo il ragazzo. Quel che invece sa è che le domande che si accumulano nella sua testa su di lui stanno inesorabilmente aumentando invece di diminuire, così come del resto accade con la sua curiosità.
«Beh, d’accordo. Un nome è pur sempre meglio che nessun nome. Non è come se potessi chiamarti Ehi all’infinito, no?»
Plata ride. Salud si sente decisamente soddisfatto per quel risultato.
«Sei buffo» gli butta lì il ragazzo, in un ansito mezzo soffocato dal divertimento.
Le guance di Salud si gonfiano. «Come sarebbe, buffo?» replica un po’ indispettito.
«Sarebbe che sei divertente e mi fai star bene.»
«Oh…» affanna impreparato, avvertendo il volto surriscaldarsi (di nuovo, accidenti!).
Qualche momento dopo giunge finalmente la loro sospirata cena, e i minuti seguenti vengono occupati nel farle i dovuti onori in un silenzio disteso, accompagnato dalla musica che riempie il locale quasi quanto fanno gli avventori.
Di tanto in tanto Salud si attarda con lo sguardo sul suo compagno di tavolo. Sembra un cucciolo di lupo. Si sta abbuffando come se dovesse fare rifornimento, o come se temesse di lasciare indietro qualcosa e doversene pentire in seguito. Di certo non è il tipo che fa complimenti. Si sofferma a riflettere, ancora una volta, sulla comparsa di questo pilota nel loro cielo, del suo modo di apparire quasi dal nulla e irrompere di prepotenza in quel loro mondo. Cruccia la fronte, perplesso: chissà dove diavolo lo mette tutto quel cibo? È sottile come un giunco, eppure sembra senza fondo. Può darsi che abbia trovato difficoltà e procurarsi dei pasti regolari, in quel suo stravagante viaggio? Non ha modo alcuno per saperlo. O meglio, uno ci sarebbe, ma non è sicuro che il ragazzo vorrebbe offrire di buon grado la sua collaborazione per chiarire i dubbi di Salud.
«E, senti, posso chiederti da dove sei arrivato con quel tuo aeroplano?» arrischia Salud, con la pazienza di attendere ormai agli sgoccioli.
Plata lo valuta nuovamente con lo sguardo. I suoi occhi sembrano ora terribilmente seri, e poco rimane della luce allegra di qualche istante prima. Può darsi non sia stata la domanda giusta da porre, dopo tutto.
«Dal nord» è infine la succinta replica che ottiene.
Salud batte le palpebre, incerto. La sua risposta è stata un poco vaga. Cosa può significare “dal nord”? Dalla Colombia? Forse dal Messico? Quanto a nord, poi? Di certo non dall’Alaska, giusto? Non che Salud ne possa sapere granché di quel che è giusto. Magari viene davvero dall’Alaska. I colori sono quelli giusti, dopo tutto. È abbronzato, certo, ma magari dipende dal fatto che è in giro per il sud da un po’ di tempo.
Il pilota lo sta ancora osservando, ora con uno sguardo incuriosito. Salud ha l’impressione di scorgere una sorta di aspettativa nei suoi occhi. Decide di tentare, mal che vada lo manderà affanculo intimandogli di farsi i cazzi suoi. Non sarebbe la prima volta che gli capita. Può sopravvivere benissimo a questo.
«Quanto a nord intendi?»
Le labbra di Plata si arricciano in un piccolo sorriso. «Sai dov’è il Michigan?» lancia pacifico.
«Euh… No…» dubita.
«Beh, vediamo. Il Canada lo sai dove sta?»
«Oh, quello sì!» esulta.
«Ecco. Hai presente che a sud-est ci sono i Grandi Laghi, giusto?»
«Mhh…» mugola, riflettendo sulle sue scarse conoscenze geografiche. «Credo di sì» tenta, visibilmente incerto. «Sono qualcosa come quattro o cinque e confinano con gli Stati Uniti.»
«Proprio così! Uno degli stati federati è appunto il Michigan, che a sud confina con il Canada e tre dei suoi cinque laghi.»
«Brrr!» esclama Salud, tremando alla sola idea di tutto il freddo che farà in quel posto.
E Plata ride di nuovo, sembrando sinceramente rallegrato dalla reazione di Salud, così quest’ultimo non prende troppo sul serio quel che immagina essere una delle sue innumerevoli figuracce.
«Sì, in effetti fa piuttosto freschetto lassù» ammette, stringendosi nelle spalle.
«Ed è per questo che sei venuto quaggiù?» si informa Salud.
«Non proprio.»
Lo osserva. Non ha l’aria di uno che abbia intenzione di dilungarsi oltre sui suoi motivi. Forse non portano a ricordi piacevoli, chissà. Magari Salud dovrebbe semplicemente lasciar perdere le sue indagini non troppo velate e permettere al ragazzo di tirare il fiato dopo quel che immagina essere stata una serata piuttosto movimentata.
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k4rflo · 2 years ago
Note
Dipende da quanto amore c'è.
Se dici che vuoi ricucire o far er nodo vuol dire che si è rotto e se si è rotto vuol dire che non c’era poi così tanto amore da una delle due parti,
E poi al giorno d’oggi parlare di amore è quasi insignificante.
La generazione della quale faccio parte almeno, non sa cosa sia la lealtà e la comunicazione.
Odio l'amore "tossico", tutti pensano che sia carino.
Le persone sono davvero egoiste e possono trascurare quanto sei stato li per loro quando avevano bisogno di qualcosa.
La maturità non arriva con l'età, ma con i fatti.
Acta non verba mi dissero una volta.
Cercare di spiegare come ci si sento nei confronti di qualcuno ogni volta finisce in una discussione e causa problemi.
Sono arrivato al punto che preferisco fare l'indifferente e non affezionarmi piu a nessuno perché protegge i miei sentimenti e la mia persona.
Le persone sono cattive, sono ipercritiche con qualsiasi cosa e sono piu capaci a manipolarti e a giocare con i tuoi sentimenti che ad amarti.
Nessuno sa come menzionare correttamente i problemi, parlarne e andare avanti senza serbare rancore, perchè è piu facile ignorare una persona o chiuderci piuttosto che parlare e risolvere insieme, tutti hanno TROPPO e dico troppo orgoglio per ammettere quando hanno sbagliato e chiedere scusa.
Ora come ora se mai dovessi avere una relazione o questo filo che dici tu avrei i seguenti desideri il tempo, comunicazione, lealtà e rispetto ed è tutto
Tutta roba GRATIS insomma
E sicuramente non voglio insegnare a una persona come trattarmi.
Ne tantomeno insistere.
Se qualcuno ti vuole dovrebbe venire naturale no?
Non mi piace la sensazione di svegliarmi ogni giorno e chiedermi se questa persona prova qualcosa per me o farmi mille domande su cosa siamo, odio il cambiamento di comportamento e la freddezza perché poi sento che è colpa mia, odio la sensazione di star lottando per qualcuno che nemmeno mi vuole o che non sa dimostrarlo e odio elemosinare attenzioni da qualcuno che un giorno ti vuole e l'altro se ne frega.
lo voglio conoscere una persona per quella che è, voglio sapere come sta, cosa fa, a cosa pensa, le sue passioni e che mi dedichi il suo tempo come io sono disposta a fare col mio, ma alla gente sembra non importare abbastanza, oggi tutti ti vogliono conoscere per portarti a letto e ignorarti il giorno dopo come nulla fosse mai successo perche è piu facile, giusto? Oggi ci si conosce per un mi piace alla storia o un "eii" in direct e si conosce qualcuno con la consapevolezza che finirà male.
Non esiste più il romaticismo e il rispetto di una volta. Non puoi piu nemmeno fidarti di qualcuno perchè finisce per deluderti come tutti gli altri. Le persone sono tutte uguali, non ne vale la pena.
Quindi dimmi esiste veramente tutto questo amore?
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bones39 · 2 years ago
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Abbiamo dato un costo alla cultura, scegliamo di produrre a basso costo, scegliamo quantità e non qualità, soprattutto scegliamo di inserire pubblicità ovunque come una mitraglia e nei talk show è più facile, scegliamo la velocità, l'incompletezza, la superficie, la leggerezza mentre insinuiamo la paura, il dubbio, l'insicurezza.
Mentre i nomi si fanno abitudine verso il prossimo gradino di allerta.
Il mondo finisce ma tu hai il culo sul divano.
Scegliamo di rimandare, la protesta che non leggi sul giornale, scegliamo davanti a un caffè di scorrere, al massimo un brontolio, se ancora c'è il diritto.
Scegliamo di importare, a partire dalle politiche e dalla gestione del capitale. Scegliamo il controllo, la vendita dei dati, tracciamo i nostri figli come noi siamo tracciati e debitori. Insinuiamo un controllo che non abbiamo, mentre non si trova più un libro, mentre non puoi fare nulla senza un accurato esame dei tuoi movimenti. Ma, tanto, a mettere in piazza la nostra Intimità, i nostri legami e pensieri già siamo abituati. Neanche se il male corresse lungo i cavi, nostri carcerieri, ne faremmo a meno.
L'ultimo, alla fine del mondo, riemergerà da sotto la terra, in cunicoli di carta riflettente, conservando un museo di libri nel bunker di solitudine e silenzio, con cibo in polvere e reciclo delle evacuazioni nella serra sotterranea. Dirà d'averlo imparato in un gioco, dirà a nessuno che lo ascolta e, pazzo e non visto, si piegherà in ginocchio al metallo come si fece al cemento.
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orsopetomane · 2 years ago
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Pensieri sparsi
#1
Quando uno stronzo ti chiede quanto guadagni con la tua arte, non lo fa quasi mai per genuina curiosità. Lo fa con malizia. Quelli non danno valore all'arte, non leggono, non si emozionano e non pensano a tutto ciò che reputano "accessorio", inutile e al di fuori delle cose che si possono vendere, guidare o mangiare.
Ma - a prescindere dal fatto che a quei bastardi non importa nulla di te, e che a te non deve importare di loro - questo approccio terra terra innesca inevitabilmente una riflessione sull'effettivo valore dell'artista e sul peso monetario di ciò che produce.
Ricordo che parecchio tempo fa realizzai una vetrina a fumetti per una mia "amica". Era pieno inverno, e disegnare bene coi guanti era pressoché impossibile, perciò me ne stetti al freddo per tre mattine e tre pomeriggi a imbrattare quella maledetta vetrina, finché le mani non mi si coprirono di bolle rosse - e poi anche i gomiti. Sembra un racconto di Dickens molto approssimato, ma è così. E da quella volta, ad ogni inverno le mani e i gomiti mi si ricoprono delle stesse identiche bolle. Non era la miglior vetrina della città, ma si presentava bene. Ed era in assoluto la più grande. Dimentichiamoci per un attimo le manie di compensazione: lo spazio a disposizione era tanto, avevo parecchia energia e non mi importava troppo di quanto tempo ci avrei impiegato. Non ho più visto una cosa simile in termini di formato, gli anni successivi.
E alla fine, la mia "amica" mi ha pagato con un grazie e un toast.
Ero un ragazzino, ero ingenuo e pensavo di non meritare credito, ma il mio lavoro era pur sempre lavoro. Era lavoro.
Neanche 20 euro mi ha dato.
#2
Il mio unico problema, quando si tratta di collaborazioni, è che io ho degli standard.
Niente di troppo elitario, intendiamoci.
Diciamo solo che, a differenza di certi colleghi, io non partecipo a ritrovi di associazioni il cui fondatore è un venetista che rivendica l'autonomia regionale.
Né lascio che i miei testi vengano letti da invasate new age convinte di poter guarire dal Covid spalmandosi di olii profumati.
Né chiedo di essere pubblicato da una casa editrice specializzata in deliri religiosi, pseudoscienze e ufologia.
Non è solo questione di principio. È che il cattivo gusto di questa gente mi mette addosso una miseria indescrivibile.
#3
Molti vivono cercando continuamente la scarica di adrenalina, io sono grato per i rari momenti di quiete e li considero dei preziosi regali. Perché effettivamente lo sono.
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abr · 10 months ago
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Questo lo sa chiunque sappia far di conto e abbia tempo e voglia di capire. La massa non lo fa, ma non lo ha mai fatto. Nulla di nuovo. In più, l'obiettivo NON E' sostituire uno a uno auto endotermiche con elettriche: il vero obiettivo è TAGLIARE il numero di persone con libertà di movimento, così sporcano meno, per rinchiuderle nelle famigerate "città in quindici minuti". Assieme ai neoschiavi migranti, nel degrado per molti ma non per tutti.
La transizione energetica imposta al Mondo da ?? (Spoiler: la CIna) ma di cui tanti se n'approfittano: il paragone migliore imho è quello di una GUERRA MONDIALE, alla fine non si capisce perché l'abbian fatta e chi ci guadagni, non è detto sia chi l'ha iniziata. E non c'è mai una sola "mente", il cattivone di turno, si parte sempre con un concerto implicito, una tacita accettazione post calcoletti fallaci.
Ci sono le vittime collaterali (l'industria dei motori, certe economie come quella tedesca, le libertà inveterate di movimento delle genti ma anche molta roba bollita e decotta); c'è chi ci ha fatto e ci fa del gran business sul piano finanziario; é anche, come tutte le guerre, una spinta potente a un certo tipo di innovazione, vedi Tesla.
Poi ci sono i follower furbi i quali, come nella corsa all'oro del Klondike, vogliono il loro pezzettino: ecco a voi la massa degli im-prenditori delle rinnovabili. I più Klondike sono quelli che si fanno finanziare, comprano la terra, pagano (non sempre) gli studi di prefattibilità, poi quand'è ora di tirar fuori i soldi veri per costruire, provano a rivendere la concessione a quelli con le spalle larghe tipo Total Enel Eni etc.; peccato che al vaglio di calcolo costi-ricavi futuri, ne passa una su dieci a essere ottimisti (una su venti nel WInd), e solo perché la pressione governativa sottoposta alla pressione mediatica pagata dai CINESI, impone di far qualcosa.
Ora va il BESS (Battery Storage per la Rete) ma anche lì si fa finta di niente: con varie decine di ettari per sito "coltivati" a container colmi di batterie elettriche, se s'innesca un incendio, chi e come lo ferma? Ci sono altre tecniche per conservare l'energia, tutte invasive e costose: vedi pompare acqua in invasi di giorno e farla scendere di notte.
Questo lato produzione di energia "pulita" (perché altra nun ze po' fà cchiù). Si apre poi il tema vero oggetto del post, la DISTRIBUZIONE. E' la prossima miniera d'oro, ma solo per i giganti, i "concessionari". E' un tema duplice:
a) c'è il fronte interno, casa per casa, auguri: le Hera e Acea varie venderanno di tutto e di più, incluse "assicurazioni" che l'energia acquistata sia solo verde - hahah -ma i blackout sempre più ricorrenti rimarrranno tutti e soli problemi vostri: preparate generatori d'emergenza DIESEL come nel Terzo Mondo e disconnettete dalla grid il vostro solare sul tetto (non tutti sanno che nei blackout spengono anche l'autoproduzione),
b) c'è poi il fronte approvvigionamento internazionale. Tutti sanno che le risorse nazionali non basteranno (non bastano già da decenni), a maggior ragione dato che si va affermando l'idea di NON importare più gas e petrolio o carbone - i viaggi sporcano - ma di lasciare le centrali "sporche" nei paesi produttori (hai capito quelli che la Sostenibilità: so' i soliti bimbi nimby) e importare l'energia elettrica prodotta.
Oppure, o in più, la soluzione è importare l'idrogeno, magari usando le pipeline del gas esistenti. L'idrogeno rimuove la necessità di pesanti delicate e pericolose batterie nei motori elettrici, generando elettricità all'istante assorbendo ossigeno dall'aria come un motore a scoppio normale, poi elettrolisi inversa con sottoprodotto acqua, non gas serra e inquinanti come i motori endotermici. Ah che bellezza. Si, peccato che O più H2 uguale HINDENBURG, presente?
Perché poi importare H2? E' l'elemento più comune nell'universo! Si, però sul Pianeta di libero non ce n'è: lo si trova solo associato a O (acqua) o C (metano) e non potendo prenderlo dalle Nubi Galattiche bisogna PRODURLO. Quindi o dal gas metano (H2 cd. "Blue") ma il sottoprodotto è la famigerata CO2; oppure dall'acqua mediante elettrolisi (H2 cd. "Green"): il sottoprodotto è ossigeno, ci siamo! Peccato che sia processo che richiede grandi quantità di elettricità (per produrre 100 si consuma 90), altamente inefficiente. Al che l'ideona: coprire i deserti di specchi solari e fargli fare l'elettrolisi "a gratis" a casa loro. A noi che IMPORTA.
Insomma è una GUERRA, una sola su tanti fronti: si sa solo che è iniziata, non è chiaro perché e chi l'abbia voluta (sterilissimo dibbattito): i Verdi o Greta? hahahah, so' i Gavrilo Princip, i Lee Harevy Oswald de' sti tempi senza palle. Oramai la massa non sa perché diamine si combatta: sa solo che BISOGNA FARLO, chi comanda non tollera defezioni. Da cui la pressione sul controllo della informazione: TACI il nemico ti ascolta.
Vittime collaterali sempre di più, approfittatori anche ma qualcuno di questi si fa male. Inutile frenare oramai ci siamo in mezzo, anzi si tratta di ACCELERARE PER USCIRNE VIVI E VINCENTI. Finirà anche questa, se acceleriamo finirà prima. Alla fine avremo un mondo nuovo, forse migliore per certi versi, di certo non per e con tutti. Tanto poi si ricomincia: è il SAMSARA, il flusso comune dell'imperfezione mondana.
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QUANDO LA RAGIONE SI TRASFORMA IN FOLLIA E LA FOLLIA SUPERA IL LIMITE
La potenza impegnata per uso domestico è, di solito, 3 kWe. Un condominio di 100 famiglie impegna complessivamente una potenza di 300 kWe, che in un giorno (24 ore) diventano 7200 kWh, in un anno diventano 2628000 kWh (2628 MWh).
Se volessimo ricarica un'auto elettrica con batteria di capacità pari a 90 kWh, teorizzando un rendimento di ricarica dell'85%, avremmo di bisogno di 37.5 ore. Volendo ridurre i tempi di ricarica a poco più di 1 ora, avremmo di bisogno di una potenza impegnata di 105 kWe. Ma 105 kWe sono pari a più della metà del condominio e il tutto per una sola auto.
Facciamo finta che nel condominio di 100 famiglie tutti abbiano un'auto elettrica con batteria della capacità citata e il condominio ottiene il via libera per 100 stazioni di ricarica "media" da 105 kWe.
La potenza impegnata è pari a 105000 kWe, ovvero 105 MWe, ovvero 105 MWh di energia, ovvero quasi la potenza di un reattore nucleare modulare (SMR) come il Liong One cinese da 125 MWe!
Giusto per fare comprendere la proporzione, con 105 MWe si alimenta una città (senza industrie, naturalmente) di 35 mila abitanti! Adesso provate ad immaginare una città con, almeno, la metà del parco auto circolante di tipo elettrico e tante stazioni di ricarica dalla potenza di, almeno, 105 kWe.
Milano, inteso come Comune, conta su 1.4 milioni di abitanti, e con il 50% di 1807123 parco auto, le vetture elettriche sarebbero 903561. Volendo considerare che tutte le auto vengano ricaricate con colonnine rapide da ipotetici 105 kWe (in realtà si stanno diffondendo, insieme a quelle da 200 e oltre kWe, ma sono pochissime, la stragrande maggioranza sono da 36 kWe, ma noi agiamo ipoteticamente per consentire una ricarica in poco più di 1 ora), la potenza impegnata sarebbe di 948739605 kWe, pari a 94873,905 MWe, pari a 94,873905 GWe di potenza elettrica effettiva! Per giuste proporzioni, un reattore nucleare coreano APR-1400, dello stesso modello costruito in 4 unità negli Emirati Arabi Uniti, eroga una potenza massima netta di 1400 MWe, ovvero 1,4 GWe, e ne sarebbero necessari ben 68!
Qualcuno potrebbe obiettare: "Non è detto che tutte le auto si connettano contemporaneamente per la ricarica". Vero, ma la statistica dimostra, che la ricarica viene tendenzialmente effettuata nelle ore serali/notturne presso il proprio domicilio (in Italia per chi può permetterselo, in Germania e negli Stati Uniti è la prassi), più raramente presso le colonnine dislocate nei punti di ricarica urbani avviene di giorno. La statistica stessa ci viene incontro informandoci che ci sarà almeno una volta al giorno un momento in cui le auto possono essere collegate tutte insieme per la ricarica, e quella potenza va coperta, pena un inesorabile crollo delle linee e un prolungatissimo black-out che porterebbe dietro di sé, non la Lombardia, non l'Italia, ma l'Europa intera, date le interconnessioni transfrontaliere.
Ammesso che i cittadini si "accontentino" di ricaricare le proprie auto alla potenza massima di 3 kWe, sarebbero comunque necessari 2710683 kWe, 2710,683 MWe, 2,710683 GWe di potenza per ricaricare, in un tempo stimato di 38 ore circa, il 50% delle auto di Milano, quindi 2 reattori nucleari APR-1400.
Qualcuno afferma di volere ricaricare le auto elettriche, di giorno e con i pannelli FV. Torniamo all'esempio delle colonnine da 105 kWe, tanto il sole è gratis, giusto? I pannelli FV in condizioni standard hanno un rendimento del 13% (in termini largamente benevoli, perché raramente si arriva a superare il 10% reale...). Il 13% di rendimento è considerato come valore massimo in condizioni di perfetta perpendicolarità del pannello FV rispetto all'irraggiamento solare, alla temperatura di 25°C e al livello del mare. La variazione dell'angolo incidente, della temperatura e della pressione atmosferica riducono sensibilmente il rendimento effettivo...
Considerata la costante solare K = 1 kW * m-2, 1 metroquadrato di pannello FV erogherà una potenza massima di 130 Watt...
Per ottenere una potenza massima di uscita pari a 2,710683 GWe saranno necessari 20851407,692 m*-2 di pannelli fotovoltaici... credo le proporzioni, adesso, siano ben chiare! Continuare a fare conversazione su questi numeri, credo, sia inutile. Al netto degli impatti ambientali per la produzione delle batterie, dei pannelli FV, della loro installazione sul suolo, anche e solo parlare di elettrificare anche una parte del parco circolante di una città come Milano, figuriamoci del mondo intero, sia un qualcosa di improponibile, al netto, che senza reattori nucleari, la ricarica potrebbe essere assicurata per non più di 5,479 ore/giorno in media di irradiazione solare annue in Italia... Meditare, gente, meditare...
F. Arnò.
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deathshallbenomore · 4 years ago
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in tutto ciò. per tornare alle nostre attività abituali, perché la mia collega mi ha detto “chissà quando ci daranno questa legge [zan]” PERCHÉ. COSA INTENDEVA. È UN QUALCHE TIPO DI SEGNALE? e soprattutto, perché non capisco mai un cazzo? MAI SIGNORA MIA, MAI
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foreverblondie23 · 8 years ago
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berlyna · 8 years ago
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"Ultimamente è come se non mi importasse più di niente."
( @asthemooon )
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percival895 · 1 day ago
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Allora secondo te il Papa è blasfemo, ok. Quello che dici della Bibbia significa che non sai di cosa parli. Concludendo come ho premesso che non gliene frega a nessuno con cui stiamo noi, che è un modo molto gentile di dire che non gliene frega a nessuno con chi stai tu. Tanto noi non contiamo una cippa perchè le democrazie funziono così. Possiamo sostenere chi ci pare non cambia assolutamente nulla, hanno già deciso per noi i soliti noti. Israele non cadrà ma forse tutto questo entusiasmo per la guerra gli sta passando, l'Iran invece probabilmente cadrà e visti i precedenti Iraq-Siria-Libia-Somalia-Libano arriveranno in Europa milioni di profughi e il terrorismo aumenterà. Nel frattempo la legalità internazionale non vale più niente quindi se non spenderemo decine di miliardi in armi prima o poi qualcuno ci verrà a importare la teocrazia o il bolscevismo o chissà cosa. Tel Aviv dopo la ricostruzione però per chi ha i soldi vacanze top, avanti così.
Son l'unico qui che tifa israele quando attacca l'iran e poi subito dopo tifa iran quando contrattacca su israele?
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